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    Predefinito Rif: Il Verbo di Dio si è fatto carne

    C’è qualcosa di più umano dell’umanità
    di Fabio Trevisan
    A distanza di più di cent’anni, il romanzo fantastico La sfera e la croce di Gilbert Keith Chesterton (1874-1936)



    sintetizza in modo meraviglioso la capacità visionaria ed immaginativa dell’artista e la concezione teologica e metafisica del sano filosofo, ovvero di colui che vede e pensa “dentro la realtà”, anche quella invisibile e ce la propone in un quadro d’insieme coinvolgente.
    L’esito dell’opera è stupefacente e pone degli interrogativi inquietanti ed ineludibili, seppur in una forma paradossale. Infatti, il capitolo inaugurale (Una discussione campata in aria) trae linfa vitale e leggerezza dall’espressione popolare “discorsi campati in aria” per sottolineare, al contrario, la gravità e la serietà dei temi, resi icasticamente dalla contrapposizione tra il professor Lucifero e il monaco Michele.
    La sfera (il mondo) e la croce (la volontà di Dio) hanno i loro avvocati, nel cielo sopra Londra, su una piccola aeronave: rispettivamente il professor (facile l’allusione) Lucifero ed il monaco Michele. Così Lucifero, Principe del mondo, difenderà la sfera: «Questa palla è ragionevole; quella croce è irragionevole. È una bestia a quattro zampe, una delle quali è più lunga delle altre. Il globo è logico. La croce è arbitraria … ne abbiamo abbastanza di questo simbolo. La stessa sua forma è una contraddizione». Il monaco Michele ribatterà: «Noi amiamo le contraddizioni. L’uomo stesso è una contraddizione: è un animale la cui superiorità sugli animali sta nel fatto che è caduto».
    Nel rinnovare quella che per Chesterton sarà sempre chiamata la Filosofia della Caduta (il Peccato Originale), il monaco porterà alle estreme conseguenze, con un bellissimo apologo, l’odio contro la croce che si sta diffondendo pure oggi: «Un uomo aveva adottato l’opinione che il simbolo del cristianesimo fosse un simbolo di barbarie e di irragionevolezza. È una storia assai interessante ed una perfetta allegoria di ciò che accade ai razionalisti come te. Egli cominciò, naturalmente, col bandire il crocifisso da casa sua, dal collo della sua donna, perfino dai quadri. Diceva, come tu dici, che era una forma arbitraria e fantastica, una mostruosità… avrebbe voluto abbattere tutte le croci che si innalzavano lungo le strade del suo paese… Una sera d’estate, mentre ritornava lungo un viale, a casa sua, il demone della sua follia lo ghermì di botto gettandolo in quel delirio che trasfigura il mondo agli occhi dell’insensato … di fronte a una lunghissima palizzata egli credette di vedere la palizzata tramutata in un esercito di croci …egli odiava la croce ed ogni palo era per lui una croce. Quando arrivò a casa, era pazzo da legare».
    La descrizione della parabola discendente distruttiva in coloro che rifiutano la croce svela l’ordito maligno del professor Lucifero, il quale, non riuscendo più a sostenere le ragioni e le suggestioni della sfera contro la croce, inveisce e scaraventa il monaco fuori dalla aeronave: «A ciascuno la sua pazzia! Tu sei pazzo della croce. Ch’essa ti salvi!».
    Un braccio della croce sopra la Cattedrale St. Paul di Londra salverà il monaco Michele





    che, aggrappandosi ad esso per poi lasciarsi scivolare (mirabili gli accostamenti evangelici nella descrizione della salvezza) potrà ritornare sulla terra come un umile fanciullo: «Si sentì allora improvvisamente felice e incredibilmente piccolo. Credette di ridiventar fanciullo».
    La contrapposizione tra l’alterigia del professor Lucifero e l’umiltà del monaco Michele è segnata dall’umiltà e dalla gioia cristiana espressa nella vittoria della croce: «Egli — il monaco Michele — sentì tutta l’intensità di quella gioia che gli orgogliosi non conoscono, poiché nasce dall’umiltà. Coloro che per un miracolo sono sfuggiti alla morte; coloro che inaspettatamente si vedono riamati dalla creatura amata; coloro che si vedono perdonati i loro peccati: questi soli conoscono e sentono una simile gioia».
    Ci sarà ancora spazio e tempo per la croce di Cristo oppure la sfera (il mondo) avrà il sopravvento? Ci sarà ancora posto per Dio nella vita degli uomini?



    Quando la Chiesa non può tacere
    di Luigi Negri
    Vescovo di San Marino-Montefeltro
    Sulla vicenda della rappresentazione teatrale “Sul concetto di volto del Figlio di Dio”, in programma a Milano dal 24 al 28 gennaio, che tanto fa discutere per il suo contenuto blasfemo e per le manifestazioni annunciate da diversi gruppi cattolici che propongono messe e preghiere di riparazione, abbiamo sentito il vescovo di San Marino-Montefeltro, ma cresciuto nella diocesi di Milano, monsignor Luigi Negri.


    Mi pare che innanzitutto ci sia da dire che questo è un episodio miserevole dal punto di vista della espressione, non dico artistica, ma dell’espressione umana. Ed è certamente la conferma di quello che ho già detto immediatamente dopo gli scontri di Roma del 15 ottobre scorso, in ordine alla distruzione della statua della Madonna: il filo conduttore, che unisce espressioni che apparentemente sembrano divergere moltissimo, è l’anticristianesimo.
    Ormai l’ideologia dominante è quella anticristiana, quella che tende all’abolizione sistematica della presenza e dell’annunzio cristiano, sentito come una anomalia che mette in crisi questa omologazione universale operata dalla mentalità laicista, consumista, istintivista.
    Quindi da questo punto di vista il giudizio non può che essere inappellabilmente negativo: è un’espressione meschina di una volontà di eliminare la tradizione cristiana, in questo caso colpendo il contenuto fondamentale della fede. Colpendo l’immagine e la figura di Gesù Cristo nei confronti del quale nella scritta finale – credo che apparirà ancora malgrado tutte le modificazioni a cui in qualche modo sono stati costretti – apparirà il rifiuto di essere figli di Dio. E quindi si manifesta la volontà di sostituire alla figliolanza divina la proclamazione della propria assoluta autonomia e autosufficienza, che è stato il delirio della modernità.
    C’è poi il problema della reazione. Su questo io mi devo avventurare con molta circospezione perché non intendo prestare il fianco a nessuna critica nei confronti di altre Chiese o di altri confratelli. Sono stato molto lieto nell’apprendere che - in situazione analoga - la Chiesa francese e in particolare il capo della Conferenza episcopale francese, il cardinale di Parigi, ha proposto un gesto rigorosamente penitenziale in ordine a questa blasfemia implicando la struttura fondamentale della Chiesa.
    Io mi chiedo questo, e su questa domanda mi fermo: una Chiesa particolare - o una connessione di Chiese particolari che aderiscono alle Conferenze episcopali nazionali - che non reagisca in termini assolutamente essenziali e pubblici a questo attacco violento alla tradizione cattolica, io mi chiedo: se non interviene su questo punto, su che cosa interviene?
    Che cosa mette più in crisi la possibilità di una comunicazione obiettiva della fede di questa serie di iniziative tese a screditare, a criminalizzare, a corrompere la nostra tradizione? Certo che se le Chiese cosiddette ufficiali – ma il termine mi è assolutamente ostico perché la Chiesa è una sola, non è né quella ufficiale né quella carismatica, la Chiesa è il mistero del popolo di Dio nato dal mistero di Cristo morto e risorto e dall’effusione dello Spirito, quindi c’è una Chiesa sola –; se la Chiesa non reagisce adeguatamente, allora necessariamente possono intervenire in maniera protagonistica gruppi che nella Chiesa non hanno a cuore soltanto la difesa della Chiesa, ma hanno a cuore l’espressione legittima delle loro convinzioni.
    Allora poi non si dica che la protesta è dei tradizionalisti; la protesta è dei tradizionalisti perché la Chiesa come tale non prende una posizione, che a me sembrerebbe assolutamente necessaria.
    Nella mia diocesi non è previsto lo spettacolo, fortunatamente. Ma nel caso che nella diocesi di Milano questo spettacolo si verificasse effettivamente, io devo considerare che sono ancora immanente alla Chiesa di Milano, e vi sarò finché campo. Sono capo, sono padre della Chiesa di San Marino-Montefeltro, ma sono figlio della Chiesa di Sant’Ambrogio e di San Carlo, nella quale ho ricevuto il battesimo e tutti i sacramenti fino all’ordinazione episcopale. Non potrò quindi non considerare una presa di posizione, che dica il dissenso di un vescovo di origine ambrosiana nei confronti di quello che accade nell’ambito della società milanese.
    La Bussola Quotidiana quotidiano cattolico di opinione online: Quando la Chiesa non può tacere





    SANTA MESSA TRADIZIONALE
    martedì 24 gennaio 2012 alle ore 19:00
    a Milano, in Piazzale Libia (vicino al Teatro Franco Parenti)
    verrà celebrata la Santa Messa Tradizionale in lingua latina

    MANIFESTAZIONI DI PROTESTA
    martedì 24 gennaio 2012, ore 190
    per la "prima" dello spettacolo

    e sabato 28 gennaio 2012 dalle ore 19:00
    piazzale Libia, Milano


  2. #12
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    Predefinito Rif: Il Verbo di Dio si è fatto carne

    L'elezione di Moraglia: ricordiamo il suo maestro, il cardinal Siri
    S.E. Mons. Francesco Moraglia, attuale Vescovo di La Spezia, ordinato sacerdote dal Card. Giuseppe Siri, è stato scelto come nuovo Patriarca di Venezia da Papa Benedetto XVI.



    Riportiamo di seguito stralci del capitolo dedicato al Card. Siri nel libro “Sentinelle nel post-concilio” (Edizioni Cantagalli, 2011).

