Le chiamano "sepolture anomale": non è raro che la ricerca archeologica ci consegni dal passato queste tombe in cui sembra dimenticato il nesso tra morte e pietà. Eppure in queste pratiche sembra non ci sia traccia di livore o sete di vendetta: se qualcosa le ha provocate è stato il terrore, la volontà di impedire ai cadaveri, in forma corporea o spirituale, di nuocere ai vivi. Si cercava cioè di evitarne il ritorno ricorrendo a impedimenti fisici: legando, inchiodando, bruciando, mutilando.
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Valerio Varesi
BOLOGNA: SPUNTA IL CIMITERO DEI REIETTI
Dagli scavi per la modernissima stazione dell'Alta velocità di via Carracci, emerge un antichissimo e oscuro mistero. Forse quello ritrovato sotto il fascio di binari che va dal tredici al quindici, è un cimitero di "maledetti" o di "reietti" vecchio quasi due millenni. Forse il campionario un po' orrifico di scheletri sghembi trafitti da chiodi o mozzati in modo cruento appartiene a persone temute alle quali si voleva impedire qualsiasi ritorno tra i vivi. Gli antropologi dell'università di Bologna e Ferrara, che stanno studiando il problematico caso, le chiamano "sepolture anomale" dove i corpi sono in posizioni che non hanno niente della compostezza della morte, ma, al contrario, evocano sofferenze e decessi strazianti.
Si presentano stesi bocconi, di traverso e soprattutto martoriati da pratiche inusuali e oltraggiose. Modalità di inumazione che non fanno parte della ritualità del mondo romano imperiale del primo e secondo secolo a cui risalgono i resti e inducono l'idea, la più probabile anche tra gli studiosi, che si volesse impedire il riapparire di queste persone. Insomma, gli abitanti di quell'anonimo borgo alle porte dell'antica Bononia, temeva ciò che la letteratura e la cinematografia dei giorni nostri ha definito "zombi".
Le tombe sono state recuperate e ora depositate in via Selmi alla facoltà di Zoologia, pur appartenendo al museo di antropologia. Gli scavi hanno riportato alla luce circa duecento sepolture di cui una quarantina "anomale". Proprio queste presentano un interesse antropologico. "Hanno caratteristiche sconosciute nel mondo romano" spiega Maria Giovanna Belcastro antropologo-fisica dell'Alma mater. "C'è un cadavere col chiodo infisso all'apice del cranio, altri che hanno cavicchi piantati nell'occhio, in testa e nell'orecchio destro. Altri ancora che sono stati mutilati col taglio dei piedi. L'idea più probabile è che si volesse impedire i ritorno di questi individui. È però del tutto fuori luogo parlare di vampiri visto che di essi ci sono testimonianze solo a partire dal Cinquecento".
Quello che ha stupito gli studiosi è la concentrazione delle "sepolture anomale". Tombe analoghe sono state trovate anche nel modenese e a Casalecchio (tra cui un bimbo di sei mesi circondato da rospi con la testa mozzata), ma sempre in modo isolato. La necropoli dei reietti bolognesi è, invece, un'assoluta novità. "Sembra che queste persone avessero da scontare una colpa" aggiunge Belcastro tentando di dare una spiegazione a quelle strane pratiche post mortem. In effetti, tutti i cadaveri sono trattati in modo differente. Ci sono anche elementi simbolici a noi sconosciuti. Nel corpo tagliato a metà (presente solo quella inferiore) è stato inserito un balsamario che conteneva unguenti. "Certamente, chi ha sepolto queste persone era animato dalla volontà di isolarle, separarle per sempre dalla comunità" conclude Belcastro affidando ai colleghi di Ferrara la conclusione dell'indagine. Ma gli esperti lavorano su pochi indizi: lo scheletro, i chiodi e il materiale di cui è composta la tomba. Il resto è difficile immaginarlo e probabilmente rappresenta un mistero che, al contrario dei resti trovati in via Carracci, è destinato a restare sepolto.
Fonte: La Repubblica del 14 ottobre 2010
Spunta il cimitero dei reietti dagli scavi dell'Alta velocità