User Tag List

Pagina 16 di 38 PrimaPrima ... 615161726 ... UltimaUltima
Risultati da 151 a 160 di 375
  1. #151
    Forumista senior
    Data Registrazione
    15 Dec 2011
    Messaggi
    2,058
     Likes dati
    0
     Like avuti
    50
    Mentioned
    0 Post(s)
    Tagged
    0 Thread(s)

    Predefinito Re: Rif: Il Verbo di Dio si è fatto carne

    LA PARTITA PER LA "PACE"
    di Pietro Ferrari
    Gli ex atleti pacifisti e stramilionari, tutti cattolici devoti ed esemplari hanno incensato J.M. Bergoglio per l’iniziativa della Partita per la Pace. Radio Vaticana: "L'evento sportivo - ha aggiunto il Pontefice - è un gesto altamente simbolico per far capire che è possibile costruire una cultura dell'incontro e un mondo di pace dove i credenti di religioni diverse conservano la loro identità, vivendo nel reciproco rispetto".
    Ci provate da secoli a costruire questo mondo ateizzato, sincretinista, in cui la Pace non è prodotta dalla Grazia ma dal conservare la qualsiasi opinione nel rispetto umano, che sempre è stato un ostacolo per l’Evangelo. Certo, perché fuggite ciò che per gli apostati neopagani e i post-cattolici giudaizzanti, è “follìa” e “scandalo”, ma siete eternamente sconfitti perché cercate nel posto sbagliato. Ebbene anche la cantante sexy, novella apologeta e catechista per minorenni di questa controchiesa, ha avuto l’onore di commuoversi per aver cantato il capolavoro di John Lennon, altro impareggiabile apostolo che esercitò con eroismo le virtù teologali e cardinali: "Nella sua popolarissima canzone Imagine (1971) Lennon canta: Immagina che non ci sia il paradiso[...] Nessun inferno sotto di noi, sopra di noi solo cielo [...] E neanche la religione [...] Potrai dire che sono un sognatore, ma non sono l'unico. Spero che un giorno ti unirai a noi, e il mondo vivrà unito".
    Questa è una esplicita e blasfema negazione di Dio Onnipotente. Lennon e Yoko Ono vissero insieme per un anno mentre lui era ancora sposato con Cynthia e la Ono era ancora sposata con un regista americano. Quando Cynthia tornò da una vacanza in Grecia, trovò la Ono che viveva con il marito nella loro stessa casa. La Ono era ancora sposata con un altro uomo quando annunciò che aspettava un bambino da Lennon. La copertina, fronte e retro del beffardo album Two Virgins (Apple Records/Rykodisc 1968) ritraeva Lennon e la Ono nudi. La Ono era stata sposata più volte ed aveva avuto alcuni aborti procurati prima di unirsi a Lennon. Quest'ultimo affermò: «Intellettualmente sapevamo che il matrimonio era una stupida farsa, ma allo stesso tempo romantica. Vivemmo insieme per un anno prima di sposarci, perché eravamo legati ad altre persone da un pezzo di carta».
    I due si sposarono nel marzo del 1969. Nella sua canzone del 1970 God, dal suo album Plastic Ono Band (Apple/EMI 1970), Lennon dichiarò che non credeva in Dio, nella Bibbia, in Gesù Cristo. Nel suo libro pubblicato nel 1965 da Simon & Schuster A Spaniard in the Works (pag. 14), Lennon definì Gesù Cristo come «Jesus El Pifico, a garlic eating, stinking, little, yellow, greasy, fascist, bastard, catholic spaniard» («Gesù El Pifico, mangiatore d'aglio, piccolo, giallo puzzolente, unto, fascista, bastardo, cattolico e spagnolo»). In questo orribile libro, Lennon bestemmia il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo ribattezzandoli «Father, Sock, and Mickey Most» («Padre, Calzino, e Mickey massimo»).
    Anche negli ultimi giorni della sua vita, Lennon continuò a guidare i suoi seguaci all'eterna dannazione. In un'intervista concessa nel dicembre del 1980, poco prima della sua morte, si descrisse come «uno zen cristiano, uno zen pagano, uno zen marxista» o niente di tutto questo. Disse che non aveva mai incontrato un cristiano che non fosse un ipocrita bigotto.
    I postcattolici amano tutto questo, ma, cari signori, non si è forse già realizzato il mondo senza patrie e religione, in cui la proprietà viene lentamente tolta, in cui è rimasta la degradazione immanentizzata dell’aldilà ed in cui quasi chiunque ha dimenticato il paterno insegnamento “Pax Christi in Regno Christi”?
    Avete avuto finalmente la “pace” o essa è introvabile? Non volete proprio capirlo che se la “pace” non è più il Dono della Verità, diventa solo uno metodo che distoglie gli sguardi dalla Verità?
    Pertanto smarrite l’una e non trovate l’altra. Ancora insistete però a cercarla eppure non la trovate mai, con le ‘preghiere interreligiose’ nei giardini vaticani o col Culto dell’Uomo, che invece offendendo proprio Colui che solo può donarla. Tornate negli spogliatoi, questa partita è persa.
    La partita per la ?pace? | Radio Spada



    Caro papa Bergoglio, mentre massacrano i nostri fratelli cristiani per la loro fede e i loro vescovi implorano aiuto, non si fanno allegre partite di calcio con Maradona (con il contorno di canzoni assai profane), ma si fanno novene, digiuni e penitenze, offrendo a Dio le nostre lacrime e i nostri cuori
    Antonio Socci
    Raccogliendo i vostri inviti propongo nove giorni di preghiere per i cristiani perseguitati e massacrati. Un Rosario ogni giorno dal 4 settembre al 12 settembre, festa del Santo Nome di Maria. Per i perseguitati e per i pastori che, mentre imperversa la persecuzione, organizzano partite di calcio, invece di proteggere il gregge dal lupo, magari facendo fare novene a tutta la cristianità, giorni di digiuno e penitenza. Il Signore tocchi i loro cuori.
    PS Mi dicono che durante quella partita “benedetta” dal Papa sono state cantate canzonette contro la religione (and no religion too). Immagino come si sentirebbero quei poveretti che, per non rinnegare Cristo, sono stati pronti a perdere tutto e a mettere a rischio la propria vita, in tanti casi anche al martirio…
    PREGHIERA DI SAN BERNARDO PER IL NOME DI MARIA
    Chiunque tu sia,
    che nel flusso di questo tempo ti accorgi che,
    più che camminare sulla terra,
    stai come ondeggiando tra burrasche e tempeste,
    non distogliere gli occhi dallo splendore di questa stella,
    se non vuoi essere sopraffatto dalla burrasca!
    Se sei sbattuto dalle onde della superbia,
    dell’ambizione, della calunnia, della gelosia,
    guarda la stella, invoca Maria.
    Se l’ira o l’avarizia, o le lusinghe della carne
    hanno scosso la navicella del tuo animo, guarda Maria.
    Se turbato dalla enormità dei peccati,
    se confuso per l’indegnità della coscienza,
    cominci ad essere inghiottito dal baratro della tristezza
    e dall’abisso della disperazione, pensa a Maria.
    Non si allontani dalla tua bocca e dal tuo cuore,
    e per ottenere l’aiuto della sua preghiera,
    non dimenticare l’esempio della sua vita.
    Seguendo lei non puoi smarrirti,
    pregando lei non puoi disperare.
    Se lei ti sorregge non cadi,
    se lei ti protegge non cedi alla paura,
    se lei ti è propizia raggiungi la mèta.
    (San Bernardo da Chiaravalle)
    Caro papa Bergoglio, mentre massacrano i nostri fratelli cristiani per la loro fede e i loro vescovi implorano aiuto, non si fanno allegre partite di calcio con Maradona (con il contorno di canzoni assai profane), ma si fanno novene, digiuni e penite

    Risposte in breve
    Gentilissimo Alessandro Gnocchi
    ho letto la lettera circa la visita del Papa al pastore pentecostale di Caserta e la sua risposta. Sinceramente aiutano, ma nello stesso mi sconcertano e sconfortano. Il punto è che non riesco a capire come noi semplici fedeli possiamo a questo punto riconoscere la strada giusta. Ognuno di noi ha un riferimento preciso nella fede e nella dottrina. I più anziani hanno anche avuto la fortuna di avere pastori che si attenevano scrupolosamente alla dottrina cattolica. Ma se oggi i nuovi pastori, anche nelle posizioni più alte, ci indicano strade diverse, che dobbiamo fare? Fare di testa nostra? Affidarci a loro? La fedeltà al Magistero è fondamentale per un Cattolico. Io sono smarrito e lei? Grazie della risposta,
    Giuseppe
    Egr. dott. Gnocchi,
    in mezzo all’attuale sfacelo della Chiesa, di fronte al quale non si può tacere e bisogna pregare, pregare e ancora pregare, come se non bastasse tutto ciò che ogni giorno con dolore apprendiamo, leggo su Corrispondenza Romana che il card. Hummes, alla domanda se Cristo, vivendo oggi, approverebbe le nozze gay, ha risposto di non saperlo e di non voler formulare ipotesi! Secondo me avrebbe dovuto dire: “Guardi, Gesù non è un uomo qualunque, condizionato dalle idee correnti del tempo in cui è vissuto, un uomo che, se fosse vissuto oggi, avrebbe detto cose diverse. Egli è il Verbo di Dio incarnato, è la Seconda Persona della Santissima Trinità, e le cose che ha detto valgono per sempre, fino alla fine dei tempi. Egli ha parlato agli uomini del suo tempo e a tutti quelli futuri e le sue parole non possono essere cambiate col mutare delle mode, a seconda delle tendenze dei vari periodi storici”. Le parole potevano essere diverse, ma il senso della risposta di un cardinale di S. R. Chiesa doveva essere questo. Sbaglio? Mi farebbe piacere una sua risposta, perché lo smarrimento è veramente grande.
    La ringrazio per tutto quello che fa e dice e la saluto,
    Stefano Pannocchi.
    Caro Pannocchi, caro Giuseppe
    accorpo le risposte alle vostre lettere per questioni di spazio, ma, soprattutto, perché pongono lo stesso quesito, che del resto è simile a quello del signor Maltoni.
    Come può stupirsi, caro Pannocchi, di quanto detto dal cardinale Hummes se, a proposito di omosessuali, il “Chi sono io per giudicare?” di papa Bergoglio è divenuto un mantra universale? Lei potrà pure ribattere che le intenzioni del Papa erano altre, ma il risultato è precisamente questo: che dentro la Chiesa, e non nel mondo, questo pensiero sta dilagando senza che il vertice vi ponga rimedio.
    Ciò mi fa pensare che la mens di quell’affermazione fosse il tentativo di sdoganare un nuovo atteggiamento nei confronti dell’omosessualità. Smettiamola con la favoletta del povero Papa strumentalizzato da Enzo Bianchi, da Scalfari, dalla stampa in generale, da prelati e prelatoni in particolare. È di ieri la notizia della riabilitazione di padre Miguel d’Escoto Brockmann, esponente di punta della teologia della liberazione che fece parte del governo sandinista del Nicaragua: Giovanni Paolo II lo punì, Francesco lo riabilita. Strumentalizzazione anche questa?
    Tutto questo per dire che il perfetto discorso cattolico da lei ipotizzato, caro Pannocchi, prima che al cardinale Hummes, lo si dovrebbe suggerire a Papa Bergoglio. Salvo poi venire querelati per eresia.
    Come orientarsi in questo sfacelo? chiede lei, caro Giuseppe. Esiste uno strumento che si chiama Tradizione e tramanda ciò che la Chiesa ha sempre insegnato per rendere gloria a Dio e salvare l’anima. Il cattolico può essere addolorato ma non smarrito, può faticare ma non cedere. Quindi, non è necessario, come si chiede lei, “fare di testa nostra”, facciamo con la testa della Chiesa di sempre. Ma per farlo non bisogna affidarsi ai lupi travestititi da pastori. Non sto dicendo che tutti i pastori siano lupi. Ci sono molti sacerdoti che continuano a essere cattolici nonostante tutto e a tenere viva la Chiesa vera, ma non sono quelli che vanno per la maggiore.
    Quando, mi chiedo, almeno un vescovo, avrà il coraggio di fare ciò che fanno tanti preti di trincea?
    ?FUORI MODA?. La posta di Alessandro Gnocchi ? rubrica del martedì | Riscossa Cristiana

    Cose mai viste - né udite - dal Soglio Petrino nella storia della Chiesa
    Sintetizzo da recenti puntuali commenti di lettori e aggiungo, in fondo, due immagini molto eloquenti.
    Sono ricominciati da "Casa Santa Marta", che non può certo essere definita la Santa Sede, non solo i giudizi manichei e tranchant, senza adeguati approfondimenti, che dividono i cattolici in due gruppi ma anche le letture molto personali del Vangelo di papa Bergoglio. E gli addetti ai lavori hanno ripreso a diffondere dal sito del Vaticano le "meditazioni quotidiane", addirittura con risalto al non detto o al detto errato.
    Il caso più recente è attribuire a San Paolo: "io mi vanto dei miei peccati", senza precisare che San Paolo al cap. 12 della seconda Lettera ai Corinti non parla di peccati, bensì di debolezze. La parola greca usata da lui Paolo è ἀσθένεια (asthéneia), che appunto significa 'debolezza', e non 'peccato'. Inoltre è lo stesso San Paolo a spiegare bene in che consistono queste sue 'debolezze': "Ed Egli [Gesù] mi ha detto: «Ti basta la mia grazia; la mia potenza infatti si manifesta pienamente nella debolezza». Mi vanterò quindi ben volentieri delle mie debolezze, perché dimori in me la potenza di Cristo. Perciò mi compiaccio nelle mie infermità, negli oltraggi, nelle necessità, nelle persecuzioni, nelle angosce sofferte per Cristo: quando sono debole, è allora che sono forte." (2Cor 12, 9-10).
    Le debolezze sono dunque i patimenti fisici e spirituali che San Paolo stesso elenca, non certo i peccati. Sarebbe al limite del grottesco se non ci fosse l'impatto dato alle parole papali e l'assenza=silenzio di chi dovrebbe avere il coraggio e la responsabilità di rettificare quando e se necessario.
    Questo blog è il diario in diretta di denunce, di grida di dolore, di interrogativi, di costernazione, di insegnamenti cattolici a fronte di eventi inediti e seriamente dissolutori e ad affermazioni simili a quella recente sopra ricordata. Ma dove sono i sacerdoti, i vescovi, i cardinali che dovrebbero tuonare e non emettono neppure un belato? Con le pecore che stanno assumendo l'afrore dei lupi invece del profumo di Cristo Signore? Sono forse tutti nascosti in fondo alle sacrestie trasformate in latrine? E, purtroppo, non è una battuta: vedi immagine qui sotto. (M.G.)
    Chiesa e post concilio: Cose mai viste - né udite - dal Soglio Petrino nella storia della Chiesa



    SHIMON PERES A PAPA FRANCESCO: FONDIAMO L'ONU DELLE RELIGIONI
    Siamo oltre l'inedito, che di per sé potrebbe anche esser positivo; siamo all'assurdo, spacciato per normalità o 'continuità' che dir si voglia. Non conosciamo ancora la risposta del papa; staremo a vedere se finalmente sarà Pietro - e non Simone - a parlare in nome di Cristo e della Sua Chiesa...
    04/09/2014 - Incontro riservato in Vaticano: l'ex presidente israeliano Shimon Peres ha proposto al Pontefice un organismo che raggruppi le principali confessioni e agisca come forza di interposizione nei conflitti. In questa intervista esclusiva a Famiglia Cristiana, Shimon Peres spiega perché, dopo il fallimento della diplomazia internazionale, questa è l'unica via per costruire la pace. E perché a presiederla deve essere proprio Francesco.
    «In passato, la maggior parte delle guerre erano motivate dall’idea di nazione. Oggi, invece, le guerre vengono scatenate soprattutto con la scusa della religione. Nello stesso tempo, però, se mi guardo intorno noto una cosa: forse per la prima volta nella storia, il Santo Padre è un leader rispettato come tale non solo da tante persone ma anche dalle più diverse religioni e dai loro esponenti. Anzi: forse l’unico leader davvero rispettato. Per questo mi è venuta l’idea che ho proposto a papa Francesco…».
    In questa intervista, concessa in esclusiva a Famiglia Cristiana, Shimon Peres, 91 anni, protagonista della fondazione e poi della vita dello Stato di Israele di cui è stato presidente fino al 24 luglio di quest’anno, illustra il progetto di cui ha fatto partecipe il Papa nell’incontro di stamattina in Vaticano.
    «Oggi ci confrontiamo con centinaia, forse migliaia di movimenti terroristici che pretendono di uccidere in nome di Dio. E’ una guerra del tutto nuova rispetto a quelle del passato, sia nelle tecniche sia soprattutto nelle motivazioni. Per opporci a questa deriva abbiamo l’Organizzazione delle Nazioni Unite. E’ un organismo politico ma non ha né gli eserciti che avevano le nazioni né la convinzione che producono le religioni. E lo si vede bene: quando l’Onu manda in Medio Oriente dei peace keepers che vengono dalle Isole Fiji o dalle Filippine e questi vengono sequestrati dai terroristi, che può fare il segretario generale dell’Onu? Una bella dichiarazione. Che non ha né la forza né l’efficacia di una qualunque omelia del Papa, che nella sola piazza San Pietro raduna mezzo milione di persone».
    «E allora, preso atto che l’Onu ha fatto il suo tempo, quello che ci serve è un’Organizzazione delle Religioni Unite, un’Onu delle religioni. Sarebbe il modo migliore per contrastare questi terroristi che uccidono in nome della fede, perché la maggioranza delle persone non è come loro, pratica la propria religione senza uccidere nessuno, senza nemmeno pensarci. E penso che dovrebbe esserci anche una Carta delle Religioni Unite, esattamente come c’è la Carta dell’Onu».
    - Lei vedrebbe bene papa Francesco alla guida delle Religioni Unite?
    «Sì, per le ragioni che dicevo prima e anche perché lui comunque ci ha già provato, invitando Abu Mazen, il patriarca di Costantinopoli e me a pregare in Vaticano».
    _________________________
    Aggiornamento, ore 17:
    Il regno del kitsch, l'ONU delle religioni, al posto del Regno di Cristo.
    1. Ora lo sappiamo: "Il Papa - ha detto il portavoce della Santa Sede, padre Federico Lombardi - aveva preso molto tempo per stare con Peres che come è noto considera un uomo di pace e anche se non ci sono comunicati ufficiali, non essendo udienze a capi di stato o di governo, la lunghezza dei colloqui testimonia che il Pontefice ha accolto con interesse le proposte di Peres". [Vatican Insider]
    E sappiamo anche di più: [da Radio Vaticana] Altrettanto importante è stata l’udienza con il principe hashemita bin Tala... Un'udienza analoga come tipo di impostazione, perché il principe giordano ha presentato al Papa l’attività della Fondazione, dell’Istituto che egli ha fondato e condotto e che è appunto anch’esso tutto nella direzione del dialogo e dell’impegno interreligioso in favore della pace; l’importanza del dialogo fra le religioni per la dignità umana e la pace, l’aiuto ai poveri nel tempo della globalizzazione, l’educazione dei giovani alla fratellanza, l’insistenza sul rispetto della dignità delle persone [sociologia, non salvezza in Cristo!].
    Chiesa e post concilio: SHIMON PERES A PAPA FRANCESCO: FONDIAMO L'ONU DELLE RELIGIONI



    IL “CASO D’ESCOTO” E DINTORNI. CHI VUOLE SPAZZAR VIA L’OPERA DI GIOVANNI PAOLO II E DI BENEDETTO XVI
    Antonio Socci
    Nell’epoca Bergoglio, il Vaticano ha praticamente riabilitato la Teologia della liberazione che, nata negli anni Sessanta, molti disastri ha combinato, soprattutto in America latina, per aver alimentato la subalternità della Chiesa al pensiero marxista.
    Nei mesi scorsi ci sono stati eventi clamorosi, come lo “sbarco” trionfale in Vaticano di Gustavo Gutierrez, “padre” della Tdl. Un anno fa “L’Osservatore romano” pubblicò ampi stralci di un suo libro. Questa estate è arrivato un altro gesto altamente simbolico, passato quasi inosservato, che riguarda Miguel d’Escoto Brockmann.
    PROFONDO ROSSO
    D’Escoto era il figlio dell’ambasciatore del Nicaragua negli Stati Uniti. Ordinato prete nel 1961 si coinvolse nella Tdl e nell’ottobre 1977 si pronunciò pubblicamente a favore del Fronte Sandinista, un gruppo rivoluzionario d’ispirazione marxista che nel 1979 prese il potere in Nicaragua.
    D’Escoto fu ministro degli Esteri nel governo sandinista dal 1979 al 1990. Nello stesso governo-regime il gesuita Fernando Cardenal fu ministro dell’educazione e suo fratello Ernesto fu ministro della cultura. Giovanni Paolo II bocciò duramente il coinvolgimento dei tre religiosi nel governo sandinista.
    Già subito dopo la sua elezione papa Wojtyla aveva tuonato contro la Tdl. Nel suo viaggio in Messico del 1979 affermò: “la concezione di Cristo come politico, rivoluzionario, come il sovversivo di Nazaret, non si compagina con la catechesi della Chiesa”.
    Nel 1983 Giovanni Paolo II andò in visita pastorale proprio in Nicaragua dove già all’aeroporto rimproverò pubblicamente padre Ernesto Cardenal per il suo coinvolgimento nel governo.



    Il fatto fece scalpore e il regime sandinista organizzò una contestazione pubblica del papa durante la celebrazione della messa. Ma papa Wojtyla non era tipo da farsi intimidire e, dall’altare, urlò più dei contestatori sollevando il alto il crocifisso, come l’unico vero Re dell’universo.
    Nonostante il richiamo pubblico i tre religiosi risposero picche e D’Escoto nel 1984 fu sospeso a divinis con gli altri. Il governo sandinista cadde nel 1990, ma D’Escoto continuò a far politica. Nel 2008 addirittura lo ritroviamo a presiedere la sessione annuale dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite
    Eletto Bergoglio, D’Escoto fiuta l’aria e scrive al nuovo papa chiedendo il ritiro della sospensione “a divinis” per poter tornare a celebrare la messa. Richiesta subito accolta.
    Il 1° agosto di quest’anno Bergoglio firma la revoca. Perché “sono mutate le epoche, i contesti e soprattutto è cambiato lui”, spiegavano in Curia il 4 agosto 2014. D’Escoto – a loro dire – “ha capito di aver sbagliato e il Pontefice ha compreso la sincerità del ravvedimento”. Infatti l’indomani, 5 agosto, “La Prensa” di Managua riporta alcune bombastiche dichiarazioni rese in quelle ore dallo stesso D’Escoto alla tv governativa Canal 4. Titolo dell’articolo: “D’Escoto: Fidel Castro è eletto da Dio”. Il religioso ed ex ministro, appena riammesso alla celebrazione eucaristica da Bergoglio, ha affermato: “Il Vaticano può mettere a tacere tutto il mondo, (ma) allora Dio farà in modo che le pietre parlino e che trasmettano il Suo messaggio. Tuttavia (Dio) non ha fatto questo, ha scelto il più grande latinoamericano di quasi tutti i tempi: Fidel Castro”.
    D’Escoto che – dice “La Prensa” – è “attuale consigliere per gli affari di frontiera e per le relazioni internazionali del Governo, del presidente del Nicaragua, il sandinista Daniel Ortega” (ma non aveva abbandonato la politica?), ha anche aggiunto: “E’ attraverso Fidel Castro che lo Spirito Santo ci trasmette il messaggio, questo messaggio di Gesù sulla necessità di lottare per stabilire con forza e in maniera irreversibile il Regno di Dio in terra, che è la Sua alternativa al potere”. Dopo questa esaltazione teologica del tiranno di Cuba, che opprime da decenni un intero popolo con la dittatura comunista, D’Escoto si è rallegrato per il provvedimento di revoca della sospensione da parte di papa Francesco.
    ANNIENTARE I BUONI
    Il guanto di velluto usato da Bergoglio verso il potente e famoso “compagno” D’Escoto contrasta col pugno di ferro che ha usato per colpire un bravo e umile religioso dalla vita santa, padre Stefano Manelli, figlio spirituale di padre Pio e fondatore dei Francescani dell’Immacolata. Anche padre Manelli aveva scritto al papa, ma la sua lettera non è stata nemmeno presa in considerazione. La sua famiglia religiosa, ortodossa, disciplinata e piena di vocazioni è stata annientata per volere di Bergoglio, in quanto applicava il motu proprio di Benedetto XVI sulla liturgia. Ed era troppo ortodossa.
    Padre Manelli non ha mai disobbedito alla Chiesa, mai ha deviato dalla retta dottrina, mai si è buttato in politica come D’Escoto e mai ha esaltato dei tiranni comunisti. Così è stato duramente punito. E non a caso a firmare il provvedimento punitivo è stato il cardinale Braz de Aviz, prefetto della Congregazione vaticana di competenza. Questo cardinale brasiliano, guarda caso, viene proprio – lui stesso – dalla Teologia della liberazione e nelle interviste che ha rilasciato, a proposito della Tdl, ha dichiarato essa è non solo “utile”, ma addirittura “necessaria”. Ha aggiunto: “rimango convinto che in quella vicenda è passato qualcosa di grande per tutta la Chiesa”.
    Sì, un grande disastro. Ma certi “compagni” in rosso porpora oggi stanno ai vertici in Vaticano e puniscono coloro che sono stati sempre fedeli alla Chiesa. Il cardinale Braz de Aviz in quell’intervista ha allegramente snobbato le memorabili condanne della Tdl firmate da Joseph Ratzinger (e Giovanni Paolo II) con la “Libertatis Nuntius” (1984) e la “Libertatis Conscientia” (1986). Ormai si sentono i trionfatori: Wojtyla è morto e ritengono che Ratzinger abbia perso.
    I DUE GRANDI
    Proprio Benedetto XVI, di recente, ricordando Giovanni Paolo II, ha scritto: “La prima grande sfida che affrontammo fu la Teologia della liberazione che si stava diffondendo in America latina. Sia in Europa che in America del Nord era opinione comune che si trattasse di un sostegno ai poveri e dunque di una causa che si doveva approvare senz’altro. Ma era un errore. La fede cristiana veniva usata come motore per questo movimento rivoluzionario, trasformandola così in una forza di tipo politico (…). A una simile falsificazione della fede cristiana bisognava opporsi anche proprio per amore dei poveri e a pro del servizio che va reso loro”.
    Nel 2013 uno dei fondatori della Tdl, Clodoveo Boff (fratello dell’altro Boff), uno dei pochi che ha veramente capito la lezione (non così D’Escoto), ha dato ragione a Ratzinger per quello che (a nome di papa Wojtyla) fece trent’anni fa: “Egli ha difeso il progetto essenziale della teologia della liberazione: l’impegno per i poveri a causa della fede. Allo stesso tempo, ha criticato l’influenza marxista. La Chiesa” osservava Clodoveo Boff “non può avviare negoziati per quanto riguarda l’essenza della fede: non è come la società civile dove la gente può dire quello che vuole. Siamo legati ad una fede e se qualcuno professa una fede diversa si autoesclude dalla Chiesa. Fin dall’inizio ha avuto chiara l’importanza di mettere Cristo come il fondamento di tutta la teologia (…). Nel discorso egemonico della teologia della liberazione ho avvertito che la fede in Cristo appariva solo in background. Il ‘cristianesimo anonimo’ di Karl Rahner era una grande scusa per trascurare Cristo, la preghiera, i sacramenti e la missione, concentrandosi sulla trasformazione delle strutture sociali”.
    Oggi, nell’epoca Bergoglio, si torna indietro proprio a Rahner, a quella filosofia che già tanti danni ha fatto fra i gesuiti e nella Chiesa. E in questo vuoto abissale i cattolici tornano ad essere sballottati qua e là “da ogni vento di dottrina”.
    Subalterni ad ogni ideologia e inquinati da qualunque eresia. Una grande tenebra avvolge Roma.
    IL ?CASO D?ESCOTO? E DINTORNI. CHI VUOLE SPAZZAR VIA L?OPERA DI GIOVANNI PAOLO II E DI BENEDETTO XVI ? lo Straniero


  2. #152
    Forumista senior
    Data Registrazione
    15 Dec 2011
    Messaggi
    2,058
     Likes dati
    0
     Like avuti
    50
    Mentioned
    0 Post(s)
    Tagged
    0 Thread(s)

    Predefinito Re: Rif: Il Verbo di Dio si è fatto carne

    Se il cardinale Dolan riscrive il catechismo
    di Riccardo Cascioli
    Nella prospettiva dell’avanzata trionfale del movimento gay nella Chiesa, nei prossimi mesi ci sarà qualcosa di più dirompente del «Chi sono io per giudicare», frase peraltro usata in modo pretestuoso: sarà l’immagine della prossima parata di san Patrizio a New York il 17 marzo con un’organizzazione gay con tanto di striscione che sfila sotto lo sguardo benedicente dell’arcivescovo di New York, cardinale Timothy Dolan. È il caso che in questi giorni sta facendo discutere i cattolici statunitensi e non solo.
    La Parata di san Patrizio a New York è famosa in tutto il mondo: si tiene dal 17 marzo 1762, 14 anni prima della Dichiarazione di Indipendenza, per onorare il santo patrono d’Irlanda e di New York. Non è un evento organizzato direttamente dalla Chiesa cattolica, ma da una società cattolica di immigrati irlandesi. La diocesi newyorchese ha però sempre dato la sua benedizione, tanto che la marcia fa tradizionalmente una sosta davanti alla cattedrale di New York, dedicata proprio a san Patrizio, salutata dall’arcivescovo. Quest’anno inoltre il cardinale Dolan è stato invitato come Grand Marshal della parata, ovvero sarà colui che la apre.
    A creare maggiore sconcerto tra i cattolici è il fatto che l’accettazione dell’invito da parte di Dolan è arrivata dopo che gli organizzatori per la prima volta nella storia avevano ammesso alla sfilata un gruppo gay con tanto di insegna. Dolan peraltro non ha certo la fama di progressista, tutt’altro: celebre è il suo scontro personale con il presidente Obama a proposito dell’assicurazione sanitaria che obbliga i datori di lavoro a garantire contraccezione e aborto ai propri dipendenti. Eppure...
    Davanti al polverone che si è immediatamente sollevato, l’arcivescovo di New York si è dichiarato sereno perché non spetta a lui decidere i partecipanti e comunque non intende discriminare delle categorie di persone. Infine ieri ha pubblicato una dichiarazione ufficiale in cui si sottolinea che né lui né i suoi predecessori come arcivescovo di New York hanno mai deciso chi poteva o non poteva marciare nella parata, e che comunque ha sempre apprezzato lo sforzo degli organizzatori per mantenere l’evento fedele alla sua origine cattolica. Con questo l’arcivescovo Dolan pensa probabilmente di poter chiudere il discorso, ma non sarà così. Per una serie di motivi.
    Anzitutto nel comunicato c’è una bugia: il suo predecessore cardinale John O’Connor infatti, si è sempre battuto per evitare che organizzazioni gay partecipassero alla parata, visto che è da almeno venti anni che ad ogni edizione si assiste allo stesso tentativo. Per il movimento gay, la possibilità di partecipare a una delle parate più famose del mondo, con tanto di benedizione da parte di un cardinale di Santa Romana Chiesa, ha un valore simbolico enorme.
    C’è poi un retroscena poco edificante che riguarda la decisione degli organizzatori. L’organizzazione gay ammessa è infatti la OUT@NBCUniversal, un gruppo di dipendenti della rete televisiva Nbc. Il motivo è semplice: la Nbc è la rete che trasmette in diretta la parata (con tutti i vantaggi economici che ne derivano), e quest’anno i dirigenti Nbc hanno esercitato pressioni più forti del solito, lasciando intendere che se non avessero potuto sfilare i gay il contratto sarebbe saltato. E analoga pressione è stata fatta dal principale sponsor della parata, la Birreria Guinness. È dunque una pura questione di soldi, un ricatto a cui gli organizzatori hanno ceduto. A maggior ragione il cardinale Dolan avrebbe dovuto declinare l’invito al ruolo di Grand Marshal.
    Ma la questione centrale è soprattutto un’altra. In discussione non è la possibilità di sfilare per le persone con tendenze omosessuali, sicuramente lo avranno fatto anche negli anni precedenti; ma ammettere un’organizzazione gay, che dell’omosessualità fa un vanto, è un’altra cosa. È derubricare un peccato – che come ha ricordato nel suo blog Sandro Magister – il catechismo considera uno dei quattro che «gridano al Cielo». Insomma è come se alla processione del Corpus Domini sfilassero movimenti organizzati di assassini, di trafficanti di esseri umani e così via. Un conto è partecipare da peccatore (lo siamo tutti) che desidera la conversione, e un conto da gruppo organizzato che rivendica il peccato come la strada maestra. Indurre e avallare per pragmatismo o per un malinteso senso di inclusione questa confusione è gravissimo. La Chiesa non giudica il peccatore, ma il peccato sì.
    Invece con questa decisione, il cardinale Dolan afferma di fatto che l'omosessualità non è più peccato. Si tratta di un'affermazione grave, perché significa concedere che l'omosessualità è una natura, vale a dire che non è vero che «Dio creò l'uomo, maschio e femmina lo creò».
    La sfilata del prossimo 17 marzo – se il cardinale non tornerà sui suoi passi - avrà perciò un impatto devastante. Si può solo sperare che serva almeno a risvegliare qualcuno nella Chiesa dal torpore. La «simpatia» per il mondo porta inevitabilmente a diventare del mondo.
    Se il cardinale Dolan riscrive il catechismo





    L’ennesima scivolata di Papa Bergoglio celebrata da Introvigne
    di Giorgio Mariano
    In un articolo apparso sulla Nuova Bussola Quotidiana del 29 luglio scorso, Massimo Introvigne ha celebrato con entusiasmo il gesto teatrale di papa Bergoglio di recarsi a Caserta presso la nuova sede della chiesa evangelica pentecostale della “riconciliazione”. In tale occasione il Papa avrebbe chiesto “perdono” «per il sostegno che alcuni cattolici italiani diedero alle leggi contro i pentecostali degli anni 1930». Tale gesto “forte” è da inquadrare, secondo Introvigne, in quello sforzo di “purificazione della memoria” inaugurato da Giovanni Paolo II.
    Ci risiamo. La kermesse dell’attuale pontificato prosegue provocando sconcerto e disorientamento, se non tra i “cattoliconi” di questo mondo, certamente tra i Santi in paradiso i quali si staranno guardando dubbiosi gli uni con gli altri a cominciare da Sant’Ignazio di Loyola, fondatore della Compagnia di Gesù (suscitata dalla Provvidenza proprio per combattere il protestantesimo), chiedendosi: “ma allora noi per chi abbiamo militato? Per cosa ci siamo sacrificati?”. Pensiamo ad un San Lorenzo da Brindisi, all’epoca soprannominato il “martello dei protestanti”, o a un Sant’Antonio da Padova nelle sue dispute contro i catari, o a un sant’Edmund Champion, anch’egli gesuita martirizzato dai protestanti anglicani in Inghilterra. Staranno facendo anche loro un mea culpa per aver combattuto l’eresia e aver riconquistato anime a Cristo? A questo punto, urge chiarire alcuni punti fondamentali che continuano a sfuggire ad “alcuni” cattolici del terzo millennio.
    Innanzitutto non ha alcun senso presentare un formale e del tutto inefficace perdono per delle colpe presunte commesse dalla “Chiesa” nel passato per due ordini di motivi. Primo: la Chiesa in quanto Corpo Mistico di Cristo è immacolata e Santa dunque, impeccabile, giacché è lo stesso Corpo di Cristo il quale non conobbe peccato né bruttura alcuna. Secondo: le colpe, semmai ve ne siano, sono da imputare ai singoli uomini di Chiesa, e non alla Chiesa nella sua totalità. Terzo, negli anni 30’ del secolo scorso, il Timor di Dio era ancora considerato il primo valore a cui la società intera doveva attenersi. Era l’Italia di Pio XI, ed era più che giusto, ieri come oggi, additare l’errore e non solo, ma anche combatterlo e limitarlo quanto più possibile per impedire che le anime dei “piccoli” ne divenissero preda. Non si tendeva la mano all’eresia, ma si esortava l’eretico a convertirsi e a volgersi alla Verità che sola ha il potere di rendere liberi. Le leggi, anche dello Stato, servivano proprio a questo ossia a limitare quanto più possibile il propagarsi dell’errore, giacché secondo i principi della morale naturale prima, e della Fede Cattolica poi, l’errore e la menzogna non hanno alcun diritto nella società!
    Non ci credete? Pio XII insegna che l'errore «non ha oggettivamente alcun diritto né all'esistenza, né alla propaganda, né all'azione» (Discorso “Ci riesce” del 6 dicembre 1953). E dire che lo studioso Introvigne conosce benissimo il Magistero perenne della Chiesa, quello definito e definitivo, quello infallibile, quello messo nero su bianco, quello posto al sicuro da un bell’anatema. Basti pensare all’enciclica Mirari Vos di Gregorio XVI, alla Quanta Cura e al Sillabo del beato Pio IX, alla Libertas di Leone XIII, alla Pascendi di San Pio X, ecc.
    Ecco il testo della circolare “incriminata” emessa dal governo Mussolini: «Esistono in alcune province del regno semplici associazioni di fatto che, sotto la denominazione di pentecostali o pentecostieri o neumatici o tremolanti, attendono a pratiche di culto in riunioni generalmente presiedute da ‘anziani’. Il culto professato dalle anzidette associazioni, non riconosciute a norma dell’articolo 2 della legge 24 giugno 1929, n. 1159, non può ulteriormente essere ammesso nel regno, agli effetti dell’articolo 1 della citata legge, essendo risultato che esso estrinseca e concreta in pratiche religiose contrarie all’ordine sociale e nocive all’integrità fisica e psichica della razza». Niente di più giusto e di più vero, sostenuto e incentivato anche e soprattutto dalla Santa Sede e dallo stesso Pio XI, il quale aveva a cuore più l’integrità della Fede delle pecorelle a Lui affidate che una unità impossibile con gli eretici impenitenti. Un fascicolo vaticano rivolto al governo Italiano nel 1934 recita: «Particolare segnalazione meritano i pentecostali o tremolanti. Nelle loro adunanze, gli adepti sono eccitati fino al parossismo, con grande pericolo soprattutto per le donne e i bambini. Per accertarsi basterà inviare un medico psichiatra a fare, senza preavviso e cautamente, un sopralluogo nella loro sede di via Adige 20, in Roma. Gli stessi protestanti non approvano il loro sistema».
    Dunque, ad essere del tutto coerenti, bisognerebbe chiedere scusa ai pentecostali, non solo per “alcuni” cattolici, ma per lo stesso Pio XI il quale, poverino, bisogna capirlo, era vittima del suo tempo, e con lui tutti i pontefici degli ultimi secoli. Senza dubbio urge una profonda e veritiera purificazione della memoria, giacché il pontificato di Pio XI viene oscurato in una damnatio memoriae per il semplice fatto di aver collaborato col governo Mussolini e per aver ricevuto un generale sostegno dal fascismo e i suoi esponenti. Non dimentichiamo che fu grazie al Concordato del 1929 che la Chiesa e i Papi riacquistarono la libertà perduta in seguito alla presa di Roma nel 1870.
    Bisogna aggiungere, inoltre, che la gravità di quanto l’attuale Pontefice ha dichiarato in questo incontro con il pastore evangelico pentecostale Giovanni Traettino, è chiara a chiunque conosca un minimo di teologia cattolica di base. Citiamo qui le parole del Papa riportate sulla Nuova Bussola: «Lo Spirito Santo, fa la diversità nella Chiesa e questa diversità è tanto ricca, tanto bella; ma poi, dopo, lo stesso Spirito Santo fa l’unità. E così la Chiesa è una nella diversità. E per usare una parola bella di un evangelico, che io amo tanto: una diversità riconciliata dallo Spirito Santo». Con queste parole il Papa sta dichiarando in pratica che i pentecostali, formalmente eretici, fanno parte della Chiesa, ossia nonostante la radicale discomunione, nonostante la divergenza nella fede che comporta l’assenza della Carità in quanto virtù teologale, essi sarebbero comunque parte della Chiesa. Questo è semplicemente impossibile, giacché l’essere parte della Chiesa equivale all’essere membro di Cristo, e ciò presuppone l’unità della Fede, ossia il credere ciò che Lui ha rivelato e la Santa Chiesa ci propone a credere come recita l’Atto di Fede. Se manca la Fede, insegna San Tommaso, non può esserci neanche vera Carità. I pentecostali, dunque, essendo eretici, non sono in alcun modo parte della Chiesa, né dunque, possono essere elogiati e tanto meno incoraggiati come una “espressione dello Spirito Santo”. Lo Spirito Santo, che è Dio, non può produrre l’errore, né lo suscita, né lo crea, né, tanto meno, lo crea per dividere la Chiesa e riunirlo poi in essa, attraverso un processo dialettico di tesi-antitesi-sintesi che ricorda lo gnostico solve et coagula (sciogli e riunisci). Se così fosse dovremmo imputare allo Spirito Santo le guerre di religione che hanno insanguinato l’Europa e il mondo per oltre 30 anni e le divisioni che ne sono scaturite per la rovina della Fede e della morale.
    Constatiamo con dolore, che l’attuale pontificato è impostato secondo il primato della prassi sulla teoria, dell’iniziativa personale sulla Verità oggettiva. Sembra che esista soltanto l’oggi, l’hic et nunc. Il passato è del tutto marcio o superato in un processo evolutivo che conduce verso un nuovo umanesimo filantropico. Chiediamo, però, agli amici della Nuova Bussola Quotidiana: usate il cervello, e cercate in tutto questo Sturm und Drang bergogliano di non perdere, e di non far perdere agli altri la vera Bussola, che è la Fede Cattolica, Immutabile ed Eterna. La Bussola infatti, per funzionare deve avere questa caratteristica: puntare sempre verso un punto fisso, stabile e immutabile. Qualsiasi sia la mia posizione nello spazio e nel tempo, essa punta sempre in unica direzione che né la storia né la sovversione dei costumi potrà cambiare. Christus heri, hodie et semper.
    L?ennesima scivolata di Papa Bergoglio celebrata da Introvigne ~ CampariedeMaistre


