Neanch'io ho preclusioni ma mi limito a osservare l'esistente, oltre ai miei legittimi interessi di lavoratore. E dico che c'è chi la crisi la sta pagando già da anni (i redditi fissi medio-bassi) e si trova sulla soglia della povertà. Per costoro il taglio delle tutele e della spesa sociale (in termini di tariffe, sanità, istruzione, servizi) equivale non a sacrifici ma alla canna del gas. Prevedo dunque non una diligente rassegnazione, ma un'esplosione repentina delle contraddizioni e delle tensioni che da tempo si stanno accumulando nella società. La relativa pace sociale durata fino ad oggi è un'anomalia destinata a svanire al primo intervento serio. E' nelle cose, non sono io a volerlo.
Se si toglie d'imperio l'art. 18, specie in un periodo di lunga recessione, ci saranno migliaia di lavoratori che rischiano di perdere il lavoro, non di trovarne uno nuovo. E non mi si venga a dire che si metteranno nuove tutele a difesa dei disoccupati perché già la cassintegrazione è a livelli insostenibili e non esiste copertura finanziaria per una disoccupazione di massa. In questo momento il licenziamento libero si tradurrebbe in un dramma sociale di proporzioni inaudite. Tra l'altro prevederne l'eliminazione per i neoassunti e la permanenza per chi già ne gode (come ventilato da Monti) costituirebbe una ulteriore sperequazione per chi dopo anni di gavetta si trova a un passo dalla sospirata assunzione stabile.
Ripeto. L'inflazione galoppa, i salari sono al palo e i posti di lavoro a rischio. La recessione non si risolve in un pao di anni e le banche hanno chiuso i rubinetti del credito. I tagli colpiranno soprattutto queste categorie qui (redditi fissi, precari e pensionati), mente una minoranza di italiani negli anni di crisi ha accumulato capitali e patrimoni enormi. Se non si riequilibra questa situazione l'esplosione sociale è dietro l'angolo, piaccia o non piaccia.