    Da un po’ di tempo nella vita della Chiesa italiana sembra tornato il nome del cardinal Giuseppe Siri. Di lui si parla in convegni, lo ricordano importanti prelati e studiosi, mentre sacerdoti da lui formati e ordinati vengono chiamati a ricoprire posizioni di rilievo. C’è insomma un vero e proprio revival, come se, con qualche tempo di ritardo, si ricoprissero la grandezza e le intuizioni di un uomo che fu universalmente stimato, anche dai molti avversari, per santità di vita e per profondità di dottrina, che ricoprì l’importante carica di presidente della Conferenza Episcopale italiana dal 1959 al 1965, e che fu in due occasioni sul punto di divenire papa. (…)
    Siri nasce a Genova, il 20 maggio 1906. Abbracciata la vita sacerdotale, studia a Roma e diviene poi insegnante di teologia dogmatica nel seminario della sua città, nel 1929. Sono anni di forti frizioni tra la Chiesa e il fascismo, tra il suo vescovo, Minoretti, e l’ideologia al potere.
    Da giovane sacerdote Siri è già ben cosciente di quanto il fascismo sia incompatibile con la fede, per la sua concezione hegeliana della storia, per il suo nazionalismo e per il suo “panstatismo”. A 38 anni diviene il più giovane vescovo italiano e durante l’occupazione tedesca è costretto a vivere clandestinamente, sull’appennino ligure, ricercato dai tedeschi. Nell’aprile del 1945, dopo aver collaborato con la sua diocesi a soccorrere degli ebrei, procurando loro assistenza e rifugio, è tra coloro che convincono i tedeschi ad abbandonare Genova senza distruggerla, rinunciando a inutili rappresaglie e spargimenti di sangue. Proprio questo suo ruolo, la sua fama di antifascista, le sue grandi opere di carità, anche a favore di reduci e internati, gli ottengono una notevole stima e influenza, presso gli ambienti più diversi.
    Ma la caduta del fascismo non pone certo fine alla storia della lotta tra bene e male, come l’ ideologia vorrebbe far credere. C’è, in agguato, il fascino del comunismo, e Siri si trova a vivere in una città particolarmente influenzabile: reagisce mantenendo ferma la barra dell’anticomunismo, cercando la collaborazione degli imprenditori, attentissimo ad essere, nel contempo, il difensore del suo popolo. (…)
    Amatissimo da Pio XII, che lo vorrebbe a Roma, come Segretario di Stato, fa di tutto per rimanere nella sua Genova. Nel 1953 viene nominato dal papa cardinale: Siri ha 47 anni ed è il membro più giovane del collegio cardinalizio. (…)
    La formazione di Siri è quella solida, romana, tomista: razionalità, prudenza, consapevolezza dei limiti umani e tanta preghiera, per divenire uomini di Dio.
    Siri è anche grande amico del cardinal Alfredo Ottaviani, di cui condivide le posizioni, ed è ben lontano dal sentire di alcuni uomini che saranno protagonisti del Concilio, come i cardinali Suenens e Dőpfner, che smaniano per rinnovare la Chiesa, ma che nel contempo pensano di poterlo fare senza l’aiuto di Dio, tanto che chiedono sin dal principio al papa di annullare la Messa prima delle sedute conciliari, per allungare il tempo delle discussioni.
    [I cardinali Suenens e Dopfner chiesero a Papa Giovanni XXIII una duplice modifica del regolamento conciliare al fine di permettere ai vescovi di prendere parte alle congregazioni generali con abiti meno impegnativi delle vesti prelatizie, e di annullare la celebrazione della Messa all'inizio delle sedute, per fare guadagnare tempo a queste ultime.
    Nel corso della riunione nella quale si sarebbe deciso su tali modifiche, il Papa invitò il cardinale Siri a manifestare la sua opinione. Egli si dichiarò perplesso per quanto riguardava gli abiti, e nettamente contrario alla abolizione della Messa, anche perchè il Concilio, secondo lui, aveva "bisogno forse più di pregare, che di pensare".
    Ricorda lo stesso Siri: "Quando il Papa mi chiese di manifestare la mia opinione, dissi che sarebbe stata un'infamia non invocare all'inizio di ogni seduta l'assistenza divina sui nostri lavori. Appena terminai di parlare Giovanni XIII si alzò in piedi esclamando: "E' stato detto tutto, possiamo andare"." ]
    Siri sarà spesso chiamato a consulto dai papi, cui non di rado, con umiltà, esprime il proprio parere, trovandosi anche in disaccordo, come Paolo con Pietro, con Giovanni XXIII, ad esempio sulle persecuzioni a padre Pio, che non comprende, o con Paolo VI, sulle sue aperture politiche (al centro sinistra), e dottrinali.
    Il periodo sicuramente più travagliato della sua vita è però quello del Concilio e del post Concilio. Siri è uno dei tanti principi della Chiesa che accolgono con forte contrarietà l’indizione del Concilio: il momento non gli appare opportuno, ed anche l’ottimismo di Giovanni XXIII sui segni dei tempi lo lascia perplesso. “Ho capito poco del discorso del papa- scriverà alludendo all’apertura del concilio e alla celebre frase sui “profeti di sventura”-, in quel poco ho subito avuto modo di fare un grande atto di obbedienza mentale”.
    Siri è inoltre indignato per lo spirito di non pochi padri conciliari, per la verbosità dei documenti, in cui gli sembra che alcune proposizioni possano risultare “incerte”, ambigue; per le “pillole democratiche” ingerite dai padri che vogliono limitare l’autorità papale a vantaggio dell’assemblea; per l’avversione incauta di alcuni alla Tradizione; per tante idee sull’ecumenismo che gli sembrano sconfinare nell’indifferentismo e nel sincretismo; per la nuova concezione della “libertà religiosa”, sostituita alla più tradizionale “tolleranza religiosa”.
    (…)”. Il 19 novembre 1964 Siri arriva addirittura ad affermare che “se la Chiesa non fosse divina questo Concilio l’avrebbe seppellita”. (…)
    Abbandonata la presidenza della Cei, rinunciato ai mandati di presidente delle Settimane Sociali dei Cattolici italiani e della Commissione arcivescovile di vigilanza per le Federazioni del Clero, Siri, che disapprova anche la scelta di Paolo VI, nell’aprile 1965, di appoggiare il governo di centro sinistra (che porterà a divorzio ed aborto, di lì a pochi anni), decide di “ritirarsi” nella sua Genova, o meglio nella sua Liguria, dove cerca di fare della propria diocesi un argine, un luogo di resistenza a quelle innovazioni da lui ritenute ingiuste, affrettate o inopportune. Come scrive nel suo Diario, il 20 ottobre 1964, incomincia ad occuparsi di “organizzare la ripresa cattolica dopo il Concilio, cercando di creare un fronte, il quale sia molto netto contro i difetti rivelatisi in Concilio e dal Concilio”.
    In verità è sempre più emarginato e il suo tentativo di “veicolare una lettura dei documenti finali del concilio nel segno della massima continuità possibile” e di attingere alla Tradizione laddove il Concilio abbia lasciato ambiguità, confusione o nodi irrisolti, vede l’avversione di buona parte del mondo cattolico, dei teologi e della gerarchia stessa, che marciano agguerriti verso l’aggiornamento permanente, senza accorgersi della crescente anemia del cattolicesimo italiano e mondiale. (…)
    Pur emarginato all’interno della gerarchia, insegna ai suoi sacerdoti la bellezza del gregoriano, l’importanza del latino nella liturgia, la necessità di dare all’Eucaristia la giusta centralità; si oppone alla comunione sulle mani, all’ecumenismo come indifferentismo e come dialogo teologico, all’apertura a sinistra, alla crisi della famiglia…
    E porta avanti una battaglia teologica attraverso la rivista Renovatio, agendo sempre, come ricorda un vecchio collaboratore della rivista suddetta, Piero Vassallo, cercando di coniugare “l’intransigentissima verità con la tollerantissima carità”. (…)
    Nel conclave del 1978, quello che segue alla morte di Paolo VI, Siri è protagonista: sembra che abbia sfiorato l’elezione, contendendola da principio al cardinale di Venezia Albino Luciani.
    La morte prematura di Giovanni Paolo I riporta al voto i cardinali, nello stesso 1978. Siri è dato ancora una volta come papabile, ma stavolta è la stampa a bruciare la sua candidatura. (…)
    Gli ultimi anni dell’esistenza di Siri sono all’insegna della Tradizione, soprattutto nell’ambito della liturgia, che egli considera “il grande respiro vitale della Chiesa in cui tutti rimangono singoli, ma tutti i singoli diventano uno e hanno il respiro del Cristo…”.
    Infatti ordina che nella sua diocesi anche le nuove chiese siano provviste di balaustre; vieta gli altari a forma di semplice tavola; chiede di ricevere la comunione in ginocchio; si oppone alla comunione nelle mani; bandisce le cerimonie interconfessionali e sincretiste…anticipando quindi quel ritorno alla sacralità della liturgia favorito da Benedetto XVI.
    Siri lascia la guida della diocesi di Genova nel luglio del 1987: è ormai un emarginato, nella Chiesa, ma è molto amato dal suo popolo e da buona parte del suo clero. Si spegne il 2 maggio 1989.



    Visto che siamo in argomento, mi piace ricordare che il grande Cardinal Siri, che per più di 40 anni fu arcivescovo di Genova, fu tentato di usare la violenza fisica, e si servì proficuamente della violenza verbale.
    Quando il leader democristiano Aldo Moro era in procinto di promuovere la sciagurata svolta politica nota come "l'apertura a sinistra", il Cardinale Siri, che allora presiedeva la Conferenza Episcopale Italiana, tentò invano di dissuaderlo dal portare a compimento quella follia. Moro, che passerà alla storia, oltre che per la sua tragica fine, per il suo linguaggio astruso e circonvoluto (coniò, tra l'altro, l'espressione "convergenze parallele".....) era un maestro di evasività e elusività. Ricordava il cardinale Siri: "Ho litigato più volte con Moro per il problema dei socialisti. Non che esprimesse esplicitamente le sue idee, ma si capiva dove voleva arrivare. Cambiava discorso, sfuggiva alle argomentazioni, talvolta atteggiava il viso come di chi non riesce a seguire un certo discorso.
    Colpivo, e mi sembrava di affondare la mano in un cedevole materasso. Una volta, in casa di Castelli, arrivai al punto di desiderare di dargli un pugno. Mi trattenni perché le mie mani erano consacrate. Per fortuna non mi venne in mente che i miei piedi non erano consacrati......"
    Durante la seconda guerra mondiale, quando Siri era vescovo ausiliare del Cardinal Boetto
    [La tomba del Cardinale Boetto nella cattedrale di Genova






    ]
    non si trattenne dal servirsi in maniera proficua della violenza verbale. Al fine di procurare cibo alla popolazione genovese affamata, Siri intraprese un viaggio nel corso del quale rischiò più volte la vita. Ottenute dal governo della Repubblica Sociale Italiana le derrate alimentari per la popolazione genovese, sorse il problema di convincere i nuclei partigiani che controllavano le valli liguri a consentire il loro trasporto a Genova, che essi volevano demenzialmente impedire. Siri ottenne di incontrare i capi partigiani a Rocchetta Ligure, presso la valle Scrivia: "La seduta durò a lungo, e io perorai come potevo la causa della popolazione votata alla fame: chiedevo solo che non si impedisse l'afflusso dei viveri dal Piemonte e dalla Lombardia. La discussione fu estenuante tra i sì e i no. Finalmente uno dei presenti, di cui credo bene tacere il nome, e che sedeva di fronte a me, uscì a dire che "in fin dei conti la popolazione avrebbe dovuto seguire l'esempio dei partigiani e rifugiarsi sui monti". A questo punto persi la pazienza: rilevai che la popolazione erano le loro donne, i loro figli, i loro parenti, e che era stupido pensare di portare sui monti centinaia di migliaia di persone. Nella mia perorazione mi scaldai, davanti a tanta asineria, fino a perdere il lume della ragione. Vomitai tutte le parolacce udite da bambino nei vicoli di Genova, e che mai avevo usato, parlai con il linguaggio dei facchini e (non si offendano) dei portuali, ebbi sulle labbra tutti gli improperi e gli insulti, e tutto feci di un sol fiato per più di mezz'ora, senza accorgermi che stavo parlando un linguaggio poco adatto alla mia condizione di vescovo. Non ne ebbi mai il rimorso, perché non sapevo quel che dicevo, però vinsi. Si accettò la mia proposta e si passò ai dettagli."
    Siri ebbe un ruolo fondamentale pure nel salvataggio del porto di Genova, minato, che i tedeschi minacciavano di fare saltare in aria prima di ritirarsi. Su questa vicenda, nel dopoguerra, vi furono molte polemiche, perché da varie parti si rivendicava a sé il merito del salvataggio. Renzo De Felice, investito della risoluzione della questione, affermò che il merito del salvataggio del porto di Genova doveva essere sostanzialmente ripartito tra la chiesa genovese, i fascisti buoni e i partigiani buoni.
    Siri, personalmente, ebbe l'enorme merito di riuscire a convincere il colonnello Berninghaus, comandante della marina germanica a Genova, il quale era benvoluto da Hitler: "Cercai di convincerlo con della ragioni di umanità: la strage della popolazione, la inutilizzazione dello strumento per il quale Genova viveva economicamente.
    Niente.
    Allora feci questo discorso: avete salvato il porto di Marsiglia, mentre sapete che anche dopo la pace non cresceranno nei vostri confronti le simpatie della Francia. Perché volete distruggere Genova, mentre sapete altrettanto bene che gli italiani, a una settimana dalla fine della guerra, saranno ancora vostri amici? Dio mi guardi dal chiedere danni in Francia; chiedo solo che non si tratti peggio l'Italia. L'argomento fece un certo effetto, perché il colonnello si distese, pur continuando a scrollare la testa.
    La conversazione si prolungava inutilmente. Ad un certo punto perdetti la pazienza, mi alzai, e, dando un pugno sul tavolo, quasi urlai: "Vi garantisco che se toccherete il porto di Genova, nessun tedesco uscirà da essa vivo, perché lei sa meglio di me che prestissimo scapperete tutti."
    Solo dopo mi resi conto che avevo proferito una grave minaccia, non degna di un cristiano. Ma la cosa sortì l'effetto voluto."












