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    Predefinito Re: Rif: Il Verbo di Dio si è fatto carne

    BERGOGLIO VA IN DIREZIONE OPPOSTA RISPETTO A RATZINGER E A TUTTA LA TRADIZIONE CATTOLICA: IL CASO ESEMPLARE DELL’OMELIA DI STAMANI
    Antonio Socci
    Nell’omelia di stamani a Santa Marta il misericordioso Bergoglio è tornato a bastonare duramente i cattolici, cioè coloro che, al Sinodo, si oppongono alla distruzione della dottrina della Chiesa di sempre (perché la dottrina è “il pensiero di Cristo”).
    Bergoglio ha bastonato i cattolici prendendo spunto dalla lettura del profeta Giona, il quale fu inizialmente “non docile allo Spirito di Dio”, perché resisteva “alla chiamata di Dio”, ma poi svolse la sua missione e così la città di Ninive, pentita, fu perdonata.
    Con estrema superficialità Bergoglio ha dato la sua solita interpretazione ideologica, totalmente opposta alla tradizione della Chiesa. Intende così puntare il dito contro quei pastori e quei cristiani che – a suo dire – sono rigidi e non accettano la misericordia di Dio per il mondo, la quale misericordia – sempre secondo lui – consisterebbe nel predicare il perdono di Dio, ma senza la verità e senza il pentimento, senza il cambiamento di vita.
    Ratzinger, sullo stesso brano, aveva fatto una bellissima meditazione nella quale esaltava sì la misericordia di Dio, ma mettendo in guardia dal fraintendere questa pagina, perché – disse – “se questi pensieri della universalità della misericordia divina e del sempre nuovo volgersi di Dio verso i peccatori sono concepiti in modo superficiale, possono diventare pretesto per il relativismo e per l’indifferenza”.
    Esattamente questa è la superficialità di Bergoglio. L'eco della malvagità era giunta fino a Dio, ci dice il libro di Giona, e Dio decide di intervenire, ciò che è malvagio deve essere combattuto. I misfatti di Stalin, di Pol Pot, di tanti altri, così come dei loro complici e simpatizzanti, sono misfatti che rovinano il mondo e precludono la strada verso Dio.
    No, il duplice invito a Giona “alzati”, non era una finzione, ma un comando impellente, il cui adempimento Dio imponeva a dispetto della resistenza del profeta. E Cristo non è venuto perché tutto è già buono e sta sotto il regime della grazia ma perché l’appello al pentimento è assolutamente necessario. Il libro di Giona e la sua prosecuzione neotestamentaria è la più decisa negazione del relativismo e dell’indifferenza che si possa immaginare.
    Anche per i cristiani di oggi vale il comando di Dio: “Alzati… e annunzia quanto ti dirò” (Gn 3,2). Anche oggi è necessario agli uomini Cristo, il vero Giona. Anche oggi deve esserci vero pentimento perché ci sia salvezza. Il libro di Giona è un libro teocentrico. Il vero attore è Dio. Sì, Dio agisce – non si è tirato fuori dalla storia (cfr. Gv 5,17). È un Dio che combatte ciò che è cattivo, e per questo deve anche punire, come giudice, per fare giustizia.
    L’aspetto del giudizio, della punizione, della “collera” di Dio non deve sparire dalla nostra fede. Un Dio che accetta tutto non è il Dio della Bibbia, ma un’immagine sognata. Gesù si mostra come Figlio di Dio proprio perché può prendere la frusta, e irato cacciare dal tempio i mercanti.
    Proprio il fatto che Dio non è indifferente davanti a ciò che è cattivo ci dà fiducia. Dobbiamo sempre combattere contro il peccato e non perdere il coraggio di farlo, soprattutto oggi.
    Non aiuta la strada dell’imbonimento, ma soltanto attraverso il coraggio della verità, che sa anche dire di no, noi serviamo il bene.
    BERGOGLIO VA IN DIREZIONE OPPOSTA RISPETTO A RATZINGER E A TUTTA LA TRADIZIONE CATTOLICA: IL CASO ESEMPLARE DELL'OMELIA DI STAMANI - Lo StranieroLo Straniero



    È pervenuta in redazione:
    Caro dottor Gnocchi,
    seguo spesso la sua rubrica di posta e leggo anche altri articoli di Riscossa Cristiana. Io sono cattolico e non le nascondo che non mi trovo molto d’accordo con la vostra impostazione, però è anche vero che sul vostro blog leggo spesso delle critiche legittime, perché anche a me Papa Francesco provoca spesso tante domande. Però voglio dirle con molta franchezza che mi sembra che voi ignoriate le cose buone che spesso dice. Ho letto l’omelia alla messa con cui è stato aperto il Sinodo e ho visto che il Papa ha ribadito la dottrina cattolica sul matrimonio. Perché di questo non si parla? E poi ha appena dato una bella “sberla” al sindaco di Roma, quel Marino che anche voi avete criticato spesso, perché sappiamo che è abortista e altre cose. Ecco, non voglio fare il polemico, però le chiedo perché su queste cose non dite nulla.
    La ringrazio. Cordiali saluti
    Dino Cortesi
    Caro Cortesi,
    spero che lei non abbia perso tempo nella lettura della chilometrica Laudato si’. Intanto perché, in tal modo, non contribuisce alla deforestazione del pianeta disboscato per produrre la carta necessaria alla stampa del manifesto papale in difesa del pianeta medesimo. Ma, soprattutto, spero che non abbia perso tempo in simili letture perché dovrebbe dedicarlo alle encicliche di Pontefici ben più sicuri nella dottrina rispetto all’attuale vescovo di Roma. Per esempio, se avesse letto la Pascendi Dominici Gregis di San Pio X, non avrebbe sollevato questa obiezione. Proprio all’inizio dell’enciclica in cui condannava modernismo, correva il 1907, l’allora felicemente regnante Pontefice diceva:
    "Fanno le meraviglie costoro perché Noi li annoveriamo fra i nemici della Chiesa; ma non potrà stupirsene chiunque, poste da parte le intenzioni di cui Dio solo è giudice, si faccia ad esaminare le loro dottrine e la loro maniera di parlare e di operare. Per verità non si allontana dal vero chi li ritenga fra i nemici della Chiesa i più dannosi. Come già abbiamo detto, i loro consigli di distruzione non li agitano costoro al di fuori della Chiesa, ma dentro di essa; ond’è che il pericolo si appiatta quasi nelle vene stesse e nelle viscere di lei, con rovina tanto più certa, quanto essi la conoscono più addentro. Di più, non pongono già la scure ai rami od ai germogli; ma alla radice medesima, cioè alla fede ed alle fibre di lei più profonde. Intaccata poi questa radice della immortalità, continuano a far correre il veleno per tutto l’albero in guisa, che niuna parte risparmiano della cattolica verità, niuna che non cerchino di contaminare.
    Inoltre, nell’adoperare le loro mille arti per nuocere, niuno li supera di accortezza e di astuzia: giacché la fanno promiscuamente da razionalisti e da cattolici, e ciò con sì fina simulazione da trarre agevolmente in inganno ogni incauto; e poiché sono temerari quanto altri mai, non vi è conseguenza da cui rifuggano e che non ispaccino con animo franco ed imperterrito.
    Si aggiunga di più, e ciò è acconcissimo a confonderle menti, il menar che essi fanno una vita operosissima, un’assidua e forte applicazione ad ogni fatta di studi, e, il più sovente, la fama di una condotta austera.
    Finalmente, e questo spegne quasi ogni speranza di guarigione, dalle stesse loro dottrine sono formati al disprezzo di ogni autorità e di ogni freno; e, adagiatisi in una falsa coscienza, si persuadono che sia amore di verità ciò che è infatti superbia ed ostinazione.
    Sì, sperammo a dir vero di riuscire quando che fosse a richiamar costoro a più savi divisamenti; al qual fine li trattammo dapprima come figli con soavità, passammo poi ad un far severo, e finalmente, benché a malincuore, usammo pure i pubblici castighi. Ma voi sapete, o Venerabili Fratelli, come tutto riuscì invano: sembrarono abbassare la fronte per un istante, ma la rialzarono subito con maggiore alterigia. E potremmo forse tuttora dissimulare se non si trattasse che solo di loro: ma trattasi invece della sicurezza del nome cattolico. Occorre uscir da un silenzio, che ormai sarebbe colpa, per far conoscere alla Chiesa tutta chi siano infatti costoro che così male si camuffano".
    La citazione è un po’ lunga, ma quando le encicliche sono buone non si rischia mai di sprecare spazio e tempo. Quanto dice San Pio X inquadra molto bene la situazione in cui ci troviamo ancora più di cento anni dopo, e vorrei sottolineare, in particolare, il passaggio in cui dice: “giacché la fanno promiscuamente da razionalisti e da cattolici, e ciò con sì fina simulazione da trarre agevolmente in inganno ogni incauto”. Ecco, caro Cortesi, temo che lei, come tantissimi altri buoni cattolici che non riescono a rassegnarsi alla dolorosa idea di un Papa che demolisce la dottrina e la morale, rappresenti proprio l’incauto di cui parla Papa Pio X.
    Caro Cortesi, mi dica un po’: lei, per avere la certificazione dell’opera di demolizione intrapresa da Bergoglio, ha bisogno di una dichiarazione sottoscritta di suo pugno dall’interessato? Cosa vuole, un’enciclica in cui in cui si dica: “Da oggi la dottrina e la morale cattoliche sono abolite ed entrano in vigore quelle della misericordia bergogliana”? Non lo faranno mai, perché i modernisti, di cui l’attuale vescovo di Roma incarna la versione 3.0, agiscono proprio come scrisse più un secolo fa il Santo Papa Pio X: “promiscuamente da razionalisti e da cattolici”. Mescolano sapientemente verità e menzogna per far passare quest’ultima nelle menti e nelle anime dei fedeli.
    È il mezzo più efficace a loro disposizione per penetrare fino alla radice e tentare abbattere la Chiesa di Roma. Hanno capito che possono mutare la dottrina cattolica solo se si presentano come difensori della dottrina cattolica. Se si presentassero come nemici, non potrebbero più farlo perché il loro gioco sarebbe scoperto. Il lupo ha sempre bisogno di travestirsi da agnello per farsi amico il gregge.
    Lei, caro Cortesi, cita le affermazioni di Bergoglio in sintonia con la dottrina a proposito del matrimonio. Ma, mi scusi, che bisogno avrebbe di affondare il colpo in apertura del Sinodo quando ci penseranno i suoi accoliti? E, ancora di più, che bisogno ha di farlo se, non più tardi di venti giorni fa, ha profanato il sacramento con l’orrendo Motu proprio di cui, purtroppo, si sta già cessando di parlare?
    E adesso un piccolo commento sulla questione Marino. Il sindaco di Roma, come lei nota, non è mai stato simpatico a questo sito e, d’altra parte, non si vede come possa esserlo a un cattolico qualsiasi. Ma, anche su questo punto, le parole e la reazione di Bergoglio in seguito alla, diciamo così, improvvisata che il sindaco gaffeur gli ha fatto a Philadelphia stridono con l’immagine di un Pontefice.
    Stridono perché sono la maramaldesca esibizione di un uomo di potere che finisce il moribondo steso a terra. Senza misericordia alcuna. Caro Cortesi: senza misericordia alcuna. Ci pensi un momento. Marino è il sindaco della città che deve ospitare il prossimo giubileo (della misericordia, naturalmente). Ma è un sindaco zoppo, senza potere e gravato da una situazione imbarazzante, un sindaco così pericolante che non ci si può permettere di mostrarlo, anche involontariamente, come sodale. Stia sicuro che, se fosse stato potente e ben saldo in sella, Bergoglio non gli avrebbe sparato il colpo alla nuca che invece gli ha assestato durante il viaggio aereo di ritorno dagli States. “Io non ho invitato il sindaco Marino, chiaro?” ha detto ai giornalisti. “E neppure gli organizzatori, ai quali l’ho chiesto, lo hanno invitato. Si professa cattolico, è venuto spontaneamente”.
    Ma si rende conto, caro Cortesi? Qui c’è un Papa che fa la spunta degli invitati in casa per decidere chi gli conviene che ci sia e chi no. E, se non bastasse, con il piglio da dittatore della repubblica delle banane minaccia anche i giornalisti che gli chiedono conto dell’accaduto: “Io non ho invitato il sindaco Marino, chiaro?”. Quel “Chiaro?” sibilato prepotentemente nel microfono è un messaggio ben chiaro. E non c’è stato uno, dico uno, tra i giornalisti presenti che ne abbia avuto orrore e abbia avuto il coraggio di dirlo. Del resto, tengono famiglia e non possono rischiare di essere lasciati a terra durante il prossimo viaggio papale. E, allora, eccoli lì, tutti a ridurre in brandelli la carcassa del povero Marino, senza il minimo ritegno. Senza sapere che la stessa sorte toccherà a tutti i servi che il vescovo di Roma riterrà ingombranti, senza minimamente tenere conto dei servigi ottenuti in passato. Gli uomini di potere sono così, caro Cortesi. Se li conosci, li eviti. E, soprattutto, non gli credi quando si presentano come difensori della verità.
    ?FUORI MODA?. La posta di Alessandro Gnocchi ? rubrica del martedì | Riscossa Cristiana

    Antonio Socci: al via il Sinodo dell'Apocalisse, conseguenze drammatiche per la Chiesa e il Mondo
    Appena iniziato, questo Sinodo (imbavagliato e «teleguidato») è già finito. Infatti la conclusione è già scritta: l’arbitro argentino ha stabilito in anticipo la vittoria - a tavolino - della fazione «di sinistra» che lui stesso capeggia.
    Dopo non si sa cosa potrà accadere fra ortodossi (cioè fedeli all’insegnamento del Vangelo e della Chiesa di sempre) ed eterodossi che vogliono sottomettere la Chiesa alle mode ideologiche del momento (san Pio X definiva il modernismo «la sintesi di tutte le eresie»).
    Essendo già scritto l’esito del Sinodo resta da spiegare il suo senso: è in corso la (tentata) liquidazione della Chiesa. Evento epocale che dovrebbe preoccupare anche i laici seri, perché probabilmente prelude alla liquidazione della stessa Europa.
    Certi laicisti alla Scalfari oggi potranno gioire per la sua liquidazione. Ma potrebbero amaramente pentirsene di fronte alle devastazioni del nichilismo e - come ha dimostrato in Francia la tragedia di Charlie Hebdo - davanti all’Islam rampante nel mondo.
    Un intellettuale liberale francese, Pierre Manent ha pubblicato un libro, Situation de la France, dove fotografa la disperata inermità dell’Europa laicista di fronte all’Islam. Manent dice: «Non basta la laicità per contrastare l’Islam. E diversamente da quanto sostengono i politici radicali, la laicità nemmeno serve a integrare i musulmani». La tragedia è stata la demolizione della Chiesa.
    «Era l’idea dell’ateismo progressista», dice Manent. Dopo il Concilio «i cattolici hanno accettato di fondersi in questa sorta di nuova chiesa postcristiana… E il cristianesimo si è dissolto in una religione dell’umanità».
    Oggi siamo all’atto finale. In effetti l’assalto al cattolicesimo, anche dall’interno, fu chiaro dagli anni Settanta, quando Paolo VI angosciato prese a denunciare una smania autodemolitrice che si era impadronita della Chiesa, parlò di un «pensiero non cattolico» che si era fatto dilagante al suo interno, succube delle ideologie, e addirittura affermò che il «fumo di Satana» era entrato nel tempio di Dio.
    Sembrò di essere a un passo dal crollo, ma arrivò la provvidenziale sorpresa di Giovanni Paolo II che con Ratzinger raddrizzò la barca e dette l’impressione di aver evitato il naufragio.
    Poi qualcosa di terribile è accaduto: Benedetto XVI ha dovuto eclissarsi e autorecludersi. Così l’autodemolizione è ripresa e ora sembra al suo atto finale.
    A molti uomini di Chiesa non sfugge la gravità della situazione, che traspare bene da un testo dei giorni scorsi in cui si mostra la lontananza dalla dottrina cattolica del cosiddetto Instrumentum laboris, vidimato da Bergoglio per il Sinodo, su comunione ai divorziati risposati e omosessualità. Tale stroncatura è firmata da tre teologi, Claude Barthe, Antonio Livi e Alfredo Morselli, ma in realtà ha dietro l’elaborazione di molti padri sinodali, vescovi e cardinali.
    Vi si dice intanto che l’Instrumentum ripropone quelle proposizioni che «non essendo state approvate a maggioranza qualificata» dal Sinodo del 2014 «non dovevano né potevano essere incluse nel documento finale di quel Sinodo» e «dovevano reputarsi respinte» (è stato Bergoglio in persona a imporne la riproposizione).
    Inoltre in questo Instrumentum «risulta, in generale, compromessa la Verità, sì da rendere complessivamente non accettabile il documento, o altro che ne riproponesse i contenuti e fosse posto ai voti alla fine della prossima assemblea sinodale». Si cita come monito il profeta Isaia: «Guai a coloro che chiamano bene il male e male il bene, che cambiano le tenebre in luce e la luce in tenebre» (5, 20).
    I tre teologi rilevano infine che i due Motu proprio dell’8 settembre scorso svuotano la discussione dal punto di vista teologico e canonico (non ne spiegano il perché, ma è facilmente intuibile: con essi si introduce di fatto il divorzio nella Chiesa).
    È la prima volta che un documento sinodale approvato dal papa e un suo Motu proprio, sono fortemente sospetti di uscire dall’ortodossia cattolica. Su punti fondamentali che a cascata farebbero poi venire giù tutto.
    Così oggi - come ha scritto il cardinale Sarah - proprio mentre «migliaia di cristiani muoiono ogni giorno» per la fedeltà al Vangelo, «in Occidente degli uomini di Chiesa cercano di ridurre al minimo le esigenze del Vangelo. Il vero scandalo... è la confusione tra bene e male operata da pastori cattolici».
    La mia previsione (a meno di un miracolo) è che il Motu proprio sul divorzio non venga ritirato ed entri in vigore l’8 dicembre, provocando un terremoto mai visto. E che Bergoglio, tramite il Sinodo che controlla, pur ribadendo a parole che il matrimonio è indissolubile, apra sulla comunione per alcuni divorziati risposati (anche se per casi particolari sarebbe la classica falla nella diga). Infine prevedo che si sdoganino di fatto anche altri tipi di unione (comprese quelle dello stesso sesso), sia pure dicendo che non possono parificarsi al matrimonio.
    È un capovolgimento epocale del magistero della Chiesa e della vita cristiana, dalle conseguenze incalcolabili se solo si pensa che per una «i» nella crisi ariana, per il «Filioque» nello scisma con la Chiesa orientale, per un singolo divorzio - di re Enrico VIII - che provocò lo scisma anglicano, la Chiesa ha vissuto tragedie terribili. Dalle conseguenze spaventose, anche per il mondo.
    Oggi un certo clima apocalittico è avvertito dal popolo cristiano che in questi mesi, attraverso la rete, rilancia convulsamente una quantità di profezie terribili, tutte concentrate sul nostro tempo: talora di sedicenti veggenti che non hanno credibilità, ma spesso di mistici seri, come la visione dei due papi e delle due chiese della beata Emmerich.
    Ma al di là di mistici e apparizioni mariane - che, anche quando sono approvate dalla Chiesa come Fatima o La Salette, sono solo rivelazioni private e non obbligano la fede del credente - c’è una profezia a cui i cattolici devono credere, perché non è una rivelazione privata, ma fa parte integrante della rivelazione pubblica e viene dalla Sacra Scrittura.
    Sta ufficialmente nel Catechismo della Chiesa Cattolica varato da Giovanni Paolo II e dal cardinal Ratzinger, dove si preannuncia quanto segue: «Prima della venuta di Cristo, la Chiesa deve passare attraverso una prova finale che scuoterà la fede di molti credenti. La persecuzione che accompagna il suo pellegrinaggio sulla terra svelerà il “Mistero di iniquità” sotto la forma di una impostura religiosa che offre agli uomini una soluzione apparente ai loro problemi, al prezzo dell'apostasia dalla verità» (n. 675).
    Molti si chiedono se non è proprio quello che sta accadendo sotto i nostri occhi.
    UNA PROFEZIA INCOMBE SUL SINODO - Lo StranieroLo Straniero

    Un assordante silenzio
    di A. Nonim
    Dopo il clamore mediatico intorno a Mons. Charamsa, voluto, cercato, studiato e dettagliatamente pianificato per un impatto propagandistico il più eclatante possibile, strumentalizzando l’abbrassons-nous a tutto campo di Papa Francesco e ai fini di dipingere la Chiesa agli occhi del mondo come arretrata, oscurantista e disumana per la sua morale sessuale, qual è la reazione delle alte gerarchie?
    Silenzio assoluto, appena appena rotto dalla timida e spaurita dichiarazione del portavoce vaticano P. Federico Lombardi (concordata, a detta del Corriere della Sera, parola per parola con la Segreteria di Stato) che lamenta semplicemente «la scelta di operare una manifestazione così clamorosa alla vigilia del Sinodo che appare molto grave e non responsabile».
    Tutto qui.
    Nemmeno una parola sulla dottrina della Chiesa in materia così grave; nessun richiamo alla scomunica latae sententiae, come prescrive l’art. 1394 CIC; nessuna condanna per il fatto in sé, ma semplice rammarico e disappunto per l’inopportunità del momento scelto (come dire che se l’avesse fatto in un altro momento…) e per l’irresponsabilità, anzi la non responsabilità, di un atto volto a condizionare l’assemblea sinodale, il che è come dire (e anche questa è irresponsabilità, in questo caso di P. Lombardi) che i Padri sinodali sarebbero facilmente manovrabili e suggestionabili.
    Stando alla dichiarazione di P. Lombardi, ciò che è grave non è l’aberrante e sacrilega situazione in cui vive Mons. Charamsa, ma il suo gesto di “coming out” proposto alla vigilia del Sinodo.
    E’ incredibile!
    Quel che è più grave nella dichiarazione di P. Lombardi è la sottesa affermazione che la convivenza omosessuale di un sacerdote con un compagno fisso, meriti tutto il rispetto se rimane una realtà della sua vita privata. Come dire che un sacerdote può tranquillamente convivere con una persona dello stesso sesso, purché la cosa rimanga segreta.
    E perché - vien subito da chiedersi - la stessa cosa non dovrebbe valere per il concubinato?
    Questa purtroppo è la deduzione più ovvia dall’affermazione di P. Lombardi, che pur condannando il “coming out”di Mons. Charamsa, non per la sua intrinseca immoralità e l’oggettiva materia grave, bensì solo per la sua inopportunità, gli riconosce il diritto ad essere rispettato sul piano personale.
    Quale altro significato può infatti avere l’incidentale: «nonostante il rispetto che meritano le vicende e le situazioni personali»?
    Dunque massimo rispetto per le vicende personali, purché rimangano nell’alveo della sfera strettamente privata e nel nascondimento.
    Ma questa è una canonizzazione dell’ipocrisia, della doppiezza e del relativismo morale più sfacciato.
    E chi si fiderebbe più del voto di castità dei sacerdoti?
    Ma adesso mi viene da fare un’altra domanda: come mai il “coming out” di Mons. Charamsa sarebbe inopportuno e potenzialmente condizionante il Sinodo, pur essendo il monsignore polacco uno sconosciuto, e invece non lo sarebbe il gesto di Bergoglio che telefona a un omosessuale dichiarato di sua conoscenza e lo invita a un incontro con lui e lo abbraccia e lo bacia in modo platealmente caloroso, a tutto corpo, insieme al suo convivente, con larghi e compiaciuti sorrisi?
    E come non dire che tutto ciò sia la conseguenza della famosa (o famigerata) risposta del Papa a un giornalista che gli chiedeva il suo parere sui gay: «Chi sono io per giudicare un gay che cerca il Signore?»?
    E che dire della sua telefonata a un transessuale e dell’udienza privata a lui concessa?
    Anche questi atti, non sono un pesante, anzi un pesantissimo condizionamento del dibattito sinodale sul tema?
    E non sono causa di disorientamento e sconcerto tra il popolo di Dio che non sa più da quale parte guardare?
    Mi sia permesso di contestare apertamente il famoso suddetto «Chi sono io per giudicare un gay che cerca il Signore?». Nella domanda di Bergoglio c’è una intrinseca contraddizione, perché vi è implicita l’ammissione che si può allo stesso tempo peccare e cercare il Signore (chi non ricorda il luterano «pecca fortiter, sed crede fortius»?).
    Cerca veramente il Signore chi prima di tutto smette di peccare!
    Se al posto del peccato di omosessualità, noi mettessimo il peccato di omicidio, potremmo dire la stessa cosa, cioè: chi sono io per giudicare un assassino che cerca il Signore?
    E’ fin troppo ovvio che una cosa siffatta non va: non si può pretendere di andare volontariamente contro i comandamenti di Dio e al contempo cercare Dio, perché cercare Dio è anzitutto volontà di osservare i suoi comandamenti.
    Gesù infatti dice: «Se mi amate, osservate i miei comandamenti. …Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi mi ama» (Gv 14, 15 e 21); e l’evangelista Giovanni scrive: «In questo consiste l’amore di Dio, nell’osservare i suoi comandamenti» (1Gv 5, 3); e ancora: «In questo sta l’amore: nel camminare secondo i comandamenti di Cristo» (2Gv, 6).
    Cerca veramente il Signore chi, come Matteo, Zaccheo, Maria Maddalena, capisce di aver sbagliato e vuole rompere con la vita passata e cominciarne una nuova con Gesù.
    Rimanere nel proprio errore e contemporaneamente pretendere di seguire il Signore (o cercarlo, come dice Bergoglio), non si chiamava una volta presunzione di salvarsi senza merito? E non era uno dei peccati contro lo Spirito Santo, che sono imperdonabili, come recita il Catechismo di San Pio X?
    Un assordante silenzio - Articolo di A. Nonim

    Due curiose coincidenze e il sospetto di eresia
    Don Mauro Tranquillo
    Il Sinodo sulla famiglia sembrava dover avere come “tema caldo” la comunione ai divorziati che vivono in concubinato. Papa Francesco ha, come sappiamo, abilmente aggirato il problema con i suoi due motu proprio che permettono un rapido e indolore annullamento dei matrimoni sulla base di una sostanziale autocertificazione davanti al Vescovo. Non è da escludere che qualche progressista attardato non colga la profondità di questi cambiamenti e insista sulla comunione ai divorziati; ma sembra chiaro ormai che altri temi, già adombrati l’anno scorso, entreranno prepotentemente sulla scena, se non altro a livello mediatico (che è quello che conta, oggi).
    Durante il viaggio negli USA il Papa ha incontrato la funzionaria del Kentucky Kim Davis alla nunziatura a Washington, quella che è andata sotto processo per aver rifiutato licenze matrimoniali a coppie gay. Padre Lombardi si è affrettato a precisare che l’incontro è avvenuto insieme a quello con molte altre persone, brevemente salutate dal Papa in un’udienza, e che "non deve essere considerato come un appoggio alla sua posizione in tutti i suoi risvolti particolari e complessi".
    Come riportato sul sito news.va Bergoglio ha concesso una sola udienza privata in nunziatura, testualmente a “un suo antico alunno con la famiglia”. Il nostro gesuita però si dimentica di avvertirci che questo “antico alunno” è un gentile signore omosessuale, tal Yayo Grassi, con il suo "compagno", e alcune conoscenze che egli introduce al Santo Padre.
    Non risulta che la solerte Sala Stampa abbia preso le distanze dal signor Grassi come ha fatto nel caso della Davies, e un video mostra il commovente ed affettuoso incontro in tutti i dettagli. Sull’opportunità per il Papa di un tale incontro si può discutere, sulle ambiguità di Padre Lombardi si può ridere, ma è fuor di dubbio che la disparità di trattamento tra l’impiegata anti-gay e l’amico omosessuale rimane palese, ed è la Sala Stampa a sottolinearla goffamente: per la Davies un saluto generico in un’udienza con diverse persone, per Grassi l’unico incontro privato.
    Naturalmente Grassi è un gay buono (anche se i cattivi Hollywood ha decretato che non esistono) perché da anni vive con lo stesso "partner". Preziosi elementi matrimoniali, direbbe Kasper.
    Secondo Grassi, il Papa conosce da sempre la sua condizione, e la accetta così. L'incontro lo testimonia senza equivoci.
    Chiesa e post concilio: Due curiose coincidenze e il sospetto di eresia

    SPORCIZIA, SOLO SPORCIZIA E SCANDALO
    di L. P.
    Alla vigilia di un sinodo illecito, quanto mai inopportuno e dannatamente pericoloso, sono esplose due granate dirompenti, funzionali a una già sotterranea strategìa che, invece, proprio con questi boati si fa palese e proterva.
    Le due circostanze sono simili se non identiche.
    1) Il 24 settembre scorso, nella sede della Nunziatura di Washington, Papa Bergoglio ha ricevuto, clandestinamente, dicono i giornali, pensate un po’, una certa Kim Davis, nota per aver rifiutato, nel Kentucky, la registrazione di un matrimonio omosessuale.
    Bella mossa, direbbero i lettori ignari, con che il Papa ha fatto capire che per la banda curiale che si batte per la legittimazione dell’omosessualità militante non ci sarà, al Sinodo, trippa per gatti. Finalmente un chiaro avviso ai tanti smaniosi di innalzare il trofeo dell’omosessualità.
    Un piffero! Perché il giorno prima, 23 settembre, sempre Papa Bergoglio aveva organizzato, previa email, una rimpatriata con un suo amico argentino, Yayo Grassi omosessuale e sodomita spudorato, militante e praticante, che si è presentato col suo sconcio compagno, Iwan e ai quali il suddetto Papa ha elargito abbracci e baci;
    2) in una intervista al Corriere della Sera, 3 ottobre 2015, – uno delle due preferenziali corsìe mediatiche della Santa Sede bergogliesca – un prete, finora sconosciuto, Krzysztof Charamsa, polacco, è salito ai disonori della cronaca confessando di essere omosessuale e di convivere con un povero e lercio compagno. Oltre che vantarsi della propria scelta, oltre che ritenersi assistito dal Signore, oltre ad aver esortato la Chiesa ad uscire dal rigorismo teologico e morale, oltre ad aver assimilato lo sporco e fecale rapporto al vero amore, costui, con la più consapevole, smaccata, indegna e proterva sfacciataggine menzognera, ha detto che, a ben vedere, nella Bibbia non esiste condanna alcuna dell’omosessualità che, al contrario, è vista come vera tensione amorosa e familiare.
    Costui, questo cialtrone, non è un prete qualunque perché, all’interno delle sacre stanze, ricopre prestigiosi incarichi quali:
    - ufficiale della Congregazione della Dottrina delle Fede,
    - segretario aggiunto della Commissione Teologica Internazionale vaticana;
    - docente al pontificio ateneo della Gregoriana;
    - docente al pontificio ateneo Regina Apostolorum.
    Un teologo! Un docente che afferma non esistere nella sacra Scrittura la condanna dell’omosessualità.
    Prescindendo da San Paolo – vedi Corinti e Romani – nel Nuovo Testamento, che è anche lui parte canonica della Sacra Scrittura, vogliamo rammentare al cialtrone in oggetto, docente di teologìa, che nell’Antico Testamento, quello che secondo lui è la sola Bibbia, in due passi violenti e netti Dio mette in guardia dal vizio più sporco, un’aberrazione morale e fisica che si qualifica come peccato abominevole meritevole della pena di morte.
    1 – Non giacere con un maschio come si fa con una donna perché è cosa abominevole – Lev. 18, 22;
    2 – Se un uomo giace con un altro uomo come si fa con una donna, tutti e due hanno commesso una cosa abominevole. Sìano messi a morte. Il loro sangue ricada su di loro - Lev. 20, 13
    E questo cialtrone sarebbe un teologo?
    La stampa, conformista e filobergogliesca sta descrivendo l’evento del polacco come primo atto di una congiura ordita dalla lobby gay a danno del Papa. Ma noi sappiamo che non è così perché è lo stesso Bergoglio che, da anni prepara siffatta rivoluzione, agendo da vero eversore della fede e della parola di Dio.
    Testimone il nefasto padre Leonardo Boff, Bergoglio arcivescovo di Buenos Aires, nel dicembre del 2012 approvò l’affido adottivo di un bimbo innocente a una lurida coppia omosessuale maschile.
    In alta quota, tornando da Rio, si permise di affermare “chi sono io per giudicare un gay?”; successivamente ebbe ad affermare che nelle coppie omosessuali vive e ferve una realtà affettiva e pedagogica; nell’estate scorsa ha ricevuto, in udienza privata, un messicano transessuale – già donna – unitamente alla fidanzata e, da ultimo l’abbraccio contro natura col suo amico argentino e con l’amico dell’amico.
    Sporcizia, solo sporcizia e scandalo - Articolo di L. P.





    Sinodo e omosessualità. Quel versetto biblico saltato dalla "Laudato si'"
    Nel rileggere anche l'enciclica "Laudato si'", a qualche padre sinodale è caduto l'occhio su una curiosa omissione.
    Nel capitolo secondo dell'enciclica, quello che è intitolato "Il Vangelo della creazione" e comincia col chiedere timidamente al lettore: "Perché inserire in questo documento, rivolto a tutte le persone di buona volontà, un capitolo riferito alle convinzioni di fede?", papa Francesco comincia col ricordare la creazione dell'uomo e della donna "a immagine e somiglianza di Dio", prosegue con l'affidamento fatto da Dio all'uomo di tutti gli altri esseri creati, e poco più avanti, nel paragrafo 68, scrive:
    "Questa responsabilità di fronte ad una terra che è di Dio, implica che l’essere umano, dotato di intelligenza, rispetti le leggi della natura e i delicati equilibri tra gli esseri di questo mondo, perché 'al suo comando sono stati creati. Li ha resi stabili nei secoli per sempre; ha fissato un decreto che non passerà' (Salmo 148, 5b-6). Ne consegue il fatto che la legislazione biblica si soffermi a proporre all’essere umano diverse norme, non solo in relazione agli altri esseri umani, ma anche in relazione agli altri esseri viventi".
    Per avvalorare questo rispetto delle leggi della natura il papa cita a questo punto un brano del Deuteronomio:
    "Se vedi l’asino di tuo fratello o il suo bue caduto lungo la strada, non fingerai di non averli scorti [...]. Quando, cammin facendo, troverai sopra un albero o per terra un nido d’uccelli con uccellini o uova e la madre che sta covando gli uccellini o le uova, non prenderai la madre che è con i figli".
    Il brano è tratto dal capitolo 22, versetti 4 e 6 del quinto libro della Torah. Ma come segnalano i puntini entro la parentesi quadra, con l'omissione di un passaggio, che corrisponde al versetto 5.
    Ebbene, che cosa dice il versetto, anzi, il precetto del Deuteronomio saltato dal papa nell'enciclica "Laudatio si'"?
    Dice qualcosa di molto politicamente scorretto:
    "La donna non si metterà un indumento da uomo né l'uomo indosserà una veste da donna; perché chiunque fa tali cose è in abominio al Signore tuo Dio".
    Qualche padre sinodale se l'è segnato sul taccuino, per quando la discussione arriverà al capitolo omosessualità.
    Sinodo e omosessualità. Quel versetto biblico saltato dalla "Laudato si'" - Settimo Cielo - Blog - L?Espresso



    «RIMANETE ASSOLUTAMENTE FERMI SULLA DOTTRINA». LA RACCOMANDAZIONE DI RATZINGER PER IL SINODO
    «Halten Sie sich unbedingt an die Lehre!», rimanete assolutamente fermi sulla dottrina. Questa la raccomandazione che il Papa emerito, Benedetto XVI, ha dato privatamente dopo la scorso Sinodo a un prelato tedesco che gli chiedeva come comportarsi di fronte al terremoto in corso. A riportarlo è Edward Pentin, vaticanista per il settimanale statunitense National Catholic Register, forse il migliore cronista finora delle vicende sinodali, a cui ha dedicato anche uno scottante libro, pubblicato dalla principale editrice cattolica negli Usa, la Ignatius Press, dal titolo The Rigging of a Vatican Synod? An Investigation of Manipulation at the Extraordinary Synod on the Family, ovvero «Un Sinodo Vaticano truccato? Inchiesta sulle manipolazioni al Sinodo straordinario sulla famiglia».
    «Rimanete assolutamente fermi sulla dottrina». La raccomandazione di Ratzinger per il Sinodo


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    Predefinito Re: Rif: Il Verbo di Dio si è fatto carne

    Sinodo o carrambata?
    di Francesco Filipazzi
    Mancava solo Raffaella Carrà. Un padre sinodale ha raccontato, giovedì, la storia strappalacrime di un bambino che ha spezzato la sua ostia, per darne una parte al padre divorziato e risposato, durante la sua Prima Comunione.
    Una storia alquanto ridicola, ma che dà la misura di quanto le argomentazioni degli “aperturisti” siano ormai così labili, che per loro urga il ricorso ai sentimentalismi. Un gesto infantile, di un bambino, che diventa teologia, segnando però l'ennesimo auto gol di una compagine di personaggi ormai alla frutta. Se una rivendicazione può essere giustificata, a furor di media solo con una storiella, forse di rivendicazione infantile si tratta. Va detto che ormai auto ridicolizzarsi in ambito progressista è un'abitudine. L'altra carrambata allucinante e allucinata di monsignor Charamsa probabilmente entrerà nei manuali del “come farsi del male”.
    Così come l'intervista di Repubblica a una coppia di neocatecumenali pubblicata ieri (fruibile qui). I due coniugi hanno 12 figli e secondo il sottotitolo dell'articolo dichiarano: “sappiamo che la nostra è una scelta particolare, ma ora la Chiesa apra anche ai divorziati”. Carramba che sorpresa! I neocatecumenali cattivi che hanno partecipato al family day guidati dall'oscurantista Kiko, guardate che bravi.
    Peccato che i due coniugi nell'intervista dicano semplicemente che: “Per noi è importante il tema dell'accoglienza. Veniamo dal Cammino neocatecumenale e alle nostre comunità si avvicinano divorziati risposati, persone che hanno problemi affettivi e combattimenti interiori. Anche se non possono accedere ai sacramenti non si sentono esclusi e questo aiuta anche a risolvere i problemi. Abbiamo visto molti riconciliarsi”.
    Come vedete, cari lettori, la grancassa mediatica cerca di sparare ancora qualche colpo, ma a quanto pare il Sinodo è andato a monte, per i progressisti. Quella che doveva essere una riflessione sulla famiglia negli anni 2000 e nei decenni che verranno, è diventata una farsa su divorziati e unioni gay. Dando ancora una volta un'immagine meschina di alcuni alti prelati.
    Intanto la relazione finale probabilmente verrà eliminata dalla scaletta e già si pensa di rimandare la discussione sulla comunione ai divorziati risposati a un momento successivo. Intanto la confusione nei fedeli cresce.
    Sinodo o carrambata? ~ CampariedeMaistre

    La lacrimevole storia del bimbo che spezza l’ostia per i genitori divorziati. Una breve nota
    di Paolo Deotto
    Il torrente di melassa lo conoscono ormai tutti: un bimbo, ricevendo la sua prima Comunione, prende l’ostia e la spezza per darla ai genitori, divorziati. L’episodio, raccontato da un vescovo al Sinodo, “ha commosso”. I buoni sentimenti si sprecano, la nuova piccola vedetta lombarda scuote gli animi sensibili dei presuli che, come è stato chiarito, non devono essere “ufficiali di immigrazione”, controllori di identità e titoli di legittimazione. Macché, Todos Caballeros nella neochiesa della misericordia. Per fortuna i due genitori non avevano con sé anche i nuovi partner, che magari a loro volta potevano essere accompagnati dagli ex-partner, e così via; in tal caso il bambino si sarebbe trovato in grave imbarazzo.
    Alcuni amici e lettori ci hanno chiesto perché non abbiamo subito parlato di un evento così importante. È doverosa una risposta. Non ne abbiamo parlato perché ormai lo scandalo continuo è così palese che è lecito chiedersi se la riunione che si sta tenendo a Roma sia un Sinodo, o che altro sia. Infatti si discute di argomenti che non dovrebbero nemmeno essere oggetto di discussione, se non per definirne con maggior precisione la condanna.
    Non ne abbiamo parlato perché alla lacrimevole storia avrebbe dovuto far seguito immediato una comunicazione della Santa Sede (così tempestiva nel comunicarci le ultime iniziative per fornire un barbiere ai clochard, o le istruzioni per ospitare immigrati) con la quale si chiariva che:
    Il bimbo ha commesso un sacrilegio, ma non può averne la responsabilità, perché evidentemente nessuno gli ha insegnato, in preparazione della Prima Comunione, che ciò che avrebbe ricevuto era il corpo di Nostro Signore e non una semplice ostia.
    Sono immediatamente da verificare le responsabilità gravissime di chi non insegna più la corretta Dottrina ai bambini. Verificate le responsabilità, saranno presi i dovuti provvedimenti.
    Resta comunque il fatto oggettivo del sacrilegio, in riparazione del quale si deve pregare.
    Lo so, sto sognando. Ammesso e non concesso che la lacrimevole storia sia vera, la neochiesa non si cura più dei sacramenti, né c’è da stupirsi, visto che è tutta tesa a prometterci una felicità terrena, qui e subito, a prezzi stracciati.
    Il sacramento del matrimonio è già stato oltraggiato dal motu proprio che entrerà in vigore l’8 dicembre. Il sacramento della confessione è ormai in disuso, né mancano i preti che ti spiegano che la confessione “è un momento di dialogo”. Il corpo di Nostro Signore è oltraggiato quotidianamente, sia con l’uso della comunione data sulla mano, sia con la distribuzione dell’ostia consacrata, concessa senza alcuno scrupolo sullo stato di grazia del comunicando (c’è bisogno di ricordare ancora i funerali di “Don” Gallo a Genova?). Non mancano diocesi in cui è invalso l’uso di dare ai bimbi la Prima Comunione e solo dopo fare la prima confessione, per non”turbarli” con discorsi sul peccato. C’è anche da chiedersi in quale conto sia tenuto ormai il sacramento dell’ordine, visto lo spazio che si dà, anche in alto loco, a predicatori privati come un Enzo Bianchi o un Kiko Arguello (per non citarne che due).
    La lacrimevole storia del bimbo che spezza l?ostia per i genitori divorziati. Una breve nota* ?* di Paolo Deotto | Riscossa Cristiana

    IL BAMBINO E LE MAGNIFICHE SORTI E PROGRESSIVE DEL SINODO - di GIUSEPPE RUSCONI – Rossoporpora
    Anche un bambino, autore di un gesto inteso come espressione di affetto verso suo padre (divorziato risposato), diventa involontario e incolpevole protagonista del Sinodo. Una strumentalizzazione mediatica (e non solo) non inedita, intessuta per spingere i padri sinodali a ‘cedere’ sull’ammissione alla Comunione dei divorziati risposati
    C’è un bambino che ha inteso fare un gesto d’affetto verso suo padre, divorziato risposato. Con tale gesto è riuscito – certo involontariamente - a restituire baldanza all’incupita macchina da guerra sinodale. Che ha ridato fiato a trombe e tromboni, ha galvanizzato i gazzettieri, ha esaltato i turiferari fin qui un po’ depressi per scarsità di incenso. Lacrime di commozione e buoni sentimenti, una colossale nuvola dolciastra, una melassa gigantesca che ha straripato laddove la nuovamente gioiosa macchina da guerra ha i suoi terminali per inneggiare alle magnifiche sorti e progressive di un Sinodo che sembrava ormai compromesso.
    Che cos’è successo? Giovedì mattina, don Roberto Rosa, un sacerdotein servizio a Trieste – un parroco che il Papa ha invitato a partecipare al Sinodo dei vescovi- nel suo intervento ha raccontato un episodio singolare con cui è stato confrontato. Un minimo di prudenza consiglierebbe a chi scrive un minimo di controllo di veridicità di quanto effettivamente accaduto in quella chiesa triestina. Ma prendiamo per buono il tutto, constatando come in un battibaleno la nota fanfara ha intonato un Hallelujah haendeliano che sonava certificazione irrevocabile del fatto..
    La conseguenza? Il lettore (ascoltatore, telespettatore) si è dovuto sorbire giovedì sera e ieri titoli come questi: Sinodo: il gesto coraggioso di un bambino riapre il dibattito sui divorziati; Il gesto del bambino commuove il Sinodo; Commuove la storia del bimbo che divide l’ostia con i genitori; L’ostia spezzata dal bimbo in chiesa rilancia il sì alla comunione ai risposati; Il simbolo del Sinodo: l’ostia data dal bimbo ai genitori divorziati e poi risposati; Dove è già arrivato un bambino sapranno arrivare anche i Padri sinodali? E via con decine di lanci analoghi, tutti destinati a muovere ed esaltare i ‘buoni sentimenti’ popolari.
    Dentro gli articoli e i commenti (in evidenza perfino sui giornali gratuiti distribuiti agli ingressi della metropolitana) si legge ad esempio del “gesto dirompente” di “un bambino coraggioso” (Ndr: notare l’aggettivo) nel giorno della sua Prima Comunione. Con toni deamicisiani si prosegue, provvisti di un adeguato lacrimatoio: “Il giovinetto di sua iniziativa ha provveduto a spezzare l’ostia in due, dandone una metà al padre che lo accompagnava, ma che essendo divorziato risposato non poteva riceverla direttamente” (NdR: Curioso quel ‘direttamente’… come sarebbe invece ‘indirettamente’?). Ancora: “Il racconto ha commosso papa Francesco e molti dei 270 padri sinodali”. Insomma: “Un episodio piccolo, eppure destinato a incidere più di tante parole nel dibattito serrato di questo Sinodo” (NdR: dalla depressione all’entusiasmo il passo è breve). In un altro commento il gesto del bambino è definito “profezia ecclesiale”e si nota che “un bambino che anticipi i pastori non è una novità”, richiamando addirittura Gesù dodicenne che insegnava nel tempio “ai dottori della legge” . In sintesi: il bambino tenero e incolpevole di Trieste è considerato come l’emblema delle magnifiche sorti e progressive del Sinodo, cioè il grimaldello che serve per scardinare le ancora forti resistenze alle note e auspicate ‘aperture’ ecclesiali, in primo luogo - e come primo di passi ulteriori – a quella riguardante l’accesso alla Comunione per i divorziati risposati. Una strumentalizzazione, che, se fosse stata fatta da altri, avrebbe sollevato la giusta indignazione degli autoproclamatisi tutori del vero giornalismo.
    A questo punto, conoscendo un po’ i meccanismi mediatici della nostra società, sgorgano spontanee alcune osservazioni. La prima: nella nostra società massmediatica è costume evidenziare un caso estremo nella speranza di contribuire in misura rilevante al progresso di una causa. La seconda: tale caso estremo suscita sempre vaste emozioni, che fanno leva sui buoni sentimenti. La terza: se c’è di mezzo un bambino, meglio ancora, perché i bambini (salvo quelli uccisi in grembo) fanno simpatia e dunque commuovono di più. Quarto: pensavamo che tale strumentalizzazione di bambini fosse diffusa soprattutto in certe trasmissioni della tv spazzatura o attraverso la mega-diffusione di foto giuste nei momenti giusti in relazione a problemi molto complessi. Invece è penetrata anche nel Sinodo, dove si trattano argomenti che richiedono, per essere affrontati seriamente e proficuamente, mente serena, solidità culturale, fede profonda, lungimiranza e naturalmente anche disponibilità di cuore. Insomma una saggezza complessiva che vada molto al di là del sentimentalismo provocato da alcune cattive consigliere: le facili emozioni, tipiche di una società liquida, non certo di chi vuole edificare sulla roccia.
    IL BAMBINO E LE MAGNIFICHE SORTI E PROGRESSIVE DEL SINODO

