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    Predefinito Nel mezzo della crisi, l’Italia deve affrontare la cultura dell’evasione fiscale

    Nel mezzo della crisi, l’Italia deve affrontare la cultura dell’evasione fiscale
    di Anthony Faiola
    Amid crisis, Italy confronts a culture of tax evasion - The Washington Post

    Roma – In questa nazione dove l’evasione fiscale può tranquillamente far parte di un solido piano industriale, persino dentisti e parrucchieri richiedono pagamenti in contanti, pagamenti che quindi spesso svaniscono dai libri contabili come tanti Stregatti. Ma mentre lotta per allontanarsi dall’orlo di una crisi che vede gran parte del mondo finanziario sul baratro, l’Italia – ottava economia più grande al mondo – potrebbe essere vicina ad una resa dei conti nazionale con uno dei più esasperanti problemi finanziari e culturali: la frode fiscale.

    Maura Corinaldesi, per esempio, esasperata dalla crisi, si è unita questo mese a un gruppo Facebook in rapida crescita chiamato “Amici dello scontrino e della ricevuta fiscale” che conta più di 4000
    membri che fanno il nome e mettono in imbarazzo trattorie che evadono le tasse e idraulici allergici alle fatture. La Corinaldesi, impiegata pubblica di 30 anni, ha fatto un ulteriore passo avanti, chiamando i carabinieri quando recentemente un pomeriggio le è stato rifiutato lo scontrino da un fruttivendolo.

    Un sondaggio pubblicato questa settimana dall’Istituto Nazionale di Ricerche Demopolis ha svelato che il 73% degli italiani intervistati richiede ora un’azione più dura contro l’evasione.
    La Guardia di Finanza italiana sta operando persino nelle scuole elementari, provando a stroncare sul nascere un’esaltazione culturale degli evasori più intelligenti con una serie di fumetti che vede protagonista Finzy, un bel poliziotto pennuto che arresta ricchi evasori fiscali e scova bottini
    messi al sicuro in esotici paradisi fiscali.

    “Se gli italiani vogliono davvero combattere questa crisi economica”, dice la Corinaldesi, “c’è solo un posto per cominciare. Dobbiamo guardare a noi stessi. Dobbiamo guardare all’evasione fiscale.”
    Corinaldesi e altri sembrano avere un alleato potente nella crociata anti-evasione: Mario Monti, il nuovo primo ministro italiano, un economista che ha preso le redini del Paese dopo Silvio Berlusconi, il miliardario playboy che simpatizzava apertamente con le classi di evasori fiscali. Invece la scorsa settimana Monti ha avvisato la nazione che proverà a portare il Paese fuori dal baratro finanziario, in parte prendendo di mira l’evasione fiscale, un male della società considerato più dannoso alle casse dello Stato di quanto lo siano un settore pubblico gonfiato e un sistema pensionistico sovraccarico.

    Le nuove leggi proposte potrebbero presto cambiare il modo in cui gli italiani comprano e vendono servizi ogni giorno, alterando tradizioni locali al fine di combattere un problema di evasione stimato a più di un quinto dell’intera produzione economica annuale dell’Italia. Monti si sta anche muovendo per reinserire uno dei doveri più duri da evadere, la tassa sulle proprietà, abolita in Italia sotto il governo Berlusconi.

    Il problema dell’evasione fiscale, un crimine contro il quale l’Italia ha fatto sorprendenti irruzioni in anni recenti, solo per fomentare risentimenti fortemente radicati, arriva in un momento in cui questa nazione e altri Paesi dell’Europa mediterranea, incluse Grecia e Spagna, sono sotto pressione internazionale per combattere una schiera di norme societarie che rallentano la crescita. In Italia, gli alti livelli di evasione fiscale, per esempio, hanno drammaticamente aumentato le imposte fiscali per le società e gli individui che pagano la propria giusta quota, colpendo malamente la competitività, limitando la creazione di lavoro e contribuendo ad anni di crescita bassa o negativa.

    Il fallimento nell’affrontare pienamente queste tradizioni problematiche ha contribuito direttamente alla crisi del debito che sta minacciando l’economia globale. Allo stesso tempo, ha allargato il divario tra nazioni come l’Italia e le altre economie più moderne e dinamiche che condividono con essa l’Euro, incluse la Germania e l’Olanda. “Tali questioni contribuiscono al problema centrale che esiste nella competitività e nell’efficienza dell’Italia” ha dichiarato Giuseppe Ragusa, professore di economia alla Luiss di Roma. “Sono anche tra le più difficili da risolvere”.

    “Solo i fessi pagano”
    Dominata da piccole aziende, spesso a gestione familiare, l’economia italiana è stata intralciata per anni, tra le altre cose, dalla pratica comune della “parentopoli”, ovvero l’assunzione di parenti e amici, spesso a scapito di meritocrazia e incremento della competitività globale.
    D’altro canto, i tentativi di privatizzare i servizi statali per guadagnare in efficienza sono
    stati offuscati da accuse di tradizionali favori politici, risultanti in elenchi di dipendenti sotto-qualificati ma con le giuste conoscenze.

