BERGOGLIO VA IN DIREZIONE OPPOSTA RISPETTO A RATZINGER E A TUTTA LA TRADIZIONE CATTOLICA: IL CASO ESEMPLARE DELL’OMELIA DI STAMANI
Antonio Socci
Nell’omelia di stamani a Santa Marta il misericordioso Bergoglio è tornato a bastonare duramente i cattolici, cioè coloro che, al Sinodo, si oppongono alla distruzione della dottrina della Chiesa di sempre (perché la dottrina è “il pensiero di Cristo”).
Bergoglio ha bastonato i cattolici prendendo spunto dalla lettura del profeta Giona, il quale fu inizialmente “non docile allo Spirito di Dio”, perché resisteva “alla chiamata di Dio”, ma poi svolse la sua missione e così la città di Ninive, pentita, fu perdonata.
Con estrema superficialità Bergoglio ha dato la sua solita interpretazione ideologica, totalmente opposta alla tradizione della Chiesa. Intende così puntare il dito contro quei pastori e quei cristiani che – a suo dire – sono rigidi e non accettano la misericordia di Dio per il mondo, la quale misericordia – sempre secondo lui – consisterebbe nel predicare il perdono di Dio, ma senza la verità e senza il pentimento, senza il cambiamento di vita.
Ratzinger, sullo stesso brano, aveva fatto una bellissima meditazione nella quale esaltava sì la misericordia di Dio, ma mettendo in guardia dal fraintendere questa pagina, perché – disse – “se questi pensieri della universalità della misericordia divina e del sempre nuovo volgersi di Dio verso i peccatori sono concepiti in modo superficiale, possono diventare pretesto per il relativismo e per l’indifferenza”.
Esattamente questa è la superficialità di Bergoglio. L'eco della malvagità era giunta fino a Dio, ci dice il libro di Giona, e Dio decide di intervenire, ciò che è malvagio deve essere combattuto. I misfatti di Stalin, di Pol Pot, di tanti altri, così come dei loro complici e simpatizzanti, sono misfatti che rovinano il mondo e precludono la strada verso Dio.
No, il duplice invito a Giona “alzati”, non era una finzione, ma un comando impellente, il cui adempimento Dio imponeva a dispetto della resistenza del profeta. E Cristo non è venuto perché tutto è già buono e sta sotto il regime della grazia ma perché l’appello al pentimento è assolutamente necessario. Il libro di Giona e la sua prosecuzione neotestamentaria è la più decisa negazione del relativismo e dell’indifferenza che si possa immaginare.
Anche per i cristiani di oggi vale il comando di Dio: “Alzati… e annunzia quanto ti dirò” (Gn 3,2). Anche oggi è necessario agli uomini Cristo, il vero Giona. Anche oggi deve esserci vero pentimento perché ci sia salvezza. Il libro di Giona è un libro teocentrico. Il vero attore è Dio. Sì, Dio agisce – non si è tirato fuori dalla storia (cfr. Gv 5,17). È un Dio che combatte ciò che è cattivo, e per questo deve anche punire, come giudice, per fare giustizia.
L’aspetto del giudizio, della punizione, della “collera” di Dio non deve sparire dalla nostra fede. Un Dio che accetta tutto non è il Dio della Bibbia, ma un’immagine sognata. Gesù si mostra come Figlio di Dio proprio perché può prendere la frusta, e irato cacciare dal tempio i mercanti.
Proprio il fatto che Dio non è indifferente davanti a ciò che è cattivo ci dà fiducia. Dobbiamo sempre combattere contro il peccato e non perdere il coraggio di farlo, soprattutto oggi.
Non aiuta la strada dell’imbonimento, ma soltanto attraverso il coraggio della verità, che sa anche dire di no, noi serviamo il bene.
BERGOGLIO VA IN DIREZIONE OPPOSTA RISPETTO A RATZINGER E A TUTTA LA TRADIZIONE CATTOLICA: IL CASO ESEMPLARE DELL'OMELIA DI STAMANI - Lo StranieroLo Straniero
È pervenuta in redazione:
Caro dottor Gnocchi,
seguo spesso la sua rubrica di posta e leggo anche altri articoli di Riscossa Cristiana. Io sono cattolico e non le nascondo che non mi trovo molto d’accordo con la vostra impostazione, però è anche vero che sul vostro blog leggo spesso delle critiche legittime, perché anche a me Papa Francesco provoca spesso tante domande. Però voglio dirle con molta franchezza che mi sembra che voi ignoriate le cose buone che spesso dice. Ho letto l’omelia alla messa con cui è stato aperto il Sinodo e ho visto che il Papa ha ribadito la dottrina cattolica sul matrimonio. Perché di questo non si parla? E poi ha appena dato una bella “sberla” al sindaco di Roma, quel Marino che anche voi avete criticato spesso, perché sappiamo che è abortista e altre cose. Ecco, non voglio fare il polemico, però le chiedo perché su queste cose non dite nulla.