    Papa Benedetto XVI prega sulla tomba del Cardinale Siri nella cattedrale di Genova


    C'erano le preghiere, c'era tanta gente, ma dov'erano i giornalisti?
    Lo spettacolo blasfemo di Castellucci
    La serata di preghiera del 28 gennaio
    di Paolo Deotto
    Che ne dite? Cosa spinge trecento persone, di tutte le età, a passare una serata – quasi tre ore, dalle 19 fin oltre le 21.30 – a prender freddo e pioggia in piazzale Libia a Milano? E tanti di loro ne hanno fatta di strada: chi viene da Bergamo, da Lecco, altri da Vicenza, o da Rimini, da Terni, e da altre città ancora. Tutti lì, in mezzo al piazzale, molti con una candelina accesa in mano, a recitare il Rosario, guidati da alcuni sacerdoti.
    Stasera gli agenti di Polizia e i Carabinieri sono pochi in confronto alla serata di martedì scorso. Nel piazzale saranno una quarantina, altrettanti vicino al Teatro. È una serata diversa anche per loro, abituati a controllare facinorosi, o a ricevere dagli stessi sputi e sassate, e a poterli contrastare o meno, a seconda della collocazione politica dei facinorosi. No, stasera sono lì a controllare centinaia di fedeli che pregano.
    È una serata diversa per tutti, anche per un uomo triste e superbo, che pretende di contrabbandare per arte l'oltraggio a Nostro Signore Gesù Cristo, che si è fatto inchiodare in croce anche per lui. Ma quell'uomo triste e superbo non lo ricorda, almeno per ora. Si prega anche per lui, perché scenda dal suo piedistallo di sabbia e inizi a usare realmente la ragione.
    Ma si prega soprattutto per riparazione a quell'offesa che, qualunque possa essere la ragione più o meno recondita che l'ha causata (e ammesso che quella ragione esista) resta sempre un'offesa inaccettabile, una bestemmia, l'oltraggio inconcepibile al Verbo incarnato, all'Amore infinito che ha salvato l'umanità dall'angoscia in cui l'umanità stessa sembra voler di continuo ricadere.
    Cosa spinge trecento persone a prendere freddo e pioggia in una piazza milanese? Le spinge l'insopportabilità dell'oltraggio a quanto di più caro abbiamo nella vita, quel Volto dolcissimo in cui leggiamo la speranza della redenzione dell'uomo, quel Volto dolcissimo che da un senso alla vita, anche al dolore, alla malattia, che darebbe un senso anche al dolore del personaggio immaginato da quell'autore e regista triste e superbo, che invece riserva al suo personaggio solo l'annichilimento nella disperazione. Inevitabile, del resto, perché come ci si salva se si rifiuta il Salvatore?
    Freddo e pioggerella insistenti, ma la preghiera prosegue, e i passanti si fermano, qualcuno chiede spiegazioni, nessuno disturba, eccettuato un cretino isolato che passando di lì si sente in dovere di urlare “andate a casa”. Nessuno gli bada.
    Dove sono i giornalisti che nella manifestazione di martedì scorso restarono delusi perché non accadde alcun incidente? Forse ce ne sono, ma di sicuro si nascondono bene. Cosa scriveranno domani? Chissà, magari non scriveranno proprio nulla, oppure come pappagalli diranno ancora le paroline magiche: “integralisti”, “ultrà”. Domattina, ci toglieremo la curiosità. Dove sono i professoroni e gli “intellettuali”, gli “opinionisti” che hanno dato rari esempi di onanismo mentale elucubrando su escrementi e “messaggi”, o parlando di qualche “vecchietta” che pregava? Forse ce ne sono, ma anche loro si nascondono bene.
    Peccato. Avrebbe fatto bene anche a loro questa serata. Avrebbe fatto bene pregare, fa sempre bene, e avrebbero avuto giovamento anche salutando alla fine un po' dei partecipanti. Si sarebbero accorti di un fatto insolito, in questa società di immusoniti conformisti: che c'erano visi lieti, occhi vispi, sorrisi.
    Mi rivolgo a due suore, molto giovani. “Da dove venite?”. “Da Terni”. Ovvero, 425 chilometri da Milano. Quando saranno di nuovo nel loro convento, la mezzanotte sarà passata da un pezzo. Altri sono venuti da Rimini, ovvero 340 chilometri da Milano, e ora ripartono. Sorridono, con gli occhi sereni di chi sa di non esser solo.
    Poco più in là, sì e no duecento metri, il messaggio della disperazione, del degrado, dell'impossibilità di trarre l'uomo dalla sua miseria, viene venduto al botteghino e finanziato con quegli stessi soldi pubblici con cui si potrebbe far del bene. Ma tant'è, ci hanno detto che questa è “cultura”, e, si sa, la cultura è merce preziosa, che fa progredire l'umanità. Per arrivare dove?
    Questo è stato davvero il modo migliore per concludere tutta la vergognosa vicenda dello spettacolo teatrale di Romeo Castellucci. Stasera in piazzale Libia si è contrapposta la speranza e la serenità al degrado e alla disperazione. Si è contrapposta la Vita alla morte. Lo si è fatto nell'unico modo possibile, nell'unico modo realmente razionale: invocando Colui che ha dato la Vita, che ha dato la speranza, che ha insegnato l'Amore infinito, e invocando la Madonna, Madre dolcissima, esempio della vera unica genialità, quel “sì” incondizionato alla volontà di Dio, che ha salvato l'umanità.
    Cosa scriveranno domani i pennivendoli e gli intellettuali a tassametro? Ma chi se ne frega!
    Questa sera in piazzale Libia, trecento persone, in comunione con altre centinaia di fedeli che facevano la stessa cosa in tante chiese in tante città italiane, hanno dato la più forte risposta alla bestemmia e alla disperazione, invocando il nome dolcissimo della Mamma di Gesù.
    Faceva freddo e pioveva, ma questo non ha tolto a nessuno il calore del sorriso. Ringraziamo il Signore per questa serata, perché ci ha aiutato a fare del bene. A tutti, a noi, poveri peccatori, a quanti (troppi) sono stati alla finestra, e anche a teatranti tristi e superbi ai quali forse, Dio lo voglia, è arrivata un'eco di un Ave Maria, e ha accarezzato anche il loro cuore.
    Viviamo in un'epoca sciagurata, ma questa sera abbiamo potuto toccare con mano, se per caso l'avessimo scordato, che la Salvezza esiste.
    http://blog.messainlatino.it/2012/01...-gente-ma.html


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    Predefinito Re: Il Verbo di Dio si è fatto carne

    Obama vieta l'obiezione di coscienza: cattolici, protestanti e pro life insorgono
    Il 20 gennaio scorso il dipartimento della Salute ha adottato una legge che vieta l'obiezione di coscienza in tutti gli ospedali americani, compresi quelli religiosi. Immediata la replica del movimento pro life e dei vescovi cattolici, che chiedono ai fedeli di «unire alle azioni civili la preghiera e il digiuno»
    Benedetta Frigerio
    La mobilitazione per il diritto alla vita cresce di giorno in giorno in America. Semplici cittadini, famiglie, preti e membri di diverse confessioni religiose stanno incrementando la loro azione civile dopo la decisione presa dal presidente Obama, che già sostiene l'aborto con i soldi dei contribuenti, di vietare l'obiezione di coscienza.



    Questo è uno dei motivi alla base della marcia per la vita svoltasi il 22 gennaio scorso a Washington e a Los Angeles, a cui hanno preso parte in trecentomila (la prima edizione del 1974 contava circa 20 mila persone).
    A prendere posizione diversi movimenti e la Chiesa cattolica, mai così decisa. La concomitanza degli eventi sembra dare linfa alle voci che si levano contro il presidente degli Stati Uniti, la cui decisione obbliga tutti gli ospedali - compresi quelli religiosi - e tutti i datori di lavoro a coprire la spesa della contraccezione e dell'aborto. La legge è stata adottata dal dipartimento della Salute il 20 gennaio scorso, proprio all'inizio della corsa per le elezioni presidenziali e appena un giorno prima dell'incontro dei vescovi americani con il Papa, da cui è arrivato l'incoraggiamento al sostegno pubblico a favore di una politica per la vita e della battaglia contro «il secolarismo» che tenta «di limitare la libertà religiosa e di coscienza».
    La marcia per la vita si è tenuta appena due giorni dopo l'approvazione della legge e il presidente della Conferenza episcopale americana, Timothy Dolan, ha accolto i manifestanti nel santuario dell'Immacolata Concezione, ricordando le parole di Benedetto XVI a sostegno della speranza del movimento. «Mai nella storia americana – ha proseguito il vescovo – un governo federale ha costretto i cittadini ad acquistare un prodotto che violasse le proprie convinzioni», ma anche se «da un punto di vista umano siamo tentati di arrenderci, dato che il nostro governo considera l'aborto un diritto che deve essere elargito da chi lo rifiuta (...), bisogna ringraziare Dio per l'innumerevole numero di giovani che sono qui oggi e che sono appassionati alla vita, e per quanti erano qui trentanove anni fa, derisi dagli scettici per cui il movimento per la vita era destinato a scomparire, mentre è diventato centrale e capace di influire sull'agenda politica».
    Nei giorni scorsi molti sono stati gli interventi pubblici per invitare i cittadini a contrastare le misure del dipartimento della Salute facendo ricorso alla Corte di Giustizia. Tanti sono i parroci che, durante le loro omelie, si sono espressi contro «la decisione del governo federale che colpisce il fondamentale diritto alla libertà religiosa di tutti i cittadini». A parlare pubblicamente sono stati ottantasei vescovi, che hanno esortato apertamente i fedeli a «non adeguarsi a questa legge ingiusta. Ci stiamo unendo ai nostri fratelli e alle nostre sorelle che professano altre fedi e a tante altre persone di buona volontà in questo importante sforzo per riconquistare la nostra libertà di coscienza». Perché, ha ricordato ancora martedì scorso Dolan in visita alla Fordham University di New York, «la legge naturale è oggettiva, comprensibile ed evidente a chiunque usi la ragione. È una verità autoevidente che non si può relativizzare relegandola a una preferenza religiosa, di classe o di genere». Così, il presidente della conferenza episcopale ha incoraggiato nuovamente tutti «a un'azione per proteggere le libertà fondamentali dell'uomo come quella della vita, di coscienza e religiosa, che ora sono in pericolo» e che «non possono esserci tolte da nessun potere e da nessuno Stato». Domenica scorsa i vescovi hanno chiesto ai cattolici di «unire alle azioni civili la preghiera e il digiuno». A intervenire sono stati anche numerosi pastori protestanti e persino esponenti del mondo liberal.
    Obama vieta l'obiezione di coscienza: cattolici, protestanti e pro life insorgono | Tempi