    IL BERGOGLISMO STA AFFONDANDO (AL SINODO E NON SOLO). IMPORRA’ IL DIKTAT ALLA MANIERA ARGENTINA?
    Antonio Socci
    “Arranca la spavalda macchina da guerra?”, si chiede un vaticanista svizzero. In effetti al Sinodo la macchina da guerra argentina si è impantanata.
    PRIMA SETTIMANA
    Infatti il Sinodo si è aperto con la relazione del cardinale Erdo che ha ribadito la dottrina cattolica demolendo le eresie di Kasper (e facendo irritare Bergoglio).
    Inoltre, dopo questa prima settimana, uno dei relatori delle commissioni, l’australiano Mark Coleridge, ha sintetizzato così la situazione: “Se il Sinodo finisse oggi, almeno il 65 per cento dei padri voterebbe contro l’ipotesi di ammettere alla comunione i divorziati risposati”.
    Per il partito di Bergoglio e Kasper la sconfitta sarà ancora più scottante sul tema dell’omosessualità, perché dalle relazioni dei vari circoli emerge la richiesta di opporsi con vigore alle teorie gender, considerate la nuova pericolosa ideologia che ha preso il posto del marxismo e che ha effetti devastanti sulla mentalità e sulla formazione dei giovani.
    Del resto la parte cattolica del Sinodo, maggioritaria numericamente (quella che si rifà al magistero di sempre e specie a Giovanni Paolo II e Benedetto XVI), ha fatto anche energiche proteste contro la minoranza bergogliana al potere, che sta imponendo le sue procedure, i suoi metodi e i suoi uomini nei posti chiave, ma di tali proteste non si sa nulla fuori o vengono rappresentate dalla macchina della propaganda in modo caricaturale (i cattivi conservatori contro gli illuminati progressisti).
    Sebbene il Sinodo discuta di famiglia, quei milioni di famiglie cristiane che stanno fuori – secondo i bergogliani – non devono sapere niente (a differenza degli altri Sinodi) o devono avere un’informazione filtrata e “impacchettata” da loro.
    Il partito bergogliano è come una squadra di calcio che sta perdendo 5 a 0 sul campo di gioco (e quindi rosica), ma può impunemente assestare calci, provare a fare gol con le mani (alla maniera argentina) e ostentare arroganza perché sa che l’arbitro è il loro leader e alla fine darà loro partita vinta a tavolino contro ogni regola (infatti Bergoglio si riserva pure di cambiare le regole a partita in corso – per esempio sulla relazione finale – in base alla convenienza della sua squadra).
    I CATTOLICI
    Un grande conforto della parte cattolica è rappresentato dal mite e sapiente Benedetto XVI, il cui magistero e la cui presenza, come un faro nella notte tempestosa, indicano il cammino.
    La settimana scorsa del resto il vaticanista americano Edward Pentin ha rivelato la risposta che papa Benedetto – allo scorso Sinodo – dette a un prelato tedesco che gli domandava cosa dovesse fare di fronte alla tempesta scatenatasi nella Chiesa: “Halten Sie sich unbedingt an die Lehre!” (rimanete assolutamente fermi sulla dottrina). Ratzinger è oggi ascoltato dai più, perché l’inerme Verità è l’unico tesoro della Chiesa, essendo Cristo stesso, e se la Chiesa tradisse o svendesse la verità della dottrina cattolica, farebbe come Giuda e toglierebbe all’umanità la vera misericordia di Dio e la salvezza.
    Illuminata dalla luce di Benedetto XVI, la parte cattolica è arrivata a questo Sinodo più forte e preparata rispetto al precedente e al Concistoro del febbraio 2014, quando fu colta di sorpresa dalle inaudite tesi di Kasper fatte proclamare da Bergoglio.
    MODERNISMO FALLITO
    Ma questo è il paradosso di oggi: alla guida della Chiesa stanno coloro le cui ricette si sono rivelate fallimentari nei loro paesi. E vogliono applicare le stesse disastrose ricette alla Chiesa intera, con effetti devastanti su scala planetaria.
    Certo, molti indicano la popolarità del papa argentino come segno di rinascita. Ma è un bluff e dentro la Chiesa lo si è ormai capito. E’ la popolarità drogata del circo mediatico laicista, che non porta una sola conversione, ma esulta piuttosto per la conversione del papa all’agenda Obama e all’agenda onusiana.
    I dati della pratica cattolica in Italia, che sotto Giovanni Paolo II e Benedetto XVI erano cresciuti, con Bergoglio continuano a diminuire. La stessa “Repubblica” sabato scorso, riferendo gli studi della “Fondazione Critica liberale” e della Cgil, ha dovuto riconoscere che per la Chiesa “l’effetto Francesco non c’è”, anzi “l’Italia continua ad allontanarsi dalla Chiesa”, quindi l’effetto Bergoglio c’è a rovescio: allontana i fedeli.
    PANORAMA DI ROVINE
    I cattolici hanno la sensazione che con Bergoglio stia venendo giù tutto. Per esempio l’imbarazzante coming out (con il compagno) di monsignor Charamsa, il quale pretende che sull’omosessualità la Chiesa cambi la legge morale basata sulla Parola di Dio, non sarebbe stato possibile senza le mille sconcertanti aperture e i chi-sono-io-per-giudicare di Bergoglio, che Charamsa definisce “fantastico”. Chi semina vento raccoglie tempesta, dice la Bibbia.
    E come evitare la confusione e il disorientamento per il Motu proprio sulle nullità matrimoniali di Bergoglio che anche un giurista cattolico come il professor Danilo Castellano ha demolito? E’ inevitabile constatare che esso introduce di fatto il divorzio, sovverte il Vangelo e il millenario insegnamento della Chiesa. Cosicché – invece di sostenere la famiglia aggredita dalle ideologie moderne – le si dà il colpo di grazia.
    C’è poi tutta la lista degli altri errori bergogliani. Quello sull’immigrazione è colossale. Come quello sui cristiani perseguitati a cui non ha certo giovato il suo atteggiamento di resa verso l’Islam e i regimi comunisti.
    Poi ci sono i cristiani massacrati dall’Isis che egli ha sostanzialmente abbandonato, delegittimando ogni concreto intervento in loro difesa: di fatto oggi i vescovi del Medio Oriente (e le loro comunità) vedono nell’intervento di Putin la speranza della liberazione dal terrore.
    Pure ciò che viene celebrato come il successo internazionale di Bergoglio, la fine dell’embargo a Cuba, a ben vedere risulta essere il soccorso a una vecchia dittatura odiosa e sanguinaria che il papa è andato a omaggiare ignorando le vittime e i dissidenti.
    E’ un panorama di macerie quello che Bergoglio sta lasciando. Con cadute incredibili come la comica lite da strapaese con Ignazio Marino, cosa inimmaginabile per giganti come Ratzinger e Wojtyla (con buona pace di Scalfari che elogia Bergoglio perché avrebbe portato la Chiesa fuori dalla politica).
    Marino deve andarsene e merita tutte le critiche del mondo, ma Bergoglio si è meritato la battuta della compagna Ferilli: “Che il papa si senta in dovere di fare un comunicato per sfancularlo è – posso dirlo? – decisamente inaudito”.
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    RETROSCENA DELL’ESPLOSIVA LETTERA DEI CARDINALI (E COSA ACCADRA’ ORA AL SINODO E ALLA CHIESA)
    Antonio Socci
    La lettera dei cardinali al papa contro l’imbavagliamento del Sinodo e contro le tesi dei modernisti bergogliani è un fatto clamoroso, anche per l’autorevolezza delle firme. Ma quello che è accaduto poi per screditarla e mettere in ombra i suoi esplosivi contenuti, va raccontato.
    Anzitutto si è fatta passare quella Lettera come il sintomo di un clima da congiura da parte dei cosiddetti “conservatori”, ovvero i cattolici.
    Marco Tosatti, vaticanista serio e indipendente, ha giustamente notato che una lettera privata al papa, firmata con nomi e cognomi, è la cosa più trasparente, leale e coraggiosa che si sia vista di questi tempi in Vaticano (considerato che lo stesso Bergoglio – a parole – chiede franchezza).
    E’ l’opposto esatto di una congiura. Ma – come dice Tosatti – “ha fornito un’occasione d’oro ai numerosi laudatores di gridare alla fronda e al complotto”.
    Mentre si apprende – dal giornale tedesco Tagepost – che casomai, a proposito di cose nascoste, è papa Bergoglio a Santa Marta a fare un suo “Sinodo parallelo” e riservato per pilotare quello ufficiale.
    L’elemento che ha scatenato la confusione è stata la smentita di quattro su tredici cardinali firmatari. Cosa è accaduto?
    LA NOTIZIA
    Col polverone mediatico che è stato sollevato si è fatto perdere di vista l’essenziale: l’eccezionalità di un documento firmato da autorevoli cardinali, in rappresentanza di molti padri sinodali, nel quale si demolisce l’Instrumentum laboris (quello dove Bergoglio aveva fatto inserire i punti che non erano stati approvati dal Sinodo del 2014 e che erano i più controversi).
    Nella Lettera dei cardinali poi si criticano le nuove procedure che imbavagliano (e tentano di pilotare) il Sinodo in corso e si esprime preoccupazione perché la Commissione che deve stilare la “Relatio” finale non è stata eletta dai padri, ma nominata per intero da Bergoglio (tutte persone a lui gradite).
    Inoltre la Lettera esprime la preoccupazione per un Sinodo che era stato convocato da Benedetto XVI in difesa della famiglia e poi è finito ad accapigliarsi sulla comunione ai divorziati risposati, cosa che, se fosse accettata, farebbe crollare tutta la dottrina del matrimonio e dei sacramenti.
    A conclusione della lettera c’è anche un monito drammatico che – sia pure con linguaggio rispettoso – suona l’allarme dicendo che alla fine della strada intrapresa da Bergoglio, a imitazione delle chiese protestanti europee, c’è “il collasso” cioè la fine della Chiesa.
    MAGGIORANZA CATTOLICA
    Il cardinale Pell, nella dichiarazione dell’altroieri, ha dato altre due notizie importanti su quello che sta accadendo. La prima corrisponde esattamente a quanto domenica scrivevamo su queste colonne, ovvero che la linea Kasper (Bergoglio) è in minoranza.
    Dice infatti Pell: “c’è grande accordo sulla maggior parte dei punti, ma ovviamente c’è qualche disaccordo perché una minoranza di elementi vuole cambiare l’insegnamento della Chiesa sulle dovute disposizioni necessarie per la ricezione della Comunione. Naturalmente non esiste una possibilità di cambiamento della dottrina”.
    L’altra notizia data da Pell, sia pure in linguaggio felpato, è questa: “rimangono delle preoccupazioni fra i Padri sinodali circa la composizione del comitato di redazione della Relatio finalis e sul processo attraverso il quale sarà presentato ai padri sinodali e votata”.
    La controversia adesso è tutta su questo. Il motivo è semplice, anche se non viene mai detto. L’intento, ormai chiaro, di Bergoglio è spingere il Sinodo verso le conclusioni che vuole lui per avere una qualche legittimazione a introdurre nella Chiesa le idee di Kasper, sia pure in forma camuffata, come ha introdotto il divorzio con il Motu proprio.
    Per questo Bergoglio, nei giorni scorsi – scoprendo che il Sinodo è in maggioranza cattolico – ha incredibilmente messo in dubbio la “Relatio finalis” che pure stava scritta in tutti i programmi ufficiali come esito del Sinodo.
    Visto lo sconcerto che ha suscitato il cambio delle regole a Sinodo in corso, l’altroieri, tramite padre Lombardi, ha fatto sapere che la “Relatio finalis” ci sarà, però deciderà Bergoglio cosa farne e se pubblicarla.
    Si è poi appreso che probabilmente non sarà una “Relatio” analoga a quella degli altri Sinodi dove si votano le singole preposizioni, ma un testo vago da votare in blocco, prendere o lasciare.
    Un modo per mettere con le spalle al muro la parte cattolica, facendo un generico riferimento alla “misericordia” che poi potrebbe essere interpretato come un via libera alla “rivoluzione”.
    IL PAPA NON E’ DIO
    In realtà bisognerebbe ricordare che – a meno che non voglia cadere in eresia e così decadere – nessun papa ha il potere di ribaltare la Legge di Dio e la dottrina cattolica.
    Anzi, come fu spiegato da un autorevole cardinale al Sinodo del 2014, quegli argomenti su cui oggi si dibatte – essendo già stati solennemente definiti dalla Chiesa, sulla base delle Sacre Scritture – non potevano e non dovevano nemmeno essere messi in discussione.
    Perché – contrariamente a ciò che molti credono – il papa non può fare ciò che vuole. Come affermò Benedetto XVI alla messa d’insediamento sulla Cathedra Romana, il 7 maggio 2005:
    “Il Papa non è un sovrano assoluto, il cui pensare e volere sono legge. Al contrario: il ministero del Papa è garanzia dell’obbedienza verso Cristo e verso la Sua Parola. Egli non deve proclamare le proprie idee, bensì vincolare costantemente se stesso e la Chiesa all’obbedienza verso la Parola di Dio, di fronte a tutti i tentativi di adattamento e di annacquamento, come di fronte ad ogni opportunismo. (…) Il Papa è consapevole di essere, nelle sue grandi decisioni, legato alla grande comunità della fede di tutti i tempi, alle interpretazioni vincolanti cresciute lungo il cammino pellegrinante della Chiesa. Così, il suo potere non sta al di sopra, ma è al servizio della Parola di Dio, e su di lui incombe la responsabilità di far sì che questa Parola continui a rimanere presente nella sua grandezza e a risuonare nella sua purezza, così che non venga fatta a pezzi dai continui cambiamenti delle mode”.
    Questa è la retta interpretazione del “potere di sciogliere e di legare” che Cristo ha dato a Pietro, versetto evangelico che in questi giorni è stato impropriamente evocato dal partito bergogliano, quasi che permettesse al papa argentino di fare quello che vuole.
    Il Venerabile Pio Brunone Lanteri, che pure era un grande difensore del papato, lo spiegava chiaramente in un suo libro: “Mi si dirà che il S. Padre può tutto, ‘quodcumque solveris, quodcumque ligaveris etc.’ è vero, ma non può niente contro la divina costituzione della Chiesa; è vicario di Dio, ma non è Dio, né può distruggere l’opera di Dio”.
    RETROSCENA DELL?ESPLOSIVA LETTERA DEI CARDINALI (E COSA ACCADRA? ORA AL SINODO E ALLA CHIESA) - Lo StranieroLo Straniero

    Se passasse la dottrina Kasper sull’eucarestia ai divorziati, bisognerebbe cambiare il Vangelo
    di Francesco Agnoli
    Nel fervente dibattito sulla comunione ai divorziati risposati inaugurata dal cardinal Kasper nel sinodo 2014 si rischiano di perdere, anche da parte dei credenti, i termini del discorso. Che sono in verità più semplici di quanto sembra. Con l’avvento di Cristo, viene restaurato il disegno originario del Creatore: quello per cui uomo e donna, maschio e femmina sono chiamati a divenire «un solo corpo e un solo spirito».
    Così il cristianesimo propone, per la prima volta nella storia, l’idea che l’amore fedele di Cristo nei confronti degli uomini, l’amore di Cristo per la Chiesa, e l’Amore che unisce le tre persone della Trinità, abbia il suo corrispettivo, diciamo così, nella famiglia umana. Si tratta di un messaggio nuovo sia per gli ebrei, sia, ancora di più, per i pagani. Gli storici ci ricordano che all’epoca degli apostoli, e ancora di più nei tre secoli successivi, il divorzio era, nella Roma imperiale, diffusissimo. Anche in ragione del fatto che poteva essere richiesto non più solo dall’uomo, attraverso il ripudio, come nel passato, ma anche dalla donna. Il grande filosofo pagano Seneca, pressoché contemporaneo di Gesù, scrive che ormai le persone «divorziano per sposarsi e si sposano per divorziare». Giovenale, nel I secolo dopo Cristo, ricorda il nome di una donna che si è sposata 8 volte in 5 anni, mentre Marziale descrive la crisi del matrimonio contemporaneo citando Telesilla, con i suoi 10 mariti.
    Possiamo immaginare, alla luce di queste brevi considerazioni, quanto potesse essere difficile per i cristiani comunicare questa loro visione del matrimonio. Per i primi cristiani rompere un matrimonio significava molto semplicemente non vivere l’amore, verso il coniuge e i figli; non vivere l’insegnamento di Cristo, pronto a morire per le persone amate. Questo concetto ha portato all’esclusione dei divorziati risposati dalla comunione eucaristica; esclusione che non è un giudizio definitivo, che nessuno può dare, sulle persone, ma un giudizio su un fatto: la rottura di una comunione voluta da Dio stesso e dagli sposi.
    Per la Chiesa chi rompe la comunione con il suo prossimo, non può accedere alla comunione sacramentale. In qualunque modo lo faccia: un assassino, un ladro, anche un uomo che abbia insultato suo fratello, deve prima pentirsi, cambiare vita, per poi accedere all’unione sacramentale. Senza pentimento, la sua comunione è sacrilega, perché «non chi mi dice: Signore, Signore, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli». Il succo del cristianesimo è questo: non si va a Dio, se non attraverso i fratelli; non si è in comunione con Lui, se non lo si è con il proprio prossimo.
    Scrive l’evangelista Matteo: «Se stai per presentare la tua offerta all’altare, e là ti ricordi che tuo fratello ha qualcosa contro di te, lascia là il tuo dono, davanti all’altare, e va’ prima a riconciliarti col tuo fratello. Poi torna a offrire il tuo dono» (Matteo 5,23-24). Prima di accedere alla comunione eucaristica, dunque, la Chiesa vuole che il legame con il nostro prossimo sia ricostituito. Un padre che abbandoni la moglie e i figli, per andare con un’altra donna, rompe la comunione con le persone a lui più prossime. Viola il comandamento dell’amore, distaccandosi violentemente da Dio Amore. Per questo la Chiesa gli ricorda che, senza pentimento e cambiamento di vita, non gli è lecito accedere al sacramento dell’unità, all’incontro con il Dio che si è fatto prossimo all’uomo, perché l’uomo si facesse davvero prossimo ai suoi fratelli.
    Se la tesi del cardinal Kasper passasse, non solo bisognerebbe cancellare dal Vangelo i passi sul matrimonio, ma bisognerebbe abolirne lo spirito: non si va a Dio, che è Amore e Unità, se non tramite i fratelli, quelli che ci sono accanto. Non si va all’altare del Dio fedele, dopo aver tradito la fedeltà promessa e dovuta a coloro che abbiamo di più prossimi, il coniuge e i propri figli.
    Se passasse la dottrina Kasper bisognerebbe cambiare il Vangelo

    Ma la Chiesa crede ancora nella presenza reale di Cristo?
    di Riccardo Cascioli
    Se non altro appare chiaro che il problema vero di questo Sinodo è l’Eucarestia. E prima di parlare di accesso alla comunione dei divorziati risposati (e perché non di tutti coloro che, essendo in peccato mortale, non sono riconciliati?) sarebbe senz’altro meglio chiarirsi se si crede ancora che nell’Eucarestia c’è la presenza reale di Cristo.
    Il resoconto fatto ieri in conferenza stampa da don Manuel Dorantesed, collaboratore in lingua spagnola di padre Federico Lombardi, riguardo al racconto fatto in aula di un bambino che durante la Prima Comunione ha dato un pezzetto della sua ostia ai genitori divorziati risposati, è al proposito esemplare. Ammesso che l’episodio sia vero, non deve scandalizzare tanto il gesto del bambino, un “incidente” evidentemente indotto dall’amore per i genitori e dalla testa piena di chiacchiere sentite sulla presunta esclusione dei propri genitori dalla Chiesa. Si potrebbe al massimo notare che se si desse l’Ostia sulla lingua, come da tradizione, anziché in mano, certi “incidenti” si eviterebbero. Ma non è questo il punto che qui interessa.
    Il problema vero è che ci sia un prete o un vescovo che racconti l’episodio per dargli un connotato positivo a supporto dell’accesso alla comunione dei divorziati risposati. E ancora più grave – ai limiti dell’incredibile – è che ci sia un portavoce del Sinodo che riporti questo racconto come «molto emotivo», lasciando intendere che almeno un buon numero di padri sinodali si siano “inteneriti” nell’ascoltarlo; il tutto senza che né il portavoce vaticano padre Federico Lombardi né nessun’altro dei presenti abbia avuto nulla da eccepire.
    Ovviamente la vicenda viene raccontata – e amplificata al massimo dalla grande stampa – come l’emergere dei “veri cristiani”, aperti e misericordiosi, contro i severi e arcigni “dottori della Legge”, che si comportano da «ufficiali di immigrazione che devono controllare perennemente l’integrità di chi si avvicina» (altro intervento in aula riportato in conferenza stampa).
    In realtà la vera differenza sta tra chi ancora crede a ciò che la Chiesa ha sempre creduto – ovvero che quel pezzo di pane sia davvero il corpo di Cristo – e chi ha invece ormai ridotto l’accesso alla comunione a uno dei tanti diritti civili della nostra epoca, e che – come Pannella e Bonino insegnano - usa la tipica tattica dei “casi pietosi” per far approvare questo diritto.
    Di pietoso in effetti c’è soltanto lo spettacolo di una Chiesa ridotta a mendicare l’approvazione del mondo, disponibile per questo a gettare e calpestare ciò che ha di più caro.
    Siamo certi che la maggioranza dei padri sinodali non si sarà affatto commossa alle parole di quel povero prete, e sarà sobbalzata nel vedere come la segreteria del Sinodo abbia deciso di giocare in modo spregiudicato questo episodio. Motivo in più per aspettarsi una risposta chiara e decisa che mostri al popolo cattolico che, accada quel che accada, ci sono almeno dei pastori su cui fare affidamento.
    Ma la Chiesa crede ancora nella presenza reale di Cristo?

    E' anche per i bambini che la chiesa è contro il divorzio
    I figli con genitori separati hanno bisogno di un padre e di una madre nei cieli, e di un padre e di una madre sulla terra
    di Francesco Agnoli
    Davvero la storia del bimbo che spezza l'Eucaristia per i suoi genitori divorziati e risposati è così importante? Davvero l'ottica con cui si può guardare a quel fatto è solo e soltanto quella proposta dai kasperiani e dalla stampa in generale? Sarà la mia deformazione di padre, non sinodale, ma di figli in carne e ossa; sarà la mia deformazione di professore, che vede sempre più diffuso il dramma e il dolore dei figli del divorzio, ma io, la storia del bambino, la leggerei diversamente. Per me quel bambino è anzitutto un figlio che non ha più, con sé, al suo fianco, i suoi genitori. E i suoi genitori non glieli ha tolti la chiesa dei cattivi, quella di Giovanni Paolo II, di Benedetto XVI, e degli innumerevoli papi che li hanno preceduti. Troppo legati alla legge, alla regola, duri di cuore. E quei genitori non li avrà indietro dalla chiesa dei "più buoni", quella del cardinal Kasper, ecc.
    Sino a ora la grancassa pro cambiamento della dottrina sulla comunione, aveva suonato solo un tamburo: quello dei poveri adulti, dei poveri genitori risposati. Qualcuno deve aver capito che la chiesa, forse per il suo amore per Gesù bambino, è sempre stata, anzitutto, l'avvocato dei più deboli, cioè dei bambini.
    Ecco allora costruita, forse inventata, certamente pubblicizzata ad arte, la storiella a sfondo sentimentale. Chi ha davvero il coraggio di opporsi ai desideri di un bimbo? Neppure il feroce cardinal Mueller, neppure il terribile Pell, neppure Sarah, saranno capaci di tanto!
    E invece, la storiella, può avere una lettura diversa.
    E' anche per i bambini che la chiesa è contro il divorzio. E' anche per ricordare che i figli hanno diritto ad un padre e a una madre, se possibile, per tutta la vita, che la chiesa nega l'accesso all'altare ai divorziati risposati che permangono nella loro condizione. La nega perché la violazione della comunione familiare, è nel contempo la negazione della comunione con Cristo.
    Quel bambino soffre anzitutto perché sballottolato da una casa all'altra; perché, sin da piccolo, non ha un luogo sicuro, stabile, in cui sperimentare l'amore fedele e incondizionato.
    Sì, quel bambino deve parlare ai padri sinodali, dice a loro questo: non abbiate paura di ricordare al mondo che noi bambini abbiamo bisogno di un padre e di una madre nei cieli, e di un padre e di una madre sulla terra. Non dimenticate di dire che questo è il piano d'amore di Dio per gli uomini. Fatelo, perché le opere di misericordia non solo quelle corporali, ma anche quelle spirituali; perché misericordia è anche ricordare, a chi sbaglia, il suo errore, non per condanna, ma affinché "si converta e viva".
    E' anche per i bambini che la chiesa è contro il divorzio

    IL SINODO DELLA COMMOZIONE? NO, DELLA PROFANAZIONE
    Antonio Socci
    Ieri ho ricevuto questo messaggio mail:
    “DUNQUE, LA PROFANAZIONE DELL’EUCARISTIA COMPIUTA DA UN RAGAZZO CHE SI IMPOSSESSA DELL’OSTIA CONSACRATA, LA SPEZZA E NE CONSEGNA LA META’ AL PADRE DIVORZIATO, VIENE PORTATA AD ESEMPIO DA UN PADRE SINODALE. MA DOVE VOGLIONO ARRIVARE QUESTI?”
    Sono basito anche io perché – stando a quanto è stato detto in conferenza stampa dai bergogliani – questo racconto, avrebbe “commosso” molti padre sinodali.
    Personalmente ne dubito. Anzi credo che la maggioranza dei padri sia rimasta addolorata e costernata. Perché non si può fare ciò che si vuole del Santissimo Corpo e del Sangue del Signore.
    E se un bambino lo ha fatto, senza capire cosa significa quel sacramento (perché evidentemente non era stato adeguatamente preparato), certamente non è un episodio da indicare come esempio.
    Naturalmente nessuno può e vuole ostracizzare quel padre che fa parte della Chiesa come chiunque di noi e deve sentirsi totalmente a casa sua. Ma, evidentemente, la sua era una situazione che non gli permetteva di accostarsi all’eucarestia, come capita a chiunque di noi prima di ogni confessione. Non ci sono peccatori di serie A che meritano l’eucarestia senza l’assoluzione sacramentale (come vorrebbero gli innovatori) e peccatori di serie B che – non essendo divorziati risposati – devono confessarsi prima di fare la comunione. Siamo tutti nelle medesime condizioni e a tutti è richiesta la stessa predisposizione prima di prendere la comunione. Dunque lungi dal celebrare quell’episodio come “commovente” lo si dovrebbe considerare un doloroso incidente (e, permettete, io vorrei anche verificarne l’autenticità… ).
    E’ SCANDALOSO CHE SI SIA CELEBRATO IN UN SINODO SULLA FAMIGLIA UN TALE FATTO COME COMMOVENTE ED ESEMPLARE AL PUNTO DA ESSERE STATO SELEZIONATO ADDIRITTURA PER ESSERE RIFERITO NELLA CONFERENZA STAMPA, IN MODO DA ORIENTARE L’OPINIONE A FAVORE DELLE TESI ETERODOSSE DI KASPER, CON LA FURBATA DEL SENTIMENTALISMO.
    MA POSSIBILE CHE NON ABBIANO PIU’ NESSUNA VERGOGNA?
    Chi ha coscienza di cosa è il dono dell’Eucarestia, e di quanto è costato, dovrebbe ripetere con Benedetto XVI: “Il tradimento dei discepoli, la ricezione indegna del Suo Corpo e del Suo Sangue, è certamente il più grande dolore del Redentore”.
    Ormai il Sinodo che Benedetto XVI aveva convocato per difendere la famiglia dall’aggressione del mondo, sembra sia diventato il Sinodo di glorificazione dei divorziati risposati.
    IL SINODO DELLA COMMOZIONE? NO, DELLA PROFANAZIONE - Lo StranieroLo Straniero

    Tosatti: malizie sinodali
    Da San Pietro e dintorni
    Nota di MiL: come dice Tosatti e ricordava Gaber in "Io se fossi Dio" "mi vien da vomitare"
    San Pietro e dintorni
    Dopo lo straziante racconto fatto ai Padri sinodali del bambino che divide la sua ostia della prima comunione con il papà che non può riceverla perché divorziato e risposato, i maligni avranno pensato: ecco a che cosa serviva il buon parroco invitato dal Papa al Sinodo!
    Il Sinodo per definizione è un sinodo di Vescovi; ma papa Francesco vi ha invitato anche due parroci, ignoti al grande pubblico e a chi scrive, ma certamente conosciutissimi nella loro città.
    Il racconto del bimbo avrebbe riaperto, secondo molti, il dibattito su eucaristia e divorziati e risposati, che forse stava prendendo una piega sfavorevole agli aperturisti.
    Se la tendenza continua mostrarsi favorevole alla tradizione millenaria della Chiesa, possiamo aspettarci un racconto sulla Mamma morente che divide l’ostia con il figlio divorziato/risposato.
    Tutto fa legna per il fuoco….
    Bimbo. Ostia. Stilum Curiae...

    «Il Sinodo 2015 è lo scontro fra la Chiesa e l’Anti-Chiesa»
    di Tommaso Caldarelli
    Conferenza stampa dai toni forti da parte dei gruppi cattolici conservatori: «Al Sinodo non si parla abbastanza di peccato»; presente il Cardinale Burke che dice: «Il relativismo rischia di superare le differenze fra bene e male»
    Non sono andati molto per il sottile i gruppi cattolici conservatori di Voice of The Family che hanno convocato una conferenza stampa oggi in un albergo a via della Conciliazione: “Il Sinodo 2015 è lo scontro fra la Chiesa e l’Anti-Chiesa”, ha detto Thomas Ward, medico, presentato come “padre di otto figli e nonno di trenta bambini”. E, ha continuato, “sono qui a parlare proprio per i miei figli e per i miei nipoti”. Al tavolo dell’Hotel Columbus, fra gli intervenuti, il Cardinale Raymond Leo Burke, già prefetto del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica e attualmente Priore dell’Ordine di Malta.
    Fece scalpore, a suo tempo, la vicenda di cui fu protagonista l’ex vertice del principale tribunale vaticano; esperto di diritto canonico, di tendenze conservatrici, Burke nel 2014 fu destinato a un ruolo sostanzialmente cerimoniale, la guida dell’Ordine dei Cavalieri di Malta e di Rodi; il sito conservatore LifeNews, il direttore del quale era presente alla conferenza stampa, definì Burke “il difensore numero uno di lingua inglese degli insegnamenti tradizionali della Chiesa Cattolica sui temi della vita e della famiglia” e si ricorda anche un siparietto in cui il cardinale se ne andò via prima di salutare Papa Francesco durante la messa di beatificazione di Paolo VI.
    Seduti accanto a lui oggi un medico inglese, il direttore del suddetto LifeSite e un’esponente di Voice of The Family, un raggruppamento di associazioni laicali che, si legge sul sito ufficiale, si descrive come “un’iniziativa laica a sostegno dell’insegnamento cattolico sulla famiglia”.
    Sul sito ufficiale di Voice of The Family è riportato un intervento dell’arcivescovo di Astana, Thomas Peta, che ha riportato le parole utilizzate da Papa Paolo VI: “Attraverso qualche fessura il fumo di Satana è entrato nella Chiesa”, aveva detto il Sommo Pontefice; secondo il porporato, di tale fumo si sentirebbe l’odore in tre temi di discussione emersi dal Sinodo del 2014: “La proposta di ammettere alla Santa Eucarestia coloro che sono divorziati e vivono in nuove unioni civili, l’affermazione che le convivenze sono unioni che possano avere un qualche tipo di valore; sostenere che l’omosessualità possa essere qualcosa in qualche modo normale”; e anche quest’anno, ha continuato il cardinale Peta nell’aula del Sinodo, “si riesce a sentire l’odore di questo gas in alcune parti dell’Instrumentum Laboris e in alcuni interventi dei padri sinodali”. Pronti a sottoscrivere laici, religiosi e sacerdoti che oggi hanno attaccato frontalmente proprio l‘Instrumentum Laboris del Sinodo 2015, che in alcune sue parti, secondo i gruppi conservatori, aprirebbe ad un vero e proprio sovvertimento degli insegnamenti tradizionali della Chiesa Cattolica: e vengono citati puntualmente dei passaggi dell’Instrumentum che sarebbero da rigettare in toto. Come nel Passo 86.
    "Nel contesto culturale e sociale odierno, in cui la sessualità è spesso svincolata da un progetto di amore autentico, la famiglia, pur rimanendo lo spazio pedagogico privilegiato, non può essere l’unico luogo di educazione alla sessualità. Occorre, per questo, strutturare veri e propri percorsi pastorali di supporto alle famiglie, rivolti sia ai singoli sia alle coppie, con una particolare attenzione all’età della pubertà e dell’adolescenza, nei quali aiutare a scoprire la sessualità nell’amore".
    Secondo Voice of The Family questo passo lascia deliberatamente, “genitori e bambini alla mercé” delle organizzazioni internazionali che promuovono la pianificazione delle nascite e delle lobby gay che fanno campagna propagandistica nelle scuole: “Come è possibile che le autorità del Sinodo siano così cieche ai pericoli spirituali e al rischio per le vite e per il welfare dei genitori e dei bambini, sia dentro che fuori la Chiesa?”. Nelle discussioni fra i padri sinodali, continua l’esponente di Voice of the Family, “non si parla abbastanza del peccato”.
    Ci va giù duro il medico inglese Thomas Ward, che parla del Sinodo come del “confronto definitivo fra la Chiesa e l’Anti Chiesa” e chiede ai Padri Sinodali di aiutare le famiglie di tutto il mondo a “proteggere i propri figli dall’indottrinamento omosessuale” che viene diffuso nelle scuole: “La Chiesa deve tornare a proclamare il linguaggio della sessualità autentica”, senza nessun tipo di apertura verso altri tipi di percorsi che possono essere visti come “cooperazione alla corruzione” che portano a “tremende esperienze di distruzione della vita familiare”; e, in risposta ad un giornalista, il dottor Ward continua: “Ho letto il documento, l’Instrumentum Laboris, e vedo che questo contraddice gli insegnamenti della Chiesa. Sono cattolico, amo la Chiesa e non sono nella mente di Papa Francesco: questo documento contraddice gli insegnamenti della Chiesa”.
    Prende la parola solo alla fine Raymond Leo Burke, e, pur calmando i toni, sembra condividere appieno le preoccupazioni degli oratori della Conferenza stampa.
    “Alcuni cristiani ormai confondono la misericordia con la tolleranza e così si arriva ad un punto in cui non si è più in grado di distinguere il bene dal male, il brutto dal bello, il santo dal malvagio”, dice Burke, che continua: “Si arriva ad un approccio talmente relativistico e personale che si supera l’elementare principio di non contraddizione per cui le cose o sono qualcosa o sono altro. Il corretto contesto cattolico è quello della Carità, che significa sempre perdonare il peccatore che si è pentito, e sempre condannare l’errore”.
    “Si parla”, dice ancora Burke, “di matrimonio tradizionale, come se ci fossero alternative a questo tipo di istituto. Il matrimonio non è tradizionale, è naturale”, chiude il porporato.
    «Il Sinodo 2015 è lo scontro fra la Chiesa e l'Anti-Chiesa» | Giornalettismo

    Sinodo e omosessualità. La parola a san Paolo, senza censure
    Da quando nel sinodo i padri hanno cominciato a discutere sulla terza parte del documento base, quella con i punti più controversi, nelle messe feriali si sta leggendo ogni giorno un brano della lettera ai Romani, il capolavoro teologico dell'apostolo Paolo.
    Anche qui, che coincidenza. Proprio come nella domenica inaugurale del sinodo, il 4 ottobre, quando in tutte le chiese cattoliche del mondo risuonarono durante la messa le parole di Gesù nel Vangelo di Marco: "L'uomo non separi ciò che Dio ha congiunto".
    Adesso però la coincidenza tra sinodo e messale non ha a che fare con l'indissolubilità del matrimonio, ma con un'altra delle questioni bollenti: l'omosessualità.
    Martedì 12 ottobre nel messale si è letto il brano del capitolo 1 della lettera ai Romani che va dal versetto 16 al versetto 25. Lì, premesso che "dalla creazione del mondo in poi, le perfezioni invisibili [di Dio] possono essere contemplate con l'intelletto nelle opere da lui compiute, come la sua eterna potenza e divinità", si definiscono "inescusabili" coloro che "pur conoscendo Dio, non gli hanno dato gloria né gli hanno reso grazie come a Dio, ma hanno vaneggiato nei loro ragionamenti e si è ottenebrata la loro mente ottusa".
    E così prosegue:
    "Mentre si dichiaravano sapienti, sono diventati stolti e hanno cambiato la gloria dell'incorruttibile Dio con l'immagine e la figura dell'uomo corruttibile, di uccelli, di quadrupedi e di rettili. Perciò Dio li ha abbandonati all'impurità secondo i desideri del loro cuore, sì da disonorare fra di loro i propri corpi".
    Nella messa di martedì 12 la lettura si è fermata a questo punto. E il giorno dopo è ripresa con il capitolo 2 della lettera ai Romani.
    Ma il capitolo 1 della lettera paolina non finiva lì, e se il messale omette pudicamente quel pezzo, i padri sinodali non possono non sapere che cosa contiene.
    Perché san Paolo prosegue esplicitando per filo e per segno che cosa egli ha inteso dire con quel primo accenno all'"impurità" di quelli che "disonorano fra di loro i propri corpi".
    Ecco infatti il terrificante finale del capitolo 1 della lettera ai Romani
    "Per questo Dio li ha abbandonati a passioni infami; le loro donne hanno cambiato i rapporti naturali in rapporti contro natura. Egualmente anche gli uomini, lasciando il rapporto naturale con la donna, si sono accesi di passione gli uni per gli altri, commettendo atti ignominiosi uomini con uomini, ricevendo così in se stessi la punizione che s'addiceva al loro traviamento. E poiché hanno disprezzato la conoscenza di Dio, Dio li ha abbandonati in balìa d'una intelligenza depravata, sicché commettono ciò che è indegno, colmi come sono di ogni sorta di ingiustizia, di malvagità, di cupidigia, di malizia; pieni d'invidia, di omicidio, di rivalità, di frodi, di malignità; diffamatori, maldicenti, nemici di Dio, oltraggiosi, superbi, fanfaroni, ingegnosi nel male, ribelli ai genitori, insensati, sleali, senza cuore, senza misericordia. E pur conoscendo il giudizio di Dio, che cioè gli autori di tali cose meritano la morte, non solo continuano a farle, ma anche approvano chi le fa".
    Se questo dice la Sacra Scrittura, è evidente che i padri sinodali orientati a cambiare i paradigmi dottrinali e pastorali della Chiesa in materia di omosessualità avranno qualche difficoltà ad armonizzare le loro proposte con questa che è pur sempre "Parola di Dio", come si proclama nella messa al termine di ogni lettura.
    Con buona pace del Catechismo della Chiesa cattolica, non quello d'una volta, ma quello "nuovo" del 1997, che include tuttora "il peccato dei sodomiti" tra i quattro peccati che "gridano vendetta al Cielo", assieme all’omicidio volontario, all’oppressione dei poveri e alla frode del salario degli operai.
    Sinodo e omosessualità. La parola a san Paolo, senza censure - Settimo Cielo - Blog - L?Espresso


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    Predefinito Re: Rif: Il Verbo di Dio si è fatto carne

    GLI ANTICHI SOFISTI NE HANNO INVIDIA
    Piero Nicola
    Il succo del Sinodo sulla famiglia l'aveva già anticipato Bergoglio, ora alcune eccellenze disinvolte, che sono membri di tale assemblea, ripetono il concetto bergogliano, ed è prevedibile che il concetto sovvertitore riceverà l'approvazione. Ecco qua il mostro: la dottrina non cambia, la prassi invece deve adeguarsi alla realtà dei casi concreti, secondo misericordia e verità.
    Gli studentelli delle medie, che imparano la matematica e i rudimenti della logica, forse anche gli scolari primi della classe alle elementari, forzati all'elementare razionalità, ascoltando questa proposizione si troverebbero in imbarazzo, ma i più studiosi avvertirebbero che si tratta di un imbroglio.
    Che dottrina è mai quella che non contempla tutta la concretezza su cui verte? Se detta una legge, questa prevede l'infrazione e la sanzione corrispondente. Ora la legge in questione è chiara e semplice: chi si separa o divorzia unendosi a una terza persona, sia che il soggetto formi con lei una famiglia, sia che si risposi in forza di un diritto stabilito da uomini, sia che abbia figli o no, commette adulterio. Il rimedio è dato pure da un articolo della dottrina riguardante il peccato che reca danno, ed è uno solo: ritornare allo stato precedente di coniuge nel matrimonio primitivo, indissolubile, oppure, stanti le giuste ragioni, nella mera condizione di separato o di separata.
    In tutto ciò non c'è niente di nuovo. Ci sono sempre stati cattolici concubini, adulteri e divorziati in quegli stati dove il divorzio era legale. Quindi il caso di divorziati risposati, anche con prole avuta dopo il secondo o un ulteriore matrimonio, non è affatto inedito. La novità dei casi complicati e pietosi riguardo all'esclusione dai sacramenti, la straordinaria difficoltà del rientro nell'Ovile, sono un pura e deprecabile invenzione.
    La Chiesa seppe sempre come trattare i battezzati pubblici peccatori, che fossero divorziati risposati o concubini. Perciò si è detto più volte che il Sinodo costituiva una violazione della dottrina dogmatica, perché poneva un falso problema in questa materia.
    Invece, a sentire i prelati bergogliani, l'Enciclopedia Cattolica (per citare un solo documento probante) andrebbe inviata al macero. Essa dice, alle voci Indissolubilità e Matrimonio:
    "L'indissolubilità è una delle proprietà essenziali del Matrimonio, che trova la sua sanzione più piena nel Matrimonio-Sacramento".
    "All'indissolubilità del vincolo matrimoniale si oppone invece [...] il divorzio civile".
    "Can. 1110: Dal matrimonio valido nasce tra i coniugi un vincolo di natura sua perpetuo ed esclusivo".
    "Can. 1118: Il matrimonio valido rato e consumato non si può sciogliere [...] da nessuna autorità".
    "La tolleranza o, peggio, il consenso del coniuge offeso non fa venir meno l'adulterio, perché il debito della fedeltà acquisito all'atto stesso del matrimonio è per sua natura inalienabile e imperscrittibile".
    "Il laico che si sia reso responsabile di adulterio pubblico [...] incorre nella esclusione dagli atti legittimi ecclesiastici".
    "Non si può certo accusare la Chiesa di essersi contraddetta nel predicare l'assoluta indissolubilità del matrimonio rato e consumato o di non aver interpretato il pensiero di Gesù".
    Eccetera.
    Ma nel bel mezzo delle sedute dei prelati sinodali, la stampa ci informa che mons. Mark Benedict Coleridge, arcivescovo di Brisbane (Australia), dice ai giornalisti che i divorziati risposati non devono essere chiamati adulteri. Oh, bella! Chi sono allora gli adulteri? Nessuno gli ha fatto questa domanda impertinente, ma sono certo che il monsignore risponderebbe di non essersi mai sognato di negare l'esistenza, piuttosto teorica, di tali cocciuti. Però, siccome ci sono i ben disposti al pentimento e anche gli altri sono chiamati alla retta via secondo il volere del Signore, la parola adulterio deve essere bandita. Essa è contraria alla pastorale misericordia, alla divina volontà che opera per la salvezza di tutti.
    Ciò, in parole povere, significa che la Chiesa tradizionale, antecedente la scoperta della vera pastorale misericorde, era scema e cattiva. Infatti, giova ripeterlo, la questione da essa risolta usando il termine adulteri e negando loro i sacramenti, finché non avessero confessato il peccato e non avessero sanato la loro situazione peccaminosa e scandalosa, tale questione, dico, si poneva esattamente nei modi in cui oggi si pone.
    Invero, il Coleridge risponde a iosa, sebbene per vie traverse, al quesito essenziale: come si trattano coloro i quali venivano considerati adulteri? "Occorre discernimento e dialogo pastorale" egli raccomanda. "Bisogna ascoltare e valutare le storie". "La chiesa sinodale è chiesa di ascolto" deduce il giornalista. "Le situazioni non sono bianche o nere (come sta scritto nei polverosi manuali teologici), esse sono sfumate".
    Intanto, per questi prelati il tempo non esiste, può essere sospeso, sospeso il giudizio, sospesa la sentenza. Nel frattempo il caro assistito, che pertanto non viene considerato fuori della comunione ecclesiale, può ancora peccare e far peccare l'altro che sta con lui, è libero di dare ulteriore scandalo. O anche la parola scandalo deve scomparire? Così sembra, salvo ricuperarla in altre occasioni che fanno comodo, come l'adopera Bergoglio contro certe persone.
    Poi, dev'esserci una conclusione di tale procedimento caritatevole. È inutile sfuggire con vaghe allusioni contraddittorie e con penose ambiguità. Abbiamo visto che la risoluzione non manca: sta nella prassi predicata, nella pratica che, abolendo condanne ed esclusioni, deve ammettere l'inammissibile: la piena accoglienza nella comunione del Corpo Mistico di peccatori pubblici.
    Dalla stessa fonte apprendiamo che il vescovo di Parma mons. Enrico Solmi, ex capo commissione Cei sulla Famiglia, dichiara doversi "considerare una situazione di vita" di persone battezzate (come se la legge naturale non riguardasse tutti, e i battezzati non potessero perdere colpevolmente la grazia del Battesimo), "nuclei familiari ormai assodati" e con figli (come se la solidità dell'adulterio e i suoi figli potessero diminuirlo o avviarlo all'assoluzione). Il rimedio starebbe nel mettersi accanto agli adulteri e dialogare con loro, nel vedere la prospettiva per il futuro (come se non esistessero regole nette su questo punto).
    Il monsignore parla con la stessa inconcepibile vaghezza di "cammino di riconciliazione" e di "richiesta di perdono". Donde, la formula: prassi pastorale = misericordia + verità (una verità già calpestata). Donde, non ragionare in termini astratti (i.e. la dottrina è astratta).
    Nell'inferno forse gli antichi sofisti possono nutrire la mala speranza di non restar soli, ma in invidiabile compagnia, giacché a loro non toccò di confrontarsi con Gesù Cristo.
    Contravveleni e Antidoti: GLI ANTICHI SOFISTI NE HANNO INVIDIA (di Piero Nicola)



    Il cardinale Marx? Parla come Lutero
    di Angela Pellicciari
    Il problema dell’accesso dei divorziati risposati alla comunione è davvero così difficile da risolvere? Un gruppo di porporati suggerisce la quadratura del cerchio: si tratta di consentire a quanti si trovano nella spinosa situazione di voler fare la comunione pur senza averne diritto, di decidere cosa fare a livello personale, a livello di “foro interno”, con l’aiuto, va da sé, di un padre spirituale.
    Portata alle estreme conseguenze la soluzione opta per un deciso ricorso al relativismo: non c’è una verità assoluta perché le cose cambiano col variare delle situazioni e ciascuno può valutare in coscienza la cosa migliore da fare. Padre di questa posizione è Martin Lutero.
    Mutatis mutandis anche Lutero si trova a dover prendere posizione su un caso spinoso: è lecito al langravio Filippo d’Assia, luterano della prima ora, definito dal “profeta della Germania” il “nuovo Arminio”, diventare bigamo? Vizioso e lussurioso, Filippo scrive a Lutero per ottenere il suo consenso alla celebrazione in pubblico di seconde nozze - cui la prima moglie acconsente - con la diciassettenne damigella di corte Margherita di Saale. Il caso non è di facile soluzione perché, se Lutero rifiuta, il suo braccio destro può passare armi e bagagli nelle fila del cattolico imperatore Carlo V. Vista la delicatezza del momento Lutero e Melantone rispondono immediatamente, il giorno dopo aver ricevuto la lettera: in pubblico non si può celebrare nessun matrimonio perché lo scandalo sarebbe troppo grande; se però il langravio insiste, gli si può concedere una dispensa perché il “matrimonio supplementare” non ha nulla contro la legge di Dio e può essere determinato da una “necessità di coscienza”: “l’uomo può, col consiglio del suo pastore, prendersi ancora un’altra donna”.
    Il cardinale Marx? Parla come Lutero