La ringrazio. Cordiali saluti
Dino Cortesi
Caro Cortesi,
spero che lei non abbia perso tempo nella lettura della chilometrica Laudato si’. Intanto perché, in tal modo, non contribuisce alla deforestazione del pianeta disboscato per produrre la carta necessaria alla stampa del manifesto papale in difesa del pianeta medesimo. Ma, soprattutto, spero che non abbia perso tempo in simili letture perché dovrebbe dedicarlo alle encicliche di Pontefici ben più sicuri nella dottrina rispetto all’attuale vescovo di Roma. Per esempio, se avesse letto la Pascendi Dominici Gregis di San Pio X, non avrebbe sollevato questa obiezione. Proprio all’inizio dell’enciclica in cui condannava modernismo, correva il 1907, l’allora felicemente regnante Pontefice diceva:
"Fanno le meraviglie costoro perché Noi li annoveriamo fra i nemici della Chiesa; ma non potrà stupirsene chiunque, poste da parte le intenzioni di cui Dio solo è giudice, si faccia ad esaminare le loro dottrine e la loro maniera di parlare e di operare. Per verità non si allontana dal vero chi li ritenga fra i nemici della Chiesa i più dannosi. Come già abbiamo detto, i loro consigli di distruzione non li agitano costoro al di fuori della Chiesa, ma dentro di essa; ond’è che il pericolo si appiatta quasi nelle vene stesse e nelle viscere di lei, con rovina tanto più certa, quanto essi la conoscono più addentro. Di più, non pongono già la scure ai rami od ai germogli; ma alla radice medesima, cioè alla fede ed alle fibre di lei più profonde. Intaccata poi questa radice della immortalità, continuano a far correre il veleno per tutto l’albero in guisa, che niuna parte risparmiano della cattolica verità, niuna che non cerchino di contaminare.
Inoltre, nell’adoperare le loro mille arti per nuocere, niuno li supera di accortezza e di astuzia: giacché la fanno promiscuamente da razionalisti e da cattolici, e ciò con sì fina simulazione da trarre agevolmente in inganno ogni incauto; e poiché sono temerari quanto altri mai, non vi è conseguenza da cui rifuggano e che non ispaccino con animo franco ed imperterrito.
Si aggiunga di più, e ciò è acconcissimo a confonderle menti, il menar che essi fanno una vita operosissima, un’assidua e forte applicazione ad ogni fatta di studi, e, il più sovente, la fama di una condotta austera.
Finalmente, e questo spegne quasi ogni speranza di guarigione, dalle stesse loro dottrine sono formati al disprezzo di ogni autorità e di ogni freno; e, adagiatisi in una falsa coscienza, si persuadono che sia amore di verità ciò che è infatti superbia ed ostinazione.
Sì, sperammo a dir vero di riuscire quando che fosse a richiamar costoro a più savi divisamenti; al qual fine li trattammo dapprima come figli con soavità, passammo poi ad un far severo, e finalmente, benché a malincuore, usammo pure i pubblici castighi. Ma voi sapete, o Venerabili Fratelli, come tutto riuscì invano: sembrarono abbassare la fronte per un istante, ma la rialzarono subito con maggiore alterigia. E potremmo forse tuttora dissimulare se non si trattasse che solo di loro: ma trattasi invece della sicurezza del nome cattolico. Occorre uscir da un silenzio, che ormai sarebbe colpa, per far conoscere alla Chiesa tutta chi siano infatti costoro che così male si camuffano".
La citazione è un po’ lunga, ma quando le encicliche sono buone non si rischia mai di sprecare spazio e tempo. Quanto dice San Pio X inquadra molto bene la situazione in cui ci troviamo ancora più di cento anni dopo, e vorrei sottolineare, in particolare, il passaggio in cui dice: “giacché la fanno promiscuamente da razionalisti e da cattolici, e ciò con sì fina simulazione da trarre agevolmente in inganno ogni incauto”. Ecco, caro Cortesi, temo che lei, come tantissimi altri buoni cattolici che non riescono a rassegnarsi alla dolorosa idea di un Papa che demolisce la dottrina e la morale, rappresenti proprio l’incauto di cui parla Papa Pio X.
