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  1. #1251
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    Predefinito Re: Una poesia che "sento" mia

    *
    Lettera



    Il tralcio di vite sopra
    le strie di nubi bussa
    da ore alla finestra


    La pioggia fili d’argento
    appesi
    Una falena si alza
    e cade si alza e cade


    Pensa a me
    adesso aprirò
    pensa a me con sentimento



    Christoph Wilhelm Aigner
    Originariamente Scritto da …:
    “Se trovi che ho parlato di una Lamborghini te ne regalo una”.

    https://forum.termometropolitico.it/...l#post21308108

  2. #1252
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    Predefinito Re: Una poesia che "sento" mia

    Nemesis

    (H.P.Lovecraft)

    Oltre le cupe soglie del sopore
    vigilate dai ghoul,
    oltre i notturni abissi della luna,
    ho vissuto esistenze senza numero,
    ho sondato ogni cosa col mio sguardo;
    e grido disperato ad ogni aurora perché divento folle dal terrore.

    Ruotavo con la Terra al suo mattino,
    quando il cielo era un turbine di fiamma;
    ho visto il cosmo oscuro spalancarsi
    là dove neri mondi vagan senza scopo,
    vagano nell’orrore inavvertiti, senza fama né nome né coscienza.

    Ho aleggiato su mari sconfinati,
    sotto sinistri cieli grigio-piombo
    lacerati da folgori improvvise,
    fra tuoni come grida di terrore,
    con gemiti di dèmoni invisibili emersi dalle acque di smeraldo.

    Come un daino ho sostato sotto gli archi
    delle grandi foreste primordiali,
    ove s’avverte la Presenza Immonda
    in luoghi dagli spettri anche evitati,
    e alla Cosa che Avvinghia son sfuggito, a Colei che sogghigna dietro i rami.

    Sui monti crivellati di caverne
    che si levano squallidi dal piano
    ho bevuto acque infette dalle rane,
    che filtran dagli stagni e dagli scoli;
    ed in fonti sulfuree maledette ho visto cose che non oso dire.

    Ho visto un gran palazzo cinto d’edera,
    nelle sue sale vuote sono entrato,
    dove la luna alta sulle valli
    proietta strane ombre sulle mura:
    apparenze deformi ed intrecciate, il cui ricordo non oso richiamare.

    Ho spiato dubbioso nelle case,
    da giardini in rovina circondate,
    di un villaggio maledetto cinto
    da un lugubre terreno sepolcrale:
    e dai lunghi filari d’urne bianche ho ascoltato venire voci arcane.

    Ho sostato fra tombe di millenni,
    ho volato su vette di terrore
    là dove infuria l’Erebo fumante,
    dove s’ergono picchi desolati;
    e in regni dove il sole del deserto consuma ciò che mai può rallegrare.

    Ero già vecchio quando i Faraoni
    ascesero sul trono presso il Nilo;
    ero vecchio nell’epoca lontana
    in cui io solo davo corpo al male,
    ed innocente aveva sede l’Uomo nell’isola felice dell’Antartide.

    Oh, grande fu la colpa del mio spirito,
    e atroce è la vendetta del destino.
    Né la pietà del Cielo può placarmi,
    né il sepolcro può darmi alcun riposo:
    da ere interminate per me battono le ali d’un dolore sconfinato.

    Oltre le cupe soglie del sopore
    vigilate dai ghoul,
    oltre i notturni abissi della luna,
    ho vissuto esistenze senza numero,
    ho sondato ogni cosa col mio sguardo:
    e grido disperato ad ogni aurora perché divento folle dal terrore.

  3. #1253
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    Predefinito Re: Una poesia che "sento" mia

    .
    Originariamente Scritto da …:
    “Se trovi che ho parlato di una Lamborghini te ne regalo una”.

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  4. #1254
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    Predefinito Re: Una poesia che "sento" mia

    La cipolla


    La cipolla è un’altra cosa.
    Interiora non ne ha.
    Completamente cipolla
    Fino alla cipollità.
    Cipolluta di fuori,
    cipollosa fino al cuore,
    potrebbe guardarsi dentro
    senza provare timore.


    In noi ignoto e selve
    di pelle appena coperti,
    interni d’inferno,
    violenta anatomia,
    ma nella cipolla – cipolla,
    non visceri ritorti.
    Lei più e più volte nuda,
    fin nel fondo e così via.