    Il Papa punta solo sul marketing
    Intervista di Italia Oggi ad Alessandro Gnocchi, condotta da Goffredo Pistelli
    Domanda. Gnocchi, questo viaggio americano dimostra che Francesco continua a piacere troppo?
    Risposta. Per capirlo bisogna partire da una notizia di sabato scorso.
    D. Prego.
    R. Il Senato americano ha respinto un disegno di legge per impedire l’aborto oltre la ventesima settimana di gravidanza. Una norma che, secondo Life News avrebbe salvato almeno diciottomila bambini ogni anno.
    D. E dunque?
    R. Dunque, tre giorni dopo aver applaudito il Papa in seduta congiunta, i rappresentanti del popolo americano hanno mostrato di aver ben compreso quanto i temi strettamente legati alla dottrina e alla morale cattoliche stiano nel cuore di Bergoglio. Del resto, lo aveva detto lui che non bisogna essere ossessionati da certi temi.
    D. Cosa è contato, allora, secondo Lei, di questo viaggio?
    R. Guardi, ciò che conta per questo pontificato e per questa Chiesa è andare in prima pagina e nelle aperture dei tg. Perché, a conti fatti, la pastorale, e specialmente questa pastorale, è marketing. Ma c’è un altro aspetto di questo viaggio su cui riflettere.
    D. E cioè?
    R. Francesco non ha fatto che parlare dell’enciclica Laudato Si'.
    D. L’enciclica sull’ambiente.
    R. Non so quanti l’avranno letta, essendo lunghissima, oltre 200 pagine: aspetto questo davvero poco misericordioso verso il fedele.
    D. Questa è una battuta carina, vada avanti.
    R. Fatta salva la cornice teologica, palesemente posticcia, con qualche spruzzata di dottrina e di morale nominate invano, per il resto con questa enciclica siamo in presenza di una piattaforma di trattativa col mondo e con le sue potenze. Non a caso, la Laudato Si' è l’unico documento che Bergoglio cita e utilizza, per parlare per esempio con Barak Obama e per andare all’Onu. Insomma il terreno sui cui intende muoversi è questo. Ma d’altra parte l’ha detto sin dal primo giorno. Una cosa che non si può certo rimproverare al pontefice è quella di non esser stato chiaro.
    D. Che significa dialogare col mondo e coi potenti del mondo, Gnocchi?
    R. Non vorrei sembrare irriverente, ma bisogna che mi spieghi con un’immagine letteraria.
    D. Siamo un giornale laico, non si preoccupi.
    R. Ciò che vedo oggi nella Chiesa, attraverso questo pontificato, è la strategia di Saruman. Ha letto Il Signore degli Anelli, vero?
    D. No, Tolkien mi manca e non ho visto neppure il film, ché il genere fantasy non mi piace.
    R. Beh, Saruman, il capo religioso della Terra di Mezzo, preso atto che il Male è troppo forte, che non ci si può opporre, decide di allearcisi nell’illusione di governarlo. «Una nuova Potenza emerge» dice Saruman. «Inutili sarebbero contro di essa i vecchi alleati e l’antico modo di agire. Questa è dunque la scelta che si offre a te, a noi: allearci alla Potenza».
    D. Una Chiesa che viene a patti col Male, Lei dice?
    R. Una Chiesa, nella sua componente umana e visibile, che sceglie di giocare la partita del Nemico. D’altra parte, come vede, l’agenda della Chiesa è dettata da altri. I problemi sono quelli dell’ambiente, dell'economia, dei rapporti con la politica in banalissimi termini di potere. Questo Papa fa proprio ciò che il mondo predica da sempre. Perciò il mondo lo sostiene.
    D. In effetti ha colpito molti che nel discorso al Palazzo di Vetro, oltre a casa, lavoro, terra e libertà, non sia stato citato Gesù Cristo, che i bisogni dei popoli li incarna da 2000 anni.
    R. No, infatti. Il Papa dice meglio, e con maggiore autorevolezza di quella che potrebbe avere Ban Ki Moon, i valori delle Nazioni Unite. È un annuncio un po’ da pop star, ma Bono Vox degli U2 non saprebbe fare meglio. Credo che una buona definizione di Bergoglio sia quella di Pope Star.
    D. Senta, ma anche il Vangelo dice che la Chiesa deve farsi lievito del mondo.
    R. Già, ma il lievito non si fa uguale alla pasta, sennò la pasta non lievita.
    D. Peraltro, al consenso di Bergoglio, non fa riscontro una conversione al cattolicesimo. Non si fa a cazzotti per entrare in Chiesa, mi pare.
    R. Semmai si fa a cazzotti per uscire. Anzi, si farebbe a cazzotti per uscire se le chiese fossero piene, ma non lo sono. L’effetto Bergoglio dov’è? Dove sono i grandi convertiti? Raul Castro, quando venne a Roma, disse: «Se il Papa continua così, finirà che mi rifaccio cattolico». E pure Al Gore, disse che forse ci avrebbe pensato. E poi i birignao con Pannella&Bonino. Questa Chiesa si accontenta delle intenzioni di conversione. Ma tanto le basta per andare sulle prime pagine dei giornali che, ormai, si accontentano delle intenzioni di notizia.
    D. È un Papa da Nobel. Un grande magazine s’è chiesto se è anche cattolico. Lei che ne pensa?
    R. La copertina di Newsweek non era campata in aria. E non mi interessano i dubbi sulla sua elezione, come quelli dello scrittore Antonio Socci. Però, come qualsiasi laico, posso dire dove e quando non è cattolico: in quasi tutti i suoi atti.
    D. Cioè?
    R. L’elenco è lungo, l’ultimo esempio è il Motu proprio sulla nullità dei matrimoni.
    D. Ossia il provvedimento con cui invita i tribunali diocesani a semplificare le procedure per rendere nulle le nozze celebrate religiosamente.
    R. Non si tratta solo di snellimento delle procedure. Per la prima volta, nero su bianco, con la firma di un pontefice, si cambia qualcosa di fondamentale in un sacramento.
    D. Spieghiamolo bene.
    R. Quando si dice che il sacramento non è valido se non c’è la fede in chi lo celebra, in questo caso i coniugi, si fa un’affermazione quanto meno prossima all’eresia.
    D. Addirittura.
    R. Sì perché la validità di un sacramento non dipende dalla fede di chi lo celebra, quando questi voglia comunque fare ciò che fa la Chiesa. Il caso più evidente sta in quei miracoli eucaristici in cui l’ostia si trasforma anche fisicamente nel corpo di Cristo, pur essendo consacrata da un sacerdote che dubita della presenza di Cristo sotto le specie del pane e del vino. Se ci sono i ministri che vogliono fare ciò che fa la Chiesa, se c’è la materia e se c’è la forma, Dio opera.
    D. Torniamo al Motu proprio.
    R. Appunto, nel primo paragrafo dell’articolo 14 si elenca come primo esempio tra i motivi che permettono di trattare la nullità del matrimonio proprio la mancanza di fede. Inoltre, l’elenco si conclude, non so dire se tragicamente o comicamente, con un «eccetera» nel quale, a questo punto, ci può stare proprio tutto.
    D. Questa opzione Saruman, come lei l’ha definita, c’entra?
    R. Certo, perché si dà al mondo ciò che vuole con l’intenzione di farselo amico, visto che si pensa di non poterlo più combattere. E allora, proprio come Saruman, si rinnegano i «vecchi alleati e l’antico modo di agire». Il sacramento viene sottomesso alle voglie matte degli uomini e non più ai diritti di Dio. Con la conseguenza che si snatura un sacramento, ossia lo strumento ordinario col quale la Grazia di Dio raggiunge gli uomini.
    D. Un mutamento d’epoca.
    R. Certo, l’orizzonte non più un mondo che dipenda da Dio, ma quello di una Chiesa che dipende dal mondo e dal potere del mondo.
    D. Qualcuno pensa che questo Motu proprio sia stato il modo per bypassare un Sinodo sulla famiglia, che si apre a ottobre, e che non pare essere disposto a grandi aperture su questa materia.
    R. Prima del Motu proprio pensavo che non sarebbe successo niente in questo Sinodo, che la linea sarebbe stata quella della dottrina che non muta, ma cambia sostanzialmente la prassi pastorale. Ora, però, vediamo mutare proprio la dottrina, ben prima del fatidico Sinodo, e molti vescovi sono allarmati. Si dice che lo stesso cardinale Gerhard Müller, prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede (nominato da Benedetto XVI, ndr) abbia fatto le sue rimostranze al Papa.
    D. Sul Motu proprio, come su tutto il resto, Bergoglio evoca la misericordia, cui è dedicato anche l’Anno santo che si aprirà l’8 dicembre.
    R. La misericordia si esercita in questo mondo fino all’ultimo istante nella vita della persone, ossia fino all’ultimo Dio concede di convertirsi, di abbracciare la Croce, Gesù Cristo, la Chiesa. In qualsiasi momento, uno, qualunque cosa abbia fatto, può pentirsi e modificare la sua vita, conformandola alla verità. La misericordia implica il primo movimento di Dio verso il peccatore e la sua miseria, ma continua con un movimento di conversione della creatura verso Dio.
    D. E non è la stessa misericordia di cui parla il Papa?
    R. No, Dio ci ama anche quando sbagliamo, ma ci chiede di cambiare veramente la nostra vita attraverso il pentimento, la preghiera e la penitenza. Non cambia la sua legge perché non ci può essere accondiscendenza verso l’errore. La Chiesa ha sempre distinto peccato e peccatore ma…
    D. Ma?
    R. Ma non ha mai vezzeggiato il peccatore confermandolo nel suo peccato, non è mai stata una fiancheggiatrice del peccatore, non ha mai giustificato i «cristiani che sbagliano».
    D. E non ha abolito il peccato...
    R. Infatti la misericordia opera fino all’ultimo secondo di vita, poi c’è il giudizio.
    D. Quindi i tribunali che giudicano con misericordia?
    R. Ma che significa? I tribunali devono giudicare secondo giustizia.
    D. L’Anno santo a che servirà?
    R. Come tutti gli avvenimenti religiosi di questa Chiesa, in cui ormai prevale l’aspetto mondano e mediatico, servirà a vendere un gadget: servirà a diffondere la misericordia a prezzi di saldo, a giustificare il cedimento e l’accordo con il mondo. Una tattica intelligente e astuta: l’Anno santo sarà demandato a diocesi e parrocchie, il messaggio verrà così radicato sul territorio.
    D. Si rischia uno scisma, come qualcuno ha già ricordato?
    R. È stato lo stesso cardinal Müller a evocarne lo spettro durante una sua visita in Germania. E mi pare uno scenario più che realistico, perché lo scisma c’è già, è in atto. Che ci siano due chiese è evidente. Sto aspettando un pastore che abbia a cuore la Chiesa vera, e porti autorevolmente in luce ciò che i fedeli provano già sulla loro pelle.
    D. Ma nella Chiesa italiana, la situazione qual è? In primavera il Corriere della Sera aveva parlato di molti vescovi, la maggioranza, che, in cuor loro, sarebbero piuttosto contrari alla predicazione di Francesco.
    R. Non ho elementi per confermarlo. Certo, in molte diocesi, sono preoccupati, ma soprattutto per le ricadute pratiche di certi atti, ad esempio per quello che i tribunali diocesani si troveranno a dover gestire dopo questo Motu proprio di cui abbiamo parlato. Non certo per ciò che ci sta dietro.
    D. E nelle parrocchie?
    R. Trovo molti preti e anche religiosi di congregazioni non sospettabili di simpatie col tradizionalismo, che avvertono tutto il mutamento radicale e doloroso, sul piano morale, imposto da questo papato. Sono soprattutto quelli che stanno molto in confessionale e sentono cosa questa apertura stia provocando fra i fedeli. Ha dato la stura al peggio.
    Il Papa punta solo sul marketing – Intervista di Italia Oggi ad Alessandro Gnocchi - 30 settembre 2015



    Bergoglio, agente attivo del mondialismo
    di Jérôme Bourbon
    Se certi ingenui avessero ancora qualche dubbio sulla personalità e i veri obiettivi del successore di Josef Ratzinger, la «visita trionfale» (Le Parisien dixit) di Jorge Mario Bergoglio negli Stati Uniti dovrebbe finire con l’illuminarli.
    Obama e tutto quanto l’America conta di sinistri, di immigrazionisti, hanno calorosamente gioito per i discorsi pronunciati da Francesco.
    Bisogna dire che l’uomo in bianco è stato forte, riprendendo punto per punto tutte le parole d’ordine delle organizzazioni mondialiste.
    Nel suo lungo discorso a New York davanti all’Assemblea generale delle Nazioni Unite, così come nel suo intervento al Congresso di Washington, entrambi salutati con frenetici applausi in piedi (cosa ben lontana dagli insegnamenti di Cristo, secondo i quali i suoi veri discepoli, quelli che lo avrebbero servito in giustizia e verità, sarebbero stati odiati e perseguitati dal mondo), Bergoglio, riprendendo tutti i luoghi comuni massonici e mondialisti, ha chiamato “gli Stati del mondo intero a costruire un ordine economico mondiale”, ha espresso la sua viva inquietudine per il cambiamento climatico e l’inquinamento (bisognerà aggiungere un undicesimo comandamento: “Non inquinare la terra e lottare contro il riscaldamento climatico”, per rientrare nei canoni del capo della chiesa conciliare?). Francesco ha chiesto che alla prossima conferenza di Parigi sul clima si raggiungano “accordi fondamentali”, insistendo molto sulle priorità per la salvaguardia della “casa comune”, che egli aveva già elencate nella sua “enciclica” Laudato si’.
    Francesco, quarto occupante il seggio di Pietro che si reca all’ONU, dopo Paolo VI, Giovanni Paolo II (due volte) e Benedetto XVI, ritiene che “esiste un vero diritto all’ambiente” (sic!) che dev’essere meglio riconosciuto: “la crisi ecologica può mettere in pericolo l’esistenza stessa dell’umanità”. “In tutte le religioni, l’ambiente è un diritto fondamentale”, ha dichiarato con vigore in questo emiciclo massonico.
    Nel suo discorso al Congresso, egli si è augurato che gli Stati Uniti ritornino allo spirito dei loro Padri fondatori, il che è particolarmente scioccante quando si pensi che costoro erano tutti dei massoni protestanti, profondamente anticattolici, ed anche questo la dice ulteriormente lunga sul pensiero, la personalità e le convinzioni dell’uomo in bianco. Il quale si è anche esplicitamente pronunciato contro la pena di morte, per gli assassini, ovviamente, non per le vittime.
    Come scrive Christian Daisug, il corrispondente permanente dagli Stati Uniti de Le Journal du matin [Le réchauffement climatique inquiète les Nations-Unies]: «Bergoglio ha puntato un dito accusatore verso l’industriale bianco americano. Eccesso di capitalismo: ma non ha fatto parola del denaro vagante, né della corruzione di Wall Street. Armi da fuoco: ha denunciato quelle che uccidono, senza menzionare quelle che salvano. Pena di morte: la compassione è stata tutta per i mostri, considerati tutti recuperabili.»
    Francesco ha tenuto anche a sostare in raccoglimento davanti ad una delle vasche del memorial dell’11 Settembre, prima di partecipare ad una riunione ecumenica all’interno del museo sotterraneo, dove si trovavano le torri del World Trade Center. Qui, nel corso di una cerimonia che riuniva rappresentanti delle confessioni: ebraica, musulmana, sikh, ortodossa, indù, ha supplicato per il rispetto delle differenze… «La nostra presenza qui sia un segno potente delle nostre volontà di condividere e riaffermare il desiderio di essere forze di riconciliazione».
    Ma è sulla questione dell’immigrazione che Bergoglio si è mostrato più insistente: «Quale figlio di una famiglia di emigranti, sono lieto di essere ospite in questa Nazione, che in gran parte fu edificata da famiglie simili», ha detto Francesco al suo arrivo alla Casa Bianca, nel corso della cerimonia protocollare.
    Per tutto il suo soggiorno negli Usa, nei suoi discorsi all’ONU, al Congresso, ai vescovi americani, nelle omelie, il successore di Benedetto XVI ha insistito con forza sulla necessità dell’accoglienza obbligatoria, senza riserve e senza condizioni, delle ondate di clandestini, cosa che secondo lui è la sola opzione possibile.
    Ora, qui non si tratta del fatto che i paesi bianchi e occidentali dovrebbero accogliere caritativamente una manciata di stranieri, ma di aprire le braccia a milioni di invasori e di soppiantatori. Si tratta di rovesciare in maniera definitiva – si pensa – la sostanza etnica e confessionale di interi paesi. Di conseguenza, farsi promotori di questa invasione, come Bergoglio fa in Italia (invasa ogni giorno di più), negli Stati Uniti e dovunque si venga a trovare, è cosa inaccettabile e prova che egli è un agente attivo del mondialismo, che lavora mano nella mano con l’ONU per farla finita con la civiltà bianca, europea e cristiana, visto che l’immensa maggioranza degli immigrati che vengono all’assalto dei paesi occidentali sono di religione maomettana.
    Araldo dell’immigrazione-invasione, Bergoglio partecipa attivamente anche alla distruzione della famiglia. Ci si ricordi della celebre formula “chi sono io per giudicare un gay?”, del suo recente sostegno espresso ad una editrice lesbica che nei suoi libri promuove la teoria del gender, del suo appoggio a dei preti apertamente omosessuali e operanti per i “diritti dei gay”, della sua accoglienza calorosa, il 1 settembre, di Mons. Jacques Gaillot, già vescovo di Evreux, che, uscendo dall’incontro in Vaticano, ha dichiarato che Bergoglio ha approvato, non solo la sua attività in Francia a favore dei “migranti”, ma anche la benedizione religiosa che egli elargisce regolarmente a delle “coppie” omosessuali.
    Anche l’indissolubilità del matrimonio è messa sotto i piedi e ci si orienta verso un “divorzio cattolico”, un “divorzio” però che non si fa chiamare col suo nome. Come è d’uso a partire dal Vaticano II, si finge di richiamare i princípi per meglio trasgredirli bellamente: si ricorda l’indissolubilità del matrimonio, in teoria, mentre in pratica la si nega.
    Con due “Motu proprio”, Mitis Iudex Dominus Iesus («Il Signore Gesù, giudice clemente») e Mitis et misericors Iesus («Gesù mite e misericordioso») resi pubblici l’8 settembre, Francesco ha anche voluto rendere più rapido e accessibile il procedimento giudiziario delle cause di nullità del matrimonio. Da oggi, basta una sola sentenza per annullare un matrimonio, contro le due di prima; si stabilisce la gratuità del procedimento, che è semplificato ed accelerato; questo aumenterà in maniera esponenziale le domande di annullamento.
    Peraltro il Sinodo sulla famiglia – la cui prima parte si è svolta l’anno scorso nello stesso periodo ed ha già spianato la strada al riconoscimento delle “coppie” omosessuali e alla possibilità di far accedere ai sacramenti i divorziati risposati – rischia di portare a compimento lo smantellamento della morale familiare e coniugale; così da favorire la confusione, il relativismo morale e dottrinale e infine l’apostasia generale, rendendo le nazioni e i popoli d’Europa ancora più vulnerabili di fronte a tutte le iniziative di dissoluzione interna e di invasione esterna, di fronte a tutti i veleni morali e contro-natura (droga, omosessualità, pornografia, aborto ed eutanasia di massa), di fronte all’ondata dell’immigrazione maomettana conquistatrice e soppiantatrice.
    Jérôme Bourbon - Bergoglio, agente attivo del mondialismo



    DIKTAT AL SINODO (COME AVEVO PREVISTO): BERGOGLIO PERDE SUL CAMPO, MA SI AUTOASSEGNA LA VITTORIA A TAVOLINO.
    E SE ORA CONTINUERA’ LA DISTRUZIONE? INCORRERA’ NELLA STESSA CONDANNA DI PAPA ONORIO (CHE FECE MOLTI MENO DANNI)?
    Antonio Socci
    In Italia la stampa ha steso una cappa di plumbea e uniforme propaganda di regime attorno al Vaticano di Bergoglio. Altrove non è così. Sui giornali stranieri più autorevoli ci sono voci che spiegano le conseguenze devastanti del colpo di mano di Bergoglio sulla Chiesa Cattolica.
    Per esempio, venerdì scorso sul sito del “Washington Post”, Steve Skojec ha firmato un articolo che aveva questa esauriente titolazione:
    “Il Sinodo è stato una farsa. I leader cattolici fedeli (alla dottrina) dovrebbero abbandonare l’aula sinodale. La chiesa sta facendo una svolta pericolosa verso l’eresia nelle sue posizioni sul divorzio e l’omosessualità”.
    In realtà ai progressisti bergogliani poco importa dei divorziati risposati, ma l’argomento è usato per scardinare la Chiesa cattolica così come l’abbiamo conosciuta per duemila anni.
    IL VERO COMPLOTTO
    Un editoriale di Ross Douthat sul Sinodo, nel sito del “New York Times”, è stato pubblicato con questo titolo: “Il complotto per cambiare il cattolicesino The Plot to Change Catholicism. I giornali nostrani – su input dell’establishment vaticano – hanno fatto passare da complottisti 13 cardinali che hanno semplicemente e lealmente scritto una lettera privata al papa, dove esprimevano le loro preoccupazioni. Ma gli stessi media hanno taciuto sul vero complotto, quello che il sito del “New York Times” definisce appunto “il complotto per cambiare il cattolicesimo”. Douthat spiega che “in questo momento il primo cospiratore è il papa stesso. Lo scopo di Francesco è semplice: egli favorisce la proposta dei cardinali liberal” cioè “un cambiamento di dottrina”.
    Un “cambiamento di dottrina” è il rinnegamento del Vangelo e nessuno nella Chiesa ha il potere di farlo, nemmeno il papa, perché egli non è sopra la legge di Dio e sopra la Parola di Dio, ma deve servirle e custodirle. Però questo sta accadendo. Solo che nel corso del Sinodo le idee rivoluzionarie di Bergoglio si sono scoperte minoritarie, sebbene l’establishment vaticano e i compiacenti media italiani lo abbiano nascosto in tutti i modi: è tornata utile perfino la ridicola storiella della “cospirazione” che sarebbe stata ordita con la notizia sul tumore del “Quotidiano nazionale”.
    Pur di delegittimare la maggioranza cattolica, la minoranza bergogliana è sembrata riesumare il Fodria (Forze oscure della reazione in agguato) che Giampaolo Pansa per anni ha ridicolizzato come il classico topos ideologico della Sinistra più settaria.
    TRE SCONFITTE
    Tornando al Sinodo ormai è la terza volta che Bergoglio va in minoranza. Le sue tesi su divorziati risposati e coppie omosessuali sono state bocciate prima dal Concistoro del febbraio 2014, poi dal Sinodo straordinario dell’ottobre 2014, infine da questo Sinodo.
    E tale ripetuta bocciatura – un caso unico nella storia della Chiesa – è avvenuta nonostante che Bergoglio abbia usato tutto il suo potere d’imperio – con modi sudamericani e gesuitici – per “pilotare” questi eventi ecclesiali e spingerli alle conclusioni da lui volute.
    Al Concistoro del 2014 impose un relatore unico, senza contraddittorio – Kasper appunto – e dichiarò d’improvviso riformabili insegnamenti che il Magistero della Chiesa aveva dichiarato irriformabili sulla base della Parola di Dio. Al Sinodo del 2014 le tre tesi su divorziati risposati, omosessuali e coppie di fatto, furono respinte, ma Bergoglio – in barba ai regolamenti che lui stesso aveva approvato – decise d’imperio di reinserirle nell’Instrumentum laboris del Sinodo 2015.
    Su questo Sinodo, appena conclusosi, di nuovo è tornato a usare tutti i suoi poteri: lo ha riempito con un numero abnorme di membri da lui direttamente nominati, ha imbavagliato i padri sinodali, ha nominato una commissione tutta di suoi uomini per scrivere la Relatio finalis, poi ha fatto sparire tale Relatio, a Sinodo in corso, quando si è reso conto che era in minoranza, infine l’ha fatta riapparire – dopo le proteste.
    Tutte queste forzature sono state rilevate sul sito del “New York Times” da Douthat che ricorda anche i tanti interventi quotidiani in cui Bergoglio ha “bombardato” i cattolici che si oppongono a Kasper definendoli “dottori della legge” e farisei, mentre, come rileva Douthat, il Vangelo dice il contrario, perché erano i farisei a volere il divorzio e Gesù a rifiutarlo.
    Nonostante questa pressione pesantissima, unita a quella micidiale dei media, le tesi bergogliane di fatto sono state bocciate per la terza volta consecutiva in due anni perché dalla relazione finale sono spariti tutti i riferimenti espliciti ai temi controversi che Bergoglio voleva imporre alla Chiesa, dalla comunione ai divorziati risposati alle coppie gay.
    AZZECCAGARBUGLI
    Però per tutta la giornata di ieri c’è stato un braccio di ferro perché il papa argentino, seppure in minoranza, ha preteso di inserire delle espressioni che, pur non riferite direttamente all’eucarestia, permettessero a lui di far rientrare dalla finestra quello che era stato espulso dalla porta, sostenendo che è stato il Sinodo a chiederlo (come peraltro ha già fatto col Motu proprio dell’8 settembre che di fatto introduce il divorzio). Così, una partita che Bergoglio ha perso sul campo di gioco per 5 a 0, viene da lui stesso assegnata come vittoria alla propria fazione a tavolino.
    Cosa è successo? In pratica gli azzeccagarbugli di Bergoglio hanno usato una citazione della “Familiaris consortio” di Giovanni Paolo II, ma estrapolandola del tutto dal contesto e censurando il brano immediatamente successivo di papa Wojtyla dove afferma esplicitamente che – come prescrive la Sacra Scrittura – non è possibile la comunione per i divorziati risposati.
    Un’operazione incredibile. Sarebbe come affermare che nella Bibbia si legge “Dio non esiste”, ma evitando di riportare la frase completa che è: “Dio non esiste, dice lo stolto”. Una manipolazione inaccettabile.
    Così – con la vergognosa casistica gesuitica, già demolita da Pascal nel Seicento – si sono introdotti i concetti di “discernimento” e di “caso per caso” che – se applicati alla comunione per i divorziati risposati – saranno il trionfo del relativismo.
    Sarebbe come dire che in via di principio due più due fa quattro, ma poi, nel caso concreto in cui un ingegnere deve costruire un ponte o un palazzo, può decidere che fa sei o otto, a seconda delle convenienze (questa idea è passata solo grazie ai tanti membri nominati direttamente da Bergoglio).
    Bergoglio ha imposto un passo ambiguo che, con l’aiuto dei media compiacenti, potrà far passare come vittoria. Infatti nel suo discorso conclusivo del Sinodo traspare la stizza e l’aggressività di chi ha perso, ma con l’ostinazione di chi vuole proseguire per la sua strada. Solo che se si continuerà a terremotare così la Chiesa si rischia di ridurla a un panorama di rovine.
    COME ONORIO?
    Forse è il caso di far presente che qualunque papa che affermi le proprie idee, contro la legge di Dio e il magistero costante della Chiesa, può trovarsi nella situazione di papa Onorio che fu condannato dal III Concilio ecumenico di Costantinopoli:
    “Espelliamo dalla santa Chiesa cattolica di Dio e anatemizziamo Onorio, che fu papa, per il fatto che nei suoi scritti a Sergio abbiamo notato come egli abbia seguito in tutto la sua idea”.
    Papa Leone II confermò la condanna del Concilio contro Onorio perché “non onorò questa apostolica Chiesa con la dottrina della tradizione apostolica, ma permise che fosse macchiata la fede immacolata con un profano tradimento”.
    Poi papa Leone aggiunse:
    “Coloro che avevano suscitato contese contro la purezza della tradizione apostolica, alla loro morte certamente hanno ricevuto la condanna eterna”.
    Fra questi “anche Onorio che, anziché estinguere sul nascere la fiamma dell’eresia, come si conviene all’autorità apostolica, la alimentò con la sua trascuratezza”.
    DIKTAT AL SINODO (COME AVEVO PREVISTO): BERGOGLIO PERDE 5 A 0 SUL CAMPO, MA SI AUTOASSEGNA LA VITTORIA A TAVOLINO. E SE ORA CONTINUERA? LA DISTRUZIONE? INCORRERA? NELLA STESSA CONDANNA DI PAPA ONORIO (CHE FECE MOLTI MENO DANNI)? - Lo StranieroLo Stra

    Il Sinodo finisce con un compromesso ma lascia l'impressione di una Chiesa divisa
    di Lorenzo Bertocchi
    Il lungo cammino sinodale sulla famiglia ha tagliato il traguardo. Tutti i 94 paragrafi della relatio finale hanno ottenuto i due terzi dei voti, e gli unici che hanno raggiunto il risultato con fatica sono stati quelli riferiti alla questione dell’accompagnamento dei divorziati risposati. In particolare il paragrafo 85 ha raggiunto i due terzi per appena un voto, 178, contro i 177 necessari. Altri temi molto sensibili, come ad esempio l’omosessualità, sono di fatto spariti dal testo. Un'altra considerazione riguarda l’evidente differenza della Relatio finale rispetto al discusso Instrumentum laboris e, tanto più, alla famigerata Relatio post-disceptationem del sinodo 2014.
    I tre paragrafi sui divorziati risposati, 84, 85 e 86, riprendono in gran parte il lavoro del circolo in cui vi erano anche il cardinale Walter Kasper, i cardinali Muller e Schonborn, e che fin da subito era stato individuato come la via della possibile mediazione. L’interpretazione del testo l’ha fornita proprio il cardinale Schonborn nel consueto briefing con la stampa all’ora di pranzo: «Non abbiamo parlato in maniera diretta dell’accesso ai sacramenti», ma si è indicata la via del discernimento per l’integrazione nelle comunità cristiane di queste coppie.
    Questo è un primo punto che va chiarito: nel testo, come ha sottolineato Schonborn, non c’è alcun riferimento all’eucaristia. Nel n° 85 si cita, come avevano fatto i padri tedeschi nel circolo, la prima parte dell’esortazione apostolica Familiaris consortio al paragrafo 84, laddove appunto si parlava di «ben discernere le situazioni». Poi si dice che «è compito dei presbiteri accompagnare le persone interessate sulla via del discernimento secondo l’insegnamento della Chiesa e gli orientamenti del Vescovo». Infine, al di là di questi «orientamenti del vescovo» che potrebbero dar luogo a realtà molto eterogenee, il numero 86 si esprime indicando che «questo discernimento non potrà mai prescindere dalle esigenze di verità e di carità del Vangelo proposte dalla Chiesa. Perché questo avvenga, vanno garantite le necessarie condizioni di umiltà, riservatezza, amore alla Chiesa e al suo insegnamento, nella ricerca sincera della volontà di Dio e nel desiderio di giungere ad una risposta più perfetta ad essa».
    E’ abbastanza evidente che la scelta di non citare espressamente l’accesso al sacramento, e quindi le questioni poste dall’intero testo di Familiaris consortio al paragrafo 84, è il compromesso raggiunto per poter raccogliere un numero di voti sufficiente a raggiungere i due terzi. Nello specifico quindi bisognerà capire se il Papa vorrà esprimersi chiaramente sulla questione in un eventuale documento, quale ad esempio un'esortazione apostolica o altro.
    Se ne parla solo al n°76 e solo in riferimento alla famiglie che vivono l’esperienza di avere al loro interno persone con tendenza omosessuale. Ma non c’è nessun tipo di accenno a qualche forma di riconoscimento delle coppie fra persone dello stesso sesso. «Circa i progetti di equiparazione al matrimonio delle unioni tra persone omosessuali - si legge nel testo - non esiste fondamento alcuno per assimilare o stabilire analogie, neppure remote, tra le unioni omosessuali e il disegno di Dio sul matrimonio e la famiglia». Il Sinodo ritiene in ogni caso del tutto inaccettabile che le Chiese locali subiscano delle pressioni in questa materia e che gli organismi internazionali condizionino gli aiuti finanziari ai Paesi poveri all’introduzione di leggi che istituiscano il “matrimonio” fra persone dello stesso sesso».
    Scompare ogni riferimento alla formulazione del problematico n° 137 dell’Instrumentum laboris, mentre al n° 63 della relatio si legge che «conformemente al carattere personale e umanamente completo dell’amore coniugale, la giusta strada per la pianificazione familiare è quella di un dialogo consensuale tra gli sposi, del rispetto dei tempi e della considerazione della dignità del partner. In questo senso l’Enciclica Humanae Vitae (cf. 10-14) e l’Esortazione Apostolica Familiaris Consortio (cf. 14; 28-35) devono essere riscoperte al fine di ridestare la disponibilità a procreare in contrasto con una mentalità spesso ostile alla vita. Occorre esortare ripetutamente le giovani coppie a donare la vita. In questo modo può crescere l’apertura alla vita nella famiglia, nella Chiesa e nella società».
    (N°8): Una sfida culturale odierna di grande rilievo emerge da quell’ideologia del “gender” che nega la differenza e la reciprocità naturale di uomo e donna. Essa prospetta una società senza differenze di sesso, e svuota la base antropologica della famiglia. Questa ideologia induce progetti educativi e orientamenti legislativi che promuovono un’identità personale e un’intimità affettiva radicalmente svincolate dalla diversità biologica fra maschio e femmina. L’identità umana viene consegnata ad un’opzione individualistica, anche mutevole nel tempo. (…)
    E al n°58 c’è un passaggio rilevante sulla questione della educazione: «Nel cambiamento culturale in atto spesso vengono presentati modelli in contrasto con la visione cristiana della famiglia. La sessualità è spesso svincolata da un progetto di amore autentico. In alcuni Paesi vengono perfino imposti dall’autorità pubblica progetti formativi che presentano contenuti in contrasto con la visione umana e cristiana: rispetto ad essi «vanno affermati con decisione la libertà della Chiesa di insegnare la propria dottrina e il diritto all’obiezione di coscienza da parte degli educatori».
    Al termine di questo lungo cammino sinodale, in cui non sono mancati colpi di scena, presunte macchinazioni, ermeneutiche cospirative ad ogni latitudine, i padri hanno ribadito con parole nuove l’insegnamento della Chiesa. Rispetto alle corse in avanti della Relatio intermedia del Sinodo 2014 la frenata è più che evidente. Chi si aspettava grandi novità si ritrova con la Chiesa Cattolica che dice di nuovo che il matrimonio tra un uomo e una donna, aperti alla vita, e che si promettono amore per sempre, sono il mattone su cui costruire il presente e il futuro di ogni società umana.
    Appare però chiaro che c’è una certa frattura nella comunità, e che, forse, il Sinodo non finisce qui.
    Il Sinodo finisce con un compromesso ma lascia l'impressione di una Chiesa divisa

    Sorpresa finale (o forse no) del Sinodo
    Così a caldo mi si affollano molte idee, ma mi riprometto di esprimerle dopo aver meditato meglio. Per ora la cronaca ci consegna alcuni dati. Estrapolo quanto segue dal commento di un lettore:
    Ieri, 22 ottobre, all’inizio della Congregazione generale pomeridiana del Sinodo, Papa Francesco ha preso la parola annunciando di aver deciso di istituire un nuovo Dicastero con competenza sui laici, la famiglia e la vita, che sostituirà i due attuali Pontifici Consigli per i Laici e la Famiglia. [qui] A tale riguardo ha costituito un'apposita commissione che provvederà a redigere un testo che delinei le competenze del nuovo Dicastero che sarà sottoposto alla discussione del Consiglio di Cardinali (quali?) che si terrà nel mese di dicembre (guarda il caso quando entreranno in vigore i motu proprio). Ecco la conferma che stiamo entrando nel Sinodo 3.0 (visto che questo non è riuscito a sfondare)!
    Su radiovaticana, l'arcivescovo di Kiev, Shevchuk, conferma proprio questo. Infatti, nell'intervista odierna, alla domanda: "che cosa dire in merito al discernimento che il singolo Vescovo sarà chiamato ad assumere nei confronti delle situazioni più delicate e difficili?" risponde parlando di Dicasteri specializzati per le situazioni più difficili che dovrebbero emettere orientamenti per i confessori!
    Ecco che il Sinodo 2.0 come per incanto, viene avviato al Sinodo nuovo Dicastero, 3.0 di dicembre. A questo punto, Bergoglio, giocando d'anticipo, ha già trovato la soluzione che gli chiedono i novatori. Con il Sinodo 2.0 tiene buoni i tradizionalisti, e con il 3.0 aprirà definitivamente ai modernisti.
    Chiesa e post concilio: Sorpresa finale (o forse no) del Sinodo

    È Bergoglio che è salito sulla cattedra di Mosè, ignorando Chi è venuto dopo...
    Apro con la sintesi dei commenti a seguito del discorso di chiusura del Sinodo infarcito di sofismi, che molto interpellano il sensus fidei cattolico, e che diventano eresie. Ma non può finire qui, perché non può finire così. E comunque dico francamente che, in coscienza, non posso seguire chi non parla da papa ma da cattivo maestro e attendo di conoscere cosa diranno e come penseranno di comportarsi il cardinale Raymond Leo Burke et alii che sicuramente non sono a questi livelli di squallore.
    La subdola concessione "caso per caso" della comunione ai divorziati risposati è passata per 1 voto. Dunque, un altro colpo di piccone al matrimonio cattolico, dopo quello rappresentato dal Motu Proprio bergogliano sul processo "più veloce" per le cause di nullità. Si può dire una sola cosa, peraltro evidente da tanto tempo: la Gerarchia cattolica attuale è marcia e bacata, solo in 80 su 270 hanno votato contro quest'incredibile normativa, scritta con la mano sinistra. Del resto, non ci sono già tanti parroci (a quanto si dice) che la danno la comunione a chiunque, senza confessione, senza niente?
    Si creeranno così un corpo di eccezioni (giuridico-teologiche) alla norma, ossia al dogma della fede. Una soluzione a dir poco allucinante. Infatti fu allo stesso modo che si comportarono i Farisei, che glossavano, glossavano, glossavano le Sacre Scritture, e a furia di "creare il caso"/sommare le interpretazioni personali/collezionare le "eccezioni", misero assieme una "interpretazione" che finiva per affermare l'OPPOSTO del testo sacro....
    Chiesa e post concilio: È Bergoglio che è salito sulla cattedra di Mosè, ignorando Chi è venuto dopo...

    Da una parte la Sacra Scrittura e la Chiesa Cattolica, dall'altra Bergoglio BERGOGLIO:
    “I tempi cambiano e noi cristiani dobbiamo cambiare continuamente”
    (Omelia di stamani chiaramente riferita al Sinodo)
    LA SACRA SCRITTURA
    “Non conformatevi alla mentalità di questo mondo, ma trasformatevi rinnovando la vostra mente, per poter discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto”
    (Lettera ai Romani 12, 2)
    LA CHIESA
    “Non dovremmo rimanere fanciulli nella fede, in stato di minorità. E in che cosa consiste l’essere fanciulli nella fede? Significa essere ‘sballottati dalle onde e portati qua e là da qualsiasi vento di dottrina…’ (Ef 4, 14). Quanti venti di dottrina abbiamo conosciuto in questi ultimi decenni, quante correnti ideologiche, quante mode del pensiero…
    La piccola barca del pensiero di molti cristiani è stata non di rado agitata da queste onde – gettata da un estremo all’altro: dal marxismo al liberalismo, fino al libertinismo; dal collettivismo all’individualismo radicale; dall’ateismo ad un vago misticismo religioso; dall’agnosticismo al sincretismo e così via. Ogni giorno nascono nuove sette e si realizza quanto dice San Paolo sull’inganno degli uomini, sull’astuzia che tende a trarre nell’errore (cf Ef 4, 14).
    Avere una fede chiara, secondo il Credo della Chiesa, viene spesso etichettato come fondamentalismo. Mentre il relativismo, cioè il lasciarsi portare “qua e là da qualsiasi vento di dottrina”, viene fatto passare come l’unico atteggiamento all’altezza dei tempi odierni. Si va costituendo una dittatura del relativismo che non riconosce nulla come definitivo e che lascia come ultima misura solo il proprio io e le sue voglie”.
    Benedetto XVI


  4. #214
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    Predefinito Re: Il Verbo di Dio si è fatto carne

    Sulla questione del bimbo che spezza la sua ostia per donarne parte al padre risposato è un gesto che mostra il segno dei tempi e la Chiesa deve rifletterci sopra. Nessuno è angelo ne demone è solo la vita che è cambiata rispetto a 1000 anni fa.

  5. #215
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    Predefinito Re: Rif: Il Verbo di Dio si è fatto carne

    Antonio Socci feroce contro il Papa: "Ora basta, stai umiliando la Chiesa"
    Antonio Socci
    Pur prossimo agli ottant’anni, papa Bergoglio è instancabile, un vero ciclone. Ma il suo travolgente viaggio americano ha fatto sorgere in alcuni cattolici una domanda: quali obiettivi persegue? Per chi lavora? È improbabile che lavori per il Dio dei cattolici, dal momento che lui stesso ha dichiarato a Scalfari: "Non esiste un Dio cattolico". Rimanda a un’idea generica di Dio che può trovar posto solo in una vaga religione universale postcristiana.
    Il fatto che venga acclamato ed esaltato da tutto l’establishment politico e mediatico che ha sempre avversato la Chiesa Cattolica inquieta molti credenti. Del resto chi finora ha cercato nei suoi discorsi americani il nome di Gesù Cristo l’ha trovato raramente e spesso in citazioni formali e marginali. Un ecclesiastico ironico sostiene che Bergoglio non lavora «a maggior gloria di Dio», ma «a maggior gloria di io». In effetti per ora il risultato del viaggio a Cuba e negli Stati Uniti è la sua personale glorificazione mondana nei salotti radical-chic.
    Mentre la Chiesa ne esce malridotta, umiliata e delegittimata. Sia la Chiesa dei perseguitati (a Cuba o nelle terre sottoposte all’islamismo), sia la battagliera Chiesa degli Stati Uniti. A Cuba Bergoglio ha preso in giro i dissidenti, ha ignorato il dramma dei diritti umani e ha ridicolizzato e screditato come settari i cattolici che resistono al regime. Addirittura omaggiando e legittimando i tiranni sanguinari.
    Poi è arrivata l’apoteosi obamiana. Lì ha bastonato i vescovi che - sulla linea di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI - hanno fatto rinascere la Chiesa americana dopo il naufragio progressista. Bergoglio è arrivato a dire loro che non si deve fare «della Croce un vessillo», quando tutta la tradizione cattolica proclama l’esatto contrario («Vexilla regis prodeunt/ fulget Crucis mysterium»).
    Scrive Riccardo Cascioli sulla «Bussola quotidiana», un sito cattolico: «Da tempo c’è un duro scontro tra Casa Bianca e Chiesa cattolica americana sul tema della libertà religiosa, a causa del tentativo di Obama di imporre aborto e contraccezione senza rispettare l’obiezione di coscienza (vedi la riforma sanitaria). È uno scontro già arrivato nelle aule di tribunale ed è attualissimo». In sostanza Bergoglio ha intimato ai vescovi e ai cattolici americani di non rompere più le scatole a Obama e ai Democratici (che erano in rotta con la Chiesa pure per i matrimoni gay).
    Ha motivato così la resa: il compito del pastore non è la «predicazione di complesse dottrine, ma l’annuncio di Cristo, morto e risorto per noi». Un argomento che fa sorridere se usato da chi, come Bergoglio, ha sostituito l’annuncio di Cristo con la continua invettiva sulla spazzatura differenziata e sul riscaldamento globale: nel discorso pronunciato all’arrivo negli Usa, dove ha ringraziato il laicista Obama per la sua «iniziativa per la riduzione dell’inquinamento dell’aria», il papa ha dedicato ben 12 righe del suo discorso, su 34 complessive, ai temi ecologici. Mentre Gesù Cristo non è stato nemmeno nominato.
    Oltretutto la tesi del riscaldamento per cause umane è stata smontata da tanti scienziati di valore: come può Bergoglio trasformarla in dogma di fede? All’inizio del suo pontificato egli definì «una pastorale ossessionata» quella dei suoi predecessori sulla difesa della vita (si ricordi che l’aborto, nel mondo, fa 50 milioni di vittime ogni anno, quanto tutta la II guerra mondiale che durò cinque anni). Bergoglio ha messo in ombra la pastorale su questa tragedia che il magistero della Chiesa ha sempre ritenuto un suo dovere assoluto davanti a Dio.
    Egli ha portato la Chiesa in un pantano ideologico eco-catastrofista (e noglobal) che è molto vicino a una sorta di religione della madre terra, di sapore new age, quella «religione universale della gnosi», contrapposta alla tradizione cristiana, di cui ha scritto Ettore Gotti Tedeschi.
    Che Bergoglio abbia abbandonato i «principi non negoziabili» lo ha capito bene il Senato americano che si è spellato le mani per applaudirlo e l’indomani ha «affossato un disegno di legge che tendeva a impedire gli aborti dopo le 20 settimane di vita, una legge che secondo LifeNews avrebbe contribuito a salvare diciottomila bambini ogni anno» (Marco Tosatti). Anche nel discorso all’Onu, Bergoglio ha pontificato soprattutto sull’ecologia e si è tenuto alla larga dai temi cari alla Chiesa: «non ha neanche pronunciato la parola gender, né fatto alcun riferimento al fatto che proprio all’Onu e alla Casa Bianca dominano le forze che stanno imponendo una rivoluzione antropologica a tutto il mondo» (Cascioli).
    Bergoglio ha un’idea banale, marxisteggiante, del primato dell’economia. Ritiene che siano sempre gli interessi economici la causa di guerre e genocidi (oltreché dell’inquinamento). Dimentica che invece le più grandi guerre e i peggiori genocidi sono stati perpetrati per motivi ideologici (tuttora l’islamismo insanguina il mondo per la sua religione). Così parlando all’Onu Bergoglio ha lanciato i soliti anatemi contro l’egoismo e mai contro le ideologie di morte. Inoltre non ha mai denunciato la perdurante indifferenza e la colpevole inazione dell’Onu su tutte le stragi in corso di cristiani (e non solo).
    Del resto proprio in questi giorni il Consiglio per i Diritti Umani delle Nazioni Unite ha nominato Faisal bin Hassan Trad, l’ambasciatore saudita all’Onu, presidente del comitato di diplomatici incaricato a scegliere coloro che dovrebbero controllare il rispetto dei diritti umani. Le organizzazioni umanitarie, scandalizzate, hanno protestato perché proprio l’Arabia Saudita è uno dei regimi peggiori, un regime dove vieni arrestato se porti un segno cristiano al collo, un regime dove nei giorni scorsi è stato condannato alla crocifissione un ragazzo sciita di 17 anni, Ali Mohammed Al-Nimr, per aver partecipato a una manifestazione di protesta. Questa è l’Onu che Bergoglio ha omaggiato.
    Dal suo viaggio escono malconci la Chiesa, i cristiani perseguitati e i diritti umani, ma il personaggio Bergoglio è diventato una star hollywoodiana, all’apice della «mondanità spirituale». Con alcuni episodi grotteschi. Per esempio la plateale ostentazione di umiltà e indigenza fatta da Bergoglio recandosi alla Casa Bianca con una Fiat 500 che - secondo un estasiato commentatore del Corriere della sera - «ha sedotto gli americani». Sicuramente estasiato era Marchionne (amicone di Obama) per la colossale pubblicità gratuita che Bergoglio gli ha fatto.
    Un altro episodio grottesco è il regalo fatto al papa da Raul Castro, l’opera dell’artista Alexis Lea Machado: un grande crocifisso realizzato con i remi delle imbarcazioni dei migranti del Mediterraneo. A parte il fatto che sulle nostre coste gli emigranti non arrivano con barche a remi. Ma la paraculata di Castro è clamorosa in quanto ammicca a Bergoglio per le sue invettive «di sinistra» sull’immigrazione, mentre il tiranno cubano finge di dimenticare (e con lui il suo ospite) che «la stessa Cuba» come scrive Andrea Zambrano «ha prodotto un numero esorbitante di esuli, dalla rivoluzione ad oggi, sbarcati a Miami proprio dal mare. Esuli che, come dimostra l’allontanamento della dissidente Berta Soler dalla Nunziatura dove il Papa soggiornava in questi giorni a La Avana, sono ancora senza giustizia».
    Non solo. Tutti dimenticano che la tirannia dei fratelli Castro - come tutti i regimi comunisti - non voleva che la gente scappasse dal loro lager, sputtanando il loro crudele regime. Per questo, come scrive il «Libro nero del comunismo», i dittatori cubani inviavano «degli elicotteri a bombardare con sacchi di sabbia le zattere: sempre nell’estate del 1994 circa 7000 persone morirono in mare e si calcola che, in totale, un terzo dei balseros abbia perso la vita durante la fuga. In trent’anni sarebbero stati quasi 100.000 i cubani che hanno tentato la via del mare». E Bergoglio ha omaggiato i fratelli Castro.
    Antonio Socci feroce contro il Papa: "Ora basta, stai umiliando la Chiesa" - Italia - Libero Quotidiano

    L'assoluzione ai tempi del "mi piace"
    di Camillo Langone
    Che non sia come la vedo io. Sospeso tra un documento vescovile ambiguo e pertanto maligno (vedi Matteo 5,37) e un documento pontificio che non c’è, io la vedo che i vescovi al sinodo hanno cercato di sostituire al giudizio di Dio il pregiudizio clericale. Io del pregiudizio clericale non so che farmene: anche fosse favorevole, non mi serve a niente. A me di quello che il vescovo di Parma personalmente pensa dei miei peccati non me ne può fregare di meno. Lui, Enrico Solmi, kasperiano padano, dice che la Chiesa non deve giudicare. Mentre io pretendo che un confessore mi giudichi: se non mi mostra il mio errore come potrò prenderne coscienza e liberarmene?
    Al sinodo la maggioranza dei vescovi ha pensato di poter fare carriera sulle spalle dei peccatori. Il “discernimento caso per caso” è precisamente questo: potere al clero, arbitrio assoluto e al contempo assoluta sudditanza al mondo. Perché se il confessore non si basa sulla parola di Dio inevitabilmente si baserà su quello che ha letto sul giornale, visto alla tivù, ascoltato alla radio. Che non sia come la vedo io ma io la vedo che le assoluzioni sempre più andranno al ritmo dei “mi piace”.
    L'assoluzione ai tempi del "mi piace"