Caro Cortesi, mi dica un po’: lei, per avere la certificazione dell’opera di demolizione intrapresa da Bergoglio, ha bisogno di una dichiarazione sottoscritta di suo pugno dall’interessato? Cosa vuole, un’enciclica in cui in cui si dica: “Da oggi la dottrina e la morale cattoliche sono abolite ed entrano in vigore quelle della misericordia bergogliana”? Non lo faranno mai, perché i modernisti, di cui l’attuale vescovo di Roma incarna la versione 3.0, agiscono proprio come scrisse più un secolo fa il Santo Papa Pio X: “promiscuamente da razionalisti e da cattolici”. Mescolano sapientemente verità e menzogna per far passare quest’ultima nelle menti e nelle anime dei fedeli.
È il mezzo più efficace a loro disposizione per penetrare fino alla radice e tentare abbattere la Chiesa di Roma. Hanno capito che possono mutare la dottrina cattolica solo se si presentano come difensori della dottrina cattolica. Se si presentassero come nemici, non potrebbero più farlo perché il loro gioco sarebbe scoperto. Il lupo ha sempre bisogno di travestirsi da agnello per farsi amico il gregge.
Lei, caro Cortesi, cita le affermazioni di Bergoglio in sintonia con la dottrina a proposito del matrimonio. Ma, mi scusi, che bisogno avrebbe di affondare il colpo in apertura del Sinodo quando ci penseranno i suoi accoliti? E, ancora di più, che bisogno ha di farlo se, non più tardi di venti giorni fa, ha profanato il sacramento con l’orrendo Motu proprio di cui, purtroppo, si sta già cessando di parlare?
E adesso un piccolo commento sulla questione Marino. Il sindaco di Roma, come lei nota, non è mai stato simpatico a questo sito e, d’altra parte, non si vede come possa esserlo a un cattolico qualsiasi. Ma, anche su questo punto, le parole e la reazione di Bergoglio in seguito alla, diciamo così, improvvisata che il sindaco gaffeur gli ha fatto a Philadelphia stridono con l’immagine di un Pontefice.
Stridono perché sono la maramaldesca esibizione di un uomo di potere che finisce il moribondo steso a terra. Senza misericordia alcuna. Caro Cortesi: senza misericordia alcuna. Ci pensi un momento. Marino è il sindaco della città che deve ospitare il prossimo giubileo (della misericordia, naturalmente). Ma è un sindaco zoppo, senza potere e gravato da una situazione imbarazzante, un sindaco così pericolante che non ci si può permettere di mostrarlo, anche involontariamente, come sodale. Stia sicuro che, se fosse stato potente e ben saldo in sella, Bergoglio non gli avrebbe sparato il colpo alla nuca che invece gli ha assestato durante il viaggio aereo di ritorno dagli States. “Io non ho invitato il sindaco Marino, chiaro?” ha detto ai giornalisti. “E neppure gli organizzatori, ai quali l’ho chiesto, lo hanno invitato. Si professa cattolico, è venuto spontaneamente”.
Ma si rende conto, caro Cortesi? Qui c’è un Papa che fa la spunta degli invitati in casa per decidere chi gli conviene che ci sia e chi no. E, se non bastasse, con il piglio da dittatore della repubblica delle banane minaccia anche i giornalisti che gli chiedono conto dell’accaduto: “Io non ho invitato il sindaco Marino, chiaro?”. Quel “Chiaro?” sibilato prepotentemente nel microfono è un messaggio ben chiaro. E non c’è stato uno, dico uno, tra i giornalisti presenti che ne abbia avuto orrore e abbia avuto il coraggio di dirlo. Del resto, tengono famiglia e non possono rischiare di essere lasciati a terra durante il prossimo viaggio papale. E, allora, eccoli lì, tutti a ridurre in brandelli la carcassa del povero Marino, senza il minimo ritegno. Senza sapere che la stessa sorte toccherà a tutti i servi che il vescovo di Roma riterrà ingombranti, senza minimamente tenere conto dei servigi ottenuti in passato. Gli uomini di potere sono così, caro Cortesi. Se li conosci, li eviti. E, soprattutto, non gli credi quando si presentano come difensori della verità.
?FUORI MODA?. La posta di Alessandro Gnocchi ? rubrica del martedì | Riscossa Cristiana
Antonio Socci: al via il Sinodo dell'Apocalisse, conseguenze drammatiche per la Chiesa e il Mondo
Appena iniziato, questo Sinodo (imbavagliato e «teleguidato») è già finito. Infatti la conclusione è già scritta: l’arbitro argentino ha stabilito in anticipo la vittoria - a tavolino - della fazione «di sinistra» che lui stesso capeggia.
Dopo non si sa cosa potrà accadere fra ortodossi (cioè fedeli all’insegnamento del Vangelo e della Chiesa di sempre) ed eterodossi che vogliono sottomettere la Chiesa alle mode ideologiche del momento (san Pio X definiva il modernismo «la sintesi di tutte le eresie»).