    Chi difende la tradizione cristiana è destinato a beccarsi qualche minaccia di morte.
    Solo il Daily Mail ha pubblicato la difesa di Adrian Smith, l'uomo a cui è stato dimezzato lo stipendio per aver scritto sulla propria pagina di Facebook che «il matrimonio è tra uomo e donna». Sempre sul Daily Mail scrive Melanie Phillips, intellettuale laica che denuncia l’attacco alla tradizione cristiana dell'Occidente. Motivo per cui è stata insultata con frasi di questo tipo: «Ucciditi stronza... e buttati nel Tamigi».
    Di Benedetta Frigerio
    A seguire la vicenda di Adrian Smith è stato solo il Daily Mail. «Quando al signor Smith è stato detto che il suo salario sarebbe stato ridotto del 40 per cento è rimasto scioccato. Soprattutto perché la punizione è stata impartita sulla base dell'uguaglianza. Gli amici dicono che il padre dei due bimbi è distrutto e angosciato». Il giornale ha riportato la difesa dell'uomo, sanzionato per aver scritto sulla sua pagina privata di facebook che per la Chiesa il matrimonio è quello naturale tra uomo e donna. L'articolo fa notare il paradosso di una legge che in nome dell'uguaglianza e della non discriminazione penalizza la libertà di pensiero.
    Sempre sulle colonne del Daily Mail era uscito il 24 gennaio dell'anno scorso un editoriale dell'intellettuale laica Melanie Phillips, che raccontava del paradosso dei bambini «bombardati dai riferimenti sugli omosessuali in ogni materia scolastica (...) come parte del programma educativo del governo». Secondo la donna il programma era frutto del tentativo continuo «della lobby dei diritti dei gay di distruggere il concetto di orientamento sessuale naturale», sottolineando che quello che «un tempo era vietato è stato poi tollerato, per diventare obbligatorio». Non solo, per la Smith la tradizione cristiana dell'Occidente è diventata oggi «socialmente insostenibile, facendo apparire le persone che la difendono come dei criminali».
    Nell'articolo si passano in rassegna alcuni casi inglesi. Come quello delle agenzie di adozione cristiane che hanno dovuto chiudere per essersi rifiutate di affidare bambini a coppie gay. O come quello dei dipendenti pubblici licenziati per non aver sposato persone dello stesso sesso. C'è poi il caso di Peter e Hazelmary Bull, due albergatori accusati di non aver concesso ospitalità a una coppia di omosessuali. La Phillips ha poi commentato: «Penalizzare le persone per il loro credo religioso e perché agiscono in conformità ad esso non è tolleranza. È piuttosto un'azione comunemente associata alle dittature totalitarie». Esattamente due settimane dopo la giornalista è stata minacciata di morte.
    La Phillips ha quindi ribattuto. Evidenziando come il pericolo sia davvero reale. Per mesi la donna è stata assediata dalla stampa e dai media. E insultata via email e nei social network con frasi come queste: «l'omofobia è peggio della droga»; «qualcuno uccida Melanie Phillips per favore»; «spero che la tua casa bruci»; «ucciditi stronza...e buttati nel Tamigi». Nemmeno la sua vicenda, però, ha avuto molto risonanza.
    Chi difende la tradizione cristiana è destinato a beccarsi qualche minaccia di morte. Come Phillips | Tempi

    Guerra alla Chiesa?
    Gabriele Mangiarotti
    Siamo in guerra: anche se non è mai stata dichiarata apertamente, sembra che le bordate, le cannonate, gli attentati siano oramai all’ordine del giorno. Già il salmo 143 (144) ricorda: «Benedetto il Signore, mia roccia, che addestra le mie mani alla guerra, le mie dita alla battaglia.» Che venga questo tempo in cui ci si prepara all’unica guerra degna di questo nome, e che non è cruenta, e genera frutti di civiltà: la guerra contro la menzogna e l’odio alla Chiesa, preludio dell’odio alla libertà di tutti.
    Quali i sintomi di questo scenario drammatico? Leggiamo i giornali, guardiamo i diversi canali televisivi, ascoltiamo i discorsi che si fanno tra certa gente: “Chiesa corrotta, sacerdoti indegni, ricchezze e abusi anche ai vertici, …8 per mille, ICI, pedofilia… e poi una presenza pubblica esagerata, soprattutto nelle scuole…”
    Che sia tutto vero? O basta un sussurro per accreditare qualsiasi genere di notizia? Certo c’è il grave problema della informazione, di una responsabilità per la verità che manca in molti addetti della comunicazione (così come ricorda spesso il Papa, secondo cui «non manca, … il rischio che essi [i media] si trasformino … in sistemi volti a sottomettere l’uomo a logiche dettate dagli interessi dominanti del momento. E’ il caso di una comunicazione usata per fini ideologici o per la collocazione di prodotti di consumo mediante una pubblicità ossessiva. Con il pretesto di rappresentare la realtà, di fatto si tende a legittimare e ad imporre modelli distorti di vita personale, familiare o sociale. Inoltre, per favorire gli ascolti, la cosiddetta audience, a volte non si esita a ricorrere alla trasgressione, alla volgarità e alla violenza. […] Si constata, ad esempio, che su talune vicende i media non sono utilizzati per un corretto ruolo di informazione, ma per “creare” gli eventi stessi».)
    Ricordato questo, credo però che l’urgenza, oggi, sia una corretta educazione del popolo: bisogna che la Chiesa ritorni ad essere quella Mater et magistra che abbiamo imparato a conoscere ed amare. Che sia il luogo di una vera testimonianza della Vita buona del Vangelo che sola può ridare all’uomo speranza e rispetto.
    Ateismo razionalista e materialista, consumismo sfrenato, libertarismo relativista schiacciano l’uomo e ne umiliano la dignità. Per questo vale il richiamo della Scrittura: «Adorate il Signore, Cristo, nei vostri cuori, pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi.» (I Pt 3, 15)
    Possiamo dire anche, col Card. Ratzinger:
    «Ciò di cui abbiamo soprattutto bisogno in questo momento della storia sono uomini che, attraverso una fede illuminata e vissuta, rendano Dio credibile in questo mondo. La testimonianza negativa di cristiani che parlavano di Dio ma vivevano contro di Lui, ha oscurato l’immagine di Dio e ha aperto la porta all’incredulità. Abbiamo bisogno di uomini che tengano lo sguardo dritto verso Dio, imparando da lì la vera umanità. Abbiamo bisogno di uomini il cui intelletto sia illuminato dalla luce di Dio e a cui Dio apra il cuore, in modo che il loro intelletto possa parlare all’intelletto degli altri e il loro cuore possa aprire il cuore degli altri. Soltanto attraverso uomini che sono toccati da Dio, Dio può far ritorno presso gli uomini» [Joseph Ratzinger, L’Europa di san Benedetto nella crisi delle culture]
    Allora diciamo basta ad uno stile di vita cristiano che non abbia a cuore il bene della Chiesa, che non si accorge che lo scandalo (e non solo quello ‘morale’ – a volte schifoso –, ma una riduzione mondana della fede) non edifica nulla, anzi, rende fragile la presenza cristiana nei diversi ambienti in cui si vive e si opera; diciamo di sì alla testimonianza della santità, fatta di carità e verità, che molti, nel popolo cristiano, sanno dare. Abbiamo a cuore che trionfi il Regno di Dio nel mondo, e per questo siamo disposti a dare tempo e risorse, fino alla vita.
    In una lettera della Segreteria di Stato vaticana si legge: «Sua Santità auspica che ogni mancanza di rispetto verso Dio, i santi e i simboli religiosi incontri la reazione ferma e composta della comunità cristiana, illuminata e guidata dai suoi pastori». Saremo capaci di reagire in maniera ferma e composta di fronte alla guerra contro Cristo e la sua Chiesa? E sapranno i Pastori guidarci in questo impegno, come già il Papa Benedetto sta facendo dall’inizio del suo Pontificato?
    Come sempre, noi non ci tiriamo indietro di fronte al compito che ci attende, e ci mettiamo al servizio di questa nobile causa.
    Guerra alla Chiesa?


  4. #14
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    Predefinito Re: Il Verbo di Dio si è fatto carne

    La tecnologia illumina il Duomo (e anche le preghiere)
    di Elena Gaiardoni
    Milano
    Ti illuminerà. Ti rivelerà. Su Facebook e Twitter. Le parole del Duomo sui cartelloni in città, per la sua manifestazione in 3D di ieri sera in quattro momenti, il primo alle 20, l’ultimo alle 20.40, cui ha presenziato anche il cardinale Angelo Scola in mezzo a una folla folta e rapita, in un certo senso rappresentano quella che è la luce della rivelazione che la Curia milanese punta ad ottenere in rete. Una Quaresima tecnologica per la «pietra» di Sant’Ambrogio, che in Internet ha il sito più completo a detta di tutte le diocesi italiane.
    Non solo. La conferenza stampa di ieri mattina sul VII Incontro Mondiale delle Famiglie dopo un’ora che era su entrambi i social network aveva già ricevuto centinaia di assensi da tutto il mondo.
    Don Davide Milani, responsabile della comunicazione della Curia, ci mostra il film diffuso in etere. «L’appuntamento sulla catechesi familiare - spiega - è il punto più avanzato della nostra comunicazione. Il Pontificio Consiglio ha redatto un libro in «ecclesialese». Prima lo abbiamo tradotto in un book con il linguaggio scritto e visivo studiato appositamente per la rete. Poi da IPad a YouTube a Facebook e Twitter». Sembra un salmo detto in tecnicese.
    Come posso comunicare con il mondo? E’ la domanda che la Chiesa si pone in un’era in cui la velocità impressa a un messaggio è pari per importanza alla profondità del contenuto di esso. «Da sacerdote sono cosciente che i 140 caratteri di Twitter non potranno mai essere paragonati a un’omelia. So che lo strumento usato condiziona il messaggio, che un social network non è un tubo dove passa semplicemente l’acqua. Ma mi servo di questo tubo per arrivare, con un testo meditato e un’immagine approfondita, a tutti i gruppi che sulla terra si occupano del tema famiglia». Dieci cortometraggi girati da Chiara Pelizzoni, un esperto in social media, Fabrizio Caligiuri, hanno composto - possiamo dirlo pensando alla Bibbia? - il «Libro» che scorre sui computer per far arrivare la «parola» sull’amore della coppia in ogni punto più sperduto del pianeta.
    Non dimentichiamo, ammonisce monsignor Luigi Manganini, parroco del Duomo, autore di omelie solo con pc, che: «San Paolo disse: «Fides ex auditu», la fede passa dall’ascolto, l’ascolto dal verbo di Dio, «audis autem per verbum Dei», e arriva agli occhi del cuore. Se la tecnologia rimane un tramite per giungere a questo sguardo interiore, benvenga. Fin dalle origini la Chiesa si è servita degli strumenti dell’epoca per diffondere la fede. Dalla parola, alla scrittura, alla tecnologia. Basta che il mezzo non diventi il fine».
    La musicalità di un Magnificat è il fine. E il Duomo stesso prosegue il suo passo dentro agli strumenti tecnologici più avanzati. «Stiamo per introdurre in Cattedrale nuove radioguide con radiofrequenze molto sofisticate, che si sintonizzzano su quarantotto canali in modo da poter istruire altrettanti gruppi di vistatori contemporaneamente sulla storia del monumento».
    Se don Davide Milani su Facebook e Twitter si definisce un «morto» perché, pur essendoci, non ha mai tempo per scrivere, monsignor Manganini non è su nessun social per una questione di «privacy». Ma sono molti i sacerdoti che zampettano sul mouse per messaggiare con i fedeli...
    «Però - sorride il parroco - la Messa è solo in chiesa. L’Eucarestia si partecipa solo presenziando all’assemblea. Anche il rito in tv per noi non vale». Il carisma divino del corpo è materiale e non etereo.
    La tecnologia illumina il Duomo (e anche le preghiere) - Milano - ilGiornale.it

    La gnosi, un veleno postmoderno?
    È nello gnosticismo la chiave della modernità e della sua genesi? È lì che bisogna tornare per comprendere appieno il presente, a quel complesso movimento filosofico-religioso che insidiò la tradizione apostolica soprattutto tra il II e IV secolo dopo Cristo? Un plesso sapienziale che l’antropologo del sacro e neo-cardinale Julien Ries ha ricondotto a tre fonti principali: il giudaismo apocalittico e speculativo maturato dopo la distruzione del tempio di Gerusalemme, le religioni misteriche del mondo ellenico, le eresie di origine strettamente cristiana. Un insieme di sette e gruppi iniziatici - marcioniti, valentiniani, ebioniti, cainiti… - sulla cui omogeneità ancora si discute, ma di cui molti tendono a sottolineare alcuni capisaldi comuni: l’interpretazione del cosmo come frutto non di una creazione sapiente ma di una "caduta"; l’anima umana come scintilla divina esiliata in un corpo che le è prigione e in una realtà materiale opera di un demiurgo malvagio, ossia il Dio dell’AnticoTestamento; una liberazione in vita come superamento o annichilazione dei vincoli posti dal demiurgo; la salvezza come ritorno al pleroma originario non attraverso la fede, ma attraverso una via iniziatica di conoscenza o "gnosi".