    Coerente è la cipolla,
    riuscita è la cipolla.
    Nell’una ecco sta l’altra,
    nella maggiore la minore,
    nella seguente la successiva,
    cioè la terza e la quarta.
    Una centripeta fuga.
    Un’eco in coro composta.


    La cipolla, d’accordo:
    il più bel ventre del mondo.
    A propria lode di aureole
    da sé si avvolge in tondo.


    In noi – grasso, nervi, vene,
    muchi e secrezione.
    E a noi resta negata
    l’idiozia della perfezione.


    Wislawa Szymborska
    Originariamente Scritto da …:
    “Se trovi che ho parlato di una Lamborghini te ne regalo una”.

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  5. #1255
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    Predefinito Re: Una poesia che "sento" mia

    DEI SEPOLCRI (Ugo Foscolo)

    All'ombra de' cipressi e dentro l'urne
    confortate di pianto è forse il sonno
    della morte men duro? Ove piú il Sole
    per me alla terra non fecondi questa
    bella d'erbe famiglia e d'animali,
    e quando vaghe di lusinghe innanzi
    a me non danzeran l'ore future,
    né da te, dolce amico, udrò piú il verso
    e la mesta armonia che lo governa,
    né piú nel cor mi parlerà lo spirto
    delle vergini Muse e dell'amore,
    unico spirto a mia vita raminga,
    qual fia ristoro a' dí perduti un sasso
    che distingua le mie dalle infinite
    ossa che in terra e in mar semina morte?
    Vero è ben, Pindemonte! Anche la Speme,
    ultima Dea, fugge i sepolcri: e involve
    tutte cose l'obblío nella sua notte;
    e una forza operosa le affatica
    di moto in moto; e l'uomo e le sue tombe
    e l'estreme sembianze e le reliquie
    della terra e del ciel traveste il tempo.
    Ma perché pria del tempo a sé il mortale
    invidierà l'illusïon che spento
    pur lo sofferma al limitar di Dite?
    Non vive ei forse anche sotterra, quando
    gli sarà muta l'armonia del giorno,
    se può destarla con soavi cure
    nella mente de' suoi? Celeste è questa
    corrispondenza d'amorosi sensi,
    celeste dote è negli umani; e spesso
    per lei si vive con l'amico estinto
    e l'estinto con noi, se pia la terra
    che lo raccolse infante e lo nutriva,
    nel suo grembo materno ultimo asilo
    porgendo, sacre le reliquie renda
    dall'insultar de' nembi e dal profano
    piede del vulgo, e serbi un sasso il nome,
    e di fiori odorata arbore amica
    le ceneri di molli ombre consoli.
    Sol chi non lascia eredità d'affetti
    poca gioia ha dell'urna; e se pur mira
    dopo l'esequie, errar vede il suo spirto
    fra 'l compianto de' templi acherontei,
    o ricovrarsi sotto le grandi ale
    del perdono d'lddio: ma la sua polve
    lascia alle ortiche di deserta gleba
    ove né donna innamorata preghi,
    né passeggier solingo oda il sospiro
    che dal tumulo a noi manda Natura.
    Pur nuova legge impone oggi i sepolcri
    fuor de' guardi pietosi, e il nome a' morti
    contende. E senza tomba giace il tuo
    sacerdote
    , o Talia, che a te cantando
    nel suo povero tetto educò un lauro
    con lungo amore, e t'appendea corone;
    e tu gli ornavi del tuo riso i canti
    che il lombardo pungean Sardanapalo,
    cui solo è dolce il muggito de' buoi
    che dagli antri abdüani e dal Ticino
    lo fan d'ozi beato e di vivande.
    O bella Musa, ove sei tu? Non sento
    spirar l'ambrosia, indizio del tuo nume,
    fra queste piante ov'io siedo e sospiro
    il mio tetto materno. E tu venivi
    e sorridevi a lui sotto quel tiglio
    ch'or con dimesse frondi va fremendo
    perché non copre, o Dea, l'urna del vecchio
    cui già di calma era cortese e d'ombre.
    Forse tu fra plebei tumuli guardi
    vagolando, ove dorma il sacro capo
    del tuo Parini? A lui non ombre pose
    tra le sue mura la città, lasciva
    d'evirati cantori allettatrice,
    non pietra, non parola; e forse l'ossa
    col mozzo capo gl'insanguina il ladro
    che lasciò sul patibolo i delitti.
    Senti raspar fra le macerie e i bronchi
    la derelitta cagna ramingando
    su le fosse e famelica ululando;
    e uscir del teschio, ove fuggia la luna,
    l'úpupa, e svolazzar su per le croci
    sparse per la funerëa campagna
    e l'immonda accusar col luttüoso
    singulto i rai di che son pie le stelle