Essendo già scritto l’esito del Sinodo resta da spiegare il suo senso: è in corso la (tentata) liquidazione della Chiesa. Evento epocale che dovrebbe preoccupare anche i laici seri, perché probabilmente prelude alla liquidazione della stessa Europa.
Certi laicisti alla Scalfari oggi potranno gioire per la sua liquidazione. Ma potrebbero amaramente pentirsene di fronte alle devastazioni del nichilismo e - come ha dimostrato in Francia la tragedia di Charlie Hebdo - davanti all’Islam rampante nel mondo.
Un intellettuale liberale francese, Pierre Manent ha pubblicato un libro, Situation de la France, dove fotografa la disperata inermità dell’Europa laicista di fronte all’Islam. Manent dice: «Non basta la laicità per contrastare l’Islam. E diversamente da quanto sostengono i politici radicali, la laicità nemmeno serve a integrare i musulmani». La tragedia è stata la demolizione della Chiesa.
«Era l’idea dell’ateismo progressista», dice Manent. Dopo il Concilio «i cattolici hanno accettato di fondersi in questa sorta di nuova chiesa postcristiana… E il cristianesimo si è dissolto in una religione dell’umanità».
Oggi siamo all’atto finale. In effetti l’assalto al cattolicesimo, anche dall’interno, fu chiaro dagli anni Settanta, quando Paolo VI angosciato prese a denunciare una smania autodemolitrice che si era impadronita della Chiesa, parlò di un «pensiero non cattolico» che si era fatto dilagante al suo interno, succube delle ideologie, e addirittura affermò che il «fumo di Satana» era entrato nel tempio di Dio.
Sembrò di essere a un passo dal crollo, ma arrivò la provvidenziale sorpresa di Giovanni Paolo II che con Ratzinger raddrizzò la barca e dette l’impressione di aver evitato il naufragio.
Poi qualcosa di terribile è accaduto: Benedetto XVI ha dovuto eclissarsi e autorecludersi. Così l’autodemolizione è ripresa e ora sembra al suo atto finale.
A molti uomini di Chiesa non sfugge la gravità della situazione, che traspare bene da un testo dei giorni scorsi in cui si mostra la lontananza dalla dottrina cattolica del cosiddetto Instrumentum laboris, vidimato da Bergoglio per il Sinodo, su comunione ai divorziati risposati e omosessualità. Tale stroncatura è firmata da tre teologi, Claude Barthe, Antonio Livi e Alfredo Morselli, ma in realtà ha dietro l’elaborazione di molti padri sinodali, vescovi e cardinali.
Vi si dice intanto che l’Instrumentum ripropone quelle proposizioni che «non essendo state approvate a maggioranza qualificata» dal Sinodo del 2014 «non dovevano né potevano essere incluse nel documento finale di quel Sinodo» e «dovevano reputarsi respinte» (è stato Bergoglio in persona a imporne la riproposizione).
Inoltre in questo Instrumentum «risulta, in generale, compromessa la Verità, sì da rendere complessivamente non accettabile il documento, o altro che ne riproponesse i contenuti e fosse posto ai voti alla fine della prossima assemblea sinodale». Si cita come monito il profeta Isaia: «Guai a coloro che chiamano bene il male e male il bene, che cambiano le tenebre in luce e la luce in tenebre» (5, 20).
I tre teologi rilevano infine che i due Motu proprio dell’8 settembre scorso svuotano la discussione dal punto di vista teologico e canonico (non ne spiegano il perché, ma è facilmente intuibile: con essi si introduce di fatto il divorzio nella Chiesa).
È la prima volta che un documento sinodale approvato dal papa e un suo Motu proprio, sono fortemente sospetti di uscire dall’ortodossia cattolica. Su punti fondamentali che a cascata farebbero poi venire giù tutto.
Così oggi - come ha scritto il cardinale Sarah - proprio mentre «migliaia di cristiani muoiono ogni giorno» per la fedeltà al Vangelo, «in Occidente degli uomini di Chiesa cercano di ridurre al minimo le esigenze del Vangelo. Il vero scandalo... è la confusione tra bene e male operata da pastori cattolici».
La mia previsione (a meno di un miracolo) è che il Motu proprio sul divorzio non venga ritirato ed entri in vigore l’8 dicembre, provocando un terremoto mai visto. E che Bergoglio, tramite il Sinodo che controlla, pur ribadendo a parole che il matrimonio è indissolubile, apra sulla comunione per alcuni divorziati risposati (anche se per casi particolari sarebbe la classica falla nella diga). Infine prevedo che si sdoganino di fatto anche altri tipi di unione (comprese quelle dello stesso sesso), sia pure dicendo che non possono parificarsi al matrimonio.