    Una domanda che torna in modo ricorrente è infatti se lo gnosticismo - perdente all’inizio di fronte all’elaborazione teologica di padri della Chiesa come Ireneo, Tertulliano o Agostino per quanto riguarda i manichei - non sia sopravvissuto come un fiume carsico nella storia e non sia stato una delle forze a cui si devono la crisi della civiltà forgiata dal cattolicesimo. Un agente corrosivo che avrebbe esercitato il suo influsso sia direttamente attraverso culti esoterici - cabalistici, ermetici, alchemici - sia indirettamente per mezzo di forze e dinamiche solo apparentemente secolari. Per quanto riguarda quest’ultimo aspetto, nel ’900 sono stati importanti i lavori di Hans Jonas a cavallo della seconda guerra mondiale e il tentativo di leggere l’esistenzialismo heideggeriano, e più in generale il nichilismo contemporaneo, alla luce di quel "nichilismo" della tarda antichità che sarebbe stato lo gnosticismo.
    Un’ipotesi di lavoro che in Italia ha trovato ulteriore spazio dalla fine degli anni ’60 con la pubblicazione di alcune opere del filosofo della storia Eric Voegelin



    con il suo sottolineare la trasformazione del pensiero gnostico già alla fine del medioevo in movimento sovversivo, rivoluzionario, «nella convinzione che il modo migliore per liberarsi dal mondo materiale, ritenuto maligno, sia quello di redimerlo, purificandolo con l’azione rivoluzionaria», poi con i saggi di pensatori come Augusto Del Noce



    e Emanuele Samek Lodovici



    intenti soprattutto a mostrare la valenza gnostica del marxismo in sé e nella sua contaminazione con la visione materialista e libertaria della borghesia moderna.
    È insomma un filone di ricerca che ha conosciuto alti e bassi, ma che non si è mai spento. Questo, nell’ambito ad un sacerdote ed erudito romano, Ennio Innocenti, che a partire dal 1992 ha dato alle stampe un’opera in quattro volumi, di cui l’ultimo uscito l’anno scorso, dal titolo La gnosi spuria (edizioni Sacra Fraternitas Aurigarum in Urbe): un grande affresco storico-filosofico e un tentativo di rintracciare la presenza della gnosi nello sviluppo della cultura occidentale «dalle origini al ’900». E in questi giorni sono due le iniziative che prendendo spunto dal lavoro di don Innocenti e che meritano una segnalazione. In particolare la pubblicazione degli atti di un convegno che si è tenuto a Napoli nel 2009, dal titolo "La gnosi tra luci e ombre", con gli interventi di una serie intellettuali e teologi che rilanciano il tema della gnosi come chiave di lettura del moderno.
    A partire dal gesuita Giandomenico Mucci, scrittore della "Civiltà Cattolica", che si rifà alla gnosi per decriptare «i sintomi di confusione che serpeggiano nella Chiesa contemporanea», specialmente nei «progetti di una nuova Chiesa esclusivamente pneumatica e spirituale» e di una «nuova religione trasversale». O Pierpaolo Ottonello, ordinario di Storia della filosofia all’Università degli studi di Genova e studioso di Rosmini, che si sofferma sulla matrice gnostica dell’esperienza di Lutero



    con il suo «Deus absconditus», accessibile solo sub contraria species, che lascia spazio soltanto a forme di teologia negativa» e i cui esiti non potevano che essere «la negazione di ogni metafisica e del suo stesso significato».
    Mentre Francesco Mercadante, emerito di Filosofia del diritto alla Sapienza, invita a riprendere la lezione di Voegelin sui «paracleti gnostici» che si sono manifestati nei totalitarismi del secolo passato ma che possono trovare terreno fertile anche nelle utopie dell’Occidente.


    Al cardinale: silenzio! Parla la «ragion pura»…
    “Repubblica” martedì (p. 11): "Lettera al cardinale Scola". Paolo Flores d'Arcais, da anni felice di far sapere che «ha interloquito» (non "dialogato", come vedremo) persino con l'attuale Papa, scrive all'arcivescovo di Milano che lui non è d'accordo con ciò che egli ha sostenuto su quelle stesse colonne, cioè che «nello spazio pubblico deve avere cittadinanza anche la "narrazione religiosa"». Ciò per Flores vorrebbe dire che «deve essere riconosciuta la fede in quanto fede». È vero – ammette – che su questo punto con Scola e con il Papa «è sostanzialmente d'accordo anche Habermas, il filosofo per eccellenza sulla scena europea», ma lui si oppone, indomito: «Penso tuttavia che tale posizione non sia sostenibile». E perché?
    Seguono 131 righe fitte, tre quarti della "Lettera" che, spiace dirlo, servono a capire che Flores non ha capito nulla delle posizioni altrui, nel caso di Benedetto XVI, di Habermas e di Scola. Infatti spiega – didascalico – che secondo lui in un «vero dialogo» democratico nessuno può affermare una cosa che per caso coincide con ciò che pensa sia volere di Dio. Un cittadino che per qualsiasi motivo, su qualsiasi questione, si trovi a pensarla come quella che egli liberamente ritiene legge di Dio, per lo stesso fatto di questa identità, perderebbe il diritto di "cittadinanza", di opinione e anche di voto nella società. Invece chi dice l'opposto è cittadino, democratico e dialogante.
    Ecco: chi va d'accordo con ciò che afferma anche la fede, quindi la Chiesa, è "out": non può, e non deve dialogare!
    Anche se ciò che pensa lo pensa liberamente? Anche!
    Anche se per caso si trova, in quel suo pensiero, ad essere maggioranza di opinione e di popolo? Anche!
    Questa la posizione "dialogante" del Flores, martedì su "Repubblica" (p. 11): Ipse dixit!
    Al cardinale: silenzio! Parla la «ragion pura»



    La via crucis in Duomo di Scola che dirada lo «smog del cuore»
    Si è svolto ieri il primo dei quattro appuntamenti della via crucis, voluta dall'arcivescovo di Milano Angelo Scola, in preparazione alla Pasqua. Un gesto per diradare lo «smog del cuore, più nefasto di quello dell’atmosfera, che pregiudica la nostra salvezza inquinando le menti».
    Leone Grotti
    «Ciò che vale la pena di esser fatto, vale la pena che sia ben fatto». Recita così la scritta che compare sulla facciata del Duomo di Milano al termine del gioco di luci, che per dieci minuti, ieri sera alle 20, ha fatto prendere vita alla Cattedrale tra pareti che ruotavano, colonne di marmo che si muovevano e cascate d'acqua che scrosciavano. Lo spettacolo, eseguito davanti a una piazza Duomo gremita di gente e impreziosito da un silenzio quasi innaturale, ha preceduto l'inizio della via crucis in Cattedrale proposta a tutti i milanesi dall'arcivescovo Angelo Scola in occasione della Quaresima, che nel calendario ambrosiano è cominciata domenica scorsa.
    «Il gesto con l'arcivescovo comincerà tra mezz'ora» spiega alle persone che riempiono il Duomo fino all'ultimo posto il sacerdote che introduce alla via crucis. «Aspettiamo ascoltando la musica. In silenzio. Chi vuole può pensare o, ancora meglio, pregare». Nessuno mostra imbarazzo ma sulle panchine tutti scalpitano, un po' per gli spifferi gelidi che si inseguono da destra a sinistra per la Cattedrale e un po' perché chiedere alla Milano frenetica, operosa e produttiva di aspettare mezz'ora ferma e in silenzio non è una cosa da poco. Anzi, ha un sapore rivoluzionario.
    E il Duomo di Milano prese vita
    Poi entra Angelo Scola, velocemente, quasi in sordina, nessun preambolo, nessuna benedizione e la via crucis comincia. Il primo dei quattro appuntamenti voluti dal cardinale ha uno spartito semplice: un quadro, con relativa spiegazione, di fianco all'altare, per introdurre al significato della Quaresima, e poi canti, in latino ma facilmente comprensibili, letture dal Vangelo e dai testi di Mario Luzi, Giovanni Paolo II e Paul Claudel. Ed è proprio come dice il beato Wojtyla, «non si può restare in disparte o al margine» davanti a un gesto che si è svolto nel luogo più solenne di Milano, ricco eppure essenziale, dove non è stata detta neanche una parola di troppo per eliminare tutto ciò che poteva distrarre dall'unico «protagonista», l'unico motivo per cui l'arcivescovo ha voluto riunire tutti i credenti milanesi: Gesù e la croce che si è caricato «volontariamente» sulle spalle.
    Scola lancia un appello a tutta la città: «Come duemila anni fa anche questa sera l’Innocente Condannato sta, inerme, davanti a noi uomini sofisticati del Terzo Millennio. Il Suo sguardo implorante ci ripete: "Milano, non perdere di vista Dio"».
    Chi può aiutare tutti, continua l'arcivescovo, è «il Signore non solo ha voluto soffrire con noi, ma per noi. Egli cade sotto il peso della croce, ma, ecco il divino paradosso, lo fa per propria decisione. Volontariamente (sponte) Egli abbracciò la croce. Chi, tra noi, ha reso abituale questa volontà di sacrificio?
    Il digiuno – la terza grande parola della Quaresima – rende ognuno di noi “dominus sui”: il digiuno aiuta la signorìa sul proprio io. C’è uno smog del cuore, più nefasto di quello dell’atmosfera, che pregiudica la nostra salute, perché pregiudica la nostra salvezza inquinando le menti ed alterando i rapporti primari dell’uomo con se stesso, con gli altri e con Dio».
    Ed è questo "smog del cuore" che la via crucis di ieri - bella, semplice, asciutta, veloce - ha cominciato a diradare. Martedì 6 marzo il secondo appuntamento.
    La via crucis in Duomo di Scola che dirada lo «smog del cuore» | Tempi


  5. #15
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    Predefinito Re: Il Verbo di Dio si è fatto carne

    Melchisedec, è vero che una volta il cardinale Siri disse: "Mussolini è stato un grande uomo, un grande uomo tradito"?
    Credere - Pregare - Obbedire - Vincere

    "Maledetto l'uomo che confida nell'uomo" (Ger 17, 5).