    alle obblïate sepolture. Indarno
    sul tuo poeta, o Dea, preghi rugiade
    dalla squallida notte. Ahi! su gli estinti
    non sorge fiore, ove non sia d'umane
    lodi onorato e d'amoroso pianto.
    Dal dí che nozze e tribunali ed are
    diero alle umane belve esser pietose
    di se stesse e d'altrui, toglieano i vivi
    all'etere maligno ed alle fere
    i miserandi avanzi che Natura
    con veci eterne a sensi altri destina.
    Testimonianza a' fasti eran le tombe,
    ed are a' figli; e uscían quindi i responsi
    de' domestici Lari, e fu temuto
    su la polve degli avi il giuramento:
    religïon che con diversi riti
    le virtú patrie e la pietà congiunta
    tradussero per lungo ordine d'anni.
    Non sempre i sassi sepolcrali a' templi
    fean pavimento; né agl'incensi avvolto
    de' cadaveri il lezzo i supplicanti
    contaminò; né le città fur meste
    d'effigïati scheletri: le madri
    balzan ne' sonni esterrefatte, e tendono
    nude le braccia su l'amato capo
    del lor caro lattante onde nol desti
    il gemer lungo di persona morta
    chiedente la venal prece agli eredi
    dal santuario. Ma cipressi e cedri
    di puri effluvi i zefiri impregnando
    perenne verde protendean su l'urne
    per memoria perenne, e prezïosi
    vasi accogliean le lagrime votive.
    Rapían gli amici una favilla al Sole
    a illuminar la sotterranea notte,
    perché gli occhi dell'uom cercan morendo
    il Sole; e tutti l'ultimo sospiro
    mandano i petti alla fuggente luce.
    Le fontane versando acque lustrali
    amaranti educavano e vïole
    su la funebre zolla; e chi sedea
    a libar latte o a raccontar sue pene
    ai cari estinti, una fragranza intorno
    sentía qual d'aura de' beati Elisi.
    Pietosa insania che fa cari gli orti
    de' suburbani avelli alle britanne
    vergini, dove le conduce amore
    della perduta madre, ove clementi
    pregaro i Geni del ritorno al prode
    cne tronca fe' la trïonfata nave
    del maggior pino, e si scavò la bara.
    Ma ove dorme il furor d'inclite gesta
    e sien ministri al vivere civile
    l'opulenza e il tremore, inutil pompa
    e inaugurate immagini dell'Orco
    sorgon cippi e marmorei monumenti.
    Già il dotto e il ricco ed il patrizio vulgo,
    decoro e mente al bello italo regno,
    nelle adulate reggie ha sepoltura
    già vivo, e i stemmi unica laude. A noi
    morte apparecchi riposato albergo,
    ove una volta la fortuna cessi
    dalle vendette, e l'amistà raccolga
    non di tesori eredità, ma caldi
    sensi e di liberal carme l'esempio.
    A egregie cose il forte animo accendono
    l'urne de' forti, o Pindemonte; e bella
    e santa fanno al peregrin la terra
    che le ricetta. Io quando il monumento
    vidi ove posa il corpo di quel grande
    che temprando lo scettro a' regnatori
    gli allòr ne sfronda, ed alle genti svela
    di che lagrime grondi e di che sangue;
    e l'arca di colui che nuovo Olimpo
    alzò in Roma a' Celesti; e di chi vide
    sotto l'etereo padiglion rotarsi
    piú mondi, e il Sole irradïarli immoto,
    onde all'Anglo che tanta ala vi stese
    sgombrò primo le vie del firmamento:
    - Te beata, gridai, per le felici
    aure pregne di vita, e pe' lavacri
    che da' suoi gioghi a te versa Apennino!
    Lieta dell'aer tuo veste la Luna
    di luce limpidissima i tuoi colli
    per vendemmia festanti, e le convalli
    popolate di case e d'oliveti
    mille di fiori al ciel mandano incensi:
    e tu prima, Firenze, udivi il carme
    che allegrò l'ira al Ghibellin fuggiasco,
    e tu i cari parenti e l'idïoma
    désti a quel dolce di Calliope labbro
    che Amore in Grecia nudo e nudo in Roma
    d'un velo candidissimo adornando,
    rendea nel grembo a Venere Celeste;
    ma piú beata che in un tempio accolte
    serbi l'itale glorie, uniche forse
    da che le mal vietate Alpi e l'alterna
    onnipotenza delle umane sorti
    armi e sostanze t' invadeano ed are
    e patria e, tranne la memoria, tutto.
    Che ove speme di gloria agli animosi
    intelletti rifulga ed all'Italia,
    quindi trarrem gli auspici. E a questi marmi
    venne spesso Vittorio ad ispirarsi.
    Irato a' patrii Numi, errava muto
    ove Arno è piú deserto, i campi e il cielo