    Chi pecora si fa, il lupo se la mangia
    di Giovanni Servodio
    La brutta storia del secondo viaggio di papa Bergoglio a Caserta, ha avuto non pochi strascichi e rischia di diventare una sorta di paradigma “ecumenico” per il futuro.
    Dopo il nostro appunto di pochi giorni fa ci vediamo costretti, ad intervenire sulle reazioni manifestatesi in campo eretico o, per dirla col politicamente corretto, ambito “evangelico”.
    A dire il vero, la cosa non sarebbe poi così interessante, ma dal momento che permette di chiarire con che razza di gente se la fa papa Bergoglio, pensiamo che sia utile segnalare alcuni passi tratti da dichiarazioni “ufficiali”, così da fugare ogni equivoco sulla vera natura di questo variopinto mondo dei sedicenti seguaci del Vangelo che contrastano e combattono la Chiesa cattolica… quella stessa che dovrebbe essere stata assegnata in custodia a papa Bergoglio.
    Il 2 agosto, Sandro Magister ha pubblicato sulla sua rubrica “Settimo Cielo” un’intervista al teologo evangelico Pietro Bolognesi, professore di teologia sistematica all’Istituto di Formazione Evangelica e Documentazione di Padova, nonché membro della commissione teologica dell’Alleanza Evangelica Mondiale; non il primo venuto, dunque.
    A commento dell’auspicio di papa Bergoglio per una “diversità riconciliata”, il “pastore” afferma:
    «La “diversità riconciliata” è un paradigma ecumenico secondo il quale le chiese si accettano come sono. Ma come è possibile accettare la chiesa cattolica come una denominazione qualunque? È una chiesa che ha uno Stato al suo cuore, che ha un’istituzione imperiale come il papato al suo centro, che ha una serie di dogmi antibiblici che sono immodificabili, che ha un impianto sacramentale, che promuove devozioni che deviano l’attenzione da Cristo… Insomma, come si fa ad accettare di essere “riconciliati” con questa realtà? L’unità è nella verità di Cristo, non nella reciproca accettazione delle differenze, qualunque esse siano.»
    Ora, che delle cose così ovvie si debbano sentire da un signore che se ne sta ben al di fuori della Chiesa cattolica perché di essa non condivide neanche una virgola, è cosa davvero singolare e per certi versi ridicola.
    Dopo la prestazione di Caserta, dove si è preteso che papa Bergoglio abbia detto delle cose intelligenti e soprattutto cattoliche, bisogna riconoscere che la chiarezza sta dalla parte degli eretici, il che è tutto dire circa le idee chiare dell’attuale capo della Chiesa cattolica. Purtroppo, però, tale stato di cose non riguarda tanto lo stesso papa Bergoglio, quanto la salute spirituale dei fedeli cattolici, ormai in balia delle sue sparate quotidiane: è questo che ci preoccupa, non la constatazione che sul soglio di Pietro sieda un signore che si compiace di fare la corte ai nemici della Chiesa.
    Nello stesso articolo di Sandro Magister si fa riferimento alla dichiarazione del 19 luglio, fatta da varii organismi eretici o evangelici, se più piace, dove si può leggere:
    «A seguito della tavola rotonda promossa da Alleanza Evangelica Italiana, Federazione delle Chiese Pentecostali, Assemblee di Dio in Italia, Chiesa Apostolica in Italia e Congregazioni Cristiane Pentecostali, e svoltasi il 19 Luglio 2014 ad Aversa presso la Facoltà Pentecostale di Scienze Religiose, sul tema “Il cattolicesimo contemporaneo: una prospettiva evangelica”, le organizzazioni sopra citate, a seguito di aperture ecumeniche da parte di ambienti evangelici e pentecostali internazionali e nazionali nei confronti della Chiesa cattolica romana e del suo attuale Pontefice, senza esprimere un giudizio sulla fede dei singoli fedeli, ritengono incompatibile con l’insegnamento della Scrittura una chiesa che si sente mediatrice di salvezza e che presenta altre figure come mediatrici di grazia, dal momento che la grazia di Dio viene a noi soltanto per mezzo della fede in Cristo Gesù senza le opere (Efesini 2:8) e senza l’intervento di altri mediatori (1 Timoteo 2).»
    Anche qui abbondano i pesci in faccia a papa Bergoglio, che, a onor del vero, se li merita, ma che dimostra di non essere in grado di comprenderli. Come abbiamo già scritto: tutto questo è il frutto della perdita della fede in Dio e in Nostro Signore Gesù Cristo e della sostituzione di questa con la fede nell’uomo, l’unica ormai rimasta in gran parte del Vaticano.
    E questo è confermato dalle dichiarazioni qui riportate, da dove è evidente che la pretesa di papa Bergoglio di fare comunella, o “ecumenismo” che dir si voglia, con chi è eretico, può essere solo fondata sulla sua condivisione dell’eresia e della manipolazione dei Vangeli.
    Il lettore avrà notato che non siamo entrati nel merito delle dichiarazioni degli eretici, o “evangelici” che dir si voglia, e questo perché il loro contenuto è più che chiaro: si tratta di persone e di gruppi che si sono fatti una loro “chiesa” a proprio piacimento, e che quindi non meritano alcuna attenzione, se non quella da riservare ai traviati da aiutare a convertirsi e a ritornare sulla retta via. Abbiamo riportato queste dichiarazioni perché il lettore si renda conto con chi noi cattolici siamo costretti ad avere a che fare, non tanto fuori dalla Chiesa, quanto dentro la Chiesa e… a capo di essa.
    Dovremmo allora preoccuparci della sorte di Bergoglio? Chi è causa del suo male, pianga se stesso.
    O dovremmo preoccuparci del modo in cui viene considerato dai suoi amici eretici? Chi pecora si fa, il lupo se la mangia.
    O dovremmo preoccuparci della faccia feroce che mostrano gli eretici in questa occasione? Quando si striscia tra i serpenti, questi si rizzano e mostrano i denti.
    Quello che ci preme è segnalare che non si può più tergiversare. L’accelerazione della riduzione al minimo della pratica della Fede e della Fede stessa, condotta dai moderni uomini di Chiesa a partire dal Vaticano II, impone che si prenda seriamente in considerazione l’idea che tutto questo accade perché il Signore ci vuole mettere alla prova. Basta parlare di scandali occasionali e di errori o abusi di questo o di quello: è in essere un andazzo che può servire solo a meglio discriminare i falsi credenti dai veri credenti in Cristo.
    Questo significa che non dobbiamo adombrarci tanto perché Bergoglio scende a tali livelli, né cercare di risolvere il problema con la fuga: “questo non è papa”; dobbiamo invece considerare che, giorno dopo giorno, i tempi si fanno sempre più duri e problematici, ed è inevitabile che la deriva anticattolica della gerarchia si accentui sempre più. In un certo senso è come se il Signore ci volesse mettere di fronte alla tentazione di considerare perduta la Chiesa, tentazione che dobbiamo respingere continuando a resistere anche contro le malefatte dei preti, dei vescovi e del papa, mantenendoci forti nella Fede e dimostrando che continuiamo ad ubbidire a Dio e ci rifiutiamo di seguire e di ubbidire agli uomini, fosse anche il papa.
    Chi pecora si fa, il lupo se la mangia - di Giovanni Servodio

    Bergoglio, i Pentecostali… e poi?
    di Alessandro Gnocchi
    è pervenuta in Redazione:
    Caro Gnocchi, già la notizia del Papa che incontra il “vecchio amico” Giovanni Traettino, “pastore” della chiesa evangelica della riconciliazione di Caserta mi aveva stupito. Certo, il Papa privato cittadino può avere tutti gli amici che vuole, ma il Papa non è un privato cittadino, è il Vicario di Cristo e non può ignorare che ogni suo gesto è osservato e commentato in tutto il mondo.
    Poi lo incontra per convertirlo? Assolutamente no! Su una agenzia cattolica come Zenit leggo una serie di acrobazie su amicizia, diversità, punti di incontro che devono prevalere su quelli di divisione. Mi sembra un discorso che potrebbe andar bene per due capi di partito che devono trovare per forza un accordo per metter su un governo. Ma il Papa non è il capo della Chiesa cattolica, a cui Cristo ha dato la custodia della Verità? E quante verità ci sono?
    Però questo sarebbe ancora poco o nulla. È quello che ho sentito per radio e poi letto oggi pomeriggio (su Vatican Insider) che non mi stupisce, piuttosto mi scandalizza. Perché il Papa ha detto (riporto pari pari) “una tentazione dire: io sono la Chiesa tu sei la setta. Gesù ha pregato per l’unità. Lo Spirito Santo fa la diversità nella Chiesa. Lui fa la diversità. Ma poi lo stesso Spirito Santo fa l’unità e la Chiesa è una nella diversità. Una diversità riconciliata per lo Spirito Santo”. Lo Spirito Santo, ha detto ancora Bergoglio, “fa la diversità nella Chiesa. La diversità è tanto bella, ma lo stesso Spirito Santo fa anche l’unità, così che la Chiesa è una nella diversità: per usare una parola bella, una diversità riconciliante. Lo Spirito Santo è armonia, armonia nella diversità”.
    A parte il fatto che mi sembra un parlare aggrovigliato, ma qui avremmo assurdità come Gesù che prega per l’unità, e lo spirito Santo che fa qualcosa d’altro (la diversità). Cosa facevano, lavoravano ognuno per suo conto? E poi che mai vuole dire che la Chiesa è una nella diversità? Perché non dice mai Chiesa “cattolica”. Mi sembra tutto un minestrone da cui l’unica cosa che verrebbe fuori è che ci si può salvare in una chiesa “a scelta”. L’unicità della Fede cattolica allora ce l’hanno detta per scherzo negli ultimi duemila anni?
    Scusi se queste righe sono buttate giù un po’ in disordine e mi scusi anche se sono stato un po’ lungo. Ma questi discorsi, se uno non sapesse che li ha fatti il Papa, potrebbe pensare che vengano da uno dei mille sostenitori di un “dio” sempre più evanescente e imprecisato, spruzzando qua e là un po’ di parole belle come unità, diversità, armonia (armonia di che?). La necessità di convertirsi alla Chiesa cattolica, che mi hanno insegnato fin da bambino, non è nemmeno accennata.
    Non dico nulla sulla richiesta di perdono agli evangelici perseguitati dal regime fascista. Non ne avevo mai sentito dire, ma mi documenterò. Ma ho un po’ la nausea di questa libidine delle scuse. E non dico nulla neanche sul cardinale di Milano, Scola, che fa gli auguri agli islamici per il Ramadan. Mi sembra che siamo ormai a gara a cercare le fantasie più strane. Scusi, dov’è finita la Chiesa cattolica?
    Gino Lodrini
    Caro Lodrini,
    non immagina quanti altri lettori, dopo la visita di papa Francesco ai pentecostali di Caserta, hanno scritto per porre le stesse questioni che pone lei, fino all’ultima: ma dove è finita la Chiesa cattolica? Non si poteva non rispondere e non si poteva non entrare almeno in qualche dettaglio. Per questo consegno con qualche ora di ritardo la rubrica al direttore di “Riscossa Cristiana”.
    L’unica nota positiva in questa vicenda, caro Lodrini sta nel fatto che lei e gli altri lettori avete mostrato un buon fiuto giornalistico: avete trovato la notizia là dove gli addetti ai lavori l’hanno bucata bellamente. È vero che voi siete facilitati dal possedere ancora la fede e la dottrina cattolica, ma avete dato dei bei punti ai giornalisti di professione che hanno parlato dell’incontro di papa Francesco con i pentecostali puntando sulla richiesta di scuse per le persecuzioni avvenute in Italia durante il periodo fascista.
    Qui, però, devo spendere una parola di giustificazione per i poveri colleghi. Come lei sa, i giornali hanno bisogno di condensare fatti e idee anche complessi in un solo titolo che ne mostri il lato straordinario. Non avendo almeno un’infarinatura di dottrina cattolica, non hanno scelto il tema che lei ha perfettamente messo a fuoco, ma il lato più eclatante della vicenda, direi più grottesco: il Papa che scavalca a passi giganteschi i suoi predecessori chiedendo scusa per le colpe di un particolare regime politico e non più per quelle della Chiesa o degli uomini di Chiesa.
    Sui massmedia, il tema delle scuse da parte dei cattolici funziona sempre perché piace tanto al mondo. E, purtroppo, piace ancora di più a quei cattolici convinti di essere tanto più autentici quanto più si vergognano di essere cattolici.
    Ma questo, per quanto drammatico, è un punto secondario rispetto allo spettacolo a cui assistiamo gratuitamente ogni giorno. Gratuitamente per modo di dire, perché lo paghiamo con la nostra sofferenza, per ora solo spirituale. Per arrivare là dove non sono arrivati i colleghi folgorati sulla via della richiesta di scuse per le colpe del regime fascista, bisogna partire da un dettaglio che si trova nel saluto indirizzato dal pastore pentecostale Giovanni Traettino al Papa durante l’incontro di Caserta: “Verso la sua persona, anche tra noi evangelici, c’è tanto affetto per lei (applausi) e tanti di noi anche ogni giorno pregano per lei (applausi). Del resto, è così facile volerle bene. Diversi di noi credono perfino che la sua elezione a vescovo di Roma sia stata opera dello Spirito Santo (applausi)”.
    Proprio così, il pastore tanto amico di Bergoglio si è fatto beffe di lui, del papato e dello Spirito Santo. Rileggere per credere: “Diversi di noi credono perfino che la sua elezione a vescovo di Roma sia stata opera dello Spirito Santo (applausi)”. E lui, il Vicario di Cristo, non ha smesso il suo sorriso. Non ha protestato per l’offesa alla sua persona perché era avvolta nella carta dorata dell’apprezzamento: questa, forse, potrebbe persino essere venduta come umiltà. Ma non lo ha fatto neanche davanti al dileggio del pontificato e a una bestemmia contro lo Spirito: e questo è colpevole silenzio.
    Un dettaglio che va compreso nel quadro tracciato dal breve discorso indirizzato ai pentecostali nel quale Francesco ha detto, tra l’altro: “Lo Spirito Santo fa la diversità nella Chiesa e questa diversità è tanto ricca, tanto bella; ma poi, dopo, lo stesso Spirito Santo fa l’unità. E così la Chiesa è una nella diversità. E per usare una parola bella di un evangelico, che io amo tanto: una diversità riconciliata dallo Spirito Santo”.
    Qui, caro Lodrini, sta la notizia che lei a tanti altri lettori avete colto sotto il naso di tanti addetti ai lavori. Bergoglio si è ben guardato di parlare una sola volta di Chiesa cattolica. Ha lasciato aleggiare l’idea di una genericissima “chiesa” che comprenderebbe tutti coloro che si aggirano nelle periferie esistenziali. Una sorta di “superchiesa” di cui, a quanto pare, la Chiesa cattolica dovrebbe far parte a titolo paritario con eretici e scismatici di ogni risma.
    Bergoglio, i Pentecostali… e poi? – di Alessandro Gnocchi


  3. #153
    Forumista senior
    Data Registrazione
    15 Dec 2011
    Messaggi
    2,058
     Likes dati
    0
     Like avuti
    50
    Mentioned
    0 Post(s)
    Tagged
    0 Thread(s)

    Predefinito Re: Rif: Il Verbo di Dio si è fatto carne

    PREGHIERA
    di Camillo Langone
    Potessi tornare a baciare l’anello di un cardinale! Mi ha messo voglia di farlo Patrick Leigh Fermor, che alla pompa del cardinale Serédy, principe-primate di Ungheria, ha dedicato quattro belle pagine del suo “Fra i boschi e l’acqua” (Adelphi). E’ la descrizione della messa di Pasqua 1934 nella cattedrale di Esztergom, sulle rive del Danubio. Gli abiti della festa, “gli uomini erano a testa scoperta, le donne portavano un fazzoletto legato sotto il mento”, le candele, il baldacchino, “l’alta mitria bianca”, l’organo, il coro, l’incenso, il latino, e il rito del bacio dell’anello.
    Ottant’anni dopo non tira una buona aria per noi baciatori di anelli. Lo Spirito Santo ha scelto un Papa capace di rivolgersi alla maggioranza dell’umanità, ossia agli apostati e agli invidiosi. A noi della minoranza, convinti da Cristo che l’invidia (per non parlare della diabolica superbia) sia un sentimento da scimmie, non si rivolge più nessuno. A noi pochi che volentieri adoriamo, ammiriamo, baciamo, dopo l’ultima raffica di Trento sparata da Benedetto XVI, col motu proprio che avrebbe dovuto liberalizzare la messa gregoriana, resta la letteratura.
    PREGHIERA - 10 Settembre 2014

    Il Card. Burke smantella il "Chi sono io per giudicare?".
    Ripropongo, traducendolo rapidamente dall’inglese, questo articolo-intervista interessante che puntualizza senza ambagi la posizione immutabile della Chiesa in materia di morale sessuale e sul diritto di un sacerdote di giudicare gli atti peccaminosi.
    Il giornalista scrive, papale papale, che il card. Raymond Burke smantella il famoso interrogativo di Papa Francesco che, è inutile negarlo, così com’è stato espresso, ha creato una grande confusione tra i fedeli ed ha riscosso gli applausi della stampa omosessualista e delle lobbies che in essa si riconoscono o che quella patrocinano con cospicui finanziamenti.
    In realtà Burke, con la signorile correttezza che gli è propria, eppur con la forza della sua cultura e della coscienza della sua missione, intende fugar dubbi interpretativi dell’infelice frase pontificia avulsa dal suo contesto, confermando ancora una volta intatta la Verità.
    È innegabile – sia chiaro – che il linguaggio approssimativo, la fumosa precarietà e la contraddittorietà di prediche e chiacchierate a ruota libera di Bergoglio sollevino perniciosi dubbi sulla dottrina sempre professata dalla Chiesa e sembrino indicar mete inconciliabili con la Sacra Tradizione.
    Per tal motivo interventi seri e profondi, come questo dell’ottimo card. Burke, aprono il cuore alla speranza in un periodo di crisi e sbandamento imperanti nella comunità ecclesiale la cui unità non può esaurirsi nelle oceaniche adunanze osannanti di piazza S. Pietro e nella popolarità facile quanto troppo spesso volubile.
    Dante Pastorelli

    ******
    A proposito di omosessualità
    “Io devo giudicare gli atti": il Card. Burke smantella "Chi sono io per giudicare?"
    Articolo di John-Henry Westen tratto dal sito LIFE SITE del 4 Settembre 2014
    Il Cardinal Raymond Burke, Presidente del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica, ha rilasciato una lunga intervista televisiva in cui con decisione rettifica le errate interpretazioni del “Chi sono io per giudicare?” di Papa Francesco, citazione che frequentemente è stata usata per insinuare un cambiamento dell’insegnamento della Chiesa in materia di omosessualità.
    L’intervistatore, Thomas McKenna, del Catholic Action Insight, ha chiesto al card. Burke di indicare qualche caso in cui si possano esprimer giudizi alla luce del “Chi sono io per giudicare?” di Papa Francesco.
    “Io devo giudicare gli atti, lo devo” ha risposto il Cardinal Burke. “Tutti i giorni noi giudichiamo certi atti; questa è la legge naturale: scegliere il bene ed evitare il male”.
    Il Cardinale di Curia ha aggiunto che, mentre possiamo giudicare atti gravemente peccaminosi, non possiamo invece affermare che una particolare persona sia in istato di peccato grave, perché “forse si commettono quegli atti perfino senza aver conoscenza della loro grave peccaminosità o forse si commettono senza pieno consenso, chi può saperlo?”. “Questa enunciata è solo una parte del giudizio, ma gli atti, sì, dobbiamo giudicarli, altrimenti non potremmo condurre una vita buona e morale” ha aggiunto.
    Il cardinale allora ha toccato lo scottante tasto centrale della tolleranza e dell’intolleranza che è al cuore del dibattito.
    “Io non sono intollerante verso coloro che si sentono attratti da persone dello stesso sesso”, ha detto. “Ho una profonda compassione per loro e specialmente a causa della nostra odierna società in cui molti giovani son trascinati alla pratica omosessuale, in cui non sarebbero caduti nel passato, per via della totale rilassatezza della morale e della corruzione”.
    “Io ho una profonda compassione per loro ma questa compassione significa che io voglio ch’essi conoscano la verità per evitare atti peccaminosi per il loro bene e per la loro salvezza; è così che si cerca di aiutare una persona” ha aggiunto. “Oggi tale posizione è riprovata da un’aggressiva propaganda omosessualista ma questo non significa che non sia il retto approccio da perseguire”.
    Il cardinal Burke ha ammonito che ove noi rimanessimo in silenzio di fronte alle pressioni di un’aggressiva campagna omosessualista “contribuiremmo alla distruzione della nostra società”.
    Per il Cardinal Burke l’approccio non è solo teorico ma anche pratico.
    Egli riferisce che dopo una Messa di Confermazione, una madre gli si avvicinò accusandolo irosamente di aver definito “male” sua figlia. Quando egli chiese a cosa lei si riferisse, la signora rispose che si trattava di articoli ch’egli aveva scritto per un giornale diocesano sulla tradizionale definizione di matrimonio. Sua figlia, disse la donna, era “sposata” con un’altra donna.
    Il Cardinal Burke riferisce la sua risposta all’irata madre: “No”, aveva detto, “gli atti che commette tua figlia sono male. Tua figlia non è il male, ma lei necessita di arrivare a comprendere la verità sulla sua situazione”.
    Il Presidente del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica ha sostenuto che oggi vi sono molti equivoci in merito “e tristemente questo induce un gran numero di brave persone a non fare ciò che dovrebbero per aiutare qualcuno che si trova in una simile condizione”.
    MiL - Messainlatino.it: Il Card. Burke spiega il "Chi sono io per giudicare?".



    Anonimo16 settembre 2014 14:12
    "Chi siamo noi per giudicare" ed altre amenità simili si possono ritrovare negli scritti di un certo A. De Mello, ad esempio "Messaggio per un'aquila che si crede un pollo", scritti che gli sono costati la scomunica da parte di santa romana chiesa...

    «Il matrimonio sacramentale, se valido, è indissolubile». Vedi anche possibile rimozione del Card. Burke
    Si intitola «La speranza della famiglia» il libro intervista (Edizioni Ares, 80 pagine, euro 9.50) che raccoglie il dialogo tra il cardinale Gerhard Ludwig Müller, prefetto della Congregazione per la Dottrina della fede e Carlos Granados, direttore delle edizioni spagnole Bac.
    Si tratta delle sue riflessioni programmatiche in vista del Sinodo straordinario sulla famiglia che si terrà in Vaticano dal 5 al 19 ottobre prossimi. Aggiungo che mi è stato segnalato e ho verificato. Questo è davvero il Sinodo dei media.
    Il Televideo RAI di oggi 17 settembre - pag. 162, riporta l'uscita del libro dei 5 cardinali "Permanere nella verità di Cristo. Matrimonio e comunione nella Chiesa cattolica", col seguente titolo: Divorziati. 5 cardinali contro apertura papa.
    In effetti il papa ha affidato la prolusione a Kasper e lo ha lodato. Tant'è che il testo può dire che Kasper ha parlato a nome del papa invocando per i divorziati la "misericordia", che evidentemente non si sa più cos'è e viene confusa col permissivismo. Questo è quello che 'passa' e che il grande pubblico, in parte indifferente o contro la Chiesa, in parte disinformato, recepisce nei termini che una Santa Sede - che mi verrebbe spontaneo definire 'in vacanza', nel senso di disimpegno che rischia di essere collusione con l'errore, se non temessi di essere equivocata - si guarda bene dal chiarire.
    C'è da aggiungere ancora che se dovesse rivelarsi esatta la previsione di Magister della rimozione del card Burke, prima della prossima convocazione di ottobre del Sinodo straordinario dei Vescovi, si avrebbe anche il terribile effetto della sua rimozione dal Sinodo, e verrebbe meno la forza della sua voce dalla sua posizione di Prefetto della Segnatura Apostolica. Degradazione che sa di punizione peraltro assolutamente non motivata se non da criteri ormai autoritaristici.
    In questo caso il silenziamento e la rimozione risulterebbero tanto più significativi in quanto voluti dall'attuale papa e così intempestivi, oppure perfettamente tempestivi, a seconda del grado Kasperite più o meno acuta da cui si sia eventualmente affetti. Sintomo anche della ingravescente de-Ratzingerizzazione segnalata da Tosatti su La Stampa. Notizie riportate entrambe con lo stesso nostro sentire anche dal blog Rorate caeli. La possibile rimozione di Burke è ripresa da Eponymous flower con la definizione senza mezzi termini di rivoluzione di papa Francesco.
    Chiesa e post concilio: «Il matrimonio sacramentale, se valido, è indissolubile». Vedi anche possibile rimozione del Card. Burke





    La nomina di Danneels al Sinodo sulla famiglia e lo sfacciato silenzio dei mass media
    (Raffaella)
    Cari amici, ho cercato nei meandri del web ma non si trova un articolo di commento alla nomina dell'ex primate del Belgio, il card. Danneels, al sinodo per la famiglia in programma il mese prossimo in vaticano.
    Non è mia intenzione scagliarmi contro questa persona (del resto...chi sono io per giudicare?) ma mi preme analizzare e denunciare il comportamento dei mass media.
    Nel 2010 egli fu coinvolto nello scandalo pedofilia scoppiato in Belgio ed accusato di coperture. Addirittura nel 2013, alla vigilia del conclave, molti media insistevano sulla necessità di escludere tre cardinali elettori per le ragioni elencate di seguito. Fra di loro c'era anche l'ex primate del Belgio che comunque entrò in conclave e ne uscì gioioso per l'elezione avvenuta. Non solo: recitò anche una preghiera alla messa di insediamento come primo dei cardinali presbiteri.
    E già allora iniziavamo a sentire "puzza di bruciato mediatica" perché gli strali cessarono immediatamente per lui e per un altro cardinale, candidato "giornalistico" all'esclusione dal conclave solo pochi giorni prima e molto attivo su Twitter.
    Vi ricordate gli articoli moralistici ed i cronisti "scandalizzati" all'idea che alcuni cardinali potessero scegliere il nuovo papa? Tutto finito nel...dimenticatoio.
    Pensavo però che non si sarebbe mai arrivati ad una nomina come quella di ieri se non per rispetto contro Benedetto XVI, bersaglio numero uno delle frecce mediatiche.
    Sì, perché, cari amici, ormai possiamo dirlo: lo scandalo pedofilia scoppiato nel 2010 a livello mondiale aveva (ed ha) un solo bersaglio: Joseph Ratzinger.
    Oggi che egli è fuori dai giochi, è possibile fare ogni tipo di nomina perché nessuno la contesterà mai con buona pace delle vittime che in buona fede protestavano.
    L'argomento mi preme in modo del tutto speciale perché questo blog ha costruito un intero dossier sulla lotta alla pedofilia nella chiesa da parte di Ratzinger, cardinale e Papa. Dispiace constatare che questo lavoro è diventato una risposta ai media e non un modo per aiutare le vittime come Benedetto avrebbe voluto.
    Rincresce anche rendersi conto ed avere la prova provata che il Pontificato di Benedetto XVI avrebbe avuto ben altro esito e molte meno difficoltà se i mass media (e chissà chi altri nella chiesa e fuori...) non avessero deciso a tavolino di mettergli i bastoni fra le ruote fin dal 19 aprile 2005.
    La nomina di Danneels...un altro punto di non ritorno per quanto mi riguarda.
    Rileggiamo gli articoli di allora per ricordare il clima di un certo periodo e per verificare quanto i tempi siamo cambiati pur non essendo cambiata una virgola nella chiesa se non la cosiddetta "percezione" della medesima, e ovviamente il Papa.
    E la domanda sorge spontanea: che cosa sarebbe accaduto se un collaboratore del collaboratore del sostituto di un vicario amico di un conoscente di Papa Benedetto XVI avesse anche solo pensato di nominare Danneels?
    Chiesa e post concilio: La nomina di Danneels al Sinodo sulla famiglia e lo sfacciato silenzio dei mass media (Raffaella)



    Caro Gnocchi,
    ancora ancora, passi la partita di calcio per la pace, anche se francamente mi è sembrata un po’ una farsa. Però adesso si legge che l’ex presidente israeliano Peres ha proposto a Bergoglio la costituzione dell’Onu delle religioni. Uno dice, “Peres ha più di novant’anni, ha il diritto di dire qualche cosa di strampalato”. Ma resto di sale quando leggo che la Santa Sede, a questo progetto strampalato non risponde con un bel “no” deciso, e che sarebbe indispensabile, perché se la Chiesa cattolica non difende e afferma l’unica vera fede, che ci sta a fare? Come si può parlare di Onu delle religioni, come se tutte fossero uguali?
    No, la Santa Sede fa dire al solito povero Padre Lombardi, che a furia di arrampicarsi sui vetri finirà per cascare, che il Papa si è dimostrato interessato all’iniziativa. Ma siamo matti? Se facciamo una Onu delle religioni, vuol dire che già ammettiamo che tutte le religioni siano valide. Ma se tutte sono valide, alla fine nessuna è valida, perché come è possibile che abbiano pari valore “religioni” divise da assolute differenze? E comunque è una contraddizione in termini, perché se Dio è uno – o meglio Uno e Trino – una sola potrà essere la religione vera. Tutte le altre NON sono religioni, sono falsità o eresie.
    Di questo passo, se costituiremo l’Onu delle religioni, cosa si farà? Ognuno si sceglierà la religione che gli piace di più? Ma ci rendiamo conto che queste sono mattane? Allora sarebbe più onesto dichiarare l’ateismo universale.
    Mi sembra che ogni giorno di più la chiesa cattolica voglia mostrarsi ansiosa di non affermare più l’unicità della Fede cattolica e l’impossibilità di salvarsi se non si aderisce ad essa. Con tutto il rispetto per i nostri Pastori, mi chiedo: ma a che ci servono?
    Mi illumini lei, grazie!
    Adelio Massarotti
    Caro Massarotti,
    tutto ciò che posso fare è accendere una lampadina da pochi watt, nella speranza che, in tanto buio, dia almeno un po’ di luce. Un po’ di dottrina e un po’ di buon senso: non posso offrirle di più e spero che s’accontenti.
    Le sue osservazioni sono ineccepibili, compresa la tragica conclusione secondo cui accettare l’idea dell’uguaglianza tra le religioni coincide con una sostanziale dichiarazione di ateismo universale che porta alla negazione della divinità di Cristo. Ciò per il semplice motivo che, in questa prospettiva, è necessario considerare Nostro Signore un mentitore cominciando da là dove dice “Io sono la Via, la Verità e la Vita”. È la logica conseguenza di un semplice sillogismo: Dio non può mentire, Tizio mente, quindi Tizio non è Dio.
    Ma nella Chiesa di oggi il rigore non è di casa e non sembra un problema essere sostanzialmente atei pur continuando a dire, ma senza crederci davvero, che Gesù è Dio. Una sorta di ateismo di ritorno che funziona come l’analfabetismo per coloro che, dopo aver imparato a leggere e scrivere, hanno smesso di praticare le regole elementari dell’Abc. Allo stesso modo, a forza di trascurare preghiera, ascesi e dottrina, i cristiani hanno finito per perdere la fede pensando di esserne ancora in pieno possesso: ma i cosiddetti pastori gli dicono che va bene così.
    In tale quadro, caro Massarotti, non sottovaluterei l’evento della partita per la pace, che non è secondaria alla proposta dell’Onu delle religioni. Anzi ne è il complemento come forma rituale dotata di un linguaggio universale e accessibile a tutti, persino a coloro che non riescono a sopportare il calcio. Le istituzioni, specialmente quando sono astruse invenzioni umane, risultano sempre ostiche e lontane agli uomini e, dunque, hanno bisogno di riti e di eventi che le traducano in sentire comune. Da questo punto di vista, un partita di calcio in diretta universale sponsorizzata dal Papa è un vero colpo di genio.
    Ma, certo, l’idea di un’istituzione sovrareligiosa che stia sopra a tutte le fedi è il vero e ulteriore passo in avanti verso la demolizione della certezza che Gesù Cristo sia l’unico salvatore degli uomini. E inquieta, anche se purtroppo non sorprende, che da parte dei vertici della Chiesa cattolica si sia mostrata tanta benevolenza a fronte di tale diabolica proposta.
    Per ragionare su una fonte certa, conviene usare “Repubblica”, l’organo di stampa preferito da papa Francesco, dove si legge: “’Creare un organismo che raggruppi le principali confessioni e agisca come forza di interposizione nei conflitti’. È la proposta che l’ex presidente israeliano Shimon Peres ha fatto al Papa, in un incontro durato 45 minuti. Per l’ex presidente di Israele la guida perfetta di questa organizzazione sarebbe lo stesso papa Francesco perchè ‘forse per la prima volta nella storia, il Santo padre è un leader rispettato anche dalle altre religioni e dai loro esponenti’”.
    Tanto sarebbe bastato, in tempi civili, per rispedire al mittente messaggio e messaggero: forse con garbo, ma certamente con energia. Invece, sempre dalle cronache, si scopre che, nella misericordiosa Chiesa di papa Francesco, è andata diversamente: “Il Papa, che ha espresso interesse e incoraggiamento per l’idea; ha assicurato che ci sono dicasteri vaticani che seguono questo genere di lavoro e di iniziative. ‘Il Papa – ha detto il portavoce della Santa Sede, padre Federico Lombardi – aveva preso molto tempo per stare con Peres che come è noto considera un uomo di pace e anche se non ci sono comunicato ufficiali, non essendo udienze a capi di stato o di governo, la lunghezza dei colloqui testimonia che il Pontefice ha accolto con interesse le proposte di Peres e le informazioni del principe giordano sul suo centro interreligioso per la pace, esprimendo anche il proprio incoraggiamento’. Il Papa – ha aggiunto Lombardi – ha spiegato che ‘ci sono dicasteri della Santa Sede deputati a questa attività, quelli del Dialogo interreligioso e di Giustizia e Pace: quindi i cardinali Koch e Turkson seguiranno con attenzione la proposta’”.
    Traduco: la Chiesa cattolica seguirà con attenzione la proposta di essere declassata al rango di qualsiasi culto idolatra si agiti per il mondo....
    ?FUORI MODA?. La posta di Alessandro Gnocchi ? rubrica del martedì | Riscossa Cristiana