  6. #16
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    Predefinito Re: Il Verbo di Dio si è fatto carne

    Citazione Originariamente Scritto da Giò91 Visualizza Messaggio
    Melchisedec, è vero che una volta il cardinale Siri disse: "Mussolini è stato un grande uomo, un grande uomo tradito"?
    Chiedilo a donquixote!
    Da parte mia mi limito a ricordare che Siri, persino ai suoi discepoli del fascistissimo liceo Doria, posto in un edificio fascistissimo



    in una zona architettonicamente fascistissima (ancora oggi, a Genova, nella zona Foce-piazza della Vittoria, se si alza lo sguardo oltre due metri dal suolo si può avere l’illusione di trovarsi negli anni ’30….)



    nelle lezioni pubbliche insegnava a tenere un atteggiamento di riserva e diffidenza verso il fascismo, atteggiamento che si esplicitava poi in senso chiaramente negativo nelle riunioni che egli organizzava in un appartamento privato, convocandovi molti giovani dell’Azione Cattolica: “Siri ci avvicinò a Toniolo”[che era un corporativista, ma democratico, perché anche le corporazioni devono funzionare secondo il principio di sussidiarietà, cioè dal basso in alto, e non viceversa, come pretendeva il fascismo…] “Siri rigettava nettamente la concezione basilare del fascismo, considerandola concezione hegeliana”, “Lui era molto più cosciente di noi giovani di quanto il fascismo fosse in urto con la concezione cristiana”.
    Nel suo volume di “Teologia dogmatica” Siri scriveva che “Molti, sebbene dichiarino di ritenere la fede divina, in realtà mostrano delle oscurità, specialmente nel loro modo di vivere, sia privato che pubblico”.
    [Ricordiamo che il Capo di Governo dell’epoca aveva come abitudine quella di fare non la Comunione quotidiana, bensì la “sveltina” quotidiana, spesso consumandola “in pè”, a Palazzo Venezia….]
    “Ma ciò che è peggio è che alcuni sistemi filosofici si diffondono ampiamente come concezioni del mondo che in realtà pervertono e sostituiscono l’idea di Dio in religione del razzismo, o in ultranazionalismo.”
    Siri inoltre collaborò con la diocesi nell’appoggio alla Delasem, l’organizzazione che aiutava gli ebrei perseguitati in seguito all’introduzione delle leggi razziali, e nella predisposizione di certificati di battesimo datati anteriormente al 30 settembre 1938. Durante la guerra contribuì a fare ospitare un grande numero di ebrei presso il seminario e varie chiese e conventi, e promosse l’attività dell’Onarmo, opera di assistenza a favore degli operai, che non a caso fu poi ostacolata e infine fatta cessare dalle autorità della RSI, in quanto l’assistenza….finiva al movimento partigiano cattolico.
    Nel 1944 fu costretto a fuggire da Genova per non essere arrestato, e si rifugiò presso il santuario della Guardia.



    Le autorità fasciste avevano scoperto che, presso la chiesa di santa Zita



    Siri svolgeva “attività di propaganda contro il fascismo e il nazionalsocialismo” e che organizzava in tale senso le associazioni cattoliche.
    D’altronde nello stesso 1944 Siri aveva pubblicato un saggio sull’”Ordine sociale”, che si ispirava ai principi contenuti nel radiomessaggio natalizio del 1942 di Pio XII, scrivendo, tra l’altro, che “Le tendenze nazionali esagerate peccano contro il naturale senso di solidarietà, e poggiano sull’aggressività, sui sogni troppo grandiosi, e sul fanatismo”.
    Più chiaro di così…



    La crisi della Chiesa sta in una fede astratta
    di Piero Gheddo
    Siamo nel tempo della Quaresima e la Chiesa ci presenta la figura di Abramo, l’icona dell’uomo che ha fede e obbedisce a Dio, rischiando molto. Dio prova la sua fede:
    - prima gli dice di abbandonare la terra in cui è nato, le sue proprietà, le conoscenze che aveva e il posto che occupava nella società, e lo manda in un paese lontano, misterioso con la promessa di farlo padre di un popolo numeroso. Abramo parte da Ur e va dove Dio gli indica, fidandosi di lui.
    - Poi lo mette alla prova dicendogli di sacrificargli il suo unico figlio, Isacco. Le religioni dei popoli che non conoscono Dio (come quelli delle Americhe pre-colombiane) chiedevano sacrifici umani e Abramo obbedisce a Dio accettando questa sua volontà. Quando Dio lo chiama risponde: “Eccomi!”.



    Abramo rischia molto, perché ha fiducia in Dio, che premia la sua fede e la sua obbedienza, e lo rende padre del popolo ebraico da cui nascerà, molti secoli dopo, il Messia, il Salvatore dell’uomo.
    Anche per noi la fede è sempre un rischio come per Abramo: non è mai un possesso pacifico, ma una conquista quotidiana, continua, un dono di Dio che dobbiamo chiedere ogni giorno, “Signore aumenta la mia fede!” era la giaculatoria del “Servo di Dio” Marcello Candia. Io gli dicevo: “Marcello, di fede ne hai tanta”; e lui rispondeva: “Piero, la fede non basta mai”.
    Il Vangelo di San Marco presenta Gesù che prende con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e li porta sopra un monte alto, in un luogo appartato e si trasfigura davanti a loro, brilla di una luce straordinaria e le sue vesti sono bianchissime, “che nessun lavandaio potrebbe farle così bianche”.



    Nel Vangelo di San Marco, la Trasfigurazione è come uno spartiacque fra i due tempi della vita di Gesù:
    - Prima c’è il Gesù che cambia l’acqua in vino, che moltiplica i pani e i pesci, che guarisce i lebbrosi, i muti, i ciechi, gli indemoniati, calma le acque del lago. Un Gesù taumaturgo, diciamo un Messia potente e trionfante.
    - Poi viene il crollo della sua umanità. Accusato ingiustamente, è arrestato, flagellato, coronato di spine, inchiodato alla Croce come un delinquente.
    Per confermare la fede degli Apostoli in vista della Passione e della morte in Croce, in preparazione a quel finale che nessuno degli Apostoli immaginava, ecco che Gesù si trasfigura davanti a loro, per dare un altro segno della sua divinità, oltre a quello dei miracoli.
    Cosa ci ha detto la Parola di Dio in questa Domenica? Che la fede è il fondamento della vita di ogni cristiano e che la fede vuol dire seguire Dio e seguire Cristo in ogni circostanza della nostra vita.
    Tutti noi siamo stati battezzati e abbiamo ricevuto da Dio il dono della fede. Ma oggi dobbiamo chiederci: cosa conta Dio nella mia vita? E’ al primo posto oppure è un qualcosa che rimane secondario? E’ l’ispirazione che mi guida in tutte le scelte che faccio, oppure rimane un fatto intellettuale e staccato dalla vita quotidiana?
    Lo sappiamo tutti. Viviamo nell’epoca della secolarizzazione, della fede non si parla mai, Il mondo moderno ci porta a vivere come se Dio non esistesse.
    Un esempio molto attuale. Il 1° marzo è morto in Svizzera Lucio Dalla, uno dei massimi cantautori italiani, ma anche un cattolico, un credente. Il 2 marzo il quotidiano cattolico Avvenire aveva questi titoli o sottotitoli: “Ho ancora tanti dubbi nella vita, ma Dio è una certezza” – Di sé diceva: “E’ Gesù il mio unico punto fermo” – Quella fede nata tra i Domenicani – Musicò i Salmi, cantò in scena per ben due Papi – Il suo portavoce Mondella: “Per lui la morte era solo la fine del primo tempo”. Nel giornale cattolico ci sono parecchi articoli sulla sua fede e di come la fede e la preghiera l’avessero aiutato molto nella vita, come diceva lui stesso.
    Titoli e sottotitoli de Il Corriere della Sera: L’ultimo concerto e gli autografi ai fan – L’infarto dopo la colazione in albergo – “A sette anni restai incantato da Puccini” – Il genio che si sentiva un omino buffo – Aveva un sosia e lo mandava al Festivalbar - Nella sua casa creò una “famiglia allargata” con sorelle e amici – Scoprì giovani talenti – “Era strano, aveva facoltà da pranoterapeuta”.
    Ma la cosa strana è questa: Avvenire, oltre ai titoli e agli articoli sulla sua fede, aveva anche altri titoli e articoli sul genio musicale e sulle sue canzoni. Ne Il Corriere della Sera, sulla fede di Lucio Dalla non ci sono titoli né articoli e nemmeno alcun cenno: semplicemente la fede non esisteva. Ma allora perché il massimo quotidiano italiano (come pure altri giornali “laici” o “laicisti”) non ricorda nemmeno questo dato basilare nella vita di Lucio Dalla?
    Scusatemi l’esempio, ma è solo per dire che noi viviamo in questo mondo ed è inutile lamentarsi. La Chiesa, specialmente in Quaresima, chiama tutti noi battezzati alla conversione, cioè ad una fede che conti nella nostra vita. La crisi della Chiesa oggi è anzitutto una crisi di fede e bene ha fatto Benedetto XVI a indire l’Anno della Fede, che inizierà l’11 ottobre 2012.
    La crisi di fede nella Chiesa significa che per molti battezzati, fra i quali anche persone consacrate, la fede c’è, ma rimane una credenza sul piano intellettuale, che è ininfluente o poco influente nelle scelte che dobbiamo fare nella vita. Cioè non ci converte a Cristo, non ci fa innamorare di Cristo, una fede in Cristo che è staccata dalla vita. Secolarizzazione vuol dire questo: non più l’ateismo aperto e militante com’era a volte in passato, ma indifferenza, adesione acritica alle mode del mondo, materialismo pratico.
    La prima volta che sono andato in Cina nel 1973, con una commissione tecnica ammessa anche nel tempo della “Rivoluzione culturale” di Mao, non c’era una sola chiesa aperta. Alle varie guide chiedevamo: “Noi siamo cristiani vorremmo andare in una chiesa a pregare”. La risposta era sempre la stessa: “La Cina ha imparato a fare a meno di Dio”. Il nostro mondo “cristiano” rischia più o meno questa fine?
    La Bussola Quotidiana quotidiano cattolico di opinione online: La crisi della Chiesa sta in una fede astratta

    In Russia torna obbligatorio l’insegnamento religioso
    Roberto Manfredini
    Nina Achmatova dell’agenzia del PIME (Pontificio Istituto Missioni Estere) AsiaNews riferisce che dal prossimo settembre l’insegnamento religioso diventerà obbligatorio in tutte le scuole (Asianews, 14/2/2012).
    Sembra che la profezia della Madonna di Fatima, venuta a chiedere la consacrazione della Russia al Suo Cuore Immacolato, si stia avverando: è una dedicazione che segue tappe precise, dall’8 dicembre 1991 (fine dell’URSS e giorno dell’Immacolata) al 25 dicembre 1991, quando la bandiera rossa con falce e martello venne sostituita dal tricolore russo dell’Armata Bianca.
    Vladimir Putin si è dimostrato un presidente sensibile alla “questione religiosa”: nel corso degli anni ha incassato la stima sia del patriarca di Mosca Cirillo I che delle comunità ebraiche (in particolare con quella chassidica), mentre di recente ha rivelato di esser stato battezzato in segreto nella cattedrale di San Pietroburgo dalla madre Maria Ivanovna Putina (cfr. “Ecco il Putin cristiano”, il Giornale, 8/1/2012):
    «È proprio qui che sono stato battezzato in segreto da mia madre ai tempi di Stalin. Mio padre era iscritto al Partito Comunista ed era un uomo tutto d’un pezzo. Mia madre quel giorno sfidò la contrarietà di mio padre e, accompagnata da un vicino, ha fatto quello che credeva giusto».
    Il Presidente russo del resto è un cristiano praticante dal 1993, in seguito ad un incidente stradale dal quale sua moglie Lyudmila si salvò miracolosamente.
    Non è un caso che il Metropolita Hilarion Alfeyev (capo del Dipartimento per le relazioni esterne del patriarcato di Mosca) gli abbia chiesto di impegnarsi in prima persona contro la persecuzione dei cristiani del mondo, e di fare di questo tema una delle priorità del suo mandato.