    desïoso mirando; e poi che nullo
    vivente aspetto gli molcea la cura,
    qui posava l'austero; e avea sul volto
    il pallor della morte e la speranza.
    Con questi grandi abita eterno: e l'ossa
    fremono amor di patria. Ah sí! da quella
    religïosa pace un Nume parla:
    e nutria contro a' Persi in Maratona
    ove Atene sacrò tombe a' suoi prodi,
    la virtú greca e l'ira. Il navigante
    che veleggiò quel mar sotto l'Eubea,
    vedea per l'ampia oscurità scintille
    balenar d'elmi e di cozzanti brandi,
    fumar le pire igneo vapor, corrusche
    d'armi ferree vedea larve guerriere
    cercar la pugna; e all'orror de' notturni
    silenzi si spandea lungo ne' campi
    di falangi un tumulto e un suon di tube
    e un incalzar di cavalli accorrenti
    scalpitanti su gli elmi a' moribondi,
    e pianto, ed inni, e delle Parche il canto.
    Felice te che il regno ampio de' venti,
    Ippolito, a' tuoi verdi anni correvi!
    E se il piloto ti drizzò l'antenna
    oltre l'isole egèe, d'antichi fatti
    certo udisti suonar dell'Ellesponto
    i liti, e la marea mugghiar portando
    alle prode retèe l'armi d'Achille
    sovra l'ossa d'Ajace: a' generosi
    giusta di glorie dispensiera è morte;
    né senno astuto né favor di regi
    all'Itaco le spoglie ardue serbava,
    ché alla poppa raminga le ritolse
    l'onda incitata dagl'inferni Dei.
    E me che i tempi ed il desio d'onore
    fan per diversa gente ir fuggitivo,
    me ad evocar gli eroi chiamin le Muse
    del mortale pensiero animatrici.
    Siedon custodi de' sepolcri, e quando
    il tempo con sue fredde ale vi spazza
    fin le rovine, le Pimplèe fan lieti
    di lor canto i deserti, e l'armonia
    vince di mille secoli il silenzio.
    Ed oggi nella Troade inseminata
    eterno splende a' peregrini un loco,
    eterno per la Ninfa a cui fu sposo
    Giove, ed a Giove diè Dàrdano figlio,
    onde fur Troia e Assàraco e i cinquanta
    talami e il regno della giulia gente.
    Però che quando Elettra udí la Parca
    che lei dalle vitali aure del giorno
    chiamava a' cori dell'Eliso, a Giove
    mandò il voto supremo: - E se, diceva,
    a te fur care le mie chiome e il viso
    e le dolci vigilie, e non mi assente
    premio miglior la volontà de' fati,
    la morta amica almen guarda dal cielo
    onde d'Elettra tua resti la fama. -
    Cosí orando moriva. E ne gemea
    l'Olimpio: e l'immortal capo accennando
    piovea dai crini ambrosia su la Ninfa,
    e fe' sacro quel corpo e la sua tomba.
    Ivi posò Erittonio, e dorme il giusto
    cenere d'Ilo; ivi l'iliache donne
    sciogliean le chiome, indarno ahi! deprecando
    da' lor mariti l'imminente fato;
    ivi Cassandra, allor che il Nume in petto
    le fea parlar di Troia il dí mortale,
    venne; e all'ombre cantò carme amoroso,
    e guidava i nepoti, e l'amoroso
    apprendeva lamento a' giovinetti.
    E dicea sospirando: - Oh se mai d'Argo,
    ove al Tidíde e di Läerte al figlio
    pascerete i cavalli, a voi permetta
    ritorno il cielo, invan la patria vostra
    cercherete! Le mura, opra di Febo,
    sotto le lor reliquie fumeranno.
    Ma i Penati di Troia avranno stanza
    in queste tombe; ché de' Numi è dono
    servar nelle miserie altero nome.
    E voi, palme e cipressi che le nuore
    piantan di Priamo, e crescerete ahi presto
    di vedovili lagrime innaffiati,
    proteggete i miei padri: e chi la scure
    asterrà pio dalle devote frondi
    men si dorrà di consanguinei lutti,
    e santamente toccherà l'altare.
    Proteggete i miei padri. Un dí vedrete
    mendico un cieco errar sotto le vostre
    antichissime ombre, e brancolando
    penetrar negli avelli, e abbracciar l'urne,
    e interrogarle. Gemeranno gli antri
    secreti, e tutta narrerà la tomba
    Ilio raso due volte e due risorto
    splendidamente su le mute vie
    per far piú bello l'ultimo trofeo
    ai fatati Pelídi. Il sacro vate,
    placando quelle afflitte alme col canto,
    i prenci argivi eternerà per quante
    abbraccia terre il gran padre Oceàno.
    E tu onore di pianti, Ettore, avrai,
    ove fia santo e lagrimato il sangue
    per la patria versato, e finché il Sole
    risplenderà su le sciagure umane.