È un capovolgimento epocale del magistero della Chiesa e della vita cristiana, dalle conseguenze incalcolabili se solo si pensa che per una «i» nella crisi ariana, per il «Filioque» nello scisma con la Chiesa orientale, per un singolo divorzio - di re Enrico VIII - che provocò lo scisma anglicano, la Chiesa ha vissuto tragedie terribili. Dalle conseguenze spaventose, anche per il mondo.
Oggi un certo clima apocalittico è avvertito dal popolo cristiano che in questi mesi, attraverso la rete, rilancia convulsamente una quantità di profezie terribili, tutte concentrate sul nostro tempo: talora di sedicenti veggenti che non hanno credibilità, ma spesso di mistici seri, come la visione dei due papi e delle due chiese della beata Emmerich.
Ma al di là di mistici e apparizioni mariane - che, anche quando sono approvate dalla Chiesa come Fatima o La Salette, sono solo rivelazioni private e non obbligano la fede del credente - c’è una profezia a cui i cattolici devono credere, perché non è una rivelazione privata, ma fa parte integrante della rivelazione pubblica e viene dalla Sacra Scrittura.
Sta ufficialmente nel Catechismo della Chiesa Cattolica varato da Giovanni Paolo II e dal cardinal Ratzinger, dove si preannuncia quanto segue: «Prima della venuta di Cristo, la Chiesa deve passare attraverso una prova finale che scuoterà la fede di molti credenti. La persecuzione che accompagna il suo pellegrinaggio sulla terra svelerà il “Mistero di iniquità” sotto la forma di una impostura religiosa che offre agli uomini una soluzione apparente ai loro problemi, al prezzo dell'apostasia dalla verità» (n. 675).
Molti si chiedono se non è proprio quello che sta accadendo sotto i nostri occhi.
UNA PROFEZIA INCOMBE SUL SINODO - Lo StranieroLo Straniero
Un assordante silenzio
di A. Nonim
Dopo il clamore mediatico intorno a Mons. Charamsa, voluto, cercato, studiato e dettagliatamente pianificato per un impatto propagandistico il più eclatante possibile, strumentalizzando l’abbrassons-nous a tutto campo di Papa Francesco e ai fini di dipingere la Chiesa agli occhi del mondo come arretrata, oscurantista e disumana per la sua morale sessuale, qual è la reazione delle alte gerarchie?
Silenzio assoluto, appena appena rotto dalla timida e spaurita dichiarazione del portavoce vaticano P. Federico Lombardi (concordata, a detta del Corriere della Sera, parola per parola con la Segreteria di Stato) che lamenta semplicemente «la scelta di operare una manifestazione così clamorosa alla vigilia del Sinodo che appare molto grave e non responsabile».
Tutto qui.
Nemmeno una parola sulla dottrina della Chiesa in materia così grave; nessun richiamo alla scomunica latae sententiae, come prescrive l’art. 1394 CIC; nessuna condanna per il fatto in sé, ma semplice rammarico e disappunto per l’inopportunità del momento scelto (come dire che se l’avesse fatto in un altro momento…) e per l’irresponsabilità, anzi la non responsabilità, di un atto volto a condizionare l’assemblea sinodale, il che è come dire (e anche questa è irresponsabilità, in questo caso di P. Lombardi) che i Padri sinodali sarebbero facilmente manovrabili e suggestionabili.
Stando alla dichiarazione di P. Lombardi, ciò che è grave non è l’aberrante e sacrilega situazione in cui vive Mons. Charamsa, ma il suo gesto di “coming out” proposto alla vigilia del Sinodo.
E’ incredibile!
Quel che è più grave nella dichiarazione di P. Lombardi è la sottesa affermazione che la convivenza omosessuale di un sacerdote con un compagno fisso, meriti tutto il rispetto se rimane una realtà della sua vita privata. Come dire che un sacerdote può tranquillamente convivere con una persona dello stesso sesso, purché la cosa rimanga segreta.
E perché - vien subito da chiedersi - la stessa cosa non dovrebbe valere per il concubinato?
Questa purtroppo è la deduzione più ovvia dall’affermazione di P. Lombardi, che pur condannando il “coming out”di Mons. Charamsa, non per la sua intrinseca immoralità e l’oggettiva materia grave, bensì solo per la sua inopportunità, gli riconosce il diritto ad essere rispettato sul piano personale.
Quale altro significato può infatti avere l’incidentale: «nonostante il rispetto che meritano le vicende e le situazioni personali»?