    Ma nessun problema è più lampante della florida “economia sommersa” italiana, dove le tasse evase sul commercio legale, insieme alle tasse perse con accordi illeciti o sotto banco, stanno costando al Tesoro dello Stato circa 340 miliardi di dollari l’anno. Se raccolto annualmente, quel totale potrebbe ripagare fino all’ultimo centesimo il debito italiano di 2.6 trilioni di dollari in poco meno di 8 anni.

    Eppure in Italia, come dice il detto, “solo i fessi pagano”, e i “fessi” in alcune professioni non sono affatto numerosi. Gioiellieri, ristoratori e agenti immobiliari dichiarano in media un reddito annuale imponibile inferiore a 18,500 dollari l’anno, più basso persino di quello dei meccanici che almeno ammettono di guadagnare circa 30,000 dollari l’anno.
    Se dobbiamo credere alle dichiarazioni dei redditi ufficiali, questa nazione di 60 milioni di persone con uno dei più costosi mercati immobiliari al mondo, conta solo 394 mila persone che guadagnano più di 135 mila dollari l’anno. I quotidiani a Roma e Milano abbondano di storie di “evasione totale” o di imprenditori pescati alla guida di Ferrari e Porsche, sebbene dichiarino una rendita pari quasi a zero. Berlusconi stesso è riuscito a schivare almeno due accuse di falso in bilancio, forzando una legge in Parlamento che ha depenalizzato il falso nelle scritture contabili aziendali.
    “Ecco il vero problema dell’Italia: ci sono persone con ville e giardini grandi quanto un parco che ancora dichiarano 15 mila euro l’anno” (circa 20 mila dollari) dichiara il senatore Enrico Morando, un membro della Commissione Bilancio del Senato.

    Perseguire il cambiamento
    C’è una ragione, comunque, per sperare. Le economie mondiali più grandi al mondo, sollecitate dalla crisi finanziaria statunitense, hanno accordato nel 2009 una linea di tolleranza zero sull’evasione fiscale. Da allora, l’Agenzia delle Entrate italiana è riuscita a recuperare 13,6 miliardi in contante evaso, più di ogni altra nazione in Europa. E’ successo mentre gli italiani passavano nuove leggi forti, inclusa una che legalmente dichiara che il contante scoperto in paradisi fiscali costituisce bottino dell’evasione, trasferendo l’onere della prova contraria sui sospetti evasori fiscali.

    La Guardia di Finanza italiana, che conta 63.000 ufficiali, ha anche aumentato le indagini, supportate da pene più dure, incluso l’arresto obbligatorio, per le frodi più gravi. Ma la recente crociata ha provocato un certo fervore in una nazione anti-tasse notoriamente sfiduciosa nei confronti del governo. Un gruppo di pastori sardi, per esempio, è in sciopero della fame per protestare contro i tentativi ufficiali di prelevare tasse arretrate, mentre l’imponente palazzo dell’Agenzia delle Entrate a Roma è sempre più spesso scena di proteste. Nonostante ciò, l’Italia è pronta a continuare. I legislatori sono sotto pressione per approvare una legge che combatterebbe l’evasione portando l’Italia a diventare quasi una “società senza contanti”. Tutte le transazioni sopra una determinata quantità, secondo alcuni circa 100 Euro (135 dollari) andrebbero fatte con carta di credito, carta di debito, assegno, trasferimento elettronico o altri modi tracciabili.

    Ma non tutti sono ottimisti su un cambiamento rapido. Quando la Corinaldesi, per esempio, ha chiamato la polizia per il venditore che si era rifiutato di farle lo scontrino, ha scoperto che c’è ancora una legge in vigore che dà al fruttivendolo un’opzione per cavarsela se ha una cassa non funzionante, anche se la cassa è rotta da molto tempo.

    “La nazione ha bisogno di cambiare, ma non sono ancora sicura che ne sarà in grado” ha detto.

    Nella crisi, l

  2. #2
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    Predefinito Rif: Nel mezzo della crisi, l’Italia deve affrontare la cultura dell’evasione fiscale

    l'unica sarebbe preparare 200 mila posti in carcere per gli evasori, nmolto semplice, una volta che i primi 100 mila si beccano 20 anni, gli altri pagheranno tutti le tasse

  3. #3
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    Predefinito Rif: Nel mezzo della crisi, l’Italia deve affrontare la cultura dell’evasione fiscale

    La follia stalinista è quella di credere che lo stato è la soluzione, mentre è proprio la causa di tutti i mali economici e sociali.

    Le nuove aliquote di Monti non faranno che accelerare la caduta nel baratro.
    Ultima modifica di GNU-GPL; 30-11-11 alle 15:54

  4. #4
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    Predefinito Rif: Nel mezzo della crisi, l’Italia deve affrontare la cultura dell’evasione fiscale

    l'unica soluzione è abbassare il carico fiscale e ripristinare la pena di morte per chi evade le tasse

 

 

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