  6. #1256
    birra al popolo
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    Predefinito Re: Una poesia che "sento" mia

    Due Amori

    Sognai di stare su un piccolo colle
    e un piano ai miei piedi s’apriva simile
    a vasto giardino che a suo talento fioriva
    di fiori e boccioli. V’erano stagni sognanti
    placidi e cupi, e candidi gigli,
    sparuti, e crochi, e violette
    purpuree e pallide, fritillarie sinuose,
    rade presenze fra l’erba in rigoglio, e tra le verdi maglie
    occhi blu di vergognose pervinche brillanti nel sole.
    E strani fiori v’erano, mai prima saputi,
    tinti dai chiari di luna, che Natura
    formò con accorto capriccio, e qui uno
    che bevve nei toni sfumanti
    d’ un attimo breve al tramonto, steli
    d’erba che in centurie di primavere
    le stelle nutrirono in guise lente e squisite,
    bagnati da odorosa rugiada adunata in coppe
    di gigli, che nei raggi di sole hanno visto
    solo la gloria di Dio, perché mai un tramonto rovina
    l’aria luminosa del cielo. Oltre, inatteso,
    un grigio muro di pietra coperto di morbido muschio
    s’alzava; e in lunga contemplazione rimasi, affatto stranito
    a vedere un luogo sì insolito, dolce, bello,
    e mentre io stavo stupito, ecco! Attraverso
    il giardino un giovane venne, levò in alto una mano
    a schermirsi dal sole, i suoi capelli mossi dal vento
    intrecciati di fiori, e nella mano portava
    un grappo sanguigno d’uva rigonfia, chiari i suoi occhi
    come cristallo, nudo,
    bianco come la neve su inaccessibili vette gelate,
    rosse le labbra quasi sparse di vino rosso che macchia
    suolo di marmo, di calcedonio la fronte.
    E venne accanto a me, con labbra socchiuse
    e gentili, mi prese la mano e la bocca baciò,
    e uva mi diede a mangiare, e disse “Dolce amico,
    vieni, ti mostrerò le ombre del mondo
    e le immagini della vita. Vedi, da Sud
    avanza pallido corteo che non ha mai fine”.
    Ed ecco! Nel giardino del mio sogno
    due giovani scorsi che camminavano su un piano brillante
    di luce dorata. Uno pareva gioioso
    e bello e fiorente, e una dolce canzone
    moveva dalle sue labbra; cantò di graziose fanciulle
    e l’amore gioioso di avvenenti ragazzi e ragazze,
    luminosi i suoi occhi, e fra gli steli danzanti
    dell’erba dorata i suoi piedi per gioia avanzavano in tremito;
    e in mano reggeva un liuto d’avorio
    con auree corde come chiome di donna,
    e cantava con melodiosa voce di flauto
    e attorno al suo collo tre ghirlande di rose.
    Ma accanto il suo compagno veniva;
    triste e dolce, e gli ampi suoi occhi
    erano strani d’ un chiarore mirabile, sbarrati
    in contemplazione e molti sospiri mandava
    che mi commossero, e le sue gote erano bianche ed esangui
    come pallidi gigli, e rosse le labbra
    come papaveri, e le mani
    continuamente serrava, e il capo
    era intrecciato di margherite pallide come labbra di morte.
    Un panno purpureo indossava trapunto d’oro
    segnato da un grande serpente il cui respiro
    era fiamma di fuoco: quando lo vidi,
    scoppiai in lacrime e gridai: “Dolce giovane,
    dimmi perché, triste ed ansante, tu vaghi
    per questi reami di sogno, ti prego il vero di dirmi,
    qual è il tuo nome? Rispose: “Amore è il mio nome.”
    Poi, subito, il primo a me si rivolse
    E gridò: “Mente: il suo nome è Vergogna.
    Ma io sono Amore, ed ero solito stare
    da solo in questo giardino, sin quando egli venne,
    inatteso, la notte; io sono Amore verace e riempio
    i cuori a fanciulli e fanciulle di reciproco ardore.”
    Poi fra sospiri l’altro mi disse: “Fa’ ciò che vuoi,
    io sono l’Amore che non osa dire il suo nome.”

