Il settimanale britannico The Economist pubblica in questi giorni una tabella sulla spesa in ricerca e sviluppo Il grafico mostra i venti paesi che dedicano più risorse, in rapporto al PIL, a questo settore: spicca Israele con più del 4%, seguito a distanza da Svezia e Corea del Sud. Trovano poi posto in questa speciale classifica anche Germania, Francia e Regno Unito. Se invece si considera come indicatore il numero di brevetti in rapporto alla popolazione, il podio spetta a Svizzera (115 per milione di abitanti), Giappone (107) e di nuovo Svezia (100). L'Italia non c'è in questa tabella: il suo 1,1% la pone infatti ben al di sotto della media dei paesi OCSE (2,25%) e anche di quella europea (1,7%). Lo scarso interesse del nostro paese verso la scienza e la tecnologia non è però una novità per nessuno.
C'è invece un altro aspetto interessante da considerare: il grafico dell'Economist ci permette di scomporre la spesa in base alla sua origine: stato, imprese, terzo settore. Nei primi venti paesi sono proprio i privati a dare, e di gran lunga, il maggior contributo: in Israele ad esempio coprono i quattro quinti della spesa totale, mentre lo stato contribuisce con una quota residuale. Una proporzione simile si ritrova anche negli altri paesi della tabella. In Italia, al contrario, i privati finanziano solo il 40% della spesa complessiva, contro una media OCSE del 63%. Chi giustamente lamenta gli scarsi investimenti italiani in ricerca e sviluppo non dovrebbe perciò chiedere maggiori fondi allo stato, ma piuttosto domandarsi perché le imprese non investano di più in questo settore.
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