    Incominciano a cadere le maschere
    di Belvecchio
    Una “Onu delle religioni”. È questa la proposta che Shimon Peres, premio Nobel per la Pace nel 1994 insieme con Ytzhak Rabin e Yasser Arafat, ha illustrato stamattina a papa Francesco nel corso del colloquio di 45 minuti avvenuto in Vaticano. Il contenuto della proposta lo aveva già anticipato questa mattina lo stesso Peres in un’intervista esclusiva a Famiglia Cristiana.
    La reazione del Santo Padre alla proposta di Peres è stato resa nota da padre Lombardi alla Radio vaticana: "Il Papa ha detto tutta la sua attenzione, il suo rispetto per l’iniziativa dell’ex presidente Peres, ha garantito anche l’attenzione dei dicasteri della Curia Romana che sono particolarmente impegnati in questo campo e sono soprattutto – evidentemente – il Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso e il Pontificio Consiglio per la Giustizia e per la Pace, con i cardinali Tauran e Turkson".
    Ora, nulla accade per caso e ogni accadimento porta con sé segni distintivi che, a ben riflettere, aiutano a comprendere il suo vero significato; e questo della proposta avanzata in Vaticano di un “ONU delle religioni”, non a caso per bocca da Peres è un accadimento così significativo che i cattolici dovrebbero incominciare a preoccuparsi di ciò che si sta preparando.
    L’idea del “parlamento delle religioni”, non è certo una novità: è una cosa vecchia di più di un secolo; ma mentre i Papi l’hanno sempre condannata insieme ad ogni tentativo di sincretismo, di per sé volto a distruggere la vera Religione di Dio, oggi si arriva a proporla ufficialmente e pubblicamente nello stesso Vaticano, con tanto di benevolenza e di partecipazione di Bergoglio.
    Si comprende allora che ci troviamo al cospetto di una svolta così importante da costituire un vero e proprio giro di boa, tale che la Barca di Pietro, invece di puntare al largo, avrebbe volto la prua verso gli scogli, a dimostrazione che i moderni uomini di Chiesa perseguono lo scopo di trasformare la Barca della Salvezza in scafo della morte.
    Quando poi si apprende che la proposta dell’“ONU delle religioni” si accompagna all’auspicio che il capo di questo nuovo organismo diabolico dovrebbe essere proprio Bergoglio, si capisce come non si tratti solo di una “bella pensata”, ma della manifesta intenzione di proporre al “Vicario di Cristo” di mettersi a capo delle armate dell’Anticristo. Auspicio che in Vaticano non è stato respinto sdegnosamente, ma è stato inteso come un bel gesto di riconoscimento nei confronti di questo nuovo papa, questo moderno figlio del Vaticano II, che, si è detto, prenderà seriamente in considerazione la proposta di Peres.
    Altro che rottura… la Chiesa dei Papi che hanno preceduto il Vaticano II si dimostra essere milioni di anni luce distante da questa zattera sconquassata vomitata dal Vaticano II. La prima predicava e perseguiva il Regno sociale di Nostro Signore Gesù Cristo, la seconda promuove il parlamento delle religioni e l’abbraccio con gli Ebrei, detti “fratelli maggiori”… con i quali oggi giunge a farsi promotrice dell’“ONU delle religioni”.
    Come siamo caduti in basso!
    Dio ci aiuta con i segni!
    Sta a noi coglierli e farne tesoro, rifuggendo dalle chimere e dal canto ammaliatore delle sirene che non stazionano più solo a Scilla e Cariddi, ma sono ormai sparse per ogni angolo del mondo cattolico a scapito degli ingenui cattolici, tanto indeboliti da non avere la forza di legarsi con le orecchie turate all’albero immarcescibile della sana dottrina… costi quel che costi!
    In Te, Domine, speravi: non confundar in aeternum.
    Incominciano a cadere le maschere – di Belvecchio

  4. #154
    Forumista senior
    Data Registrazione
    15 Dec 2011
    Messaggi
    2,058
     Likes dati
    0
     Like avuti
    50
    Mentioned
    0 Post(s)
    Tagged
    0 Thread(s)

    Predefinito Re: Rif: Il Verbo di Dio si è fatto carne

    Preg.mo dottor Gnocchi,
    Le scrivo a proposito di pace. Mi sono sempre meravigliato che il saluto di Cristo “Vi lascio la pace, vi do la mia pace” abbia acceso un fuoco così ardente di coraggio e intraprendenza negli apostoli e in San Paolo (che si paragonava a un lottatore).
    Le sarei grato se potesse darmi qualche elemento sul senso di quanto il Signore ha voluto dirci usando la Sua lingua madre perché mi pare che la traduzione “pace” sia assai povera. Oltretutto il significato che spesso viene sottinteso è di inerzia passiva (una specie di tragica ed inutile melassa consolatoria).
    Credo invece che il messaggio sia molto articolato, attivo e chiami all’azione energica (se è ancora possibile usare questa parola: virile).
    La ringrazio.
    Paolo Montagnese
    Caro Montagnese,
    lei mi pone al cospetto di un’erta riservata a chi dedica una vita intera all’eloquenza divina, fatta di Parola e di Liturgia, di silenzio e di penitenza, e, se è il caso, di consolazione e di letizia. Ma il senso della sua domanda è talmente urgente anche per la cronaca, che proverò brevemente a muovere qualche passo su per la montagna.
    In questo compito, sono facilitato dal fatto che lei mi pare essere sulla strada giusta. Il capitolo 14 del Vangelo di San Giovanni, da cui trae quel “Vi lascio la pace, vi do la mia pace”, è chiarissimo e non lascia adito a interpretazioni maliziose, tanto da proseguire dicendo “Non come la dà il mondo, io la do a voi”.
    La questione è tutta qui: il cattolicesimo contemporaneo, quando si possa ancora chiamare “cattolicesimo”, ha finito per isolare il semplice termine “pace” da un discorso così eloquente da essere persino didascalico nell’esigere dal seguace di Cristo la costante lotta con il mondo.
    Non vi è pace senza guerra: ma questa è un’evidenza davanti alla quale il cristiano di oggi preferisce chiudere gli occhi e accontentarsi dell’illusoria tregua offerta dal mondo, imitazione scimmiesca di quella lasciata da Cristo, frutto malato di compromessi e del rinnegamento della Verità.
    Il processo di marcescenza del cattolicesimo è ormai arrivato tanto nel profondo, che l’amore per la pace diffuso nelle parrocchie, negli oratori, nei movimenti, nei sermoni e nei Tischreden di Santa Marta o negli Angelus in San Pietro ormai si fonda solo sull’egoistico bisogno di benessere. Ma un malinteso senso della pace, un troppo umano rifiuto di resistenza al male ha radici profonde e ha corroso intelligenze e anime strappandole al legame con il Corpo Mistico di Cristo o fermandole sulla soglia della conversione.
    Penso spesso al destino di Simone Weil, morta nel 1943 a 34 anni, al termine di una vita fatta di austerità, di dedizione al prossimo, di studio, di dolorosa contiguità con la mistica, di attenzione per la Chiesa cattolica senza decidersi al passo definitivo.
    Se Simone Weil è morta senza farsi battezzare, penso si debba ricercarne la ragione nella monca idea di pace e di non resistenza al male da cui padre Joseph-Marie Perrin, il domenicano che la seguiva nella sua cerca spirituale, non ha mai saputo liberarla. Cristina Campo, prima affascinata e poi molto critica nei confronti della Weil, nella splendida introduzione ad Attesa di Dio, se ne disse certa, e vedeva all’origine del mancato abbraccio con il Corpo Mistico di Cristo “la timidezza apostolica, la carità molto più sentimentale che spirituale del religioso che tentò di istruirla. (…) La rivelazione di una Chiesa pura perché tremenda, pietosa perché inflessibile, in totale contraddizione con il mondo, tetragona e bruciante, non avrebbe certo spaventato Simone Weil, ma solo, appunto, ciò di cui, in Simone Weil, Simone Weil soprattutto desiderava la morte: la partie médiocre de l’âme”.
    La Chiesa evocata da Cristina Campo, l’unica che mi sia dato conoscere, non può certo sovrapporsi alla “chiesa Peace an Love” che vede in papa Francesco l’icona delle icone. Ma, e questo dovrebbe inquietare quei cattolici assetati della pace donata dal mondo, non era certo una Chiesa piaciona e imbelle ciò che avrebbe condotto alla conversione quell’intelligenza così acuta e rigorosa, quell’anima così essenziale e acuminata che albergavano in Simone Weil.
    Forse cedendo a un malinteso senso della pace, padre Perrin ha rinunciato a compiere la dolce violenza di costringere Simone in ginocchio. E, forse per questo, Simone non ha compreso che la pace donata da Cristo è dolce come una consolazione inattesa, ma anche tagliente come il diamante, dolorosa come il timore di perdere qualcuno o qualcosa di amato.
    Caro Montagnese, oggi non abbiamo a che fare Simone Weil, e forse neppure con i suoi epigoni. Oggi abbiamo a che fare con una Chiesa che organizza le partite di calcio interreligiose mentre i cristiani vengono massacrati in tutto il mondo.
    Non penso che la chiesa di Papa Bergoglio avrebbe attirato un’anima esigente e intelligente come Simone Weil.
    ?FUORI MODA?. La posta di Alessandro Gnocchi ? rubrica del martedì | Riscossa Cristiana



    A. Gnocchi. Loreto. “Qui non confessioni ma dialogo e ascolto”
    Grazie ad Alessandro Gnocchi per questo suo articolo uscito oggi su Il Foglio. Invito a leggere con attenzione la sua sapiente argomentazione. Vi basti questo accenno alla problematica che affronta: «...Lascia intendere che lì, sotto lo sguardo dei Santi Cirillo e Metodio che convertirono l’Europa orientale alla fede in Cristo, si possa trovare nella comprensione di un essere umano qualcosa in più del perdono di Figlio di Dio. Eloquente esibizione della voglia matta di resa al mondo di una Chiesa riottosa al dogma che trasmette la Verità e ai sacramenti attraverso cui scorre la Grazia».
    -------------------------------------------------------------------
    Se un giorno di fine estate un pellegrino si avventurasse nel santuario di Loreto in cerca un confessore, si guardi bene dall’aggirarsi tra i confessionali posti attorno alla Santa Casa. Tenti invece in qualche cappella minore, prima o poi vedrà un frate accomodato su una sedia, un fedele non sempre in ginocchio e un piccolo gruppo in frettolosa attesa: vorrà dire che è arrivato.
    Ma, soprattutto, il pellegrino si astenga dal frugare con lo sguardo nella Cappella degli slavi, dove un laconico cartello ammonisce a caratteri di scatola “Qui non confessioni ma dialogo e ascolto” e un’opportuna locandina spiega che il “Punto d’ascolto” è attivo ogni giorno dalle 10,00 alle 12,00 e dalle 16,00 alle 18,00.
    Lì, a due passi dalla casa in cui Maria disse il suo “Sì” all’angelo che le annunciava l’incarnazione del Verbo, le anime non trovano balsamo celeste che curi le loro ferite, ma il pane raffermo della chiacchiera mondana. Un tavolino con un drappo rosso gettato sopra, due sediole e, dalle 10,00 alle 12,00 e dalle 16,00 alle 18,00, talvolta un frate, talvolta una suora, talvolta forse un esperto: per parlare laddove bisognerebbe tacere, per sistemarsi a proprio agio laddove bisognerebbe stare in ginocchio, per sospirare e divagare laddove bisognerebbe contemplare. Infine, per lasciare che ognuno se ne vada così com’era arrivato, senza che un sacerdote, per conto di Cristo, ne abbia curato con misericordiosa durezza le piaghe che altrove non possono trovare lenimento.
    Eppure, il malinconico avviso posto sulla balaustra della Cappella degli slavi vorrebbe dare a credere che nel cambio ci si possa guadagnare. Il “Qui non confessioni” seguito da un “ma” avversativo promette di offrire ben altro con “dialogo e ascolto”. Lascia intendere che lì, sotto lo sguardo dei Santi Cirillo e Metodio che convertirono l’Europa orientale alla fede in Cristo, si possa trovare nella comprensione di un essere umano qualcosa in più del perdono di Figlio di Dio. Eloquente esibizione della voglia matta di resa al mondo di una Chiesa riottosa al dogma che trasmette la Verità e ai sacramenti attraverso cui scorre la Grazia.
    Ma laddove il dogma si oscura e il sacramento si eclissa, rimane la nuda tecnica e la chiacchiera usurpa il ruolo della confessione. Fin dentro gloriosi santuari visitati da migliaia di pellegrini si manifestano l’oscuramento dell’Essere e il dominio tecnocratico paventati da Heidegger quando il sentore di una giovinezza cattolica tornava a carezzare le sue narici intellettuali. “Il tempo è povero non soltanto perché Dio è morto, ma perché (...) la morte si ritrae nell’enigmatico” lamentava il filosofo di Messkirch in “Perché i poeti?”. “Il mistero del dolore resta velato. Non s’impara ad amare (...). Povera è questa povertà stessa perché dilegua la regione essenziale in cui dolore, morte e amore si raccolgono”.
    Fedeli senza più fede, atei senza più ateismo che scorrono dentro e attorno alla Santa Casa di Nazaret portano nel cuore lo stesso dolore del filosofo tedesco. E, insieme, hanno la speranza nascosta di rendere meno povera la povertà di un mondo in cui faticano a vedere le tracce di Dio. Non cercano qualcosa o qualcuno che funzionino perfettamente in orari d’ufficio poiché ne hanno fino alla nausea nella vita feriale. Almeno dentro il recinto sacro vorrebbero potersi liberare dalla tirannia della tecnica che reclama la spoliazione dell’uomo. Come l’Heidegger di “Ormai soltanto un Dio ci può salvare” sono atterriti dal fatto che “Tutto funziona. Questo è appunto l’inquietante, che funziona e che il funzionare spinge sempre oltre verso un ulteriore funzionare e che la tecnica strappa e sradica l’uomo sempre più dalla terra (...). Non c’è bisogno della bomba atomica: lo sradicamento dell’uomo è già fatto. Tutto ciò che resta è una situazione puramente tecnica. Non è più la Terra quella su cui oggi l’uomo vive”.
    Ma poi, giunti in cerca di radici vive nei pressi della Casa in cui il Verbo si fece carne, questi cercatori dolenti si trovano al cospetto delle povere chiacchiere di un tecnico poste in mostra sul bancone in nome di una mercantile pluralità dell’offerta.
    Quando Charles de Foucauld si convertì al cattolicesimo, nell’ottobre del 1886, lo fece per mezzo di un sacerdote che non concesse alcuno spazio al dialogo e all’ascolto. Lo narra lui stesso nei suoi ricordi, parlando con il Signore ricordandogli le quattro grazie che gli concesse in quei momenti: “La terza grazia fu di suggerirmi: poniamoci a studiare, dunque questa religione; assumiamo un professore di religione cattolica, un prete istruito, e vediamo cosa ne scappa fuori e se sarà il caso di credere a quello che dice. La quarta fu la grande grazia incomparabile di indirizzarmi, per queste lezioni di religione, a M. Huvelin. Facendomi entrare nel suo confessionale, uno degli ultimi giorni di ottobre, tra il 27 e il 30, penso, Tu, mio Dio, mi hai davvero colmato di ogni bene (... ). Io chiedevo lezioni di religione: lui mi fece mettere ginocchioni e mi fece confessare, e mi spedì a comunicarmi, seduta stante...”.
    L’abbé Henry Huvelin, vicario parrocchiale Saint Augustin a Parigi, intuì che il momento era arrivato e non bisognava cedere oltre ai desideri di ricerca intellettuale di quel giovane inquieto. Bisognava solo indurlo con decisione a un atto di umile confessione e di richiesta di perdono a Dio. “Vorrei che mi istruiste nella fede”, chiese il giovane Charles. “Inginocchiatevi. Confessatevi a Dio e crederete”: e il giovane Charles si inginocchiò, si confessò, credette e si comunicò. Accogliere la fede dentro la propria intelligenza dopo un atto di assenso della volontà, come fece de Foucauld è ciò che San Giovanni, nel Vangelo, descrive dicendo in un meraviglioso rigo “Chi fa la verità, viene alla luce”.
    Non fu altrettanto fruttuoso il destino di Simone Weil, morta nel 1943 a 34 anni, al termine di una vita fatta di austerità, di dedizione al prossimo, di studio, di dolorosa contiguità con la mistica, di attenzione per la Chiesa cattolica senza decidersi al passo definitivo. Cristina Campo, nella splendida introduzione alla sua “Attesa di Dio”, vede all’origine del mancato abbraccio con il Corpo Mistico di Cristo l’indecisione del domenicano padre Joseph Marie Perrin, “la timidezza apostolica, la carità molto più sentimentale che spirituale del religioso che tentò di istruirla. (…) La rivelazione di una Chiesa pura perché tremenda, pietosa perché inflessibile, in totale contraddizione con il mondo, tetragona e bruciante, non avrebbero certo spaventato Simone Weil”.
    Ciò che aveva ben presente l’abbé Huvelin, e invece sfuggiva a padre Perrin, è narrato con fare quasi didascalico da Manzoni nella conversione dell’Innominato. Paride Zaiotti, astioso letterato ottocentesco, lamentava che nei “Promessi sposi” la nascita a nuova vita dell’inquieto signorotto non fosse riconosciuta al giusto tramite. “Se l’Innominato” diceva Zaiotti “come racconta il Rivola suo primo biografo, si convertì dopo il colloquio col Cardinal Borromeo, perché togliere il merito al Cardinale per darlo a Lucia, ai suoi occhi, alla sua voce soave, alle sue parole, al voto?”. Ma, a ben guardare, l’Innominato non è “stato convertito” ma “si è convertito” prima di arrivare alla presenza del Borromeo. Il cardinale lo sostiene nel riconoscere il mutamento nel suo cuore e nella sua intelligenza: “Dio! Dio! Dio! Se lo vedessi! Se lo sentissi! Dov’è questo Dio?”, “E chi più di voi l’ha vicino? Non lo sentite in cuore che vi agita?”. E pare di leggere Pascal: “Tu non mi cercheresti, se già non mi avessi trovato”. Il sacerdote è colui che rivela la conversione, come alter Christus è lì per sancire ciò che Dio ha operato. “E’ lì” commenta monsignor Cesare Angelini “per ricevere la legittimità di quanto è avvenuto, e a guarire un passato”.
    L’Innominato non chiede “solo dialogo e ascolto”, ma che l’Unico in grado di farlo guarisca il suo passato. Chiede la giustizia e carezza che Sant’Agostino descrive nel sermone sull’adultera salvata dalla lapidazione: “E tutti uscirono di scena. Soli restarono Lui e lei; restò il Creatore e la creatura; restò la miseria e la misericordia; restò lei consapevole del suo reato e Lui che ne rimetteva il peccato. (…) Ella si accusò. Gli altri non avevano potuto portar le prove e se ne erano fuggiti. Essa invece confessò; il suo Signore non ignorava la colpevolezza, ma ne ricercava la fede e la confessione”.
    Ma per imitare il Maestro, per prestargli la propria persona nel sacramento, serve un profondo e perfetto senso del peccato che, nella Chiesa di oggi, è moneta sempre più rara. “Come mai” chiedeva Cristina Campo in una lettere a Marìa Zambrano nella III domenica d’Avvento del 1965 “si celebra ancora la festa dogmatica dell’Unica Immacolata, mentre implicitamente si nega, in mille modi, la maculazione di tutti gli altri? In un mondo dove non è più riconosciuto non dico il sacrilegio, l’eresia, la blasfemia, la predestinazione al male - ma il puro e semplice concetto di peccato?”. Privata di questo concetto, la confessione può solo diventare chiacchiera, “ascolto e dialogo” che occuperanno un altare dopo l’altro, una cappella dopo l’altra, una Chiesa dopo l’altra.
    Non è un caso se i confessionali sono ormai caduti in disuso. Reperti di una religione in cui molti si confessavano e pochi osavano presentarsi alla comunione, sono incomprensibili là dove si pratica una religione in cui quasi nessuno si confessa e tutti corrono a comunicarsi indegnamente. Al cospetto di tale mutazione, bisogna avere il coraggio di chiedersi se si tratta sempre della stessa religione. E sorge più di un dubbio, a non voler parlare di certezza, se si pensa che, dove ora si trova con difficoltà un prete in stola viola su uno strapuntino, una volta si ergevano grandiose opere d’arte erette alla misericordia e alla giustizia divine. Occorre solo pensare allo splendore dei confessionali di Andrea Fantoni, nati nel severo e stringato cattolicesimo bergamasco a cavallo tra Seicento e Settecento, per provare nostalgia di una fede ormai in ritirata anche nelle vallate delle ex cattolicissime Orobie.
    Oggi non più, ma fino a una cinquantina d’anni or sono, persino le paolotte e silenti anime bergamasche trovavano la favella nella confessione che, secondo San Tommaso, come parte del sacramento, ha il suo determinato atto che è quello di manifestare le proprie colpe dicendole con la propria bocca. Una confessione fatta a perfezione, dice ancora il dottore di Aquino, esige molte condizioni: che sia integra, semplice, umile, discreta, fedele, vocale, mesta, pura e pronta all’obbedienza. Tutta merce che poco o nulla ha a che fare con la tecnica “ascolto e dialogo”. Certe confessioni, certe chiacchierate di oggigiorno sembrano fatte apposta per dar ragione al Machiavelli della “Mandragola” che ne mette in scena la parodia ad opera di fra Timoteo e Madonna Lucrezia. Pura tecnica burlesca che serve al tremendo fiorentino per presentare il sacramento come subdolo strumento di controllo sociale ad uso del clero.
    Ma è un altro il fiorentino a cui attingere per capire che cosa sia davvero e dove conduca la confessione. Nel IX canto del Purgatorio, Dante descrive tale sacramento con amorevole e paziente minuziosità tenendo quale fonte rituali e manuali come gli “Ordo reconciliationis poenitentium” e gli “Ordo ad dandam poenitentiam”.
    Giunto al cospetto di un angelo guardiano armato di spada, che rappresenta il confessore, il viaggiatore penitente scorge tre gradini. Il primo, “bianco marmo era sì pulito e terso” rappresenta l’accusa sincera del peccato commesso. Il secondo, “tinto più che perso/ d’una petrina ruvida e arsiccia,/ crepata per lo lungo e per traverso”, come spiega L’Anonimo fiorentino chiosatore di Dante, simboleggia la vergogna nel dire il proprio peccato a voce alta. Il terzo, che “porfido mi parea sì fiammeggiante/ come sangue che fuor di vena spiccia” designa l’ardore di carità verso Dio che spinge a espiare il peccato anche a costo del martirio, morale o materiale.
    L’angelo, i cui piedi poggiano sul terzo gradino, siede su una soglia “che mi sembiava pietra di diamante”, allegoria della forza con cui il penitente deve mantenere i suoi propositi.
    “Divoto mi gittai a’ santi piedi/ misericordia chiesi e ch’el m’aprisse/ ma tre volte nel petto pria mi diedi”. “Mea culpa, mea culpa, mea maxima culpa” recita ancora oggi battendosi il petto nel “Confiteor” chi voglia professare anche nella confessione la stessa fede di Dante, con le stesse parole. Poi l’angelo traccia con la punta della spada sette “P” sulla fronte del penitente a ricordargli i sette vizi capitali e l’inclinazione al peccato contro cui dovrà combattere, cominciando dalla pratica della penitenza imposta dal confessore.
    La misericordia di Dio non si concretizza in “ascolto e dialogo”, nello spianare i gradini che il penitente deve salire nella confessione. Piuttosto, si trova nell’insegnamento ricevuto dall’angelo guardiano direttamente da San Pietro: che si sbaglierebbe più facilmente negando che non concedendo l'assoluzione, ma a patto che sia chiesta con sincera umiltà, “pur che la gente a’ piedi mi s’atterri”. Che non vuol dire, come suonerebbe a orecchie moderne, umiliare la creatura umana, ma amarla fin nel suo intimo, desiderando la salvezza di cui però ciascun uomo decide in proprio con pensieri, parole e opere. “Quia peccavi nimis cogitazione, verbo et opere, mea culpa, mea culpa, mea maxima culpa”. E spesso sono sempre gli stessi pensieri, parole e opere a far cadere in tentazione. Per questo l’angelo si rivolge a Dante e alla sua guida dopo l’assoluzione ammonendo “Intrate; ma facciovi accorti/ che di fuor torna chi ‘n dietro si guata”, chi commette di nuovo lo stesso peccato ritorna di nuovo allo stato di inimicizia con Dio.
    Un ammonimento che ricorda il nono capitolo del Vangelo di San Luca: “Nemo mittens manun ad aratrum et respiciens retro aptus est regno Dei”, nessuno, tra chi mette mano all’aratro e guarda indietro, è fatto per il Regno di Dio. Ma, dopo una seduta di “ascolto e dialogo”, in cui nulla viene dato e nulla viene chiesto, non si capisce proprio dove il pellegrino che un giorno di fine estate si sia avventurato in certe chiese possa trovare la forza di guardare avanti.
    Chiesa e post concilio: A. Gnocchi. Loreto. ?Qui non confessioni ma dialogo e ascolto?



    LA PACE “POLITICALLY CORRECT” DI PAPA BERGOGLIO.
    Antonio Socci
    Il pellegrinaggio di papa Bergoglio a Redipuglia, sacrario delle vittime della Prima guerra mondiale, è un evento ricco di significati. E non può essere ridotto a un generico e scontato appello alla “pace nel mondo”.
    Anche perché i suoi toni sono stati drammatici: “forse si può parlare di una terza guerra combattuta ‘a pezzi’, con crimini, massacri, distruzioni…”.
    E’ un avvertimento che somiglia a un cupo presagio e non può lasciare indifferenti. Anche perché è la seconda volta in pochi giorni che parla di “terza guerra mondiale”. C’è di che riflettere.
    Già Benedetto XVI, nella sua prima udienza generale, il 27 aprile 2005, aveva spiegato la scelta di quel nome proprio con un sorprendente richiamo storico alla Grande guerra: “Ho voluto chiamarmi Benedetto XVI per riallacciarmi idealmente al venerato Pontefice Benedetto XV, che ha guidato la Chiesa in un periodo travagliato a causa del primo conflitto mondiale. Fu coraggioso e autentico profeta di pace e si adoperò con strenuo coraggio dapprima per evitare il dramma della guerra e poi per limitarne le conseguenze nefaste. Sulle sue orme desidero porre il mio ministero a servizio della riconciliazione e dell’armonia tra gli uomini e i popoli, profondamente convinto che il grande bene della pace è innanzitutto dono di Dio, dono fragile e prezioso da invocare, tutelare e costruire giorno dopo giorno con l’apporto di tutti”.
    C’era, in quel richiamo storico di Ratzinger (un papa di straordinaria sapienza) una precisa filosofia e una teologia della storia. Infatti siamo adesso alla conclusione di un tragico ciclo che è cominciato esattamente cento anni fa.
    CENTO ANNI NERI
    Il 1914 ha rappresentato davvero l’apertura del vaso di Pandora, quello che nella mitologia greca conteneva tutti i mali che presero a dilagare nel mondo. Da allora i demoni (non solo quelli dostoevskjani) scorrazzano sul pianeta.
    E’ infatti nel 1914 – esattamente cento anni fa – che scoppia la Prima guerra mondiale, il primo conflitto globale che fa un numero terrificante di vittime, che devasta la koiné europea e che provoca la rivoluzione bolscevica in Russia, con tutte le conseguenze tragiche che sappiamo per la diffusione del comunismo nel mondo (centinaia di milioni di vittime).
    Quella guerra provoca pure l’avvento del fascismo in Italia e – poco dopo – del nazismo in Germania. Quindi consegna il mondo ai totalitarismi e pone le premesse della Seconda guerra mondiale.
    Tutto comincia nel 1914. E solo la Chiesa se ne rese conto. Il papa san Pio X l’aveva più volte “profetizzato” dicendo ai collaboratori, che lo hanno testimoniato: “verrà il Guerrone” (in effetti venne chiamata la Grande guerra). E quel papa santo morì di crepacuore un mese dopo lo scoppio del conflitto.
    In quella follia generale che scosse l’Europa, solo la voce della Chiesa, col suo successore, Benedetto XV, eletto proprio nel settembre 1914, si alzerà per avvertire l’umanità del baratro in cui stava precipitando. Egualmente tutti i papi del secondo Novecento metteranno in guardia l’umanità da una sorta di grande botto finale, da un’indicibile catastrofe nucleare.
    DIRITTO ALLA VITA
    Per il Magistero della Chiesa il fondamento della pace è la difesa del valore della vita umana e dei diritti dell’uomo. Ma oggi anche da una “dittatura del relativismo” che dilaga fra le élite politiche e intellettuali d’Occidente. E che rende smarriti i popoli. Cosicché sono senza bussola, confusi perfino nei buoni sentimenti. Lo si vede pure nelle notizie di cronaca e di costume.
    Questa settimana – per dire – è passato nell’indifferenza generale il massacro di tre suore italiane in Burundi, a fronte della tragedia nazionale ancora in corso per la morte (accidentale) di un orso in Trentino. Un fenomeno collettivo che impressiona ancora di più se confrontato con la freddezza generale verso il massacro in corso di migliaia di esseri umani (specie di cristiani) in diverse parti del mondo. D’altronde si assiste da decenni a una progressiva svalorizzazione della vita umana anzitutto – quel che è più grave – nelle legislazioni degli stati. Cominciarono gli stati totalitari. Poi seguiti dalle democrazie.
    Paolo VI, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI avevano molto chiaro questo avvelenato lascito del Novecento e lo legavano indissolubilmente ai temi della pace e della guerra. Insieme ai pontefici, Madre Teresa di Calcutta – che nelle periferie esistenziali ha vissuto tutta la vita – ha ripetuto per anni che “l’aborto è la peggiore minaccia alla pace nel mondo”. Se guardiamo alle statistiche è difficile darle torto: 50 milioni di aborti ogni anno. Un numero di vittime pari a quelle della Seconda guerra mondiale. In trent’anni sono almeno un miliardo le vite umane spazzate via (e altrettante le madri ferite da questa pratica per l’indifferenza del mondo). La Chiesa, fino a Benedetto XVI, ha gridato con tutta la sua forza per risvegliare le menti e i cuori di fronte a tale ecatombe.
    DEVIAZIONE
    Invece Bergoglio ha completamente cambiato strada. Ha dichiarato (Corriere della sera, 5 marzo 2014) di non capire la “non negoziabilità” della battaglia sulla vita, che è la base di tutti i diritti umani e della pace. E nell’intervista con padre Spadaro ha rappresentato addirittura come “ossessionata” la Chiesa che insiste su questi temi. Poi ha messo la sordina alla richiesta di diritti umani e libertà religiosa verso i regimi islamici o comunisti.
    E’ una svolta che nella Chiesa sta producendo fra i fedeli molto smarrimento. E ha provocato curiosi fenomeni di repentina “conversione” al bergoglismo fra certi ecclesiastici e certi intellettuali.
    Uno dei casi più sorprendenti riguarda un influente “opinion leader”, padre Livio Fanzaga, storico direttore di Radio Maria dai cui microfoni tuona da anni su posizioni che lui stesso ha sempre definito ratzingeriane (“In teologia seguo l’ortodossia cattolica di Ratzinger”, 29 giugno 2009).
    IL CASO FANZAGA
    Fino a pochi mesi fa ha tuonato contro quegli ecclesiastici che non seguivano la battaglia della Chiesa sui “principi non negoziabili”. In un libro scritto l’anno passato, ma uscito a gennaio di quest’anno, ancora tuonava, col suo stile colorito, contro la “falsa pace” scrivendo: “Il Diavolo prospetta la pace universale in cambio – per esempio – della resa sui valori non negoziabili, sostenendo che non serve continuare a discutere e far polemiche, quando basterebbe dar via libera a ogni ideologia a sostegno di aborto, divorzio, eutanasia, matrimoni omosessuali, etc per vedere realizzata finalmente la concordia tra gli uomini. In questo contesto, come reagire? Occorre essere intransigenti, non scendere a compromessi con la verità del Vangelo, essere luce del mondo e sale della terra, annunciando sempre e ovunque che solo Cristo è la nostra pace e che senza Dio non c’è via per la vera pace nel mondo”.
    Padre Fanzaga aggiungeva pure una notazione che – letta oggi – si potrebbe interpretare come una durissima critica di Bergoglio: “Stiamo dunque attenti ogni volta che ci battono le mani o ci fanno i complimenti, perché potremmo forse aver imboccato la strada della falsa pace, fatta di falso ecumenismo, di compromesso, di silenzi e tradimenti della verità. In fondo, è Gesù stesso che ci offre nel Vangelo un criterio di verità, preannunciando: ‘Hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi’ (Gv 15,20). Se saremo perseguitati, sapremo che staremo camminando sulle orme di Cristo, nella verità”.
    Tuttavia non sono più questi i toni che si sentono sulle frequenze della radio cattolica più ascoltata. Il suo direttore sembra sia diventato di colpo un entusiastico sostenitore della via di Bergoglio.
    Se sarà confermato questo venire meno della Chiesa, nella difesa della vita e dell’uomo, sarà una svolta epocale. Tragica per tutti.
    LA PACE ?POLITICALLY CORRECT? DI PAPA BERGOGLIO. ? lo Straniero




  5. #155
    Forumista senior
    Data Registrazione
    15 Dec 2011
    Messaggi
    2,058
     Likes dati
    0
     Like avuti
    50
    Mentioned
    0 Post(s)
    Tagged
    0 Thread(s)

    Predefinito Re: Rif: Il Verbo di Dio si è fatto carne

    PREGHIERA
    di Camillo Langone
    Federica Pellegrini e il cardinale Kasper uniti nella lotta contro l’amore cristiano, e non solo cristiano visto che lo si trova già nell’Antico Testamento: “Forte come la morte è l’amore” dice il Cantico dei cantici. Quindi l’amore nella buona e nella cattiva sorte, l’amore che, come ha scritto Benedetto XVI, “promette infinità ed eternità” e “non è soltanto un sentimento. I sentimenti vanno e vengono”.
    Federica Pellegrini polemizza con Caroline Kostner e giura che se avesse scoperto il suo fidanzato doparsi lo avrebbe mollato all’istante. Questo prendersi e lasciarsi sulla base delle momentanee opportunità è precisamente l’amore baumaniano, non l’amore cristiano. E’ l’amore liquido che Kasper e altri cardinali vorrebbero benedire all’imminente Sinodo sulla famiglia, è l’amore all’opposto delle parole di Gesù e dell’innamorata biblica: “Mettimi come sigillo sul tuo cuore. Io sono un muro e i miei seni sono come torri!”.
    Si può essere cristiani e comportarsi meno solidamente, ovvio, ma non si può essere cristiani e non ammirare l’eros che si fa agape, e non contrastare l’idea che nel mollare un poveretto che si droga per campare (questo è un atleta professionista) ci sia qualcosa di cui vantarsi.
    PREGHIERA - 18 Settembre 2014

    PREGHIERA
    di Camillo Langone |
    In prospettiva sinodo, ai cardinali kasperiani e marxiani venga fatto leggere non l’impegnativo libro di Caffarra e Müller bensì il breve, facile testo dell’ultima canzone dei Subsonica, gruppo torinese già parecchio leoncavallino. Si intitola “Di domenica” e innanzitutto mostra il valore del giorno del Signore. Che è il giorno preposto all’amore fisico e poi all’amore agapico: ecco perché un sinodo dedicato alla famiglia dovrebbe avere all’ingresso un cubitale “Ricordati di santificare le feste”.
    Nella canzone si parla inoltre di peccato e di rimorso, concetti che constato scarseggiare nei documenti pre-sinodali compilati da chi ha fretta di perdonare chi perdono non ha chiesto. “Di domenica” è una lezione involontaria di catechismo elettronico ed è bello che, soffiando lo Spirito dove vuole, provenga dai Murazzi anziché dalle sacrestie (dove soffia più che altro lo Zeitgeist).
    PREGHIERA - 20 Settembre 2014

    E' pervenuta in Redazione:
    Caro dott. Gnocchi,
    ho letto su “La nuova b.q.” il profilo del vescovo ideale per papa Francesco. L’ultimo esempio è la nomina del nuovo vescovo di Chicago mons. Joseph Cupich il cui profilo è così sintetizzato su la “La nuova b.q.”: uscita, periferie, ascolto; poche (niente, dico io) marce in piazza. Dunque, l’omosessualismo impera, il “gender” diventa la cultura obbligatoria e non sto qui a ripetere tutto quello che già si sa. Il diavolo si sta impadronendo delle menti, delle scuole, dei parlamenti. I suoi vizi diventano leggi e la Chiesa che fa? Lascia fare. Si parla tanto del diavolo sempre in termini generali ma non si chiamano mai per nome le sue attuali opere: gender, omosessualismo, ecc. E non si fa niente per contrastarle o almeno provarci, fare il possibile, combattere…
    Ho due nipotine e tremo al pensiero di come il loro cervello verrà lavato nelle scuole di stato e sento che papa e vescovi non si vogliono immischiare in queste cose preferendo le “periferie” che non si sa bene cosa siano. E poi l’ascolto… cosa ci sarà mai da ascoltare dalle organizzazioni lgtb (o come diavolo si chiamano)? Papa e vescovi lasciano fare rendendosi complici di un male immenso. Risponderanno a Dio per questa loro accondiscendenza al male.
    Io intanto vivo l’ultima parte della mia vita nell’angoscia e mi chiedo cosa mai stia succedendo.
    Cordiali saluti.
    Mario Da Lio
    N.B. Aggiungo che tutto mi sarei aspettato ma che queste leggi diaboliche in Italia venissero proposte e portate avanti da cattolici praticanti ben rappresentati da Matteo Renzi, no, questo no non potevo immaginarlo. Vuol dire che la Chiesa è fallita.
    Caro Da Lio,
    comprendo benissimo, perché lo vivo ogni istante di ogni giorno, il dolore che la porta a chiudere considerando il fallimento della Chiesa. Ma la Chiesa, caro Da Lio, non può fallire, neanche se rimanessimo lei, io e pochi altri a mantenere la fede. Neanche se rimanesse uno solo di noi.
    Ma, detto questo, come non condividere la sua analisi? I messaggi che ogni giorno provengono da questa Chiesa, a cominciare dal Pontefice, sono inquietanti messaggi di desistenza davanti al mondo. Come mi capita spesso di ricordare, era annunciato tutto in quel “Buonasera” con cui il cardinale Bergoglio esordì nelle vesti di vescovo di Roma. Era una chiara e consapevole rinuncia al sacro a cui ha mantenuto coerentemente fede fino a oggi.
    Certo, bisogna prendere atto che, per quanto riguarda l’azione di governo, ci sa fare non poco. Rimuove qualsiasi elemento di opposizione, come ha fatto pochi giorni fa con il cardinale Burke, e promuove coloro che, per convinzione o per convenienza, ne condividono il disegno.
    Ormai, il meccanismo della follia autodistruttiva è stato avviato e solo un intervento celeste lo potrà disinnescare. A noi, caro Da Lio, umanamente rimane da fare poco o nulla. Ma sta proprio qui la nostra forza. La Provvidenza ci ha portati a considerare solo l’essenziale: la preghiera e la consapevolezza di dover conservare ciò che i pastori stanno buttando.
    Un salesiano mi ha raccontato che, subito dopo la nefasta riforma liturgica postconciliare, i suoi confratelli di Torino inscenarono una cerimonia con la quale seppellirono le vesti talari in odio a ciò che la Chiesa era stata fino ad allora. Ecco, caro Da Lio, noi dobbiamo scavare anche a mani nude per recuperare quelle sante vesti, anche se fossero a brandelli. Da tante, si riuscirà a ricucirne una: quella veste, agli occhi di Dio, varrà molto di più di tutti gli atti di imperio con cui questa Chiesa schiaccia i figli che intendono rimanere fedeli a ciò che è sempre stata.
    Mi permetta di salutarla con quanto il Cristo crocifisso raccomanda di fare al vecchio parroco sconcertato dalla follia moderna in Don Camillo e don Chichì:
    “’Ciò che fa il contadino quando il fiume travolge gli argini e invade i campi: bisogna salvare il seme. Quando il fiume sarà rientrato nel suo alveo, la terra riemergerà e il sole l’asciugherà. Se il contadino avrà salvato il seme, potrà gettarlo sulla terra resa ancor più fertile dal limo del fiume, e il seme fruttificherà, e le spighe turgide e dorate daranno agli uomini pane, vita e speranza. Bisogna salvare il seme: la fede. Don Camillo, bisogna aiutare chi possiede ancora la fede a mantenerla intatta. Il deserto spirituale si estende ogni giorno di più; ogni giorno nuove anime inaridiscono perché abbandonate dalla fede. Ogni giorno di più uomini di molte parole e di nessuna fede distruggono il patrimonio spirituale e la fede degli altri. Uomini d’ogni razza, d’ogni estrazione, d’ogni cultura”.
    Caro Da Lio, non perdiamoci d’animo: è davvero un gran compito quello di salvare il seme. Preghiamo di Dio di esserne degni.
    ?FUORI MODA?. La posta di Alessandro Gnocchi ? rubrica del martedì | Riscossa Cristiana