    Lord Alfred Douglas



  7. #1257
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    Predefinito Re: Una poesia che "sento" mia

    Versi persi fra gli alberi



    Non sono questi versi che mi sono venuti

    passeggiando nel bosco

    senza una penna

    e comunque senza niente su cui scrivere.



    Se ne sono andati per sempre:

    una manciata di monete

    lasciate cadere dalla gratta della memoria

    insieme alla mnemotecnica astuta



    che avevo ideata per fermarli –

    tutti andati e dimenticati

    prima che arrivassi alla distesa del prato

    dietro la nostra casa tranquilla



    con i suoi barattoli zeppi di penne,

    i quaderni d’appunti e le risme di fogli,

    la scrivania e la lampada tenue,

    la tavola e la luce dalle finestre.



    Così questa la mia elegia per loro,

    quelle sei o otto esaltazioni,

    la fine intrecciata della sintassi,

    il jazz del fraseggio,



    e la piccola intuizione finale

    scodinzolante come la corta coda

    di una spaniel perfettamente obbediente

    seduto accanto alla porta.



    Questo è il mio commiato a nulla

    dove dico Vai, poesiola –

    non là fuori nel mondo di occhi estranei,

    ma verso qualche limbo arioso,



    dimora di epiche perdute,

    di nomi dimenticati,

    di sogni fuggitivi

    come quello che ho fatto la scorsa notte,



    che, come una città fantastica a matita,

    si è cancellato

    nell’aria chiara del mattino

    proprio mentre mi svegliavo.



    Billy Collins
    Originariamente Scritto da …:
    “Se trovi che ho parlato di una Lamborghini te ne regalo una”.

    https://forum.termometropolitico.it/...l#post21308108

  8. #1258
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    Predefinito Re: Una poesia che "sento" mia

    Uomini



    Non esistono al mondo uomini non interessanti.


    I loro destini sono come le storie dei pianeti.
    Ognuno ha la sua particolarità
    e non ha un pianeta che gli sia simile.
    E se uno viveva inosservato
    e amava questa sua insignificanza,
    proprio per la sua insignificanza
    egli era interessante tra gli uomini.
    Ognuno ha il suo segreto mondo personale.
    In quel mondo c’è l’attimo felice.
    C’è in quel mondo l’ora più terribile,
    ma tutto ci resta sconosciuto.
    Quando un uomo muore,
    muore con lui la sua prima neve,
    e il primo bacio e la prima battaglia….
    Tutto questo egli porta con sé.
    Rimangono certo i libri,
    i ponti,
    le macchine,
    le tele dei pittori.
    Certo, molto è destinato a restare,
    eppur sempre qualcosa se ne va.
    E’ la legge d’un gioco spietato.
    Non sono uomini che muoiono, ma mondi.
    Ricordiamo gli uomini,
    terrestri e peccatori,
    ma che sapevamo in fondo di loro?
    Che sappiamo dei fratelli nostri,
    degli amici?
    Di colei che sola ci appartiene?
    E del nostro stesso padre,
    tutto sapendo non sappiamo nulla.
    Gli uomini se vanno…. e non tornano più.
    Non risorgono i loro mondi segreti.
    E ogni volta vorrei gridare ancora
    contro questo irrevocabile destino.