    PADRE MICHAEL SCRIVE A BERGOGLIO: NIENTE FURBERIE GESUITICHE, IL “LODO TORNIELLI” E’ IMPRATICABILE. SUI DIVORZIATI RISPOSATI LEI PUO’ SOLO CONFERMARE LA DOTTRINA CATTOLICA (e Tornielli si ricordi cosa scriveva poco tempo fa…)
    Ricevo e pubblico questo articolo di un dotto ecclesiastico:
    In un recente articolo su Vatican Insider il giornalista Andrea Tornielli si è improvvisato teologo prospettando che il Papa, vista l’ambivalenza della Relatio synodi, diversamente interpretata da progressisti e conservatori, possa imitare Pio XII che nel definire il dogma dell’Assunta, nel 1950, non prese parte per nessuna delle due correnti teologiche che allora disputavano sulla modalità di questa assunzione, promulgando nella Muneficentissimus Deus una formula ambivalente.
    Così facendo Tornielli fa un paragone non solo imprudente ed irriverente, ma fondamentalmente illogico. Tirare in ballo Pio XII per la definizione del dogma dell’Assunta e la sua via mediana fra assunzionisti e morientisti è semplicemente assurdo.
    Infatti in quel caso, anche se Pio XII avesse privilegiato una della due ipotesi, ossia che la Vergine era morta come tutti gli uomini (morientisti), o che era stata assunta senza conoscere il passaggio della morte (assunzionisti), il risultato non sarebbe cambiato perché ci saremmo sempre trovati dinnanzi alla sostanza del dogma, che è l’Assunzione al cielo in anima e corpo della beata Vergine Maria.
    Diverso sarebbe il caso della Relatio sinodale; qui infatti il risultato cambierebbe a seconda della lettura posta in essere: quella aperturista porterebbe a concedere la comunione ai divorziati risposati civilmente (con tutte le conseguenze annesse in ambito teologico e morale), quella conservatrice (chiamamola così!) porterebbe al mantenimento della prassi attuale.
    Nel caso evocato di Pio XII poi, mi si passi l’esempio culinario, è come se uno dovesse scegliere se metter la pentola sulle braci vive di un fuoco o su un fornello a gas. L’una o l’altra opzione non cambierebbe il contenuto della pentola. Si tratta di questioni accidentali, non sostanziali.
    Non così accadrebbe con la Relatio: qui è proprio il contenuto della pentola che cambia! La formula allora più che ambivalente, caro Tornielli, sarebbe contradittoria.
    E’ questione di logica! Anche i teologi e i giornalisti debbono attenersi alla logica e nella logica prima di tutto al principio di non contraddizione: “E’ impossibile che il medesimo attributo, nel medesimo tempo, appartenga o non appartenga al medesimo oggetto e sotto il medesimo riguardo” ( Aristotele, Metafisica, cap . 3 10005 b 19-20).
    E non mi si contrapponga ora gesuiticamente il Vangelo alla logica, come se Gesù non si fosse rivolto a uomini dotati di logica per farsi intendere : “chi non è con me, è contro di me … non si possono servire due padroni perché si odierà uno e si amerà l’altro, oppure si affezionerà all’uno e si disprezzerà l’altro…”, sono chiari esempi di sana logica senza ambivalenza né contradizione.
    Inoltre, caro Tornielli, quando nella Chiesa c’è un dubbio, ci si appella alla Tradizione vivente della Chiesa e al suo magistero costante, cosa che qui non si vuol fare per non trovarsi, nel caso della lettura aperturista della relatio synodi, dinnanzi ad una evoluzione non omogenea del dogma.
    Sarebbe come se lei, caro Tornielli, crescendo, fra qualche anno non solo cambiasse con l’invecchiamento, cosa perfettamente coerente, ma si mutasse in un altro essere diverso da quello che è. Il Magistero poi, nelle cose sostanziali non potrà mai usare formule ambivalenti né tantomeno contraddittorie (a che servirebbe un magistero che dicesse in buona sostanza “intendetela come vi pare”?).
    Ce lo vede lei un Romano Pontefice su una questione sostanziale per la fede o la morale dire in un atto di Magistero come Rigoletto: “ Questa o quella per me pari sono..” .
    Il Magistero è fatto per confermare (nella verità!) , non per confondere!
    Come lei stesso ci ha ricordato il 27 aprile 2012, citando Ratzinger, allorché lei militava sotto ben diverse bandiere, “dovrebbe essere finalmente chiaro anche che dire dell’opinione di qualcuno che essa non corrisponde alla dottrina della Chiesa cattolica non significa violare i diritti umani. Ciascuno deve avere il diritto di formarsi e di esprimere liberamente la propria opinione. Ma ciò non significa che ogni opinione esterna debba essere riconosciuta come cattolica. Ciascuno deve potersi esprimere come vuole e come può. La Chiesa deve poi poter dire ai suoi fedeli quali opinioni corrispondono alla loro fede e quali no. Questo è un suo diritto e un suo dovere, affinché il sì rimanga sì e il no no, e si preservi quella chiarezza che essa deve ai suoi fedeli e al mondo”.
    Inoltre come non ricordare il suo preziosissimo commento del 5 Febbraio 2011, all’omelia di papa Benedetto XVI sul rischio che i vescovi siano come canne di palude piegate dallo spirito del tempo:
    “Ascoltando le parole (di Benedetto XVI, nda) sulla canna di palude che si piega secondo il soffio del vento assecondando lo spirito del tempo, non ho potuto fare a meno di pensare all’appello dei 143 professori delle facoltà teologiche, intitolato ‘Chiesa 2011 – una svolta necessaria’, chiede profonde riforme, come ad esempio l’abolizione del celibato obbligatorio per i preti e dunque l’ordinazione di uomini sposati, l’adozione di ‘strutture piu’ sinodali a tutti i livelli della Chiesa’, l’apertura alle donne ‘nel ministero della Chiesa’, l’accoglienza delle coppie gay e dei divorziati risposati. Proposte (anzi vecchie ri-proposte) già ascoltate da decenni, che molti teologi ripetono ciclicamente nonostante i ripetuti pronunciamenti del magistero”.
    Ecco, finalmente, detta da lei stesso la verità che forse nel frattempo lei si è scordato: su questi temi, anche la comunione ai divorziati risposati, i pronunciamenti del Magistero già ci sono, e ripetuti, ma non non c’è peggior sordo di chi non vuole ascoltare.
    PADRE MICHAEL SCRIVE A BERGOGLIO: NIENTE FURBERIE GESUITICHE. IL ?LODO TORNIELLI? E? IMPRATICABILE. SUI DIVORZIATI RISPOSATI LEI PUO? SOLO CONFERMARE LA DOTTRINA CATTOLICA (e Tornielli si ricordi cosa scriveva poco tempo fa?) - Lo StranieroLo Stranie

    LA REALTA’ DEL SINODO E IL DELIRIO DEI TURIFERARI
    di GIUSEPPE RUSCONI
    Si tirano le somme del secondo Sinodo sulla famiglia, in cui la maggioranza ‘conservatrice’ in sostanza non si è lasciata intimidire da una campagna mediatica di violenza inaudita. Una Relazione finale equilibrata, approfondita, che sui divorziati risposati – per la preoccupazione di non intaccare l’unità della Chiesa – contiene però qualche considerazione che può apparire ambigua. I ‘progressisti’ sconfitti cercano di rovesciare l’esito, imponendo la loro lettura mendace e causando già grande smarrimento nelle parrocchie.
    E così si è conclusa anche la XIV Assemblea generale ordinaria del Sinodo dei Vescovi - in realtà l’ultima parte (solo per ora) di un ciclo incominciato nel febbraio del 2014 con il concistoro caratterizzato dalla relazione “aperturista” del tedesco Walter Kasper. La Relazione finale (criticata duramente nella sua prima versione consegnata ai padri il giovedì sera e poi profondamente modificata) è stata approvata in tutti i punti con i due terzi dei voti necessari ed è stata offerta come elemento per “un documento sulla famiglia” a papa Francesco. Il quale, nel suo intervento conclusivo in aula - certo non entusiasta del documento a lui presentato – ha scelto di bacchettare con durezza insistita quei padri (tanti, in realtà la maggioranza) che avevano dimostrato con coraggio di non condividere certi suoi progetti di una Chiesa ‘rinnovata’.
    In effetti, scorrendo con onestà giornalistica la Relazione finale, ai “progressisti” – che avevano affrontato con la consueta baldanza, certi della loro conclamata superiorità intellettuale e morale, l’inizio del Sinodo – si sarebbe ben adattato il detto “Andarono per suonare e furono suonati”, con conseguente rovinosa ritirata di pifferi e tamburi, trombettiere, gazzettieri, Capitani, Fanti e Cavalleri con i loro poveri ronzini. Tanto che in Sala Stampa vaticana sabato pomeriggio qualche “progressista” non d’accatto e d’antico pelo si struggeva sconsolato: “Fallimento, fallimento… a che cosa sono serviti questi due anni di impegno… che cosa sono venuti a fare per tre settimane i padri sinodali? Non abbiamo ottenuto nulla, nulla!”
    TURIFERARI AL LAVORO
    Eppure da subito altri “progressisti” mediatici, stavolta spesso d’accatto, imponevano la loro lettura del documento. Chi sono questi altri? Fanno parte di una categoria numericamente non irrilevante nel giornalismo italiano, quella che più precisamente viene definita dei “turiferari”. Turiferario (dal latino tus, turis – incenso e fero, fers, tuli, latum, ferre – portare) è colui che inonda il Paese dei profumi del potere. Tre le sottocategorie: il turiferario per vocazione, sempre e comunque ossequiente ai voleri del Capo; il turiferario per scelta opportunistica (sovente gran navigatore, in altri casi voltagabbana pensoso); il turiferario per necessità (e lì comprendiamo la situazione).
    Allora… che lettura hanno dato i numerosi turiferari annidati in tante redazioni (cattoliche comprese), cartacee, online, radio-televisive? Qualche esempio attraverso i titoli imposti a lettori, ascoltatori, telespettatori, internauti: “Ostia a divorziati passa con 1 voto di scarto”, “Approvato il Documento finale: passa con un voto il sì ai divorziati”, “Sinodo, la comunione ai divorziati risposati passa per soli due voti”; “Sinodo, sì ai divorziati per un solo voto”, “Comunione ai divorziati: Sì del Sinodo, per un voto”. Da notare subito la disinvoltura nell’uso del termine “divorziati”, spesso senza l’essenziale specificazione “risposati”. Ma soprattutto è da evidenziare la falsità della notizia, come vedremo tra poco.
    Nei commenti in genere autocompiaciuta soddisfazione, molta irrisione e acidità verso i ‘conservatori’ dichiarati sconfitti. Anche veri e propri deliri. Un paio di esempi: “Al Sinodo burattinai e burattini mediatici applicano questa spregevole e spregiudicata tecnica militare”. Quale? “La guerriglia”, cioè “ricorrono al terrorismo, disseminano bombe, agguati e trappole lungo il percorso del nemico destinato a trionfare. E lo fanno usurpando il nome di Dio come accade in Afghanistan, Iraq e Siria”. Pensate che sia finita? Per niente, godetevi anche questa: “Ancora una volta atei devoti, teocon, sedicenti tradizionalisti, reazionari, cristianisti senza Cristo, ultraconservatori e compagni di merende vari avevano fatto i conti senza l’oste” (sembra di capire che l’oste/castigamatti è papa Francesco). C’è chi poi, tra i turiferari, vorrebbe in cuor suo il cardinale Sarah dietro le sbarre, in pigiama a righe: (a proposito di Sinodo, coppie omosessuali e Chiesa) “Nei casi migliori non vi è stata volontà di affrontare la questione, nei casi peggiori si sono sentiti in aula discorsi che avrebbero avuto rilievo penale in alcune democrazie occidentali (il discorso del cardinale Sarah)”.
    Chiediamoci: i titoli massmediatici corrispondono alla realtà sinodale? E’ stata veramente votata la “comunione ai divorziati risposati”? E’ proprio vero che la maggioranza del Sinodo ha dato ‘luce verde’ alla ‘Chiesa rinnovata’, prefigurata da papa Francesco? Già fa pensare che nel suo intervento in aula alla fine del Sinodo Jorge Mario Bergoglio in due paginette abbia insistito tanto su uno dei suoi temi preferiti, la “durezza di cuore” dei “rigoristi”.
    CONCLUSIONE: MAGGIORANZA ‘CONSERVATRICE’ , MA FORZATURE ‘PROGRESSISTE’ POTENZIALMENTE DEVASTANTI
    Che la maggioranza del Sinodo fosse ‘conservatrice’ ci sembra dunque assodato, guardando sia ai risultati del voto per il Consiglio sinodale che ai contenuti della Relazione finale, in particolare per il ‘no’ chiaro a ogni forma di riconoscimento ecclesiale di unioni tra persone dello stesso sesso (argomento che nemmeno si è voluto prendere in considerazione), il richiamo al dovere dell’obiezione di coscienza in materia di ideologia del gender e di aborto, l’assenza di ogni riferimento all’ammissione alla Comunione dei divorziati risposati.
    Parte della maggioranza sinodale conservatrice ha però accettato i paragrafi della Relazione finale riguardanti i divorziati risposati. Ripetiamo: in essi non c’è alcun accenno all’ammissione di tali persone alla Comunione. Ma il termine "discernimento" e l’espressione "foro interno" hanno indubbiamente offerto la possibilità ai ‘progressisti’ di forzare la mano, con l’aiuto dei tanti turiferari mediatici. Tanto che il generale dei Gesuiti, padre Adolfo Nicolas, già annunciava lunedì 26 al Corriere della Sera, a proposito della Relazione finale: “E’ un documento che lascia le mani libere a Francesco. Il Papa può fare ciò che considera buono, opportuno o necessario. Nella mente di tutti, in commissione (NdR: quella di redazione, nominata dal Papa, a forte maggioranza ‘progressista’) c’era l’idea di preparare un documento che lasciasse le porte aperte: perché il Papa potesse entrare o uscire, fare come crede”
    Intanto i turiferari un grave danno l’hanno già provocato con le falsità propalate per il bene della ‘Causa’: in diverse parrocchie i parroci non sanno come rispondere a chi, in situazione canonicamente irregolare, chiede di poter ricevere la comunione. Certo, se rispondessero che non è possibile, rischierebbero di essere catalogati subito tra i ‘duri di cuore’, tra gli ‘anti-Francesco’.
    E’ una situazione questa oggettivamente di grande confusione, che crea d’altra parte forti reazioni negative nei tanti cattolici praticanti che fin qui hanno sempre cercato di attenersi, magari tra mille difficoltà, alla dottrina cattolica vigente. Il momento è grave e le provocazioni ‘progressiste’ e poco, pochissimo, per niente ‘misericordiose’ non fanno altro che appesantirlo ulteriormente.
    E’ sempre più evidente che la questione va anche oltre l’ammissione alla Comunione dei divorziati risposati, un tema che si può considerare un vero e proprio cavallo di Troia per introdurre novità devastanti nel cattolicesimo mondiale. Ne siamo tutti ben coscienti?
    LA REALTA' DEL SINODO E IL DELIRIO DEI TURIFERARI

    Qualcosa nel Sinodo non è "cattolico"? Ecco i punti "sconcertanti"
    Esprime fortemente le ragioni dello sconcerto e della confusione sentiti da molte persone alla lettura della relazione finale del Sinodo don Petrucci, superiore del distretto d'Italia della FSSPX, sottolineando alcuni punti sconcertanti considerati quasi proximi haeresi.
    «Questo testo sotto certi aspetti costituisce uno scandalo senza precedenti. In esso infatti si chiamano “membra vive della Chiesa” coloro che vivono pubblicamente nell'adulterio affermando che occorre valutare nella pratica la possibilità per essi di accostarsi alla S. Eucaristia “caso per caso”». I Lefebvriani bocciano duramente la relazione finale del Sinodo sulla famiglia, in particolare per i punti approvati riguardanti i divorziati risposati.
    «Si mina così la dottrina sull'indissolubilità del matrimonio come se questa potesse variare in ragione delle circostanze. Lo stesso 6/o comandamento: “Non commettere adulterio” sarebbe così valido in generale, ma poi occorrerebbe considerare ogni caso particolare, ammettendo in questo modo eccezioni», afferma don Pierpaolo Petrucci, superiore del distretto d'Italia della Fraternità San Pio X.
    «Siamo in presenza di una tecnica rivoluzionaria, già utilizzata al Concilio Vaticano II, per sconvolgere la dottrina, introducendo una morale a geometria variabile, non più riferita a principi immutabili ma che si adatta alle circostanze - prosegue - Tutto ciò in perfetta continuità con i dei due Motu proprio di papa Francesco sull'abbreviazione della procedura per l'annullamento dei matrimoni che hanno aperto la via a quello che è già stato chiamato il “divorzio cattolico”».
    Secondo don Petrucci, «è questa la nuova, falsa misericordia, non per il peccatore, ma per il peccato. La vera misericordia infatti non consiste nel modificare la morale per giustificare una condotta disordinata ma nel mostrare la gravità del male e spingere il peccatore alla conversione». «Come già affermò il nostro fondatore, monsignor Marcel Lefebvre - aggiunge il superiore italiano degli scismatici ultra-tradizionalisti - stiamo vivendo la Passione della Chiesa che si manifesta sempre più con il tradimento della gerarchia: è il bacio di Giuda; è Caifa che fa liberare Barabba e condanna Gesù a morte. Tacere di fronte a questo scandalo significa acconsentire».
    MiL - Messainlatino.it: Qualcosa nel Sinodo non è "cattolico"? Ecco i punti "sconcertanti"

    Sinodo dei Vescovi. Brevi considerazioni sulla “Relazione finale”.
    di Paolo Deotto
    Chi, contro ogni evidenza, continua a sostenere l’esistenza di Babbo Natale, ha fatto notare con soddisfazione che il Sinodo non ha toccato la Dottrina del matrimonio, né la “Relazione finale” parla esplicitamente di comunione ai divorziati risposati. Certamente, in nessun punto della relazione finale si afferma esplicitamente che il matrimonio non è più indissolubile, o che l’adulterio da peccato mortale è derubricato a marachella… ma si scorda che la scure sul matrimonio cattolico è già piombata con i motu proprio con cui Bergoglio, di sua propria iniziativa, ha modificato il regime della nullità matrimoniale, introducendo procedure e cause di nullità che, di fatto, demoliscono il concetto stesso di sacramento.
    Quanto al fatto che nella “Relazione finale” non si parli esplicitamente di comunione ai divorziati risposati, i punti dall’84 all’86 contengono un diluvio di affermazioni sui divorziati risposati, quasi presentati come una nuova “classe” potenzialmente ricchissima di virtù, di cui finora la Chiesa si sarebbe scordata. Tutto è così vago, dalla “integrazione”, a uno “scandalo” che non si capisce più da chi provenga, ad affermazioni surreali sulla possibilità di coniugare le mille attenzioni a queste situazioni irregolari senza per questo mettere in discussione l’indissolubilità, che non si vede perché da questo putiferio debba restare esclusa la comunione per gli adulteri, conviventi o meno che siano. Ripeto: conviventi. Perché non scordiamoci che se si parla di “divorziati risposati”, si parla sempre di persone che hanno contratto il cosiddetto matrimonio civile, ossia un atto amministrativo privo di ogni valore. E il surrealismo continua nell’affermare che in tali condizioni sia possibile curare l’educazione cristiana dei figli.
    Il punto 86 parla del mitico “percorso di accompagnamento e discernimento” e distrugge definitivamente l’aureo principio che si sintetizza nell’evangelico: “Il vostro parlare sia sì, sì, no, no”.
    Un pasticcio troppo impasticciato per essere stato fatto a caso. Tutti contenti, possiamo proclamare che la Dottrina è salva. Peccato che la prassi, che a questo punto riceve un sigillo autorevole, possa applicarsi solo sfasciando la Dottrina, e lasciandosi tranquillamente alle spalle il fatto che il matrimonio, l’unico a meritare tale nome, è un sacramento.
    Il gran parlare sul Sinodo ha fatto passare in secondo piano l’omelia domenicale di Scalfari, interlocutore privilegiato di Bergoglio. Si annuncia la fine ufficiale della religione cattolica e, finalmente, la creazione del “Dio unico”, ovvero la morte di Dio. Sant’Atanasio è fuori tempo, ci garantisce il grande Eugenio. Ora c’è Bergoglio, che finalmente ha capito tutto. Del resto, non ci aveva già detto che Dio non è cattolico?
    In attesa di leggere l’ennesima arrampicata sugli specchi di Padre Lombardi (ammesso e non concesso che la faccia), chiediamoci anche se è solo casuale il fatto che l’omelia domenicale di Scalfari tratti l’argomento così caro agli atei, ossia la morte della Vera Fede, proprio in coincidenza con la “Relazione finale”.
    Sinodo dei Vescovi. Brevi considerazioni sulla ?Relazione finale?. Interventi di Patrizia Fermani, Alessandro Gnocchi e Massimo Viglione* ?* di Paolo Deotto | Riscossa Cristiana

    Riscaldamento globale? Sono le anime all'inferno
    di Ettore Gotti Tedeschi
    Lettera a mia nipote Olivia, nata un mese fa, da leggersi tra venti anni per capire il mondo in cui si troverà.
    Cara Olivia,
    fra 20 anni potresti desiderare di sposarti, ma quello che sarà il sacramento matrimoniale fra 20 anni dipenderà da noi oggi, o meglio, dipenderà dall’assise dei fedeli, via referendum…. Un Sinodo sul matrimonio si è concluso qualche giorno fa e leggendo i giornali si direbbe che hanno trionfato tutti (progressisti e conservatori), proprio come succede dopo le elezioni politiche cui siamo abituati. Anche se, leggendo la lettera al Corriere della Sera (27ottobre) del segretario del Sinodo (card. Baldisseri), si ha l’impressione che chi deciderà saranno gli utenti (il popolo di Dio) che verranno consultati con questionario per evidenziare il sensus fidei. Ciò perché il gregge possiede il proprio “fiuto” per discernere ciò che la Chiesa deve fare in una materia che riguarda loro. E poi la voce dello Spirito Santo risuona anche nella voce dei credenti, naturalmente. A questo punto, per capire quale sacramento ti attende, temo che dovremo attendere l’assemblea giudicante dei fedeli interessati alla materia…
    Cara Olivia,
    ogni epoca ha sempre avuto le sue miserie, tragedie e grandezze. Ciò è stato fin quando l’uomo ha cercato di dare un senso alla propria vita ed azioni. E ciò è sempre successo perché le autorità morali delle varie religioni volevano e cercavano di spiegare le ragioni del bene e del male. La tua epoca rischia invece di veder scomparire le autorità morali, relativizzate ed omogeneizzate nel mondo globale, con il pretesto di evitare conflitti globali dovuti alla affermazione di dogmi e fondamentalismi, proposti soprattutto in contesti di evangelizzazione. Temo che le autorità morali non saranno più le stesse e questo con pregiudizio sulla conoscenza della Verità e della conquista della fede. Te ne accorgerai fra qualche anno quando farai catechismo.
    Oggi la gnosi riesce persino a negare la verità dove dovrebbe essere e mettere la libertà di coscienza dove non dovrebbe stare. La gnosi oggi riesce a negare alla Chiesa il diritto di evangelizzare (per rispetto delle altre culture), chiedendole invece di lasciare alla coscienza (malformata come mai) decidere cosa sia bene o male. Ciò equivale a chiedere a un cieco di passare un semaforo dove non può veder il rosso e rischiare di farsi investire. Si chiede alla Chiesa di lasciare all’uomo la libertà di stabilire in coscienza cosa è bene per lui, non riflettendo che equivale a metter un topolino davanti a un formaggino messo nella trappola ben camuffata. Si chiede alla Chiesa di lasciare ai pastori decidere la maturità di coscienza dei fedeli per tornare al gregge, quando son gli stessi pastori che li hanno fatti uscire.
    Ecco, tutto ciò mi permette di spiegarti, cara Olivia, perché c’è il riscaldamento terrestre globale. C’è grazie al numero esagerato di anime che vanno a bruciare all’inferno, grazie alla confusione sulla dottrina.
    Riscaldamento globale? Sono le anime all'inferno

    C'è gran festa all'inferno: molte anime potranno finalmente mangiare e bere la propria condanna...
    Pare che anche stavolta «da qualche fessura sia entrato il fumo di Satana nel tempio di Dio».
    Si allarga dunque ancor di più la valanga di danni a cui dovranno porre rimedio i successori del gesuita Bergoglio.
    La "fessura" stavolta consiste nella votazione al Sinodo per concedere ufficialmente la Comunione agli indegni, sia pure valutando "caso per caso" (ma ditemi voi chi tra loro non crederà di essere un "caso particolare e meritevole"...).
    Cioè consiste nell'autorizzare il sacrilegio: ed il tutto è passato ieri con una maggioranza di un solo voto in più, proprio come quando "passò" nel 1989 la sprezzante "Comunione sulla mano".
    I "normalisti" si trastullano felici leggendo che nel nefando articolo 85 è stato citato il numero 84 della Familiaris Consortio. Poveri ingenui. Anche per la "comunione sulla mano" c'era una vasta quantità di raccomandazioni e precisazioni e limitazioni che sono state sempre ignorate.
    Ora, il punto è che prima del sinodo la soluzione a quei "casi particolari" già c'era, e se proprio c'erano tutte le condizioni per una Comunione non sacrilega, si poteva concederla in forma privata evitando lo scandalo. Non c'era bisogno di una decisione "sinodale". È quantomeno sospetto quando la gerarchia si affanna a legiferare per risolvere un problema già risolto in precedenza.
    Tutto questo senza contare la faciloneria con cui oggi si concede la Comunione (cfr. ad esempio l'infernale Bagnasco che ha amministrato il Corpo di Cristo ad un impenitente Wladimiro "Luxuria").
    Ripeto per maggior chiarezza: è quantomeno sospetto il fatto che la gerarchia si affanni a legiferare per risolvere un problema che non si pone, per di più alla luce della faciloneria del clero e dell'episcopato della nostra epoca.
    Quanta gente era in pericolo di perdere l'ultima occasione di salvezza, se non avesse prestamente avuto la concessione della "Comunione sulle mani"?
    E quanti divorziati risposati oggi sarebbero in pericolo di perdere l'ultima occasione di salvezza, se non gli si concede immediatamente e pubblicamente "la Comunione caso per caso"?
    Esistenzialmente Periferico: c'è gran festa all'inferno: molte anime potranno finalmente mangiare e bere la propria condanna..."

    Il Sinodo, il Signor Veneranda e il diavolo
    di Alessandro Gnocchi
    Manzoni (Carletto, non Alessandro), che di mestiere faceva l’umorista, aveva inventato un personaggio esilarante a cui aveva dato il nome di Signor Veneranda. Si trattava di un omarino bizzarro e irritante che, partendo da premesse così banali da non impensierire l’interlocutore, attraverso una serie di sillogismi bislacchi arrivava a conclusioni da manicomio capaci di mandare fuori dai gangheri il malcapitato che gli aveva dato retta.
    Sembra difficile trovare un’immagine più adatta per definire le giravolte dei commentatori che vogliono spiegare, senza se e senza ma, come il Sinodo sulla famiglia appena concluso sia andato bene. Anzi benissimo, specialmente per coloro che sono così attaccati alla dottrina da fare un tantino ribrezzo all’attuale Pontefice e, comunque, in qualche modo vanno accontentati.
    Subito dopo la conferenza stampa conclusiva, un illustre vaticanista conservator-progressista spiegava come fosse caduto “il divieto assoluto di comunione ai divorziati”. Tutto questo perché, notoriamente, le leggi sono fatte di “divieti relativi”. Del resto, si tratta sempre dello stesso vaticanista conservator-progressista che pochi giorni prima spiegava arditamente come la comunione ai divorziati risposati tocchi la disciplina ma non la dottrina.
    E poi c’è stato anche chi ha scoperto che nell’intero documento votato dai padri sinodali non si parla mai di “comunione” ai divorziati risposati. E questa trovata è persino più comica delle altre perché basta leggere il punto 84 del documento, dove si dice: “La logica dell’integrazione è la chiave del loro accompagnamento pastorale, perché non soltanto sappiano che appartengono al Corpo di Cristo che è la Chiesa, ma ne possano avere una gioiosa e feconda esperienza. Sono battezzati, sono fratelli e sorelle, lo Spirito Santo riversa in loro doni e carismi per il bene di tutti. La loro partecipazione può esprimersi in diversi servizi ecclesiali: occorre perciò discernere quali delle diverse forme di esclusione attualmente praticate in ambito liturgico, pastorale, educativo e istituzionale possano essere superate. Essi non solo non devono sentirsi scomunicati, ma possono vivere e maturare come membra vive della Chiesa, sentendola come una madre che li accoglie sempre, si prende cura di loro con affetto e li incoraggia nel cammino della vita e del Vangelo”.
    A beneficio di chi non ha studiato il catechismo e cerca di spiegarlo agli altri, questo significa: comunione. Le “membra vive” della Chiesa sono quelle in stato di grazia che, proprio per questo, possono comunicarsi.
    Il signor Veneranda di Manzoni (Carletto, non Alessandro), in frangenti simili, troverebbe una discreta concorrenza e sarebbe persino a mal partito con certi competitori. Non potrebbe essere altrimenti in questa Chiesa che, come spiega papa Francesco, è sì un ospedale da campo, ma psichiatrico.
    Tuttavia, non sta qui il punto più inquietante. Il Sinodo è andato come doveva andare ed era ampiamente previsto che si attivassero le grancasse del conservatorismo in saldo per spiegare come questo sia il migliore dei mondi possibili, come questa sia la migliore delle Chiese possibili e come tutto vada bene madama la marchesa.
    Sono letture che cercano con sforzo tanto encomiabile quanto mal riposto di tenere sotto controllo tutto quanto è umanamente impossibile. Ma c’è sempre qualche dettaglio che sfugge e, spesso, sono proprio queste inezie i segni dei tempi capaci di mostrare il verso senso degli eventi. Nel caso di questo Sinodo, per esempio, non si è notato abbastanza che il punto per dare il via libera alla comunione ai divorziati risposati sia passato con 178 voti favorevoli: uno in più rispetto al necessario. C’è qualcosa che stride, che inquieta in quel voto in più, perché ricorda tanto lo sberleffo del demonio, l’insulto satanico alla Verità che non viene combattuta versando il sangue del martire, ma attraverso un buffetto che pare quasi una carezza.
    Ed è altrettanto simbolico che il cardinale Christoph Schönborn, l’inquieto e inquietante arcivescovo di Vienna, abbia immediatamente spiegato che la questione della comunione ai divorziati risposati andrà analizzata “caso per caso” perché “non esiste il bianco e il nero”. Anche questo è un dettaglio inquietante, se si pensa che il bianco e il nero sono i colori dell’abito del cardinale, il quale è un frate domenicano, e pare quasi che abbia voluto spogliarsi del saio che fu di San Tommaso per dire di essere altro.
    Sono suggestioni, naturalmente, ma servono a rendersi conto che i tempi e gli eventi corrono sempre più velocemente e le vecchie ermeneutiche servono a ben poco a comprendere quanto accade. Inutile e inoperante quella posticcia della continuità, poiché tutto muta ad opera dell’autorità che invece avrebbe dovuto conservare. Superata quella della rottura perché ormai è rimasto poco o nulla con cui rompere. Se c’è un’ermeneutica capace di leggere questa corsa verso il baratro guidata dai pastori che dovrebbero tenerne lontano il gregge, è quella infernale. Perché può solo diventare un inferno una Chiesa in cui ogni singolo caso (oggi i divorziati risposati, domani chissà cos’altro) diventa legge a se stesso. Una Chiesa in cui, “caso per caso”, ognuno decide della propria innocenza. Una Chiesa, di fatto, senza legge. Il disegno demoniaco non è quello di una Chiesa in cui l’ordine dei princìpi, e quindi delle leggi, sia invertito, ma una Chiesa in cui l’ordine non esiste.
    Il Sinodo, il Signor Veneranda e il diavolo ? di Alessandro Gnocchi | Riscossa Cristiana

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    Predefinito Re: Rif: Il Verbo di Dio si è fatto carne

    Il 'Papato della novità'
    E se le cose non sono sempre ciò che sembrano essere?
    Cosa succede se il popolarissimo Francesco è popolare proprio perché è meno Cattolico rispetto ai suoi due immediati predecessori? Cosa succede se la sua teoria della sua gestione del cattolicesimo è quella di allargare la base della chiesa indebolendo la sua dottrina per attirare più persone, rendendo loro più facili di essere cattolici temporalmente?
    Cosa succede se il Papa crede davvero che piuttosto che resistere il modernismo - con le sue suggestioni di oggi che domani evaporano - la Chiesa debba perseguirlo e anche diventarne parte in modo da apparire rilevante?
    Cosa succede se ciò fosse il contrario anche delle sue funzioni di Vicario di Cristo? Cosa succede se rifiuta il ruolo di personificare la preservazione della Verità e crede di poter ignorare alcune verità?
    Cosa succede se il Papa pensa, come i grandi funzionari di governo in un governo federale, che gli è possibile cambiare qualsiasi regola, modificare ogni costume e abbracciare ogni eresia al fine di far avanzare la sua nuova versione del cattolicesimo? Cosa succede se lo ha fatto?
    Cosa succede se la sua radicale revisione del processo per annullare i matrimoni cattolici equivale a niente più che la concessione di divorzi cattolica? Cosa succede se il fatto di facilitare la riconciliazione ai sacramenti dopo aver partecipato a un aborto in realtà riduce la gravità dell'uccisione di bambini nel grembo materno e incoraggia più omicidi? Cosa succede se permette di ricevere i sacramenti ai cattolici che si sono risposati fuori della Chiesa pur essendo validamente sposati con i loro coniugi d'origine?
    Cosa succede se il concetto di teologia della liberazione condannato dal Santo Papa Giovanni Paolo II e da Papa Benedetto XVI mescola marxismo e cattolicesimo - che sono essenzialmente opposti - e produce un risultato bizzarro che si prende gioco della Messa, respinge gli insegnamenti tradizionali, distribuisce il Santissimo Sacramento ai non credenti, rigetta la necessità di confessione individuale e, di tutta la storia del mondo, estrapola ciò che riguarda lo sfruttamento dei poveri da parte dei ricchi? Cosa succede se, prima della pubblica visita in USA, ha accolto in udienza privata in Vaticano il fondatore di questa perversione del cristianesimo? Cosa succede se lo ha abbracciato e festeggiato?
    Cosa succede se uno dei motivi del suo viaggio in America è stato così ben accolto, perché molti media lo hanno adottato? Cosa succede se i media lo hanno adottato proprio perché la sua versione il cattolicesimo non è conforme alla Tradizione? Cosa succede se lo adottano quei media che non sono cattolici? Cosa succede se la settimana scorsa sembrava più preoccupato del modo in cui trattiamo la Terra rispetto al modo in cui ci trattiamo l'un l'altro?
    Cosa succede se la sua passione per le cause degli ambientalisti non rientra nel Dogma cattolico?
    Cosa succede se uno dei miei amici vescovi ha esaminato tutte le riunioni pubbliche papali della scorsa settimana - dalle Messe ad altro - e ha scoperto che i riferimenti alla cura della terra traboccavano, drammatici e chiari? Cosa succede se lo stesso Vescovo ha osservato che i riferimenti del Papa all'aborto sono stati smorzati, ambigui ed egli non ha mai usato la parola?
    Cosa succede se il Papa ha sostenuto che il governo ha l'obbligo morale di essere caritatevole con i soldi dei contribuenti e con i dollari gestiti per conto dei contribuenti? Cosa succede se la carità viene dal cuore, non dal governo? Che fare se è impossibile essere caritatevoli con i soldi degli altri? Cosa succede se si può andare in paradiso, dando la vostra ricchezza ai poveri? Cosa succede se non vi è alcun merito personale quando il governo prende la tua ricchezza e la dispensa a tuo nome?
    Che cosa succede se il pontificato di Giovanni Paolo II, che ha aiutato milioni di persone a liberarsi dal giogo del comunismo, e il papato di Benedetto XVI, che ha promosso la pietà personale e la fedeltà agli insegnamenti tradizionali in molti che si preparano al sacerdozio, sono stati rigettati da Francesco in favore di nuove esperienze al fine di attirare coloro che rifiutano gli insegnamenti tradizionali?
    Che cosa succede se questo papato della novità è infruttuoso quanto il Vaticano II, tanto che le chiese si stanno svuotando rapidamente perché la chiesa cambia con il vento, abbraccia il culto della personalità e si disinteressa della Verità?
    Che cosa succede se la Verità è immutabile? Cosa succede se la novità è l'opposto della Verità?
    Chiesa e post concilio: Andrew P. Napolitano. Il 'Papato della novità'

    È pervenuta in redazione:
    Caro sig. Alessandro Gnocchi,
    ho sentito in televisione e letto stamattina sui giornali degli arresti in Vaticano. Un monsignore e una giovane donna, che non ho nemmeno capito bene che funzioni avesse. Le dico sinceramente che sono quasi spaventato, mi chiedo cosa stia succedendo nella Chiesa. Lei cosa ne pensa? Se può dirmi qualcosa le sarò davvero grato.
    Alberto Fusi
    Caro Fusi,
    cominciamo con un rapido giro di orizzonte per vedere che cosa contiene questa triste vicenda. C’è la signora bella e rampante, c’è il monsignore mondano e intrigante, c’è l’aleggiare dei corvi, ci sono segreti spiati e divulgati, ci sono le lotte interne tra dicasteri e Segreteria di Stato, ci sono prelati dediti ai vernissage e alle macchine di lusso più che alla penitenza e alla preghiera, ci sono i giornalisti che intingono volentieri la penna nel fango ristagnante di qua e di là dal Tevere… Insomma, caro Fusi, c’è tutto, tranne la fede. Ecco che cosa sta accadendo.
    Ma ora bisogna fare un passo indietro perché è necessario capire l’evanescente e diabolica essenza mediatica delle vicende in corso. Non so se ricorda l’entusiasmo con cui, nel 2013, i commentatori avevano salutato l’ingresso di Francesca Immacolata Chaouqui, giovane, bella e rampante, nella Cosea, la Commissione referente di studio e indirizzo sull’Organizzazione delle Strutture Economico-Amministrative della Santa Sede voluta da papa Francesco in persona. La notizia, secondo la logica mediatica, non stava tanto nella vera o presunta competenza della signora Chaouqui, ma nel fatto che fosse una donna. Adesso sì che tutto andrà bene, commentavano i commentatori, e lo si dovrà al genio femminile messo all’onor del mondo dalla genialità di papa Francesco. Pensi, caro Fusi, che una meteora del giornalismo cattolico più o meno conservatore volle la bella e rampante signora come editorialista perché, oltre a essere la quintessenza del genio femminile, era tanto “vicina a papa Francesco”.
    Ora, in virtù della diabolica evanescenza mediatica di questo genere di vicende, la bella e rampante signora è stata scaricata da tutti senza pietà. Stessa sorte toccata a monsignor Lucio Angel Vallejo Balda, segretario della Cosea, l’altro arrestato dalla gendarmeria vaticana, che, a differenza della signora Chaouqui, si trova ancora in carcere.
    Ora il genio femminile non interessa più, perché, ora, la notizia che piano piano sta emergendo è un’altra: il complotto ai danni del povero papa Francesco, addolorato per il tradimento di coloro che, su suo mandato, avrebbero dovuto rendere trasparenti e linde le finanze vaticane. Immacolato ed esaltato per il suo genio di governo quando aveva infilato questi due signori nella Commissione da lui stesso voluta, papa Francesco rimane immacolato ed esaltato per il suo genio di governo anche ora che ha dato il via libera al loro arresto. Perché papa Francesco, naturalmente, non può sbagliare: e quindi non sbaglia...
    ?FUORI MODA?. La posta di Alessandro Gnocchi | Riscossa Cristiana



    E’ COMINCIATA LA CRISI DEL PARTITO BERGOGLIANO (CHE LASCERA’ UNA CHIESA DEVASTATA)
    Antonio Socci
    “Ignaro” anche Bergoglio, come Marino? Forse è più una battuta che una nemesi storica, ma l’accostamento del papa argentino al “sindaco marziano” in questi giorni è suggestiva.
    Oggi bisogna riconoscere che Bergoglio, in tre anni, non ha fatto quello che da lui ci si aspettava e che lui aveva annunciato. Ha provato a mettere a punto la macchina curiale e l’economia, ma con retromarce e risultati confusi, a volte controproducenti. Inoltre ha sprofondato la Chiesa in uno smarrimento dottrinale che è molto più grave di qualsiasi scandalo finanziario.
    Colpa di oscuri oppositori? Non diciamo sciocchezze. Solo nelle dittature i fallimenti del regime vengono giustificati con i presunti sabotaggi degli oppositori. Il papa argentino ha detto molte volte che desiderava il caos perché lo riteneva creativo: eccolo accontentato.
    La vicenda Vallejo-Chaouqui del resto non evoca certo i “conservatori del passato”, ma pare semmai l’inizio dello sfaldamento del “partito bergogliano”.
    I giornali che parlano di guerra tra Bergoglio e la Curia dimenticano di dire che proprio il partito della Curia è quello che ha “inventato” ed eletto Bergoglio. Oggi quel “partito” si trova come il Pd davanti a Marino. Amaramente pentito della scelta. Perché Bergoglio è “unfit”. Inadeguato. Bisogna prenderne atto.
    Sul New Yorker si è letto che in questo momento, fra coloro che lo elessero nel marzo 2013, non prenderebbe nemmeno dieci voti. L’attuale papa è figlio di quella cultura politica che ha portato l’Argentina al fallimento: un paese ricchissimo che ha fatto bancarotta. Bergoglio stesso ha lealmente riconosciuto che già il suo giovanile incarico di capo dei gesuiti argentini fu un disastro.
    Un pezzo grosso della Compagnia ha dichiarato a un giornalista americano che a quel tempo “Bergoglio ha causato un sacco di problemi”. Ha notevoli doti, ma aveva attorno una corte di fedelissimi pasdaran e il “culto della personalità… crea grandi divisioni”. Ha aggiunto: “sarà una catastrofe per la Chiesa avere uno come lui alla Sede Apostolica. Noi ci abbiamo messo due decenni a tentare di riparare il caos che aveva prodotto”.
    CIRCO MEDIATICO
    I media italiani vivono in una bolla di papolatria che pare un’ossessione idolatrica. Vedono Bergoglio come il Bene assoluto e chi dissente da lui è dipinto come emissario del Male o losco cospiratore. Sui giornali non trovi notizie su Bergoglio, ma inni, messe cantate e genuflessioni.
    Perfino chi scrive libri con documenti riservati arrivati dagli uffici vaticani sente il bisogno di affermare che lo fa per aiutare il Papa nella sua messianica opera di rinnovamento della Chiesa, ovvero contro quei cardinali brutti, sporchi e cattivi che gli si opporrebbero.
    In effetti in questi giorni pare si voglia colpire – sui giornali – proprio chi, a viso aperto, ha dissentito al Sinodo dalle tesi Kasper-Bergoglio.
    Ma i media devono marcare stretto il Potere o dare la caccia ai dissidenti?
    Si arriva all’assurdo del comunicato vaticano che, a proposito dei fatti di questi giorni, deve precisare: “Bisogna assolutamente evitare l’equivoco di pensare che ciò sia un modo per aiutare la missione del papa”. Una surreale precisazione da cui traspare la preoccupazione, dell’establishment bergogliano, che per “aiutare” il Grande Capo si finisca col danneggiarlo.
    D’altra parte una volta innescato il micidiale meccanismo del circo mediatico come strumento di potere – e Bergoglio lo ha fatto spregiudicatamente, per esempio usando l’amico fraterno Scalfari per far sapere quello che veramente pensa – poi accade che si perda il controllo di quella macchina mediatica.
    A quel punto se c’è una notizia sgradita si grida al “complotto”, com’è accaduto, per dire, con il coming out di monsignor Charamsa. Ma chi lo ha indotto a quel gesto se non le ambiguità delle parole e delle scelte bergogliane sul tema gay? Infatti anche mons. Charamsa spara a zero contro la Curia, che accusa di “omofobia”, ed è un entusiastico sostenitore di Bergoglio.
    La crisi del bergoglismo – anche dopo la doppia sconfitta ai due Sinodi – è evidente. Certo, il “Marino del Vaticano” è sostenuto dall’entusiastico appoggio dei media laici. Da mesi siamo alluvionati dalle esaltazioni del papa su giornali e tv. Lo stesso Bergoglio usa questo circo papolatrico come formidabile strumento di pressione dentro la Chiesa, per costringerla a inchinarsi all’agenda scalfariana.
    Solo che – come ho detto – non tutto e non sempre è controllabile nell’informazione. Le rare volte in cui esce qualcosa di dissonante rispetto al coro uniforme del Giornalista Collettivo da Casa Santa Marta si alzano in volo i “bombardieri”.
    TUMORE
    E’ accaduto venti giorni fa con il “Quotidiano nazionale” che ha pubblicato la notizia del presunto tumore alla testa di papa Bergoglio. Nella stessa serata, cioè a mezzanotte, in modo del tutto irrituale, padre Lombardi ha scatenato il finimondo contro questa notizia come se fosse un sacrilegio. Una reazione che ha stupito e insospettito perché sulle malattie dei papi si è sempre favoleggiato, senza queste virulente reazioni d’oltretevere. Ovviamente una notizia può anche essere una bufala. Sono gli incidenti del mestiere. Ma una bufala non è mai un complotto. L’unica domanda da porsi su una notizia è questa: è vera o è falsa? Invece il coro del Giornalista Collettivo si è subito cimentato con il refrain vaticano del “complotto contro il papa”. Alla fine, dopo giorni di dietrologie, non si è capito come stanno le cose. Tutti si sono fatti piacere le smentite e la cosa è stata sepolta.
    Ecco dunque alcune perle contenute nelle smentite. Il professor Fukushima fra l’altro ha detto: “forse l’equivoco è nato dall’operazione al cervello che io ho fatto su una persona di fattezze e di età simile a quella del Pontefice, con un nome che suonava simile”. L’allievo di Fukushima, il neurochirurgo Gaetano Liberti, che lavora anche nella clinica di San Rossore, sempre per smentire, ha fra l’altro dichiarato: “siamo medici e non avremmo comunque mai violato la privacy di nessun paziente, men che meno di una personalità così influente come papa Francesco”.
    Dopo tutto ciò il direttore di “Qn” Andrea Cangini, un giornalista serio e corretto, il 23 ottobre, ha rilasciato un’intervista al “Tempo”. Questa la domanda: “il Santo Padre ha davvero un tumore benigno al cervello? Tutti negano, lei lo ribadisce?” Risposta: “Ma certo. Quello che abbiamo scritto è stato verificato. E garantisco che non abbiamo nessuna intenzione di spalleggiare guerre intestine in Vaticano”. Nuova domanda: “Lei ha affermato di essere in possesso di una prova documentale. Di che tipo?” Risposta: “Se dessi più elementi metterei a repentaglio la mia fonte. È una prova scritta”.
    Davanti a una dichiarazione simile era ovvio aspettarsi da padre Lombardi l’invito a pubblicare tale “prova”. Purtroppo il Vaticano si è ben guardato dallo sfidare “Qn”. E’ curioso. Cangini è uno stimato professionista e “Qn” è un importante quotidiano, solitamente lontano dalle sparate temerarie. In un paese normale gli si sarebbe chiesto di esibire la prova documentale di quanto afferma. Invece nulla.
    Aver lasciato questa storia in sospeso potrebbe essere un altro dei motivi dell’indebolimento di papa Bergoglio e del bailamme interno alla Curia e al suo “partito”. Del resto si ha la sensazione che la sarabanda sia solo agli inizi.
    E? COMINCIATA LA CRISI DEL PARTITO BERGOGLIANO (CHE LASCERA' UNA CHIESA DEVASTATA) - Lo StranieroLo Straniero

