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Discussione: Conservatori liberali

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    Predefinito Conservatori liberali

    Conservatori liberali
    Il ruolo dei conservatori in una liberal-democrazia


    di Florian


    Un liberalismo non anarchico, un cattolicesimo non integralista, una laicità non radicale, un antiautoritarismo che non sbandi a sinistra… esiste oggi uno spazio politico per queste posizioni alternative? Chi scrive non solo ne è convinto, ma è persuaso che sia questo spazio e non altri quello che dovrebbe caratterizzare i conservatori contemporanei.

    E’ noto come la qualifica di "conservatore" tenda generalmente a squalificare sul piano politico chi se ne impadronisce. Ciò avviene per due precise ragioni: la prima è che in un Paese dove nulla sembra andare per il giusto verso non si capisce cos’altro si voglia “conservare” se non un privilegio o una rendita di posizione. Il secondo motivo, più politico, associa i conservatori ai tradizionalisti cattolici o ai nostalgici parafascisti, due realtà che in vario modo hanno lottato contro l’affermazione di uno Stato moderno liberale. Per tali ragioni il termine è da noi così connesso con ciò che si vorrebbe da più parti denunciare che per le posizioni “non di sinistra” si preferiscono assumere altre auto definizioni come “centristi”, “liberali”, “moderati”, e persino “riformatori”. Tuttavia, se la forma è sovente diversa, non lo è tanto il contenuto. Comunque lo si definisca in Italia, “conservatore” resta il prudente, il pragmatico, il calcolatore che svincolato da ogni ideologia sceglie di operare attraverso mirate ed incisive riforme per assicurare il bene non di una classe, di un ceto, di una razza, o del clero, bensì dell’intero Paese.

    Ultimamente, però, il conservatore si sta confondendo con una figura diversa da quelle già considerate, e cioè con una sorta di qualunquista, ovvero chi è sempre pronto a denunciare i guasti della politica affidandosi all’uomo forte, vedendo nel “decisionismo” l’unica cura possibile per una democrazia considerata malata. Spesso il qualunquista, in odio alle sinistre, si sceglie come compagno di viaggio il tradizionalista reazionario, insieme danno vita al fenomeno particolare del populismo, un estremismo di destra diverso da quello abituale di stampo neofascista. Spesso i commentatori progressisti definiscono i politici populisti come “ultraconservatori”, ma la denominazione è sbagliata in quanto tali movimenti intendono rivoluzionare e restaurare, ma non conservare.

    A volte si ha quasi l’impressione che questo populismo, parimenti all’antica contro-rivoluzione, voglia sconfessare l’intero percorso della modernità occidentale, magari incuneandosi in quegli aspetti della post.modernità passibili di un ritorno, in forma nuova, di culture preilluministiche. Dinanzi a questi soggetti, che notoriamente si rafforzano l’un l’altro dando forma ad un “fusionismo” così visibile ai nostri tempi, al conservatore autentico, al Vero Conservatore come lo chiamava Prezzolini, non rimane che dismettere l’abito di destra per scegliere di volta in volta la politica e lo schieramento più vicini a quanto egli consideri necessario. Questo modo di agire ha fatto sì che in Italia il conservatore apparisse di fatto un “terzista”, come colui che prende posizione svincolato da logiche d’appartenenza che ci vorrebbero tutti, nell'ottica bipolare, “o di qua o di là”.

    Ma questo “terzismo”, più che una volontà opportunistica, è spesso una necessità della politica e la storia ce ne offre un esempio illustre nei “dottrinari” francesi, che si situarono a destra o a sinistra a seconda che si trovassero a bilanciare le forze repubblicane o quelle reazionarie; o nel nostro Cavour, costretto ad opporsi agli “austriacanti” tenendo contemporaneamente a bada Garibaldi. Ma un esempio di terzismo è anche quel Winston Churchill che fece spola tra il partito conservatore e quello liberale per tener fede ai propri principi. Perché se il conservatore è un pragmatico e spesso anche uno scettico, non per questo è un uomo senza principi votato all’utilitarismo o al machiavellismo.

    Dell’agire con prudenza e secondo una linea continuista si è detto, ma per spiegare un conservatore contemporaneo bisogna necessariamente andare oltre questi due punti basilari.

    Dire che il conservatore occidentale è un difensore della liberaldemocrazia potrà forse scontentare i liberali e i democratici più radicali, che nell’Ottocento hanno contrastato la conservazione facendo appello a questi principi considerati allora come rivoluzionari. Ma è indubbio che a partire dal secondo dopoguerra, sempre seguendo una linea cauta e non ideologica, il conservatorismo europeo si sia posto all’attenzione essenzialmente come un “conservatorismo liberale”. Magari potrà considerare come Churchill la democrazia il peggior sistema di governo esclusi tutti gli altri, e non convenire necessariamente con Fukuyama circa la “fine della Storia” in senso liberaldemocratico, ma per tutti i conservatori contemporanei la difesa dell’istituto liberaldemocratico resta un caposaldo dell’azione politica.