    Giovanna Parravicini, ricercatrice di “Russia Cristiana”, in una intervista a Tempi (14/2/2012), non solo ha ribadito l’importanza di questo decreto («Dopo 70 anni di ateismo in Russia si riconosce pubblicamente che religione e fede sono aspetti fondamentali della struttura umana e per questo vanno insegnati. […] Putin si è ritrovato un paese in crisi, non solo economica, ma soprattutto umana e familiare. I problemi dell’alcolismo e della tossicodipendenza erano enormi. Ha pensato di chiedere aiuto alla Chiesa, perché moralizzasse la società»), ma ha anche riportato un esempio particolarmente significativo della “rinascita religiosa” della Russia profonda:
    «A fine novembre una reliquia della Madonna è stata portata in Russia dal monte Athos. Un milione di persone sono rimaste in coda, con diversi gradi sottozero, per una settimana, 24 ore su 24, arrivando a formare fino a nove chilometri di fila, per vederla. Tutto ciò sarà anche sentimentale, magari esagerato, ma il popolo russo ha ancora una domanda profonda di senso che aspetta una risposta e che la crisi dell’uomo che attraversa oggi mette in evidenza».
    Sappiamo che la notizia non farà di certo piacere a quei laicisti che hanno sperato nell’ateismo di stato come metodo più efficace per la costruzione di una società totalmente irreligiosa. Vogliamo a tal proposito ricordare le imbarazzanti dichiarazioni del luminare Umberto Veronesi apparse nel libro-intervista Essere laico curato da Alain Elkann (Bompiani, Milano, 2007, p. pp. 55-56):
    «Le indagini [Veronesi non specifica quali, ndr] ci dicono che il 90% dei russi è rimasto solidamente non credente. Quindi chi conquista con la forza della ragione una posizione agnostica è difficile che torni indietro».
    Qualsiasi commento a queste parole sarebbe superfluo: finalmente a parlare non sono più le ideologie, ma solo i fatti.
    Ultima modifica di Melchisedec; 06-03-12 alle 22:58

  7. #17
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    Predefinito Re: Il Verbo di Dio si è fatto carne

    Citazione Originariamente Scritto da Melchisedec Visualizza Messaggio
    Chiedilo a donquixote!
    Da parte mia mi limito a ricordare che Siri, persino ai suoi discepoli del fascistissimo liceo Doria, posto in un edificio fascistissimo



    in una zona architettonicamente fascistissima (ancora oggi, a Genova, nella zona Foce-piazza della Vittoria, se si alza lo sguardo oltre due metri dal suolo si può avere l’illusione di trovarsi negli anni ’30….)



    nelle lezioni pubbliche insegnava a tenere un atteggiamento di riserva e diffidenza verso il fascismo, atteggiamento che si esplicitava poi in senso chiaramente negativo nelle riunioni che egli organizzava in un appartamento privato, convocandovi molti giovani dell’Azione Cattolica: “Siri ci avvicinò a Toniolo”[che era un corporativista, ma democratico, perché anche le corporazioni devono funzionare secondo il principio di sussidiarietà, cioè dal basso in alto, e non viceversa, come pretendeva il fascismo…] “Siri rigettava nettamente la concezione basilare del fascismo, considerandola concezione hegeliana”, “Lui era molto più cosciente di noi giovani di quanto il fascismo fosse in urto con la concezione cristiana”.
    Nel suo volume di “Teologia dogmatica” Siri scriveva che “Molti, sebbene dichiarino di ritenere la fede divina, in realtà mostrano delle oscurità, specialmente nel loro modo di vivere, sia privato che pubblico”.
    [Ricordiamo che il Capo di Governo dell’epoca aveva come abitudine quella di fare non la Comunione quotidiana, bensì la “sveltina” quotidiana, spesso consumandola “in pè”, a Palazzo Venezia….]
    “Ma ciò che è peggio è che alcuni sistemi filosofici si diffondono ampiamente come concezioni del mondo che in realtà pervertono e sostituiscono l’idea di Dio in religione del razzismo, o in ultranazionalismo.”
    Siri inoltre collaborò con la diocesi nell’appoggio alla Delasem, l’organizzazione che aiutava gli ebrei perseguitati in seguito all’introduzione delle leggi razziali, e nella predisposizione di certificati di battesimo datati anteriormente al 30 settembre 1938. Durante la guerra contribuì a fare ospitare un grande numero di ebrei presso il seminario e varie chiese e conventi, e promosse l’attività dell’Onarmo, opera di assistenza a favore degli operai, che non a caso fu poi ostacolata e infine fatta cessare dalle autorità della RSI, in quanto l’assistenza….finiva al movimento partigiano cattolico.
    Nel 1944 fu costretto a fuggire da Genova per non essere arrestato, e si rifugiò presso il santuario della Guardia.



    Le autorità fasciste avevano scoperto che, presso la chiesa di santa Zita



    Siri svolgeva “attività di propaganda contro il fascismo e il nazionalsocialismo” e che organizzava in tale senso le associazioni cattoliche.
    D’altronde nello stesso 1944 Siri aveva pubblicato un saggio sull’”Ordine sociale”, che si ispirava ai principi contenuti nel radiomessaggio natalizio del 1942 di Pio XII, scrivendo, tra l’altro, che “Le tendenze nazionali esagerate peccano contro il naturale senso di solidarietà, e poggiano sull’aggressività, sui sogni troppo grandiosi, e sul fanatismo”.
    Più chiaro di così…
    Ti ringrazio per la risposta, Melchisedec.
    Effettivamente lessi proprio quella citazione da donquixote.
    Siccome ti vedo molto ferrato sull'argomento, volevo sapere da te se quella frase è una bufala clamorosa o se effettivamente è stata pronunciata dal cardinale Siri.
    Nel caso fosse vera, sarei curioso di conoscerne la fonte.
    Ne approfitto per chiederti anche la fonte delle citazioni da te riportate

    Un saluto e grazie.
    Ultima modifica di Giò; 07-03-12 alle 00:09
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  8. #18
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    Predefinito Re: Il Verbo di Dio si è fatto carne

    Citazione Originariamente Scritto da Giò91 Visualizza Messaggio
    Effettivamente lessi proprio quella citazione da donquixote.
    Oh, ma guarda che caso!
    volevo sapere da te se quella frase è una bufala clamorosa o se effettivamente è stata pronunciata dal cardinale Siri. Nel caso fosse vera, sarei curioso di conoscerne la fonte.
    Questo devi chiederlo a donquixote…
    Ne approfitto per chiederti anche la fonte delle citazioni da te riportate.
    Benny Lai: “Il Papa non eletto” ed.Laterza
    Nicla Buonasorte: “Siri” ed.Il Mulino
    C. Brizzolari: “Un archivio della resistenza in Liguria” ed. De Stefano


    I vescovi dicono no alla cremazione ed al funerale in casa
    Giro di vite per rischio concezioni panteistiche o naturalistiche
    La Chiesa, "anche se non si oppone alla cremazione dei corpi quando non viene fatta in odium fidei", "continua a ritenere la sepoltura del corpo dei defunti la forma più idonea a esprimere la fede nella risurrezione della carne, ad alimentare la pietà dei fedeli verso coloro che sono passati da questo mondo al Padre e a favorire il ricordo e la preghiera di suffragio da parte di familiari e amici". Lo scrive la Conferenza episcopale italiana nella seconda edizione del Rito delle esequie presentata oggi.
    La norma è contenuta in un'appendice al volume edito dalla Libreria editrice vaticana (Lev) che fa seguito alla prima traduzione in italiano apparsa nel 1974 sulla base di quella 'typica' del 1969. E, sul tema delle ceneri, presenta un linguaggio più categorico sul tema della cremazione di quello definito dall'assemblea generale che i vescovi tennero ad Assisi nell'autunno del 2009. La Chiesa, stabilì allora la Cei, "pur preferendo la sepoltura tradizionale, non riprova tale pratica, se non quando è voluta in disprezzo della fede, cioè quando si intende con questo gesto postulare il nulla a cui verrebbe ricondotto l'essere umano". Inoltre, "la memoria dei defunti attraverso la preghiera liturgica e personale e la familiarità con il camposanto costituiranno la strada per contrastare, con un'appropriata catechesi, la prassi di disperdere le ceneri o di conservarle al di fuori del cimitero o di un luogo sacro". Su questo punto, il volume presentato oggi spiega che la prassi di spargere le ceneri "solleva molte perplessità sulla sua piena coerenza con la fede cristiana, soprattutto quando sottintende concezioni panteistiche o naturalistiche".
    TMNews - I vescovi dicono no alla cremazione ed al funerale in casa

    Veline e veleni della Chiesa pronta a fondersi col buddismo
    di Luca Negri
    Gli anni seguenti il Concilio Vaticano II furono tutt'altro che spensierati per il mondo cattolico. Come è noto, non tutti accettarono a cuor leggero le innovazioni e le forzature, soprattutto in campo liturgico. La sostituzione del latino secolare e universale con i volgari locali lasciò perplessi non solo molti semplici credenti ma anche un buon numero di intellettuali, non sospetti di simpatie per il vescovo Lefebvre, anzi nemmeno necessariamente cattolici. Nel 1971 la petizione indirizzata alla Santa Sede per la sopravvivenza del rito tridentino in Gran Bretagna venne firmata da molti esponenti del mondo della cultura tra cui Cristina Campo, Agatha Christie, Giorgio Bassani, Augusto Del Noce, Eugenio Montale, Guido Piovene, Jorge Luis Borges, Henri de Montherlant, Graham Greene.
    L'anno dopo Paolo VI si vide costretto a dichiarare: «Si credeva che dopo il Concilio sarebbe venuta una giornata di sole per la storia della Chiesa. È venuta invece una giornata di nuvole, di tempesta, di buio, di ricerca, di incertezza». Peggio ancora, «il fumo di Satana» era entrato da qualche fessura «nel tempio di Dio». Certo, la tragicità di quel discorso non può essere confinata nel caos postconciliare, però ci dice molto sul clima di quegli anni.
    A proposito, proprio nel 1972 lo scrittore irlandese, naturalizzato canadese, Brian Moore diede alle stampe un breve romanzo, intitolato Cattolici (Lindau, pag. 95, euro 12, traduzione di Pier Maria Allolio). Lo ambientò in futuro non troppo lontano ma abbastanza progredito da aver partorito un Concilio Vaticano IV. Protagonista è un giovane sacerdote, tanto imbevuto di «teologia delle liberazione» da aver preso i voti solo per fare il rivoluzionario. Gli viene offerta una buona occasione, lo spediscono in missione su una piccola isola al largo delle coste irlandesi. Laggiù un gruppo di monaci si ostina a non recepire le novità: celebra ancora in latino, attirando folle di pellegrini reazionari da tutta Europa, pratica l'antica usanza della confessione individuale, ormai da rimpiazzare con la più democratica confessione pubblica. E poi «la schiena ai fedeli, i paramenti sacri, l'Introibo ad altare Dei. E le campane! Il Sanctus!». Cose veramente troppo medioevali e imbarazzanti per una Chiesa ormai informale e secolarizzata, per giunta prossima alla fusione col buddismo. Riuscirà il prete rivoluzionario ad aggiornare i vecchi monaci per nulla entusiasti della nuova messa («non è mistero, ma una barzelletta, una cantilena, non parla a Dio, parla al nostro vicino»)? Gli sarà d'aiuto il priore che da tempo ha perso la fede senza farlo trasparire ai confratelli?
    La suspense è garantita, Moore (che parteggia smaccatamente per i monaci resistenti) sceneggiò per Hitchcock. Il romanzo piacerà ai cattolici tradizionalisti, a chi ha salutato con soddisfazione la scelta di Benedetto XVI di permettere nuovamente il rito antico, e soprattutto a chi teme il Concilio Vaticano III invocato dai progressisti.
    Veline e veleni della Chiesa pronta a fondersi col buddismo - Cultura - ilGiornale.it


  9. #19
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    Predefinito Re: Il Verbo di Dio si è fatto carne

    Citazione Originariamente Scritto da Melchisedec Visualizza Messaggio
    Questo devi chiederlo a donquixote…
    Va bene, tu però mi sapresti rispondere? L'hai mai letta da qualche parte? E se sì, dove? Se non l'hai mai letta basta che mi rispondi di no...