    “Francesco è sereno”. Per forza, Nuzzi lo aiuta….
    Maurizio Blondet
    Date per scontate le spregevoli figure, il malcostume e le ripugnanti azioni prelatizie degli ultimi scandali vaticani, ci sia dato qui di subodorare una accorta regia. Basta mettere in rilievo la tempistica, la successione degli eventi provocati, e la loro coordinazione, che testimoniano una vasta e concorde operazione a più mani.
    Fase 1 – Vengono annunciati non uno, ma due libri sugli scandali vaticani, scritti indipendentemente da due autori, che dicono di non conoscersi, e fatti uscire dagli editori in contemporanea.
    Fase 2 – Seguono i clamorosi arresti della gendarmeria pontificia di due personaggi indicati come “i corvi” che hanno passato le notizie “riservate” ai due giornalisti autori dei due libri in prossima uscita. L’aver dato documenti riservati è « frutto di un grave tradimento della fiducia accordata dal Papa».
    Il caso, senza precedenti moderni, dei due personaggi cacciati nelle segrete del Vaticano (la belloccia Chauqui e “ un prelato dell’Opus Dei”, strizzano l’occhio i giornali), è naturalmente un ottimo battage per i due libri. Che non sono ancora usciti, ma che tutti ormai attendono spasmodicamente. Nel mondo intero. Gli editori, previdenti, han già firmato contratti e traduzioni in 15 paesi.
    La Sala stampa bergogliana emana uno stranissimo comunicato, come se conoscesse in anticipo il contenuto dei libri, e lo approvasse, solo ne deplorasse il “modo”.
    “Pubblicazioni di questo genere non concorrono in alcun modo a stabilire chiarezza e verità, ma piuttosto a generare confusione e interpretazioni parziali e tendenziose. Bisogna assolutamente evitare l’equivoco di pensare che ciò sia un modo per aiutare la missione del papa“. Perché, magari qualcuno può sospettare che l’intera manovra sia fatta per “aiutare” la missione del papa? E quale missione?
    Fase 3 – I due libri continuano a non essere disponibili; nessuno li ha ancora letti, ma già i media ricevono anticipazioni succulente e intervistano i due autori. “Ricchezza, sprechi e giochi di potere – attrici e viaggi d’oro, sartorie e tv porno; spese fantasma per milioni; hanno rubato i soldi per le Messe”, sono alcuni dei titoli.
    Fase 4 – I media in delirio concorde spiegano: questo nuovo Vatileaks è un altro complotto dei “conservatori” che impediscono al Papa di “fare le riforme”. I corrotti, ladri di offerte delle Messe e per l’ospedale del Bambin Gesù, i possessori di attici da 700 mq, sono quelli stessi che “non vogliono il rinnovamento”, la “pulizia nelle finanze vaticane”, sono i malversatori che usano lo Ior per riciclaggio….e via così. Non è assolutamente vero – molti dei coinvolti sono stati nominati da Bergoglio alle cariche di cui hanno profittato, dei modernisti, degli arrivisti e lecchini. Ma il messaggio che deve passare è: vedete, la Chiesa “vecchia” è corrotta, le gerarchie “conservatrici” sono ricche e scandalose, i cardinali fanno schifo, e sono luridi proprio quelli che si oppongono al “nuovo”. .. solo il Papa è pulito e innovatore e onesto, anzi santo….E’ esattamente il messaggio che Bergoglio e la sua junta sudamericana hanno voluto far passare fin dall’inizio.
    “I media italiani vivono in una bolla di papolatria”, scrive giustamente Socci, “vedono Bergoglio come il Bene assoluto e chi dissente da lui è dipinto come un losco cospiratore o un emissario del Male”.
    Fase 5 – Lo scandalo non indigna né addolora più di tanto sua santità. “Francesco è sereno e sa cosa fare…Procede senza incertezza sulla strada della buona amministrazione”.
    Fase 6 – Il Nuzzi, uno dei due autori dei due libri simultanei, indice la conferenza-stampa di lancio del suo volume e ripete la parola d’ordine convenuta: “Credo che questo papa stia portando avanti delle riforme e che incontri molte difficoltà”. E’ la tesi che deve passare. Le “riforme”, le “riforme”: Comunione ai divorziati, nozze gay, Chiesa povera per i poveri, tutto il repertorio. Se fosse stato Bergoglio a suggerire la strategia, non avrebbe potuto far meglio a proprio favore. Nuzzi, in conferenza stampa dice anche un’altra cosa, di punto in bianco: di non aver “avuto nessun contatto con il Papa”. E perché dovrebbe aver avuto un contato col Papa? Chi ci pensava? E poi aggiunge: “Se lo avessi avuto, certamente non lo renderei pubblico perché ci sarebbero altre strumentalizzazioni”. E se, magari, il Nuzzi l’avesse dunque incontrato, il Papa? Se questo fosse tutto un ben architettato complotto a favore di Francesco? Grazie a questi “scandali” (molti dei quali vecchi e già noti, altri che scandali non sono…come i soldi che occorrono per le cause di beatificazione) la Junta sudamericana potrà procedere a nuove purghe nella curia romana.
    Se tutto ciò vi sembra inverosimile complottismo, ricordate che questo papato ha la fiducia della Massoneria. Bergoglio è stato eletto il 13 marzo 2013. Nello stesso giorno, poche ore dopo, un comunicato ufficiale del Grande Oriente veniva diramato. In esso, il gran maestro Gustavo Raffi prevedeva con gioia incontenibile: “Con Papa Francesco, nulla sarà più come prima”.
    Domanda ingenua: come faceva Raffi a saperlo prima? Prima di tutti? E perché salutava El Papa con un comunicato ufficiale, su carta intestata del Grande Oriente, dunque non a titolo personale, ma della Fratellanza Universale? Anticipando inoltre i motivi propagandistico-ideologici che l’argentino avrebbe messo al centro della sua azione: “Il gesuita che è vicino agli ultimi della storia ha la grande occasione per mostrare al mondo il volto di una Chiesa che deve recuperare l’annuncio di una nuova umanità (notate la terminologia muratoria, ndr). Bergoglio conosce la vita reale e ricorderà la lezione di uno dei suoi teologi di riferimento, Romano Guardini, per il quale non si può staccare la verità dall’amore”.
    “La semplice croce che ha indossato sulla veste bianca -conclude il Gran Maestro di Palazzo Giustiniani – lascia sperare che una Chiesa del popolo ritrovi la capacità di dialogare con tutti gli uomini di buona volontà e con la Massoneria che, come insegna l’esperienza dell’America Latina, lavora per il bene e il progresso dell’umanità, avendo come riferimenti Bolivar, Allende e José Martí, solo per citarne alcuni”.
    Alcuni dei laicissimi personaggi che hanno tirato fuori il nuovo scandalo vaticano hanno arie e parole da massoni. Quando la Massoneria decide che è ora di “aiutare il Papa” può ben organizzare il concerto papolatrico così vistoso sui media. Che poi questa grancassa semini disgusto, nausea e sgomento fra i fedeli, tanto meglio.
    "Francesco è sereno". Per forza, Nuzzi lo aiuta.... - Blondet & Friends

    Caro Alessandro,
    avevo bisogno di “urlare” tutta la mia amarezza e rabbia nei confronti di Bergoglio. Oggi ha pensato bene di esternare sulla indissolubilità del matrimonio. Mi chiedo quando presenterà la nuova formula da leggere nell’altare “Io N., accolgo te, N., come mia sposa/sposo. Con la grazia di Cristo prometto di esserti fedele sempre, nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia, e di amarti e onorarti tutti i giorni della mia vita, fin che non mi romperò le scatole di te e mi presenterò dal primo vescovo, addurrò una temporanea incapacità mentale, così sarò libero/libera di amare nuovamente”. Mi chiedo a quando la scissione, se non ora quando, non c’è nessun uomo di Chiesa che levi la sua voce e parli di eresia?
    Dio sia lodato.
    Claudia Canu
    Caro Gnocchi,
    io non so più cosa dire dopo aver letto le novità matrimoniali decise da Papa Francesco. Con tutta la fede possibile, ma come è ancora possibile credere che questa sia la chiesa che abbiamo conosciuto da bambini e che ci ha guidato per tanti anni? Mi fa paura leggere come si riduce il matrimonio, e perché? Perché domani i parroci possano dire ai giovani “sposatevi in chiesa, tanto poi non avrete difficoltà a sistemare le cose se vi sarete stufati”? Il matrimonio è un sacramento e allora questo non è anche un sacrilegio? Mi sento davvero male. Qui non c’è solo una novità inaccettabile, c’è l’autorità della chiesa che ormai non è più credibile, e allora cosa ci resta? Grazie infinite se riuscirà a dirmi qualcosa che mi tranquillizzi un po’.
    Con molta stima
    Andrea Lorini
    Caro dottor Gnocchi,
    due parole sul motu proprio in merito al riconoscimento di nullità matrimoniale… In molti lo definiscono il divorzio breve cattolico…
    Grazie
    Chiara
    Cari amici,
    è persino imbarazzante scrivere di questo argomento. Ci sarebbe materia per pagine e pagine, ma mi chiedo se valga la pena di perdere ancora del tempo attorno all’opera di demolizione che Bergoglio sta compiendo dentro la Chiesa. Mi pare tutto chiaro e non si può dire che non fosse annunciato fin dal tristemente celebre “Buonasera” del giorno dell’elezione.
    Evito di entrare nei dettagli dei due documenti promulgati dall’attuale vescovo di Roma e mi limito a considerare il quadro nel quale trovano posto. Importa mostrare a che cosa conduce la miserevole misericordia bergogliana: induce a mettere un Sacramento alla mercé della pratica laica e laida di chi pensa, purtroppo legittimamente, che la Chiesa cattolica gli consente di buttare al macero il matrimonio più velocemente e più a buon mercato di quanto gli consenta lo Stato. Forse, pur avendone viste tante, continuerò a essere eccessivamente sensibile, ma a me questo pare un sacrilegio. Tanto più grave in quanto compiuto su espresso ordine di chi dovrebbe evitarlo.
    Cari amici, ormai ci troviamo davanti alla miserevole “Chiesa della misericordia” che si inventa i Sacramenti a geometria variabile con lo scopo di renderli inoperanti, come del resto fa con il dogma, con la morale, con la liturgia. Una Chiesa tetragona ormai solo sulla raccolta differenziata e sul destino dei microrganismi, che non ha tempo di pensare alla salvezza delle anime, tanto le basta salvare qualche ettaro di foresta amazzonica. Ci troviamo davanti a una Chiesa che non percepisce il ridicolo di affermare, per bocca del suo vertice e dei suoi ridicoli megafoni, che nei suoi tribunali va amministrata la misericordia invece della giustizia.
    Ma una Chiesa che butta nella discarica sacramenti, dogma, morale e liturgia, sicuramente differenziando come vuole la nuova eco-religione mondiale, in che cosa crede? Precisando sempre che si sta parlando della componente umana, a me viene da dire che questa miserevole “Chiesa della misericordia” non crede in nulla di trascendente.
    Eppure, state certi che tanti cosiddetti “buoni cattolici” verranno a dirvi che questa della nullità a buon mercato dei matrimoni è una trovata geniale di quel gran genio del vescovo venuto dalla fine del mondo. Perché, adesso che non ha più paura del “per sempre”, vedrete quanta gente tornerà a sposarsi in chiesa. E non fa nulla se si tratta di persone che, entrate un giorno dalla porta principale per sposarsi, ne usciranno separate due mesi dopo per quella dell’ufficio diocesano preposto alla certificazione del mutamento delle voglie dei contraenti. Mi pare di vederli quegli acconti di burocrati, nei loro clergyman e nei loro pulloverini blu, mentre mettono il timbro sul diploma di annullamento e salutano gli ex sposi “E mi raccomando, signori, se vi siete trovati bene, tornate a trovarci e fateci pubblicità”. Ci manca solo che aggiungano “È un etto in più, che cosa faccio? Lo lascio?”
    Cari amici, più che la Chiesa cattolica fondata da Nostro Signore Gesù Cristo sulla roccia di Pietro, a me questo pare un carrozzone pronto per fare la concorrenza a Las Vegas, dove ci si può sposare e divorziare nell’arco delle ventiquattrore. E ce la farà, vedrete, ce la farà. Perché, lasciata a stessa come piace a questa miserevole “Chiesa della misericordia”, la pastorale è marketing.
    ?FUORI MODA?. La posta di Alessandro Gnocchi ? rubrica settimanale | Riscossa Cristiana

    IL PAPA CONTRO LA CHIESA
    Damian Thompson sulla guerra civile dentro il Cattolicesimo
    LA PIU’ AUTOREVOLE STAMPA INTERNAZIONALE – SUL SINODO – HA COLTO E RACCONTA LA “GUERRA CIVILE” CHE BERGOGLIO HA SCATENATO NELLA CHIESA
    “Un papa non può comportarsi in questo modo senza cambiare la natura stessa della Chiesa. Forse è proprio questo che Francesco intendeva; possiamo solo supporlo perché deve ancora articolare un programma coerente di cambiamento e non è chiaro se sia intellettualmente attrezzato per farlo. I cattolici fedeli credono che l’ufficio di Pietro sopravviverà a prescindere da chi lo occupa; Gesù ha fatto questa grande promessa. Ma dopo il caos del mese scorso, la loro fede (in questa promessa) è messa alla prova fino al punto di rottura. Jorge Bergoglio sembra rivelarsi come l’uomo che ha ereditato il papato e poi lo ha fatto a pezzi”
    "IL PAPA CONTRO LA CHIESA. Damian Thompson sulla guerra civile dentro il Cattolicesimo" - Lo StranieroLo Straniero



    La luce che manca
    di Massimo Viglione
    Il fatto di essere cattolico, e cattolico “tradizionalista” – oggi occorre specificare che tipo di cattolico si è, a meno di mentire a noi stessi e al prossimo, data la drammatica crisi che la Chiesa da cinquant’anni e oltre vive che comporta inevitabilmente la divisione interna al suo popolo, una divisione sempre più radicale e radicata in rapporto all’acuirsi della crisi stessa – e il fatto di vivere a Roma, e il fatto di conoscere la storia e presumere di capire qualcosa di politica, mi hanno sempre portato a provare dentro di me in maniera del tutto particolare un sentimento profondo quanto istantaneo di forza interiore ogni volta che la passeggiata serale mi conduceva in Piazza San Pietro e mi faceva vedere la luce accesa dell’ufficio papale, sebbene il medesimo sentimento era sempre macchiato dal dolore – questo nient’affatto istantaneo – misto a rabbia per i tanti errori di cui i precedenti pontefici sono stati responsabili negli ultimi decenni (solo per citarne uno a nome di tutti per rendere l’idea: la follia – sia teologica che liturgica, dottrinale che storico-politica – ecumenista, di cui in questi giorni iniziamo a raccogliere i frutti avvelenati del tradimento del clero dinanzi all’invasione della nostra terra).
    Sebbene fortemente critico verso i due pontefici delle mie passeggiate serali negli anni Novanta e nei primi tredici anni di questo secolo, e specie verso il primo dei due, il fatto stesso comunque di arrivare nella piazza centro del mondo e della storia umana e trovare, anche a sera molto avanzata, la luce accesa aveva comunque un significato forte: la luce… è accesa. Comunque, nonostante tutto.
    Come detto, si potevano trovare tante ragioni per criticare non pochi dei frutti di quel lavoro serale. Ma la luce… era accesa. Al di là delle questioni strettamente teologiche, dottrinali, liturgiche, ecc, era un sentimento che emanava dal cuore: nella notte profondissima e sempre più tragicamente tenebrosa dei nostri giorni, nonostante tutto, la luce dell’umanità, per quanto troppo spesso acquiescente a tali tenebre, era accesa. Quella finestra illuminata, nonostante tutto, rappresentava qualcosa. Nonostante tutto, riconduceva a Qualcuno.
    Chiunque, cattolico o no, romano o no, arrivava nella Piazza, vedeva quella luce accesa in quella stanza, che a prescindere è e rimane centro di speranza, di fede e di Verità su questa terra.
    Da due anni e mezzo, chi arriva in Piazza San Pietro non trova più, mai, in nessun caso, quella luce accesa. Trova il buio in quella finestra e in quella stanza, come in tutte le altre finestre e stanze del palazzo pontificio.
    La luce si è spenta, perché il Vescovo di Roma ha scelto, come tutti sanno, di vivere in un convitto, chiamato Santa Marta, all’interno delle mura vaticane.
    Il lettore non trovi esagerato quanto ora sto per dire. Abbia invece il coraggio morale, intellettuale e soprattutto spirituale di capire e ammettere a se stesso di capire. Capire cosa? Capire che, per un cattolico romano (anche non romano ma romano di fede apostolica) arrivare in Piazza San Pietro e trovare sempre, per settimane, per mesi, per anni, sempre, sempre, sempre, la luce spenta, è in qualche modo la versione secolare di quello che si prova nell’entrare in una chiesa odierna e trovare un’altra luce spenta.
    Queste sono cose che solo i cattolici possono capire. E pertanto non spenderò parole a descrivere la sensazione: chi la può capire la capisce, e chi non la può o non la vuole capire, non la capirà certo per quello che io potrei scrivere, né la vorrà mai capire e tanto meno ammetterà di aver capito.
    La luce s’è spenta in Vaticano. È finita in un convitto al piano terra, dove si parla di interviste celebrative a noti giornalisti anticattolici e relativisti, di telefonate a mostri famelici di sangue umano, di condizionatori e di problemi con Gaia; di tanto in tanto ci dice che dobbiamo essere aperti alle novità dottrinali e morali che stanno per arrivare e di non importunare il macchinista con discorsi di stampo moralistico sul genere “principi non negoziabili” o magari avanzando pretese di difesa per i nostri fratelli massacrati nelle terre islamiche, che dobbiamo perdonare ogni cosa a prescindere dal vero pentimento e dalla relativa richiesta di perdono per poi ricordarci che Dio non è cattolico… E ci propone al contempo di tornare di 40-50 indietro nella storia, marciando con gli Inti-Illimani guidati da una croce e martello. Ma è meglio non cominciare neanche la ormai inesauribile litania della nuova chiesa al piano terra… Non serve a chi capisce e non servirebbe mai, per quanto lunga e inoppugnabile, a chi non vuole o fa finta di non capire.
    Quando negli anni Novanta e nel primo decennio di questo secolo passeggiavo la sera per San Pietro, avevo tante ragioni per adirarmi e/o rattristarmi. Ma poi potevo pensare anche all’Evangelium Vitae, alla Veritatis Splendor, alla strenua difesa della vita sacra umana, alla difesa, almeno dottrinale, della centralità di Cristo in un’Europa ormai apostata e devastata, potevo pensare al baluardo dei principi non negoziabili, al ritorno della Messa di sempre nella Chiesa, a – in qualche modo – una sapienza di governo, basata sugli ultimi rimasugli della millenaria gestione della Chiesa stessa, che dava senso ancora a quella luce accesa, sebbene macchiata da troppi, troppi, cedimenti a un mondo che non si voleva ammettere essere fino in fondo nemico di Cristo e dell’uomo e che si corteggiava con i fraintendimenti pericolosi sui diritti umani e sul dialogo con quel nulla sistematico che sono l’eresia e le false religioni.
    Ma oggi, quella luce, non c’è più, la finestra è chiusa. Oggi ci sono altri che ballano la loro danza macabra e infame, che si chiamino Maradiaga, Kasper, Marx, Galantino, Mogavero, Forte, Baldisseri, e tanti altri ancora: sono costoro i danzatori delle tenebre, gli odiatori di Piazza San Pietro, gli approfittatori del buio intervenuto, i traditori della finestra illuminata. Ma, occorre dire, tutti costoro non sono venuti dal nulla. Qualcuno li ha fatti salire in alto, anche quando la luce era accesa e qualcun altro ora sta dando loro il potere.
    Questo qualcun altro è colui che ha spento la luce e se n’è andato al convitto, per far vedere di fare a meno del lusso dei palazzi rinascimentali, ma portandosi ben stretto il telefono che lo collega al lusso di questa società infernale e ai suoi riflettori da ribalta.
    Solo i furbi e gli stolti, gli ipocriti e i bugiardi, possono non cogliere il significato simbolico delle luci che si spengono. E delle finestre che rimangono chiuse, con le loro stanze vuote.
    La luce che manca ? di Massimo Viglione | Riscossa Cristiana


  7. #217
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    Predefinito Re: Rif: Il Verbo di Dio si è fatto carne

    Chaouqui
    Mi sono imbattuto per caso in questo piccolo esempio di perfidia tutta femminile (citato da Corrispondenza Romana):



    Sì, è quella che è stata arrestata per aver trafugato documenti del Vaticano.
    Sì, è quella che aveva scritto su Facebook che "La giustizia divina e quella umana hanno un tempo, più o meno lungo, ma arrivano sempre".
    Esistenzialmente Periferico: Chaouqui

    Involontaria ammissione di El Papa a quelli che perseguita.
    Maurizio Blondet
    Forse non tanti lettori ricordano chi sono i Francescani dell’Immacolata dal saio azzurro: questo ordine religioso nuovo (fondato negli anni ’70 da padre Stefano Manelli, ancora vivente) col proposito di vivere radicalmente la “regola” di San Francesco d’Assisi e una speciale offerta di sé all’Immacolata. Questa strada severa ha richiamato un gran numero di vocazioni: 800 frati e suore, mentre gli altri ordini religiosi sono ormai vuoti e radi.
    Ora, sono ormai oltre due anni che questo folto gruppo di anime, fra cui molti sacerdoti, e laici terziari, è oppresso e perseguitato. Sottoposto a commissariamento, il fondatore allontanato e praticamente agli arresti, i frati sacerdoti (mani consacrate) molti sospesi a divinis, tutti col divieto persino di cercare di lasciare l’ordine per cercare di diventare normali preti diocesani; i pochi vescovi che hanno accettato di incardinarli sono stati a loro volta commissariati: è accaduto al vescovo di Albenga che ne aveva accolto tre (in questo deserto di vocazioni sacerdotali, di seminari vuoti o dove avvengono feste omosessuali) .
    Chi li perseguita? Il Papa.
    Quello che ha preso il nome “Francesco”, e di cui tutti i media celebrano la “misericordia”, ha deciso di sopprimere l’ordine francescano più fedele a quello di Assisi, infliggendo un supplizio continuo a queste povere anime, angoscia alle loro famiglie (sono tutti giovani), privandole della libertà che la Chiesa ha sempre riconosciuto ai figli di Dio, la libertà di obbedire alle chiamate dello Spirito. Troppo severo, troppo tradizionalista (Messa in latino)? Non si sa, perché un’accusa precisa non è stata mai formulata nelle forme dovute in tal modo, essi non possono difendersi. A mezza bocca, nelle stanze del potere si è farfugliato di mancanza di “sensus Ecclesiae”, in pratica li si accuserebbe di non essere entusiasti del Concilio Vaticano II. Ogni critica all’idolo comporta i fulmini di una gerarchia che, per il resto, è di manica larghissima sui vizi propri.
    Fatto sta che si sono lasciate correre calunnie sui supposti tesori finanziari di padre Manelli (un novantenne) e sul come palpasse le sue suorine (un novantenne!); la Magistratura, che mai manca di obbedire a certi ordini, ha mandato la Finanza a sequestrare milioni di euro che sarebbero stati l’occulto tesoro dei Francescani azzurri; poi restituiti ai proprietari, perché quei beni non sono mai stati di proprietà dei francescani dell’Immacolata, ma dei benefattori e familiari che spontaneamente danno per mantenere le centinaia di frati e suore.
    La certezza che i Francescani nascondessero un mare di soldi ha indotto i persecutori, nel decreto di commissariamento, a stipendiare il Commissario persecutore, e “l’onorario per il loro servizio” ai “collaboratori da lui eventualmente nominati”. Una imposizione che, come ebbe a scrivere il caro Mario Palmaro, “evoca l’uso dei regimi totalitari di addebitare ai familiari dei condannati il costo delle pallottole usate per l’esecuzione”.
    Sia detto en passant, il secondo firmatario del decreto di persecuzione, il segretario della Commissione per gli Istituti di Vita Consacrata (il ministero competente), elevato a quella poltrona personalmente da El Papa di cui gode la piena fiducia – il “francescano” José Rodriguez Carballo – è poi stato travolto da uno scandalo finanziario con tanti di sequestri di milioni di euro da parte della magistratura svizzera, ai danni dell’ordine dei Frati Minori, pieni di quattrini, in una vicenda di “investimenti” speculativi da finanza allegra e gestione di un albergo di lusso a Roma. I succosi particolari qui:
    Lo scandalo finanziario dei Frati Minori. Mons. Rodriguez Carballo nell?occhio del ciclone | CR ? Agenzia di informazione settimanale
    Quanto al primo firmatario, il cardinale Joao Braz de Aviz, di Brasilia, è un seguace della teologia della liberazione ed è noto al suo paese per aver tenuto la relazione introduttiva al Primo Forum Spirituale Mondiale, insieme ai rappresentanti di società spiritiste, teosofiche e massoniche, dove si è lanciato il progetto di una religione planetaria unificata…
    El Papa ha voluto lui alla carica di Prefetto della detta Congregazione che controlla i religiosi, ossia di ministro del competente ministero. Almeno non è come monsignor Ricca, lo scandaloso omosessuale che conviveva in una Nunziatura apostolica con il suo amante, e che Bergoglio ha voluto fare capo dello Ior. Ma solo per notare una certa costanza dei caratteri che Bergoglio, con fiuto infallibile, eleva alle massime cariche del suo pontificato.
    Torniamo ai Francescani dell’Immacolata (d’ora in poi FdI). Ad un certo punto, il commissario mandato a sopprimerli, padre Fidenzio Volpi, troppo zelante persecutore, defunge. D’improvviso. Che vi sia qui un “signum Dei” lo credono soprattutto in Vaticano, al punto che per qualche giorno la ferale notizia vien tenuta nascosta come se fosse imbarazzante, anzi sul sito dei Francescani dell’Immacolata (i prigionieri) si fa’ pubblicare un comunicato, a firma del defunto, dove padre Volpi in persona comunica: “Ho già lasciato l’Ospedale in cui ero ricoverato ed ho iniziato la mia convalescenza. Ho già riassunto il pieno esercizio delle funzioni di governo”.
    Invece padre Volpi è già morto di ictus da giorni…Sono i miracoli della Chiesa di Bergoglio? Qui i succosi dettagli, se siete curiosi:
    Chiesa e post concilio: È morto il Commissario Volpi? Silenzio Vaticano.
    Si sperava che dopo la scomparsa del Volpi si alleviasse la persecuzione. Sono stati invece nominati tre commissari nuovi, con l’incarico di aggravare implacabilmente l’oppressione dei poveri francescani azzurri, delle suore e dei terziari.
    Lo si desume dall’incontro che uno dei commissari, Sabino Ardito, ha voluto avere coi Francescani dell’Immacolata – in pratica, coi superiori dei conventi e dei loro organismi – il 28 settembre. L’incontro doveva essere segreto. Da qualcuno che c’era, si son potuti ricavare per sommi capi gli ordini che l’Ardito ha impartito:
    1 – E’ stato comunicato che non sarà concesso a nessuno di loro di lasciare l’ordine per operare, ad esempio, come sacerdoti secolari incardinati in qualche diocesi; potranno andarsene solo per essere ridotti allo stato laicale (cosa che implica una decisione del papa diretta) e sposarsi.
    Nota mia: Insomma è vietato loro sia agire nell’ordine fondato da padre Manelli, sia di uscirne: li hanno chiusi in una gabbia. A che scopo? “Per rieducarli”, ipotizza un amico. Come faceva Pol Pot? Qualcuno ritiene che una simile decisione sia contraria al diritto canonico. Non so giudicare. Mi sembra di giudicare una volontà persecutoria certa e crudele.
    2 – Dovranno strapparsi la “medaglietta miracolosa” che portano cucita sul saio (una particolarità degli Azzurri). La motivazione data dal commissario: “Se no, qualcuno potrebbe pensare che è davvero miracolosa”.
    “Medaglietta Miracolosa” la chiamò la Vergine, la quale apparve nel 1830 a suor (oggi santa) Caterina Labourè a Rue du Bac a Parigi. La Madonna le descrisse esattamente quali immagini e simboli dovessero apparire nel recto e nel verso, e promise molte grazie a chi la indossasse. L’ebreo Ratisbonne attribuì la sua (celebre) conversione a questa medaglietta. Madre Teresa e le sue suore ne hanno tenuto decine in tasca (sono povere cose di alluminio) e le danno a tutti, a chiunque. Ma in Vaticano pare scandalo che si abbia sul saio questa medaglietta. Potrebbe far credere che sia davvero miracolosa, che vergognosa superstizione…
    3 – Dovranno spogliarsi del saio quando si coricano.
    Evidentemente, i FdI avevano ripreso l’uso antichissimo di San Francesco di dormire vestito del saio ruvido, per penitenza e castità. Capisco che al nostro mondo sembri strano. Ma lo faceva anche Padre Pio.
    4 – Dovranno cancellare dai loro statuti il “Voto Mariano”.
    “Voto Mariano” fu quello che padre Massimiliano Kolbe adottò per sé – di totale dedizione a Maria, fino alla morte, in aggiunta ai voti francescani (povertà, obbedienza, castità). E’ un atto di abnegazione eroica straordinaria. E’ anche l’anima e il fondamento specifico dell’ordine fondato da padre Manelli.
    5 – E’ stato infine loro intimato di non parlare più e non fare più riferimento a San Massimiliano Kolbe.
    Un sopruso feroce ed assurdo. Spiegabile solo con un odium theologicum verso il martire polacco, il suo esempio, la chiamata soprannaturale all’eroismo, e un “odium ideologicum” con un padre Kolbe campione della polemica anti-massonica ed anti-giudaica.
    Ora, come reagiscono i FdI? Disobbediscono, essendo essi secondo l’accusa nemici del Concilio? Rifiutano di assoggettarsi ad una così evidente e malvagia usurpazione? No, nient’affatto. I frati e le suore che restano fedeli a padre Manelli, il fondatore prigioniero, affermano di stare accettando questa persecuzione per offrirla per il bene della Chiesa e la fine della crisi che la devasta.
    Insomma sono fedelissimi nell’obbedienza. Eroicamente fedeli. Agnelli fra le mani del macellaio…
    A tal punto da suscitare un qualche vago sentimento di pietà, o forse di imbarazzo, nel prefetto stesso, il cardinal Braz de Aviz, primo firmatario del commissariamento. Siamo in grado di riferire – grazie a due diversi testimoni che indipendentemente l’uno dall’altro hanno riferito il fatto, avvenuto un giorno imprecisato fra maggio e giugno scorso, a cui erano presenti (ah, caro hotel Santa Marta!, benedetti i tuoi spifferi!) – che il cardinal prefetto abbia chiesto al Papa: allora, quali sanzioni vogliamo dare ai Francescani dell’Immacolata? Dopo due anni di commissariamento….La logica era quella del Kgb: una volta che ti aveva arrestato, mica poteva riconoscere che eri innocente; doveva darti almeno “un quartino”, 25 anni di GuLag. Però nel cardinalone promotore della religione unita mondiale, c’è forse un’eco della frase di Pilato: “Non trovo colpa in quest’Uomo…Dopo averlo severamente castigato, lo rilascerò”.
    Ma quale pena, ha risposto “Francesco della misericordia”; non penso a sanzioni, l’ordine va’ semplicemente soppresso. E questo anche, secondo i testimoni oculari, “con una certa forza e durezza”.
    Insomma, la morte di un ordine fiorente. Che sarà eseguita, senza alcun dubbio, dagli yes men di cui El Papa si è circondato, e su cui il misericordioso (con Scalfari) fa regnare letteralmente “il terrore”.
    Bergoglio confessò che il diavolo…
    Ma ha mai spiegato, El Papa, cosa lo muove nel suo implacabile odio? In qualche modo l’ha fatto. Lo disse ad una udienza ad alcuni Francescani dell’Immacolata, che ha concesso in Vaticano il 10 giugno 2015, dalle 9.30 alle 11. Li ricevette allora, capisco, soprattutto per rivendicare a sé la persecuzione che subivano. E’ inutile che accusiate padre Volpi, sono io che vi ho fatto questo; io, il vostro Papa..
    Il discorso che fece è registrato, ed è stato persino riportato nelle ultime pagine del “Calendario 2015” che gli stessi francescani azzurri vendono per autofinanziarsi (chiedetelo se volete alla sede di via Boccea 590, 0166 Roma).
    Ne riporto i passi salienti. Premetto che uno dei presenti ebbe il coraggio di esprimere dolore ché all’udienza non fosse stato invitato padre Manelli, il fondatore…ecco parte della risposta del “Francesco” ai francescani smarriti:
    “A me è stata spiegata la (vostra) situazione tranquillamente, calmamente; ho pregato con benevolenza per voi e ho sentito che dovevo prendere quelle decisioni (del Commissariamento) dopo essermi consigliato (…) Il principio che mi ha guidato è stato quello dell’obbedienza perché è proprio il principio della cattolicità.
    Sant’Ignazio ci dice che la regola “per sentire con la Chiesa” è che se io vedo una cosa nera che è nera e la Chiesa mi dice che è bianca devo dire che è bianca.
    (Seguono una ventina di righe in cui spiega che ha vietato lui di celebrare la Messa in latino. Poi del fatto che il Seminario di Sassoferrato, dove c’erano ben 60 seminaristi, è chiuso e i seminaristi dispersi):
    “Io conosco i motivi di questo trasferimento e mi sembrano giusti. Prima di prendere la decisione sono stato consultato dalla Congregazione e io ho detto sì, perché questo sia chiaro: sono io il responsabile…”
    Altre 10 righe in cui ripete che bisogna credere al Concilio Vaticano II, dovete sempre rimanere uniti al Papa: “E senza il papa, a te chi ti garantisce la tua ortodossia, lontano dal papa?”…. Poi riprende:
    “Ma quando c’è un’ermeneutica ideologica io ho paura, io ho paura. Io ricordo… è vero che tutti dobbiamo essere ortodossi, ma tante volte si usa (la parola “ortodossia”, ndr.) per giustificare procedimenti in ultimo non chiari. Io ricordo un Vescovo dell’America latina, bastonava tutti noi: “L’ortodossia, l’ortodossia!”; ma era un affarista, faceva negozi con i soldi… Così si accusano gli uni, gli altri di non essere ortodossi per coprire altri interessi. (…)
    Ed ecco infine la frase agghiacciante:
    Il vostro carisma è un carisma singolare: c’è lo Spirito di san Massimiliano Kolbe, un martire, e c’è lo spirito di san Francesco, l’amore alla povertà, a Gesù spogliato… Ma c’è un’altra cosa che a me fa capire perché il demonio è tanto arrabbiato con tutti voi: la Madonna. C’è qualcosa che il demonio non tollera… non tollera la Madonna, non tollera e non tollera di più quella parola del vostro nome: “Immacolata”, perché è stata l’unica persona solamente umana nella quale lui ha sempre trovato la porta chiusa, dal primo momento; lui non (la) tollera. Ma pensate anche il momento che voi vivete adesso come una persecuzione diabolica, pensatela così...”
    Ora, non so a voi che impressione faccia questo fraseggio – questo farfugliare sconnesso, perché farfuglia, si capisce che è a disagio. A me sembra, nella confusione mentale, una confessione. Prima dice: sono io, io personalmente, che rivendico la responsabilità delle punizioni che vi vengono inflitte. Poi dice questa frase inaudita: “C‘è un’altra cosa che a me fa capire perché il demonio è tanto arrabbiato con tutti voi: la Madonna. C’è qualcosa che il demonio non tollera… non tollera la Madonna, non tollera e non tollera di più quella parola del vostro nome: “Immacolata” (..) pensate anche il momento che voi vivete adesso come una persecuzione diabolica, pensatela così…”
    Il papa dice: sono io l’autore della vostra persecuzione, e pensate pure che è una persecuzione diabolica…Cosa è questo, sdoppiamento di personalità?
    Non so quanto c’entri il tumore detto benigno, il neurinoma, che lo specialista dei neurinomi Fukushima gli ha trovato nel cervello, e che la junta suramericana ha così furiosamente smentito (El caudillo està en perfecta salud!). O forse quel tumore è un “dono” che ha contratto quella serata di festa carismatica del 2006, allo stadio (ben opportunamente detto) Luna Park di Buenos Aires, dove il cardinale si sottopose in ginocchio alla benedizione dei protestanti fondamentalisti? Questi, che sono eretici per la Chiesa, gli imposero le mani: segno che volevano trasferirgli uno Spirito. Quale spirito? chiediamo.
    Foto preoccupanti mostrano che egli cadde in qualcosa come una trance. Uno stato alterato di coscienza.



    E che pronunciò un discorso ebbro, come in quelle riunioni succede quando si viene invasati da uno spirito: “Che il Padre ci chiuda la bocca con l’abbraccio e ci unisca sempre più”, gridò in piena suggestione ipnotico-dionisiaca: “..Sì, sono peccatore, vedo la piaga con cui Cristo ci ha salvato”; “appropriamoci della piaga di Cristo”. Quanto al vento (dello Spirito Santo), ha osservato che è lui che “ci stringe nell’unità” e “ci unisce come chiese riconciliate nella diversità”.
    Ecco come lo ha descritto quella sera il National Geographic Usa, che gli ha consacrato un servizio speciale:
    “Le braccia tese, il volto improvvisamente animato, con un fremito di passione nella voce, Jorge Mario Bergoglio si rivolge a Dio: «Padre, siamo divisi. Uniscici!». Chi lo conosce lo guarda sorpreso, perché l’arcivescovo è noto per la sua espressione imperturbabile (….) Bergoglio si inginocchia lentamente sul palco e chiede ai presenti di pregare per lui. E il pubblico, ancorché sorpreso, risponde all’invito, sotto la guida di un ministro evangelico. L’immagine dell’arcivescovo inginocchiato tra altri prelati di grado a lui inferiore, in atteggiamento di umile supplica e venerazione, finirà sulle prime pagine della stampa argentina”.
    Da quel momento, come ha detto nella cattedrale cattolica di Istanbul: “Il fuoco dello Spirito Santo non riempie tanto la mente di idee, ma incendia il cuore”. Egli obbedisce a quell’incendio, a quel che lo “spirito” gli suggerisce: la sua “teologia” senza dottrina, e le sue nomine allarmanti – come monsignor Ricca lo scandaloso invertito, o Carballo il malversatore…o la topless girl Chaouqui .
    Forse, più che il medico specialista del tumore, sarebbe di giovamento un esorcismo. Ci restituirebbe un Santo Padre guarito, chissà. Farebbe bene anche a lui.
    Involontaria ammissione di El Papa a quelli che perseguita. - Blondet & Friends

    Breaking news: le Francescane dell'Immacolata commissariate, per un puro reato di opinione
    Ci sono Ordini religiosi i cui vertici organizzano finte perquisizioni della Guardia di Finanza per truccare le elezioni interne (i Camilliani) o il cui Superiore, insieme ai confratelli, frequentava marchettari cui offriva droga (i Carmelitani scalzi), per non parlare di quelli che trovano normale stuprare i dodicenni (i Salesiani olandesi). Nessuna di queste amabili congregazioni è stato oggetto di commissariamento. Trattamento ben più aspro è invece riservato ai Francescani e alle Francescane dell'Immacolata, ancorché non sia ancora saltato fuori alcun fatto 'pruriginoso': né a sfondo sessuale, né economico (le indagini circa presunte distrazioni si sono arenate: i soldi non erano dei frati, ma di benefattori che, giustamente, sono liberi di non approvare il nuovo corso e di non consegnarli ai Commissari del Popolo inviati dal Vaticano).
    Insomma, dopo accurate visite apostoliche palesemente volte a distruggere l'Ordine, alla fine non è apparso nulla di nulla. Ma l'hanno commissariato egualmente, col fine evidente di distruggerlo, come bene ricorda Blondet. Le suore sono colpevoli, come plasticamente riconosce il decreto di commissariamento che pubblichiamo in anteprima, solo del capitale delitto di non essere "riuscit(e) ad assimilare adeguatamente ed applicare nel contesto della propria vita e missione apostolica le ricchezze dell'insegnamento conciliare e del successivo magistero papale sulla vita consacrata".
    Questo smentisce, per inciso (e non ve n'era nemmeno bisogno!), le insinuazioni raccolte dal Corriere della Sera in merito a pratiche estreme ed innaturali di mortificazione e di obbedienza praticate nell'Ordine. Ora, che i Francescani dell'Immacolata applicassero la clausura e la regola francescana sine glossa (a differenza dei sullodati carmelitani, per esempio), non stentiamo a crederlo. Ma evidentemente senza alcuno di quegli abusi parasessuali che il quotidiano sembra insinuare. State certi che, se ci fosse stata anche solo una parvenza di ciò, il Vaticano ci sarebbe andato a nozze, pur di screditare l'Ordine troppo poco conforme al nuovo corso e alle necessità di 'aggiornamento'.
    La morale è sempre quella: sodomizzatevi pure, drogatevi e rubate, ma non toccate il Concilio Vaticano II.
    Viva la Chiesa della Misericordia di Papa Francesco!
    MiL - Messainlatino.it: Breaking news: le Francescane dell'Immacolata commissariate, per un puro reato di opinione

    Sul porcàio italo-vaticano. Qualche domanda sull’origine.
    Maurizio Blondet
    Un lettore:
    “Ogni giorno ne esce una, e pazienza andassero a donne… Ma qui sono tutti froci. Prima i carmelitani scalzi che mantenevano i marchettari di mezza Roma adesso il priore di Montecassino – no dico MONTECASSINO – che frequentava i locali gay di mezza Europa sperperando i soldi del priorato. Non e’ possibile che queste cose avvenissero senza una rete larga ma molto larga di complicita’ e/o omerta’. Nel mio piccolo il mio 8 per mille lo daro’ a tutti ma non alla Chiesa cattolica.
    Gianni”
    Forse la Chiesa ha avuto sempre al suo interno una quota di omosessuali, per ovvii motivi. Oggi ne è un verminaio infestato da cima a fondo, di veri e propri posseduti dalla lussuria invertita, ed è uno dei risultati diretti del Concilio. Come occorre ripetere, Giovanni XXIII annunciò nell’aprire il Concilio che ormai la Chiesa non si sarebbe “opposta” agli “errori” come in passato, quando li “aveva condannati talvolta con la massima severità”. Da adesso, “preferisce usare la medicina della misericordia invece di imbracciare le armi del rigore”.
    La rinuncia alla “severità” nel condannare le eresie non poteva che condurre alla fine del “rigore” nei comportamenti scandalosi. Salve le dovute eccezioni che ci sono per fortuna e grazia di Dio, gli alti gradi gerarchici hanno applicato quella “misericordia” decretata istituzionalmente prima di tutto a se stessi – come accade ad ogni burocrazia che sa approfittare a proprio beneficio di ogni falla delle leggi. Concedendosi lussi e vizi. Non sono tutti; ma come ho potuto constatare (sono stato per anni ad Avvenire) non c’è oggi persona laica nel mondo che – decidendo di fare il male – sia più “libera” di farlo di un prelato. Un laico incontra alcuni limiti esterni ed oggettivi: che so, un datore di lavoro che controlla la sua produttività, il giudizio del prossimo, il denaro contato: un privato di classe media non può semplicemente permettersi di andare a Berlino per orge, di dilapidare in champagne e ostriche; la cosa e l’ecstasys non se le può pagare a gogo; la vita nel “mondo” ha una sua ruvida concretezza per i più, una certa necessaria serietà – altrimenti si abbatte la sanzione sociale. Il prelato invertito non subisce controlli, non deve temere punizioni, non ha sopra nessuno che lo tenga sotto qualche sorveglianza. Un santo cardinale (ne esistono) che ha avuto il compito di trattare giudiziariamente i casi di devianza morale dei preti, mi ha detto: “Mi pare di andare a predicare alle prostitute ché, almeno, tengano gli occhi bassi”. Tutto il potere punitivo che aveva in mano il suo tribunale ecclesiastico si riduceva a questo. Non c’è più alcuna severità. Peggio: non c’è più alcuna normativa morale che possa essere opposta ai devianti…”Chi sono io per giudicare?”.
    Si fida nell’auto-disciplina, nell’auto-controllo. In un balordo ottimismo sulla natura umana e le sue falle che la vecchia Chiesa non ha mai coltivato (sa che l’uomo è “ferito” dal peccato di Adamo, sicché ci è più facile fare il male che il bene), ma che Giovanni XXIII proclamò con tristo entusiasmo progressista: sappiamo, proclamò, che circolano “dottrine false, opinioni, pericoli da cui premunirsi e da avversare”. Ma non c’è bisogno di contrastarle con severità “perché tutte quante contrastano così apertamente con i retti principi dell’onestà, ed hanno prodotto frutti così letali che oggi gli uomini sembrano cominciare spontaneamente a riprovarle, soprattutto quelle forme di esistenza che ignorano Dio e le sue leggi”.
    Cioè: è nato l’uomo nuovo annunciato dalla Rivoluzione illuminista. Quello che non ha bisogno di essere guidato, perché da sé, “spontaneamente”, si tiene lontano da azioni ed opinioni “che contrastano coi principi dell’onestà”, avendone constatato razionalmente “i frutti letali”. Da sé capisce che le forme di esistenza che “ignorano Dio e le sue leggi” fanno male (a cosa? Alla salute? Al portafoglio?) Insomma si annunciava l’uomo autonomo. Che si dà da sé la propria legge. Esattamente il contrario di quello per cui Cristo sarebbe venuto sulla Terra a liberare, perché “chi fa’ il peccato è schiavo del peccato”.
    Andatelo a chiedere all’abatino finocchio di Montecassino, al superiore carmelitano finocchio che si serviva di prostituti, al monsignorino culatoncino polacco che ci ha presentato il suo “compagno”offendendo tutti i credenti…sono quelli che si regolano da sé.
    Pieni di soldi su cui non devono dare conto a nessuno – l’8 per mille ha riempito questa gerarchia di soldi nel momento stesso in cui perdeva i fedeli, e quindi s’è liberata dal controllo che i credenti hanno esercitato per secoli sui preti peccatori. Si è detto che la Chiesa ha sostituito il suo popolo con l’8 per mille. Ha creduto di guadagnarci, non dovendo più dipendere dalle elemosine e dai lasciti dei fedeli. Adesso vediamo quel che è diventata.
    Nessuno controlla
    “Madre amorevolissima di tutti, benigna, paziente, mossa da misericordia e da bontà verso i figli da lei separati», l’annunciava Papa Giovanni. Eccola la madre amorevolissima, dalla manica larghissima, che non ha più Inquisizione e nemmeno sorveglianza sulle coscienze nemmeno dei suoi diretti dipendenti,oggi indipendenti. Una potente storica ausiliaria delle “rivoluzione sessuale” che di lì a poco, nel ’68, avrebbe abbassato le difese sociali sulle devianze viziose e scandalose, e che oggi ha del tutto sollevato il solo tappo che, in qualche modo, ancora tratteneva la lussuria senza fondo, patologica, degli invertiti: la riprovazione, almeno la disapprovazione dei comportamenti. Saltato quel tappo – la benedetta “pressione sociale”, il sacrosanto “giudizio del prossimo” – ora quelli non hanno più limiti. Non abbiamo ancora visto nulla con l’abate di Montecassino: è stata aperta una fogna che non cesserà di spurgare liquami, lordando tutti noi con sempre più ripugnanti esibizioni di sconcezza, sempre più oltraggiose oscenità.
    Perché – diciamolo una buona volta, prima che le leggi promosse e volute dalla lobby dei pervertiti ci vietino la verità – il loro vizio consiste esattamente e solo in questo, nella volontà di superare ogni limite, nella ricerca coattiva e disperata (da ossessi o da posseduti) insaziabile, di oltraggiare i confini – anzitutto interiori – della dignità umana. Lo impararono sgomenti i medici che a San Francisco, nell’esplosione dell’AIDS, chiesero ai malati di aiutarli a risalire all’infetto numero 1: fu impossibile, ciascuno dei ricoverati aveva avuto in media 600 rapporti l’anno precedente con partner diversi, e quasi sempre sconosciuti incontrati nelle loro dark rooms.
    Oggi, il British Medical Journal segnala l’espandersi furioso di “maratone del sesso” dove cinque o più omosessuali si uniscono e copulano anche per tre giorni e notti, senza mangiare né dormire, perché si aiutano con psicofarmaci e droghe ad hoc, riducendosi a stracci e diffondendo le loro malattie veneree. Si vede qui come l’omosessualità sia animata meno dal desiderio di voluttà che da quello di violentare la natura.
    Gamma-
    E’ proprio della patologia del finocchio credere ossessivamente che se la “felicità sessuale” gli sfugge, è colpa della società – essa, coi suoi “tabù”, lo ostacola, gli rende difficili tutti gli incontri che vorrebbe e sogna di avere nella sua fantasia malata di insaziabile oltraggio alla natura. Quindi esigono leggi “più permissive”, quindi pretendono leggi che puniscano chi li giudica male, che rendano un crimine “l’omofobia”…Sono quindi l’arma politica più straordinaria che la Sovversione abbia a disposizione.
    Anche perché, come nota il lettore, sono assetati di potere per coprirsi a vicenda. La cosa fu notata da Engels con allarme in una lettera a Karl Marx del 1869. Era appena uscito un libello di tale Karl H. Ulbrichts (1825-1895), primo storico promotore dei “diritti degli omosessuali”, ed Engels scriveva: “I pederasti cominciano a contarsi e coprono di essere una potenza dentro lo Stato. Mancava l’organizzazione, ma a giudicare da questo testo, sembra che essa esista già in segreto…”.
    Lo riferisce uno storico della Germania, Philippe Simonnot, nel suo recente studio Le Rose et le Brun, – Quel a été le rôle des homosexuels dans la montée du nazisme au Pouvoir ? (éditions Dualpha, 2015) – che mette in luce il pericoloso ruolo politico esercitato dalla finocchieria. Bismarck stesso prese misure segrete per ridurne l’influenza che esercitavano sul Kaiser Guglielmo II. La parte che hanno avuto gli invertiti nelle SA non è il caso di ricordarla (poi Hitler fece la purificazione…).
    Chi ha fatto salire uno così ad abate di Montecassino?, si domanda un lettore – con quella faccia? La risposta è che la lobby della Kulandra nella Chiesa ormai non conosce più limiti nella decenza. Non la tiene più nessuno. E’ anche questo l’effetto finale del Concilio, mezzo secolo dopo. Perché a forza di essere “benigna e paziente” verso i figli suoi (da essa stipendiati, specialmente) non richiede più loro, né sorveglia in loro, che abbiano l’aspirazione alla santità.
    Non da oggi, guardate. Era già il 22 dicembre 1972 che l’Osservatore Romano segnalava una Congregazione religiosa che “ha spazzato via dalle Costituzioni del fondatore tutte le pratiche di pietà – Messa quotidiana, lettura spirituale, meditazione, esame di coscienza, ritiro mensile, Rosario eccetera – tutte le forme di mortificazione, e ha messo in discussione anche il valore del voto di obbedienza, concedendo al religioso il diritto all’obiezione di coscienza, quando voglia sottrarsi agli ordini dei Superiori”. Da quarant’anni abbandonate le pratiche di santità; in tanti ordini non si prega più; cosa volete che rimanga, se non il carrierismo, i soldi, i prostituti e l’ecstasys?
    Il fatto che esistano ancora buoni preti diocesani, poveri (con l’8 per mille, i vescovi danno loro uno stipendio di miseria) nonostante tutto aderenti alla dottrina, alla carità e alla fede, santamente sacrificati, è un miracolo. Esistono; e più sono santi, più dediti alla preghiera, più sono ostacolati e devono soffrire la mano pesante della gerarchia. Fino al caso estremo dei Francescani dell’Immacolata (e delle sue suore), commissariate con l’accusa di non aver voluto “assimilare adeguatamente ed applicare (…) le ricchezze dell’insegnamento conciliare”.
    Questo è: infinita misericordia per “ordini religiosi in bancarotta, porporati accusati di aver protetto preti e vescovi pederasti, seminari in cui succede di tutto e di più”, assenza di sorveglianza e di responsabilità verso il porcàio, implacabile ferocia verso chi prova a fare una vita di santità. Il discrimine è il “Concilio”. Lorsignori difendono tutte le “libertà” che con il Concilio si sono concessi? L’unica difesa – ha ragione il lettore -è far mancare loro l’8 per mille. A ciò provvederanno gli scandali che sono montati e ormai alla luce del sole. Ma non basta. Siccome Cristo c’è, questi avranno il destino del sale diventato insipido, saranno calpestati.
    Non posso chiudere senza evocare l’altro rigurgito di liquame italiota, quello che trabocca dalla procura di Napoli. Impropriamente detto “caso De Luca” dai media, mentre il governatore De Luca è per assurdo il meno colpevole. Chiamiamolo il “caso Scognamiglio-Manna”. Dal nome della giudicessa e del marito. Una famiglia marcia fino al midollo, assatanata di soldi e potere e di superamento di ogni limite: entrambi parti di caste pubbliche, entrambi benissimo stipendiati, della categoria dei ricchi di stato, volevano per lui una carica dirigenziale in una ASL, ancora più lucrosa e prestigiosa. Manifestano una corruzione morale unita alla tracotanza di chi è malfattore abituale, e alla cecità specifica di chi, immerso nel malaffare fino al collo, non si rende nemmeno conto che per voler troppo può perdere tutto. Il punto è che questi episodi di corruzione si mostrano sempre più negli alti gradi della dirigenza pubblica, della cosca e casta giudiziaria. Solo per ricordare i casi più recenti.
    Silvana Saguto, presidente del tribunale di Palermo con il compito di occuparsi dei beni sequestrati ai mafiosi, e che li intascava o malversava, nominando amministratore di detti beni il marito, amici e commensali.
    La Antonella Accroglianò, detta la dama nera, alta dirigente dell’Anas che si faceva pagare per concedere appalti, anche lei insaziabile, mai le bastavano le “ciliegie”, pretendeva sempre più “antinfiammatori”…una così abituale corruzione e abuso di potere che non bastano certo due o tre punizioni, o inchieste penali, per “educarne cento”. Questi si sentono i padroni della cosa pubblica e se ne appropriano come cosa loro. E come la Kulandra vaticana (e no), come l’abate di Montecassino o il cardinale dall’appartamento principesco, non ne hanno mai abbastanza. Non può bastare, né servire, applicare le leggi; qui bisogna domandarsi come sono state deformate le istituzioni, distorte le idee di pubblica dignità e di privato rispetto di sé, da rendere questi personaggi così assuefatti a fare del pubblico cosa propria, cosa nostra, infischiandosene del giudizio altrui e sicuri della propria continua impunità. Come nella Chiesa va’ messo in discussione il Concilio, così qui va’ messo in discussione il quadro istituzionale che ha prodotto questi arraffoni senza fondo, che ha dato loro questo atteggiamento umano da delinquenti nati. Non sfugga come la casta giudiziaria, implacabile con gli avversari politico-mediatici, sia di manica larga con se stessa: la dottoressa Scognamiglio, invece di stare in galera (preventiva, come usano contro noi comuni mortali) è stata “trasferita”.
    Temo che anche questo peggioramento sia in qualche modo un effetto distante del Concilio e della sua manica larga ribattezzata “Misericordia”. Che cosa deve impedire ad un dirigente pubblico di arraffare? L’amor di patria, è stato abolito. Quel che restava di moralità in Italia era la moralità cattolica. Adesso è “la svolta antropologica” compiuta. Ecco l’uomo nuovo auspicato.
    Sul porcàio italo-vaticano. Qualche domanda sull'origine. - Blondet & Friends