    Dire liberaldemocrazia significa allo stesso tempo dire anche laicità, che è il fondamento dello Stato moderno. In quanto se non fosse laico, il nostro Stato, sarebbe allora teocratico. Per questa ragione il concetto di libera Chiesa in libero Stato nei Paesi di stampo protestante è un’ovvietà e per la sinistra come pure per la destra, ma nei Paesi a maggioranza cattolica (tra cui l’Italia), in cui la Chiesa non ha mai abdicato al potere temporale, la questione resta sensibile e i difensori della sovranità dello Stato, i conservatori appunto, non di rado devono far lega con laicisti e sinistre per frenare le “invasioni di campo” dei “papalini”.

    Un altro punto che non stupisce più nessuno, conservatori compresi, è la loro sostanziale benedizione del libero mercato, considerato come il sistema economico più adatto per la diffusione del benessere e per qualificare le eccellenze secondo il merito.

    Infine, e non potrebbe essere altrimenti, resta la questione che ha sempre caratterizzato il conservatorismo dai suoi rivali politici, ovvero l’interesse nazionale (in luogo di quello meramente individuale o internazionalista). Per secoli questo interesse nazionale ha prestato il fianco ad un militarismo non necessariamente conservatore che ha seguito la scia del nazionalismo “guerrafondaio”. Rispetto a quest’ultimo, che da sinistra negli anni ha finito col diventare la “nuova destra”, i conservatori hanno assunto posizioni tanto favorevoli quanto sfavorevoli, ma alla fine della Seconda Guerra Mondiale sono stati purtroppo in gran parte identificati con esso. Cosicché il nazionalismo conservatore, quando non fu associato con la Resistenza (De Gaulle), fu completamente screditato per l’immane bagno di sangue e una nuova, ma non inedita, volontà di pace e di sovranazionalità europea si affiancò al tradizionale patriottismo guidando i conservatori occidentali durante la Guerra Fredda. Ciò ha fatto sì che ancor oggi a differenza delle destre estreme e/o populiste, i conservatori sentano maggiormente l’esigenza di un’Europa politicamente unita e sovrana (con la parziale eccezione dei conservatori inglesi, più sensibili a mantenere la loro indipendenza e una speciale partnership con gli USA).

    Questi quattro punti – democrazia liberale, laicità, libero mercato, ed interesse nazional-europeo – sono comuni alle stesse forze liberali e persino a quelle socialdemocrazie incamminatesi sulla via liberale. Per cui l’eventualità di una coalizione governativa tra la destra e la sinistra è oggi in Europa sempre più oggetto di considerazione, a prescindere da quanti, all’estrema destra e all’estrema sinistra, contestino l’avvento di una sorta di “pensiero unico”. Per quanto infatti le distanze politiche tra i partiti si siano col tempo (e per fortuna!) assottigliate, esistono ancora ed esisteranno sempre quelle differenze di base che giustificheranno un conservatore rispetto ad un socialista e ad un liberale, e viceversa.

    Il conservatore, ancor oggi additato a rappresentare la destra tout court, ha spesso rappresentato con le sue scelte politiche un’opzione mediana tra i due “estremismi” liberale e socialista. Troppo individualisti i primi, troppo collettivisti i secondi (almeno sul piano dell’economia), il conservatore europeo persegue a differenza di questi l’obiettivo di un comunitarismo liberale che assicuri al tempo stesso la libertà individuale e i legami sociali. Questo però non accade negli USA, dove i conservatori “reaganiani” sono più propriamente dei nazionalpopulisti la cui ricetta politica è un mix di puritanesimo politico, militarismo messianico e ultraliberismo. Tale conservatorismo risente troppo della peculiare storia americana per avere l’esigenza e la necessità di qualificarsi in chiave universale e questo è il motivo per le numerose “incomprensioni” che talvolta dividono e oppongono le destre di qua e di là dell’Atlantico.


    * * *


    Se questo è lo spazio di una politica conservatrice contemporanea, di conseguenza dovrebbero essere queste le linee guida per un forum conservatore come il nostro. Tuttavia non siamo tutti persuasi allo stesso modo che siano queste le ragioni del conservatorismo politico e questo ci rende incapaci di una linea unitaria sul piano dei principi prima ancora che delle scelte politiche.