    Benny Lai: “Il Papa non eletto” ed.Laterza
    Nicla Buonasorte: “Siri” ed.Il Mulino
    C. Brizzolari: “Un archivio della resistenza in Liguria” ed. De Stefano
    Grazie!
    Ultima modifica di Giò; 09-03-12 alle 03:11
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    Predefinito Re: Il Verbo di Dio si è fatto carne

    Citazione Originariamente Scritto da Giò91 Visualizza Messaggio
    Va bene, tu però mi sapresti rispondere?
    Melchisedec sa....ma non vuole rispondere...
    Grazie!
    Di nulla, ma guarda che nei libri che ho indicato, la citazione che ti ossessiona non ce la trovi….

    Matrimonio gay. I cattolici inglesi si ribellano, gli anglicani si spaccano
    Il premier David Cameron vorrebbe introdurre il matrimonio omosessuale. In tutte le chiese cattoliche d'Inghilterra e Galles sarà letta una lettera pastorale durante la Messa: «Il matrimonio ha le sue radici nella natura dell'uomo, né la Chiesa né lo Stato possono cambiarlo». Gli anglicani invece sono divisi e sul tema dei vescovi gay rischiano lo scisma.
    Di Rodolfo Casadei
    Sarà letta durante le Messe in tutte le chiese cattoliche d'Inghilterra e Galles la lettera pastorale con la quale il primate e arcivescovo di Westminster Vincent Nichols e l'arcivescovo di Southwark, Peter Smith, invitano i cattolici britannici ad impegnarsi per difendere il vero significato del matrimonio e a firmare la petizione promossa dall'ex primate anglicano Lord Carey contro l'introduzione del matrimonio omosessuale nel paese. L'iniziativa è particolarmente significativa per molti motivi. Perché arriva pochi giorni dopo che un portavoce di Downing Street ha confermato i piani del primo ministro David Cameron per introdurre quanto prima la nuova legislazione; perché la Chiesa cattolica è da secoli nel Regno Unito una minoranza guardata con sospetto, e perciò solo raramente sfida i poteri pubblici con prese di posizione critiche delle decisioni dei governi; e infine perché interviene in un momento in cui la maggioritaria e ufficiale Chiesa anglicana si trova sull'orlo della disintegrazione proprio per questioni attinenti la controversia sull'omosessualità.
    «Le ragioni date dal nostro governo per giustificare la sua volontà di cambiare la definizione di matrimonio sono quelle della discriminazione», scrivono i due arcivescovi. «Ma l'attuale legislazione non discrimina ingiustamente quando esige un uomo e una donna per avere un matrimonio. Semplicemente riconosce e protegge la natura particolare del matrimonio». «Cambiare la definizione legale del matrimonio sarebbe un passo profondamente radicale. Le sue conseguenze dovrebbero essere prese seriamente», perché il cambiamento della legge «gradualmente e inevitabilmente» muterebbe la comprensione dello scopo del matrimonio da parte della società. «Lo ridurrebbe semplicemente all'impegno assunto dalle due persone coinvolte. Non ci sarebbe alcun riconoscimento della complementarietà del maschio e della femmina o del fatto che il matrimonio è inteso per la procreazione e l'educazione dei figli».
    Nichols e Smith spiegano che «le radici dell'istituzione del matrimonio si trovano nella nostra natura. Questa visione è, naturalmente, condivisa da molte altre tradizioni religiose: inteso come impegno per la vita fra un uomo e una donna, e per la generazione e l'educazione dei figli, il matrimonio è un'espressione della nostra fondamentale umanità». Per queste ragioni «né la Chiesa né lo Stato hanno il potere di cambiare questa fondamentale comprensione del matrimonio stesso. Né si tratta semplicemente di una questione di opinione pubblica».
    Pochi giorni prima si era espresso sulla materia, con toni molto duri, un altro alto ecclesiastico cattolico: sul Daily Telegraph è apparso un articolo a firma del cardinale e primate di Scozia Kevin O'Brien che ha prodotto veementi reazioni. «Dal momento che i diritti legali del matrimonio sono già a disposizione delle coppie omosessuali, è chiaro che questa proposta non riguarda i diritti, ma è piuttosto un tentativo di ridefinire il matrimonio per l'intera società secondo il comando di una piccola minoranza di attivisti», scrive il cardinale. «La ridefinizione del matrimonio avrà enormi implicazioni su ciò che è insegnato nelle nostre scuole, e per la società in generale (…). Se il matrimonio fra persone dello stesso sesso diventa legge, cosa succederà all'insegnante che vuole insegnare agli studenti che matrimonio significa - e ha sempre e solo significato - l'unione di un uomo e di una donna? Il diritto di quell'insegnante di pensare così e di insegnare così sarà rispettato, oppure lui sarà rimosso? Insegnanti ed allievi non diventeranno le prossime vittime della tirannia della tolleranza, eretici il cui dissenso dall'ortodossia imposta dallo Stato deve essere schiacciato a tutti i costi?».
    L'attacco del cardinale ai politici britannici è a cannonate: «All'articolo 16 della Dichiarazione universale dei diritti umani, il matrimonio è definito come una relazione fra uomini e donne. Ma quando i nostri politici suggeriscono di gettare a mare la radicata comprensione del matrimonio e di sovvertire il suo significato, non vengono derisi. Al contrario, il loro tentativo di distorcere la realtà ottiene un educato ascolto, la loro follia viene assecondata. La loro proposta rappresenta una grottesca sovversione di un diritto umano universalmente accettato. Come istituzione, il matrimonio precede l'esistenza di qualunque Stato o governo. Non è stato creato dai governi e non dovrebbe essere cambiato da essi. Al contrario, riconoscendo gli innumerevoli benefici che il matrimonio porta alla società, dovrebbero agire per proteggere e sostenere il matrimonio, non attaccarlo e smantellarlo». Il cardinale elenca poi le prospettive negative che si aprono con l'introduzione del matrimonio fra persone dello stesso sesso: la compromissione del diritto dei bambini ad avere un padre e una madre, l'estensione del vincolo matrimoniale alle unioni poligamiche e poliandriche.
    Mentre, al di là della diversità dei toni, il mondo cattolico britannico è unito nella difesa del matrimonio tradizionale, in casa anglicana la situazione è confusa. L'ex primate Lord Carey ha raccolto già 106 mila firme sulla petizione della Coalition for Marriage che recita: «Sostengo la definizione legale di matrimonio che è l'unione volontaria per la vita di un uomo e di una donna, ad esclusione di tutti gli altri. Mi oppongo a ogni tentativo di ridefinirla». L'attuale arcivescovo di Canterbury, Rowan Williams, non fa sapere come la pensa, anche perché in altre delicate faccende affaccendato: la sua proposta di patto all'interno della Comunione anglicana in base al quale le singole comunità si impegnerebbero a ricercare l'unanimità prima di adottare provvedimenti che possano generare “controversia” è sul punto di essere bocciata dentro alla stessa chiesa d'Inghilterra. Williams e i suoi sostenitori hanno più volte ripetuto che l'esito di un voto negativo sarebbe la dissoluzione della Comunione anglicana, alla quale attualmente si richiamano 80 milioni di persone nel mondo. La controversia più grave che mina attualmente la comunione anglicana è quella riguardante l'ordinazione di vescovi dichiaratamente gay, iniziata dalla chiesa episcopaliana nel 2003.
    Matrimonio gay. I cattolici inglesi si ribellano, gli anglicani si spaccano | Tempi

    Il Papa: elogio della castità
    Benedetto XVI ha compiuto oggi una forte difesa della famiglia e del matrimonio fondato sull'unione fra un uomo e una donna parlando a un gruppo di vescovi statunitensi in visita “ad limina”.
    MARCO TOSATTI
    Benedetto XVI ha compiuto oggi una forte difesa della famiglia e del matrimonio fondato sull'unione fra un uomo e una donna parlando a un gruppo di vescovi statunitensi in visita “ad limina”. Fra l'altro, il Papa ha detto: "Al riguardo occorre particolarmente menzionare le potenti correnti politiche e culturali che cercano di alterare la definizione giuridica del matrimonio. Il coscienzioso sforzo della Chiesa di resistere a tale pressione richiede una difesa ragionata del matrimonio quale istituzione naturale che consiste in una specifica comunione delle persone, essenzialmente radicata nella complementarità dei sessi ed orientata alla procreazione. Le differenze sessuali non possono essere messe da parte come irrilevanti nella definizione del matrimonio. Difendere l'istituzione del matrimonio come una realtà sociale è in definitiva una questione di giustizia, poiché comporta la salvaguardia del bene dell'intera comunità umana e dei diritti dei genitori e dei figli".
    E ha aggiunto: "In tale grande sforzo pastorale si presenta l'urgente necessità per tutta la comunità cristiana di recuperare l'apprezzamento della virtù della castità. (...) Non è meramente una questione di presentare degli argomenti, ma di far piacere una visione integrata, coerente ed elevata della sessualità umana. La ricchezza di questa visione è più solida e interessante delle ideologie permissive esaltate in certi ambienti; questi infatti costituiscono una potente e distruttiva forma di contro-catechesi per i giovani".
    La castità, come ci ricorda il Catechismo, richiede "l'acquisizione del dominio di sé, che è pedagogia per la libertà umana". In una società che sempre più tende a fraintendere e perfino ridicolizzare la dimensione essenziale dell'insegnamento di Cristo, i giovani devono essere convinti che "se lasciamo entrare Cristo totalmente dentro di noi, se ci apriamo totalmente a lui, nella nostra vita, non perdiamo nulla, assolutamente nulla di ciò che rende la vita libera, bella e grande'".
    "Concludo ricordando che tutti i nostri sforzi in quest'ambito sono diretti al bene dei minori, che hanno il diritto fondamentale di crescere con una sana comprensione del posto della sessualità nelle relazioni umane. I bambini sono il più grande tesoro e il futuro di ogni società: curarsi davvero di loro significa riconoscere la nostra responsabilità di insegnamento e difesa, e di vivere le virtù morali che sono la chiave della realizzazione umana. Auspico che la Chiesa negli Stati Uniti perseveri nella storica missione di educare i giovani e contribuire così al consolidamento di quella sana vita familiare che è la più sicura garanzia di solidarietà intergenerazionale e di sanità della società nel suo complesso".
    Il Papa: elogio della castità - LASTAMPA.it


 

 
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