Dunque massimo rispetto per le vicende personali, purché rimangano nell’alveo della sfera strettamente privata e nel nascondimento.
Ma questa è una canonizzazione dell’ipocrisia, della doppiezza e del relativismo morale più sfacciato.
E chi si fiderebbe più del voto di castità dei sacerdoti?
Ma adesso mi viene da fare un’altra domanda: come mai il “coming out” di Mons. Charamsa sarebbe inopportuno e potenzialmente condizionante il Sinodo, pur essendo il monsignore polacco uno sconosciuto, e invece non lo sarebbe il gesto di Bergoglio che telefona a un omosessuale dichiarato di sua conoscenza e lo invita a un incontro con lui e lo abbraccia e lo bacia in modo platealmente caloroso, a tutto corpo, insieme al suo convivente, con larghi e compiaciuti sorrisi?
E come non dire che tutto ciò sia la conseguenza della famosa (o famigerata) risposta del Papa a un giornalista che gli chiedeva il suo parere sui gay: «Chi sono io per giudicare un gay che cerca il Signore?»?
E che dire della sua telefonata a un transessuale e dell’udienza privata a lui concessa?
Anche questi atti, non sono un pesante, anzi un pesantissimo condizionamento del dibattito sinodale sul tema?
E non sono causa di disorientamento e sconcerto tra il popolo di Dio che non sa più da quale parte guardare?
Mi sia permesso di contestare apertamente il famoso suddetto «Chi sono io per giudicare un gay che cerca il Signore?». Nella domanda di Bergoglio c’è una intrinseca contraddizione, perché vi è implicita l’ammissione che si può allo stesso tempo peccare e cercare il Signore (chi non ricorda il luterano «pecca fortiter, sed crede fortius»?).
Cerca veramente il Signore chi prima di tutto smette di peccare!
Se al posto del peccato di omosessualità, noi mettessimo il peccato di omicidio, potremmo dire la stessa cosa, cioè: chi sono io per giudicare un assassino che cerca il Signore?
E’ fin troppo ovvio che una cosa siffatta non va: non si può pretendere di andare volontariamente contro i comandamenti di Dio e al contempo cercare Dio, perché cercare Dio è anzitutto volontà di osservare i suoi comandamenti.
Gesù infatti dice: «Se mi amate, osservate i miei comandamenti. …Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi mi ama» (Gv 14, 15 e 21); e l’evangelista Giovanni scrive: «In questo consiste l’amore di Dio, nell’osservare i suoi comandamenti» (1Gv 5, 3); e ancora: «In questo sta l’amore: nel camminare secondo i comandamenti di Cristo» (2Gv, 6).
Cerca veramente il Signore chi, come Matteo, Zaccheo, Maria Maddalena, capisce di aver sbagliato e vuole rompere con la vita passata e cominciarne una nuova con Gesù.
Rimanere nel proprio errore e contemporaneamente pretendere di seguire il Signore (o cercarlo, come dice Bergoglio), non si chiamava una volta presunzione di salvarsi senza merito? E non era uno dei peccati contro lo Spirito Santo, che sono imperdonabili, come recita il Catechismo di San Pio X?
Un assordante silenzio - Articolo di A. Nonim
Due curiose coincidenze e il sospetto di eresia
Don Mauro Tranquillo
Il Sinodo sulla famiglia sembrava dover avere come “tema caldo” la comunione ai divorziati che vivono in concubinato. Papa Francesco ha, come sappiamo, abilmente aggirato il problema con i suoi due motu proprio che permettono un rapido e indolore annullamento dei matrimoni sulla base di una sostanziale autocertificazione davanti al Vescovo. Non è da escludere che qualche progressista attardato non colga la profondità di questi cambiamenti e insista sulla comunione ai divorziati; ma sembra chiaro ormai che altri temi, già adombrati l’anno scorso, entreranno prepotentemente sulla scena, se non altro a livello mediatico (che è quello che conta, oggi).
Durante il viaggio negli USA il Papa ha incontrato la funzionaria del Kentucky Kim Davis alla nunziatura a Washington, quella che è andata sotto processo per aver rifiutato licenze matrimoniali a coppie gay. Padre Lombardi si è affrettato a precisare che l’incontro è avvenuto insieme a quello con molte altre persone, brevemente salutate dal Papa in un’udienza, e che "non deve essere considerato come un appoggio alla sua posizione in tutti i suoi risvolti particolari e complessi".
Come riportato sul sito news.va Bergoglio ha concesso una sola udienza privata in nunziatura, testualmente a “un suo antico alunno con la famiglia”. Il nostro gesuita però si dimentica di avvertirci che questo “antico alunno” è un gentile signore omosessuale, tal Yayo Grassi, con il suo "compagno", e alcune conoscenze che egli introduce al Santo Padre.