    La vera pace di papa Bergoglio
    di Belvecchio
    Prima e dopo la realizzazione della geniale idea di papa Bergoglio: una partita di calcio “interconfessionale” per esortare il mondo alla pace, diversi cattolici hanno espresso le loro riserve per questa commistione fra sacro e profano, dove ciò che finisce col contare è quello che Alessandro Gnocchi ha acutamente definito: “forma rituale dotata di un linguaggio universale”, funzionale all’“Onu delle religioni”.
    Ora, al di là dell’evento in sé, è stato notato poco il contesto preparatorio, dal carattere spettacolare tipicamente moderno dello “show” di massa.
    La partita è stata preceduta dall’esibizione canora di una diva canzonettiera di marca rigorosamente argentina, tale Martina Stoessel; è in tale esibizione che si può cogliere il senso vero che della pace ha papa Bergoglio.
    Non stiamo a contarla in termini di correttezza cattolica, ci basta indicare alcuni elementi significativi, che i fedeli possono cogliere e valutare in tutta semplicità. Ed essendo la nostra la “civiltà (!) dell’immagine”, ci serviremo di alcune immagini, tanto semplici quanto esplicative.
    Cominciamo con l’immagine della diva ricevuta in udienza privata da papa Bergoglio prima della partita, perché non si dica che questi non ne sapesse nulla. La Stoessel si è presentata da Bergoglio con una piccola delegazione e con la sua famiglia (mamma Mariana, papà Alejandro, il fratello Francisco) oltre al suo fidanzato Peter Lanzani. Da notare l’abbigliamento “castigatissimo” del personaggio e la conseguente giovialità di Mario Bergoglio.
    Prima dell’inizio della partita, su un palco approntato in mezzo al campo da giuoco, la cantante si è presentata con un abito bianco, noto simbolo della purezza (?!) Ed è stata raggiunta da uno stuolo di bambini, in mezzo ai quali si è esibita col suo costume semiadamitico, su cui spiccava vistosamente, all’altezza dell’ombelico, l’ormai abusato simbolo delle femministe, che dovrebbe rappresentare la donna, ma che rappresenta esattamente l’inversione dell’uomo: la runa algiz capovolta: l’uomo orante con le braccia alzate verso il cielo, capovolto e in atto di immergersi nelle oscure profondità della terra… con tutti i significati conseguenti e con la dimostrazione palese che, tolti alcuni che sanno quello che fanno, le cosiddette femministe non si rendono conto di fregiarci di un simbolo infernale.
    Ma tant’è!
    L’aspetto diabolico di questa sceneggiatura è che i bambini circostanti sono stati anch’essi vestiti di bianco, per omologarli alla cantante (in quale senso recondito?), la quale, manco a dirlo, coinvolge i bambini nella sua esibizione…realizzando di fatto la rappresentazione plastica della corruzione dei bambini… con i preti responsabili che si dimostrano del tutto incuranti delle parole di Nostro Signore: «Chi invece scandalizza anche uno solo di questi piccoli che credono in me, sarebbe meglio per lui che gli fosse appesa al collo una macina girata da asino, e fosse gettato negli abissi del mare.» (Mt. 18, 6).
    Ma ecco il commento della Stoessel: “Sono contenta di aver cantato per Papa Francesco e aver portato qualcosa a tutti i bambini”.
    Qualcosa? Che cosa, di grazia, se non l’infezione della corruzione morale e lo scandalo?
    Ovviamente, tutto il pubblico presente è andato in compiacente fibrillazione: niente di più bello che vedere i proprî figli offerti in olocausto alla ineguagliabile depravazione morale moderna.
    E ancora di più si entusiasma quando la Stoessel si mette a cantare: En mi mundo, la sua canzone più nota, che in quella occasione ha cantato in italiano: Nel mio mondo, e il cui ritornello è un inno all’inconsistenza e insieme un’istigazione al fai ciò che vuoi.
    E torno a svegliarmi nel mio mondo
    Essendo chi sono,
    E non voglio fermarmi neanche un secondo,
    Il mio destino è oggi
    Niente può accadere, mi lascerò andare
    A tutto quello che sento, tutto, tutto
    Niente può accadere, mi lascerò andare
    A tutto quello che ho, niente mi fermerà
    Ma il colmo dell’assurdo si tocca quando la cantante intona la nota canzone di John Lennon, Imagine, universalmente considerato un inno alla pace (!!!).
    Come si fa a pensare che papa Bergoglio non conoscesse questa canzone? Come si fa a pensare che, conoscendola, non ne abbia approvato l’esecuzione in occasione della sua “partita per la pace”?
    Ed ecco che dal testo di questa canzone, apprendiamo la vera concezione che papa Bergoglio ha della pace: leggere e comprendere!
    Imagine there’s no heaven
    It’s easy if you try
    No hell below us
    Above us only sky
    Imagine all the people
    Living for today.
    You may say I’m a dreamer
    But I’m not the only one
    I hope someday you’ll join us
    And the world will be as one.
    Imagine there’s no countries
    It isn’t hard to do
    Nothing to kill or die for
    And no religion too
    Imagine all the people
    Living life in peace.
    Imagine no possessions
    I wonder if you can
    No need for greed or hunger
    A brotherhood of man
    Imagine all the people
    Sharing all the world.
    Immagina che non ci sia il paradiso
    È facile se provi
    Nessun inferno sotto noi
    Sopra di noi solo il cielo
    Immagina che tutta la gente
    Viva solo per l’oggi.
    Puoi dire che sono un sognatore
    Ma non sono il solo
    Spero che un giorno ti unirai a noi
    E il mondo sarà un tutt'uno
    Immagina non ci siano nazioni
    Non è difficile da fare
    Niente per cui uccidere e morire
    E nessuna religione
    Immagina che tutta la gente
    Viva la vita in pace.
    Immagina nessuna proprietà
    Mi chiedo se ci riesci
    Nessun bisogno di avidità e fame
    Una fratellanza di uomini
    Immagina tutta la gente
    che condivide il mondo.
    Ci si può sforzare quanto si vuole per cercare di rivolgersi al Papa regnante col dovuto rispetto, ma questo non può impedire di dire le cose come stanno; e, con tutto il dovuto rispetto, questo testo strafottente nei confronti della Religione e di ogni sana concezione del vivere civile “cattolico”, è una sorta di summa di tutti i pronunciamenti di papa Bergoglio, e non possiamo esimerci dal pensare che egli lo abbia talmente apprezzato da permettere che venisse cantato dalla sua conterranea, nel corso della sua strabiliante iniziativa per la pace nel mondo.
    Quale pace?
    Niente Paradiso, dice la canzone, niente inferno, niente realtà patria, niente difesa dei valori, niente religione, niente proprietà privata, niente … solo un mondo condiviso, dove gli uomini vivono solo alla giornata!
    Il mondo ingannevole prospettato dall’Anticristo e dai suoi moderni sodali, tutto predisposto perché, per gli uomini ormai senza Dio, sia l’anticamera dell’Inferno.
    Papa Bergoglio, auguri!
    La vera pace di papa Bergoglio - di Belvecchio





    Libero: “Sulla comunione ai divorziati il Papa sta spaccando la Chiesa”
    ROMA – “Sulla comunione ai divorziati il Papa sta spaccando la Chiesa”, è il titolo dell’articolo a firma di Antonio Socci su Libero:
    Un importante principe della Chiesa è arrivato ad affermare, fra poche fidate persone, che questi sono probabilmente i mesi più drammatici dell’intera storia della Chiesa. Che pure, in duemila anni, ha passato enormi tempeste. Sfugge ai più la gravità della situazione. Anche se i mass media si stanno appassionando all’infuocata controversia che si annuncia al Sinodo, che inizierà il 5 ottobre, non hanno ben afferrato la posta in gioco. Per capire cosa sta accadendo nella Chiesa bisogna uscire dalla lussuosa e autoreferenziale corte vaticana di Santa Marta, popolata di certi vaticanisti, ecclesiastici in carriera, camerieri e adulatori. Bisogna andare nelle vere periferie esistenziali.
    Infatti proprio da lì – dopo la dirompente relazione del cardinal Kasper al Concistoro di febbraio (relazione sull’eucarestia ai divorziati risposati voluta da Bergoglio) – sono arrivate delle parole illuminanti. Sono di un missionario del Pime, padre Carlo Buzzi, 71 anni, milanese, da quarant’anni in Bangladesh, fra i più poveri del mondo. Le sue lettere sono state pubblicate da Sandro Magister nel suo famoso sito sulla Chiesa. Padre Buzzi è un uomo di Dio straordinario, ha dedicato la sua vita a portare la Buona novella ai più poveri, per loro ha costruito scuole, ambulatori, cappelle e li ha ricostruiti quando glieli hanno distrutti. Rischiando spesso la vita. Da quella periferia ha commentato la relazione di Kasper al Concistoro così: «Se si procede sulla strada tracciata dal cardinale Kasper si faranno dei grossi danni: 1) Si renderà la Chiesa superficiale e accomodante; 2) Si dovrà negare l’infallibilità della cattedra di Pietro perché è come se tutti i papi precedenti abbiano sbagliato; 3) Si dovrà prendere per stupidi tutti quanti hanno dato la vita come martiri per difendere questo sacramento».
    Padre Buzzi ha aggiunto alcune considerazioni concrete: «Ci sono migliaia di cattolici che muoiono ogni anno, perseguitati per la loro fede, e noi che stiamo bene ci preoccupiamo caparbiamente della comunione ai risposati. Quanti martiri ci sono stati in Inghilterra per mantenere fede all’integrità del sacramento del matrimonio! Guai se la Chiesa cattolica si mette sul sentiero della confessione anglicana». Sarebbe devastante.
    Padre Buzzi osserva che «se diamo la comunione ai risposati, vuol dire che non hanno nemmeno più bisogno di confessarsi». Da qui a cascata vengono giù sacramenti e comandamenti. Quindi la Chiesa stessa: «In questa maniera salta per aria tutto. Nuovo e Vecchio testamento». Dice il vecchio missionario: «Io voglio rimanere cattolico. Non voglio diventare anglicano o battista».
    Infine la sua folgorante conclusione: «Vediamo che gli Stati e le grandi organizzazioni sono tutti sottomessi a una forza misteriosa che inclina al male. L’unica istituzione che non si fa piegare e che tiene testa, ferma sui veri valori dell’uomo, è la Chiesa Cattolica. Teniamo duro e non intorbidiamo la nostra fontana. Un giorno, quando saranno stanchi e assetati, tanti uomini sapranno dove trovare un po’ di acqua fresca».
    Purtroppo papa Bergoglio invece di ascoltare questi uomini di Dio, che parlano dalle periferie esistenziali, preferisce conversare con un potente guru del salotto borghese come Scalfari o – è accaduto in queste ore – con il beniamino dei salotti della sinistra europea, Alexis Tsipras, il leader del partito di sinistra radicale greco Syriza.
    Ieri un importante principe della Chiesa, il cardinale Pell, ha usato argomenti uguali a padre Buzzi. Egli ha chiesto per il Sinodo «la riaffermazione della dottrina cattolica» e ha sottolineato che la questione della comunione ai divorziati risposati è – anche statisticamente – una cosa secondaria, ma che è diventata «un simbolo», cioè una bandiera ideologica. È «una posta in palio nello scontro fra ciò che resta del cristianesimo in Europa e un neopaganesimo aggressivo. Tutti gli avversari del cristianesimo vorrebbero che la Chiesa capitolasse su questo punto». È molto importante sottolineare questo, perché davvero ciò che sembra premere agli innovatori non è tanto la condizione di sofferenza di certe coppie (in questo caso si percorrerebbero altre vie, già individuate), ma il ribaltamento di fatto della dottrina cattolica attraverso la cosiddetta «pratica pastorale».
    La stessa posizione di Pell, contraria a Kasper e alla «rivoluzione», è condivisa dai più autorevoli cardinali che hanno fatto pronunciamenti pubblici clamorosi. A cominciare dal prefetto dell’ex S. Uffizio Muller, il quale – in polemica con Kasper – ha appena pubblicato un suo libro e ha partecipato al famoso libro dei «cinque cardinali» (Caffarra, Muller, Brandmuller, Burke e De Paolis). Che tanto ha indispettito Kasper e Bergoglio. Altri pronunciamenti autorevoli in difesa della dottrina cattolica e contro il «ribaltamento» sono venuti dai cardinali Collins, Martino, Ouellet e Scola.
    Tutti nomi importantissimi. E si parla solo di pronunciamenti pubblici, perché al Concistoro è stato calcolato che ben l’85 per cento dei porporati hanno bocciato le tesi di Kasper. Il quale però protesta di rappresentare Bergoglio: «Io (ho parlato) due volte con il Santo Padre. Ho concordato tutto con lui. Era d’accordo. Loro sanno che non ho fatto da me queste cose. Ho concordato con il Papa». Infatti è Bergoglio che lo ha voluto relatore unico al Concistoro ed è lui che lo ha entusiasticamente elogiato quando la stragrande maggioranza dei cardinali lo ha bocciato.
    Kasper ha ragione di indicare in Bergoglio il leader dei «rivoluzionari». Del resto non è mai stato smentito. Bergoglio già da vescovo di Buenos Aires, in grave disobbedienza al papa e alla Chiesa, autorizzava a dare l’eucarestia a tutti. Lo ha riferito tranquillamente padre Pepe Di Paola, il famoso «prete di strada« a lui molto vicino, in una intervista al «Resto del Carlino», il 13 marzo 2014. E poi, da vescovo di Roma, il 23 aprile 2014, Bergoglio fece la famosa telefonata alla signora argentina, sposata civilmente con un divorziato, durante la quale le disse di «prendere tranquillamente la Comunione perché non sta facendo nulla di male». Creando così un caso clamoroso.
    Quindi Bergoglio da tempo è su una sua strada, diversa dalla dottrina e dal magistero della Chiesa. Per questo la situazione è esplosiva. Mai nella storia della Chiesa era accaduto che la maggior parte dei cardinali dovesse prendere delle posizioni pubbliche contro un ribaltamento del magistero e della prassi della Chiesa che è stato prospettato dal cardinal Kasper, ma che in realtà fa capo a Bergoglio stesso. E mai era accaduto che un vescovo di Roma propugnasse una tesi che va contro tutta la tradizione e il magistero della Chiesa.
    Libero: ?Sulla comunione ai divorziati il Papa sta spaccando la Chiesa? | Blitz quotidiano

    Bergoglio O.O, Papa nullo. E Ratzinger ancora lo è
    Redazione
    Roma. Continua a firmarsi Benedictus XVI, con tanto di P. P. a indicare la potestà papale, cosa che invece Francesco non ha mai fatto fin dal giorno del suo insediamento sulla cattedra petrina. Di bianco si vestiva e di bianco continua a vestirsi, anche se ha smesso la mantelletta e la fascia. Non c’è stato tempo per recuperare una tonaca nera in tutto il Vaticano, è la giustificazione un po’ fiacca che giunge d’oltretevere. Papa era e Papa rimane, benché emerito. S’è tenuto anche lo stemma con le chiavi decussate che qualche zelante cardinale esperto d’araldica aveva tentato di aggiornare, togliendo ogni riferimento al ministero petrino. Ma allora che valore ha la rinuncia annunciata da Joseph Ratzinger, assiso sul tronetto rosso in Sala Clementina, l’11 febbraio d’un anno fa tra la sorpresa dei porporati presenti, alcuni dei quali – non avvezzi al latino – non avevano capito la portata di quanto stava accadendo, “caso unico nei duemila anni di storia della Chiesa”?
    A chiederselo è lo scrittore cattolico Antonio Socci, in “Non è Francesco”, corposo libro in uscita per Mondadori ai primi d’ottobre e potente manifesto antibergogliano, scritto – dice l’autore – in obbedienza “al grido della mia coscienza”. Benedetto, scrive Socci, avrebbe rinunciato solo all’esercizio attivo del ministero, mentre quello petrino “è per sempre”. E se una cosa è per sempre, non può essere revocata. E’ la trasposizione dell’antica regola benedettina del semel abbas semper abbas. E’ rimasto perfino dentro il recinto di Pietro, non chiudendosi in qualche monastero della Provenza come suggeritogli da più parti. Il Papa emerito non parla, ma “parlano però i suoi gesti, i suoi segni e le sue decisioni”, osserva l’autore, compresi i silenzi: “Sa che ogni sua parola pubblica potrebbe attirare l’attenzione, e qualsiasi cosa dicesse verrebbe letta pro o contro il suo successore”, diceva il segretario e prefetto della Casa pontificia, mons. Georg Gänswein in un’intervista al Messaggero.
    Dubbi che a un anno e mezzo dal cambio sul Soglio di Pietro non sono stati chiariti, domande rimaste senza risposta. Come quella relativa all’annullamento dello scrutinio che ha visto depositata nell’urna una scheda in più rispetto ai votanti. I cardinali, senza pensarci troppo, decisero di bruciare tutto e di effettuare subito un nuovo scrutinio. Peccato che, ricorda Socci, le norme non lo consentono e quindi l’elezione sia nulla. Mai avvenuta. La costituzione apostolica prescrive che nessuno, se non il Papa, possa modificare le regole del Conclave. Che prescrivono al massimo quattro votazioni quotidiane, e non cinque come avvenuto.
    Socci ammette di essere stato uno dei tanti che “hanno accolto Bergoglio a braccia spalancate. Gli comunicai (convintamente) che poteva contare pure sulla preghiera mia e della mia famiglia”. Tutto, in lui, faceva pensare a “una ventata di aria fresca per il Vaticano e per l’intera Chiesa”. Però “sostenere oggi che le dichiarazioni di Bergoglio e Scalfari in fin dei conti sono in continuità con Benedetto XVI, con Giovanni Paolo II e con Paolo VI, è assurdo”. Quella che è in corso, aggiunge l’autore del libro, che si spinge perfino a mettere in dubbio un’elezione papale, non è la realizzazione del Vaticano II, bensì “un abusivo Vaticano III”.
    Bergoglio O.O, Papa nullo. E Ratzinger ancora lo è

    Papa, la teoria choc: "L'elezione di Bergoglio è nulla"
    "Papa Francesco è abusivo". E' questa la tesi choc contenuta nel libro dello scrittore cattolico Antonio Socci, "Non è Francesco". "Ratzinger non ha mai abbandonato il Vaticano, ha rinunciato solo all'esercizio attivo ma a quello petrino non si può rinunciare. Continua anche a firmarsi come Pontefice". E allora Bergoglio non è un Papa valido? "Si sono fatti 5 scrutini in un giorno invece che 4. E nell'urna è stata depositata una scheda in più. L'elezione è nulla..."
    IL LIBRO - Mentre la Chiesa vive un periodo storico drammatico, di crisi interna e di violento attacco ai cattolici nel mondo, in Vaticano continua un'inedita «convivenza di due Papi» su cui nessuno ha avuto ancora il coraggio di riflettere. Lo fa, in questo libro, Antonio Socci, chiedendosi quali sono i motivi tuttora sconosciuti della storica rinuncia di Benedetto XVI e se si tratta di vera rinuncia al Papato, dato che i canonisti cominciano a sollevare gravi dubbi. Domande che adesso s'intrecciano con quelle relative al Conclave del 13 marzo 2013 che, secondo la clamorosa ricostruzione dell'autore, si sarebbe svolto in violazione di alcune norme della Costituzione apostolica Universi Dominici Gregis, cosa che automaticamente rende nulla e invalida l'elezione stessa del cardinale Jorge Mario Bergoglio.
    L'interrogativo su chi è il vero Papa (ovvero se c'è bisogno di un nuovo Conclave) irrompe in un momento in cui nella Chiesa si stanno verificando fratture drammatiche e si annunciano eventi clamorosi. Chi può tenere il timone? Era piaciuto a tanti l'esordio di Francesco. Sembrava un ritorno alla semplicità evangelica. Purtroppo oggi i fedeli delusi sono moltissimi. Ci si aspettava una ventata di rigore morale nei confronti della «sporcizia» (anche del ceto ecclesiastico) denunciata e combattuta da Ratzinger. Ma come va interpretato il segnale dato dal nuovo Pontificato al mondo, di lassismo e di resa sui principi morali? E l'arrendevolezza nei confronti di ideologie e forze anticristiane, anche persecutrici? E le traumatiche rotture con la tradizione della Chiesa?
    Molti fatti soprannaturali, dalle apparizioni di Fatima alla visione di Leone XIII, alle profezie della beata Anna Caterina Emmerich sull'epoca dei «due Papi», sembrano concentrarsi sui giorni nostri annunciando eventi catastrofici per il Papato, per la Chiesa e per il mondo. Sono ineluttabili o si può ancora imboccare un'altra strada? E con quale Papa?
    Papa, la teoria choc: "L'elezione di Bergoglio è nulla" - Affaritaliani.it



  6. #156
    Forumista senior
    Data Registrazione
    15 Dec 2011
    Messaggi
    2,058
     Likes dati
    0
     Like avuti
    50
    Mentioned
    0 Post(s)
    Tagged
    0 Thread(s)

    Predefinito Re: Rif: Il Verbo di Dio si è fatto carne

    Un vescovo accusa il Papa
    MARCO TOSATTI
    Il vescovo Rogelio di Ciudad Del Este, vittima della singolarmente brutale, dura e improvvisa decapitazione, non ci sta, e scrive al cardinale prefetto della Congregazione per i Vescovi, il canadese Ouellet, una lettera pepata.
    Nel frattempo sul sito della diocesi appare una risposta in cui si ribatte punto per punto alle accuse avanzate dalla rapida visita apostolica di Santos Abril Y Castello, uno dei personaggi di fiducia di papa Bergoglio a Roma.
    Mette in rilievo le irregolarità – anche formali – di un’operazione che ha profumo ideologico. “Come figlio obbediente della Chiesa accetto senza dubbio questa decisione anche se la considero infondata e arbitraria, e di cui il Papa dovrà rendere conto a Dio, più che a me”, scrive il vescovo, ribadendo che “a parte i molti errori umani che posso avere commesso, e per i quali sin da ora chiedo perdono a Dio e quanti possano aver sofferto, affermo una volta di più a coloro che mi vogliono ascoltare che la sostanza del caso è stata un’opposizione e una persecuzione ideologica”. Rogelio era l'unico vescovo "conservatore" del Paraguay, e la sua diocesi aveva più seminaristi di tutte le altre messe insieme.
    E continua: “Il vero problema della Chiesa in Paraguay è la crisi della fede e di vita e morale che una cattiva formazione del clero ha continuato a perpetuare, insieme alla negligenza dei Pastori”. Al vescovo Rogelio non è mai stato fatto vedere il testo nato dalla Visita apostolica; ma dice, se “si pensa che il problema della Chiesa in Paraguay è un problema di sacrestia che si risolva cambiando il sacrestano, ci si sbaglierebbe profondamente e tragicamente”.
    La mancanza di una comunicazione sui risultati dellla Visita apostolica ha fatto sì che il vescovo non abbi potuto rispondere debitamente. “A dispetto di tanti discorsi sul dialogo, la misericordia, l’apertura, la decentralizzazione e rispetto per l’autorità delle Chiese locali, non ho avuto neanche l’opportunità di parlare con il Papa Francesco, né il modo di chiarirgli dubbi o preoccupazioni. Di conseguenza non ho potuto ricevere nessuna correzionepaterna – o fraterna, come si vuole – da parte sua”. E conclude: “Un tal modo di procedere senza formalità, in maniera indefinita e improvvisa, non sembra molto giusta, non da luogo a una legittima difesa né alla correzione adeguata di possibili errori. Ho solo ricevuto pressioni affinché rinunciassi”. Il vescovo Rogelio è a Roma da vari giorni, chiedendo, inutilmente, di poter parlare con il Papa.
    Un vescovo accusa il Papa

    Chiesa e reato di opinione (ortodossa).
    Se è vera – come sarà certamente vera – la dichiarazione di padre Federico Lombardi al New York Times sulla “decapitazione” di mons. Rogelio Livieres vescovo di Ciudad Del Este in Paraguay non è possibile non sottolineare alcune perplessità.
    MARCO TOSATTI
    Se è vera – come sarà certamente vera – la dichiarazione di padre Federico Lombardi al New York Times sulla “decapitazione” di mons. Rogelio Livieres vescovo di Ciudad Del Este in Paraguay non è possibile non sottolineare alcune perplessità.
    Nei giorni e nei mesi scorsi era stato fatto capire all’informazione che il problema centrale era dato dall’incardinamento nella diocesi di un sacerdote che negli Stati Uniti, nei decenni precedenti, avrebbe avuto problemi di comportamento omosessuale troppo “espansivo” verso allievi del seminario. Per cui anche se a Ciudad Del Este niente del genere era accaduto, il vescovo avrebbe dovuto esercitare maggiore prudenza (e davvero, lo pensiamo, avrebbe dovuto, visti gli agnelli da cui era circondato…).
    Invece padre Federico Lombardi dice al New York Times: “Il problema importante erano le relazioni all’interno dell’episcopato e nella Chiesa locale, che erano difficili”. Per cui del problema del prete sospettato di ciò di cui sopra “se ne è parlato, ma non era centrale”.
    Stupisce il timing, e senza essere complottisti, questa correzione tardiva di un’ondata mediatica già partita non toglie niente al fatto che l’annuncio della rimozione sia stato quasi coincidente con il caso Wesolowski, a sfruttare la scia di traino della notizia, e a far trascurare altre questioni.
    Se si legge con attenzione quello che pubblica la diocesi di Ciudad Del Este si vede che Livieres, portatore di una linea di Chiesa e di pensiero diversa da quella degli altri vescovi, è stato nominato da San Giovanni Paolo II, confermato e difeso da Benedetto (che come sappiamo, avendone cacciati una novantina, non era tenero con i vescovi trovati mancanti…), e finalmente rimosso rapidamente da Francesco.
    E’, ancora una volta, un segno di profonda discontinuità del Papa attuale con i suoi predecessori.
    Ma ci si può chiedere perché, se c’erano problemi, il Papa, così disposto a dialogare con tutti, non gliene abbia parlato. (Vedi correzione fraterna…). Oppure perché – come credo sia accaduto altre volte – non siano stati convocati i vescovi a Roma, per lavare i panni sporchi e quelli religiosi, e forse in Paraguay ce ne sono non pochi, davanti a Pietro.
    Ma forse c’era la paura che alla fine, sentito tutto, avrebbero dovuto non dare troppo torto a Livieres. Un rischio che i Grandi Consiglieri latino-americani del Papa evidentemente temevano di correre. Un segno di questo imbarazzo si può forse intuire nel fatto che il Papa – fino ad oggi – non ha trovato il tempo per riceverlo.
    Era più facile rimuovere mons. Rogelio, e applicare in buona sostanza, in mancanza di accuse concrete, il reato di opinione nella Chiesa. (Ortodossa).
    Chiesa e reato di opinione (ortodossa).

    Il suicidio della teologia conciliare
    Un inascoltato avvertimento della Beata Vergine
    Piero Vassallo
    Christopher A. Ferrara, presidente dell'influente associazione degli avvocati americani, è autore di un saggio, "Il segreto ancora nascosto", edito in Italia dall'Associazione Madonna di Fatima. Il testo in questione è stato scritto per dimostrare l'esistenza di una rivelazione della Madonna ai pastorelli di Fatima sull'incombente crisi della fede cattolica, annuncio in un primo tempo taciuto per non allarmare i fedeli in seguito censurato per nascondere una profezia che smentiva le illusioni intorno al rinnovamento ecclesiale festosamente celebrato dal partito dei modernizzanti, elevati al potere dal vento del concilio innovatore.
    A dimostrazione della sua tesi, Ferrara cita l'allarmato e tempestivo commento ai messaggi di Fatima, formulato dal card. Eugenio Pacelli, il futuro Pio XII. La dichiarazione del card. Pacelli fu rilasciata nel 1931, quando molti prelati pensavano che l'errore modernista fosse stato confutato e liquidato in via definitiva: "Sono preoccupato per i messaggi della Beata Vergine alla piccola Lucia di Fatima. Questo insistere da parte di Maria sui pericoli che minacciano la Chiesa, è un avvertimento divino contro il suicidio per alterazione della Fede, nella Sua liturgia, nella Sua teologia e nella Sua anima. ... Sento intorno a me gli innovatori che vogliono smantellare la Sacra Cappella, distruggere la fiamma universale della Chiesa, respingere i suoi ornamenti, infliggerle il rimorso per il suo passato storico".
    Certamente ispirata dalla rivelazione di Maria ai pastorelli di Fatima è anche l'Enciclica "Humani generis", pubblicata da Pio XII nel 1950, anno che i modernizzanti giudicano sprezzantemente trionfale. In quel prezioso documento (detestato e censurato dai teologi festanti nel fumo di satana) sono, infatti, elencati e confutati gli errori e le illusioni che circoleranno durante le sedute del Concilio ecumenico Vaticano II e che trionferanno nella teologia infuriante nei disastrosi/devastanti anni del post concilio.
    Pio XII, ad esempio, confutò l'infondata e avventurosa opinione, sostenuta da Karl Rahner, il gesuita tedesco che in seguito fu uno dei protagonisti del Vaticano II, sede propizia alla divulgazione del cristianesimo anonimo, la dottrina avventizia, che ha potenziato l'errore ecumenista (a suo tempo condannato da Pio XI) diffondendo la sentenza temeraria, secondo cui "Dio non può creare esseri intelligenti senza ordinarli e chiamarli alla visione beatifica". Profeticamente Pio XII affermò che, per mezzo di una tale dottrina, "viene distrutto il vero concetto di peccato originale", distruzione oggi ben visibile nel vuoto dei confessionali.
    La "Humani generis" denunciava inoltre la dissidenza dalla tradizionale dottrina della transustanziazione, che il delirio dei teologi modernizzanti accusava di aver fondamento "su un concetto antiquato di sostanza, in modo da ridurre la presenza reale di Cristo nell'Eucarestia ad un simbolismo". Di qui celebrazioni liturgiche piatte e dissennate, che sembrano correre all'inseguimento della messa avvilita e profanata dal disgraziato eresiarca Martin Lutero.
    Ovviamente la perfetta apostasia è impossibile. È stato invece attuato (giusta la puntuale denuncia di Romano Amerio e le aggiornate analisi di Enrico Maria Radaelli) un vago stato d'animo che indirizza i fedeli a porre l'"amore" al posto del Logos, la volontà prima dell'intelletto, la libertà in luogo della legge, il sentimento sopra la ragione.
    Che la fonte dei timori manifestati da Pio XII sia la rivelazione di Fatima è una opinione confermata da autorevoli prelati. Ferrara cita, ad esempio, il card. Silvio Oddi il quale, il 17 marzo 1990, dichiarò che il Terzo Segreto "ci sta mettendo in guardia contro la minaccia di apostasia NELLA chiesa". Nel 1995 l'autorevole e dotto cardinale Luigi Ciappi dichiarò, dal suo canto, che "Nel Terzo Segreto viene predetto, tra le altre cose, che la grande apostasia nella Chiesa parte dal suo vertice".
    Quando si considerano i frutti tossici e fumosi maturati dallo spirito del Concilio Vaticano II, ad esempio la improvvisa defezione di 55.000 sacerdoti, l'irruzione in scena di comunità vaneggianti, il progressivo allontanamento dei fedeli dai confessionali, gli spaventosi abusi liturgici, le insensate e grottesche adunate inter religiose ad Assisi, l'incontenibile chiacchiera dei preti di strada, la manica eccessivamente larga dei tribunali ecclesiastici, che giudicano le cause di nullità del matrimonio, le incaute e inquietanti concessioni di Bergoglio al dissennato relativismo di Eugenio Scalfari, e, all'orizzonte, la comunione ai divorziati risposati, diventa difficile non credere nelle ragioni dell'allarma lanciato da Pio XII al seguito delle rivelazioni a Lucia di Fatima.
    La convinzione che esista un terzo, taciuto segreto di Fatima, cioè una spiegazione della visione tragica e oscura descritta da suor Lucia e interpretata con intenzione riduttiva dal cardinale Tarcisio Bertone, che vi ha letto la profezia dell'attentato a Giovanni Paolo II. Interpretazione inattendibile, che è stata contestata apertamente e confutata dagli scrittori cattolici Antonio Socci e Solideo Paolini.
    Contravveleni e Antidoti: Un inascoltato avvertimento della Beata Vergine