    IL PAPA E LA CHIESA: UNA GUERRA CIVILE CATTOLICA
    Le sue riforme fatte alla cieca e le sue espressioni fuori dalle righe fanno sì che il Papa sembri essere fuori dal controllo della Chiesa Cattolica Tradizionale.
    di Damian Thompson
    Domenica scorsa, il quotidiano italiano La Repubblica ha pubblicato un articolo firmato da Eugenio Scalfari (uno dei giornalisti italiani che godono di maggiore popolarità nel proprio Paese) in cui il giornalista raccontava di come Papa Francesco gli avesse appena detto che “al termine di un percorso di discernimento più o meno lungo, chiunque sia divorziato e lo richieda (di ricevere la Comunione), verrà accontentato”.
    I Cattolici sono rimasti sbalorditi da quest'affermazione.
    Il Papa veniva da un Sinodo della durata di tre settimane, in cui si era registrata una forte divisione tra i vescovi: una parte di essi era favorevole all'ammissione alla Comunione e ai Sacramenti dei divorziati e risposati, mentre l'altra parte era contraria.
    Il risultato è stato quindi estremamente dibattuto, con la conseguenza che la maggioranza che ha portato alla decisione finale non è da considerarsi significativa.
    Il lunedì successivo il portavoce della Sala Stampa vaticana, padre Federico Lombardi, ha affermato che l'articolo di Scalfari “non è assolutamente affidabile” e “non ricalca il pensiero del Papa”.
    Il che è verosimile, dal momento che Eugenio Scalfari ha 91 anni e non ha mai registrato né annotato le interviste che gli vengono rilasciate.
    Di conseguenza, non può essere considerato “affidabile”.
    Questo, però, non ha soddisfatto i mass media, i quali hanno sottolineato come il Papa non sia nuovo a queste situazioni.
    Questa è la quarta intervista che il Pontefice rilascia al giornalista in questione.
    Nel loro ultimo incontro, Scalfari ha riferito l'affermazione del Papa in cui quest'ultimo dichiara come il due per cento dei prelati cattolici (inclusi vescovi e cardinali) siano pedofili.
    Il povero portavoce già allora era stato costretto a concedere al Papa il beneficio del dubbio. Stavolta, molti giornalisti hanno però valutato come sia comunque arduo fare affidamento sulle affermazioni del Pontefice, senza prescindere dal coinvolgimento di Eugenio Scalfari.
    Papa Francesco ha alle spalle due anni e mezzo di pontificato, ma è solo nell'ultimo mese che tra i Cattolici più conservatori (i quali in genere rimangono dissociati dai tradizionalisti, i quali hanno posizioni ben più marcate) ha cominciato a diffondersi l'idea che il Papa sia fuori controllo.
    “Fuori controllo” e “ha perso il controllo” ovviamente non hanno lo stesso significato; in effetti, il significato della seconda espressione è molto meno tragico di quello della prima.
    Nessuno degli ultimi Pontefici ha mai diffuso il timore che il Magistero del Vicario di Cristo in Terra non fosse in buone mani.
    I media non cattolici stanno già approfittando della crisi che sta coinvolgendo il Pontefice argentino.
    Essi possono ben vedere che in pubblico egli è rilassato e fuori dalle righe, e traggono la conclusione che il Papa sia liberale (secondo gli standard della Chiesa Cattolica) negli argomenti che riguardano la morale sessuale, e di conseguenza additi i vescovi più conservatori come ipocriti. Questa analisi è fondamentalmente vera.
    Ma c'è una cosa che i giornalisti – e i seguaci secolari del Papa (ossia coloro che lo seguono come fosse una moda momentanea), il cui numero ammonta a diversi milioni – accettano per buona anche se è decisamente sbagliata dal punto di vista della dottrina. Jorge Mario Bergoglio, nella sua popolare umiltà, si fa chiamare con il poco altisonante titolo di “Vescovo di Roma”, da lui largamente preferito a quello di “Sommo Pontefice”.
    Chiunque lavori in Vaticano direbbe che questo non sia l'epiteto adatto.
    Papa Francesco esercita il proprio potere con una sicurezza di sé che eguaglia quella che già fu di San Giovanni Paolo II, il Papa polacco la cui crociata contro il Comunismo si concluse con il collasso del blocco sovietico e la conseguente caduta della cortina di ferro.
    Le somiglianze tra i due Papi finiscono qui. Giovanni Paolo II non ha mai nascosto la natura della sua missione. Durante il suo lungo pontificato ha sempre rimarcato gli insegnamenti della Chiesa.
    Al contrario, Francesco sta rendendo la Chiesa più melensa e libera dagli schemi, pur non rivelando mai quali siano le sue mire. Questo comportamento si spiega meglio paragonando il Papa ad un motociclista che guida la sua moto alla massima potenza senza consultare una mappa né gli specchietti retrovisori. Nel momento in cui la sua moto va in panne – come è successo nel corso del Sinodo sulla Famiglia – elimina le scorie depositate sul motore con uno stuzzicadenti.
    I non cattolici hanno manifestato un interesse maggiore verso le “storiche” affermazioni di Papa Francesco in materia di cambiamenti climatici che non a quanto è successo nel corso del Sinodo, anche perché quest'ultimo riguardava principalmente il dibattito circa l'ammissione o meno dei cattolici divorziati e risposati al rito della Comunione (argomenti di scarsa importanza per chi non frequenta le chiese).
    E questo rappresenta il contrario della realtà.
    L'enciclica Laudato Si' ha momentaneamente entusiasmato gli ecologisti, ma in realtà l'evento che ha avuto una notevole rilevanza storica (seppur negativamente) era il Sinodo sulla Famiglia.
    Nel corso dei lavori del Sinodo, i fedeli hanno cominciato a chiedersi se il Papa abbia perso la propria capacità di giudizio critico, o se al contrario sia consapevole delle proprie azioni, da lui orientate al fine di crearsi una determinata immagine pubblica.
    Nelle associazioni a carattere religioso, le perplessità hanno cominciato a diffondersi nell'ottobre 2014, nel momento in cui il Sinodo straordinario aperto da Papa Francesco è collassato sotto i suoi occhi.
    È emerso che gli organizzatori del Sinodo – scelti personalmente da Papa Francesco – erano tutti favorevoli all'eliminazione del divieto di concedere la Comunione ai divorziati risposati e hanno cercato di sottolineare gli aspetti positivi delle relazioni tra omosessuali.
    I mass media avevano espresso gioia per queste decisioni, finché non è emerso che le affermazioni degli organizzatori non ricalcavano in alcun modo la realtà dei fatti.
    I Padri Sinodali (nel cui numero rientravano diversi Cardinali), non avevano in alcun modo espresso questa volontà. Il cardinale australiano George Pell, primo prefetto della Segreteria per l'economia e membro del “Consiglio degli Otto Cardinali”, è notoriamente conservatore. Egli ha espresso la sua enorme rabbia riguardo l'accaduto. La votazione aveva bocciato entrambe le riforme proposte, ma nonostante tutto Papa Francesco ha convocato il Sinodo di quest'anno per rivedere la questione della Comunione ai divorziati risposati.
    Il primo Sinodo non è stato soltanto un motivo di umiliazione per il Papa, ma oltretutto ha registrato avvenimenti fortemente ambigui.
    Perché Papa Francesco ha permesso al cardinale Lorenzo Baldisseri e all'arcivescovo Bruno Forte, suoi uomini di fiducia, di pubblicare un resoconto non veritiero restando impuniti?
    Qualsiasi altro papa avrebbe immediatamente inviato Baldisseri e Forte a fare i parroci in Antartide come punizione per il loro comportamento.
    Inaspettatamente, Papa Francesco li ha incaricati di dirigere il Sinodo del mese scorso. Non solo: ha persino riconfermato il cardinale 82enne tedesco Walter Kasper, di idee ultraliberali, determinato più che mai ad abbattere tutti gli ostacoli che impediscono ai divorziati di ricevere la Comunione. Per farla breve, è evidente che Papa Francesco sia d'accordo con le idee di Kasper. Inoltre già sapeva che molti vescovi presenti al Sinodo di quest'anno erano favorevoli a mantenere il divieto di concedere la Comunione ai divorziati.
    Di conseguenza, non si capisce quale sia il motivo per cui il Papa abbia tanto insistito affinché l'argomento venisse ancora dibattuto, pur sapendo che questi vescovi non gli avrebbero mai dato ragione.
    I cardinali sono sconcertati e profondamente arrabbiati per il fatto che un Sinodo riguardante la crisi della famiglia sia stato dominato da aspri dibattiti riguardanti questo argomento.
    La settimana prima dell'inizio dei lavori, tredici cardinali capeggiati da Pell avevano scritto una lettera indirizzata al Papa per dare voce al loro sospetto che il Sinodo fosse stato pilotato in modo da accontentare la minoranza kasperiana, e richiedere al Papa di non permetterlo.
    Come ci si aspettava, il Sinodo ha prontamente cestinato lo schema proposto da Kasper, pur senza ridurre a zero le possibilità di un cambiamento.
    Infatti, Papa Francesco in vista del Sinodo ne aveva stravolto gli equilibri invitando vescovi con le sue stesse vedute.
    Questo fa saltare all'occhio un dettaglio che ha fortemente minato la credibilità di Papa Francesco.
    Tra i vescovi invitati personalmente da Papa Francesco spiccava il nominativo del cardinale belga Godfried Danneels, il quale cinque anni fa ha lasciato il governo dell'arcidiocesi di Malines-Bruxelles dopo esser stato registrato nel momento in cui stava chiedendo ad un uomo di tacere circa gli abusi subiti da parte di un vescovo. La vittima messa a tacere era il nipote di Vangheluwe, ex-vescovo di Bruges. In poche parole, Danneels ha cercato di insabbiare un abuso sessuale ...Papa Francesco lo sapeva bene, ma nonostante tutto gli ha riservato un posto d'onore al Sinodo sulla famiglia. Perché?
    “Per ringraziarlo del voto in Conclave” dicono i conservatori – tale ipotesi potrebbe non essere affidabile, ma c'è di vero che Danneels in passato si è vantato di aver contribuito all'elezione papale del cardinale Bergoglio.
    Il Sinodo si è chiuso in circostanze catastrofiche, con un documento che ammette o vieta la Comunione ai divorziati a seconda del caso in esame.
    Ciascuna compagine è convinta di aver vinto, e il Papa, secondo le parole di un osservatore, “si è profondamente offeso”.
    Il Papa ha espresso risentimento contro “i duri di cuore che si nascondono dietro gli insegnamenti della Chiesa” e i “punti di vista ciechi”, aggiungendo che “i veri difensori della dottrina non sono tanto quelli che prendono gli insegnamenti alla lettera, quanto quelli che ne colgono lo spirito”.
    Il significato era chiaro. I prelati a favore del divieto della Comunione sono farisei al cospetto di Francesco / Gesù. Il Papa ha implicitamente insultato una buona metà dei vescovi del mondo, inoltre ha concesso ai semplici sacerdoti l'autorità di decidere essi stessi di concedere o meno la Comunione ai divorziati.
    Un sacerdote vicino al Vaticano ha riferito di essere inorridito ma non sorpreso. “Questo è il vero Francesco” ha detto “un tiranno che riesce a malapena a celare il suo disprezzo nei confronti della sua Curia. Al contrario di Benedetto XVI, quel tizio lì ricompensa i suoi fedelissimi e punisce duramente i dissidenti.”. Normalmente i sacerdoti non definiscono mai il Santo Padre “quel tizio lì”, nemmeno se ne disprezzano le idee.
    Ma finora questo è uno degli epiteti più gentili che i conservatori hanno utilizzato per riferirsi a Papa Francesco; gli altri non sono idonei ad essere riportati in una comune rivista. Precedentemente, la Chiesa Cattolica non aveva mai assunto posizioni così tipicamente anglicane, soprattutto in considerazione del fatto che l'anglicanesimo è collassato nel momento in cui i credenti più ortodossi, soprattutto in Africa, hanno rimproverato i vescovi di aver abbandonato l'insegnamento di Cristo.
    La crisi che incombe sulla Chiesa Cattolica si preannuncia ben più seria.
    Milioni di Cattolici sono convinti che la forza della Chiesa è nelle sue regole, nella sua coerenza e nella sua immutabilità. Il Vicario di Cristo in Terra è chiamato a preservare questa stabilità.
    Se i Pontefici sono personalità austere e distanti, è perché hanno la necessità di essere così percepiti, anche per mantenere la Chiesa integra, considerando che il Cattolicesimo fa da ponte tra tantissime culture del mondo, spesso profondamente diverse.
    Ad oggi, improvvisamente, sul Soglio di Pietro siede un uomo che si comporta come fosse un comune politico, ed avvia aspri dibattiti con i suoi oppositori.
    Francesco si ingrazia il pubblico lanciando slogan attrattivi ed alletta i giornalisti con affermazioni sorprendenti che poi il portavoce può tranquillamente smentire. Inoltre, fa implicitamente capire di essere in disaccordo con i principi alla base della sua stessa Chiesa. È chiaro che un Papa non può comportarsi così senza snaturare la Chiesa.
    Per ora, si può solo immaginare quali siano i suoi scopi anche perché lui deve ancora articolare una svolta coerente da imprimere alla Chiesa. Non meno importante, non si ha la certezza che il Papa abbia le capacità intellettuali per farlo.
    I cattolici più ferventi sono strenuamente convinti che la barca di Pietro non affonderà mai, indipendentemente da chi sia il nocchiero. D'altronde Gesù stesso affermò “Gli Inferi non prevarranno su di essa”.
    Tuttavia, come seguito al caos registrato nello scorso mese, la loro fede è messa a dura prova. Si sta diffondendo sempre più rapidamente l'idea che Jorge Mario Bergoglio sia destinato a portare il papato alla sua distruzione.
    MiL - Messainlatino.it: Il Papa e la Chiesa: una guerra civile cattolica (The Spectator)


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    Predefinito Re: Rif: Il Verbo di Dio si è fatto carne

    Punti critici delle parole di Papa Francesco durante la visita ai luterani
    Bergoglio recentemente ha reso omaggio ai Luterani a Roma. Confrontiamo la sua fede con la Cattolica.
    1) Il Papa ha detto:
    «[Nel giorno del Giudizio] quali saranno le domande che il Signore ci farà quel giorno: “Sei andato a Messa? Hai fatto una buona catechesi?” No, le domande sono sui poveri, perché la povertà è al centro del Vangelo [...] Tu, la tua vita l’hai usata per te o per servire? Per difenderti dagli altri con i muri o per accoglierli con amore? E questa sarà l’ultima scelta di Gesù […] Tutti noi battezzati, luterani e cattolici, siamo in questa scelta: il servizio, l’essere servo»
    Cosa dice la Chiesa?
    125 D. Che cosa c’insegna il settimo articolo: Di là ha da venire a giudicare i vivi e i morti? R. «Il settimo, articolo del Credo c’insegna che alla fine del mondo Gesù Cristo pieno di gloria e maestà verrà dal cielo per giudicare tutti gli uomini, buoni e cattivi, e per dare a ciascuno il premio o la pena che avrà meritato».
    867 D. Con qual peccato si perde la Fede? «R. La Fede si perde con negare o dubitare volontariamente anche di un solo articolo propostoci a credere».
    909 D. Come si perde la Carità? «R. La Carità si perde con qualunque peccato mortale». 951 D. Qual è il peccato mortale? «R. Il peccato mortale è una trasgressione della divina legge, per la quale si manca gravemente ai doveri verso Dio, verso il prossimo, verso noi stessi».
    469. Oltre i comandamenti di Dio, che altro dobbiamo noi osservare? «Oltre i comandamenti di Dio noi dobbiamo osservare i precetti della Chiesa».
    474. Quanti e quali sono i precetti della Chiesa? «I precetti della Chiesa sono cinque: Udir la Messa tutte le domeniche e le altre feste comandate […]».
    475. Che cosa ci ordina il primo precetto o comandamento della Chiesa: Ascoltare la Messa tutte le domeniche e le altre feste comandate? «Il primo precetto della Chiesa: Ascoltare la Messa tutte le domeniche e le altre feste comandate, ci ordina di assistere con divozione alla santa Messa in tutte le domeniche e nelle altre feste di precetto».
    472. È peccato trasgredire un precetto della Chiesa? «Il trasgredire avvertitamente un precetto della Chiesa in materia grave è peccato mortale». (Catechismo Maggiore)
    2) IL Papa ha detto
    «Ma noi luterani e cattolici, da che parte saremo, a destra o a sinistra? Ma ci sono stati tempi brutti eh fra noi – ha sottolineato – le persecuzioni tra noi, con lo stesso battesimo… ci siamo anche bruciati vivi, dobbiamo chiederci perdono per quello scandalo della divisione, perdono, tutti, luterani con cattolici».
    Cosa dice la Chiesa?
    «128. […] la grande eresia del Protestantesimo (sec. XVI), prodotta e divulgata principalmente da Lutero e da Calvino. Questi novatori, col respingere la Tradizione divina riducendo tutta la rivelazione alla S. Scrittura, e col sottrarre la S. Scrittura medesima al legittimo magistero della Chiesa, per darla insensatamente alla libera interpretazione dello spirito privato di ciascheduno, demolirono tutti i fondamenti della fede, esposero i Libri Santi alla profanazione della presunzione e dell’ignoranza, ed aprirono l’adito a tutti gli errori.
    129. Il protestantesimo o religione riformata, come orgogliosamente la chiamarono i suoi fondatori, è la somma di tutte le eresie, che furono prima di esso, che sono state dopo, e che potranno nascere ancora a fare strage delle anime.
    130. Con una lotta, che dura senza tregua da 20 secoli, la Chiesa cattolica non cessò di difendere il sacro deposito della verità che Iddio le ha affidato, e di proteggere i fedeli contro il veleno delle eretiche dottrine.
    134. Lo spirito protestante tuttavia, cioè lo spirito di sconfinata libertà e di opposizione ad ogni autorità, non lasciò di diffondersi; e molti uomini sorsero che gonfiati da una scienza vana e superba, ovvero dominati dall’ambizione e dall’interesse non dubitarono di creare o dar favore a teorie sovvertitrici della fede, della morale, e di ogni autorità divina ed umana».
    (Catechismo Maggiore, Brevi cenni di storia ecclesiastica).
    3) Papa Francesco prosegue:
    «condividiamo la cena del Signore – ha osservato – ricordiamo e imitiamo il Signore Gesù. La cena del Signore ci sarà. Il banchetto finale della nuova Gerusalemme. Mi domando: condividere la cena del Signore è il fine di un cammino o il viatico per camminare insieme? In un certo senso condividere è dire che non ci sono differenze tra noi, che abbiamo la stessa dottrina. Mi domando: “Ma non abbiamo lo stesso battesimo?”. E se sì dobbiamo camminare insieme».
    Cosa dice la Chiesa?
    654. Che cosa è dunque la santa Messa? «La santa Messa è il sacrificio del Corpo e del Sangue di Gesù Cristo offerto sui nostri altari sotto le specie del pane e del vino, in memoria del sacrificio della Croce». (Catechismo Maggiore). Cosa dicono Lutero ed i Luterani? «La messa non è un sacrificio, o l’azione del sacrificatore… Chiamiamola benedizione, eucarestia, mensa del Signore o memoriale del Signore. Le si dia qualunque altro nome, purché non la si macchi col nome di sacrificio […] Quando la messa sarà distrutta, penso che avremo distrutto anche il papato […] Infatti il papato poggia sulla messa come su una roccia. Tutto questo crollerà necessariamente quando crollerà la loro abominevole e sacrilega messa». Bolla «Exsurge Domine», Condanna delle tesi di Martin Lutero, Papa Leone X: qui la bolla e l’elenco delle eresie di Lutero e luterane.
    4) Papa Francesco ha quindi esortato a
    «pregare insieme, lavorare insieme per i poveri, amarci insieme, con vero amore di fratelli». E di fronte all’osservazione «“ma siamo diversi perchè i nostri libri dogmatici dicono una cosa e i vostri dicono un’altra” noi dobbiamo chiedere la grazia della diversità riconciliata nel Signore».
    Cosa dice, invece, la Chiesa?
    «La communicatio in sacris è formale quando un cattolico partecipa ad un rito acattolico (e/o prega CON) con la reale intenzione di dare un culto a Dio nel rito della falsa religione. La communicatio in sacris pregiudica l’unità della Chiesa o include formale adesione all’errore o pericolo di errare nella fede, è di scandalo e di indifferentismo, è proibita dalla legge divina»
    «[…] non è lecito, neppure sotto il pretesto di rendere più agevole la concordia, dissimulare neanche un dogma solo; giacché, come ammonisce il patriarca alessandrino: “Desiderare la pace è certamente il più grande e il primo dei beni, ma però non si deve per siffatto motivo permettere che ne vada di mezzo la virtù della pietà in Cristo”. Perciò non conduce al desideratissimo ritorno dei figli erranti alla sincera e giusta unità in Cristo, quella teoria, che ponga a fondamento del concorde consenso dei fedeli solo quei capi di dottrina, sui quali o tutte o almeno la maggior parte delle comunità, che si gloriano del nome cristiano, si trovino d’accordo, ma bensì l’altra che, senza eccettuarne né sminuirne alcuna, integralmente accoglie qualsiasi verità da Dio rivelata»
    (Enciclica Orientalis Ecclesiae, Pio XII)
    MiL - Messainlatino.it: Punti critici delle parole di Papa Francesco durante la visita ai luterani.

    BERGOGLIONATE QUOTIDIANE. UNA SITUAZIONE IMBARAZZANTE. UN “VESCOVO DI ROMA” DEL TUTTO INADEGUATO
    Antonio Socci
    Il discorso bergogliano di Firenze ha d’un solo colpo cancellato il pontificato di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI riprecipitando la Chiesa italiana nel devastante marasma clericoprogressista degli anni Settanta, proprio gli anni in cui Paolo VI – isolato e inascoltato – denunciava il “fumo di Satana” entrato nel tempio di Dio e la furia autodemolitrice scatenatasi nella Chiesa. Quelli furono gli anni più cupi della storia della Chiesa italiana e ci stiamo tornando.
    Bergoglio peraltro è così a digiuno di riferimenti culturali e privo di solide basi teologiche che in quel discorso fiorentino ha preso abbagli incredibili. Ho già segnalato quello sul don Camillo di Guareschi, un goffo autogol.
    Il professor Pietro De Marco mostra pure come siano del tutto sbagliati e rovesciati anche i suoi riferimenti polemici a gnosi e pelagianismo.
    Passano pochi giorni e arriva l’eccidio di Parigi…
    Dopo l’imbarazzante intervistina telefonica sul massacro di Parigi che è stata fatta a Bergoglio da Tv2000 (gli hanno reso un pessimo servizio, ma quando mai un Papa si mette a fare l’opinionista al telefono?), nella quale intervista Bergoglio diceva che “queste cose sono difficili da capire” (in realtà basta chiedere a un qualsiasi cittadino comune e potrebbe spiegargliele, ma forse il problema c’è per chi NON VUOLE CAPIRE), dicevo dopo questo fatto è tornato a dire che che “non bisogna costruire muri” e ha legato questa idea all’eccidio di Parigi.
    Pare a chiunque evidente che il problema di Parigi e della Francia (che ha sei milioni di musulmani in casa), come pure dell’Europa, deriva invece proprio dall’aver abbattuto i muri, deriva dalla drammatica difficoltà di integrare l’Islam nelle società democratiche e dal fallimento del multiculturalismo.
    Ma Bergoglio non sente ragioni e persegue la sua idea di abbattere in maniera indiscriminata e generalizzata tutte le frontiere d’Europa (ha rimproverato per questo anche i vescovi slovacchi che ribadivano la necessità di difendere l’identità del loro Paese dalle ondate immigratorie musulmane).
    Chiunque può vedere in questi giorni cosa questo significhi…
    Non contento, nelle stesse ore Bergoglio è andato a incontrare i Luterani e ha combinato un altro pasticcio… Su una questione centrale della verità cattolica: l’eucarestia, che è il cuore della vita della Chiesa e verso la quale il papa argentino ha un atteggiamento che lascia – a dir poco – inquieti (vedi anche il Sinodo e non solo)….
    Non so se e quanto Bergoglio conosca Lutero che definiva la Chiesa «la cloaca in cui è incarcerato lo Spirito Santo». Evito commenti su quello che Bergoglio ha detto ai Luterani perché sono cose inaudite e – per ora – bastano le parole di Magister… Ma mi chiedo: non è evidente a tutti l’inadeguatezza di questo “vescovo di Roma”?
    La barca di Pietro naviga in una tenebra fitta e sta facendo acqua da ogni parte, rischiando l’affondamento…
    Si è del tutto persa la rotta, sia sul piano dottrinale che sul piano pastorale (la Chiesa è stata disarmata e imbavagliata da Bergoglio di fronte alla pesante aggressione ideologica del laicismo) e perfino sul piano diplomatico dove la Santa Sede è pressoché sparita nella difesa di intere chiese perseguitate e minacciate di eliminazione fisica.
    Funziona solo la macchina della propaganda personale della “Star Bergoglio”, una Star mondana, applaudita ed esaltata – non a caso – dai nemici di sempre di Cristo e della Chiesa, che sono ben felici della sua opera…
    L’ULTIMA TROVATA DI OGGI DEL BERGOGLISMO E’ IL “GIUBILEO APERTO AI MUSULMANI”!!! UN’IDEONA! PERALTRO UN’IDEONA DI CUI NEMMENO SI COMPRENDE IL SIGNIFICATO… C’E’ SOLO DA SPERARE CHE NON COMPORTI UN PELLEGRINAGGIO BERGOGLIANO ALLA MECCA, DOPO IL SUO “MOMENTO DI ADORAZIONE” RIVOLTO ALLA MECCA NELLA MOSCHEA BLU DI ISTANBUL.
    NON SI SA SE SORRIDERNE O PIANGERE…
    Ormai è chiaro a tutti coloro che sono abbastanza liberi da riconoscere la realtà che Bergoglio è drammaticamente inadatto a questo ministero e fa danni enormi (fra gli applausi dei nemici di Gesù Cristo e della Chiesa che finalmente possono irridere trionfalmente i cattolici).
    Sarebbe il caso che i cristiani, i sacerdoti, i vescovi e i cardinali che hanno aperto gli occhi cominciassero a dire la verità, a dire in coscienza quello che vedono e che davvero pensano. Prima che Bergoglio proseguendo con nomine episcopali a sua immagine e somiglianza e pure con nuove nomine cardinalizie comprometta perfino il futuro della Chiesa.
    Credo che a ciascuno di noi Dio chiederà conto di come ci siamo assunti le nostre responsabilità in questo momento cupissimo della storia della Chiesa. E giudicherà se abbiamo svenduto la verità alla convenienza e all’opportunismo.
    BERGOGLIONATE QUOTIDIANE. UNA SITUAZIONE IMBARAZZANTE. UN "VESCOVO DI ROMA" DEL TUTTO INADEGUATO. - Lo StranieroLo Straniero

    Le supercazzole eucaristiche di Papa Bergoglio
    Sit autem sermo vester est est non non; quod autem his abudantius est, a malo est (Matteo 5, 37: sia il vostro discorso sì sì, no no; tutto il resto proviene dal Maligno).
    In visita ieri al tempio luterano di Roma, il papa si è sentito chiedere se cattolici e luterani possano condividere la comunione; cosa da sempre negata da parte cattolica, vista la difformità di credo religioso, tra cui anche il differente significato dato all'Eucarestia: per i cattolici opera una transustanziazione, ossia il pane è del tutto trasformato in corpo di Cristo e in modo definitivo e permanente, mentre per i luterani c'è solo una consustanziazione, ossia una coesistenza delle due sostanze (pane e carne del Signore), per giunta temporanea finché è presente l'assemblea. Inoltre per i luterani è inconcepibile l'adorazione eucaristica, visto che il pane consacrato ha l'unica funzione di essere mangiato durante la 'cena del Signore'. Quindi: un protestante non può essere ammesso alla comunione cattolica, visto che non crede in quello che i cattolici le attribuiscono. Così come un cattolico non deve fare la comunione protestante, già solo per il fatto che il pastore (in quanto privo di successione apostolica) non ha alcun potere per modificare comechessìa il pane e il vino.
    Concetti assodati da sempre, che sarebbe bastato ribadire, no?
    E invece, con lunghe e confuse parole, il Santo Padre ha risposto alla domanda in modo di fatto incomprensibile e contraddittorio, a tratti lasciando intendere che la decisione per l'intercomunione debba dipendere dal libero convincimento di ciascuno (principio quintessenzialmente protestante, per inciso).
    Dopo i divorziati in seconde nozze, la Comunione tocca ora anche ai protestanti?
    MiL - Messainlatino.it: Le supercazzole eucaristiche di Papa Bergoglio

    Bergoglio e Lutero: lettera ai sedeplenisti perplessi
    di Pietro Ferrari
    Zenit 15 Novembre 2015, incontro di Bergoglio coi luterani:
    ‘Al Papa vengono rivolte tre domande alle quali risponde rigorosamente a braccio. Il primo è un bambino di 9 anni che porge una domanda tanto semplice quanto cruciale: “Cosa ti piace di più dell’essere Papa?”. Tra le risate generali, Francesco ribatte di cuore: “Fare il parroco, fare il pastore…”.’
    Immagino quanto debba apparire fastidioso a tutti gli amici sedeplenisti perplessi, che un ‘papa’ abbia tale idea della giurisdizione papale apparentemente ricevuta. E’ come se il presidente della Corte Costituzionale dichiarasse che la cosa che gli piace di più della sua funzione è fare il Giudice di Pace.
    ‘In particolare, “amo tanto andare in carcere – non che mi portino in galera – ma parlare con i carcerati. Ogni volta che io entro in un carcere domando a me stesso: ‘Perché loro e io no?’. E lì sento la salvezza di Gesù Cristo, l’amore con me, perché è Lui che mi ha salvato. Io non sono meno peccatore di loro, ma il Signore mi ha preso dalla mano e questo lo sento. E quando vado in carcere sono felice”.’
    Appare del tutto caritatevole essere vicino a chi sta scontando una pena detentiva, ma vi è una confusione sia tra peccato e reato (a meno che Bergoglio non debba confessare qualcosa di grave) che tra ruoli: il carcerato dovrebbe sentirsi elevato dalla carità di un Papa, ma non lo sarà se viene considerato uguale ad un ’papa’ che va quasi a constituirsi in carcere perché si considera ugualmente colpevole di pene detentive.
    ‘Il Papa, quindi, deve “fare il vescovo, fare il parroco, fare il pastore”, sottolinea il Santo Padre, perché “se un Papa non fa il vescovo, il pastore sarà una persona molto intelligente, molto importante, avrà molto influenza nella società, ma penso che nel suo cuore non è felice”.’
    Insomma il Papa deve fare tutto, tranne il Papa, cioè dal Governare, Insegnare, Consacrare si passa alla ricerca della felicità.
    ‘Più spinosa la seconda domanda da parte di una donna luterana sposata con un cattolico italiano che ha sollevato la questione della intercomunione. “Viviamo felicemente da molti anni – ha detto – ma ci duole assai vivere diversamente la fede e non partecipare insieme la cena del Signore. Cosa fare per raggiungere la comunione in questo punto?”—– “Non è facile per me risponderle soprattuto davanti ad un teologo come il card. Kasper, ho paura!”, risponde Papa Francesco scherzosamente. Anzitutto ricorda che “la cena del Signore ci sarà”, ovvero “il banchetto finale nella nuova Gerusalemme. Ma questa sarà l’ultima, intanto nel cammino mi domanda… e non so come rispondere … È il fine del cammino o il viatico per camminare insieme? Lascio la domanda ai teologi … È vero che in un certo senso condividere è dire che non ci sono differenze tra noi, che andiamo la stessa dottrina – parola difficile da capire – ma io mi domando ma non abbiamo lo stesso Battesimo? E se lo abbiamo dobbiamo camminare insieme..’
    Appare chiaro che ad un Giudice di Pace che cerca la sua felicità, sia oltremodo inopportuno chiedere di pronunciarsi su una questione di cui dovrebbe occuparsi la Cassazione a Sezioni Unite o la Corte Costituzionale. Anzi, anche un Giudice di Pace dovrebbe già sapere quali siano gli orientamenti consolidati delle Magistrature supreme.
    Sminuire fino all’estremo i problemi e le divergenze dottrinali tra luterani e cattolici, è un atto di semi apostasìa che dovrebbe essere sanzionato duramente dall’episcopato incardinato in diocesi. Davvero ci si chiede fino a quando codesti occupanti i sacri palazzi, avranno ancora intenzione di ‘pettinare le bambole’ invece di porre delle severe ed esiziali monizioni a codesto liquidatore del cattolicesimo romano.
    ‘Quindi anche nel Giorno del Giudizio, ci sarà un’ultima scelta di Cristo. E ci saranno delle domande – spiega il Pontefice – non domande come “sei andato a Messa?” o “hai fatto una buona catechesi?”, bensì domande sui poveri, “perché la povertà è al centro del Vangelo”. Quindi domande come: “Tu la tua vita l’hai usata per te o per servire? L’hai usata “per difenderti dagli altri coi muri o per accogliere con amore?”.’
    Prendiamo atto da oggi che il precetto della Chiesa di seguire la Messa di Domenica è stato implicitamente abrogato e forse, che non è mai stato davvero un precetto ma addirittura una pratica acattolica. Questo dovremmo pensare se davvero J.M. Bergoglio fosse un legittimo Pontefice, a meno che ancora, l’episcopato non lo invitasse prima a chiarire ed a ritrattare questa pericolosa affermazione che spinge gli uditori al peccato mortale.
    Bergoglio e Lutero: lettera ai sedeplenisti perplessi | Radio Spada

    Tra i vescovi USA il "regime change" è di là da venire
    Come s'è visto nel precedente post, tra i cattolici degli Stati Uniti la popolarità di Francesco è da qualche tempo in calo.
    Ma anche tra i vescovi di quel paese la linea di Jorge Mario Bergoglio non sembra tanto in salute, nonostante l'energica iniezione di nomine da lui fatte, chiaramente finalizzate a un "regime change". Se ne è avuta conferma nella plenaria della conferenza episcopale degli Stati Uniti che si è tenuta a Baltimora dal 16 al 19 novembre.
    Nella votazione più "strategica" – definita proprio così –, quella che ha fissato le "priorità" dell'azione pastorale dal 2017 al 2020, i sostenitori della linea di papa Francesco hanno rimediato una disfatta, con soli 4 voti contro 233.
    Le priorità approvate sono nell'ordine:
    - evangelizzazione,
    - famiglia e matrimonio,
    - vita e dignità umana,
    - vocazioni e formazione,
    - libertà religiosa.
    Molto diverse da quelle che avrebbero voluto gli sconfitti, sull'onda dell'attuale pontificato: povertà, immigrazioni, giustizia sociale, ambiente.
    Anche il documento elaborato (a cominciare dal lontano 2007, in piena era Ratzinger) per "formare le coscienze dei cittadini credenti" nelle decisioni politiche ha registrato un'approvazione massiccia, inutilmente contrastata dai vescovi più vicini a Bergoglio. Il voto finale è stato di 217 a 16 per la nota introduttiva e di 210 a 21 per il corpo del testo.
    E poi ci sono state le elezioni per i vari incarichi, alle quali concorrevano quattro candidati di fresca nomina papale: i vescovi George V. Murry di Youngstown, Robert McElroy di San Diego, Frank J. Caggiano di Bridgeport e John C. Wester di Santa Fe.
    Di questi quattro l'unico a passare è stato Murry, che è prevalso per 132 voti a 106 sull'arcivescovo di St. Louis Robert Carlson. Murry è gesuita ed è stato chiamato personalmente da papa Francesco a prender parte al sinodo dello scorso ottobre.
    La stella nascente McElroy è stata invece battuta dal vescovo di Venice Frank Dewane per 128 voti a 111. Wester è stato superato dall'arcivescovo di Los Angeles José Gomez, dell'Opus Dei, per 140 voti a 58 (ma qui c'era anche un terzo candidato in lizza, il vescovo di Little Rock Antony Taylor, che ha preso 21 voti). E Caggiano è stato sconfitto dall'arcivescovo di Philadelphia Charles Chaput per 141 voti a 98.
    I paladini di Bergoglio pregustano però come un loro successo la vicina uscita di scena, per raggiunti limiti di età, dell'attuale nunzio negli Stati Uniti Carlo Maria Viganò, a loro sommamente inviso. In quello che era probabilmente il suo ultimo discorso ai vescovi americani riuniti, Viganò ha bacchettato le scuole e le università degli tati Uniti che di cattolico hanno mantenuto solo il nome. E ha taciuto sul caso Kim Davis, la pubblica funzionaria punita con la prigione per aver rifiutato di firmare la licenza per un matrimonio gay, da lui fatta incontrare privatamente con papa Francesco quando si trovava a Washington. Questa udienza fu in seguito sminuita da padre Federico Lombardi come "un saluto tra tanti" e, peggio, fu rumorosamente contestata da varie voci progressiste come una "trappola" predisposta proprio da Viganò ai danni di Francesco.
    Sta di fatto che la plenaria dei vescovi americani non ha affatto dato mostra di credere a questa versione, a giudicare dalla doppia, calorosissima "standing ovation" con cui ha salutato il nunzio Viganò.
    Tra i vescovi USA il "regime change" è di là da venire - Settimo Cielo - Blog - L?Espresso

    IN VATICANO C’È UNA MACCHINA DEL FANGO CONTRO LA CHIESA
    Antonio Socci
    Ecco come titolava stamani “Vatican Insider”, il sito ultrabergogliano: “Francesco: La Chiesa non adori la ‘santa tangente’ ”. E il sottotitolo: “Il Pontefice a Santa Marta: preti, vescovi e cardinali ‘non siano attaccati a soldi e potere’, stiano lontani dal degrado della ‘corruzione’ “. Ci rendiamo conto della pesantezza di queste parole e del grave sospetto generalizzato che spargono? Questo bombardamento bergogliano è ormai sistematico da tempo. Quale ne è il motivo? Sicuramente non quello di far pulizia.
    Infatti Bergoglio ha un potere assoluto, immediato e universale su tutta la Chiesa: se dunque è a conoscenza di tangenti di ecclesiastici o altri abusi di questo genere, ha tutti i modi e i poteri per intervenire. Oltretutto – a differenza di quello che accade nello Stato e nella Pubblica Amministrazione – il tipo di potere di cui lui dispone gli consente pure di allontanare (e subito) eventuali ecclesiastici scorretti o corrotti senza dover dare ragioni, anche solo per dei sospetti o delle voci, quindi può veramente fare quello che vuole.
    Ma Bergoglio non fa questo. Lui sembra preferire invece lo sputtanamento pubblico e generalizzato di tutti. Perché? Si potrebbero individuare due motivi.
    Primo: Bergoglio vuole vendicarsi di essere stato messo in minoranza in ben due Sinodi e non aver potuto imporre – per ora – le sue riforme eterodosse. Così adesso la fa pagare al mondo ecclesiastico. Questo è evidente in un passaggio particolarmente grave dell’omelia di oggi in cui Bergoglio afferma:
    “Questi capi dei sacerdoti, questi scribi erano attaccati ai soldi, al potere e avevano dimenticato lo spirito. E per giustificarsi e dire che erano giusti, che erano buoni, avevano cambiato lo spirito di libertà del Signore con la rigidità”.
    È noto che lui usa il termine “rigidità” per bastonare quelli che lo richiamano alla fedeltà alla Dottrina cattolica. Ma l’insinuazione che tale “rigidità”, cioè la fedeltà alla Legge di Dio, sia una maschera per coprire l’attaccamento a “soldi e potere” è gravissima.
    Secondo: Bergoglio sta alimentando il suo culto della personalità e lo strumento, molto appetitoso per i media laicisti, che con lui collaborano entusiasticamente, è quello di rappresentare se stesso come unico puro e immacolato in un letamaio che sarebbe la Chiesa corrotta e mondanizzata. Insomma umilia la Chiesa per innalzare se stesso. L’opposto di quello che un papa dovrebbe fare (umiliare la propria persona per innalzare l’ufficio petrino e la Chiesa)
    A volte ci sono pretesti di cronaca che gli permettono queste invettive, ma, come si è visto oggi, non sono nemmeno necessari: stamani questo comizio gli serviva per riguadagnare i titoli dei quotidiani dopo i balbettii dei giorni scorsi sugli attentati di Parigi che lo avevano messo in difficoltà. Sia chiaro, perfino quando ci fossero concreti episodi e responsabili da punire sarebbe ingiusto questo bastonamento continuo e qualunquistico della Chiesa fatto da Bergoglio. Ben venga la pulizia, ma non il fango generalizzato.
    Infatti un padre di famiglia che conoscesse qualche malefatta di un figlio, interverrebbe direttamente a correggerlo e punirlo in casa, non andrebbe in piazza a infangare ingiustamente e falsamente tutta la sua famiglia, sua moglie e tutti gli altri figli, facendoli perfino vergognare di uscir di casa. Spargere discredito in modo così generalizzato e qualunquista sulla Chiesa, su tutta la Chiesa, (preti, vescovi e cardinali) è sempre stata una caratteristica della narrazione anticlericale e anticattolica. Oggi abbiamo un vescovo di Roma che lo fa sistematicamente.
    Sono sempre di più gli uomini di Chiesa che trovano inaccettabile questo comportamento, soprattutto in un tempo così grave in cui il popolo avrebbe bisogno del luminoso faro della Chiesa di Cristo. Questo bombardamento li mette in grave difficoltà nello svolgimento della loro missione che è quella di insegnare la Verità e confortare con la luce della fede. Molti preti, vescovi e cardinali soffrono che il “vescovo di Roma” compia tale operazione con il potentissimo ausilio dei media laicisti, che non vedono l’ora di sputtanare tutta la Chiesa, applaudendo invece Bergoglio, denigratore della Chiesa visibile che egli sembra detestare con tutto se stesso.
    Un vero uomo di Dio come il card Biffi scriveva: “La Chiesa è per tutti noi una madre da venerare, da ascoltare, da amare, non una donna traviata da ricondurre sulla buona strada…”. Per Bergoglio – come per tutti i “riformatori” tipo Lutero – è invece una donna traviata.
    Ratzinger diceva che la Chiesa ha bisogno di santi non di riformatori, i quali hanno sempre fatto immani disastri. Ma Bergoglio invece crede di essere proprio il grande riformatore della Chiesa. Nei giorni scorsi a Firenze gli abbiamo sentito dire “voglio una Chiesa così voglio una Chiesa colà”. Ha dimenticato che la Chiesa non è sua e nessuno, nemmeno un Papa, può dire “voglio una Chiesa”, perché la Chiesa è la Sposa di Cristo: è Lui che è andato sulla Croce per lei ed è solo Cristo che può dire come la vuole.
    Bergoglio dimentica di essere solo un servo del Re, incaricato di custodire e difendere pro tempore la Sposa. È uno scudiero. Non può spadroneggiare sulla Sposa del Re. Non gli è consentito infangarla così, né gli è permesso portarla in piazza e farne una “femmina pubblica”. Perché il Re tornerà a chiedere conto, severamente, ai servi, di come hanno custodito e difeso la Sua Sposa.
    C’è un’ultima frase detta ieri da Bergoglio che merita attenzione: “sempre c’è nella Chiesa la tentazione della corruzione”. Vero. Bergoglio dovrebbe ricordare però che la prima e più grave “corruzione” che minaccia sempre la Chiesa è l’eresia, cioè la corruzione della Verità, l’infedeltà a Cristo e il tradimento della Sua Parola.
    Il mandato che Gesù Cristo ha dato a Pietro e agli altri Apostoli non è anzitutto quello relativo alle “tangenti” (per quello bastano i Dieci Comandamenti, che – vorrei ricordare – sono vigenti tutti e dieci, caro papa Bergoglio!). Il mandato di Cristo a Pietro e agli apostoli è quello di confermare i cristiani nella retta fede cattolica! Quindi i pastori non possono essere di scandalo per il popolo.
    Quelli che pervertono la Santa Dottrina, che è la vita dell’anima, sono sempre stati considerati dalla Chiesa e dai Santi Padri come il vero pericolo mortale per la Chiesa. Vorremmo che papa Bergoglio ricordasse e insegnasse anzitutto questo.
    IN VATICANO C'E' UNA MACCHINA DEL FANGO CONTRO LA CHIESA - Lo StranieroLo Straniero