Non risulta che la solerte Sala Stampa abbia preso le distanze dal signor Grassi come ha fatto nel caso della Davies, e un video mostra il commovente ed affettuoso incontro in tutti i dettagli. Sull’opportunità per il Papa di un tale incontro si può discutere, sulle ambiguità di Padre Lombardi si può ridere, ma è fuor di dubbio che la disparità di trattamento tra l’impiegata anti-gay e l’amico omosessuale rimane palese, ed è la Sala Stampa a sottolinearla goffamente: per la Davies un saluto generico in un’udienza con diverse persone, per Grassi l’unico incontro privato.
Naturalmente Grassi è un gay buono (anche se i cattivi Hollywood ha decretato che non esistono) perché da anni vive con lo stesso "partner". Preziosi elementi matrimoniali, direbbe Kasper.
Secondo Grassi, il Papa conosce da sempre la sua condizione, e la accetta così. L'incontro lo testimonia senza equivoci.
Chiesa e post concilio: Due curiose coincidenze e il sospetto di eresia
SPORCIZIA, SOLO SPORCIZIA E SCANDALO
di L. P.
Alla vigilia di un sinodo illecito, quanto mai inopportuno e dannatamente pericoloso, sono esplose due granate dirompenti, funzionali a una già sotterranea strategìa che, invece, proprio con questi boati si fa palese e proterva.
Le due circostanze sono simili se non identiche.
1) Il 24 settembre scorso, nella sede della Nunziatura di Washington, Papa Bergoglio ha ricevuto, clandestinamente, dicono i giornali, pensate un po’, una certa Kim Davis, nota per aver rifiutato, nel Kentucky, la registrazione di un matrimonio omosessuale.
Bella mossa, direbbero i lettori ignari, con che il Papa ha fatto capire che per la banda curiale che si batte per la legittimazione dell’omosessualità militante non ci sarà, al Sinodo, trippa per gatti. Finalmente un chiaro avviso ai tanti smaniosi di innalzare il trofeo dell’omosessualità.
Un piffero! Perché il giorno prima, 23 settembre, sempre Papa Bergoglio aveva organizzato, previa email, una rimpatriata con un suo amico argentino, Yayo Grassi omosessuale e sodomita spudorato, militante e praticante, che si è presentato col suo sconcio compagno, Iwan e ai quali il suddetto Papa ha elargito abbracci e baci;
2) in una intervista al Corriere della Sera, 3 ottobre 2015, – uno delle due preferenziali corsìe mediatiche della Santa Sede bergogliesca – un prete, finora sconosciuto, Krzysztof Charamsa, polacco, è salito ai disonori della cronaca confessando di essere omosessuale e di convivere con un povero e lercio compagno. Oltre che vantarsi della propria scelta, oltre che ritenersi assistito dal Signore, oltre ad aver esortato la Chiesa ad uscire dal rigorismo teologico e morale, oltre ad aver assimilato lo sporco e fecale rapporto al vero amore, costui, con la più consapevole, smaccata, indegna e proterva sfacciataggine menzognera, ha detto che, a ben vedere, nella Bibbia non esiste condanna alcuna dell’omosessualità che, al contrario, è vista come vera tensione amorosa e familiare.
Costui, questo cialtrone, non è un prete qualunque perché, all’interno delle sacre stanze, ricopre prestigiosi incarichi quali:
- ufficiale della Congregazione della Dottrina delle Fede,
- segretario aggiunto della Commissione Teologica Internazionale vaticana;
- docente al pontificio ateneo della Gregoriana;
- docente al pontificio ateneo Regina Apostolorum.
Un teologo! Un docente che afferma non esistere nella sacra Scrittura la condanna dell’omosessualità.
Prescindendo da San Paolo – vedi Corinti e Romani – nel Nuovo Testamento, che è anche lui parte canonica della Sacra Scrittura, vogliamo rammentare al cialtrone in oggetto, docente di teologìa, che nell’Antico Testamento, quello che secondo lui è la sola Bibbia, in due passi violenti e netti Dio mette in guardia dal vizio più sporco, un’aberrazione morale e fisica che si qualifica come peccato abominevole meritevole della pena di morte.
1 – Non giacere con un maschio come si fa con una donna perché è cosa abominevole – Lev. 18, 22;
2 – Se un uomo giace con un altro uomo come si fa con una donna, tutti e due hanno commesso una cosa abominevole. Sìano messi a morte. Il loro sangue ricada su di loro - Lev. 20, 13
E questo cialtrone sarebbe un teologo?