    Alessandro Gnocchi. La Chiesa dell'arcobaleno
    Sempre grati ad Alessandro Gnocchi per le sue preziose condivisioni. Questo l'articolo apparso su Il Foglio di oggi.
    "Di fronte all'islam che sgozza, Francesco alza la bandiera del pacifismo. Contro sant'Agostino"
    Aleggia un’orribile forza attorno allo spettacolo delle teste mozzate esibite in favore di camera dai boia islamici. Un orrore impalpabile che sorge dalla banalità del male esibito sul palcoscenico planetario come simbolo di conquista religiosa e poi scende a serpeggiare sinuosa in platea. E lì, in luogo dell’applauso, si compiace del povero balbettìo di quel che resta dell’occidente cristiano, convinto di placare il proprio terrore mendicando dialogo presso un islam moderato inventato a propria immagine e somiglianza.
    Pia illusione originata in un cattolicesimo che, nutrito di cascami illuministi e postilluministi, ha smesso da tempo di alimentarsi dei simboli propri e dunque non è più in grado di decifrare quelli altrui. Un cattolicesimo postilluminista che, per contrappasso, ha avuto in eredità una ragione così debole da aver abolito le differenze per manifesta impossibilità di comprenderle. Un cattolicesimo disarmato, dimentico di se stesso, che tenta goffamente di cogliere sfumature e gradazioni in un mondo che, nella sua radice religiosa, non ne contempla.
    Lo scriveva quasi vent’anni or sono don Gianni Baget Bozzo in un saggio opportunamente titolato “Il futuro del cattolicesimo”. “Il problema della contrapposizione tra cattolicesimo e islam”, diceva Baget Bozzo, “è inteso poco nel mondo cattolico, che ormai non considera più le differenze religiose come significative e dimentica che per l’islam l’essenza della persona è segnata dalla appartenenza alla comunità islamica. E’ la perdita di identità cattolica tra i cattolici che rende a loro non comprensibile la permanenza della identità islamica. (…) quello a cui assistiamo è la distruzione dell’Oriente cristiano nel Mediterraneo. I cristiani fuggono verso terre cristiane. E la coscienza stessa dei cattolici è sensibile alle piaghe che affliggono l’uomo, non a quelle che, nel mondo comunista o islamico, affliggono i credenti in quanto tali. Il nichilismo diviene la volontà di non prendere in considerazione le cause che riguardano beni non economici e materiali. La fame nel mondo mobilita i cattolici, come è giusto, ma non vi è un istinto di solidarietà con i cristiani perseguitati. (…) La decadenza del cattolicesimo nei cattolici spiega il fatto che tra i cattolici l’offesa fatta ai cattolici non susciti un sentimento di identificazione”.
    Era il 1997, regnante Giovanni Paolo II, e pare l’impietosa istantanea della chiesa non giudicante di Francesco, inoltrata lungo una china che non può più venire spiegata con le sole esigenze della diplomazia. La rinuncia al solo ipotizzare l’uso della forza come strumento di difesa, l’equiparazione tra vittime che “hanno diritto di essere salvate” e carnefici che “hanno diritto di essere fermati”, la desistente attesa de pronunciamenti dell’Onu, la riesumazione del concetto di guerra solo per detestarla così come la detesta il mondo hanno ben altra radice.
    Dimentica di quanto era evidente anche all’ultimo dei popolani in coda nelle processioni, la chiesa postvolterriana si è innamorata di un’inesistente possibilità naturale della convivenza pacifica. Ha preferito bandire la consapevolezza che la violenza è nel cuore di ogni uomo, ha respinto la conseguente fatica di disciplinarla e così ora è sul punto di perdere se stessa. “La guerra” scrive in “Iota unum” Romano Amerio “non può essere l’estremo dei mali, tranne per chi adotta la veduta irreligiosa che ravvisa nella vita, e non nel fine trascendente della vita, il bene supremo, ed equipollentemente nel piacere il destino dell’uomo”.
    Una platea siffatta può solo sentirsi paralizzata dal terrore davanti allo spettacolo offerto dai macellai islamici. Quel che resta dell’occidente cristiano, la gran parte dei pastori cattolici e del loro gregge, versati alle complicanze di ogni genere di dialogo, sono ormai incapaci di comprendere l’essenziale semplicità di un messaggio simbolico. Per quanto blasfemo sia, il gesto dell’assassino rituale continua ad avere natura religiosa e per questo non viene compreso. Raggiunge le corde di anime ormai non più abituate a vibrare e cade in un silenzio, in una rinuncia, in una indifferenza che nulla hanno di santo: in una trattativa banalmente mondana che i latori del messaggio possono solo disprezzare come atto di resa incondizionata.
    Un atto religioso perverso si combatte e si sconfigge solo con un atto religioso retto. Quando San Francesco si trovò al cospetto del sultano, non si diede al dialogo e all’ascolto. Nella “Leggenda maggiore” San Bonaventura narra che il santo invitò il sovrano islamico ad accendere un gran fuoco e poi lo sfidò: “io, con i tuoi sacerdoti, entrerò nel fuoco e così, almeno, potrai conoscere quale fede, a ragion veduta, si deve tenere più certa e più santa”. E, davanti al diniego del re, San Francesco incalzò: “entrerò nel fuoco da solo. Se verrò bruciato, ciò venga imputato ai miei peccati; se invece la potenza divina mi farà uscire sano e salvo, riconoscerete Cristo, potenza di Dio e sapienza di Dio, come il vero Dio e signore, salvatore di tutti”. Nei suoi “Ricordi”, frate Illuminato aggiunge come il santo di Assisi spiegò al sultano che “nessun uomo è a noi così amico o così parente, fosse pure a noi caro come un occhio della testa, che non dovremmo allontanarlo, strapparlo e del tutto sradicarlo, se tentasse di distoglierci dalla fede e dall’amore del nostro Dio. Proprio per questo i cristiani giustamente invadono voi e le terre che avete occupato, perché bestemmiate il nome di Cristo e allontanate dal suo culto quanti più uomini potete. Se invece voi voleste conoscere, confessare e adorare il Creatore e Redentore del mondo, vi amerebbero come se stessi”.
    Frate Illuminato si limita a chiosare che “Tutti gli astanti rimasero ammirati per le risposte di lui”. Altre fonti parlano della conversione del re musulmano che, per la prima volta, aveva percepito una pace nuova poiché aveva sentito parlare di una guerra nuova: l’una e l’altra estranee e antitetiche a quelle del mondo.
    “Vi lascio la pace, vi do la mia pace” dice Gesù ai suoi discepoli nel Vangelo secondo San Giovanni. “Non come la dà il mondo, io la do a voi”. Tra quella coroncina di parole che salvarono l’anima del sultano, il cattolicesimo contemporaneo ha finito per isolare il semplice termine “pace” evaporando il senso di un discorso così eloquente da essere persino didascalico: dal seguace di Cristo si esige la costante lotta con il mondo, poiché non vi è pace senza guerra. Ma questa è un’evidenza dalla quale il cristiano di oggi preferisce ritrarsi accontentandosi dell’illusoria tregua offerta dal mondo, imitazione scimmiesca di quella lasciata dal Salvatore.
    Per questo la sua anima candida sussulta al solo sentire il termine guerra, e ancora più abominevole gli pare il concetto di guerra giusta. Elaborato sistematicamente da Sant’Agostino nel “De Civitate Dei”, poi da San Tommaso nella “Summa”, affinato e applicato fin sulla soglia degli ultimi decenni, tale concetto è stata oscurato dalla mitologia della “Pacem in terris”, che lega saldamente Giovanni XXIII all’attuale pontefice.
    Secondo Agostino, una guerra è legittima quando viene dichiarata dall’autorità competente, quando si muove contro chi abbia commesso una colpa da punire e quando l’intenzione sia pura, libera da odio, col fine di ottenere un bene ed evitare un male maggiore. Ma, per quanto giusta, la guerra contiene un rischio che atterrisce chiunque difetti di vita religiosa: la morte, quella propria e quella altrui. Nel “De laude novae militiate” San Bernardo di Chiaravalle dice che “la morte data o ricevuta per Cristo merita una grande gloria, simile al martirio”. E, poco più avanti, spiega che il “cavaliere con serenità uccide, con serenità muore”. Nel “Contra Faustum”, Sant’Agostino scrive: “Che cosa infatti si trova da condannare nella guerra? Forse il fatto che uomini destinati in ogni caso a morire vi muoiono per domare uomini destinati a vivere in pace? Condannare questo è proprio di uomini privi di fortezza, non di uomini religiosi”.
    Si può solo vagamente immaginare quanto simili parole e simili immagini siano scostanti per i cuori teneri dei cristiani postilluministi. Parole e immagini terribili perché riconducono l’uomo a considerare ciò che continua a essere in ogni punto della storia e in ogni angolo dell’universo, una creatura caduca destinata a morire. Ma l’uomo d’oggi, quand’anche sia cristiano, vorrebbe illudersi di essere immortale già in questa vita. Solo per questo, per alimentare la bulimia del proprio ego tremebondo, non vuole le guerre per sé e lo interessano poco o nulla quelle altrui. Perciò trova sempre più fascinosa la tentazione di un cristianesimo senza Cristo, di una fede senza Cielo, di una morale senza doveri, di una religioni senza ascesi, ormai pronto per seguire l’anticristo che nei dialoghi di Vladimir Solovev lo ammalia sussurrando dolcemente “Il Cristo ha portato la spada, io porterò la pace”.
    Sembra che il cattolicesimo del terzo millennio abbia per solo padre Tertulliano, l’unico autore occidentale di epoca patristica a ritenere sempre illecito l’uso delle armi. Non a caso condannato dalla Chiesa, perchè caduto nell’eresia montanista, questo antenato del pacifismo cristiano vieta ai fedeli di impugnare le armi anche quando sia necessario salvare i fratelli dal martirio e persino quando si renda opportuno evitare alle anime più deboli il rischio dell’abiura. Ma, coerente fino all’estremo nell’eresia pacifista, pretende che ogni cristiano, anche il più debole e il più acerbo nella fede, abbia il dovere di sopportare il martirio piuttosto che abiurare. Persino lui, con quel suo disprezzo per i relapsi che avevano abbandonato la fede in cambio della vita terrena, oggi sarebbe incomprensibile e inaccettabile. Con il suo pacifismo non era riuscito a sterilizzare la realtà della morte e l’impegno di una decisione per il bene o per il male. Mentre il cristiano postilluminista è atterrito dal fatto che qualsiasi azione debba avere un movente, quindi sia morale e sottoposta a un giudizio. Invece che come cause, preferisce considerare i moventi come sottoprodotti di scarto del proprio agire, privi di rilevanza etica. Operazione tentata sul piano intellettuale archiviando Aristotele come reperto di una superata comunità dell’età del ferro. Tentativo apparentemente riuscito che, divenuto moneta corrente nella teologia, nella filosofia, nella predicazione, è naufragato su uno scoglio ineludibile come la morte, emerso dalle acque postmoderne sotto forme ritualizzate come la guerra o la violenza terroristica.
    Ormai nulla dispone a comprendere e a reagire efficacemente alla violenza che non cessa. Non nei salotti in cui si troverebbe così delizioso avere come ospite un vero tagliagole, non nelle chiese in cui il sacrificio di Cristo è stato oscurato dalla festa della comunità e nulla deve evocare l’idea della battaglia.
    Un tempo la Chiesa non esitava a castigare, perché l’atto di religione più grande, la messa, iniziava nella sacrestia quando il sacerdote indossava come primo indumento l’amitto, simbolo dell’elmo, come difesa contro il demonio: “Impone Domini, capiti meo galeam salutis, ad exupgando diabolicos in cursus”. E poi, prima di salire all’altare che avrebbe letificato la sua giovinezza, il celebrante invocava il Padre perché mandasse il suo Angelo “qui custodiat, foveat, protegat, visitet atque defendat omnes habitantes in hoc habitaculo”, perché custodisse, sostenesse, proteggesse, visitasse e difendesse tutti gli abitanti di quella navicella di combattenti che si apprestava a guidare in battaglia contro il principe di questo mondo.
    Ma ora persino il tre volte Sanctus Dominus Deus Sabaoth, da tre volte Santo Signore Dio degli eserciti è divenuto un più pacifico Signore Dio dell’universo: e quasi nessuno, a quella lode, si inginocchia più. Ma una Chiesa che non è capace di far inchinare umilmente i propri fedeli davanti a Dio non può pretendere di farli alzare orgogliosamente davanti agli uomini. Si può solo accontentare di percorrere qualche tratto di strada insieme ora a questo ora quello.
    Però è una povera chiesa, la stessa che nella Lauda LIII di Jacopone da Todi lamenta i tremendi effetti della pace mondana: “O pace amara, come m’hai sì afflitta/ Mentre fui in pugna, io stetti dritta;/ or lo riposo m’ha presa e scofitta;/ el blando Dracone m’ha sì venenato”.
    Sette secoli più tardi gli fa eco G.K. Chesterton in un saggio su Dickens: “La nostra civiltà moderna mostra molti sintomi di cinismo e decadenza, ma di tutti i segnali della fragilità moderna e della mancanza di principi morali, non ce n’è nessuno così superficiale o pericoloso come questo: che i filosofi di oggi abbiano cominciato a dividere l’amore dalla guerra, e a collocarli in campi opposti. Non c’è sintomo peggiore di quello che vede l’uomo, fosse pure Nietzsche, affermare che dovremmo andare a combattere invece che amare. Non c’è sintomo peggiore di quello che vede l’uomo, fosse pure Tolstoj, affermare che dovremmo amare invece di andare a combattere. Una cosa implica l’altra. Una cosa implicava l’altra nel vecchio romanzo e nella vecchia religione, che erano le due cose permanenti dell’umanità. Non si può amare qualcosa senza voler combattere per essa. Non si può combattere senza qualcosa per cui farlo. Amare qualcosa senza desiderare di combattere per averla non è amore, ma lussuria”.
    Chiesa e post concilio: Alessandro Gnocchi. La Chiesa dell'arcobaleno


  7. #157
    Forumista senior
    Data Registrazione
    15 Dec 2011
    Messaggi
    2,058
     Likes dati
    0
     Like avuti
    50
    Mentioned
    0 Post(s)
    Tagged
    0 Thread(s)

    Predefinito Re: Rif: Il Verbo di Dio si è fatto carne

    Il card. Burke dice no anche alla revisione della nullità matrimoniale.
    Il porporato statunitense co-autore di un libro di cinque cardinali critico sulle aperture di Kasper sulla comunione ai divorziati risposati
    di Iacopo Scaramuzzi, da Vatican Insider, del 1°. 10.2014
    Non solo sarebbe sbagliato concedere l’eucaristia alle coppie di divorziati risposati, ma anche una semplificazione del processo di riconoscimento della nullità matrimoniale “incoraggerebbe ulteriormente una visione difettosa del matrimonio e della famiglia”, secondo il cardinale statunitense Raymond Leo Burke, prefetto della segnatura apostolica, coautore, insieme ad altri quattro cardinali, di un libro che risponde negativamente alla proposta aperturista del cardinale Walter Kasper, in vista del sinodo sulla famiglia che si apre lunedì, sulla comunione ai divorziati risposati.
    Secondo Burke la posizione di Kasper è “fondamentalmente difettosa” ed è stata discussa “alcuni decenni fa”. A quanto riportato dai media Usa, il porporato statunitense critica, peraltro, il cardinale tedesco, affermando che Kasper, che pure è stato incaricato da Papa Francesco di aprire la discussione sul tema ad un concistoro di inizio anno, non parlerebbe a nome del Pontefice, che “non ha la laringite” e “non è muto”. Burke, fino all’anno scorso membro della congregazione dei vescovi, critica anche l’ipotesi – prospettata da altri cardinali, come Angelo Scola, pure critico nei confronti della comunione ai divorziati risposati – di una revisione del processo di nullità matrimoniale. Secondo Burke, riformare tale processo porterebbe i cattolici a credere che la Chiesa non è seria sulla “indissolubilità” del matrimonio: “E’ una linea di argomentazione molti deludente”.
    Burke ha espresso le sue opinioni nel corso di una conferenza stampa organizzata da Ignatius Press, la casa editrice che pubblica il libro dei cinque cardinali “Remaining in the Truth of Christ: Marriage and Communion in the Catholic Church” (gli altri autori sono Gerhard Ludwig Mueller, prefetto della congregazione della Dottrina della fede, Walter Brandumueller e gli italiani Carlo Caffarra e Velasio De Paolis). La stessa Ignatius Press manda in libreria, in vista del sinodo straordinario sulla famiglia che si apre lunedì in Vaticano, altri due volumi che fanno il contrappunto alla posizione di Kasper: “The Hope of the Family” (La speranza della famiglia), una intervista allo stesso card. Mueller, e “The Gospel of the Family” (Il Vangelo della famiglia), un volume introdotto dal cardinale George Pell, prefetto australiano della Segreteria vaticana dell’Economia, che sarà peraltro presentato venerdì prossimo alla Pontificia università Lateranense.
    MiL - Messainlatino.it: Il Card. Burke dice no alla revisione dei processi di nullità matrimoniale

    Altro che pedofilia: in Vaticano ormai regna il Terrore progressista
    di Marco Mancini
    Dopo l’arresto del cardinale polacco Jozef Wesolowsky, avvenuto in Vaticano per volontà di Papa Francesco, la "tolleranza zero" in fatto di pedofilia sembrerebbe aver fatto immediatamente registrare un altro risultato, con la rimozione del Vescovo di Ciudad del Este (Paraguay), mons. Rogelio Ricardo Livieres Plano. Questo, almeno, è quello che da giorni ripetono tutte le agenzie e i principali quotidiani.
    Scrive “Repubblica”, ad esempio, che al prelato sarebbero addebitati “una strana conduzione del seminario [sic!], rapporti personali conflittuali con i fedeli e gli altri vescovi” e la dilapidazione del patrimonio immobiliare della sua diocesi, ma soprattutto “la presenza di un prelato argentino, Carlos Urrutigoity, accusato nel 2002 di abusi sessuali, quando operava negli Stati Uniti”. Don Carlos era diventato uno dei collaboratori del Vescovo Livieres: da qui l’accusa di insabbiamento che sarebbe all’origine della rimozione.
    Basta approfondire un po’ il caso, tuttavia, per capire che esso è molto più complicato di quanto sembri. Anzitutto, il comunicato della sala stampa della Santa Sede non fa menzione alcuna del tema della pedofilia: si parla semplicemente di una decisione “ponderata da serie ragioni pastorali” e “ispirata al bene maggiore dell’unità della Chiesa di Ciudad del Este e alla comunione episcopale in Paraguay”. Il reale motivo del provvedimento, dunque, deve essere ricercato nelle divisioni interne alla Chiesa paraguaiana e non in una presunta complicità con sacerdoti pedofili.
    Dal canto suo, mons. Livieres ha scritto una dura lettera aperta al Prefetto della Congregazione per i Vescovi card. Ouellet (qui un ampio estratto tradotto in italiano) in cui denuncia quelle che ritiene vere e proprie irregolarità di un procedimento ritenuto ideologico e arbitrario. Chiarisce, tra l’altro, di non aver ricevuto il testo della relazione seguita alla visita apostolica effettuata nella sua diocesi e lamenta che, “a dispetto di tanti discorsi su dialogo, misericordia, apertura, decentralizzazione e rispetto per l’autorità delle Chiese locali, non ho avuto neppure l’opportunità di parlare con il Papa Francesco, né modo di chiarirgli dubbi o preoccupazioni”. Ricorda l’ostilità nei suoi confronti del resto dei Vescovi paraguaiani e il sostegno ricevuto invece dai pontefici San Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, prendendo poi atto amaramente del fatto che “Papa Francesco ha deciso di ritirarmi il suo appoggio” e spingendosi addirittura ad affermare che di tale decisione il Papa “dovrà rendere conto a Dio, più che a me”. Il vero problema della Chiesa in Paraguay, aggiunge il Vescovo, è “la crisi della fede e della vita morale che la cattiva formazione del clero è andata perpetuando, insieme alla negligenza dei Pastori”.
    Inoltre, sul sito della Diocesi di Ciudad del Este è stato pubblicato in diverse lingue un articolato memoriale in cui lo stesso mons. Livieres respinge punto per punto tutte le accuse mosse contro di lui da avversari e media. In particolare, denuncia la contiguità dell’episcopato paraguaiano con la sinistra e la Teologia della Liberazione, l’ostracismo subito sin dal momento della sua nomina, anche in ragione della sua appartenenza all’Opus Dei. In questo senso, respinge l’accusa di “rottura della comunione ecclesiale”: “frequentemente – scrive – si confonde l’unità nella fede e nell’amore, cioè l’autentica comunione ecclesiale, con l’uniformità imposta”. Rivendica la lettera riservata consegnata a Papa Benedetto XVI e finita nel tritacarne di Wikileaks, in cui lamentava la scarsa fedeltà alla dottrina dei Vescovi paraguaiani e suggeriva di selezionare i futuri Vescovi sulla base di criteri diversi da quello del rispetto dello status quo e degli equilibri consolidati. Tutto questo è stato all’origine, ad avviso di mons. Livieres, della levata di scudi di parte del clero (10 sacerdoti su circa 80) e di parte del laicato (particolarmente impegnato nella “pastorale sociale”) della sua diocesi, che ha richiesto l’intervento vaticano all’origine della visita apostolica.
    Proprio per sfuggire allo stato disastroso in cui versava il Seminario Nazionale di Asunciòn, peraltro fortemente connotato dal punto di vista politico-ideologico, mons. Livieres scrive di aver fondato, nel pieno rispetto del diritto canonico, un Seminario diocesano, la cui attività di formazione ha sempre seguito in prima persona e da cui sono usciti nel corso di dieci anni più di 60 sacerdoti. “La decisione di formare i propri seminaristi come un padre educa i propri figli è stata una sorpresa per la Chiesa del Paraguay – si scrive ironicamente nel memoriale -. I Vescovi resisterono da subito a questa idea peregrina, perché avrebbe rotto (e ruppe) lo schema monolitico” alla base della formazione del clero paraguaiano.
    Da ultimo, il Vescovo appena rimosso affronta le questioni relative alle accuse di presunta copertura nei confronti di don Carlos Urrutigoity e a quelle di malversazione. Quanto al primo punto, ricorda che don Carlos arrivò nella sua diocesi nel 2005, accompagnato da giudizi favorevoli di diversi esponenti vaticani, tra cui l’allora cardinale Ratzinger. Negli USA era stato vittima di una campagna diffamatoria, riguardante presunti abusi sessuali e subito la cosa si ripeté in Paraguay, anche con lo scopo di attaccare lo stesso mons. Livieres, del quale don Carlos era diventato uno stretto collaboratore. Quest’ultimo, del resto, non è mai stato processato da alcun tribunale civile né religioso: l’unica denuncia presentata nei suoi confronti in Pennsylvania, oltre a non poter essere riferita a pedofilia, visto che l’accusatore era un adulto, si era conclusa con un immediato proscioglimento, non arrivando neanche a processo. E la stessa Congregazione per la Dottrina della Fede aveva riconosciuto l’impossibilità di aprire un procedimento a suo carico, vista la mancanza di qualsiasi accusa reale. Quanto alla causa civile, intentata sempre negli States, la Società di San Giovanni, alla quale il sacerdote appartiene, aveva dapprima rifiutato di arrivare ad un accordo finanziario, salvo poi accettare quello negoziato dal Vescovo di Scranton mons. Martino, a condizione che al suo interno si facesse menzione dell’innocenza dell’accusato e della rinuncia dell’accusatore a ogni ulteriore azione. Nello scorso luglio, infine, anche una corte paraguaiana ha archiviato le accuse presentate da una radio di Asunciòn, in quanto prive di qualsiasi riscontro. Autore delle accuse tale Javier Miranda, autoproclamatosi “presidente del laicato di Haut-Parana” e acerrimo nemico di mons. Livieres, da lui accusato addirittura di aver contratto un debito di un milione di dollari in un casinò. “Essendo un pastore e non un mercenario che fugge davanti ai lupi – si legge nel memoriale – Mons. Livieres è sempre stato inflessibile nella difesa degli innocenti. Nel caso di padre Carlos, egli ha agito allo stesso modo contro l’avviso di coloro che, pur riconoscendo che la sua valutazione era giusta, trovavano fosse imprudente ricevere padre Carlos nella diocesi e poi promuoverlo a diversi posti, perché queste azioni potevano compromettere l’immagine e la “carriera ecclesiastica” del Vescovo. Mons. Rogelio ha giudicato più santo e più realista servirsi delle risorse umane concrete che la Provvidenza aveva posto nelle sue mani”.
    Con riguardo alle accuse di carattere economico, infine, mons. Livieres afferma che i finanziamenti ricevuti dalla società della centrale idroelettrica di Itaipu sono stati integralmente destinati al mantenimento del Seminario, così come la contestata vendita di alcune proprietà immobiliari della diocesi, che non erano mai state utilizzate per scopi pastorali né avevano garantito rendite economiche di alcun tipo.
    Lascia riflettere, soprattutto, il fatto che mons. Livieres fosse l’unico Vescovo di orientamento conservatore presente in Paraguay, circondato dall’ostilità degli altri Vescovi e di parte del laicato. Una spaccatura che il suo carattere avrà forse approfondito, ma che ha costituito il grimaldello su cui fare leva per toglierlo di mezzo. Come nel caso dei Francescani dell’Immacolata, dove peraltro non è ci ancora dato di sapere quali siano gli addebiti mossi a Padre Manelli e ai suoi collaboratori, la Santa Sede interviene punendo chi manifesta fedeltà alla dottrina e produce frutti spirituali. In entrambi i casi si tratta di provvedimenti “amministrativi”, senza alcuna possibilità di difendersi dalle accuse, che non vengono formulate se non con riferimenti totalmente arbitrari a una presunta mancanza di “sensus Ecclesiae” (ai tempi di Stalin si parlava di “nemici del popolo”), senza processi e senza condanne, come nei peggiori totalitarismi. L’arma della diffamazione e della delazione sembra ormai diventata lo strumento per mettere a tacere gli avversari del nuovo corso, per distruggere e ridurre al silenzio le ultime isole di resistenza in una Chiesa sempre più preda della piovra modernista.
    Si è aperta una caccia alle streghe, improntata al maoista – e mafiosetto – “colpirne uno per educarne cento”, che non promette nulla di buono. Ultima, preoccupante dimostrazione di quanto scriviamo è l’intimidatorio avvertimento lanciato dall’Espresso al cardinale Pell, anch’egli accusato di essere stato troppo morbido sul fronte degli abusi sessuali. L’attacco arriva subito dopo che il porporato ha pubblicato un libro a difesa della dottrina cattolica sul matrimonio, in opposizione alla relazione del cardinale Kasper. Il tutto proprio alla vigilia dell’apertura del Sinodo sulla famiglia. Saranno tutte coincidenze, ma qui si comincia a sentire puzza di bruciato. Il fumo di Satana, che Paolo VI vide entrare in Vaticano attraverso qualche fessura, sembra ormai farla da padrone.
    Altro che pedofilia: in Vaticano ormai regna il Terrore progressista ~ CampariedeMaistre

    PREGHIERA
    di Camillo Langone
    “La religione non è di plastica” dicono i vescovi italiani per bocca della loro agenzia di stampa, criticando una bambola appunto di plastica che due artisti argentini hanno vestito come la Madonna. Forse è un’autocritica. O forse, più probabile, non sanno quello che dicono: perché i due artisti il loro mestiere di artisti lo sanno fare, mentre i vescovi il loro mestiere di vescovi no. Saranno cinquant’anni che dissacrano le chiese con candele di plastica, sedie di plastica, musica di plastica, arte di plastica (plastica a volte in senso lato ma molto spesso in senso stretto). “Non si può ridurre la devozione a oggettistica” insistono. Che sia una confessione, un pentimento, perché dentro e fuori i santuari, e tutt’intorno San Pietro, non si vede altro che ciarpame devozionale, un osceno mercato di quel kitsch cattolico che, è stato scritto, “si potrebbe anche tollerare bonariamente se non fosse la testimonianza di una colossale perdita di sostanza teologica”. Chi di plastica ferisce, di plastica perisce. E chi tollera nelle proprie chiese la presenza di candele finte non è credibile quando chiede autenticità e rispetto.
    PREGHIERA - 25 Settembre 2014

    La giustizia e la misericordia ai tempi di Bergoglio
    La nostra cautela prudenziale nel dare la notizia della minacciata sospensione a divinis di sei frati dell'Immacolata, non è stata premiata.
    E' ormai assodato: cinque francescani filippini e uno nigeriano sono stati raggiunti dalla massima censura che la S. Sede riservi per gli ecclesiastici.
    Abbiamo anche avuto conferma dell'irritualità del procedimento: come aveva anticipato Rorate Caeli i sei frati si sono visti raggiungere in un sol momento dai due ammonimenti e dal conseguente decreto di sospensione. Senza però aver preso parte a nessun processo disciplinare (che non si è mai celebrato) e non avendo così potuto esercitare il diritto al contraddittorio.
    Nemmeno in Cina, sotto il totalitario regima comunista, vengono negati i diritti di difesa durante un processo spesso pilotato e farsesco ma pur sempre apparentemente garantista.
    Ricordiamo che la sola loro colpa sarebbe stata quella di aver chiesto alla Congregazione per i Religiosi di essere escardinati dall'Istituto dei Frati Francescani dell'Immacolata per diventare sacerdoti diocesani (i primi nelle Filippine dove già avevano trovato accoglienza presso un vescovo di cristiani spiriti).
    Nessun altro addebito viene mosso ai frati se non quello di essere voluti uscire da un ordine religioso per il quale è in atto un disegno deliberato di annichilamento.
    Se questo è il modo con cui la Curia mette in pratica la "misericordia" tanto declamata da Papa Francesco...
    MiL - Messainlatino.it: La giustizia e la misericordia ai tempi di Bergoglio

    "Ecco perché l'elezione di Papa Bergoglio non è valida"
    Un estratto da 'Non è Francesco' di Antonio Socci, in libreria dal 3 ottobre 2014
    Pubblichiamo un estratto dal nuovo libro di Antonio Socci, intitolato Non è Francesco (Mondadori), in libreria dal 3 ottobre.
    Elisabetta Piqué è una brava giornalista argentina, lavora per il quotidiano «La Nación» di Buenos Aires occupandosi del Vaticano (e dell’Italia) ed è collaboratrice della Cnn in lingua spagnola e di Deutsche Welle. È molto amica, da anni, di Bergoglio, è addirittura la sua biografa. Anzi, a leggere il libro Francesco. Vita e rivoluzione si nota un tono decisamente apologetico.
    Nelle pagine dedicate alle fatali ore del Conclave, la Piqué descrive l’andamento delle votazioni, delle diverse candidature, le reazioni e alle pagine 39 e 40 – fra l’altro – riferisce in poche righe un fatterello curioso relativo proprio alla quinta votazione:
    Dopo la votazione e prima della lettura dei foglietti, il cardinale scrutatore, che per prima cosa mescola i foglietti deposti nell’urna, si accorge che ce n’è uno in più: sono 116 e non 115 come dovrebbero essere. Sembra che, per errore, un porporato abbia deposto due foglietti nell’urna: uno con il nome del suo prescelto e uno in bianco, che era rimasto attaccato al primo. Cose che succedono. Niente da fare, questa votazione viene subito annullata, i foglietti verranno bruciati più tardi senza essere stati visti, e si procede a una sesta votazione.
    È precisamente da questa sesta votazione che uscirà eletto Bergoglio. Il fatterello è una semplice curiosità, a prima vista sembra far parte dell’aneddotica.
    Un vaticanista amico della giornalista argentina e molto vicino, anch’egli, a papa Bergoglio, alle cui stanze ha accesso, Andrea Tornielli, su «Vatican Insider», il 16 novembre 2013, all’uscita del libro della Piqué, firma un’anticipazione dove illustra tutti i pregi del volume e fra l’altro riporta (come un piccolo scoop) l’episodio inedito rivelato dall’autrice.
    Il libro ha un «lancio» in pompa magna sui media vaticani, quasi da biografia ufficiale. Infatti il 19 novembre 2013 la Piqué viene intervistata dalla Radio Vaticana,3 diretta da padre Federico Lombardi. Mentre il 16 novembre già «L’Osservatore Romano» aveva esaltato il volume lasciando pensare che lo stesso Bergoglio ne fosse la fonte privilegiata:
    È un Bergoglio raccontato di prima mano, diretto e vero, quello che esce dalle pagine di Elisabetta Piqué, nel libro Francisco, vida y revolución (in libreria in Italia dal 21 novembre per le edizioni Lindau con il titolo Francesco. Vita e rivoluzione). Sette mesi d’inchiesta «vecchio stile», cercando conferme e incrociando fonti in 373 pagine ricche di dettagli inediti sul Conclave e sulla vita di Jorge Bergoglio. Pagine per capire Francesco, il Papa che telefona, scrive e parla chiaro.
    C’è solo un – per così dire – «piccolo» problema di cui nessuno finora sembra essersi accorto: stando ai fatti riferiti dalla Piqué – e così autorevolmente confermati – l’elezione di Bergoglio è nulla.
    Infatti l’articolo 69 della Costituzione apostolica Universi Dominici Gregis che regola il Conclave recita testualmente:
    «Qualora nello spoglio dei voti gli Scrutatori trovassero due schede piegate in modo da sembrare compilate da un solo elettore, se esse portano lo stesso nome vanno conteggiate per un solo voto, se invece portano due nomi diversi, nessuno dei due voti sarà valido; tuttavia, in nessuno dei due casi viene annullata la votazione».
    La prima violazione delle norme che si può intravedere è quindi l’aver annullato una votazione che doveva essere ritenuta valida e scrutinata.
    Ma come se non bastasse si può ravvisare una seconda violazione, perché si è proceduto con una nuova votazione – la quinta di quel giorno (proprio quella che ha eletto Bergoglio) – laddove la stessa Costituzione apostolica prescrive invece che si debbano fare quattro votazioni al giorno, due al mattino e due al pomeriggio (articolo 63).
    Perché si tratterebbe di violazioni che comportano la nullità dell’elezione? Perché l’articolo 76 della Universi Dominici Gregis afferma: «Se l’elezione fosse avvenuta altrimenti da come è prescritto nella presente Costituzione o non fossero state osservate le condizioni qui stabilite, l’elezione è per ciò stesso nulla e invalida, senza che intervenga alcuna dichiarazione in proposito e, quindi, essa non conferisce alcun diritto alla persona eletta».
    Né è possibile che il Conclave abbia potuto cambiare «in corsa» quelle norme perché Giovanni Paolo II, in quella Costituzione apostolica, ricorda più volte che il Conclave non ha assolutamente il potere di modificare le regole. Nemmeno votando all’unanimità.
    Quindi mi pare si possa concludere che l’elezione al Papato di Bergoglio semplicemente non è mai esistita. Non è nemmeno un problema sanabile a posteriori perché non si può sanare ciò che non è mai esistito.
    "Ecco perché l'elezione di Papa Bergoglio non è valida" | Panorama

    Antonio Socci, libro contro papa Bergoglio: “Non è Francesco”… Troppo Scalfari
    In "Non è Francesco", in uscita il 3 ottobre per Mondadori, L'intellettuale cattolico riversa su Papa Francesco tutte quelle critiche che, a suo parere, sui media mainstream non vengono divulgate. Papa Francesco, secondo Socci, passa troppo tempo col fondatore di Repubblica Eugenio Scalfari
    ROMA – Antonio Socci dedica il libro al predecessore di Bergoglio, Benedetto XVI: “A Joseph Ratzinger, un gigante di speranza”. Altra dedica è “ai cristiani perseguitati in Iraq”.
    Socci, in un libro che ha lo stesso titolo del Manifesto all’indomani dell’elezione di Bergoglio, riversa sul papa tutte quelle critiche che, a suo parere, sui media mainstream non vengono divulgate. Lo accusa di essere quasi indifferente alla persecuzione dei cristiani nei Paesi minacciati dal Califfato dell’Isis, mentre lo trova troppo solerte a lanciarsi in dure invettive su argomenti “politically correct“.
    Papa Francesco, secondo Socci, dimentica il dovere di “fare proselitismo” per “avere il plauso dei ricchi e potenti salotti anticattolici della Repubblica. Dove tutti ora esultano ritenendo di avere finalmente un papa «scalfariano»”. Il riferimento è alle lunghe interviste concesse al fondatore di Repubblica Eugenio Scalfari, così come alla telefonata a Marco Pannella o all’incontro con Diego Armando Maradona.
    Libero ha pubblicato un lungo estratto di “Non è Francesco”, in cui tra l’altro Socci ha qualcosa da ridire sul procedimento con cui è stato eletto papa Jorge Mario Bergoglio. Parole che sono destinate a fare discutere nel mondo cattolico:
    “Ammetto di essere uno dei tanti che hanno accolto Bergoglio – il 13 marzo 2013 – a braccia spalancate, come era giusto fare ritenendolo il Papa legittimamente eletto. E anche per una serie di amicizie comuni (a me molto care), che mi avevano indotto a nutrire benevole speranze nel nuovo Pontefice. Gli comunicai perfino (e convintamente) che – fra tanti altri – poteva contare pure sulla preghiera mia e della mia famiglia, e sull’offerta delle nostre croci per il compimento della sua alta missione. Mi piaceva quel suo stile dimesso. I giornali lo rappresentavano come il vescovo che girava per Buenos Aires con i mezzi pubblici, che abitava in un modesto appartamento anziché nel palazzo vescovile, che frequentava i miseri quartieri delle periferie come un padre buono, desideroso di portare ai più infelici la carezza del Nazareno. Tutto questo poteva essere una formidabile ventata di aria fresca per il Vaticano e per l’intera Chiesa. Ho sostenuto papa Francesco come potevo, per mesi, da giornalista, sulla stampa. Mi sembrava un apostolo del confessionale, devoto della Madonna.(...)
    Sostenere oggi che le dichiarazioni di Bergoglio a Scalfari (per fare un esempio) in fin dei conti sono in continuità con Benedetto XVI, con Giovanni Paolo II e con Paolo VI, ovvero che Bergoglio «incarna l’essenza del Vaticano II» (De Mattei), è assurdo. (…). Purtroppo, oggi io sono uno dei tantissimi delusi (un sentimento che dilaga sempre più tra i cattolici, seppure non raccontato dai giornali). (…). Diversi cardinali avevano votato Bergoglio con la speranza che egli continuasse l’opera di rinnovamento e purificazione intrapresa da Benedetto XVI, che irrompesse nella Curia vaticana e (metaforicamente) la rovesciasse come un calzino, quasi col fuoco di Giovanni Battista. Invece bisogna amaramente riconoscere che poco o nulla è stato fatto (solo qualche rimozione, in certi casi anche ingiusta). Va bene andare a vivere nel residence di «Santa Marta», può essere anch’esso un segnale positivo, anche se non è proprio una povera cella monastica. Io, in un mio libro avevo addirittura sognato un Papa che andava a vivere in una parrocchia di borgata. In ogni caso apprezzo il messaggio. Ma poi il problema è il governo di quella cosa complessa che è il Vaticano e – per esempio – dello Ior, che qualcuno ha pure prospettato di chiudere, non essendo chiara la sua utilità per la Chiesa, ma che Bergoglio non ha chiuso affatto. Al contrario, dicono gli osservatori più informati, Bergoglio ha moltiplicato commissioni, burocrazie e spese. (…)
    Ci si aspettava una ventata di rigore morale nei confronti della «sporcizia» (anche del ceto ecclesiastico) denunciata e combattuta dal grande Joseph Ratzinger. Ma come dobbiamo interpretare il segnale dato al mondo di lassismo e di resa nei confronti dei nuovi costumi sessuali della società e dello sfascio dei principi morali e delle famiglie? Come interpretare il rifiuto di papa Bergoglio di opporsi alle questioni etiche, come hanno fatto eroicamente i suoi predecessori, o anche solo di «giudicarle», cioè di contrastare culturalmente quella rivoluzione dei rapporti affettivi che distrugge ogni serio legame e ha lasciato tutti più soli e infelici, schiavi dell’istinto? San Paolo affermava «l’uomo spirituale giudica ogni cosa» (1Cor 2,15) e non «chi sono io per giudicare?». E perché non opporsi a quella cultura della morte che non riconosce più nessuna sacralità all’essere umano o a quell’ondata di anticristianesimo e antiumanesimo che, sotto diverse bandiere, pervade ormai il mondo? (…).
    C’erano da confutare coloro che, nella Chiesa, buttano alle ortiche la retta dottrina cattolica e che – pure da cattedre potenti – demoliscono il cuore della fede, invece si sono visti «bastonare» i buoni cattolici, quelli ortodossi che vivevano veramente la povertà, la castità, la preghiera e la carità. Anzi, papa Bergoglio si scaglia proprio su chi usa «un linguaggio completamente ortodosso» perché così non corrisponderebbe al Vangelo (Evangelii Gaudium n. 41). Cosa mai vista e mai sentita in tutta la storia della Chiesa. Per non dire di quando lo stesso Bergoglio si avventura nelle sue sconcertanti affermazioni, tipo «se uno non pecca non è uomo», una tesi sorprendente che nemmeno si avvede così di negare di fatto l’umanità di Gesù e Maria, i quali furono esenti dal peccato e proprio per questo sono il modello ideale supremo dell’uomo e della donna. O quando ha attribuito erroneamente a san Paolo la frase «mi vanto dei miei peccati» (Omelia di Santa Marta del 4 settembre 2014), un’enormità su cui il sito vaticano NEWS.VA ha ritenuto addirittura di fare il titolo «Perché vantarsi dei peccati». Evidentemente in Vaticano, e in particolare a Santa Marta, non si conosce quanto afferma san Tommaso d’Aquino: «È peccato mortale quando uno si vanta di cose che offendono la gloria di Dio».
    Si sperava davvero che si soccorressero le vittime più indifese e inermi nelle periferie più sperdute del mondo, invece – lo ricordo con dolore – papa Bergoglio ha ostinatamente evitato di alzare la sua voce, nell’estate 2014, in soccorso dei cristiani massacrati nel Califfato islamico del Nord Iraq, limitandosi a poche dichiarazioni, senza mai pronunciare una vibrata invettiva (come quelle che ha fatto su argomenti politically correct) o un vigoroso appello alla comunità internazionale perché intervenisse a disarmare i carnefici e difendere gli inermi massacrati. Mai si è rivolto verso un mondo islamico che in genere umilia ogni minoranza, mai una sferzata contro il terrorismo islamista, mai ha chiesto esplicitamente quell’«ingerenza umanitaria» (concepita specialmente da Giovanni Paolo II) che disarmasse, anche con la forza, i carnefici e impedisse massacri come pure imploravano i vescovi dell’Iraq. I quali patriarchi hanno gridato a gran voce che le proprie comunità venissero difese, con la forza, dal massacro incombente e hanno mosso una critica esplicita alla reticenza del Papa chiedendogli «un uso più audace della propria influenza per la causa dei cristiani iracheni». Ma Bergoglio è stato cauto e reticente, barcamenandosi senza esporsi. Siamo sicuri che di fronte alla tragedia dei cristiani (e delle altre minoranze) in Iraq non potesse assumere un atteggiamento più deciso come quello dei suoi predecessori o come il suo su altri temi? (…).
    Non si è vista nemmeno un’opera di vera sensibilizzazione della Chiesa intera, che mobilitasse la preghiera di tutti, che sollecitasse veglie, novene, digiuni (sono queste le armi dei cristiani) e un grande aiuto umanitario. Che controindicazioni c’erano su questo? Non se ne vedono davvero. C’era bisogno di dare conforto e aiuto concreto ai tanti cristiani perseguitati, umiliati, incarcerati, massacrati, ma papa Bergoglio invece ha continuato a confidare in un dialogo senza condizioni e senza precauzioni, esponendosi a dolorosi incidenti come quello dell’8 giugno 2014, quando ha chiamato a pregare in Vaticano, fra gli altri, un imam che, lì sul suolo bagnato dal sangue di tanti martiri cristiani, infischiandosene dei discorsi concordati, ha invocato Allah perché aiuti i musulmani a schiacciare gli infedeli («dacci la vittoria sui miscredenti»). (…).
    C’era bisogno di dire almeno una parola in difesa di giovani madri – come Meriam o Asia Bibi – condannate a morte nei regimi islamici per la loro fede cristiana o almeno si poteva chiedere di pregare per loro, ma papa Francesco non lo ha mai fatto, non ha nemmeno risposto all’appello mandatogli da Asia Bibi, mentre ha scritto personalmente un lungo messaggio di auguri agli islamici che digiunano per il Ramadan auspicando che esso porti loro «abbondanti frutti spirituali». (…). Si è venuti a scoprire peraltro che al tempo del discorso di Ratisbona di Benedetto XVI (quello che è passato alla storia per aver fatto infuriare i musulmani), il portavoce dell’allora cardinale Bergoglio, arcivescovo di Buenos Aires, criticò pubblicamente papa Ratzinger. Newsweek pubblicò le sue parole sotto il titolo «L’Arcidiocesi di Buenos Aires contro Benedetto XVI». Il portavoce dopo qualche tempo fu sollevato dall’incarico, ma molti si sono chiesti se e quando vi sia stata una sconfessione pubblica da parte del vescovo Bergoglio e un suo appoggio aperto al discorso pronunciato da Ratzinger a Ratisbona. (…).
    Alla luce di questi fatti si spiega l’atteggiamento attuale di papa Francesco nei confronti dell’Islam e degli islamisti del Califfato iracheno (carnefici di cristiani e di altre minoranze). Bergoglio, sempre così critico con i cattolici, non si contrappone mai nemmeno alle lobby laiciste sui temi della vita, del gender, dei principi non negoziabili che papa Benedetto individuò come pilastri della «dittatura del relativismo». (…). C’era (e c’è) bisogno di far accendere una luce per una generazione che è stata gettata nelle tenebre del nichilismo, che non sa più nemmeno distinguere il Bene dal Male perché le hanno insegnato che non esistono e che ognuno può fare quello che gli pare. Purtroppo papa Bergoglio rischia di assecondare proprio questa tragica deriva dicendo anch’egli che «ciascuno ha una sua idea di bene e di male» e «noi dobbiamo incitarlo a procedere verso quello che lui pensa sia il bene».
    C’era e c’è bisogno di annunciare Cristo, nostra speranza e vera felicità della vita, a una generazione che non sa nemmeno più chi è Gesù e non sa che farsene della propria giovinezza e dell’esistenza. E rischia di essere fuorviante sentir dire da papa Bergoglio che «il proselitismo è una solenne sciocchezza» e che lui non ha «nessuna intenzione» di convertire i suoi interlocutori. Certo, ha ragione quando ricorda che il cristianesimo si comunica «per attrazione», ma l’ardore missionario ci è stato testimoniato dai santi e «fare proselitismo» è il comandamento di Gesù ai suoi apostoli: «Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato» (Mt 28,19-20). Non si può dimenticare questo precetto evangelico, che indica il vero, grande compito della vita, per avere il plauso dei ricchi e potenti salotti snob e anticattolici della Repubblica. Dove tutti ora esultano ritenendo di avere finalmente un Papa «scalfariano».
    C’è un gran bisogno di portare la carezza del Nazareno a chi è solo, malato, sofferente o disperato ed è molto doloroso veder «saltare» all’ultimo momento la visita del Papa all’ospedale Gemelli con i malati in attesa sotto il sole (loro, le cui piaghe sono le piaghe di Cristo), mentre si trovano facilmente ore da dedicare a Scalfari, o si trova il tempo per telefonare a Marco Pannella o a Maradona e andare di persona a Caserta solo per incontrare l’amico pastore protestante. (…)
    Bergoglio – secondo i suoi fan più sfegatati – sarebbe un rivoluzionario che intende sovvertire la Chiesa cattolica, eliminando i dogmi della fede e buttando alle ortiche secoli di magistero. Cosa significherebbe e cosa comporterebbe tutto questo? Se fosse vero la Chiesa sarebbe alla vigilia di una drammatica esplosione.
    Antonio Socci, libro contro papa Bergoglio: ?Non è Francesco?? Troppo Scalfari | Blitz quotidiano