    A fomentare l’equivoco è tra l’altro il nome stesso che il nostro forum si è dato. Dai tempi di “Conservatori e conservatorismo” a “Conservatorismo”, abbiamo consapevolmente o meno sempre prestato il fianco all’atavico pregiudizio, in parte fondato nei paesi come il nostro, che vuole la conservazione in antitesi con la libertà. Per ovviare a ciò, in Italia, il conservatore laico che vuol prendere le distanze dal tradizionalista controrivoluzionario col quale viene amabilmente scambiato, usa specificare che il suo è un “conservatorismo liberale”. Un binomio, questo, che serve a qualificare una posizione tanto diversa da quella reazionaria che dal libertarismo estremo (libertarismo).

    In questo spazio forumistico ci siamo adoperati per conoscere il conservatorismo politico in tutte le sue forme, passate e presenti, ma ci è rimasta “appiccicata” addosso un’immagine che se accontenta alcuni dei pochi, abituali, frequentatori, allontana un buon numero di persone che pur non essendo di sinistra o tantomeno neofasciste, si sentono a disagio in un ambito considerato, a torto o a ragione, troppo “cattolico”, troppo “filoamericano”, troppo “berlusconiano”e al contrario troppo poco “laico”, troppo poco “italiano”, troppo poco “moderato”. Come se qui si portasse avanti un estremismo diverso da quello fascista, ma in antitesi con i valori propugnati da uno Stato moderno. Tra l’altro, visto che forum dichiaratamente cattolici o apertamente populisti già esistono parallelamente al nostro, se noi non riusciamo a qualificare la nostra proposta in maniera chiara, oltre che diversa, questo forum resterà un luogo genericamente rivolto a personalità “di destra”, compreso chi non si imbarazza a scimmiottare i luoghi comuni dell’autoritarismo conservatore di trenta-quarant’anni fa, come se la società e la stessa destra non fossero affatto cambiate nel frattempo.

    Allo stesso tempo chi si è professato “conservatore” si è trincerato dietro immagini e posizioni prettamente radicali - dal “crociato”, al “templare” al “falco” -, identificando la propria azione ad una lotta senza compromessi con l’avversario di turno, siano le sinistre comuniste, progressiste, laiciste, etc. Quasi che essere conservatori significasse alzare il vessillo di una “destra dura”, e sorvolando così che persino un reazionario doc quale il Metternich fu al suo tempo il principe della negoziazione e del compromesso, dimenticando che ad un “autoritario” come il Bismarck si deve il modello, tanto seguito dai conservatori, della realpolitik… Negando, infine, che se un conservatore non disconosce le ragioni del cuore, le sue scelte politiche sono sempre conseguenza della sua attività raziocinante. Perché il conservatore, anche quando si appella a Dio, mosso da fede sincera o da abile calcolo politico, resta uno che ragiona e non è mai un fanatico od un assolutista.

    Queste considerazioni, maturate grazie e non a prescindere dallo studio a 360° che della nostra storia abbiamo fatto, mi fa ritenere di poter dire che in Italia non è venuto ancora il tempo per confessarsi conservatori senza problemi, e men che meno senza aggettivi. La nostra conservazione, l’unica conservazione possibile, deve fondarsi sulla libertà ed esplicitarsi nella libertà. Allo stesso tempo, se è vero che l’elemento fondamentale per ogni conservatore è il passato, questo passato non potrà essere per noi che la nostra storia e nello specifico la storia di quelle istituzioni liberali che intendiamo oggi conservare e difendere.

    Se ne deduce che se ci sarà sempre un posto nel nostro orizzonte per un Burke ed un Reagan non dovranno costituire più essi l’alfa e l’omega del nostro immaginario. In quanto sono riferimenti stranieri, legati ad esperienze storiche peculiari del tutto diverse dalle nostre, mentre noi abbiamo bisogno di qualcosa che quando non ha valore universale almeno certifichi la nostra identità di conservatori liberali italiani. Se devono darsi due nomi a cui fare riferimento proporrei piuttosto il conte di Cavour e il Montanelli, che più di altri testimoniano il percorso di chi ha lottato in Italia per conservare la libertà prima contro i bigotti antiunitari, poi contro i fascisti e infine contro i comunisti. Non solo, Cavour e Montanelli sono anche i due antidoti per tenere lontane quelle derive di stampo fondamentalista, populista e secessionista che contrassegnano purtroppo le destre odierne. Ad esse andrebbe opposta ed esaltata la storia del liberalismo italiano, una storia diversa da chi alla nazione e alla libertà ha preferito conservare la regione, la chiesa, la razza o più prosaicamente la fedeltà al padrone di turno.

    Anche perché se mai è esistito un conservatorismo prettamente italiano questo è stato liberale, così come solo i liberali hanno realmente avuto a cuore di conservare l’Italia, quando altri si erano scelti come patria l’Unione Sovietica, la Germania o la Città del Vaticano.

    Allora, amici, chi è pronto a rompere gli indugi e a dichiararsi con un pizzico di snobistica baldanza un “conservatore liberale”?
    Ultima modifica di Florian; 12-10-11 alle 15:22

 

 

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