    Quella porcata del commissariamento delle Francescane dell'Immacolata
    di Campari & De Maistre
    In questi giorni purtroppo il padre della Menzogna ha deciso di sferrare uno dei suoi periodici attacchi, compiendo appunto l'unica azione che gli riesce: diffondere menzogne.
    La vittima del momento è l'ordine delle Suore Francescane dell'Immacolata, immolata dopo i Frati Francescani dell'Immacolata.
    Purtroppo i fenomeni da baraccone delle TV nazionali si stanno prodigando per infangare sempre di più questo Santo Ordine. Si stanno inventando giuramenti di sangue e coercizioni allucinanti che al momento non sono provati. Se in questo ordine vigeva un regime di violenza e prevaricazione, perché il numero delle vocazioni aumentava sia nel ramo maschile che in quello femminile?
    Non è che l'altro frutto di Satana, l'Invidia, che fa il paio appunto con la Menzogna, ha lavorato per dare il ben servito all'ordine che più di tutti sembrava in procinto di essere perno per la rinascita di una Chiesa oggi in crisi?
    Domande che potrebbero rimanere nel vuoto. Fatto sta che, come ha fatto notare il sito Messa in Latino, nel documento di commissariamento, di tutto ciò non c'è traccia. La colpa, a quanto pare gravissima, che avrebbero commesso le suore sarebbe quella di non essere conformi al Concilio Vaticano II. Colpa che sarebbe più grave di furto e depravazione sessuale, insomma.
    Resta da capire dove stia la regia e soprattutto perché, sulla base di quanto è emerso riguardo altri ordini, solo i Francescani vengano commissariati. Laddove invece sono spariti milioni, sono stati scoperti giri di prostituzione minorile e via dicendo, nulla è stato toccato.
    Quella porcata del commissariamento delle Francescane dell'Immacolata ~ CampariedeMaistre



    El Papa: “Avanti con le riforme!”. Come Mario Monti, Renzi, la Fornero…
    Maurizio Blondet
    Che notizia consolante, vero? El Bergoglio non si tira indietro; non si lascia intimidire; “Vado avanti con le riforme”. Tutti i media, ovviamente, applaudono. Come sempre. Ma stavolta con un motivo in più per i loro applausi. I media, applaudono sempre “le riforme”, e ancor più chi promette o annuncia “riforme”.
    Hanno applaudito Monti Mario. Applaudito la “Riforma Fornero”. Applaudono Mario Draghi quando ammonisce il governo a “fare le riforme”. Quando Tsipras, che aveva alzato la testa dall’inferno, vi è stato cacciato da Bruxelles con tutto il popolo greco a fare le riforme, tutti hanno capito e approvato.
    E’ un riflesso condizionato. E’ anche che i giornalisti si trovano: è la parola in sé, “riforma”, quella che li fa’ sentire a loro agio, su loro terreno. Il perché non è difficile capirlo: “riforma” è una parola ideologica. Una di quelle parole che si possono riempire di significati come i vol-au-vent di ripieno a piacere: salato, dolce, gorgonzola, tartufo, crema pasticcera… e i media non hanno bisogno di chiedere al cuoco cosa ci vuol mettere dentro; già il solo annuncio di “riforme” suggerisce e incita un nervoso e allegro movimento in avanti della “società”, qualcosa di “avanzato”, di “progressisti”, che è equiparato a Nuovo e dunque al Bene. Addirittura un potente può, dopo averle annunciate, esimersi dal farle davvero, le “riforme”. L’utilità maggiore è infatti già nella semplice enunciazione: consente infatti di bollare i propri avversari, o anche solo i propri critici, come “nemici delle riforme”. E il gioco è fatto. I media, come i conformisti-standard, quando sentono una parola ideologica, si allineano d’istinto, sanno in che campo stare. E’ il livello in cui si sentono a casa propria..
    Prima, con i papi, non era facile per i media. Una terminologia non ideologica, dogmatica, dove si trattava di fede e dottrina, di verità e Presenza Reale, li metteva a disagio. Adesso finalmente ecco El Papa di tutti loro: un papa che parla “la nostra lingua”. Un Papa che fa’ le riforme, che bello!
    Naturalmente i cattolici possono chiedersi, costernati, cosa El Papa metterà nei vol–au-vent: nozze gay? Comunione ai divorziati, pare certo. Ma sono così pochi, ormai, i cattolici…
    La cosa divertente che El Papa accusa tutti gli altri di essere “ideologici”. Ha accusato di “ermeneutica ideologica” i francescani dell’Immacolata, nel discorso che a tenuto a loro.
    Anche questo è consueto. Ogni ideologo veramente fanatico ha questo angolo cieco; vede ideologi in tutti quelli che si oppongono alla sua ideologia. E non solo: nega che la sua sia una ideologia. La sua, sostiene, è pura e semplice verità. “Scientifica”, addirittura – per esempio il marxismo, si voleva tipicamente “scientifico”.
    Quando il cardinal Martini sbottò che “La Chiesa è indietro di 200 anni”, disse una tipica frase ideologica da consigliere di zona pd, di cui un saggio e uno studioso dovrebbe, semplicemente, vergognarsi. La vacuità ed estensione semantica di “indietro” e “avanti” ha il suo uso nella polemica partitica più vieta. El Papa Bergoglio telefona un giorno su due ad Eugenio Scalfari: fa’ una scelta ideologica. Scalfari non sta nelle periferie esistenziali, è un vecchio e potente miliardario ammanicato con tutti i poteri che contano. E poi, questo che spiffera quel che il Papa gli ha detto, sì che la sala stampa Vaticana debba poi smentirlo, non dovrebbe consigliare di non chiamarlo più? Macché, lui lo chiama per fargli dire quel che che gli ha detto, potendo poi disconfermarlo. Mica smentirlo, attenzione.
    L’ultima, il decrepito miliardario ha rivelato che il Papa gli aveva telefonato un’altra volta, incavolato nero perché al Sinodo non era andata come aveva tramato lui, e gli aveva detto: “Alla fine, lentamente o velocemente, tutti i di divorziati saranno ammessi (alla Comunione)”. Padre Lombardi, poche ore dopo: le parole del Grande Giornalista “non sono per nulla affidabili”, e “non possono essere considerate pensiero del Papa”.
    “Intellettualmente inadeguato”
    Scusate, ma ci prendete per scemi? A che gioco gioca El Papa? Non l’hanno chiesto i nostri media, ma l’autorevole New Spectator, britannico. “E’ la quarta volta che (El Papa) ha scelto di dare un’intervista che si affida alla sua memoria novantenne (Scalfari, dice, non prende appunti, ndr.)”: e giù a ricordare la volta che Scalfari scrisse che il Papa gli aveva confidato che i pedofili nel clero sono “il 2%, fra cui vescovi e cardinali, e il povero padre Lombardi aveva dovuto pulire..”. Per poi rievocare i sotterfugi e le manovre che Bergoglio aveva messo in atto per strappare dal sinodo il risultato previamente (ed ideologicamente) voluto da lui; di come non abbia difeso il cardinal Pell dalla calunniosa accusa di aver sperperato denaro dei fedeli per il suo appena nato ufficio di revisione dei conti (quei 500 mila euro diventano ben poca cosa, se non si dimentica che 292 mila sono gli stipendi di 12 persone – e le spese di mobili sono per le scrivanie che mancavano…), poi il cattivo e poco misericordioso carattere: “Non nasconde il disprezzo che ha per la propria Curia. Favorisce i suoi amici e punisce i suoi nemici…Fa’ persino capire di non essere d’accordo con gli insegnamenti della propria Chiesa”. La conclusione della pubblicazione britannica è “intellettualmente inadeguato”. Rischia di “essere l’uomo che ha ereditato il papato e l’ha rotto”.
    Intellettualmente inadeguato anche a fare le riforme…Un po’ come si rivelò Mario Monti, direi. Come delegato dei poteri sovrannazionali, Monti si rivelò un delegato sub-prime. Adesso stiamo andando all’Apocalisse con un Papa sub-prime. Una grottesca caricatura di Pietro per i tempi ultimi…Cosa abbiamo fatto per meritarcelo?
    Renzi è già persino meglio, per come parla di riforme e cerca di gabellarcele, addirittura come già avvenute. Qualcosa in comune hanno, però, i due utenti di terminologie ideologiche: Renzi se la prende coi “gufi”, El Papa coi “corvi”, oltre che scribi e farisei. L’ideologo evoca sempre qualche uccello del malaugurio che gli vuol male, che gli rema contro (i soldi, o per comunque abietti motivi), perché è cattivo, è un Giuda, un riccone…lui quando sta’ male chiama lo specialista più costoso (non necessariamente il migliore, ma il più caro) e lo fa’ mandare a prendere in elicottero, nemmeno fosse Warren Buffett; però i giornali ripetono che El Papa “vive in 50 metri quadri”....e lui accusa gli altri. “Puoi avere quanti soldi vuoi, ma sei vuoto”. I documenti trafugati? “Io stesso avevo chiesto di fare questo studio” (una mezza ammissione), ma sia chiaro: “Ru-ba-re è un reato”, dice. Ormai pienamente orizzontale, nemmeno gli passa per la testa di ricordare che “rubare è un peccato”. Reato, vuoi mettere, è molto più grave, per uno che fa’ “le riforme”.
    E lo vedrete a dicembre, quando i poteri mondialisti apriranno la gran conferenza sul clima, pretesto per ulteriori abolizioni coercitive della sovranità nazionale: El Papa ha già fatto loro il servizio con quella sua sub-enciclica di 200 pagine, è una bomba ideologica per la globalizzazione e il governo mondiale…Lui ci andrà e sarà un’orgia di parolame ideologico.
    Chiesa povera per i poveri? Ma…
    L’ultima per il momento è questa: eseguita la “purga” e cacciato il consiglio d”amministrazione dell’ospedale vaticano Bambin Gesù (dove sarebbero avvenute le malversazioni raccontate nei libri scandalistici dal Papa reclamizzati), incarica il Parolin di nominare nuovi amministratori. Più adatti alla sua Chiesa senza scialo, “povera per i poveri”, gente che capisce la sua volontà riformatrice. Esulta Radio Vaticana: “Si volta pagina” (una locuzione alla Renzi). E come? Nel Cda, eccoti i poveri fra i poveri, le personalità votate alle periferie esistenziali: Ferruccio De’ Bortoli e Anna Maria Tarantola. Ora, vedete voi se può esserci una scelta più ideologica; due potente vissuti sotto l’ala protettrice di laicissimi di poteri forti che più forti non si può.
    Piccolo particolare, si tratta di due incompetenti totali nelle passate altissime poltrone che hanno ricevuto da detti poteri forti. De Bortoli, come direttore del Corriere della Sera, ha guidato con mano sicura il giornale ex primo d’Italia verso l’emorragia più grande di lettori della sua storia, e verso il grigiore più plumbeo. La Tarantola, dalla rigida permanente, è stata da detti poteri salvata dei disastri che compì in Banca d’Italia (ufficio vigilanza, una brutta faccenda di “derivati tossici” e di regali ricevuti da Fiorani, roba da incriminazione) mettendola alla Rai. Che abbia fatto della Rai qualcosa di meglio di come la trovata, o che vi abbia lasciato un segno qualunque di buona gestione, è cosa che tutti possono vedere. Sono due nullità che non hanno fatto nulla, e strapagate. Il Papa ”delle riforme” non poteva privarsi di sì alte vacuità, di così solenni cretini, rispettatissimi però dai conformismo mediatico e dai salotti buoni. Quante centinaia di migliaia di euro ha offerto a questi due laicissimi pirlaccioni e parassiti, per strapparli ai salotti buoni? Perché costano.
    Le poverissime, le perseguita
    Frattanto, il Riformista ha dato ordine al duo Aviz & Carballo di commissariare (ossia di sopprimere) anche il ramo femminile dei Francescani dell’Immacolata, mitissime centinaia di giovani vergini consacrate. Ma su questo do la parola al vaticanista Marco Tosatti de La Stampa, perché non si dica che sono io ad esagerare:
    La motivazione addotta per commissariare le suorine: non sono riuscite “ad assimilare adeguatamente ed applicare nel contesto della propria vita e missione apostolica le ricchezze dell’insegnamento conciliare e del successivo magistero papale sulla vita consacrata”.
    L’accusa e il fraseggio hanno un tal puzzo di ideologia, che il Tosatti li commenta così:
    “I processi di ogni regime totalitario ci hanno insegnato che più vaga è l’accusa (“attività contro il popolo”) tanto più difficile, se non impossibile difendersi. E vista dall’esterno un’accusa del genere, rivolta a persone che vivono una vita realmente povera, seguendo San Francesco e Massimiliano Kolbe, che praticano ore di devozione eucaristica al giorno (quanti religiosi, anche molto a la page oggi, lo fanno?), ha un sapore quasi irreale.
    Se poi vediamo quella che è la realtà nella Chiesa, anche i più entusiasti a parole delle esortazioni di papa Francesco, fra diocesi e ordini religiosi in bancarotta, porporati accusati di aver protetto preti e vescovi pederasti, seminari in cui succede di tutto e di più, da persone ahimè esperte del mondo non si può non chiedersi: ma che cosa avranno fatto mai queste tre/quattrocento suorine? (Identica domanda, senza risposta, la ponemmo molto tempo fa per il ramo maschile).“
    El Papa: ?Avanti con le riforme!?. Come Mario Monti, Renzi, la Fornero... - Blondet & Friends

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    Predefinito Re: Rif: Il Verbo di Dio si è fatto carne

    Vergognarsi di Cristo! Carron corregge don Giussani: quando Cristo non è più tutto!
    Julian Carron in un recente intervento a Rimini con l’ebreo Weiler ha citato don Giussani falsificandolo. Ecco il testo:
    "Perciò identificava la vera sfida dicendo che ciò che manca non è la ripetizione nè verbale nè culturale dell’annuncio. Infatti insisteva sul fatto che l’uomo di oggi attende, anche inconsapevolmente, di trovare nel proprio cammino persone la cui vita è cambiata dall’incontro con Cristo o con la propria forma religiosa. (Julian Carron, La scelta di Abramo e le sfide del presente. Appunti del dialogo di Julian Carron, Joseph H.H.Weiler e Monica Maggioni, Rimini 24 Agosto 2015)".
    Dov’è l’adulterazione? Nell’aggiunta della “propria forma religiosa” che viene aggiunta forzatamente al fatto cristiano di cui don Giussani parlava in quell’intervento alludendo esplicitamente al battesimo (l’intervento di don Giussani risale al Sinodo per i laici del 1987). Cristo dunque non è più tutto, ma accanto a lui, alla pari di lui, possono esserci altri. Ecco invece il testo di don Giussani:
    "L’uomo di oggi, dotato di possibilità operative come mai nella storia, stenta grandemente a percepire Cristo come risposta chiara e certa al significato della sua stessa ingegnosità. Le istituzioni spesso non offrono vitalmente tale risposta. Ciò che manca non è tanto la ripetizione verbale o culturale dell’annuncio. L’uomo di oggi attende forse inconsapevolmente l’esperienza dell’incontro con persone per le quali il fatto di Cristo è realtà così presente che la vita loro è cambiata. È un impatto umano che può scuotere l’uomo di oggi: un avvenimento che sia eco dell’avvenimento iniziale, quando Gesù alzò gli occhi e disse: «Zaccheo, scendi subito, vengo a casa tua» (cfr. Lc 19,5). In questo modo il mistero della Chiesa, che da duemila anni ci è tramandato, deve sempre riaccadere per grazia, deve sempre risultare presenza che muove, cioè movimento, movimento che per sua natura rende più umano il modo di vivere l’ambiente in cui accade. Per quanti sono chiamati avviene qualcosa di analogo a quel che il miracolo fu per i primi discepoli. Sempre l’esperienza di una liberazione dell’umano accompagna l’incontro con l’evento redentivo di Cristo: «Chi mi segue avrà la vita eterna, e il centuplo quaggiù» (cfr. Mt 19,28-29; Mc 10,28-30; Lc 18,28-30). Giussani, L’avvenimento di Cristo , pp.23 24)".
    Eppure lo stesso Carron citava correttamente e senza equivoci Giussani fino a qualche anno fa:
    "A questa attesa, però, non può semplicemente rispondere una dottrina, un insieme di regole, una organizzazione, ma piuttosto l’avvenimento di una umanità diversa. Come disse don Giussani durante il Sinodo sui laici del 1987, «ciò che manca non è tanto la ripetizione verbale o culturale dell’annuncio. L’uomo di oggi attende forse inconsapevolmente l’esperienza dell’incontro con persone per le quali il fatto di Cristo è realtà così presente che la vita loro è cambiata. È un impatto umano che può scuotere l’uomo di oggi: un avvenimento che sia eco dell’avvenimento iniziale, quando Gesù alzò gli occhi e disse: “Zaccheo, scendi subito, vengo a casa tua”»". Julian Carron Intervento al Sinodo dei Vescovi 2012
    C’è da chiedersi: cos’è successo? Perché questo cambiamento?
    OBLATIO RATIONABILIS: Vergognarsi di Cristo! Carron corregge don Giussani: quando Cristo non è più tutto!



    Qualche domanda al Patriarca di Venezia
    di Paolo Deotto
    Poiché sappiamo, come ci insegna Sant’Atanasio, che “chiunque vuol essere salvo deve anzitutto mantenersi nella Fede cattolica”, non possiamo tenere in alcun conto le “preghiere” recitate da rappresentanti di false religioni. Né vogliamo spenderci in giudizio su “buone” o “cattive” religioni. False, punto e basta, perché la sola Fede è la Fede cattolica, la salvezza viene solo dalla Parola di Nostro Signore Gesù Cristo, di cui la Chiesa cattolica è custode. Per converso, come può salvarsi chi segue una falsa religione?
    Tantomeno la salvezza può venire da cerimoniali laici, strane para-liturgie “nobilitate” (si fa per dire) dalla presenza di rappresentanti politici, detentori di un potere temporaneo e terreno, che sarebbe correttamente usato solo se esercitato in modo conforme alla Parola di Dio.
    Ciò detto, mi viene spontaneo chiedere al Patriarca di Venezia, Mons. Moraglia, il senso delle sue parole, riportate oggi dall’ANSA, pronunciate in occasione del funerale civile della giovane uccisa a Parigi. “Ciascuno di noi è qui con la sua storia, le sue idealità, il suo credo religioso o di vita ma tutti insieme vogliamo dare a Valeria, cittadina di Venezia e del mondo, l’ultimo saluto”. E mi viene spontaneo anche chiedere al Patriarca perché ha ritenuto opportuno partecipare a un evento a cui sono intervenuti anche un rabbino e un imam.
    La pietà e la condivisione di fronte alla morte, tanto più a una morte così crudele, sono ben comprensibili. Non è comprensibile, né accettabile, un comportamento, tanto più da parte di un Pastore, che possa alimentare un errore che si va sempre più diffondendo e che si chiama sincretismo, eretico anticamera dell’ateismo e di quella “religione laica” (orrendo ossimoro) verso cui si direbbe che spingano anche i vertici della Chiesa. Tanto più la confusione aumenta se al funerale civile si accompagna una benedizione del Vescovo.
    Qualsiasi considerazione di pietà e di condivisione non può venire prima di un dovere ben più grave e importante, ossia l’evangelizzazione. Se parole e atti, nati anche dalla buonafede, possono essere fonte di ambiguità e imprecisione, se possono alimentare errori gravissimi – ne va della salvezza eterna! – sono dannosi e pericolosi. Se con le mie parole posso far credere che è importante genericamente “pregare”, credere in “valori” civili et similia, quale insegnamento di salvezza do a i fedeli? E quale indicazione do ai non credenti, che dovrebbero essere ammoniti sulla necessità della conversione alla Fede?
    Comunque i frutti di questa confusione, di questo embrassons-nous, che sembra sia l’unica cosa che sanno dire ormai troppi consacrati, lo vediamo in un post pubblicato sulla pagina Facebook di una parrocchia della diocesi di Padova (suffraganea del Patriarcato di Venezia) e che qui sotto riproduciamo (cliccate sull’immagine per ingrandirla). Se qualcuno trova qualcosa di cattolico nel sottostante guazzabuglio, ce lo faccia sapere…
    Qualche domanda al Patriarca di Venezia* ?* di Paolo Deotto | Riscossa Cristiana



    È pervenuta in redazione:
    Caro dottore,
    ho letto con molto interesse la posta della scorsa settimana in cui commentava gli avvenimenti di Parigi e direi che sono fondamentalmente d’accordo, però ho qualche perplessità. Per esempio, mi è chiara la sua condanna dell’islam, ma mi pare che lei ce l’abbia molto di più con l’Occidente. Va bene che l’Occidente è tutta quella roba che lei dice, ma non è che così si rischia di diventare antioccidentali e, mi consenta di dirlo, antiamericani, favorendo anche senza volerlo proprio l’islam? Non possiamo dimenticarci che l’Occidente, a mio avviso rappresentato in grado massimo dall’America, è quello che ci ha liberato dai grandi totalitarismi del Novecento. Insomma, non vorrei che si rischiasse di preferire l’islam agli Stati Uniti.
    Se ho inteso male il suo pensiero mi perdoni, ma questo non cambia il mio giudizio su certo antiamericanismo che vedo rinascere ogni volta che accadono fatti come quelli francesi.
    Con molta stima,
    Luigi Siracusa
    Caro Siracusa,
    la sua lettera è un piccolo capolavoro così ben congegnato da contenere la domanda e, neanche tanto implicitamente, la risposta sul tema che le sta a cuore. E devo dire che la sua lettera è così onesta da non nascondere l’americanismo dietro al dito di un mitologico Occidente di cui l’Europa sarebbe parte integrante. Ebbene, caro Siracusa, ritenendo che lei ponga la questione in modo realistico e corretto, le devo dire che io non “corro il rischio di diventare” antiamericano perché lo sono già.
    Il motivo del mio antiamericanismo, ridotto ai termini essenziali, è molto semplice e si fonda sulla seguente e banalissima constatazione. Se qualcuno critica l’Italia, non diventa automaticamente antitaliano, se critica la Francia non diventa antifrancese, se critica la Germania non diventa antitedesco, se critica la Russia non diventa antirusso… Però, se critica l’America, diventa ipso facto “antiamericano”. E lo scrivo tra virgolette perché questo è il segno che l’America, pur presentandosi agli occhi del mondo come il luogo in cui tutte le libertà si danno appuntamento, in realtà è la patria di un totalitarismo.
    Dunque, posso dire di essere antiamericano per ben due motivi. Il primo è indipendente dalla mia volontà, poiché il solo fatto di esercitare un pensiero critico sull’America mi conferisce automaticamente lo status di “antiamericano”.
    Il secondo è totalmente intenzionale poiché ritengo che la forma di totalitarismo riassunta nell’equazione “critica agli Stati Uniti uguale antiamericanismo” sia la più pericolosa tra quelle presenti sulla ribalta planetaria dalla fine della seconda guerra mondiale ai nostri giorni e vada combattuta all’origine.
    Detto questo, dovrebbe essere chiaro che non ritengo pericolosa, come invece fanno anche molti cattolici di robusta costituzione tradizionale, solo l’America di Obama considerando come un Eldorado l’America di Bush, non critico solo l’America abortista e libertaria salvando quella liberale e patriottica. Non cado in tale schizofrenia perché queste due Americhe, in realtà, sono un America sola, sono parte dello stesso totalitarismo, cosicché, tanto per Obama quanto per Bush, o si è con l’America o si è contro l’America. Ma, per quanto mi riguarda, solo Nostro Signore Gesù Cristo può dire che chi non è con Lui è contro di Lui: chiunque altro lo faccia prende il suo posto e si erge a falso idolo.
    Se ci pensa bene, caro Siracusa, il meccanismo totalitario dell’aut-aut, semplice nella sua applicazione e tremendo nella sua efficacia, è lo stesso applicato dall’Unione Sovietica fin dal principio del movimento rivoluzionario. Criticare la rivoluzione voleva dire essere antirivoluzionari, criticare il comunismo voleva dire essere anticomunisti, criticare la patria dei Soviet voleva dire essere antisovietici: proprio come criticare gli Stati Uniti vuol dire essere antiamericani.
    Questa similitudine tra Unione Sovietica e Stati Uniti, che per decenni si sono spartiti il dominio del mondo, mostra che questi due leviatani sono legati dall’essenza totalitaria e da un comune fondo materialista. Uno è il riflesso speculare dell’altro: uno è frutto di un materialismo che assume forme spirituali fino a diventare religione universale, l’altro è frutto di uno spiritualismo che assume forme materiali fino a diventare religione civile.
    Qui non ho lo spazio per entrare nel dettaglio della dottrina americanista e, d’altra parte, lo sprecherei perché lo ha fatto Piero Vassallo proprio qui su Riscossa Cristiana in una eccellente analisi a cui la rimando. Mi limito a qualche osservazione che faccia da cornice al quadro che tanto la inquieta, giusto per inquietarla ancora un po’ di più.
    Caro Siracusa, l’origine del male americano, che possiamo dire americanista se la tranquillizza un po’ anche se non cambia la sostanza, sta nel fatto che gli Stati Uniti, fin dall’origine, non si sono concepiti come semplice stato sovrano, ma come entità religiosa e ideologica destinata all’egemonia globale. Una vera e propria chiesa che ha una dottrina essoterica nell’esportazione della democrazia, una dottrina esoterica nel primato americano e dei sacramenti nelle diverse gradazioni della guerra, da quella occulta al bombardamento atomico di Hiroshima e Nagasaki, risalendo fino allo sterminio dei pellerossa uccisi in una esplicita guerra di conquista.
    Non possiamo dimenticare che questa nazione nasce con l’approdo dei Padri Pellegrini fuggiti dall’Europa in cerca della Nuova Gerusalemme. Erano in gran parte dei protestanti puritani che finirono per perdere la fede in Dio riversandola sui dogmi dell’illuminismo posto a fondazione del nuovo mondo. Il mito della religione civile non è cosa di oggi, era già ben chiaro ai tempi di Benjamin Franklin e Abraham Lincoln. Cominciarono con loro ad ardere le fiammelle votive ai Padri Fondatori che hanno contagiato in modo così virulento il “Mondo Occidentale” da diventare i lumini accesi con il sottofondo di “Image” in onore dei poveretti uccisi mentre invocavano il demonio al “Bataclan” di Parigi.
    Caro Siracusa, magari, obietterà che, mentre in terra islamica vengono martirizzati, negli Stati Uniti i cattolici godono di tutte le libertà immaginabili. Ma, fin dal principio, la libertà americana può anche essere radicale per gli individui, basta che non turbi l’ordine civile istituito sulle basi dell’illuminismo adottato dai Padri Pellegrini. L’americanismo concede agli uomini di pensare ciò che vogliono, ma non di trarre le conseguenze del loro pensiero sul piano pratico e sociale. Ognuno può pensare ciò che vuole, ma dubitando che sia buono e, dunque, che sia vero, perché la Verità coincide con il Bene dell’America. Una riserva mentale che ricorda molto da vicino l’ingresso in massoneria.
    E, ancora, opporrà a quanto le sto dicendo che negli Stati Uniti i cattolici possono manifestare quanto vogliono in difesa delle loro idee e del loro credo. Non dubito della buona fede di quei cattolici e ammiro il loro impegno, ma, allo stesso tempo, non posso non far di conto sui risultati e vedere che il mondo, compresa l’America, anzi a cominciare dall’America, va sempre peggio. E non potrebbe essere altrimenti poiché quei cattolici sono indotti, costretti, a manifestare dentro il sistema, secondo regole imposte dal sistema e, alla fine, giustificando un sistema che trae la propria legittimazione da una liberalità priva di conseguenze.
    Hanno un bel sostenere, per esempio, il Partito Repubblicano che agita la bandierina pro-life, ma alla fine anche il Partito Repubblicano è espressione e sostegno dello stesso sistema che preferisce buttare dollari nell’esportazione della democrazia nel medioriente del petrolio invece che nella vera guerra all’aborto. Insomma, caro Siracusa, diciamo che, se faccio fatica a vedere la cosiddetta sinistra americana come sostenitrice della Regalità Sociale di Nostro Signore, fatico a vedere in quella parte anche la cosiddetta destra. Mi dice che cosa cambia in America e nel mondo quando cambia l’amministrazione alla Casa Bianca?
    E allora, mi chiederà lei, è meglio l’islam? Non sto a ripetere ciò che ho già scritto su questa falsa religione che, come tutte le false religioni, è frutto dell’opera del demonio. Sappia però che, tra le false religioni, ci metto anche quella “civile” a stelle e strisce. E, in ogni caso, mi inquieta meno l’islam. Se mi trovo davanti un musulmano che mi chiede l’abiura del cristianesimo, il peggio che mi può capitare è che mi tagli la testa. Se mi trovo davanti un americanista, corro un pericolo ben peggiore: non mi chiederà brutalmente di abiurare, non cercherà di tagliarmi la testa, ma tenterà di cambiarmela. Anzi lo sta già facendo con la televisione, con la musica, con il cinema, con le moda, con i costumi più o meno depravati.
    Caro Siracusa, il militante islamico, e non a caso dico militante poiché mi riesce difficile attribuire il ruolo di fedele a chi professa una falsa religione, può tentare di costringermi a scrivere i versetti del Corano e, se non riesce, mi taglia la testa. L’americanista, invece, agisce come il correttore automatico di un programma di scrittura che, se non lo si tiene d’occhio, scrive quello che vuole lui, correggendo dove meglio crede, senza rispettare il nostro pensiero, interpretando come errori nostre precise decisioni.
    Se l’islamico mi taglia la testa, versa sangue che rende più forte la Chiesa, se l’americanista me la cambia versa quel poco cervello che ho senza che dia frutto.
    ?FUORI MODA?. La posta di Alessandro Gnocchi | Riscossa Cristiana

    Il patriarca Moraglia al funerale civile. Un post scriptum al “Fuori moda” di Alessandro Gnocchi
    Caro Paolo,
    permettimi di aggiungere un post scriptum al “Fuori moda” di ieri dedicato alla questione dell’americanismo. Non completerei il mio lavoro senza una considerazione sul funerale di Valeria Soresin, a proposito del quale tu hai già detto ciò che serve. Per ciò che riguarda la questione americanista, bisogna notare che quella cerimonia è la perfetta esemplificazione della “religione civile” americana esportata nel cuore dell’Europa (ex) cattolica.
    Come si è tenuto a ribadire anche da parte della famiglia della giovane uccisa al Bataclan di Parigi, non si è trattato di una cerimonia “laica”, che in tal caso sarebbe divenuta “esclusiva”, ma di una cerimonia “civile”, e quindi “inclusiva”. Ma “inclusiva” di chi e di che cosa? “Inclusiva” di tutti gli uomini, di tutte le idee, di tutte le fedi che accettano la supremazia della “religione civile”, l’unica in grado di garantire e regolare la convivenza tra le fedi minori. “Venezia, tre religioni in piazza per Valeria” titola oggi “Repubblica”, e lo stesso dicono tutti gli altri giornali. Proprio così, “in piazza” come manifestanti qualsiasi a “dire no” all’uomo nero.
    Detto questo, caro Paolo, vorrei ribadire il tuo sconcerto a proposito della partecipazione alla “cerimonia civile” del patriarca di Venezia Francesco Moraglia. “La vostra cultura” ha detto il patriarca rivolto agli assassini “ci fa inorridire”. Non è certo un esercizio di grande originalità e nemmeno, bisogna dire, di grande coraggio. A me fa inorridire molto di più il fatto che un successore degli apostoli, pur di salire alla ribalta offerta dalla “religione civile”, abbia accettato di oscurare la fede in Gesù Cristo. Mi fa inorridire che abbia avallato l’elezione a martire di una ragazza uccisa durante un concerto senza che neppure se ne rendesse conto. Mi fa inorridire che si sia ridotto ad accendere il granello d’incenso davanti all’altare della “divinità civile”.
    Caro Paolo, non riesco più neppure a vergognarmi di pastori come questi, che producono sacerdoti come quello che dice le eretiche scempiaggini di cui hai dato conto nel tuo articolo di ieri. Non riesco a vergognarmi perché, evidentemente, parlano di un’altra chiesa e si rivolgono a un’altra chiesa di cui io non faccio e non voglio far parte. Se i martiri sono quelli morti al Bataclan, e presto li troveremo sul calendario ecumenico di Bose, evidentemente quelli che hanno versato il sangue per non tradire Nostro Signore sono stati derubricati a reperti da museo e, secondo questi pastori e questi sacerdoti che accettano di comportarsi come se Dio non esistesse, hanno versato il loro sangue invano o, quanto meno, ora il loro sangue non serve più. Insomma, c’è del metodo in questa follia.
    Per finire, caro Paolo, permettimi di notare che Francesco Moraglia era arrivato a Venezia su nomina di Benedetto XVI: un ratzingeriano doc che avrebbe portato a termine il lavoro restauratore iniziato da Scola, nel frattempo volato sulla cattedra di Milano nell’illusione di trasferirsi presto su quella di Pietro. Mentirei se mi dicessi sorpreso, perché questa Chiesa forgiata nel fuoco debole del Vaticano II può solo produrre questi tristi spettacoli, qualsiasi siano le etichette. In effetti, Moraglia sta completando il lavoro di Scola, a cui era tanto caro il concetto di meticciato, e il risultato è propriamente questo. Che lo faccia in chiave bergogliana ora che il padrone è cambiato non deve stupire. Ma, credimi, per il funerale di Valeria Soresin, Moraglia si sarebbe trovato allo stesso posto, alla stessa ora, a dire le stesse cose e a bruciare lo stesso granello d’incenso alla “divinità laica” anche sotto Ratzinger. Cosa vuoi, anche i pastori, devono campare.
    Grazie per aver ospitato questo supplemento
    Alessandro
    Il patriarca Moraglia al funerale civile. Un post scriptum al ?Fuori moda? di ieri* ?* di Alessandro Gnocchi | Riscossa Cristiana

    TORNA L’INQUISIZIONE, MA LA STAMPA LAICA CONTINUA A IDOLATRARE PAPA BERGOGLIO (SE LO AVESSE FATTO BENEDETTO XVI…)
    Antonio Socci
    Il processo iniziato in Vaticano contro i giornalisti Gianluigi Nuzzi ed Emiliano Fittipaldi, a quanto pare, lascia indifferenti i (solitamente fervorosi) paladini della libertà di stampa, i cantori dello stato di diritto e soprattutto i tanti vati della laicità. Intellettuali, giornalisti e politici appaiono perlopiù distratti e muti: niente obiezioni, tanto meno appelli e proteste. Evidentemente trovano che sia tutto normale. Ma siamo proprio sicuri che lo sia?
    Nei confronti di Nuzzi e Fittipaldi ognuno può nutrire simpatia o antipatia, ciascuno può avere il giudizio che crede sui loro libri relativi alle finanze vaticane. Ma è davvero normale che due giornalisti italiani vengano processati, in uno Stato straniero (qual è il Vaticano), per aver fatto, in Italia, il loro lavoro, in osservanza alle leggi italiane?
    AUTOCENSURA
    Il fatto è che papa Bergoglio è il vero protagonista e dominus di questo processo. E allora viene il sospetto che sia scattata una sorta di tacita autocensura che il Giornalista Collettivo e l’Intellettuale Collettivo – come li chiama Giuliano Ferrara – si sono imposti perché oggi, nel coro conformista dei media, è bandita ogni minima osservazione critica su papa Bergoglio.
    Questo è solo l’ultimo episodio.
    Sono mesi e mesi che – io, cattolico – cerco inutilmente, sulla stampa italiana, tracce di residua laicità, di pensiero critico, di obiettività, a volte almeno di buon senso. Niente da fare, l’informazione relativa al Vaticano di papa Bergoglio è avvolta da una fitta nebbia d’incenso. Si arriva ad accenti adulatori da culto della personalità e questo non fa bene nemmeno al papa e alla Chiesa che avrebbero tutto da guadagnare dal confronto con una stampa veramente libera.
    Sul caso Nuzzi-Fittipaldi, nei media, si arriva qua e là a sollevare un’obiezione, a mezza voce, sull’assurdità giuridica di tale “processo per scoop” a due giornalisti, ma senza mai discutere il ruolo del Papa argentino che, in questo caso, è – e si comporta di fatto – come sovrano di uno stato teocratico che non riconosce né il diritto della libera stampa, né le garanzie processuali tipiche del diritto internazionale.
    UNA FLEBILE VOCE
    Ieri Luigi La Spina, sulla “Stampa”, ha alzato una timida voce, peraltro isolata, per far notare che è inaccettabile che due cittadini italiani vengano sottoposti da uno Stato estero a un processo dove – in via di principio – rischiano fino a 8 anni per aver pubblicato in Italia “notizie, fatti, dati” documentati, di rilevanza pubblica e “la cui pubblicazione è consentita dalla Costituzione italiana all’articolo 21”.
    La Spina fa notare che soprattutto “le modalità” di questo processo sono sconcertanti: i due giornalisti sono imputati di “un crimine non ben delineato” ed è stato impedito loro “di poter essere assistiti dai loro legali di fiducia”, essendo stati sbrigativamente assegnati ad avvocati d’ufficio.
    A questo si potrebbero aggiungere altri aspetti inauditi: i due imputati non hanno potuto disporre degli atti del processo, che hanno potuto solo consultare ed è stato rifiutato loro di avere più tempo a disposizione per lo studio degli atti.
    Tuttavia al dunque La Spina non riesce a chiamare in causa papa Francesco. Arriva casomai a far notare sommessamente il “drammatico boomerang comunicativo” che questo “discutibile processo” avrà sulla proclamata volontà di trasparenza di papa Bergoglio.
    Ma nessuno che metta il dito sulla piaga chiedendosi direttamente come si spiega che il papa progressista, moderno e tollerante poi faccia allestire un tale processo alla libertà di stampa. Gratta il gesuita, trovi l’inquisitore?
    C’è imbarazzo perché, comunque la si giri, di questo processo, che ricorda (sia pure come caricatura) i vecchi assolutismi, non si può far ricadere la responsabilità sui soliti capri espiatori, i “cattivi conservatori” della Curia, perché è Bergoglio che comanda e decide. Solo lui.
    Ieri Carlo Tecce sul “Fatto” scriveva: “Va specificato che la Santa Sede ha agito dopo l’ordine di Bergoglio”.
    E’ stato sempre lo stesso Bergoglio a formulare il capo d’imputazione, addirittura durante l’Angelus dell’8 novembre: “Rubare quei documenti è un reato”. Sennonché Nuzzi oggi, a processo iniziato, può ribattere: “Il Papa parla di documenti rubati, ma a nessuno è stato contestato il furto o la rapina”.
    Effettivamente la posizione di papa Bergoglio, come capo dello Stato vaticano e del sistema giudiziario che ha voluto e allestito questo assurdo processo, è imbarazzante. Possiamo discuterne?
    IL CONFRONTO
    La questione si fa ancor più interessante se confrontiamo il comportamento di Bergoglio con quello che fu tenuto da Benedetto XVI al tempo di Vatileaks 1.
    Al contrario di quanto ha fatto il “papa progressista”, Ratzinger, che doveva essere il “papa conservatore”, non fece chiamare alla sbarra il giornalista (sempre Nuzzi) e verso il colpevole Paolo Gabriele fu un esempio di umanità, di paternità e misericordia.
    Ovviamente questa confronto fra i due papi, per la nostra stampa, è scomodissimo e fa saltare tutti gli schemi. Allora si preferisce far finta di nulla. Ma immaginiamo cosa sarebbe accaduto a parti invertite, se cioè fosse stato Benedetto a far processare i giornalisti e la “libertà di stampa”. Un’onda di indignazione internazionale avrebbe sommerso la Santa Sede. Si sarebbe parlato di teocrazia, si sarebbero fatti paralleli con l’Iran degli Ayatollah o con l’Arabia Saudita.
    Trattandosi invece di un papa ritenuto progressista, nessuno fiata. E’ emblematico il silenzio dei grandi media e dei “grandi direttori” ed è particolarmente interessante il silenzio sulla questione di Eugenio Scalfari che ogni settimana magnifica ed esalta le gesta di papa Bergoglio.
    Domenica scorsa per esempio Scalfari è arrivato a scrivere: “non c’è mai stato un Papa come lui. Dico di più: un Pastore, un Profeta, un rivoluzionario”. Speriamo che prima o poi non dica di averlo visto camminare sulle acque. Nel frattempo il giornalista laico Scalfari non vede il processo alla libertà di stampa che il “pastore, profeta e rivoluzionario” Bergoglio ha fatto imbastire in Vaticano.
    LA REGIA
    Per ora questo processo ha un solo effetto: aver riportato all’attenzione delle cronache i libri di Nuzzi e Fittipaldi i cui temi erano stati travolti e sommersi dalle cronache dell’Isis. E’ un effetto involontario da parte del Vaticano? O qualcuno oltretevere cercava proprio questo?
    A pensar male – dice l’adagio – si fa peccato, ma di solito ci si azzecca. Di fatto oltretevere si comportano come i migliori promotori dei due libri sotto accusa. Realizzarono un clamoroso lancio planetario dei due volumi facendo quegli arresti tre giorni prima della loro uscita e oggi li riportano d’attualità.
    Anche sulla regia del processo si può fare un’ipotesi. Perché tanta fretta di concludere prima dell’8 dicembre, al punto da non concedere alla difesa nemmeno i tempi per studiare gli atti? Perché l’8 dicembre inizia il “Giubileo della misericordia”, secondo la singolare formulazione bergogliana. Allora appare ovvio che il papa argentino abbia dato istruzioni di non volere processi e imputati in Vaticano durante l’Anno Santo che dovrebbe celebrare il perdono.
    Non solo. Riprendo una previsione che ieri mattina è stata acutamente fatta, su Radio radicale, da Massimo Bordin: il processo dovrebbe finire prima dell’8 dicembre per permettere così a papa Bergoglio di fare il “beau geste” del perdono generale ed essere celebrato dunque come il grande papa misericordioso.
    Così tutti felici e contenti. Questo però fa somigliare il processo a una sceneggiata, che non ha nulla a che fare con il diritto e la giustizia ed ha molto a che fare con la commedia.
    Ecco, questo è il problema: di questi tempi – oltretevere – si esagera con le sceneggiate e le commedie. Anche sulle cose sacre, dove non dovrebbero essere permesse.
    TORNA L'INQUISIZIONE, MA LA STAMPA LAICA CONTINUA A IDOLATRARE PAPA BERGOGLIO (SE LO AVESSE FATTO BENEDETTO XVI...) - Lo StranieroLo Straniero

    I martiri dell'Uganda, quelli che respinsero le "turpi richieste" del re
    Nel programma del viaggio di papa Francesco in Africa avrà un posto di rilievo la visita al santuario dei martiri dell'Uganda, a Namugongo, con la celebrazione di una messa, sabato 28 novembre.
    Ma pochissimi sanno e quasi nessuno racconta come e perché questi martiri furono uccisi.
    Per saperlo, basta però aprire il martirologio romano.
    Lì si legge che "san Carlo Lwanga e i dodici compagni martiri, di età compresa tra i quattordici e i trent’anni, appartenenti alla corte regia dei giovani nobili o alla guardia del corpo del re Mwanga, neofiti o seguaci della fede cattolica, essendosi rifiutati di accondiscendere alle turpi richieste del re, sul colle di Namugongo in Uganda furono alcuni trafitti con la spada, altri arsi vivi nel fuoco".
    Dove per "turpi richieste" si devono intendere le brame omosessuali del re.
    Il loro martirio avvenne nel 1886 nell'allora regno indipendente del Buganda, da poco evangelizzato dai Padri Bianchi.
    Carlo Lwanga e i dodici compagni furono beatificati il 6 giugno 1920 da Benedetto XV e canonizzati l'8 ottobre 1964 da Paolo VI.
    Sul luogo del loro martirio fu eretto un santuario, inaugurato da Paolo VI durante la sua visita in Uganda nel 1969. Nel rito cattolico romano, la memoria liturgica di san Carlo Lwanga e dei dodici compagni martiri è fissata al 3 giugno.
    E con studiata coincidenza, proprio il 3 giugno del 2003 la congregazione per la dottrina della fede, con la firma dell'allora cardinale Joseph Ratzinger, ha emesso uno dei documenti più citati e contestati nell'attuale discussione sulla posizione della Chiesa nei confronti degli omosessuali e della legalizzazione delle loro unioni: Considerazioni circa i progetti di riconoscimento legale delle unioni tra persone omosessuali
    In questo documento si legge:
    "La Chiesa insegna che il rispetto verso le persone omosessuali non può portare in nessun modo all'approvazione del comportamento omosessuale oppure al riconoscimento legale delle unioni omosessuali".
    Nella tradizione catechistica cattolica i rapporti omosessuali continuano a figurare tra i quattro peccati che "diconsi gridar vendetta al cospetto di Dio" (secondo la terminologia del catechismo di san Pio X) o che "gridano verso il Cielo" (come nel catechismo di Giovanni Paolo II del 1992), con la denominazione di "peccato dei sodomiti".
    I martiri dell'Uganda, quelli che respinsero le "turpi richieste" del re - Settimo Cielo - Blog - L?Espresso