  8. #158
    Forumista senior
    Data Registrazione
    15 Dec 2011
    Messaggi
    2,058
     Likes dati
    0
     Like avuti
    50
    Mentioned
    0 Post(s)
    Tagged
    0 Thread(s)

    Predefinito Re: Rif: Il Verbo di Dio si è fatto carne

    BERGOGLIO: "MONDO CAMBIATO, CHIESA NON PUÒ CHIUDERSI IN PRESUNTE INTERPRETAZIONI DOGMA"
    Francesco, come riportato da America Oggi e da Il Secolo XIX, ha detto: "Il mondo è cambiato e la Chiesa non può chiudersi nelle presunte interpretazioni del dogma. Dobbiamo avvicinarci ai conflitti sociali, nuovi e vecchi, e cercare di dare una mano di conforto, non di stigmatizzazione e non solo d'impugnazione".
    Nessun commento necessario.
    Bergoglio: ?Mondo cambiato, Chiesa non può chiudersi in presunte interpretazioni dogma? | Radio Spada

    cattolico on 6 ottobre 2014 at 9:14 pm said:
    Una frase del genere mi suona molto come una resa di fronte al nemico, una rinuncia ad essere Chiesa Magister Vitae. Ma ciò comporterà la perdita di molte anime, incoraggiate a rimanere nell'errore, anziché a emendarsi, ravvedersi, convertirsi e cambiare vita.
    Addio al santo ammonimento, DOVERE primo della Chiesa, che viene prima di tutte le opere di carità materiale, sociale, fisica (la cura delle ferite nell'ospedale da campo). Di tutto questo Cristo Giudice chiederà pure conto a qualcuno, no?
    La Chiesa che non insegna più la vera, eterna e santa dottrina non serve più a niente, è sale che ha perso il suo sapore, come dice il Signore. Tanto vale che buttino la tonaca, pardon, il clergymen alle ortiche, e vadano a fare gli assistenti sociali, gli psicanalisti, i volontari nelle onlus (rinunciando all'otto per mille e a tutte le prebende e gli onori del loro rango).

    andrea on 6 ottobre 2014 at 8:25 pm said:
    La nuova dottrina di Bergoglio è esattamente l'opposto di quella di Cristo. Cristo perdona i peccatori che riconoscono i propri peccati e si convertono, oggi si pretende di entrare in chiesa e perseverare nei propri peccati e pensare che Dio ci accolga nel suo regno; questo è l'inganno dell'anticristo, una falsa chiesa apostata con un falso cristo, la nuova religione mondiale falsa che abbraccia tutte le religioni del mondo, la Grande Babilonia!
    Nel libro dell'Apocalisse è descritta questa grande apostasia e di come Satana sarebbe riuscito a sedere sul trono di Dio, ossia quello di Pietro. E come potrebbe riuscirci se non con l'aiuto di un impostore che siede al posto del papa legittimo detronizzato dai nemici di Cristo. Un impostore apostata che disprezza e bestemmia apertamente contro la tradizione e i dogmi della Chiesa di nostro signore Gesù Cristo, un lupo vestito d'agnello, che nel parlare pare un padre amorevole ma che in realtà colpisce a morte coloro (vedere l'esempio della persecuzione durissima contro i frati francescani dell'immacolata)che all'interno della chiesa sono rimasti ancora fedeli a Cristo!

    C’è molta confusione nella Chiesa.
    ROMA – “C’è molta confusione nella Chiesa - scrive Antonio Socci di Libero - per il Sinodo che discuterà sulla comunione ai divorziati risposati. Molti credenti sono smarriti di fronte alla via «rivoluzionaria» indicata dal cardinale Kasper, che fu incaricato da papa Francesco di lanciare la novità al Concistoro di febbraio e che dice sempre di parlare a nome di papa Francesco («Io ho parlato con il Santo Padre. Ho concordato tutto con lui»)”.
    L’articolo completo:
    La schiacciante maggioranza dei cardinali è in totale dissenso da lui. Dunque ora cosa accadrà? Davvero il Papa può intraprendere una via che capovolge quanto la Chiesa, in base alle stesse parole di Gesù e ai testi paolini, ha costantemente insegnato per duemila anni? È possibile mettere in discussione i comandamenti, il Vangelo e i sacramenti? Qualcuno crede che i Papi possano farlo e i media alimentano questa aspettativa. In realtà non è affatto così, perché – come ha sempre ripetuto Benedetto XVI – la Chiesa è di Cristo e non dei papi, i quali sono temporanei amministratori e non padroni. Essi sono sottoposti alla legge di Dio e alla Parola di Dio e devono servire il Signore e custodire il «depositum fidei» loro affidato. Non possono impadronirsene o mutarlo secondo proprie idee personali. Quello che tanti – anche fra i credenti – ignorano sono i limiti strettissimi che la Chiesa da sempre ha posto ai papi, mentre riconosceva l’«infallibilità» petrina nei pronunciamenti «ex cathedra» sui temi di fede e di morale.
    Proprio nella Costituzione dogmatica «Pastor Aeternus» con cui al Concilio Vaticano I si definiva l’infallibilità papale, si legge: «Lo Spirito Santo infatti, non è stato promesso ai successori di Pietro per rivelare, con la sua ispirazione, una nuova dottrina, ma per custodire con scrupolo e per far conoscere con fedeltà, con la sua assistenza, la rivelazione trasmessa dagli Apostoli, cioè il deposito della fede». Il grande Joseph Ratzinger così spiegava questo principio ignorato dalla gran parte dei credenti: «Il papa non è il signore supremo – dall’epoca di Gregorio Magno ha assunto il titolo di “servo dei servi di Dio” – ma dovrebbe essere – amo dire – il garante dell’ubbidienza, della conformità della Chiesa alla volontà di Dio, escludendo ogni arbitrio da parte sua. Il papa non può dire: La Chiesa sono io, oppure: La tradizione sono io, ma al contrario ha precisi vincoli, incarna l’obbligo della Chiesa a conformarsi alla parola di Dio. Se nella Chiesa sorgono tentazioni a fare diversamente, a scegliere la via più comoda, deve chiedersi se ciò è lecito. Il papa non è dunque un organo che possa dare vita a un’altra Chiesa, ma è un argine contro l’arbitrio».
    Dopo queste chiare spiegazioni Ratzinger aggiungeva: «Faccio un esempio: dal Nuovo Testamento sappiamo che il matrimonio sacramentale è indissolubile. Ci sono correnti d’opinione che sostengono che il Papa potrebbe abrogare quest’obbligo. Ma non è così. E nel gennaio del 2000, rivolgendosi ai giudici romani, il papa (Giovanni Paolo II) ha detto che, rispetto alla tendenza a voler vedere revocato il vincolo dell’indissolubilità del matrimonio, egli non può fare tutto ciò che vuole, ma deve anzi accentuare l’obbedienza, deve proseguire anche in questo senso il gesto della lavanda dei piedi».
    Anche il cardinale Caffarra, un’autorità sui temi morali già dal pontificato di Giovanni Paolo II, opponendosi alla proposta di Kasper, ha sottolineato che nemmeno i pontefici possono sciogliere il vincolo del primo matrimonio, quindi la Chiesa non può riconoscere un secondo matrimonio, né di diritto, né di fatto, come prospetta Kasper con l’ammissione all’eucarestia dei divorziati risposati. Caffarra ha anche voluto ricordare la parole di Giovanni Paolo II in un’allocuzione alla Sacra Rota: «Emerge con chiarezza che la non estensione della potestà del romano Pontefice ai matrimoni rati e consumati, è insegnata dal magistero della Chiesa come dottrina da tenersi definitivamente anche se essa non è stata dichiarata in forma solenne mediante atto definitorio». Il cardinale di Bologna ha spiegato il peso di queste parole di papa Wojtyla: «La formula è tecnica, “dottrina da tenersi definitivamente” vuol dire che su questo non è più ammessa la discussione fra i teologi e il dubbio tra i fedeli». In pratica questa verità non può nemmeno essere messa in discussione fra i credenti. Conseguentemente non è possibile nemmeno mutare la disciplina relativa all’accesso all’eucaristia.
    C’è un libro significativo dello stesso cardinale Kasper, un volume oggi introvabile e dimenticato da tutti che fu pubblicato appena dieci anni fa da Herder e Queriniana e s’intitolava «Sacramento dell’unità. Eucaristia e Chiesa». Fu scritto e pubblicato in occasione dell’anno eucaristico indetto da Giovanni Paolo II fra 2004 e 2005. Quel libro di Kasper che tocca vari punti spinosi e contestati e sembra davvero in linea col magistero di sempre della Chiesa e di papa Wojtyla. Per quanto riguarda l’accesso alla comunione sacramentale, Kasper sottolinea che non può essere per tutti: «non possiamo invitare tutti a riceverla». Non vi si può accedere in stato di peccato grave, ma solo quando – tramite la confessione – si è in grazia di Dio per «non mangiare e bere indegnamente il corpo e il sangue del Signore». Kasper aggiunge: «L’affermazione che l’unità e la comunione sono possibili soltanto nel segno della croce ne include un’altra, e cioè che l’eucaristia non è possibile senza il sacramento del perdono. La Chiesa antica era pienamente cosciente di questo nesso. Nella Chiesa antica la struttura visibile del sacramento della penitenza consisteva nella riammissione del peccatore alla comunione eucaristica. Communio, excommunicatio e reconciliatio costituivano tutt’uno. Dietrich Bonhoeffer, il teologo luterano giustiziato dai nazisti nel 1945, ha messo giustamente in guardia dalla grazia a buon mercato. “Grazia a buon mercato è sacramento in svendita, è la cena del Signore senza la remissione dei peccati, è l’assoluzione senza confessione personale”. La grazia a buon mercato è per Bonhoeffer la causa della decadenza della Chiesa». La «concezione superficiale» dell’eucaristia, spiegava Kasper, «disgiunta dalla croce e dal sacramento della penitenza conduce alla banalizzazione di tali aspetti e alla crisi dell’eucaristia quale quella a cui oggi assistiamo nella vita della Chiesa». Il cardinale tedesco arrivava a scrivere giustamente: «La crisi della concezione dell’eucaristia è il nucleo stesso della crisi della Chiesa odierna».
    Ognuno può facilmente valutare la contraddizione fra questo Kasper dell’altroieri e il Kasper di oggi. Gli «innovatori» del Sinodo, di cui egli è uno dei capifila, ovviamente non hanno il coraggio di mettere in discussione apertamente la dottrina, perché questo significherebbe mettere in soffitta il Vangelo stesso. Essi sostengono che non si tratta di cambiare la dottrina, ma solo la pastorale sull’accesso all’eucaristia. Ma nella Chiesa dogma e pastorale non possono assolutamente essere separate. La ragione teologica della loro unione indissolubile l’ha spiegata ancora una volta Joseph Ratzinger: «pastorale e dogma s’intrecciano in modo indissolubile: è la verità di Colui che è a un tempo “Logos” e “pastore”, come ha profondamente compreso la primitiva arte cristiana che raffigurava il Logos come pastore e nel pastore scorgeva il Verbo eterno, che è per l’uomo la vera indicazione della via». In sostanza Gesù Buon Pastore è anche il Logos, il Verbo eterno di Dio. Non è possibile separare la misericordia dalla verità. Ciò significa che non si può mutare l’accesso all’eucaristia per una categoria particolare di persone come i divorziati risposati (per i quali vale la legge che vale per tutti).
    C?è molta confusione nella Chiesa. Antonio Socci, Libero | Blitz quotidiano

    Antonio Socci spiega perché “Non è Francesco”
    Le regole violate durante il Conclave. L’elezione di Bergoglio nulla, e la grande rinuncia di Ratzinger, che pure ha voluto restare papa emerito. L’autore cattolico ci dice tutto del suo ultimo libro. E non solo…
    di Gianluca Veneziani
    «Vi state sbagliando, chi avete eletto non è, non è Francesco». Si potrebbe sintetizzare così, parafrasando il verso di una celebre canzone di Lucio Battisti, il nuovo libro del giornalista e scrittore Antonio Socci (Non è Francesco. La Chiesa nella grande tempesta, Mondadori, pp. 296, euro 18), dedicato a Papa Benedetto XVI, rivolto a Papa Francesco e destinato ai tanti lettori, credenti e non, desiderosi di saperne di più sull’inedita convivenza tra due pontefici in Vaticano. Secondo l’autore, Jorge Mario Bergoglio non è Francesco in un doppio senso: atteggiamenti pastorali e scivoloni dottrinali lo tengono distante dal modello di vita e dall’ortodossia cattolica di san Francesco; e soprattutto – ed è qui lo scoop del libro – irregolarità procedurali durante il Conclave renderebbero nulla la sua elezione al pontificato, privandolo in sostanza anche del nome Francesco.
    Socci, partiamo dal primo aspetto. Bergoglio – Lei sostiene nel saggio – porta il nome del fraticello d’Assisi, senza però emularne né la vicinanza agli ultimi né la fedeltà alla dottrina. Ci spieghi meglio.
    In un capitolo riporto le lettere di san Francesco a governanti, magistrati, laici e sacerdoti del suo tempo e suggerisco un paragone tra i due Francesco: il semplice confronto fa percepire la diversità dei due approcci. San Francesco, ai potenti, non parlava di pace o ambiente, ma li esortava a professare la fede cattolica, per la salvezza delle loro anime e dei loro popoli. Allo stesso modo, rivolgendosi ai preti, non faceva alcun cenno alla retorica sociale di sostegno alle classi popolari, ma diceva che la cosa fondamentale era tributare il massimo onore “al santissimo corpo e sangue del Signore nostro Gesù Cristo” e amministrare bene l’Eucaristia. Questo è il san Francesco vero, non quello delle figurine, l’icona mediatica inventata nel ’900. Quanto alle frequentazioni, mi pone almeno qualche interrogativo che Bergoglio riceva costantemente Scalfari, telefoni a Pannella e trovi tempo da dedicare a Maradona, ma non accolga il capo dei Francescani dell’Immacolata – ordine di cui anzi ha deciso il commissariamento – , faccia saltare la visita all’ospedale Gemelli, con i malati in attesa sotto il sole, e non risponda agli appelli di una madre, come Asia Bibi, che marcisce in un carcere pakistano per la semplice “colpa” di essere cristiana.
    Quanto al secondo significato del titolo del saggio, quali sono le ragioni che invaliderebbero l’elezione di Bergoglio?
    Premetto che nel libro non intendo emettere sentenze, ma porre problemi. Non voglio decidere io chi sia il papa e chi no, perché il responso ultimo lo può dare solo la Chiesa. Mi chiedo tuttavia se, essendosi verificate alcune circostanze, si possano configurare i termini di applicazione dell’articolo 76 della Universi Dominici Gregis (la Costituzione apostolica che stabilisce le regole del Conclave, ndr), il quale afferma: “Se l’elezione fosse avvenuta altrimenti da come è prescritta nella presente Costituzione […], essa non conferisce alcun diritto alla persona eletta”. Ebbene, nel caso dell’elezione di Bergoglio, secondo me ci sono state almeno tre violazioni della procedura. Uno: la votazione precedente a quella in cui è stato eletto Bergoglio – come raccontato dalla giornalista Elisabetta Piqué e poi confermato da alcuni cardinali – è stata annullata perché un porporato aveva involontariamente deposto nell’urna due schede attaccate (una con il nome del suo prescelto e una bianca). Ebbene, quell’annullamento dello scrutinio non doveva avere luogo perché l’articolo 69 della Costituzione apostolica stabilisce che in nessun caso può essere annullata la votazione “qualora nello spoglio dei voti gli Scrutatori trovassero due schede piegate in modo da sembrare compilate da un solo elettore”. Due: durante la conta seguita a quella votazione le schede sono state aperte, al punto da scoprire un foglietto vergato e l’altro bianco. Ciò è impedito dalle norme, che prevedono che le schede vengano aperte solo durante lo scrutinio. Tre: dopo l’annullamento della suddetta votazione, quel 13 marzo 2013 si è proceduto a una quinta votazione (proprio quella in cui è stato eletto Bergoglio), laddove la Costituzione apostolica prevede che si debbano fare solo quattro votazioni al giorno, due al mattino e due al pomeriggio. Vorrei chiarire che non si tratta di semplici cavilli, ma di questioni sostanziali, che determinano la realtà, cioè l’elezione o meno di un Papa. Su queste basi fondate, mi domando: “Possiamo ritenere l’elezione di Bergoglio non valida?”.
    Alcuni commentatori hanno messo in discussione il capitolo sull’invalidità dell’elezione del Papa, in quanto non terrebbe conto che nella procedura dell’elezione annullata è stato seguito correttamente l’art. 68 della Costituzione apostolica. Come risponde?
    L’articolo 68 riguarda i casi generici in cui nell’urna si trova una scheda in più: allora sì, succede che “se il numero delle schede non corrisponde a quello degli elettori, bisogna bruciarle tutte e procedere subito a una nuova votazione”. La vicenda di cui sopra riguarda invece il caso specifico in cui un cardinale inserisce per sbaglio due schede attaccate nell’urna. Allora, come recita la Costituzione apostolica, in nessun caso viene annullata la votazione. L’articolo 68 e 69 non sono dunque in contraddizione: il primo serve a evitare che un cardinale voti due volte, falsando l’elezione. Il secondo scongiura invece il rischio che un cardinale saboti l’elezione, di volta in volta aggiungendo una scheda in più per annullare automaticamente lo scrutinio.
    Veniamo alle critiche che Lei muove all’approccio di Bergoglio nei confronti dei fedeli e dei media. Da un lato, Le parla di un «culto della personalità» del pontefice, alimentato da telecrazia e demoscopia, fenomeno che lo stesso Papa ha definito «francescomania». Dall’altro, ricorda le parole di Bergoglio molto critiche verso «i Capi della Chiesa lusingati e malamente eccitati dai loro cortigiani». Non c’è tuttavia il pericolo che Francesco si compiaccia e divenga oggetto dell’adulazione, che lui stesso denuncia?
    È lo stesso Gesù nel Vangelo a dire “Guai a voi quando tutti gli uomini diranno tutti bene di voi” e “Beati voi, quando diranno ogni sorta di male contro di voi, per causa mia”. Qualunque cristiano dovrebbe essere molto cauto, quando viene troppo acclamato dal mondo. In pochi mesi, ad esempio, l’immagine di Papa Francesco è stata lanciata su tutte le copertine di giornali laicisti e anti-cattolici. Questo dovrebbe essere un campanello d’allarme. Se un anticlericale e un antipapista come Scalfari gloria di continuo Francesco, c’è qualcosa che non va. E il pontefice dovrebbe essere in grado di rifiutare gli applausi tendenziosi di chi prova a tirargli la tonaca da una parte e dall’altra. Anche perché i primi a trovarsi a disagio sono i cattolici, che si sentono dire da anti-cattolici convinti: “Il Papa la pensa come noi”. Ciò significa lasciare il proprio gregge allo sbando. E questo un pontefice non lo può fare.
    Come si possono spiegare le ripetute affermazioni incaute di Bergoglio sui temi dottrinali? Con una mancata preparazione teologica, con una leggerezza dovuta al fatto di parlare spesso a braccio o con un tentativo voluto di compiacere il mondo e le sue derive?
    Probabilmente, c’è una combinazione dei primi due elementi. Quanto al terzo, di sicuro Bergoglio preferisce dire cose gradite ai media laicisti e mantenersi sul politically correct. Trovo però sorprendente, riguardo al rigore dottrinale, che lui abbia teorizzato il pensiero incompleto. Cosa voglia dire non lo so, ma mi sembra preoccupante. Gli ho sentito negare due volte la moltiplicazione dei pani e dei pesci, derubricandola a una parabola, l’ho sentito rampognare coloro che fanno discorsi ortodossi, e l’ho sentito dire perfino che “Dio non è cattolico”, un’espressione mai ascoltata in duemila anni di cristianesimo. Se così fosse, ne deriverebbe che anche il suo portavoce sulla Terra, il Papa, non è cattolico. Ma come si fa a essere Papa, se non si è cattolico?
    Oltre alle parole del Papa, pesa anche il suo silenzio su alcuni argomenti scottanti. Bergoglio parla malvolentieri di etica e principi non negoziabili, accusando chi lo fa di esserne ossessionato, e tace sui cristiani perseguitati in Iraq e Siria. Questa sua reticenza si potrebbe definire un silenzio colpevole sugli innocenti (i feti uccisi, i cristiani massacrati ecc…)?
    L’aborto fa ogni anno 50 milioni di vittime in tutto il mondo, più i 50 milioni di donne che subiscono questo trauma. Gli ultimi due papi, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, hanno suonato forte l’allarme su questo dramma. Vuol dire forse che sono ossessionati? Allo stesso tempo, sento dire Bergoglio che la vera piaga della Chiesa è la maldicenza delle parrocchie. Mi verrebbe da ipotizzare di conseguenza che Papa Francesco sia a sua volta ossessionato dal tema della maldicenza, che non mi sembra esattamente il primo dei mali dell’umanità. Quanto ai cristiani cacciati e condannati a morte, durante la prima offensiva dell’Isis ad agosto, Bergoglio non ha mai usato l’espressione “cristiani perseguitati”, per non urtare la suscettibilità del mondo musulmano. Anche la sua posizione sul rifiuto a prescindere dell’uso della forza non è compatibile con la realtà. I predecessori di Francesco prevedevano l’uso della forza per difendere gli inermi da un ingiusto aggressore. Non puoi andare a convincere un terrorista con un’omelia. Puoi provare magari a parlare con il Califfo, ma difficilmente riuscirai a farlo desistere dai crimini solo con il dialogo.
    Lei nel libro allude anche ad alcune deviazioni liturgiche da parte di Papa Francesco: il trasformare le messe in musical, il non genuflettersi davanti al Tabernacolo. Anche qui si tratta di una rinuncia alla forma che intacca la sostanza?
    Sui riti cantati e i cori da stadio, mi riferisco soprattutto alla celebrazione di Rio de Janeiro durante la Giornata Mondiale della Gioventù. Anche il non inginocchiarsi durante l’Eucaristia o il rimanere in piedi durante la celebrazione del Corpus domini sono cose che lasciano stupiti. Mi è stato detto che Bergoglio non si inginocchia perché ha problemi all’anca. Eppure in tante altre occasioni, anche meno importanti, io l’ho visto inginocchiarsi…
    Ultimamente Francesco ha ripreso un’immagine di Benedetto XVI sulla Chiesa come barca che sta per affondare, sballottata dalla tempesta. E ha invitato a «remare tutti insieme sulla barca di Pietro», aggiungendo «io stesso remo». Il Papa rema come tutti i fedeli, ma non dovrebbe essere invece il timoniere della barca?
    La metafora della barca risale a Paolo VI, ancor prima che a Ratzinger. Papa Montini diceva che la barca della Chiesa rischiava il naufragio per cause dottrinali, per la perdita della fede, per l’attacco del mondo. Bergoglio invece non spiega cosa voglia dire quell’espressione né quale sia la causa dell’imminente naufragio. Perciò mi chiedo: a quale tempesta Francesco fa riferimento?
    Bergoglio ha scelto il nome Francesco, ma ha disgregato l’ordine dei Francescani dell’Immacolata. È un gesuita, ma non si attiene al voto dei gesuiti, che rifiutano di accettare cariche ecclesiastiche. È la conferma di un atteggiamento incoerente da parte del Papa, di un suo dire che non corrisponde al fare?
    Francesco, in un’omelia in Corea, ha criticato i religiosi che non rispettano il voto di povertà. Bene, ma anche lui aveva fatto voto di non accettare cariche ecclesiastiche, eppure è diventato pontefice. Infatti padre Sorge, già direttore di Civiltà cattolica, è rimasto stupito dalla sua scelta di accettare il Papato. In passato, è vero, un gesuita come il cardinal Martini aveva accolto la nomina cardinalizia, ma solo perché il Papa glielo aveva imposto per obbedienza (è questa, infatti, l’unica deroga possibile al voto). Nessuno invece ha imposto a Bergoglio di accettare la carica di Papa. Nel suo caso, dunque, quel voto che fine ha fatto?
    Il suo libro si occupa anche di Ratzinger e della sua rinuncia al papato. Quali possono essere, secondo Lei, le vere cause delle sue dimissioni? Forse la minaccia – a lui paventata – di uno scisma, della nascita di una Chiesa separata da Roma?
    Sinceramente non ho mai capito bene quel passaggio. Dubito che sia stata una scelta dettata solo dalla vecchiaia: Ratzinger è un uomo perfettamente in salute, se si considera che ha 86 anni, e non è certo la prima volta che un Papa raggiunge un’età come la sua…
    Come spiega, invece, la decisione di Ratzinger di rimanere papa emerito, conservando il grado, il titolo di «Sua Santità», la veste bianca e perfino lo stemma? È la dimostrazione che in realtà non esistono due pontefici, ma esiste ancora solo un papa, cioè Joseph Ratzinger?
    Tutti i papi che hanno rinunciato al pontificato prima di lui sono tornati cardinali, lui è rimasto papa emerito. E questa è una novità anche a livello giuridico, visto che non esiste una figura canonica del “papa emerito”. D’altronde, è singolare anche la sua declaratio, ossia il discorso con cui ha annunciato di lasciare il soglio petrino. Alcuni canonisti hanno scoperto che, in quel discorso, Ratzinger non fa alcun riferimento all’articolo che disciplina le dimissioni dal papato. Insomma: Benedetto XVI non ha inteso rinunciare al papato, ma solo al suo esercizio attivo. Questo potrebbe significare che lui è rimasto papa a tutti gli effetti. E la stessa rinuncia, in base alla formula pronunciata, sarebbe dunque invalidata. È evidentemente un groviglio giuridico e teologico da dipanare al più presto.
    Lei parla anche della possibilità che lo stesso Bergoglio si ritiri, una volta venuta fuori la storia sull’irregolarità della sua elezione. Si aspetta davvero che Francesco faccia un passo indietro e torni in Argentina?
    Tale possibilità l’ha alimentata lui stesso, ad esempio con gesti significativi come il rinnovo del passaporto argentino. Questo e altri segnali hanno fatto parlare dell’ipotesi che lui a 80 anni si ritiri e, a fronte della difficoltà di condurre la Chiesa, possa romanticamente tornare a Buenos Aires. Si tratta di un’ipotesi non peregrina.
    Si svolge questo mese il Sinodo sulla famiglia. Si aspetta che emerga e vinca la linea proposta dal cardinale Kasper, e secondo alcuni appoggiata da Bergoglio, sulla possibilità di accedere all’Eucaristia per i divorziati risposati?
    Durante l’ultimo Concistoro, l’85% dei cardinali ha bocciato questa linea, che forse coincide anche con la posizione di Bergoglio. Dovesse ora affermarsi, sarebbe una prospettive estremamente traumatica, che smentirebbe il Vangelo, San Paolo e il magistero stesso della Chiesa.
    Da ultimo, le chiedo del suo travaglio interiore nello scrivere questo libro. È pronto ad affrontare, oltre ai lupi – cioè i nemici di sempre – anche i gufi che magari si augurano, come lei scrive, il suo «suicidio professionale», e gli avvoltoi e gli sciacalli, che si avventeranno sul libro e sull’autore per farlo a pezzi?
    Sono da sempre abituato a scrivere quello che la mia coscienza mi dice. Nel 2006 scrissi un libro sul segreto di Fatima, e mi piovvero addosso invettive, contumelie. Poi però Papa Benedetto XVI mi diede ragione. Nel 2011 preannunciai su Libero che Benedetto si sarebbe dimesso, una volta compiuti gli 85 anni. Anche in quel caso ricevetti attacchi, cattiverie. Poi però la mia anticipazione si rivelò vera. Stavolta sta succedendo la stessa cosa: mi insultano ancora prima di leggere il libro. Tra qualche tempo però, chissà…
    Antonio Socci spiega perché ?Non è Francesco? | Le cronache di Papa Francesco

    Antonio Socci
    QUALCUNO (EMULATO POI DA QUALCHE INGENUO) SI E’ INVENTATO CHE IL MIO LIBRO “NON E’ FRANCESCO” SAREBBE PRESTO RITIRATO DAL COMMERCIO. E’ OVVIAMENTE UNA SCIOCCHEZZA SENZA ALCUN FONDAMENTO. STA TRANQUILLAMENTE IN QUALSIASI LIBRERIA.



