Il 24 ottobre del 1929, ottantadue anni fa, è passato alla storia come il "giovedì nero" inizio della crisi del '29 e della grande depressione.
La crisi di allora è attribuita a una sovrapproduzione di merci che il mercato non era più in grado di assorbire.
Il che costituisce verità ma non
tutta la verità.
Parlando della crisi del '29, e oggi è cosa utile più che mai considerato il contesto mondiale, è invece necessario sottolineare l'
ineludibile legame tra capitale finanziario e capitale produttivo che troppo spesso è messo sullo sfondo (o addiruttura oltre lo sfondo) da sedicenti antagonisti che in questi giorni sbucano come i pollini a primavera.
Come molte altre crisi del capitalismo – cicliche o sistemiche fa poca differenza – anche quella del '29 fu un evento programmato, per la precisione pianificato dalla Federal Reserve, la privata banca centrale americana i cui azionisti principali – Warburg, Rockefeller, Rotschild – allora non controllavano tutta una serie di banche minori e indipendenti.
Fu così che negli anni precedenti il crollo la Fed, titolare unica dell'emissione del dollaro e dotata di immensi poteri monetari per effetto del
Federal Reserve Act del 1913, aveva chiuso i rubinetti tagliando il credito a queste banche e costringendole a propria volta a esigere l'immediato rientro dei prestiti erogati.
Questa fu la causa scatenante del panico che spinse milioni di risparmiatori americani a chiedere alle banche i propri denari depositati e altri a vendere titoli azionari che nessuno voleva più comprare. La generale penuria di denaro circolante creata sempre dai rubinetti chiusi della Fed aveva poi creato una
deflazione tale da rendere inacquistabili i prodotti che l'industria americana produceva abbondantemente.
L'ascesa alla presidenza di Franklin Delano Roosvelt – stimato guarda caso dai molti sedicenti antagonisti di cui sopra -,
uomo del trust bancario, non costituì per niente un riequilibrio politico a vantaggio del popolo verso il grande capitale, al contrario incarnò la ricostruizione della nuova economia capitalistica secondo i dettami delle grandi banche responsabili della crisi.
Ma perché me la tiro? Perché oggi, oltre ottanta anni dopo, siamo grosso modo ancora lì, al ripetersi delle stesse dinamiche, e voi che leggete per la maggior parte
non avete capito un caxxo.
Con chi ha capito e sta capendo, invece, condivido già un posto nella piccola ma mobile coorte della rivoluzione.