    La grande festa di Bergoglio
    Danilo Quinto
    È bene che «l’offensiva della misericordia» – come la chiama il Segretario di Stato Pietro Parolin – vada avanti e che il Giubileo della Misericordia indetto da Bergoglio si tenga. Solo così si farà maggiore chiarezza, in tutti i sensi.
    Sarà il Giubileo di Emma Bonino, alla quale si augura lunga vita e la si invita ad una riunione con migliaia di bambini. Di Marco Pannella, al quale si prospetta solidarietà e vicinanza. Di Eugenio Scalfari, al quale si confidano le proprie certezze (del tipo che «il bene e il male è affidato alla coscienza di ciascuno» e che «non esiste un Dio cattolico») e si autorizza a divulgarle. Di Enzo Bianchi, il «reverendo» Priore di Bose, che imperversa per ogni dove dell’urbe cattolico, improvvidamente nominato consultore del Pontificio Consiglio per la promozione dell'Unità dei cristiani. Dei «cattolici adulti» alla Romano Prodi, per sua ammissione frequentatore di sedute spiritiche, che intendevano contribuire a salvare Aldo Moro. Di Alberto Melloni e dell’intera «Scuola di Bologna», artefice massima dell’elegia del Concilio Vaticano Secondo, che ha posto la Chiesa di Cristo al servizio del mondo. Di Alleanza Cattolica e di Massimo Introvigne, che ogni giorno su «La Bussola Quotidiana» tenta di rendere conformi le affermazioni del Pontefice al Vangelo. Dei vaticanisti «amici» all’Andrea Tornielli e dei membri della «corte» come il direttore di «Civiltà Cattolica», Antonio Spadaro.
    Degli esperti di questioni bancarie e finanziarie, nominati e poi indagati per associazione per delinquere, a proposito di come si scelgono gli uomini (e le donne). Delle multinazionali «Ernst & Young» e «KPMG», sono affidate la verifica e l'ammodernamento delle attività economiche e della gestione del governatorato del Vaticano e il compito di allineare agli standard internazionali la contabilità di tutti gli istituti ed uffici.
    Del Crocifisso intagliato su falce e martello, accettato come dono e poi lasciato presso il Santuario della Madonna boliviana. Dei gruppi «carismatici» e «pentecostali»; dei «neocatecumenali» e dei teologi della Liberazione; dei reduci della benemerita «Comunione e Liberazione» che fu (ora riformata in senso moderno). Dei post-comunisti alla Bertinotti, che lottano ancora e dei movimenti popolari che si battono per la casa e per il lavoro, divenuti interlocutori principi. Dei «buoni comunisti», seguaci della più nefasta ideologia che la storia dell’umanità abbia mai conosciuto. Dei lindi e pinti di una società immacolata che viene maldestramente contrapposta ad una società politica corrotta. Dei poveri innalzati a dei, come mai Gesù e San Francesco hanno detto e fatto. Della stampa e dell’editoria cattolica interamente inchinata e riverente. Delle decine e decine di libri e riviste che imperversano con la foto del regnante.
    Degli omosessuali, dei transgender e dei queer, i cui comportamenti non possono essere giudicati. Delle ossessioni di coloro che si battono contro l’aborto e dei «volti inespressivi di coloro che recitano il rosario», come ha affermato uno dei nominati, il segretario della CEI. Degli ambientalisti e degli ecologisti di tutto il mondo, che hanno fatto le loro fortune – politiche e no – sugli allarmismi, che ora trovano eco nell’ispirata enciclica che tratta, fra gli altri, il tema dei condizionatori d’aria e dell’effetto serra.
    Dei seguaci di Martin Lutero (che affermava: «Quando la messa sarà stata rovesciata, io sono convinto che avremo rovesciato con essa il papismo […]. Io dichiaro che tutti i postriboli, gli omicidi, i furti, gli assassini e gli adulteri sono meno malvagi di quella abominazione che è la messa dei papi»), ai quali Bergoglio dice: «(…) Mi sembra anche fondamentale che la Chiesa Cattolica porti avanti coraggiosamente anche l’attenta e onesta rivalutazione delle intenzioni della Riforma e della figura di Martin Lutero, nel senso di una “Ecclesia semper reformanda”, nel grande solco tracciato dai Concili, come pure da uomini e donne, animati dalla luce e dalla forza dello Spirito Santo. Il recente documento della Commissione luterana-cattolica per l’unità, “Dal conflitto alla comunione - Commemorazione luterana-cattolica comune della Riforma nell’anno 2017”, ha affrontato e realizzato questa riflessione in modo promettente (…)».
    Dei seguaci di Maometto (che sosteneva: «La ricompensa di coloro che fanno la guerra ad Allah e al Suo Messaggero e che seminano la corruzione sulla terra è che siano uccisi o crocifissi, che siano loro tagliate la mano e la gamba da lati opposti o che siano esiliati sulla terra: ecco l’ignominia che li toccherà in questa vita; nell’altra vita avranno castigo immenso»), ai quali Bergoglio rivolge auguri per i «frutti spirituali del Ramadan» e non ricorda le 43 guerre che ha promosso e condotto personalmente il loro profeta, così come la persecuzione a cui sono sottoposti i cristiani in tutti i Paesi in cui l’Islam è al potere. Mentre la condanna degli attuali venti di guerra è rivolta ai trafficanti di armi, senza toccare le responsabilità di chi le usa.
    Degli ebrei e di Shimon Perez (nella cui casa Bergoglio pronuncia queste parole: «Io ringrazio lei per le sue parole e la sua accoglienza e con la mia immaginazione e fantasia vorrei inventare una nuova beatitudine. La dico oggi a me in questo momento. Beato quello che entra nella casa di un uomo saggio e buono. Io mi sento beato. Grazie di vero cuore»), ai quali si può dedicare la Prima Lettera di San Giovanni: «Chi è il menzognero se non colui che nega che Gesù è il Cristo? L'anticristo è colui che nega il Padre e il Figlio. Chiunque nega il Figlio, non possiede nemmeno il Padre; chi professa la sua fede nel Figlio possiede anche il Padre» ( 1Gv 2, 22-23).
    Dei Massoni dei Grande Oriente d’Italia (e di tutte le massonerie universali), che nel loro primo comunicato dopo la nomina, profeticamente affermavano: «forse nella Chiesa nulla sarà più come prima».
    Dei buddisti e di tutti i membri di quelle centinaia di sette che esistono e a tutti gli uomini di buona volontà. Dei giovani indecisi, debosciati e anarchici, perché Bergoglio davanti alla Congregazione del Clero ha affermato che «non si fida dei giovani sicuri, rigidi, fondamentalisti». «Ci sono ragazzi che sono psichicamente malati e cercano strutture forti che li difendano, come la polizia, l'esercito e il clero», ha aggiunto.
    Delle migliaia di conventicole cattoliche, che curano i loro interessi mondani e non condividono la difesa e l’affermazione dei principi, indispensabili per creare l’unità. Di colui che afferma – rivolto ai Francescani dell’Immacolata, ricevuti in udienza il 15 giugno '15, come ha riportato Blondet (non smentito) - «consideratela una persecuzione diabolica». Di colui che si rifiuta di ricevere Padre Stefano Manelli - accusato delle peggiori nefandezze – che si umilia pubblicamente per chiedergli udienza, ma nomina Mons. Battista Ricca (definito da Sandro Magister, sul suo blog, il «prelato della lobby gay»), prelato dello IOR.
    Si faccia e si festeggi la festa indetta da Bergoglio. Sarà la festa della Pace e della Felicità Universale. Per tutti. Anche per coloro che a lui apparentemente si contrappongono. Se fossero nel bene – e fossero quindi effettivamente contrapposti - lo farebbero con più vigore, senza timore, con fermezza e decisione.
    Si sappia – qualcuno lo gridi – che non sarà il Giubileo di Gesù Cristo, colui che è venuto a «predicare l'anno di grazia del Signore» (Isaia), né il tempo della remissione dei peccati, della riconciliazione, della conversione e della penitenza sacramentale. Nell’attesa di comprendere come Dio ci tratterà, ci si prepari al tempo in cui il Cristianesimo vivrà solo attraverso piccoli gruppi di persone, di famiglie, di singoli, che si riuniranno insieme nel nome di Nostro Signore. Sarà il tempo del martirio - come fu nella prima ora, a imitazione della Croce di Cristo – e della gloria eterna. Sarà un bel tempo, per il quale vale la pena mettere in gioco la propria vita, senza badare alle conseguenze mondane, che nulla valgono a confronto.
    Chiesa e post concilio: Danilo Quinto. La grande festa di Bergoglio

    Bergoglio: traditore di chi si fida
    Gli eventi di questi giorni vanno confermando le più fosche previsioni sul pontificato di Bergoglio ed aggiungono ogni volta elementi sempre più sconcertanti alla valutazione del suo ruolo destabilizzante all'interno della Chiesa.
    L'incontro che egli ha avuto con i rappresentanti della comunità luterana di Roma non rivela nulla di nuovo: sappiamo che le questioni dottrinali sono per il Vescovo di Roma degli scomodi dettagli ch'egli non si fa scrupolo a tacere o addirittura a negare, specialmente laddove esse - come è inevitabile che avvenga - dovessero ostacolarlo nel raggiungimento degli scopi che si prefigge e per i quali è stato messo sul soglio di Pietro.
    Lo abbiamo capito noi sin dall'inizio; lo sapevano i suoi sponsor ancor prima che fosse eletto; lo stanno scoprendo anche i più tetragoni Prelati del postconcilio. Quest'uomo sta demolendo la Chiesa Cattolica come nessun eresiarca era riuscito a fare, poiché lo sta facendo nelle vesti, ancorché sciatte e dimesse, di Successore del Principe degli Apostoli e con l'autorità, almeno presunta, di Vicario di Cristo. Usa e abusa del potere che il mondo gli riconosce come se la Chiesa gli appartenesse, come un faraone egiziano o un monarca azteco. Ed in quest'opera di demolizione metodica, che non risparmia nulla, egli si appoggia ora al consenso interessato dei nemici di Cristo, ora al plauso compiaciuto del mondo ora alla complicità di una conventicola di porporati plenipotenziari, ora al voto pavido dell'Episcopato, ora promulgando d'autorità atti di governo che smentiscono le sue pretese velleità di democratizzare la Chiesa.
    Gesuita nell'accezione peggiore del termine, egli insinua l'errore nei discorsi a braccio, contraddice il Magistero con affermazioni equivoche rilasciate ai giornalisti, predispone macchinazioni e strategie degne di un satrapo persiano, promuove chi gli garantisce appoggio e rimuove implacabile chi anche solo in parte dissente da lui. Dal pulpito dell'orrida cappella di Santa Marta, ogni giorno che Dio manda in terra, non mancano parole avvelenate e rancorose verso chi non si allinea con il nuovo corso bergogliano, contro i dottori della legge e i farisei che scagliano dogmi sui poveri fedeli come sassi dal cavalcavia. Fa sorvegliare le conversazioni telefoniche, i messaggi dei cellulari, il traffico internet della Santa Sede. Ma si tiene ben stretti collaboratori indegni quali il sodomita mons. Ricca, che di Santa Marta è indiscusso e temuto tenutario.
    Parla di democrazia, ma solo se questa è strumentale al perseguimento dei suoi piani, ma non esita a promulgare Motu proprio e decreti, non appena si accorge che le manovre sinodali del card. Kasper e di mons. Forte si scontrano con l'opposizione di alcuni Vescovi.
    Vuole apparire umile e crede che per farlo basti indossare scarpacce da muratore, salire la scaletta dell'aereo portandosi seco la borsa, o consumare i pasti nel refettorio di Santa Marta. Ma la sua umiltà suona falsa e ipocrita non meno della presunta bonarietà con cui tratta quanti si rivolgono a lui: Bergoglio è un tiranno senza scrupoli, vendicativo e tutt'altro che caritatevole e misericordioso. Poiché la carità si fonda sulla verità, entrambi attributi di Dio, che è appunto Egli stesso carità perfetta e perfetta verità.
    Non c'è carità, non c'è misericordia nel tacere o negare la verità: anzi questo è un tradimento di una gravità inaudita, tradimento di chi si fida, perché viene da colui al quale i Pastori e il Gregge guardano come al custode della verità, al depositario della Parola di Dio, al Vicario di Cristo. Tradimento dei tanti buoni Vescovi e sacerdoti, che quotidianamente devono catechizzare e predicare un popolo indocile, trovandosi sconfessati dal loro stesso Papa che trova il tempo di telefonare a Scalfari e a Pannella. Tradimento dei Pontefici Romani suoi predecessori, che per difendere il deposito della Fede non esitarono a subire persecuzioni e ad affrontare la morte. Tradimento di Santi Martiri e dei Confessori della Fede, che versarono il proprio sangue per quella carità che Bergoglio adultera prostituendola ai suoi scopi perversi. Tradimento di quanti sono lontani dalla verità, ai quali egli preclude la possibilità di conoscere la bellezza e la purezza dell'insegnamento che Nostro Signore ha consegnato alla sola Chiesa di Roma. Tradimento dei peccatori, che egli non ammonisce: pecore smarrite abbandonate alla dannazione eterna da un mercenario troppo preso a colpire i Francescani dell'Immacolata. E soprattutto tradimento di Cristo, di Dio, che ha istituito Pietro a capo della Chiesa proprio perché a lui si potesse guardare come ad una roccia salda ed inconcussa, perché chi ascoltasse lui sapesse di ascoltare il Signore.
    E invece sentiamo solo frasi equivoche, appelli al mondialismo più vieto, discorsi da sindacalista, comizi da ambientalista, farneticamenti da eretico o farfugliamenti indecorosi, che il più sprovveduto pievano saprebbe confutare:
    "Ma mi diceva un pastore amico: Noi crediamo che il Signore è presente lì. È presente. Voi credete che il Signore è presente. E qual è la differenza? – Eh, sono le spiegazioni, le interpretazioni… Lascio la domanda ai teologi, a quelli che capiscono. Soprattutto davanti a un teologo come il cardinale Kasper".
    Vergogna. Vergogna. Vergogna.
    OPPORTUNE IMPORTUNE: Bergoglio: traditore di chi si fida


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    Predefinito Re: Rif: Il Verbo di Dio si è fatto carne

    Materasso di piume
    di Léon Bertoletti
    Il capitolo cinquantaseiesimo di un libro di sessant’anni fa mi guasta la giornata. Si annuncia con una domanda affettiva, “Sta da sola la misericordia?”, dentro un testo che prometterebbe ben altro: “Way to happiness“, Il sentiero della gioia. L’ha firmato, nel 1955, Fulton J. Sheen. “Vescovo ausiliare di New York, dottore in Filosofia, dottore in Teologia, docente in Filosofia nell’Università di Lovanio e nell’Università cattolica d’America”, per dindirindina. Lo stano dalla libreria proprio adesso che si sente cianciare di misericordia (single o fidanzata) dappertutto.
    Sarebbe questa una caratteristica degna di lode se la misericordia fosse rettamente compresa, mi ammonisce il presule dalla pagina. Ma troppo spesso s’intende per misericordia il mandarla buona a chiunque infranga la legge naturale o quella Divina, oppure tradisca il proprio Paese. Una tale misericordia è un’emozione, non una virtù, quando giustifichi un figlio che uccida il padre perché «troppo vecchio». Per evitare un’imputazione di reato, ciò che in realtà è un assassinio viene battezzato eutanasia.
    Ohi. In tutte queste occasioni in cui si chiama in ballo la misericordia, si dimentica il principio che la misericordia è la perfezione della giustizia. Non viene prima la misericordia e poi la giustizia, bensì prima la giustizia e poi la misericordia. Il divorzio della misericordia dalla giustizia è sentimentalismo, allo stesso modo che il divorzio della giustizia dalla misericordia è severità. La misericordia, quando sia separata dalla giustizia, non è più amore: colui che ama una qualsiasi cosa deve opporsi a ciò che distruggerebbe l’oggetto del suo amore. La facoltà di provare una legittima indignazione non è una testimonianza della mancanza di amore e di misericordia, bensì ne è una prova.
    La tolleranza di taluni delitti equivale a consentire il male ch’è in essi. Chi invoca che siano rilasciati gli assassini, i traditori e simili, in quanto dobbiamo essere «misericordiosi, come fu misericordioso Gesù», dimentica che anche il Misericordioso Salvatore disse di non essere venuto a portare la pace ma la spada. La misericordia di un medico per i germi del tifo o della poliomielite in un ammalato, o la tolleranza di un giudice per un rapimento equivarrebbe, su un piano inferiore, all’indifferenza di Nostro Signore nei riguardi del peccato. Uno spirito che non sia mai severo, mai indignato, è morto alla distinzione tra il bene e il male.
    Così, l’amore può essere severo, può usare la forza, può diventare perfino violento, e tale fu l’amore del Salvatore. Fa una sferza di funi e scaccia dai templi venditori e compratori; si rifiuta di rispondere a uomini moralmente inconsistenti come Erode, perché ciò non farebbe che aggravarne la colpa morale; si rivolge a un Procuratore romano, che si fa forte di una legge totalitaria, e gli rammenta che non avrebbe alcun potere se non gli fosse dato da Dio. Quando con la donna al pozzo la garbata allusione si dimostrò insufficiente, Egli abbordò la questione senza eufemismi e le ricordò che aveva avuto cinque mariti. Quando alcuni uomini cosiddetti virtuosi volevano ripudiarLo, Egli strappò loro la maschera dell’ipocrisia e li chiamò «razza di vipere». Quando udì ch’era stato sparso il sangue di alcuni uomini, disse con terribile asprezza: «Tutti perirete com’essi sono periti, se non vi pentirete».
    Non meno severo Egli Si dimostrò verso coloro che scandalizzavano i fanciulli con un’educazione progressiva nel senso del male: «Chi poi scandalizzerà alcuno di questi piccoli, sarebbe meglio per lui che gli fosse appesa al collo una macina da asino e fosse sommerso nel fondo del mare». Fu Lui a dire agli uomini di strapparsi gli occhi e di amputarsi mani e piedi piuttosto che permettere a queste membra di diventare occasioni di peccato e l’occasione della perdita delle loro anime immortali. Quando uno dei Discepoli chiese di essere esentato dal proprio lavoro apostolico per andare a seppellire il proprio padre, Nostro Signore rispose: «Lascia che i morti seppelliscano i loro morti».
    Mentre Marta Lo serviva a tavola, Egli accennò che altro c’era di più necessario servizio. Quando gli Apostoli dormivano, non ebbe riguardo di svegliarli e li redarguì perché mancavano di pregare; e nonostante la piena confessione di Tommaso, lo rimproverò per la sua mancanza di fede. Uno dei Suoi sguardi trapassava l’anima in modo tale, rivelando le debolezze e il male che vi si annidavano, che un Discepolo fu mosso alle lacrime.
    Ammetto che leggere Sheen è autoflagellazione. Ma veramente, in conclusione, se la misericordia significasse il perdono di qualunque colpa, senza retribuzione e senza giustizia, questo metterebbe capo a una moltiplicazione degli errori. Quella che oggi taluni chiamano misericordia non è affatto tale, ma un letto di piume per coloro che decadono dalla giustizia; e così, col fornire materassi consimili, si viene a moltiplicare le colpe ed il male. Divenire oggetto di misericordia non è lo stesso che andarsene in piena impunità, giacché, come dice la parola di Dio, «quelli che il Signore ama, quelli castiga».
    L’uomo morale non è l’uomo impassibile, né quello che ha decantato dalle sue emozioni gli elementi di una più severa giustizia, bensì colui i cui occhi possono lampeggiare d’indignazione e i cui muscoli possono, come quelli di San Michele, diventare d’acciaio ove si tratti di difendere la Giustizia.
    Ciao, Giubileo.
    Materasso di piume ? di Léon Bertoletti | Riscossa Cristiana

    ROMA,
    DA RIBALTATA A DECENTRATA
    di L. P.
    La stampa, concorde anche questa volta con il gesto rivoluzionario di Papa Bergoglio - in visita pastorale nei paesi africani - ha salutato con entusiasmo da stadio la decisione papale di aprire ufficialmente l’Anno Santo, il Giubileo della Misericordia – tautologia meramente mediatica e sovrabbondante dacché il Giubileo è, di per sé, istituzione della Misericordia stessa – non più in Roma, sede del Vicario di Cristo, della tomba dei due Apostoli Prìncipi della Chiesa, centro e faro irradiante del Cristianesimo, ma in Bangui, capitale della Repubblica Centrafricana, definita, per l’occasione “Capitale del mondo” (Il Giornale, 30 novembre 2015).
    Abbiamo titolato Roma come ‘ribaltata’, mutuando l’espressione dall’ottimo e prezioso saggio di Enrico Maria Radaelli (La Chiesa ribaltata – Ed. Gondolin 2014) per indicare come il primato della prassi e della pastorale bergogliana stia operando un completo sovvertimento della dottrina e della bimillenaria storia, che la Chiesa, cioè Gesù Cristo, ha fissato e tracciato nel corso dei secoli.
    Già l’affacciarsi, la sera del 13 marzo 2013, al balcone della Basilica petrina e il presentarsi alla Cattolicità, appena dopo la sua elezione a Sommo Pontefice, esordendo con un “buonasera”, ha fatto comprendere come la Roma Vaticana sarebbe stata considerata, da allora ed in séguito, non più “locus terribilis” (Gen. 28, 17) – cioè sacro - sede ed altare di Cristo, ma soltanto un tipo di salotto dove alla diffusione del messaggio divino e al parlar evangelico si sarebbe sostituito il garbato galateo mondano.
    Questo, il primo ribaltamento che, alla maggioranza torpida e beota, è parso “apertura” di una nuova Chiesa, cortese, alla mano, fuori schema ieratico, maggiormente vicina all’uomo – e più distante da Dio! – tanto più che il novello Papa, di nome Francesco, ebbe a definirsi, e si definisce tuttora, “vescovo di Roma”, con ovvia grande letizia di quel mondo, combattuto da Cristo, che finalmente si trova accanto non il Vicario del Figlio di Dio, ma un’autorità che, omettendo di salutare i fedeli con l’unica conveniente e dovuta formula “Sia lodato Gesù Cristo”, lanciava la ‘buona sera’, così come oggi, i sacerdoti, a Santa Messa conclusa, dopo la benedizione, si sentono in dovere di impartire un familiare augurio di “buona giornata”, tanto per rinforzare col bon ton, non si sa mai ce ne fosse bisogno, la precedente data in nome della Santissima Trinità.
    E non solo “Roma ribaltata” ma anche “decentrata”, del che è facile intuire la ragione in quanto, avendo spostato il perno su cui poggia l’intera trascendenza, di cui un segno eminente è il Giubileo, di fatto quella che era CAPUT MUNDI è diventata punto di circonferenza, entità periferica cioè. E non vale che essa Roma, sia il luogo della cattedra “stabilita per lo loco santo/u’ siede il successor del maggior Piero” (Inf. II, 24), che essa sia erede e mutazione ontologica dell’Impero romano da temporale in spirituale, intesa quale “kathechon” (II Tess. 2, 6 e segg.), argine e diga all’irruzione dell’Anticristo, colui “qui tenet, scilicet romanum imperium” (S. Tommaso: op. LXVIII De Antichristo).
    Pertanto, con un’operazione di scenografica, massmediatica e politica pastorale, Papa Bergoglio ha tramutato Roma, il centro, in “periferìa” – termine a lui sì caro – e la periferìa in centro. Di fatto, lo stesso Papa, aveva cancellato la centralità di Roma quando, l’8 giugno del 2014, con affettuoso slancio, aveva ospitato nei giardini vaticani i rappresentanti del mondo palestinese ed ebreo e, unitamente a loro, pregato per la pace in nome di un Dio generico, decolorato, non cattolico ma ecumenistico, così come vuole e impone la massoneria.
    E allora, la Porta Santa, la Porta della salvezza, quella collocata nella Basilica di San Pietro, la “porta justitiae” in cui “justi intrabunt” (Salmo 117, 19), sarà da oggi declassata a porta di servizio, una delle tante di cui dispongono le sacre stanze, un po’ meno santa dell’altra aperta nella cattedrale di Bangui.
    Sarà, come scrive il buon Rino Cammilleri (Il Giornale 30 novembre 2015), che l’Africa cristiana sta conoscendo, per mano di un fanatismo islamico, che Papa Bergoglio colpevolmente omette di indicarne la matrice religiosa riparandosi dietro l’indicazione di un generico terrorismo, sta conoscendo, dicevamo, un fiorire continuo di martiri, monito severo e luminoso per il pigro e liberal cattomassonico europeo che fugge la testimonianza della propria fede con accorgimenti dialettici e cavillosi tanto per non apparire vile e codardo, come in effetti è.
    Sarà anche così, ma è anche vero che Roma è Roma e a nessuno è lecito portarle via il primato che si configura anche, e non solo, nell’indizione e nell’apertura del Giubileo. Noi vogliamo ricordare che Gesù non celebrò la sua Cena, ove istituì Se Stesso facendosi vita eucaristica e Porta Santa, non patì la Passione e la Morte, non si glorificò nella Resurrezione in un periferica località di Giudea o di Galilea, ma completò il disegno del Padre a Gerusalemme, il centro, il perno, il fulcro su cui poggiava la Vecchia Alleanza e dove nasceva quella Nuova. Se Gesù avesse agito secondo lo spirito bergogliano – l’attenzione somma ed unica alla povertà del mondo – avrebbe dovuto compiere l’opera della salvezza in qualche desolata e dimenticata landa dell’impero romano ove il morso della povertà, della violenza, della fame maggiormente incrudeliva che non in Gerusalemme. Egli preferì soffrire in quella che, nella lettura della prima Domenica di Avvento – 29 novembre 2015 - il profeta Geremìa chiama “Gerusalemme, nome che vuol dire: Signore, giustizia nostra” (XXXIII, 16).
    Nel libro degli “Atti di Pietro”, opera apocrifa greca attribuita a tale Leucio Carino – II sec. – e tradotta in latino, si legge la famosa e nota scena di Pietro che sta fuggendo da Roma ove imperversa la persecuzione di Nerone. Sulla Via Appia, dove l’apostolo sta camminando, appare Gesù che, carico della Croce, va in senso contrario. A Pietro che, sorpreso, chiede: “Quo vadis Domine?” – Dove vai o Signore? – Gesù risponde: “Eo Romam, iterum crucifigi” – vado a Roma per essere di nuovo crocifisso -.
    Ora, qualcuno ci potrà contestare non probante tale testimonio, apocrifa essendo questa fonte. Noi, però, affermiamo che, siccome addirittura la letteratura apocrifa indica Roma il luogo dove Gesù sarebbe disposto a farsi di nuovo crocifiggere, chiaro appare il primato dell’Urbe, la nuova Gerusalemme, predestinata già con l’istituzione della Chiesa (Mt. 16, 18/19) e sancita con il martirio del primo Vicario di Cristo. Perciò, Roma cattolica, capitale del mondo, e non Bangui.
    Aprire ufficialmente l’Anno Santo giubilare, fuori dalla sede istituzionale, così come ha fatto Papa Bergoglio, è come se un nuovo Parlamento celebrasse la seduta d’apertura della legislatura in un’aula di consiglio comunale. Ma forse sarebbe bene ricordare che è nello stile di questo Pontefice derogare e sradicare forme e liturgìe secolari – l’ossatura della Katholika – così come dimostra, fra i tanti esempî, la cerimonia della lavanda dei piedi che ha celebrato non in San Giovanni in Laterano, sede tradizionale, figurando come apostoli i suoi cardinali, ma scegliendo il carcere romano di Rebibbia figurando colà detenuti/e cristiani e non cristiani.
    Ma, poi: come non ricordare le parole di Cristo, così come racconta Matteo, che all’obiezione dei discepoli con cui essi disapprovarono quell’inopportuno uso di profumo, che per loro era ricchezza da devolvere ai poveri piuttosto che sprecarlo per lavare i piedi al maestro, così rispose: “Perché infastidite questa donna? Essa ha compiuto un’azione buona verso di Me. I poveri, infatti, li avete sempre con voi, Me, invece, non sempre mi avete” (26, 10/11).
    Roma, da ribaltata a decentrata – Articolo di L. P.

    L'innata "saggezza" dei poveri, terza fonte della Rivelazione
    Nei sei giorni del viaggio di papa Francesco in Kenya, Uganda e Centrafrica un discorso ha brillato su tutti, quello del 27 novembre a Nairobi, nel quartiere periferico di Kangemi.
    I poveri sono indubitabilmente la stella polare di questo pontificato. L'ha detto nell'esordio del suo discorso, che vale d'essere riportato per esteso:
    "Voglio fare riferimento alla saggezza dei quartieri popolari. Una saggezza che scaturisce da 'un’ostinata resistenza di ciò che è autentico' (Laudato si', 112), da valori evangelici che la società del benessere sembrerebbe aver dimenticato".
    "La cultura dei quartieri popolari impregnati di questa particolare saggezza 'ha caratteristiche molto positive, che sono un contributo al tempo in cui viviamo, si esprime in valori come la solidarietà, dare la propria vita per l’altro, dare una sepoltura cristiana ai propri morti. Offrire un posto per i malati nella propria casa, condividere il pane con l'affamato (dove mangiano 10 mangiano in 12), la pazienza e la forza d’animo di fronte alle grandi avversità, ecc.' (Gruppo di sacerdoti per le zone di emergenza, Argentina, "Reflexiones sobre la urbanización y la cultura villera", 2010)".
    "Mi congratulo con voi, vi accompagno e voglio che sappiate che il Signore non si dimentica mai di voi. Il cammino di Gesù è iniziato in periferia, va dai poveri e con i poveri verso tutti".
    "Riconoscere queste manifestazioni di vita buona che crescono ogni giorno tra voi, non significa in alcun modo ignorare la terribile ingiustizia della emarginazione urbana. Sono le ferite provocate dalle minoranze che concentrano il potere, la ricchezza e sperperano egoisticamente mentre la crescente maggioranza deve rifugiarsi in periferie abbandonate, inquinate, scartate"...
    E via con la denuncia di tante ingiustizie. Nell'intero discorso Gesù è nominato una sola volta, per dire che anche il suo cammino "è iniziato in periferia, va dai poveri e con i poveri verso tutti". Dio sporadicamente. La Chiesa mai. Perché il taglio è primariamente politico, nel solco degli altri due grandi "manifesti" politici di questo pontificato: i discorsi di Roma e di Santa Cruz de la Sierra, in Bolivia, ai "movimenti popolari" no global dell'America latina e del resto del mondo.
    La radice di questa visione è appunto quella esaltata nell'esordio del discorso di Kangemi. È la naturale "saggezza dei quartieri popolari", l'innata bontà di un popolo comunque virtuoso, unica genuina alternativa ai vizi delle classi più elevate.
    Il populismo di Jorge Mario Bergoglio è questo. È parte del suo carattere argentino ed egli lo esercita anche dentro la Chiesa. Il vaticanista John Allen è arrivato a scrivere, dopo questo discorso, che i poveri sono per Bergoglio una fonte della divina rivelazione non meno importante della Scrittura e della Tradizione.
    L'innata "saggezza" dei poveri, terza fonte della Rivelazione - Settimo Cielo - Blog - L?Espresso



    Il terrorista benestante. Dedicato a Papa Francesco
    Syed Farook, il killer di San Bernardino, guadagnava più di 5mila euro al mese. Così come erano borghesi alcuni attentatori di Parigi. A dimostrazione che la teoria di quelli (vedi Bergoglio) per cui «il terrorismo è figlio della povertà» è una fandonia gigantesca
    di Gianluca Veneziani
    Com’era quella storia per cui il terrorismo è figlio della povertà? E quindi, in un certo senso, la reazione violenta è legittimata dalle condizioni di indigenza e di emarginazione sociale o peggio ancora di persecuzione politica?
    Chi sostiene questa tesi – non ultimo, il nostro Papa Francesco – dovrebbe guardarsi un attimo il curriculum di Syed Farook, il killer che insieme a sua moglie (quella Tashfeen Malik che aveva giurato fedeltà al Califfo al-Baghdadi) ha fatto fuoco nel centro per disabili di San Bernardino in California, uccidendo 14 persone. Il terrorista era un dipendente del Dipartimento di Salute Pubblica e lavorava come ispettore sanitario, verificando le condizioni igieniche di bar e ristoranti. La sua paga era molto più che dignitosa: Farook incassava 70mila dollari all’anno, più di 5mila euro al mese. Insomma, l’assassino di San Bernardino era un benestante, non certo un poveraccio. Ed era anche un individuo socialmente ben inserito, con uno stile di vita occidentale: si definiva un «musulmano con una famiglia moderna», che amava «il lavoro e le automobili, sia nuove che d’epoca» ed era considerato dai colleghi uno che «sembrava vivere il sogno americano». Un borghese, neanche piccolo piccolo, con una vita agiata e tranquilla.
    Così come erano dei borghesi, con una posizione socio-economica piuttosto serena, anche alcuni attentatori di Parigi, vedi quel Sami Amimour, kamikaze al Bataclan, che era conducente di autobus della Ratp (la rete di trasporti parigina), o quella Hasna Aitboulahcen, impiegata in una ditta di costruzioni e poi nominata direttore di un’altra società edilizia, con una passione per l’abbigliamento western, al punto da essere chiamata “la ragazza del cowboy”. Per non parlare delle passioni tipicamente occidentali di questi assassini, da quel Bilaf Hadfi, attentatore allo Stade de France, che era un appassionato di calcio, all’ormai noto Salah Abdeslam, incallito giocatore di Playstation.
    Profili di persone comuni, della classe media, apparentemente insospettabili, per il loro tenore di vita e la loro professione rispettabile. “Integrati” e pure autosufficienti a livello economico. Niente che possa far pensare a un’invidia sociale e a una rivalsa economica (Farook d’altronde ha ucciso dei colleghi, persone del suo stesso status, ceto e censo). Nulla che possa giustificare una violenza tanto brutale e gratuita, se non appunto una ragione altra, quale l’odio religioso.
    La balla che il terrorismo sia un prodotto della povertà, d’altronde, viene smentita dalle stesse disponibilità economiche dell’Isis. Lo Stato Islamico si finanzia con il denaro proveniente dai pozzi di petrolio, prospera e si arma con quei soldi; e la ricchezza è la genesi della sua forza, la ragione del suo fascino su molti giovani autoctoni o foreign fighters, nonché il fine cui esso aspira. Ottenere il potere eliminando gli infedeli, in una combinazione letale tra denaro e fanatismo, tra soldi e religione.
    Altroché indigenza, Papa Francesco e sociologi terzomondisti dei miei stivali. Il terrorismo non si genera perché i Paesi ricchi fanno guerra a quelli poveri e i Paesi poveri si incazzano. Né perché i musulmani faticano a integrarsi e a essere accettati nelle nostre società opulente.
    Il terrorismo lo produce non la povertà, ma il desiderio di potere, insieme economico e religioso. Oltreché una volontà di potenza che si traduce nell’autodistruzione. E si dimostra così più forte di ogni Superpotenza.
    Il terrorista benestante. Dedicato a Papa Francesco - L'intraprendente | L'intraprendente

    È pervenuta in redazione:
    Gentilissimo dottor Gnocchi,
    mi scuso fin dal principio perché chiedendole una valutazione sul viaggio in Africa di Papa Francesco so di sottoporla alla tortura di leggere tutto quanto ha detto. Le confesso che io ho seguito gli eventi con un solo occhio perché quando si tratta di questo Papa ho sempre paura ogni volta che apre bocca o che compie un gesto. Mi permetto quindi di chiedere a lei come è andata, visto che lei è costretto dal suo lavoro a guardare tutto con attenzione. C’è qualcosa che l’ha colpita in particolare? Visto che questo tipo di tortura fa parte del suo mestiere ne approfitto.
    Grazie per la sua attenzione,
    Giovanna Romeo
    Cara Giovanna,
    non pensi che l’abitudine a leggere, ascoltare, guardare quanto questo Papa scrive, dice e compie renda meno penoso farlo ogni volta che scrive, parla e si esibisce sul palcoscenico mediatico mondano. Insomma, anche questa volta è stata dura e dunque vale la pena di mettere a frutto la fatica dividendola da buoni fratelli con chiunque lo chieda. Diciamo che è una modalità ascetica per applicare la misericordia tanto cara a questo pontificato che la predica, ma non la pratica.
    Circa la sua domanda, devo dire che, in effetti, c’è qualcosa che mi ha particolarmente colpito durante il viaggio africano. Si tratta del discorso tenuto in Kenya alla baraccopoli di Kangemi, nei sobborghi di Nairobi.
    Dunque, cara Giovanna, si turi il naso, trattenga il respiro, butti giù tutto d’un fiato quanto segue.
    "Questo si aggrava quando vediamo l’ingiusta distribuzione del terreno (forse non in questo quartiere, ma in altri) che porta in molti casi intere famiglie a pagare affitti abusivi per alloggi in condizioni edilizie per niente adeguate. Ho saputo anche del grave problema dell’accaparramento delle terre da parte di “imprenditori privati” senza volto, che pretendono perfino di appropriarsi del cortile della scuola dei propri figli.
    In questo senso, un grave problema è la mancanza di accesso alle infrastrutture e servizi di base. Mi riferisco a bagni, fognature, scarichi, raccolta dei rifiuti, luce, strade, ma anche scuole, ospedali, centri ricreativi e sportivi, laboratori artistici. Voglio riferirmi in particolare all’acqua potabile. «L’accesso all’acqua potabile e sicura è un diritto umano essenziale, fondamentale e universale, perché determina la sopravvivenza delle persone, e per questo è condizione per l’esercizio degli altri diritti umani. Questo mondo ha un grave debito sociale verso i poveri che non hanno accesso all’acqua potabile, perché ciò significa negare ad essi il diritto alla vita radicato nella loro inalienabile dignità» (Enc. Laudato si’, 30).
    A questo proposito, propongo di riprendere l’idea di una rispettosa integrazione urbana. Abbiamo bisogno di città integrate e per tutti. Abbiamo bisogno di andare oltre la mera declamazione di diritti che, in pratica, non sono rispettati, e attuare azioni sistematiche che migliorino l’habitat popolare e progettare nuove urbanizzazioni di qualità per ospitare le generazioni future. Il debito sociale, il debito ambientale con i poveri delle città si paga concretizzando il sacro diritto alla terra, alla casa e al lavoro [le tre “t”: tierra, techo, trabajo].
    Cari cittadini, cari fratelli. Preghiamo, lavoriamo e impegniamoci insieme perché ogni famiglia abbia una casa decente, abbia accesso all’acqua potabile, abbia un bagno, abbia energia sicura per illuminare, per cucinare, per migliorare le proprie abitazioni… perché ogni quartiere abbia strade, piazze, scuole, ospedali, spazi sportivi, ricreativi e artistici; perché i servizi essenziali arrivino ad ognuno di voi; perché siano ascoltati i vostri appelli e il vostro grido che chiede opportunità; perché tutti possiate godere della pace e della sicurezza che meritate secondo la vostra infinita dignità umana."
    È andato giù, Giovanna? Brava. Allora continuo dicendole che, anche se non fosse arrivata la sua lettera, avrei comunque scritto un commento a quanto ho appena fatto ingurgitare a lei e agli altri lettori. Pensavo di riportare questi passi senza citare la fonte e poi proporre il seguente quiz: “Secondo voi, queste affermazioni sono: A) del presidente dell’ordine dei geometri; B) dell’assessore ai lavori pubblici e agli arredi urbani della vostra città; C) dell’assessore ai servizi sociali della vostra città; D) di Nichi Vendola; E) di Marx (Groucho, non Karl); F) del vescovo di Roma.
    Cara Giovanna, mi pareva un giochino simpatico, ma mi sono subito reso conto che sarebbe stato del tutto inutile e, soprattutto, di una facilità disarmante. Visto che in nessuna riga viene citato Nostro Signore Gesù Cristo, anche i lettori più distratti avrebbero indovinato subito che il titolare delle affermazioni in oggetto può essere soltanto l’attuale vescovo di Roma.
    Se ci fosse un bravo vaticanista, e soprattutto se ce ne fosse uno libero, tra quelli che svolazzano per i cieli del mondo al seguito di Bergoglio lasciando nell’azzurro immacolato le scie del loro puzzolente incenso a coprire quelle del meno rivoltante cherosene dell’aereo papale, ci avrebbe scritto sopra un pezzo memorabile. Ma quel vaticanista non c’è e quel pezzo non è uscito. Qualcuno vi ha fatto cenno, ma i più accorti, quelli che a ogni morte e a ogni dimissione di Papa si mettono subito a tappetino sotto i piedi del successore, hanno pensato bene di nascondere al calduccio della solita e avariata retorica sui poveri questo libero pensiero muratorio fatto di mattoni e calcestruzzo, ma anche di squadra e compasso.
    E un bravo titolista, fosse anche solo per il gusto della battuta, questo pezzo che nessuno ha scritto lo avrebbe confezionato come si deve. “Più fognature per tutti”, avrebbe aperto in prima pagina, facendo seguire un sommario concepito più o meno così: “Lo ha chiesto con forza papa Bergoglio nel corso del suo viaggio in Africa. Grazie alla profetica onniscienza di cui è dotato, il portavoce di Eugenio Scalfari non si è limitato a chiedere solo scarichi adeguati, ma anche i relativi bagni, senza i quali le condutture fognarie rimarrebbero inoperanti. E ha invocato anche la possibilità di cucinare poiché, se non si cucina, non si mangia e, se non si mangia, i bagni non servono e le fogne sarebbero state costruite inutilmente”.
    Se ha letto con attenzione il discorso di Bergoglio, cara Giovanna, converrà che non esagero. Non ho inventato nulla, è scritto tutto lì dentro. Guardi bene e magari verrà anche a lei qualche idea da bravo titolista. Per esempio, “Scaricare meno, scaricare tutti”, “Bagni, amore e fantasia”, “Se non scaricherà, lotta dura sarà”, “Fate i vostri bisogni, non fate la guerra”, “Fogna dura, senza paura”, “Muratori di tutto il mondo unitevi”… E qui, sull’ultimo titolo, mi fermo lasciando a ciascuno la libera interpretazione del termine “Muratori”.
    Mi permetta, cara Giovanna, di evitare le considerazioni seriose, che più o meno conosciamo tutti. Dovrei ripetere ciò che dico fin da quel “Buonasera” che gelò il sangue nelle vene di tanti bravi cattolici. La metto solo in guardia da qualche solerte e servile “voce del magistero” secondo la quale, se lo si legge attentamente e con il cuore in ascolto, in questo discorso, si vede che “papa Bergoglio ha difeso coraggiosamente la vita e ha parlato chiaramente contro l’aborto”. Ebbene, tutta questa chiarezza e questo coraggio sono condensati nella seguente riga: “Non mancano di fatto, pressioni affinché si adottino politiche di scarto come quella della riduzione della natalità”. Non male per quello che, occhio e croce, dovrebbe essere il Vicario di Cristo. Del resto, nella riciclica Laudato si’, la carta fondativa del suo pontificato, si è preoccupato con più solerzia del destino dei microrganismi che di quello dei bambini abortiti e non si vede perché ora dovrebbe insegnare qualcosa di diverso.
    Per concludere, visto che siamo in materia di costruzioni e infrastrutture, qualcuno potrebbe eccepire che Bergoglio ha fatto un bel discorso, ma non si è preoccupato della copertura economica dei suoi progetti. Ebbene, questo sofistico che osa criticare il Papissimo si sbaglia. Bergoglio, nella sua profetica onniscienza, ci ha pensato, eccome, alla copertura economica. I soldi per costruire, fognature, bagni, acquedotti, linee elettriche, centri sportivi e via discorrendo si ricavano risparmiando sulla costruzione delle chiese, gli unici edifici che non ha mai citato come necessari per il bene di un popolo. Non a caso, quando si rivolge ai Pastori, non li invita a celebrare la Messa, ma a “prendere l’iniziativa contro tante ingiustizie, a coinvolgersi nei problemi dei cittadini, ad accompagnarli nelle loro lotte, a custodire i frutti del loro lavoro collettivo e a celebrare insieme ogni piccola o grande vittoria”.
    Proprio così, cara Giovanna, a “celebrare insieme ogni piccola o grande vittoria”, e non il Sacrificio di Nostro Signore, l’unico atto che libera veramente gli uomini, anche quelli che vivono e muoiono nella miseria. Ma a che cosa servono le chiese a chi diffonde la fede nell’uomo invece che quella in Cristo?
    A nulla, quindi “Più fognature per tutti”.
    ?FUORI MODA?. La posta di Alessandro Gnocchi | Riscossa Cristiana

    Il vuoto insostenibile delle idee del Rifondatore: note a margine di altre parole in libertà
    di Patrizia Fermani
    Dopo i discorsi sul diritto fognario, che hanno risentito un po’ della improvvisazione, e delle emozioni del momento, Bergoglio in Africa ha affrontato anche due temi sui quali si è impegnato da tempo con molto studio e ai quali ha quindi potuto apportare i frutti di una più attenta riflessione. Anzitutto il tema della radice della violenza, e poi quello degli effetti del multiculturalismo. Al primo in particolare aveva già dedicato largo spazio in uno scrigno di sapienza neocattolica qual è la esortazione apostolica Evangelii Gaudium (V. ad es. i paragrafi 59 e 60). Ma in Africa è tornato a sviscerarlo da par suo, con intenso sforzo speculativo e con il corredo di un raro bagaglio culturale. E ha sintetizzato felicemente così il problema: la povertà è la causa della violenza. Poi ha proclamato solennemente che il multiculturalismo porta la pace. C’è da dire che accanto a queste due proposizioni meriterebbe di essere collocata, nella posizione che ognuno meglio crede, l’altra formulata a caldo dopo i fatti di Parigi: la violenza è frutto della corsa agli armamenti. Ma per il momento possiamo limitarci a riflettere sulle prime due.
    E bisogna subito osservare come la fondatezza complessiva di entrambe, sia confermata dall’esempio degli Stati Uniti che, essendo ricchi e multiculturali, non hanno mai fatto la guerra a nessuno, e hanno sganciato le prime due bombe atomiche sulla testa dei giapponesi solo per impedire che questi, con la mania dei Kamikaze, continuassero a fornire al mondo intero un pessimo esempio. Del resto è risaputo che quando è stata superata la povertà, si può coltivare finalmente anche lo spirito, e le guerre umanitarie sono la grande conquista dei paesi ricchi.
    Ma andiamo con ordine. Bergoglio è uomo di cultura che evidentemente conosce a fondo i Promessi Sposi, e ha potuto elaborare la propria teoria sulla povertà che genera la violenza dopo avere letto l’episodio dell’assalto al forno delle Grucce, dove la connessione tra la prima e la seconda balza agli occhi di chiunque.
    Un po’ meno evidente questa correlazione appare in altri eventi storici minori, da catalogare fra le eccezioni che confermano la regola. Per esempio non è certo che sia stata la penuria di storioni a spingere Napoleone a seppellire un centinaio di migliaia di giovanotti europei nelle nevi russe, né che sia stata la fame a guidare i Persiani nelle guerre contro l’antica Grecia. Non sembra neppure che sia stata la fame a costringere i Turchi sotto le porte di Vienna dopo la carneficina fatta a Costantinopoli qualche secolo prima. Non è il caso di mettere qui il dito nella piaga e toccare la sensibilità dei progressisti che non si danno ancora pace per lo stermino dei pellerossa da parte dei perfidi e già ricchissimi Yankee. In ogni caso non pare neppure che sia stata la fame a spingere i nonni di Erdogan al genocidio armeno, mentre è incerto se i venti milioni e più di Kulaki si siano fatti ammazzare dal loro piccolo padre Josif per consentirgli di superare i problemi della carestia venuta dopo la loro dipartita. Persino tra le cause di due guerre mondiali messe su dal prospero occidente contro se stesso, non è certo che ci fosse proprio la povertà. Ma evidentemente queste sono considerazioni marginali perché il fatto dell’assalto al forno resta, e a quello dobbiamo fare riferimento.
    Anche l’altro principio enunciato dal Vescovo di Roma in fondo sembra non fare una piega, un po’ come quello della emancipazione intellettuale culturale e morale della donna moderna, che ci ha fornito una classe politica affollata dalle Boldrini, Cirinnà, Carfagna e altre. Mettendo da parte il caso del già citato multiculturalismo americano che ha prodotto persino un presidente della stazza di Obama, si può sempre ricordare la felice convivenza, nello stesso arcipelago, tra inglesi e irlandesi, l’altra di terraferma tra fiamminghi e valloni, ma soprattutto quella felicissima tra serbi, croati e bosniaci che ha ispirato ad Ivo Andric, fra tanti altri racconti che ruotano attorno allo stesso tema, la terribile “Lettera 1920”. Qui viene descritta in modo esemplare la realtà di un odio quasi tangibile, atavico, insanabile e incoercibile, derivante dalla dannazione ad una convivenza fatale. Insomma i frutti del multiculturalismo vi sono rappresentare in modo esemplare. Non per nulla proprio Bergoglio, da uomo di cultura, insiste a spiegare al mondo quanto sia felice la convivenza tra cristiani e musulmani nelle terre dominate da questi, sicché di tutti quei cristiani non vale proprio la pena di occuparsi.
    Alla fine possiamo solo ammirare uno che ha il coraggio di negare l’evidenza anche con tanta convinzione e trasporto, e che ha la forza morale necessaria per mandare al macero, quasi sempre ad alta quota, tutto il pregresso magistero della Chiesa, anche in barba ai meschini predecessori, insieme ai dogmi della fede cattolica. Infatti appare chiaro che lui, a differenza di Scalfari, è un Rifondatore, e la Rifondazione, come è noto, è un altro pallino della religione Comunista. Quella abituata a sostituire la realtà con il suono delle parole, in libertà.
    Il vuoto insostenibile delle idee del Rifondatore: note a margine di altre parole in libertà* ?* di Patrizia Fermani | Riscossa Cristiana


 

 
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