    OGGI SAN PAOLO IN PERSONA RISPONDE AGLI INNOVATORI CHE AL SINODO VOGLIONO SOVVERTIRE L’INSEGNAMENTO DI CRISTO E DELLA CHIESA (ne consiglio la lettura ai padri sinodali e a papa Bergoglio)
    Puntuale con la Liturgia di oggi il Signore interviene e parla attraverso la lettera di san Paolo apostolo ai Gàlati:
    “Fratelli, mi meraviglio che, così in fretta, da colui che vi ha chiamati con la grazia di Cristo voi passiate a un altro vangelo. Però non ce n’è un altro, se non che vi sono alcuni che vi turbano e vogliono sovvertire il vangelo di Cristo.
    Ma se anche noi stessi, oppure un angelo dal cielo vi annunciasse un vangelo diverso da quello che vi abbiamo annunciato, sia anàtema! L’abbiamo già detto e ora lo ripeto: se qualcuno vi annuncia un vangelo diverso da quello che avete ricevuto, sia anàtema!
    Infatti, è forse il consenso degli uomini che cerco, oppure quello di Dio? O cerco di piacere agli uomini? Se cercassi ancora di piacere agli uomini, non sarei servitore di Cristo!
    Vi dichiaro, fratelli, che il Vangelo da me annunciato non segue un modello umano; infatti io non l’ho ricevuto né l’ho imparato da uomini, ma per rivelazione di Gesù Cristo”.
    Parola di Dio
    OGGI SAN PAOLO IN PERSONA RISPONDE AGLI INNOVATORI CHE AL SINODO VOGLIONO SOVVERTIRE L?INSEGNAMENTO DI CRISTO E DELLA CHIESA (ne consiglio la lettura ai padri sinodali e a papa Bergoglio) ? lo Straniero

  9. #159
    Forumista senior
    Data Registrazione
    15 Dec 2011
    Messaggi
    2,058
     Likes dati
    0
     Like avuti
    50
    Mentioned
    0 Post(s)
    Tagged
    0 Thread(s)

    Predefinito Re: Rif: Il Verbo di Dio si è fatto carne

    A Sua Santità Papa Francesco
    di L. P.
    Santità,
    sono rimasto interdetto, amareggiato e, soprattutto indignato quando Lei, il giorno 19 settembre, ricevendo in udienza personale il sindaco di Roma, il dr. Ignazio Marino fornito di incolta barba, e abbracciandolo e salutandolo con trasporto, gli ha detto, in stile cameratesco: “Con questa barba sembri un francescano”.
    Chissà perché m’è, all’istante, saltata in mente la dolorosa e mortificante vicenda dei Frati/Suore Francescani/e dell’Immacolata che Lei ha messo sotto frusta inquisitoriale, ravvisando, in quel suo plateale abbraccio e nella sua espressione amicale, un che di offensivo, di ingrato e di disdicevole verso i figli del santo di Assisi.
    La barba? Anche i talebani islamici sono barbuti, così come barbuti sono i rabbini talmudisti, così come barbuti sono i mormoni, così come barbuti sono i sikh, come barbute sono le capre. C’era, insomma, un vasto e ed appropriato repertorio a cui attingere. Ma no! Marino dava l’impressione di un “francescano” quasi che in Lei – e lo dico come mera osservazione psicologica – persistesse, e persista, inquietante, l’immagine dell’Ordine messo sotto sequestro.
    Vi ho visto – quale segno dei tempi maturi che Gesù ha descritto – la configurazione paradossale di una città, Roma, sede del Vicario di Cristo e della Cattedra del Successore di Pietro, governata da un sindaco ateo e, come in appresso noterà, apóstata e tuttavia famulo gradito nei sacri palazzi.
    Vi ho visto la predilezione che Lei, Santità, nutre in modo spettacolarizzato per personaggi quali il dr. Ignazio Marino, abortista, eugenista, divorzista, progay, di cui non le dovrebbero essere ignote le esperienze personali, politiche e sociali; nel segno cristiano: boy-scout-Agesci, studî presso l’Istituto cattolico De Merode, università al Sacro Cuore e pratica medica al cattolico Policlinico Gemelli in Roma; e nel segno ateo: relatore al Senato di proposte di legge pro/eutanasìa e dintorni, in piena visibilità e pieno coinvolgimento personale nella vicenda che vide la sventurata Eluana Englaro uccisa da una cultura obituaria alla qual cultura Lei, in questa udienza e con questo abbraccio, ha reso indiretto ma palese omaggio.
    Eppure, a ridosso della morte della giovane – martire per mano di quanti, come Ignazio Marino, predicano la “dignità della vita” arrogandosi il diritto di decidere come nascere e come morire – a ridosso di quella lacrimevole e vergognosa vicenda, dicevo, la Gerarchìa espresse esecrazione ed acerba condanna, così come testimonia il pur laicista giornale La Repubblica (9/7/2008). Ma il tempo, come si dice, è vorace e divora anche le cose recenti, sicché agli organi di stampa vaticani non è parso vero oscurare e velare, in questa circostanza, per intervenuto oblìo, i precedenti scontri, le intemerate e le invettive in cambio di reciproci sorrisi, pacche sulle spalle e complimenti con chi allora fu l’oggetto di quelle sante reprimende.
    Ho visto in lei, Santità, il pastore che ama ricevere ed abbracciare il lupo, il nemico di Dio, e, nel contempo, bastonare a sangue il mite gregge raccolto nell’ovile, cacciandolo dai recinti della sicurezza e disperdendolo. Solo che, in questa contingenza, non sono i nemici a colpire il pastore e a sparpagliare le pecore, ma è lo stesso pastore che si fa autore di simile inspiegabile ed imperdonabile crudezza.
    Una scena, questa sua, Santità, amplificata dai massmedia che ha mortificato le anime semplici e i credenti e, soprattutto, ha mortificato quei servi del Signore, i Francescani dell’Immacolata, accomunati, per quale riflesso associativo non si capisce, per un particolare fisico – la barba – a un soggetto miscredente, uno che, periodicamente accolto nelle sacre stanze, persiste tuttavia nel suo odio anticristiano che astutamente vela con modi garbati.
    Anzi, raddoppia il suo impegno nella lotta contro Dio, annunciando il gemellaggio osceno del “gay pride” romano con quello di San Francisco (USA). Ironìa di un disegno che unisce la Città Eterna a quella statunitense, quella che porta il nome del “poverello” e il suo, Santità, in un vincolo sozzo e satanico.
    Le riporto, per maggiore e puntuale conoscenza, la motivazione che, di questa sacrilega impresa, lo stesso Marino ha dato, e cioè: “Ancora una volta ribadiamo l’importanza del riconoscimento dei diritti e delle libertà di amare” (La Repubblica, 14/7/2014). Ed è notevole, Santità, e lo riporto quasi di passaggio, per curiosa connotazione, come il sindaco di Roma parli col NOI maiestatico mentre Lei, il Sommo Pontefice che riceve la sua dignità da Cristo, cioè dalla Santissima Trinità, abbandonata questa ieratica forma, usa il pronome IO. Tralascio, poi, il commento su quell’“amare” che suona blasfemo e inquinante.
    Tale annuncio è stato diramato alcuni giorni prima dell’udienza papale e dubitiamo, Santità, che gli organi preposti della Segreteria e della Sala Stampa vaticana non ne fossero a conoscenza. Ma la sua misericordia ha sorvolato su questa laida provocazione tanto che non le ha impedito di abbracciare il promotore. E a dimostrazione che nemmeno l’accostamento di costui a San Francesco gli abbia sortito nell’animo effetti benefici, quelli che Lei forse si augurava con il suo saluto, sta un’ulteriore iniziativa che, come scrivono i massmedia in data odierna, prevede la creazione, in Roma, di una “Zona dell’eros”, novella Babilonia.
    Questo è il personaggio, questa la sua fede, questi i suoi frutti.
    Ora Santità, non v’è chi non noti lo stridente atteggiamento suo, e della sua pastorale, ondeggiante tra le carezze che Lei riserva a una persona, come Ignazio Marino, in prima linea contro la legge di Dio, e la flagellazione a un Ordine religioso reo, secondo la sua visione conciliarista, di celebrare troppe Sante Messe secondo il Vetus Ordo e di non esporsi sufficientemente nel sociale, di non puzzare di pecora, di non spingersi verso le periferie.
    A prova che quanto in proposito scrivo non è fantasìa, le riporto la notizia, a Lei senz’altro nota, del divieto imposto a p. Serafino Lanzetta, frate francescano dell’Immacolata, teologo di finissima, solida e ortodossa cultura, di celebrare in Firenze la Santa Messa latina, quella che l’emerito pontefice Benedetto XVI ha dichiarato legittima e mai abrogata.
    Buon pastore con il sindaco romano, in libera uscita nel territorio del male e libero di compierne a ritmi continui, ma pastore crudo e duro con figli devoti, obbedienti, presenti e santi. Ma un pastore è buono non solo quando cura le pecore del suo ovile ma anche quando, per riportare nel recinto una pecora errabonda e sporca, usa anche i cani e, per purificarla, la tosa e la lava davanti a tutte le altre pecore. Ignazio Marino andava lavato e tosato, mentre invece Lei ha tosato, e fino a scorticarli, i Frati Francescani contro il saggio che dice: “Boni pastoris est tondere pecus non deglubere” (Svet. Tib. 32, 3). Ribaltando la parola evangelica del “figliol prodigo” pare che il vitello grasso, immolato ed imbandito per l’occasione, altri non sia che l’Ordine dei Francescani dell’Immacolata.
    Alla luce di questi eventi sembra – e lo dico come logica riflessione anche se aspra e apparentemente irriverente – che per accedere ad un’udienza così calda, affettuosa e amichevole come quella rilasciata al dr. Ignazio Marino o al dr. Eugenio Scalfari, i Frati dell’Immacolata dovrebbero mutare anagrafe ed iscriversi nei registri e nelle liste degli abortisti, dei pro-gay, divorzisti, eugenisti, che godono della frequente ospitalità nella casa di Pietro, e della sua amicizia. È un’amara riflessione ma coerente ed in linea con lo spirito rivoluzionario, ecumenistico e pastorale che caratterizza l’attuale suo pontificato.
    Che pena quel suo abbraccio e che sgomento per quella sua espressione!
    A Sua Santità Papa Francesco | Le cronache di Papa Francesco



    Cardinali rosso mogano et similia
    Di Antonio Margheriti Mastino,
    Tintura o parrucchino?
    Stavo guardando con un risolino maligno la foto del prefetto latinoamericano degli Istituti di vita consacrata, esponente di spicco della demagogia vaticana, strizzatore di occhiolini alle correnti ideologiche affini al marxismo dentro quella disastrata chiesa sudamericana, distrutta dagli stessi suoi vescovi che continuano indefessi e anzi che uno di loro l’hanno mandato pure a Roma come vescovo, premio per aver mandato in default la sua diocesi di Buenos Aires. Per giunta inquisitore spietato dei Francescani dell’Immacolata: troppo poco allineati all’andazzo generale.
    Sto parlando di quell’inqualificabile personaggio del cardinale Joa Braz de Aviz, guardavo la sua foto e ridevo, di pena e risentimento verso questo demagogo: quasi settantenne, i capelli tutti tinti color mogano. Così dicono gli osservatori. Io direi di più: più che capelli tinti, ho il sospetto essere un parrucchino il suo. Manco un cardinale del Settecento. La Chiesa dei poveri dice… poche volte il Vaticano è stato tanto cortigiano come in questi giorni. Siamo tornati persino ai parrucchini settecenteschi. Ma questa è una mia malignità: magari è solo una dozzinale tintura cardinalizia. Certo che presto passerà, il card. Braz, dal rosso mogano al rosso cardinale.



    Se solo lo incontrassi per strada a Roma (lo sappia il cardinale) con queste mie plebee mani gli strapperò il parrucchino o meno che sia dalla testa. In nome della “povertà”… predicata sempre agli altri, mai applicata a se stessi. Glielo strappo, lo getto a terra, ci sputo e salto sopra con sadica gioia.
    Francis: da Dio a Io
    Alla parola “Dio”, basta togliere solo una “D” e rimane un “IO”. Da Dio a Io, per usare le parole di uno dei laudatores di Bergoglio, Vito Mancuso. Del resto questo è il risultato ultimo del progressismo cattolico, del quale, ormai è indiscutibile, questo papa è espressione (ed è inevitabile per uno diventato prete nell’anno di dis-grazia 1968): passare da Dio a Io; almeno quanto il progressismo cattolico di qualche decennio fa, scaricando tutto sulle strutture sociali, o per meglio dire sugli astrattismi sociologici e ideologici, passava da Dio al “noi” sociologico, dall’uomo alla “massa”, l’uomo visto non più nella sua essenza divina ma come categoria sociale. Più o meno come lo vede Bergoglio.



    E infatti vedi che foto! Cosa c’è in effetti di maggior culto di se stessi, e solo di se’, della proiezione del proprio ego mediatico che indossare una sportiva stola con su scritto “Francis”? Si inizia con le chiacchiere sulla “chiesa povera” e si finisce per svuotarla per far spazio a nient’altro che a una persona e al suo Super-Io. Infatti non c’è più spazio manco per una croce, su quella stola: c’è posto solo per “Francis”. E questo è tutto. Da Dio a Io… cioè lui, Francis. E per arrivare a questo risultato desolante ha rifiutato tutti gli accessori, gli “orpelli”, le stole che invece che il suo nome in inglese, magari alludevano in latino al nome di Cristo.
    Sono i furbi scalatori che in questi mesi infestano il Vaticano come una corte settecentesca a fare certi doni a questo papa: si dicono “teniamolo buono adulandolo, imbavagliamolo con una sciarpa e facciamo come ci pare. Lui apprezza questi eccessi di adulazione, zitti e magnate rigà!”.
    Monaci secondo la Regola di Montanelli
    Mi piace leggere la storia del monachesimo: per nostalgia. Che gran cosa è stato: il titolo di un libro che ho nella mia biblioteca, ne riassume tutta l’epopea. “Monaci: Fuggirono il mondo, salvarono la civiltà, custodirono il mistero”, di Gregorio Penco, benedettino lui pure. Una storia meravigliosa, la più bella mai accaduta nella storia della cristianità e del mondo.
    Chi oggi si illudesse di ritrovare nella maggior parte dei restanti monasteri, abbazie quelle atmosfere fervide, quella fede silente e bruciante, un opificio di scienza, un’alternativa al mondo o addirittura semplicemente una cultura, s’illuderebbe. Vi ritroverebbe invece tutta l’agonia del lassismo, quei fenomeni di morte che si palesano nella rovina melanconica e stravagante: desolati gruppi sovente senescenti di gente senza più alcuno scopo, zelo, timor di Dio; una pensione di eccentriche femmine fatali all’ultimo stadio; e fra i benedettini, che un tempo ebbero il carisma di servire il Signore da signori, combriccole impenitenti di progressisti circensi ossia, in una parola, di omosessuali a livello psicologico o anche pratico. Quanto a cultura, lasciate perdere: c’è spettacolo d’addio, magari pure ancora si fa qualche liquore che sospetti essere diventato la bevanda principale degli stessi monaci; ma la cultura andate a cercarvela in qualche università pubblica non nelle abbazie. A Farfa vendono persino scatolette vuote piene di “aria di Farfa”: neppure Totò che cerca di vendere la Fontana di Trevi al turista gonzo.
    Lasciate stare, aspettiamo che muoiano, del resto il monachesimo è morto e sepolto da secoli, più che da decenni. Sopravvive a macchia di leopardo laddove volenterosi monaci timorati di Dio, pochi e giovani, hanno ripristinato più o meno l’antica regola se non proprio l’antico rigore. Come a Norcia. Tutto il resto è noia e cialtroni.
    Proprio l’altro giorno mi manda una mail uno scrittore cattolico, a riconferma di tutto quanto vi dico e penso. Mi scrive:
    «Casualmente, casco sul sito dei Canonici Regolari Premonstratensi (un ordine di semi clausura) che si sono installati nella celebre abbazia di Mirasole, alla periferia Sud di Milano. Come i benedettini hanno i pranzi in comune ma in silenzio, ascoltando un confratello che fa una lettura di alta spiritualità. Veda di che cosa nutrono cuore, anima, mento i Canonici Regolari in questo mese…».
    Si nutrono de “L’Italia dei secoli d’oro” di Montanelli, in coppia con quel massone di Roberto Gervaso. Che di per sé non fa ridere tanto perché nulla c’entra con la spiritualità; soprattutto perché nulla c’entra manco con la storiografia. Neppure alle scuole medie… Questo è quel che resta del “monachesimo”, signori.
    Cardinali rosso mogano et similia | Qelsi





    BERSAGLIATO PER IL LIBRO IN CUI SOSTIENE CHE L’ELEZIONE A PAPA DI BERGOGLIO E’ NULLA, SOCCI RILANCIA: “SENZA NEANCHE AVER LETTO IL LIBRO SONO STATO COPERTO DI VOLGARITÀ. MA IL CORAGGIO E LA LIBERTÀ NON TUTTI SE LA POSSONO PERMETTERE”
    Dalla pagina facebook di Antonio Socci
    Nel 2006 col libro “Il quarto segreto di Fatima” posi un problema che attirò su di me insulti, invettive e anatemi (da ecclesiastici e annessi). Passarono quattro anni e il 13 maggio 2010, a Fatima, papa Benedetto XVI in persona confermò i punti più importanti delle mie ipotesi, smentendo addirittura il suo Segretario di Stato.
    Nel settembre 2011 su “Libero” detti la notizia che Benedetto XVI si sarebbe dimesso dopo il suo 85° compleanno. Anche quella volta mi riempirono di cattiverie e volgarità. Ma, nel febbraio 2013 (cioè due mesi prima di compiere 86 anni) Benedetto XVI ha fatto proprio la rinuncia che avevo annunciato.
    Stavolta, senza neanche aver letto il mio libro “Non è Francesco”, sono stato coperto di biliose volgarità. Non gliene voglio. Il coraggio e la libertà intellettuale non tutti se li possono permettere e - come diceva Mario Hrvat – “l’invidia è la consapevolezza della propria mediocrità”.
    Qua sotto anticipo le prime tre pagine del capitolo del mio libro che riguarda il Conclave del 2013 (anticipate oggi anche da "Libero"). I fatti che fanno ipotizzare la nullità dell’elezione di papa Francesco.
    Estratto dal libro di Antonio Socci, "Non è Francesco" (Mondadori)
    Quel pomeriggio del 13 marzo 2013 a Roma pioveva. Non tanti si aspettavano una fumata bianca dal comignolo della Cappella Sistina perché il Conclave era solo al secondo giorno. Invece fu annunciato l’«Habemus papam». Era stato eletto il cardinale argentino Jorge Mario Bergoglio. Alla quinta votazione, si disse. Ma dopo qualche tempo si è saputo che in realtà fu eletto alla sesta, che non doveva essere fatta in quel pomeriggio.
    Cosa era accaduto? Elisabetta Piqué è una brava giornalista argentina, lavora per il quotidiano «La Nación» di Buenos Aires occupandosi del Vaticano (e dell’Italia) ed è collaboratrice della Cnn in lingua spagnola e di Deutsche Welle. È molto amica, da anni, di Bergoglio, è addirittura la sua biografa.
    Anzi, a leggere il libro “Francesco. Vita e rivoluzione” si nota un tono decisamente apologetico. Nelle pagine dedicate alle fatali ore del Conclave, la Piqué descrive l’andamento delle votazioni, delle diverse candidature, le reazioni e alle pagine 39 e 40 – fra l’altro – riferisce in poche righe un fatterello curioso relativo proprio alla quinta votazione: “Dopo la votazione e prima della lettura dei foglietti, il cardinale scrutatore, che per prima cosa mescola i foglietti deposti nell’urna, si accorge che ce n’è uno in più: sono 116 e non 115 come dovrebbero essere.
    Sembra che, per errore, un porporato abbia deposto due foglietti nell’urna: uno con il nome del suo prescelto e uno in bianco, che era rimasto attaccato al primo. Cose che succedono. Niente da fare, questa votazione viene subito annullata, i foglietti verranno bruciati più tardi senza essere stati visti, e si procede a una sesta votazione”.
    È precisamente da questa sesta votazione che uscirà eletto Bergoglio. Il fatterello a prima vista sembra far parte dell’aneddotica. Un vaticanista amico della giornalista argentina e molto vicino, anch’egli, a papa Bergoglio, alle cui stanze ha accesso, Andrea Tornielli, su «Vatican Insider», il 16 novembre 2013, all’uscita del libro della Piqué, firma un’anticipazione dove illustra tutti i pregi del volume e fra l’altro riporta (come un piccolo scoop) l’episodio inedito rivelato dall’autrice. Il libro ha un «lancio» in pompa magna sui media vaticani, quasi da biografia ufficiale. Infatti il 19 novembre 2013 la Piqué viene intervistata dalla Radio Vaticana, diretta da padre Federico Lombardi. Mentre il 16 novembre già «L’Osservatore Romano» aveva esaltato il volume lasciando pensare che lo stesso Bergoglio ne fosse la fonte privilegiata: “È un Bergoglio raccontato di prima mano, diretto e vero, quello che esce dalle pagine di Elisabetta Piqué, nel libro Francisco, vida y revolución (in libreria in Italia dal 21 novembre per le edizioni Lindau con il titolo Francesco. Vita e rivoluzione).
    Sette mesi d’inchiesta «vecchio stile», cercando conferme e incrociando fonti in 373 pagine ricche di dettagli inediti sul Conclave e sulla vita di Jorge Bergoglio. Pagine per capire Francesco, il Papa che telefona, scrive e parla chiaro.” È un po’ curioso l’elogio dei dettagli inediti sul Conclave fatto dall’«Osservatore» (dal momento che vigerebbe il segreto pontificio e sarebbe peccato grave, anche da scomunica, il divulgarli all’esterno della Sistina), ma se davvero, come si lascia immaginare nelle righe precedenti, a svelarli è stato proprio Bergoglio non c’è violazione perché lui, in quanto Papa, non ha bisogno di autorizzazioni per parlarne.
    In ogni caso nessuno ha avuto nulla da ridire su quei dettagli del Conclave, che anzi sono stati tutti accreditati da queste incontestabili fonti. C’è solo un – per così dire – «piccolo» problema di cui nessuno finora sembra essersi accorto: stando ai fatti riferiti dalla Piqué – e così autorevolmente confermati – l’elezione di Bergoglio è nulla.
    Infatti l’articolo 69 della Costituzione apostolica Universi Dominici Gregis che regola il Conclave recita testualmente: «Qualora nello spoglio dei voti gli Scrutatori trovassero due schede piegate in modo da sembrare compilate da un solo elettore, se esse portano lo stesso nome vanno conteggiate per un solo voto, se invece portano due nomi diversi, nessuno dei due voti sarà valido; tuttavia, in nessuno dei due casi viene annullata la votazione».
    La prima violazione delle norme che si può intravedere è quindi l’aver annullato una votazione che doveva essere ritenuta valida e scrutinata. Ma come se non bastasse si può ravvisare una seconda violazione, perché si è proceduto con una nuova votazione – la quinta di quel giorno (proprio quella che ha eletto Bergoglio) – laddove la stessa Costituzione apostolica prescrive invece che si debbano fare quattro votazioni al giorno, due al mattino e due al pomeriggio (articolo 63).
    Perché si tratterebbe di violazioni che comportano la nullità dell’elezione? Perché l’articolo 76 della Universi Dominici Gregis afferma: «Se l’elezione fosse avvenuta altrimenti da come è prescritto nella presente Costituzione o non fossero state osservate le condizioni qui stabilite, l’elezione è per ciò stesso nulla e invalida, senza che intervenga alcuna dichiarazione in proposito e, quindi, essa non conferisce alcun diritto alla persona eletta».
    Né è possibile che il Conclave abbia potuto cambiare «in corsa» quelle norme perché Giovanni Paolo II, in quella Costituzione apostolica, ricorda più volte che il Conclave non ha assolutamente il potere di modificare le regole. Nemmeno votando all’unanimità.
    Quindi mi pare si possa concludere che l’elezione al Papato di Bergoglio semplicemente non è mai esistita. Non è nemmeno un problema sanabile a posteriori perché non si può sanare ciò che non è mai esistito. Che la regolarità canonica dell’elezione sia «conditio sine qua non» della sua validità, del resto lo dice la stessa formula rituale dell’«accettazione e proclamazione» dell’eletto. Infatti l’articolo 87 della Universi Dominici Gregis recita testualmente: “Avvenuta canonicamente [sic] l’elezione, l’ultimo dei Cardinali Diaconi chiama nell’aula dell’elezione il Segretario del Collegio dei Cardinali e il Maestro delle Celebrazioni Liturgiche Pontificie; quindi, il Cardinale Decano, o il primo dei Cardinali per Ordine e anzianità, a nome di tutto il Collegio degli elettori chiede il consenso dell’eletto con le seguenti parole: Accetti la tua elezione canonica [sic] a Sommo Pontefice?
    E appena ricevuto il consenso, gli chiede: Come vuoi essere chiamato? Allora il Maestro delle Celebrazioni Liturgiche Pontificie, con funzione di notaio e avendo per testimoni due Cerimonieri che saranno chiamati in quel momento, redige un documento circa l’accettazione del nuovo Pontefice e il nome da lui assunto”. Se non c’è la regolarità canonica non c’è stata nessuna elezione.



    Le Paoline censurano l’ultimo libro di Antonio Socci
    Ostacolata la vendita di “Non è Francesco”, il volume in cui lo scrittore cattolico pone dubbi sulla validità della rinuncia di Ratzinger e dell’elezione di Bergoglio. La replica: "Scelta editoriale".
    Antonio Socci pubblica un libro in cui mette in dubbio la regolarità canonica dell’elezione di Papa Francesco e le librerie delle Paoline lo boicottano. Non solo loro: da più parti d’Italia arrivano, infatti, segnalazioni sul fatto che il libro del noto scrittore e giornalista non è sugli scaffali di librerie di gruppi editoriali che fanno capo ad ordini religiosi. Qualche volta i commessi ricevono ordine di lasciare le copie in magazzino senza esporle e di venderlo solo su specifica richiesta del cliente, come accade in qualche libreria salesiana. Altrove, invece, il libro nei magazzini non c’è proprio, come nel caso delle librerie Paoline.
    Già negli scorsi giorni si era sparsa sui social network la notizia di un improvviso ritiro del volume da tutte le librerie italiane, ma era stato lo stesso Socci a smentirle attraverso il suo profilo Facebook: “Qualcuno – aveva scritto – emulato poi da qualche ingenuo, si è inventato che il mio libro “Non è Francesco” sarebbe presto ritirato dal commercio. E’ ovviamente una sciocchezza senza alcun fondamento. Sta tranquillamente in qualsiasi libreria.” Ovviamente, a quanto si è scoperto poi, non “in qualsiasi libreria” e lo conferma direttamente suor Beatrice Salvioni



    responsabile delle librerie delle Paoline, che sul tema è tranciante: “Noi il libro di Socci non lo vendiamo perché è pieno di illazioni. Abbiamo nei nostri punti vendita volumi degli autori più vari, che parlano anche di temi scottanti, ma i loro testi, pur controversi, sono ben documentati e propongono discussioni. Non è il caso del libro di Socci”.
    “Il direttore della libreria adiacente al Duomo di Napoli mi ha confermato la cosa giustificando il tutto come "scelta editoriale" – denuncia Guido Izzo, che avrebbe voluto acquistare il libro. La morale della favola è che alle Paoline puoi acquistare libri che propagandano lo gnosticismo, lo yoga, la magia, le altre religioni, l'ecumenismo più spinto ma non ci troverai l'ultimo libro del più noto scrittore cattolico italiano.” Lo stesso Socci accoglie la notizia con incredulità: “E’ una censura che non capisco – Alle Paoline, ad esempio, si trova di tutto, anche libri che mettono in discussione la fede cattolica, ma non il mio. Si tratta di decisioni frutto di mentalità bigotte.” Socci, autore di bestseller sulla fede e sulla Chiesa cattolica, sui segreti di Fatima e sulle apparizioni di Medjugorje, che hanno venduto centinaia di migliaia di copie, sostiene che “oggi nel mondo cattolico prevale il clericalismo, c’era più libertà intellettuale nei secoli scorsi, quando si poteva discutere liberamente della figura del Papa. Molti teologi di oggi mettono in discussione qualsiasi dogma, ma le scelte dei pastori sono intoccabili.”
    Antonio Socci accusa i suoi contestatori di non aver neppure letto il suo testo: “le prime critiche sono arrivate addirittura prima che fosse disponibile nelle librerie” chiarisce. “Non è Francesco” ha come sottotitolo “La chiesa nella grande tempesta” ed in esso Socci manifesta tutte le sue perplessità sull’inedita situazione della Chiesa con due Papi. “C’è il mistero delle dimissioni di Benedetto XVI: perché nella sua rinuncia ufficiale non fece alcuni riferimento al canone che regola il ritiro di un Papa? Secondo alcuni canonisti, Benedetto XVI non avrebbe rinunciato al papato ma solo al suo esercizio attivo. D’altronde, lui stesso non ha mai baciato l’anello piscatorio di Bergoglio, il quale si riferisce al suo predecessore chiamandolo ancora “sua santità”. Rispetto al conclave, poi, rilevo che le procedure di elezione sono dubbie e probabilmente invalide. Chi ha provato a contestarmi su questi temi negli ultimi giorni lo ha fatto in maniera dilettantesca”.
    Socci tiene a rimarcare che in “Non è Francesco” c’è molto di più di quello che vorrebbero far credere i suoi detrattori: “Analizzo la situazione attuale della Chiesa ed il percorso di Bergoglio, partendo dalla rinuncia di Benedetto e mi allargo ad alcune profezie che farebbero riferimento al momento attuale. Chiedo che si legga il libro prima di giudicarlo.”
    Le Paoline censurano l?ultimo libro di Antonio Socci: ?Parla male del Papa? | Fanpage
    Fanpage

    Antonio Socci: "Ecco chi sono i veri nemici della Chiesa
    Censurato il libro di Socci sul Papa: cosa la Chiesa non vuol farci leggere
    Vaticano, le Librerie Paoline non vendono il libro di Antonio Socci sul Papa
    Socci: "Nemmeno il Papa può dare la comunione ai divorziati"
    Antonio Socci: "Ecco chi sono i veri nemici della Chiesa
    Si dicono «cattolici aperti», moderni e progressisti e poi riesumano l’Indice, l'Index librorum prohibitorum. Più che indignare fa ridere la decisione delle Paoline di mettere al bando dai loro scaffali il mio libro «Non è Francesco». Ma la loro è una decisione prevedibile: il mio libro è cattolico, apostolico, romano e loro, evidentemente, con roba del genere non vogliono avere a che fare.
    Nelle loro vetrine puoi trovare Augias e don Gallo, Aldo Busi, Vito Mancuso e Odifreddi. O testi di buddhismo, new age o sinistrismo vario. Mica possono «sputtanarsi» con uno che difende tutta la dottrina cattolica ed ha Benedetto XVI, Giovanni Paolo II, Paolo VI come suoi fari.
    Se il mio libro avesse chiesto alla Chiesa di benedire le nozze gay, ordinare le donne prete o abolire il celibato dei preti non avrebbero avuto nulla da ridire. Magari sarei stato direttamente invitato a parlare al Sinodo visto l’andazzo tragicomico...
    Se poi mi fossi scatenato a predicare il più ecumenico dei dialoghi con l’Islam o con le ideologie «politically correct» le Paoline avrebbero venduto il mio libro senza problemi.
    Ma invece ho scritto un’apologia di Ratzinger e dei suoi predecessori, rilevando - con rispetto, ma anche con franchezza - la brusca e inspiegabile rottura di Bergoglio. Quindi è stata decretata per me la condanna: «Al rogo! Al rogo!».
    Suor Beatrice Salvioni, portavoce delle Paoline, bolla il mio libro come «integralista» e aggiunge: «Non ci piace», «non serve a costruire dialogo». In nome del «dialogo» mettono all’Indice un libro cattolico. I cattoprogressisti sono così: dialogano con tutti, islamici, atei, comunisti, mangiapreti e miscredenti, ma non con i cattolici.
    Le Paoline sono il simbolo perfetto dei tempi. Quelle che mi hanno messo all’Indice dalle loro librerie infatti sono le stesse Paoline che come editore hanno pubblicato e vendono i libri di padre Anthony De Mello. Questo gesuita indiano ha scritto molti libri dove sono state espresse idee su cui nel 1998 si è dovuta esprimere ufficialmente la Congregazione per la dottrina della fede presieduta dal Cardinale Ratzinger con l’approvazione di papa Giovanni Paolo II. In quella notificazione vaticana si legge che fin dalle prime opere di De Mello si può osservare «un progressivo allontanamento dai contenuti essenziali della fede cristiana. Alla rivelazione, avvenuta in Cristo, egli sostituisce una intuizione di Dio senza forma né immagini, fino a parlare di Dio come di un puro vuoto». Per il gesuita De Mello - dice la Santa Sede - «nulla si può dire su Dio, l’unica conoscenza è la non conoscenza. Porre la questione della sua esistenza, è già un nonsenso. Questo apofatismo radicale porta anche a negare che nella Bibbia ci siano delle affermazioni valide su Dio (…). In altri passi il giudizio sui libri sacri delle religioni in generale, senza escludere la stessa Bibbia, è anche più severo: esse impediscono che le persone seguano il proprio buonsenso e le fanno diventare ottuse e crudeli. Le religioni, inclusa quella cristiana, sono uno dei principali ostacoli alla scoperta della verità. Questa verità, d’altronde, non viene mai definita nei suoi contenuti precisi. Pensare che il Dio della propria religione sia l’unico, è, semplicemente, fanatismo. ’Dio’ viene considerato come una realtà cosmica, vaga e onnipresente. Il suo carattere personale viene ignorato e in pratica negato».
    De Mello si dichiara «discepolo» di Gesù, ma, prosegue Ratzinger, «lo considera come un maestro accanto agli altri (…). Non viene riconosciuto come il Figlio di Dio, ma semplicemente come colui che ci insegna che tutti gli uomini sono figli di Dio. Anche le affermazioni sul destino definitivo dell’uomo destano perplessità (…). In diverse occasioni si dichiara irrilevante anche la questione del destino dopo la morte. (…) secondo la logica dell’Autore qualsiasi credo o professione di fede sia in Dio che in Cristo non può che impedire l’accesso personale alla verità. La Chiesa, facendo della parola di Dio nelle Sacre Scritture un idolo, ha finito per scacciare Dio dal tempio. Di conseguenza essa ha perduto l’autorità di insegnare nel nome di Cristo». Ed ecco la conclusione solenne della Congregazione per la dottrina della fede: «Al fine pertanto di tutelare il bene dei fedeli, questa Congregazione ritiene necessario dichiarare che le posizioni su esposte sono incompatibili con la fede cattolica e possono causare gravi danni».
    Dopo un simile pronunciamento della Santa Sede - che mostra anche il grave naufragio teologico dei gesuiti moderni - le Paoline che oggi mettono me all’Indice, cosa hanno fatto? Hanno continuato a stampare e a vendere quei libri. Se andate nel sito delle Paoline sono esposti in bella mostra ben diciassette titoli di questo gesuita: pronti per l’acquisto online.
    L’autore è presentato così dalle Paoline: «Anthony De Mello. Gesuita indiano e mistico orientale. Ha consacrato la propria vita a guidare esercizi spirituali, divenendo ben presto un vero e proprio maestro. Le sue opere sono ispirate alla saggezza e alla mistica orientale. Molte sono diventate best-seller in vari Paesi del mondo». Non ci crederete, ma questa è la presentazione dell’autore su cui la Santa Sede ha espresso il giudizio che avete letto sopra. Per le paoline è «un maestro». Poi senza vergogna hanno messo al bando dai loro scaffali il mio «Non è Francesco» perché - dice suor Beatrice - è «un libro la cui tesi non è ufficiale, né dimostrata». Mi viene da pensare allora che considerano «ufficiali e dimostrate» le tesi di De Mello dal momento che lo stampano e lo vendono.
    La cosa surreale è che il mio libro non lo hanno nemmeno letto. Se infatti si riferiscono alla probabile invalidità del Conclave del 2013 si tratta di un capitolo di venti pagine su 280, e soprattutto non è una tesi. Trattasi di fatti e poi di domande a cui dare risposta. La mia inchiesta espone i dubbi evidenti sulla conformità delle procedure seguite con le norme stabilite da Giovanni Paolo II. Ma, come ho scritto nel libro, dopo aver fatto emergere il problema, aspetto che siano le autorità a dare risposta. Sono loro a dover spiegare se e come l’elezione di Francesco fu canonicamente corretta o no.
    Certo poi nel mio libro ci sono anche altre domande scomode sulle cose sconcertanti che il papa argentino ha detto e fatto in questo anno e mezzo. E soprattutto sono riportati i dubbi dei canonisti sulla «rinuncia» di Benedetto XVI, che non sarebbe una vera rinuncia al papato, ma al solo esercizio attivo. Tesi che trova conferma nella decisione di Ratzinger di restare «papa emerito». Questo cambierebbe totalmente lo scenario, mettendo ancor più in discussione la validità degli eventi successivi alla rinuncia stessa. Sono questioni di grandissima importanza che meritano attenta considerazione e che nel 2014 non si possono occultare con la censura. Io ho sollevato tutti questi problemi in modo corretto, rigoroso e rispettoso. E ora le Paoline vengono a dire che «abbiamo inviato una circolare a tutte le nostre sedi con questo invito. Non intendiamo promuovere un libro la cui tesi non è stata approvata e con accuse infondate».
    Ma approvata da chi? Sono a conoscenza che la Costituzione salvaguarda la libertà di parola e la libertà di coscienza senza approvazione preventiva di nessuno? E quali «accuse infondate» avrei lanciato? Me le mostrino, visto che io documento tutto quello che scrivo. Si chiedano piuttosto perché la settimana scorsa il mio libro è stato il più venduto nelle librerie cattoliche - come dice la classifica di Avvenire - nonostante sia uscito di venerdì. Del resto alcune librerie delle Paoline lo tengono nascosto e lo «spacciano» a richiesta come fosse merce pornografica o qualche «sostanza» proibita. La verità, si sa, è contagiosa. Genera uomini liberi, come dice Gesù nel Vangelo.
    Antonio Socci: "Ecco chi sono i veri nemici della Chiesa - Libero Quotidiano


  10. #160
    Forumista senior
    Data Registrazione
    15 Dec 2011
    Messaggi
    2,058
     Likes dati
    0
     Like avuti
    50
    Mentioned
    0 Post(s)
    Tagged
    0 Thread(s)

    Predefinito Re: Rif: Il Verbo di Dio si è fatto carne

    Il Vescovo di Milano e la seduzione del secolo
    di Patrizia Fermani
    L’arcivescovo di Milano, che un tempo infliggeva una penitenza esemplare all’imperatore che aveva violato i comandamenti di Dio, oggi assume il linguaggio fasullo del giuridichese televisivo degli Augias e delle Gruber, e auspica una veste giuridica per unioni che egli dovrebbe indicare come incompatibili con la morale cristiana…
    di Patrizia Fermani
    C’è stato un tempo in cui il papa ha scomunicato il re, e il vescovo ha inflitto all’imperatore una penitenza esemplare. Non è stato il papa a cambiare la dottrina per compiacere il potente Enrico che pure si era proclamato Defensor Fidei, ma è stato Enrico a doversi fare una chiesa su misura e a tagliare la testa al proprio riottoso cancelliere, che volle rimanere fedele alla Chiesa di Cristo e non adeguarsi a quella nuova di zecca varata dal sovrano.
    Il più grande predecessore dell’attuale arcivescovo di Milano inflisse una penitenza esemplare al grande imperatore cristiano che aveva ripagato l’uccisione del comandante militare della città di Tessalonica con una immane strage anche di persone innocenti.
    Quei papi e quei vescovi non potevano di certo barattare il Vangelo e i comandamenti con il vantaggio di una armonica coesistenza col potere politico. Non lo avrebbero immaginato possibile, e non entrava nelle aspettative della gente comune.
    Oggi no. La Chiesa si è “inginocchiata davanti al secolo”, come ebbe a dire fuori tempo massimo e anche un po’ spudoratamente un tardivo Maritain che a quell’inginocchiamento aveva contribuito in modo decisivo.
    Ma il secolo traduce le sue pretese e le sue voglie in leggi dello Stato avulse da qualunque criterio che non sia quello delle pretese e delle voglie del secolo. Perché, in un fatale circolo vizioso, lo Stato, avendo rinunciato ad avere punti di riferimento in una legge che lo precede come quella che invocava Antigone, soddisfa ogni richiesta in base a calcoli di convenienza politica o di imposizione mediatica.
    In questo scenario, la Chiesa inginocchiata davanti al secolo assume come proprio criterio etico quello adottato dallo Stato, mentre mette in cantina una missione che non le era stata conferita da uno qualunque, e che è la sola capace di assicurarle la sopravvivenza e la ragione di esistere. Cosa ci fa una Chiesa che parla il linguaggio della peggiore politica, che parla di diritto e di diritti senza più comprendere neppure la falsificazione del significato subita da queste parole profane? Che non riconosce più neppure il significato e i contenuti della legge divina?
    L’arcivescovo di Milano, che un tempo infliggeva una penitenza esemplare all’imperatore che aveva violato i comandamenti di Dio, oggi assume il linguaggio fasullo del giuridichese televisivo degli Augias e delle Gruber, e auspica una veste giuridica per unioni che egli dovrebbe indicare come incompatibili con la morale cristiana. Non solo. Si rammarica persino di non riuscire a suggerire le sigle più adatte per queste unioni che, una volta consacrate dalla legge, contribuiranno sicuramente alla salute morale della società come alle aspirazioni economiche dell’ignaro contribuente.
    Ambrogio, che pure era legato a Teodosio da una profonda virile amicizia, aveva detto: “Ci reca più gioia essere perseguitati dagli imperatori che essere amati da loro”. E Teodosio a sua volta potè dire: “Con fatica ho imparato la differenza tra imperatore e sacerdote, con fatica infatti trovai un maestro di verità. So che Ambrogio soltanto è degno di essere chiamato Vescovo”.
    In questi tempi violenti e confusi, in cui la violenza e la confusione si nascondono dietro la falsità delle parole di cui sono figlie, tutti vorremmo avere dei vescovi che fossero, per tutti, intrepidi maestri di verità.
    Il Vescovo di Milano e la seduzione del secolo ? di Patrizia Fermani | Riscossa Cristiana




