Caro Montanelli,
Credo che citando i lettori di "Il Capitale" di Marx abbia omesso Benedetto Croce. "Il contributo alla critica di me stesso", pur non citandolo direttamente, fa ampiamente supporre di si': conoscendo la severita' e la serieta' dello studiare crociano. Studio da cui poi vennero fuori i saggi su Marx raccolti in "Materialismo storico ed economia marxistica" (1895 - 1900). "Senza troppo impacciarmi di manuali e libri di divulgazione, studiai i principali classici di quella scienza e lessi tutto cio' che vi ha di non volgare nella letteratura socialistica...". Le stesse cose possono, forse, dirsi di Giovanni Gentile che nel 1899 pubblico' "La filosofia di Marx". Il Croce fu il primo editore dei saggi di Arturo Labriola sul marxismo (1895).
Corrado Ruggiero, Peschiera Borromeo (Mi)
Caro Ruggiero,
Quando parlavo dei lettori dei testi originali di Marx, e soprattutto - si capisce - del "Capitale", mi riferivo ai politici, non agli studiosi del pensiero politico e sociologico (parlo naturalmente dei pochi, pochissimi, che meritano queste qualifiche), per i quali Marx e' un testo d'obbligo. Lei ne cita giustamente due, che certamente Marx lo hanno conosciuto bene, anche se di Croce ho qualche dubbio che lo abbia letto in testo originale. Labriola certamente si': egli fece di Marx l'oggetto unico dei suoi studi e delle sue lezioni universitarie in Belgio (in Italia, per questa materia, non c'erano cattedre). Credo pero', dal poco che ne ho letto, che nemmeno Labriola abbia colto quello che secondo me (se mi e' consentito misurarmi con questi problemi) costituisce
il tratto fondamentale, e fondamentalmente inaccettabile, del marxismo: la sua pretesa di essere non una dottrina, ma una Profezia, e per giunta definitiva. Perche', secondo Marx, la Storia ha un fine, e quindi anche una fine. In quanto, concepita come la concepisce lui, come una lotta non fra razze, o nazioni, o culture, ma fra classi sociali, il giorno in cui una di queste classi, il proletariato, avesse trionfato con la conquista dei mezzi di produzione strappati al capitalismo e al suo Stato, la Storia avrebbe raggiunto il capolinea e si sarebbe fermata. Ecco, secondo la mia modesta, umile e sommessa opinione di semplice dilettante, l'assurdita' del marxismo, ma anche la spiegazione del carattere totalitario dei regimi politici da esso ispirati.
Una Profezia, cioe' una Rivelazione, non ammette obiezioni. I partiti che vi s'ispirano non sono partiti, ma Chiese, in cui si entra prendendo non una tessera, ma i voti di obbedienza cieca e assoluta, sotto pena di scomunica con tutte le sue conseguenze fino al rogo. Tutto questo e' d'altronde abbastanza comprensibile, data l'origine di Marx e la sua formazione scientifica. Sebbene antisemita, Marx era ebreo, progenie di rabbini. E gli ebrei la Profezia se la portano nel sangue. Non per nulla, sono loro ad averle inventate tutte. Sia il Cristianesimo che l'Islamismo sono nati a Gerusalemme dove il capo - cammelliere analfabeta Maometto imparo' il poco che sapeva, e cioe' che c'e' un solo Dio, anche se lui lo chiamo' Allah.
Nulla quindi mi fa piu' ridere delle distinzioni che certi "revisionisti" nostrani cercano d'introdurre fra il comunismo di Marx (perfetto e intoccabile), quello di Lenin (imperfetto, ma perfettibile) e quello di Stalin (degenerazione esecranda). Ma no, l'uno nasce e non e' che la conseguenza dell'altro. E se vinceva, non sarebbe stata la fine - che non esiste - della Storia, ma certamente uno dei suoi capitoli piu' orrendi.
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