    Evgenij Evtušenko
    Originariamente Scritto da …:
    “Se trovi che ho parlato di una Lamborghini te ne regalo una”.

    https://forum.termometropolitico.it/...l#post21308108

  9. #1259
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    Predefinito Re: Una poesia che "sento" mia

    Utopia


    Isola dove tutto si chiarisce.

    Qui ci si può fondare su prove.

    L'unica strada è quella d'accesso.

    Gli arbusti fin si piegano sotto le risposte.

    Qui cresce l'albero della Giusta Ipotesi
    con rami districati da sempre.

    Di abbagliante linearità è l'albero del Senno
    presso la fonte detta Ah Dunque E' Così.

    Più ti addentri nel bosco, più si allarga
    la valle dell'Evidenza.

    Se sorge un dubbio, il vento lo disperde.

    L'eco prende la parola senza che la si desti
    e chiarisce volenterosa i misteri dei mondi.

    A destra una grotta in cui giace il Senso.

    A sinistra il lago della Profonda Convinzione.
    Dal fondo si stacca la verità e lieve viene a galla.

    Domina sulla valle la Certezza Incrollabile.
    Dalla sua cima si spazia sull'Essenza delle Cose.

    Malgrado le sue attrattive l'isola è deserta,
    e le tenui orme visibili sulle rive
    sono tutte dirette verso il mare.

    Come se da qui si andasse soltanto via,
    immergendosi irrevocabilmente nell'abisso.

    Nella vita inconcepibile.



    Wislawa Szymborska
    Originariamente Scritto da …:
    “Se trovi che ho parlato di una Lamborghini te ne regalo una”.

    https://forum.termometropolitico.it/...l#post21308108

  10. #1260
    in silenzio
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    Predefinito Re: Una poesia che "sento" mia

    Citazione Originariamente Scritto da mary ann Visualizza Messaggio
    Utopia


    Isola dove tutto si chiarisce.

    Qui ci si può fondare su prove.

    L'unica strada è quella d'accesso.

    Gli arbusti fin si piegano sotto le risposte.

    Qui cresce l'albero della Giusta Ipotesi
    con rami districati da sempre.

    Di abbagliante linearità è l'albero del Senno
    presso la fonte detta Ah Dunque E' Così.

    Più ti addentri nel bosco, più si allarga
    la valle dell'Evidenza.

    Se sorge un dubbio, il vento lo disperde.

    L'eco prende la parola senza che la si desti
    e chiarisce volenterosa i misteri dei mondi.

    A destra una grotta in cui giace il Senso.

    A sinistra il lago della Profonda Convinzione.
    Dal fondo si stacca la verità e lieve viene a galla.

    Domina sulla valle la Certezza Incrollabile.
    Dalla sua cima si spazia sull'Essenza delle Cose.

    Malgrado le sue attrattive l'isola è deserta,
    e le tenui orme visibili sulle rive
    sono tutte dirette verso il mare.

    Come se da qui si andasse soltanto via,
    immergendosi irrevocabilmente nell'abisso.

    Nella vita inconcepibile.



    Wislawa Szymborska

    IN ITINERE

    Mare nostrum.

    Ipnotica realtà
    io ti ascolto e ti guardo, stupita.

    Acqua sempre uguale a te stessa
    eppure ogni istante mutevole come l'essere femminile!

    Mobile qual più malvento
    anch'io muto d'accento e di pensiero come le vecchie ave.

    Così, semel in anno,
    mi chiudo in casa e resto lontana dal mare per quaranta giorni.

    Maria Vittoria, Mercoledì Primo di Marzo, MMCCCL Ab Bibliotheca Condita
    di necessità virtù

 

 
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