    Resistere alla tendenza eretica.
    La relatio di Erdö cancella d’un colpo il peccato e la legge naturale
    di Roberto de Mattei su Il Foglio del 15-10-2014
    via Corrispondenza Romana
    Cancellato il senso del peccato; abolite le nozioni di bene e di male; soppressa la legge naturale; archiviato ogni riferimento positivo a valori quali la verginità e la castità. Con la relazione presentata al Sinodo sulla famiglia dal cardinale Péter Erdö, la rivoluzione sessuale irrompe ufficialmente nella Chiesa, con conseguenze devastanti sulle anime e sulla società.
    La Relatio post disceptationem redatta dal cardinale Erdö è la relazione riassuntiva della prima settimana di lavori del Sinodo e quella che orienta le sue conclusioni. La prima parte del documento, cerca di imporre, con un linguaggio derivato dal peggior Sessantotto, il “cambiamento antropologico-culturale” della società come “sfida” per la Chiesa. Di fronte a un quadro che dalla poligamia e dal “matrimonio per tappe” africani arriva alla “prassi della convivenza” della società occidentale, la relazione riscontra l’esistenza di “un diffuso desiderio di famiglia”. Nessun elemento di valutazione morale è presente. Alla minaccia dell’individualismo e dell’egoismo individualista, il testo contrappone l’aspetto positivo della “relazionalità”, considerata un bene in sé, soprattutto quando tende a trasformarsi in rapporto stabile (nn. 9-10).
    La Chiesa rinuncia ad esprimere giudizi di valore per limitarsi a “dire una parola di speranza e di senso” (n. 11). Si afferma quindi uno nuovo strabiliante principio morale, la “legge di gradualità”, che permette di cogliere elementi positivi in tutte le situazioni fin qui definite dalla Chiesa peccaminose. Il male e il peccato propriamente non esistono. Esistono solo “forme imperfette di bene” (n. 18), secondo una dottrina dei “gradi di comunione” attribuita al concilio Vaticano II. “Rendendosi dunque necessario un discernimento spirituale, riguardo alle convivenze e ai matrimoni civili e ai divorziati risposati, compete alla Chiesa di riconoscere quei semi del Verbo sparsi oltre i suoi confini visibili e sacramentali” (n. 20).
    Il problema dei divorziati risposati è il pretesto per far passare un principio che scardina duemila anni di morale e di fede cattolica. Seguendo la Gaudium et Spes, “la Chiesa si volge con rispetto a coloro che partecipano alla sua vita in modo incompiuto e imperfetto, apprezzando più i valori positivi che custodiscono, anziché i limiti e le mancanze” (ivi). Ciò significa che cade ogni tipo di condanna morale, perché qualsiasi peccato costituisce una forma imperfetta di bene, un modo incompiuto di partecipare alla vita della Chiesa. “In tal senso, una dimensione nuova della pastorale familiare odierna consiste nel cogliere la realtà dei matrimoni civili e, fatte le debite differenze, anche delle convivenze” (n. 22).
    E questo soprattutto “quando l’unione raggiunge una notevole stabilità attraverso un vincolo pubblico, e connotata da affetto profondo, da responsabilità nei confronti della prole, da capacità di resistere nelle prove” (ivi). Con ciò è capovolta la dottrina della Chiesa secondo cui la stabilizzazione del peccato, attraverso il matrimonio civile costituisce un peccato più grave del’unione sessuale occasionale e passeggera, perché quest’ultima permette con più facilità di ritornare sulla retta via. “Una sensibilità nuova nella pastorale odierna consiste nel cogliere la realtà positiva dei matrimoni civili e, fatte le dovute differenze, delle convivenze” (n. 36).
    La nuova pastorale impone dunque di tacere sul male, rinunciando alla conversione del peccatore e accettando lo statu quo come irreversibile. Sono queste quelle che la relazione chiama “scelte pastorali coraggiose” (n. 40). Il coraggio, a quanto sembra, non sta nell’opporsi al male, ma nell’adeguarsi ad esso. I passaggi dedicati all’accoglienza delle persone omosessuali sono quelli che sono sembrati più scandalosi, ma sono la logica coerenza dei principi fin qui esposti. Anche l’uomo della strada capisce che se al divorziato risposato è possibile accostarsi ai sacramenti, tutto è permesso, a cominciare dallo pseudo matrimonio omosessuale.
    Mai, veramente mai, sottolinea Marco Politi su “Il Fatto” del 14 ottobre, si era letta, in un documento ufficiale prodotto dalla gerarchia ecclesiastica, una frase del genere: “Le persone omosessuali hanno doti e qualità da offrire alla comunità cristiana”. Seguita da una domanda rivolta ai vescovi di tutto il mondo: “siamo in grado di accogliere queste persone, garantendo loro uno spazio di fraternità nelle nostre comunità?” (n. 50). Pur non equiparando le unioni fra persone dello stesso sesso al matrimonio fra uomo e donna, la Chiesa si propone di “elaborare cammini realistici di crescita affettiva e di maturità umana ed evangelica integrando la dimensione sessuale” (n. 51). “Senza negare le problematiche morali connesse alle unioni omosessuali si prende atto che vi sono casi in cui il mutuo sostegno fino al sacrificio costituisce un appoggio prezioso per la vita dei partners” (n. 52).
    Nessuna obiezione di principio viene espressa alle adozioni di bambini da parte di coppie omosessuali: ci si limita a dire che “la Chiesa ha attenzione speciale verso i bambini che vivono con coppie dello stesso sesso, ribadendo che al primo posto vanno messi sempre le esigenze e i diritti dei piccoli” (ivi). Nella conferenza stampa di presentazione, mons. Bruno Forte è arrivato ad auspicare “una codificazione di diritti che possano essere garantiti a persone che vivono in unioni omosessuali”.
    Le parole fulminanti di San Paolo secondo cui: “né immorali, né idolàtri, né adùlteri, né effeminati, né sodomiti, né ladri, né avari, né ubriaconi, né maldicenti, né rapaci erediteranno il regno di Dio” (I Lettera ai Corinzi, 6, 9) perdono di senso per i giocolieri della nuova morale pansessuale. Per essi bisogna cogliere la realtà positiva di quello che fu il peccato che grida vendetta al cospetto di Dio (Catechismo di san Pio X). Alla “morale del divieto” occorre sostituire quella del dialogo e della misericordia e lo slogan del 68, “vietato vietare”, viene aggiornato dalla formula pastorale secondo cui “nulla si può condannare”.
    Non cadono solo due comandamenti, il sesto e il nono, che proibiscono pensieri ed atti impuri al di fuori del matrimonio, ma scompare l’idea di un oggettivo ordine naturale e divino riassunto dal Decalogo. Non esistono atti intrinsecamente illeciti, verità e valori morali per i quali si deve essere disposti a dare anche la vita (n. 51 e n. 94), come li definisce l’enciclica Veritatis Splendor. Sul banco degli imputati non sono solo la Veritatis Splendor e i recenti pronunciamenti della Congregazione per la dottrina della Fede in materia di morale sessuale, ma lo stesso Concilio di Trento che formulò dogmaticamente la natura dei sette sacramenti, a cominciare dall’Eucarestia e dal Matrimonio.
    Tutto inizia nell’ottobre 2013, quando papa Francesco, dopo aver annunciato l’indizione dei due sinodi sulla famiglia, l’ordinario e lo straordinario, promuove un “Questionario” rivolto ai vescovi di tutto il mondo. L’uso mistificatorio di sondaggi e questionari è ben noto. L’opinione pubblica crede che poiché una scelta viene fatta dalla maggior parte delle persone, deve essere quella giusta. E i sondaggi attribuiscono alla maggior parte delle persone opinioni già predeterminate dai manipolatori del consenso. Il questionario voluto da papa Francesco, ha affrontato i temi più scottanti, dalla contraccezione alla comunione ai divorziati, dalle coppie di fatto ai matrimoni tra omosessuali più a scopo orientativo che informativo.
    La prima risposta pubblicata fu quella, il 3 febbraio della Conferenza Episcopale tedesca (“Il Regno Documenti”, 5 (2014), pp. 162-172) chiaramente resa nota per condizionare la preparazione del Sinodo e soprattutto per offrire al cardinale Kasper la base sociologica di cui aveva bisogno per la relazione al Concistoro che papa Francesco gli aveva affidato. Ciò che emergeva era infatti l’esplicito rifiuto da parte dei cattolici tedeschi “delle affermazioni della Chiesa sui rapporti sessuali prematrimoniali, l’omosessualità, i divorziati risposati e il controllo delle nascite” (p. 163). “Le risposte pervenute dalle diocesi – si diceva ancora - lasciano intravedere quanto è grande la distanza tra i battezzati e la dottrina ufficiale soprattutto per quanto riguarda la convivenza prematrimoniale, il controllo delle nascite e l’omosessualità” (p. 172).
    Questa distanza non veniva presentata come un allontanamento dei cattolici dal Magistero della Chiesa, ma come una incapacità della Chiesa a comprendere e assecondare il corso dei tempi. Il cardinale Kasper nella sua relazione al Concistoro del 20 febbraio definirà tale distanza un “abisso”, che la Chiesa avrebbe dovuto colmare adeguandosi alla prassi dell’immoralità.
    Secondo uno dei seguaci di Kasper, il sacerdote genovese Giovanni Cereti, noto per uno studio tendenzioso sul divorzio nella chiesa primitiva, il questionario è stato promosso da papa Francesco per evitare che il dibattito si svolgesse “in segrete stanze” (“Il Regno-Attualità” 6 (3014), p. 158). Ma se è vero che il Papa ha voluto che la discussione si svolgesse in maniera trasparente, non si capisce la decisione di tenere il Concistoro straordinario di febbraio e poi il Sinodo di ottobre a porte chiuse. L’unico testo di cui si è venuti a conoscenza, grazie al “Foglio”, fu la relazione del cardinale Kasper. Poi, sui lavori, è calato il silenzio.
    Nel suo Diario del Concilio, il 10 novembre 1962, padre Chenu annota questa frase di don Giuseppe Dossetti, uno dei principali strateghi del fronte progressista: “La battaglia efficace si gioca sulla procedura. È sempre per questa via che ho vinto”. Nelle assemblee il processo decisionale non appartiene alla maggioranza, ma alla minoranza che controlla la procedura. La democrazia non esiste nella società politica e tantomeno in quella religiosa. La democrazia nella Chiesa, ha osservato il filosofo Marcel De Corte, è cesarismo ecclesiastico, il peggiore di tutti i regimi. Nel processo sinodale in corso l’esistenza di questo cesarismo ecclesiastico è dimostrato dal clima di pesante censura che lo ha accompagnato fino ad oggi.
    I più attenti vaticanisti come Sandro Magister e Marco Tosatti hanno sottolineato come, a differenza dei Sinodi precedenti, in questo è stato fatto divieto ai padri sinodali di pubblicare i loro interventi. Magister, ricordando la distinzione fatta da Benedetto XVI tra il Concilio Vaticano II “reale” e quello “virtuale” che ad esso si sovrappose, ha parlato di uno “sdoppiamento tra sinodo reale e sinodo virtuale, quest’ultimo costruito dai media con la sistematica enfatizzazione delle cose care allo spirito del tempo”. Oggi però sono i testi stessi del Sinodo ad imporsi con la loro forza dirompente, senza possibilità di travisamento da parte dei media che si sono mostrati addirittura stupiti dalla potenza esplosiva della Relatio del card. Erdö.
    Naturalmente questo documento non ha alcun valore magisteriale. E’ anche lecito dubitare che esso rifletta il reale pensiero dei Padri sinodali. La Relatio prefigura però la Relatio Synodi, il documento conclusivo dell’assise dei vescovi.
    Il vero problema che ora si porrà è quello della resistenza, annunciata dal libro Permanere nella Verità di Cristo dei cardinali Brandmüller, Burke, Caffarra, De Paolis e Müller (Cantagalli 2014). Il cardinale Burke nella sua intervista ad Alessandro Gnocchi sul “Foglio” del 14 ottobre, ha affermato che eventuali cambiamenti alla dottrina o alla prassi della Chiesa da parte del Papa sarebbero inaccettabili, “perché il Pontefice è il Vicario di Cristo sulla terra e perciò il primo servitore della verità della fede. Conoscendo l’insegnamento di Cristo, non vedo come si possa deviare da quell’insegnamento con una dichiarazione dottrinale o con una prassi pastorale che ignorino la verità”.
    I vescovi e i cardinali, più ancora dei semplici fedeli, si trovano di fronte a un terribile dramma di coscienza, ben più grave di quello che dovettero affrontare nel XVI secolo i martiri inglesi. Allora infatti si trattava di disobbedire alla suprema autorità civile, il re Enrico VIII, che per un divorzio aprì lo scisma con la Chiesa romana, mentre oggi la resistenza va opposta alla suprema autorità religiosa qualora deviasse dal perenne insegnamento della Chiesa.
    E chi è chiamato a resistere non sono cattolici disobbedienti o del dissenso, ma proprio coloro che più profondamente venerano l’istituzione del Papato. Allora chi resisteva era consegnato al braccio secolare, che lo destinava alla decapitazione o allo squartamento. Il braccio secolare contemporaneo applica il linciaggio morale, attraverso la pressione psicologica esercitata dai mass-media sull’opinione pubblica.
    L’esito è spesso il crollo psico-fisico delle vittime, la crisi di identità, la perdita della vocazione e della fede, a meno che non si sia capaci di esercitare, con l’aiuto della grazia, la virtù eroica della fortezza. Resistere significa, in ultima analisi, riaffermare l’integrale coerenza della propria vita con la Verità immutabile di Gesù Cristo, capovolgendo la tesi di chi vorrebbe dissolvere l’eternità del Vero nella precarietà del vissuto.
    MiL - Messainlatino.it: Sinodo - de Mattei: "la relazione Erdo cancella il peccato e la legge naturale. Ma bisogna evitare l'eresia"

    La trahison des clercs: Jorge Bergoglio, aka Francesco
    Narra la leggenda che sette martiri dell'Asia Minore vennero murati vivi durante le persecuzioni anticristiane del terzo secolo. Non li colpì la morte, ma caddero miracolosamente in un lungo sonno e quando si risvegliarono, i Sette Dormienti di Efeso (così li denomina il martirologio) scoprirono stupefatti che erano trascorsi duecento e più anni, e che la Fede per cui erano stati perseguitati era divenuta religione ufficiale dell'Impero.
    Un analogo senso di attonita sorpresa, ma di segno opposto, coglie il sottoscritto alla lettura di certe dichiarazioni, perfino ufficiali, provenienti da chi dovrebbe rappresentare quella Fede per la quale i sette dormienti offersero la vita. San Girolamo racconta che un giorno il mondo intero ebbe un gemito e scoprì stupefatto di essere diventato ariano ("ingemuit totus orbis et arianum se esse miratus est"). Ecco, anche oggi ci ritroviamo dall'oggi al domani, nel breve volgere di un pontificato e senza capire perché, non più cattolici.
    Dite voi se non sembra di vivere in una distopia orwelliana, in cui il Ministero della Verità ha per compito l'eradicazione della verità storica e la propalazione delle bugie, quando vi tocca sentire il portavoce ufficiale vaticano, Padre Lombardi, equiparare l'estensione della Comunione ai bambini operata da San Pio X con quella, ora propugnata, ai bigami. C'è lo stesso grado di purezza e innocenza nelle due categorie, nevvero Reverendo?
    E che dire di frasi come queste (tratte dall'ufficialissima Relatio post disceptationem del Sinodo):
    - "Riguardo alle convivenze e ai matrimoni civili e ai divorziati risposati, compete alla Chiesa di riconoscere quei semi del Verbo sparsi oltre i suoi confini visibili e sacramentali". [20]
    - " Una sensibilità nuova della pastorale odierna, consiste nel cogliere la realtà positiva dei matrimoni civili e, fatte le debite differenze, delle convivenze" [36]
    - "se è possibile la comunione spirituale, perché non poter accedere a quella sacramentale?" [48] [Come se fossero la stessa cosa!]
    - "La questione omosessuale ci interpella in una seria riflessione su come elaborare cammini realistici di crescita affettiva e di maturità umana ed evangelica integrando la dimensione sessuale" [52] [ossia: i gay vanno apprezzati non tralasciando la loro sessualità, ma accettandola e "integrandola"]
    Ora, finché si diceva che le persone in stato di peccato vanno accolte ed amate, nulla quaestio. Del resto siamo tutti peccatori, anche perché Gesù ha posto l'asticella talmente in alto da rendere inevitabili le cadute ("siate perfetti come il Padre vostro celeste..."). L'importante è essere consapevoli del nostro peccato e non pretendere di giustificarlo come cosa buona e lecita. Cristo salva e perdona l'adultera; epperò aggiunge una frasetta poco consona col pensiero giustificazionista attuale: "va' e non peccare più!". Non si mette a discettare sul fatto che, anche perseverando nell'adulterio, la donna potrebbe trovare semina Verbi e comunione ecclesiale, seppure imperfetta...
    Invece nel Sinodo in corso il piano è ribaltato: dall'accoglienza del peccatore si passa ad accogliere il peccato. Il comportamento finora ritenuto contrario ai comandamenti di Dio diventa in se stesso qualcosa di positivo e buono (il titolo di un paragrafo è appunto: "il positivo nelle unioni civili e convivenze"). Si aggiunge poi, con tipica ipocrisia curiale, che resta più lodevole il matrimonio 'tradizionale'; quello, sapete, di cui quel Gesù Cristo, bigotto e sessualmente represso, predicava l'indissolubilità: roba buona magari ai suoi tempi, non certo nell'attuale "contesto socio-culturale", poiché "il cambiamento antropologico-culturale oggi influenza tutti gli aspetti della vita e richiede un approccio analitico e diversificato, capace di cogliere le forme positive della libertà individuale" [§ 5 Relatio].
    Il problema è che se un'istituzione religiosa contraddice oggi quello che ieri affermava, perde ogni credibilità, che è il fondamento della religione stessa.
    Ma Bergoglio in tutto questo?
    Ha tolto la maschera e non si perita nemmeno di nascondere che c'è lui dietro questo delirio, seguito da molti aspiranti carrieristi (Bruno Forte per primo) e da alcuni genuini rivoluzionari. Il card. Kasper aveva già svelato il giochino quando, furioso di fronte ai primi segni di resistenza ortodossa, si era lasciato scappare che chi si metteva contro di lui si metteva contro il papa. Quest'ultimo comunque, per essere ancor più chiaro nella scelta di campo e per intimidire i dissenzienti, non fa che martellare quotidianamente, dall'hangar di Santa Marta, con espliciti inviti alla audacia e creatività dottrinali, accusando quelli che considerano "in pericolo la dottrina, che loro, i teologi, avevano fatto nei secoli", "di essere chiusi, di non essere capaci di conoscere i segni dei tempi, di non essere aperti al Dio delle sorprese".
    La strategia bergogliana era comunque già ben chiara, fin da quando prese l'inusitata decisione di inviare un questionario ai fedeli (scelti chissà come: io non sono stato interpellato), perché lui sa - Marx aveva ragione! - che la dottrina è un epifenomeno che muta secondo la prassi di un dato momento storico. E la prassi, come attesta il sondaggione, ci dice che la famiglia tradizionale va a puttane e il matrimonio, ormai, è ambìto solo dai gay.
    Se Paolo VI avesse fatto un sondaggio, avrebbe poi firmato l'Humanae vitae? Se Paolo III, nel '500, avesse interpellato i fedeli spagnoli e portoghesi (diventati improvvisamente ricchi con l'inumano sfruttamento delle Americhe), avrebbe mai scritto la bolla Veritas ipsa, con cui scomunicava chi riduceva esseri umani in schiavitù? Condanna ribadita tra l'altro dal reazionario Gregorio XVI con il breve In supremo apostolatus, che gli procurò l'odio di tutti gli allora numerosissimi schiavisti; i quali, nemmeno allora, erano stati consultati da quel papa illiberale...
    Veritas ipsa, si chiamava quel documento di Paolo III, che in nome dell'immutabile Verità sfidava il comune sentire del mondo di quel XVI secolo. Ma quid est veritas, si chiedeva Pilato? La risposta ce la darà Superman Bergoglione, con i suoi superpoteri fatti di questionari, di sorprese e di audace creatività. Del resto, un vicario di Cristo potrà ben sovvertire i comandamenti di Cristo, no? Un suggerimento: perché non sondare la gente anche sull'aborto e, magari, sull'infanticidio di neonati malformati? In verità l'han già fatto, almeno in Italia, con un referendum. E allora, quante belle sorprese ci può ancora fornire, santità.
    MiL - Messainlatino.it: La trahison des clercs: Jorge Bergoglio, aka Francesco

    CLOACHE D’IMPURITÀ
    F.COLAFEMMINA
    “Cloache d’impurità”: così la Madonna a La Salette, più di 150 anni fa. Se erano considerate cloache d’impurità già allora figuriamoci quale sarebbe oggi il giudizio della Vergine sul clero di Santa Romana Chiesa. “Ma va là – risponderà qualcuno – queste visioni apocalittiche sono ormai superate per sempre, erano espressione di una Chiesa gretta e retrograda che si affidava alle presunte profezie di pastori e ignoranti, oggi tutto è cambiato… oggi guardiamo al Sinodo come all’inizio di una nuova Chiesa”.
    Certo, il Sinodo. Quello in corso non è che un momento nel processo di creazione della nuova anti-chiesa, il migliore fra i tanti possibili, perché si prendono due piccioni con una sola fava: da un lato l’esaltazione della presunta collegialità con l’intento di ammorbidire il primato petrino, dall’altro l’utilizzo di uno strumento di governo della Chiesa divenuto ordinario dopo il Concilio. Dunque in apparenza nessuna rottura.
    Nella realtà tornerei volentieri al 2005 e con somma gioia mi piacerebbe osservare cosa sarebbe accaduto con l’elezione già allora dello sconosciuto ed arcigno Bergoglio. Secondo voi costui avrebbe potuto metter su tutta questa pantomima del Sinodo a pochi mesi dalla morte di Giovanni Paolo II? Di sicuro no. I novatores che sedevano in conclave nel 2005 sapevano di non poter contare su una risposta indolore da parte del mondo cattolico che inneggiava alla santità immediata di papa Wojtyla. Serviva tempo. Per questo, quasi all’improvviso, decisero di spostare una parte decisiva dei loro voti su Ratzinger. E magari fecero giungere all’orecchio del Cardinal Prefetto dell’ex Sant’Uffizio il desiderio che raggiunti gli 85 anni desse le dimissioni. Desiderio mai espresso apertamente che tuttavia a ridosso del 2012 si è fatto impellenza. Come se tutti gli ingranaggi dell’orologio mondialista si stessero sincronizzando per far scoccare un’ora precisa, era necessario che Benedetto prima del sopraggiungere di quell’ora si dimettesse.
    Le sue dimissioni, apparse come un’evidente sconfitta di una “linea” opposta a quella di coloro che oggi trionfano nel Sinodo, hanno scoperchiato il vaso di Pandora. Attraverso il superamento di Benedetto e di Giovanni Paolo II, quest’ultimo canonizzato per mostrare una continuità apertamente violata (così come a breve sarà beatificato Paolo VI, tanto per ridurre i concetti di santo e beato al livello delle divinizzazioni degli imperatori romani), si giunge così ai fatti di questi giorni. Alcuni saggi e pragmatici cardinali di lungo corso come Ruini comprendono bene che lungi dall’essere una soluzione per una Chiesa in sintonia col mondo, l’approccio dell’anti-chiesa di Bergoglio rischia di essere una disfatta, meglio una aperta dichiarazione di “ipocrisia” agli occhi del mondo. Ma al vescovo di Roma e alla sua schiera di lacchè poco gliene cale!
    Il loro intento è adeguare la Chiesa al mondo, eliminare ogni argine, ogni barriera. In poche parole tradire apertamente Cristo e sconfessare il magistero della Chiesa. Ciò non accadrà probabilmente in maniera netta e definitiva, bensì attraverso il ricorso ad ambiguità di varia natura in una perpetua rincorsa fra emuli del papa ciarliero nel torneo che sembra premiare chi la spara più grossa.
    La tristezza di questa chiesa gerarchica che si presume aggiornata e pienamente svecchiata dal non certo giovane ex cardinale Bergoglio (dunque non un povero eremita vissuto in un isolato romitaggio fino all’età di 76 anni) è che si tratta di una chiesa che ama più se stessa dei propri figli. Ama in un estremo impulso egoistico e narcisistico la propria struttura di potere e non la salvezza di uomini e donne. Ama l’ideologia, la deformazione culturale di chi la guida più del magistero millenario. La politica e il consenso più del Vangelo. Dunque finisce per edulcorarlo ed ha persino l’ardire di piegarlo alle sue insane contorsioni. Come può la sposa di Cristo esser tale quando finisce per contraddire Cristo, per gioire delle masse che offrono il loro consenso entusiasta, o dell’adeguamento ai poteri mondani, senza essere contestata, schernita, oltraggiata? La Chiesa è viva quando è ai margini della società, quando vive le ferite, le persecuzioni che nascono dal rifiuto del mondo, dall’odio del mondo. Al contrario la Chiesa diventa simile a Giuda perché cerca soltanto il compromesso col mondo, non vive la gloria del martirio, ma l’ebrezza degli applausi.
    Questa, signori miei, altro non è che l’apostasia. Una mamma che non ricorda al proprio figlio di mettere il cappotto quando fa freddo o che non lo rimprovera quando si accinge a intraprendere un gioco pericoloso è una mamma che non ama il proprio figlio, che è indifferente alla sua creatura, per quanto questa possa rifiutarsi di seguire i consigli della mamma. Allo stesso modo una Chiesa capace di dire sempre di sì, utilizzando il comodo stratagemma della misericordia, accidia di chi sospende il giudizio perché rifugge le responsabilità, è una Chiesa che da madre trascende al livello di meretrice. Si vende sulla strada per un briciolo di notorietà e di consenso mondano. Non sarà più una buona madre perché smette di dire i suoi no con chiarezza e decisione. E’ una chiesa-burocratica che non ama i suoi fedeli, ma solo se stessa. Ma lasciatemi tornare al tema della responsabilità: è questo il punto centrale. Se nella nostra società tutti rifuggono dalle responsabilità e dalla conseguente coerenza negli stili di vita e nell’azione quotidiana, così anche la Chiesa non vorrà più assumersi responsabilità per paura di essere aggredita, giudicata, vilipesa, per l’evidente incoerenza dei membri della sua gerarchia.
    Dopo decenni di seminaristi dalle chiare tendenze omosessuali ascesi ai livelli più alti delle gerarchie vaticane si poteva forse immaginare una Chiesa che non aprisse ai gay? Che non sputasse sulla famiglia “tradizionale” con la solita gnostica passione per le aberrazioni che contraddistingue Bergoglio? No, non si tratta di andare verso i reietti o gli emarginati perché è evidente che oggi gli emarginati sono gli sposi che si giurano fedeltà eterna, che fanno figli e resistono alle battaglie ideologiche di nuovi nazionalsocialismi mortiferi e alle condizioni di vita sempre più difficili per le famiglie nella società occidentale. Questi sono i reietti di oggi. Non certo gli omosessuali o i divorziati, non certo i conviventi e i libertini.
    Questa chiesa che apostatizza e viene portata in trionfo dal mondo dei media è la manifestazione istituzionale di una enorme, colossale cloaca d’impurità. L’impurità di chi passa con disinvoltura dall’esaltazione della Verginità di Maria alla piaggeria verso i doni degli omosessuali o le ricchezze delle coppie conviventi. Ma Maria potrà forse osservare con letizia quanto accade nelle ovattate stanze del Vaticano? Non piange forse la Vergine dinanzi al trionfo dell’apostasia?
    “I Sacerdoti, ministri di mio Figlio, i sacerdoti con la loro cattiva vita, con la loro irriverenza ed empietà nella celebrazione dei Santi Misteri, con l’amore per i soldi, con l’amore per l’onore ed i piaceri, i sacerdoti sono diventati delle cloache d’impurità. I sacerdoti domandano vendetta, e la vendetta è sospesa sulle loro teste. Guai ai preti e alle persone consacrate a Dio, che con la loro infedeltà e la loro cattiva vita, crocifiggono di nuovo mio Figlio! I peccati delle persone consacrate a Dio, gridano verso il cielo e richiedono vendetta, ed ecco che la vendetta è alla loro porta, non vi è infatti più alcuno che implori misericordia e perdono per il popolo; non vi sono più anime generose, non vi è più nessuno degno di offrire la Vittima senza macchia all’Eterno in favore del mondo. Dio colpirà in modo senza pari. Guai agli abitanti della terra! Dio darà fondo alla sua collera e nessuno potrà sottrarsi a tanti mali messi insieme.”
    Dal Messaggio della Madonna a Melania, La Salette, 1851.
    Cloache d'impurità | Fides et Forma

    Per l'arcivescovo di Kiev occorre insegnare il catechismo al Papa
    Questo è il concetto espresso dalle parole del coraggioso Arcivescovo Maggiore di Kiev, come le riporta Mattuzzi su Il Foglio, dette nel corso dell'accesa discussione, per non dire aperta rivolta, con cui i Padri Sinodali si sono alla fine imposti al card. Baldisseri, a mons. Forte e al Papa:
    L’arcivescovo maggiore di Kiev, Svetoslav Shevchuk, parlava addirittura della necessità di “mandare un chiaro messaggio ai fedeli e al Papa” sul fatto che “la famiglia è l’unione stabile, fedele e sacramentale tra un uomo e una donna”.
    E' davvero la prima volta (e spero anche l'ultima) che mi capita di leggere che un presule ritenga indispensabile ribadire un argomento del catechismo con un messaggio chiaro rivolto non solo ai fedeli, ma anche al Papa. Quest'ultimo, che dovrebbe confermare i fratelli nella Fede, ha invece bisogno di essere confermato lui.
    MiL - Messainlatino.it: Per l'arcivescovo di Kiev occorre insegnare il catechismo al Papa

    È tempo di guardare in faccia alla realtà
    di Massimo Viglione
    Solo negli ultimi due giorni, ripeto: solo negli ultimi due giorni (per non farla troppo lunga, è già più che sufficiente), Papa Francesco ha ribadito, di persona e tramite i suoi più stretti collaboratori, una serie di dichiarazioni che meritano attenzione.
    Due giorni fa, a Santa Marta, ha affermato che i farisei, classe dirigente degli ebrei, chiudevano le porte al popolo di Dio che voleva seguire Gesù, riducendo tutto a precetti. E poi ha aggiunto: ma la salvezza viene da Gesù, non dai dirigenti, i quali «non credono nella misericordia e nel perdono: credono nei sacrifici». Ovviamente, se questo fosse riferito esclusivamente ai farisei, non vi sarebbe nulla da dire. Ma è ovvio, anzi, è conclamato, il riferimento al presente, al punto che non è possibile non notare che in pratica ha dato dei farisei a chi cerca di mantenere l’insegnamento tradizionale della Chiesa (ogni riferimento a cinque cardinali non è del tutto casuale) accusandoli anche di mancanza di carità.
    Il segretario cardinale Baldisseri da parte sua ha detto che il Papa aprirà sulle famiglie e ha aggiunto: «no alle porte finora rimaste chiuse». Ma soprattutto ha aggiunto: «e poi c’è anche uno sviluppo teologico, tutti i teologi lo dicono. Non è tutto statico, noi camminiamo nella storia, e la religione cristiana è storia, non ideologia (…) se neghiamo questo restiamo a duemila anni fa».
    Le parole di Baldisseri sono talmente allucinanti e contengono una tale caterva di eresie che si stenta a credere, nonostante l’inveterata esperienza che possiamo avere di ecclesiastici che dicono tali follie, che possa veramente aver detto ciò: mi viene da pensare che realmente non capisca quello che dice.
    Schematicamente ha detto le seguenti eresie e/o fesserie:
    1) tutti i teologi parlano di sviluppo della teologia: certo, ma ne parlano nel senso sovversivo e relativista che intende lui o nel senso della continuo approfondimento delle verità immutabili?
    2) La religione cristiana è storia: il Nostro si è dimenticato di mettere “nella”, appiattendo la Chiesa sulla storia (sorta di monismo gnostico) e cadendo così nello storicismo e quindi nel relativismo;
    3) parla di ideologia, come se la dottrina del Magistero universale fosse ideologia;
    4) si è dimenticato che è proprio lui e quelli come lui che si sono aperti all’ideologia della modernità e quindi al relativismo;
    5) non ha considerato che in tal maniera sta sostenendo che tutti i pontefici e padri e dottori della Chiesa si sono sbagliati in questi venti secoli, e in tal modo non capisce che allora anche Papa Francesco si può sbagliare e pertanto di conseguenza diventa lecito disobbedire;
    6) ma, soprattutto, non capisce che ha detto che chi si è sbagliato per primo è Gesù Cristo, il quale evidentemente parlava per gli uomini del suo tempo, e non per tutte le generazioni dei secoli futuri: conseguenza logica di questa idiozia è che Egli fu un semplice filosofo, per di più neanche non tanto preveggente;
    7) inoltre, non ha considerato che se passa il principio che Cristo parlava in maniera relativa, questo deve valere allora anche per qualsiasi altro insegnamento del Vangelo, che a questo punto è coinvolto in pieno nel “panta rei” del divenire.
    Mi sembra che questa possa essere definita senza ombra di dubbio ideologia del relativismo (o dittatura del relativismo, come disse qualcuno… che ora tace).
    Andiamo avanti. Fra le cose che Papa Francesco ha detto ieri sera in Piazza San Pietro, dopo aver ricordato che la Chiesa deve seguire i sentimenti, i dolori e le gioie degli uomini di oggi, leggiamo che il Sinodo «è un’occasione provvidenziale per rinnovare la Chiesa e la società», un’occasione per non chiudersi dinanzi alle sfide di «questo cambiamento d’epoca». Poi parla di «gelidi chierici di Stato», di «carità creativa» e di «strade nuove e possibilità impensate». Il card. Bagnasco ha aggiunto: «Sentiamo di non dover combattere alcuna battaglia di retroguardia» (parole ambigue, dalla doppia valenza).
    Tutto questo solo negli ultimi due giorni, quelli precedenti il Sinodo (chi legge sa in cuor suo che potremmo riportare una caterva di citazioni simili a partire dalla primavera scorsa). Suona più come una dichiarazione di guerra a nemici interni che come una preghiera di ispirazione allo Spirito Santo.
    Un Sinodo che, come appare evidente, non è un sinodo di vescovi come gli altri, ma odora ogni giorno di più di “Concilio”. Forse, più propriamente, di “Ante-Concilio”, di preparazione a un Concilio. Oppure, per caso, non c’è più bisogno neanche del concilio per attuare la “carità creativa”, per aprirsi a “strade nuove e possibilità impensate”, “per rinnovare la Chiesa e la società”, per “farsi storia”? È forse la nuova scorciatoia per ribaltare tutto l’insegnamento bimillenario della Chiesa, e, in particolare, anche e proprio degli ultimi pontefici post-conciliari?
    Chi scrive ha sostenuto che questo sinodo non cambierà molto in realtà, perché i “novatori” sentono di avere i riflettori puntati addosso, e sanno che certi sconvolgimenti dottrinali devono essere fatti con prudenza e sottobanco (magari demanderanno la questioni ai vescovi giocando l’usuale carta della “pastoralità”, in modo da ottenere quello che vogliono in concreto e fare al contempo la parte dei moderati).
    In ogni caso, cosa faranno, come si regoleranno, quale escamotage troveranno per rimanere in pieno accordo dottrinale e spirituale con l’attuale pontefice, tutti quei cattolici legati alla fedeltà al Magistero Universale della Chiesa, legati sentimentalmente a Giovanni Paolo II e a Benedetto XVI, che per anni hanno scritto, parlato, insegnato e testimoniato, anche con grande carità e abnegazione, proprio tutto quello che i “novatori” di oggi vogliono sciogliere nel panta rei della storia, di una Chiesa fattasi storia?
    Ovviamente, ogni riferimento a persone reali non è del tutto causale. Ma la mia è una domanda retorica: conosciamo già bene la risposta. È appunto la vittoria del “panta rei”, questa volta non per ragioni ideologiche, ma molto ma molto più individualiste. E, in alcuni singoli casi, meschine.
    Se costoro avranno pochi problemi a tradire tutta una vita, se stessi e la propria fede, i prossimi mesi e forse anni saranno tempi duri per tutti coloro che invece in buona fede soffrono e soffriranno le estreme conseguenze della Crisi della Chiesa. Che, come ogni male, non passa rimanendo in silenzio e facendo finta di non capire. Stanno per arrivare i giorni delle scelte radicali. Per fortuna per noi laici, i primi a doverle fare sono gli ecclesiastici. E noi li stiamo aspettando al varco. Da decenni. E ora il varco sembra ogni giorno più vicino.
    È tempo di guardare in faccia alla realtà | Le cronache di Papa Francesco



 

 
Pagina 16 di 38 PrimaPrima ... 615161726 ... UltimaUltima

Discussioni Simili

  1. carne della nostra carne
    Di cireno nel forum Fondoscala
    Risposte: 10
    Ultimo Messaggio: 31-01-14, 10:24
  2. Il verbo avere e il verbo dovere in napoletano
    Di Mike Suburro nel forum Fondoscala
    Risposte: 14
    Ultimo Messaggio: 17-05-12, 23:51
  3. Il verbo di Vendola
    Di Quayag nel forum Padania!
    Risposte: 1
    Ultimo Messaggio: 22-12-10, 13:08
  4. Sondaggio: chi è il più verbo di POL?
    Di Nicki (POL) nel forum Il Seggio Elettorale
    Risposte: 15
    Ultimo Messaggio: 08-07-06, 18:28
  5. Risposte: 0
    Ultimo Messaggio: 11-10-04, 15:15

Permessi di Scrittura

  • Tu non puoi inviare nuove discussioni
  • Tu non puoi inviare risposte
  • Tu non puoi inviare allegati
  • Tu non puoi modificare i tuoi messaggi
  •  
[Rilevato AdBlock]

Per accedere ai contenuti di questo Forum con AdBlock attivato
devi registrarti gratuitamente ed eseguire il login al Forum.

Per registrarti, disattiva temporaneamente l'AdBlock e dopo aver
fatto il login potrai riattivarlo senza problemi.

Se non ti interessa registrarti, puoi sempre accedere ai contenuti disattivando AdBlock per questo sito