La stampa, conformista e filobergogliesca sta descrivendo l’evento del polacco come primo atto di una congiura ordita dalla lobby gay a danno del Papa. Ma noi sappiamo che non è così perché è lo stesso Bergoglio che, da anni prepara siffatta rivoluzione, agendo da vero eversore della fede e della parola di Dio.
Testimone il nefasto padre Leonardo Boff, Bergoglio arcivescovo di Buenos Aires, nel dicembre del 2012 approvò l’affido adottivo di un bimbo innocente a una lurida coppia omosessuale maschile.
In alta quota, tornando da Rio, si permise di affermare “chi sono io per giudicare un gay?”; successivamente ebbe ad affermare che nelle coppie omosessuali vive e ferve una realtà affettiva e pedagogica; nell’estate scorsa ha ricevuto, in udienza privata, un messicano transessuale – già donna – unitamente alla fidanzata e, da ultimo l’abbraccio contro natura col suo amico argentino e con l’amico dell’amico.
Sporcizia, solo sporcizia e scandalo - Articolo di L. P.
Sinodo e omosessualità. Quel versetto biblico saltato dalla "Laudato si'"
Nel rileggere anche l'enciclica "Laudato si'", a qualche padre sinodale è caduto l'occhio su una curiosa omissione.
Nel capitolo secondo dell'enciclica, quello che è intitolato "Il Vangelo della creazione" e comincia col chiedere timidamente al lettore: "Perché inserire in questo documento, rivolto a tutte le persone di buona volontà, un capitolo riferito alle convinzioni di fede?", papa Francesco comincia col ricordare la creazione dell'uomo e della donna "a immagine e somiglianza di Dio", prosegue con l'affidamento fatto da Dio all'uomo di tutti gli altri esseri creati, e poco più avanti, nel paragrafo 68, scrive:
"Questa responsabilità di fronte ad una terra che è di Dio, implica che l’essere umano, dotato di intelligenza, rispetti le leggi della natura e i delicati equilibri tra gli esseri di questo mondo, perché 'al suo comando sono stati creati. Li ha resi stabili nei secoli per sempre; ha fissato un decreto che non passerà' (Salmo 148, 5b-6). Ne consegue il fatto che la legislazione biblica si soffermi a proporre all’essere umano diverse norme, non solo in relazione agli altri esseri umani, ma anche in relazione agli altri esseri viventi".
Per avvalorare questo rispetto delle leggi della natura il papa cita a questo punto un brano del Deuteronomio:
"Se vedi l’asino di tuo fratello o il suo bue caduto lungo la strada, non fingerai di non averli scorti [...]. Quando, cammin facendo, troverai sopra un albero o per terra un nido d’uccelli con uccellini o uova e la madre che sta covando gli uccellini o le uova, non prenderai la madre che è con i figli".
Il brano è tratto dal capitolo 22, versetti 4 e 6 del quinto libro della Torah. Ma come segnalano i puntini entro la parentesi quadra, con l'omissione di un passaggio, che corrisponde al versetto 5.
Ebbene, che cosa dice il versetto, anzi, il precetto del Deuteronomio saltato dal papa nell'enciclica "Laudatio si'"?
Dice qualcosa di molto politicamente scorretto:
"La donna non si metterà un indumento da uomo né l'uomo indosserà una veste da donna; perché chiunque fa tali cose è in abominio al Signore tuo Dio".
Qualche padre sinodale se l'è segnato sul taccuino, per quando la discussione arriverà al capitolo omosessualità.
Sinodo e omosessualità. Quel versetto biblico saltato dalla "Laudato si'" - Settimo Cielo - Blog - L?Espresso
«RIMANETE ASSOLUTAMENTE FERMI SULLA DOTTRINA». LA RACCOMANDAZIONE DI RATZINGER PER IL SINODO
«Halten Sie sich unbedingt an die Lehre!», rimanete assolutamente fermi sulla dottrina. Questa la raccomandazione che il Papa emerito, Benedetto XVI, ha dato privatamente dopo la scorso Sinodo a un prelato tedesco che gli chiedeva come comportarsi di fronte al terremoto in corso. A riportarlo è Edward Pentin, vaticanista per il settimanale statunitense National Catholic Register, forse il migliore cronista finora delle vicende sinodali, a cui ha dedicato anche uno scottante libro, pubblicato dalla principale editrice cattolica negli Usa, la Ignatius Press, dal titolo The Rigging of a Vatican Synod? An Investigation of Manipulation at the Extraordinary Synod on the Family, ovvero «Un Sinodo Vaticano truccato? Inchiesta sulle manipolazioni al Sinodo straordinario sulla famiglia».
«Rimanete assolutamente fermi sulla dottrina». La raccomandazione di Ratzinger per il Sinodo