La mia resa davanti all'occidente scristianizzato
Costanza Miriano si dice pronta a combattere come un soldato. Io voglio nascondermi
Se Costanza Miriano si sente un soldato semplice, come dice nel titolo del suo ultimo libro (“Diario di un soldato semplice. Il Signore ama vincere con un piccolo esercito”, Sonzogno), io mi sento un disertore. O meglio, mi sento prossimo allo stato d’animo di quei militari italiani che l’8 settembre 1943, col re e lo stato maggiore in fuga verso Pescara, rimasero senza ordini e abbandonarono uniformi e caserme. Dunque leggo Costanza per capire dove ripiegare, dove ritirarmi con ordine (qualora sia possibile un ordine nella ritirata che sta vivendo il cristianesimo occidentale) o magari dove nascondermi, dove scappare. In fondo a questa antologia di testi del suo seguitissimo blog c’è un indice tematico dove trovo la battaglia che più meriterebbe di essere combattuta, quella contro l’abominevole utero in affitto, “l’uso più spietato e crudele che si possa fare del corpo di una donna: usarne una, massicciamente bombardata di ormoni, per produrre ovuli; poi un’altra per crescere un essere umano grande quanto una punta di spillo fino a che diventi in grado di farcela da solo; poi, infine, metterla da parte, impedendole perfino di toccarlo, quel bambino strappato alle sue viscere”. Resta che io vorrei gettare la spugna perché non vedo, Dio mi perdoni, come sia possibile farcela in un’Italia dove perfino i cattolici tifano Cristiano Ronaldo e ascoltano Elton John, e in una Chiesa dove chierici e laici non trovano di meglio che accapigliarsi sulla traduzione del Padre Nostro, ossia sul sesso degli angeli.
https://www.ilfoglio.it/preghiera/20...izzato-226384/
Cronaca di un incontro fra “Apoti”
Aldo Maria Valli
È un uomo giovane, dal fisico robusto. Occhi sinceri, che ti guardano senza incertezze. È un religioso, e indossa l’abito dell’ordine del quale fa parte. Racconta che un tempo ebbe una certa simpatia per la Chiesa del “rinnovamento” e dell’“aggiornamento”. Non era proprio un modernista, ma di certo guardava con sospetto a coloro che parlavano di difesa della tradizione e mettevano in guardia da certe derive del Vaticano II. Poi tutto è cambiato. Nel corso del pontificato di Francesco ha aperto gli occhi. Non è diventato lefebvriano, ma ha incominciato a capire le preoccupazioni espresse da quella parte della Chiesa e ora si riconosce in quell’impegno per la custodia della dottrina e il rispetto della tradizione.
Ci vediamo per la prima volta, non possiamo dire di conoscerci. Tuttavia si stabilisce una sintonia. Mi racconta che all’interno del suo ordine è stato completamente emarginato. Quando ha iniziato a esprimere apertamente i suoi dubbi e le sue perplessità circa l’indirizzo dato alla Chiesa dall’attuale pontificato, quando ha detto di non riconoscersi nel misericordismo e nella visione marcatamente orizzontale e sociale dell’evangelizzazione, quando ha fatto capire di non essere entusiasta della Chiesa che cerca a ogni costo l’applauso del mondo, i superiori lo hanno rimosso da tutti gli incarichi che ricopriva. Nessuno spazio di dialogo: la critica, sia pure garbata, non è stata ammessa. Cose succedono nella Chiesa che predica di costruire ponti e non muri…
Gli dico che lo capisco bene e che non è certamente il primo a raccontarmi una vicenda simile e lui sorride. Non nutre il minimo rancore verso chi lo ha messo ai margini. Anzi, è molto sereno e ringrazia il buon Dio: tutto ciò che sta vivendo, sottolinea, gli permette di fare ordine nella vita, di assegnare la priorità a ciò che conta davvero, di recuperare spazi di preghiera.
Parliamo di liturgia e mi dice che ormai ha scelto il vetus ordo. Strano, sottolinea, per uno come lui, mai stato in precedenza dalla parte dei tradizionalisti. Eppure la progressiva presa di consapevolezza della deriva della Chiesa cattolica in senso protestante lo ha spinto naturalmente verso la Santa Messa in rito antico, che ora gli appare come qualcosa non di esotico, ma di assolutamente naturale: l’unica Messa davvero cattolica.
Camminiamo in silenzio e ci ritroviamo a sospirare insieme. Ci viene da ridere perché da un po’ di tempo i discorsi fra i “cattolici perplessi” finiscono sempre con un gran sospiro.
Ci chiediamo: ma dove vuole arrivare questa Chiesa che insegue il mondo? Quale l’obiettivo finale di questa Chiesa che vuole essere amica e non parla più del peccato e del giudizio divino e si compiace di ottenere l’applauso del pensiero dominante? Dove si vuole arrivare lasciando intendere che tutte le religioni sono uguali? Che cosa si pensa di ottenere sostenendo che la Chiesa è al servizio del mondo e dimenticando che può essere al servizio del mondo solo se è al servizio di Dio?
Di nuovo ci guardiamo e di nuovo sospiriamo. È il momento di stringerci la mano. Il tempo è passato in fretta. Ci ringraziamo a vicenda per la compagnia. Mi dice: “Sa, a volte uno pensa di essere impazzito. Vedi che tutti vanno in una certa direzione e pensi: ma allora in me c’è qualcosa che non funziona! Poi incontri un altro che la pensa come te e capisci di non essere pazzo”.
Vorrei citargli Giuseppe Prezzolini e la sua celebre “Società degli Apoti”, ovvero di “quelli che non se la bevono”, gente che, anche a costo di pagare di persona, ama ragionare con la propria testa, senza accontentarsi degli slogan che suonano bene e sono di gran moda ma non dicono nulla. Vorrei ricordare che quando Prezzolini parlò della “Società degli Apoti” si innescò un appassionato dibattito che coinvolse gente come Piero Gobettti e don Luigi Sturzo. Ma ora con chi potremmo mai dibattere noi poveri “Apoti” sperduti nel mare del conformismo, dell’ignoranza e della superficialità?
Intanto il religioso se n’è andato. Ci siamo promessi che ci rivedremo. Per farci coraggio e sospirare insieme. Che è già qualcosa.
https://www.aldomariavalli.it/2018/1..._r7BHhXSmkvyuk
IL SEGRETO DI BENEDETTO XVI. IL NUOVO LIBRO DI ANTONIO SOCCI PONE DOMANDE INQUIETANTI. IN ATTESA DI RISPOSTE
Marco Tosatti
Oggi esce l’ultimo libro di Antonio Socci: Il segreto di Benedetto XVI, per i tipi di Rizzoli. È un’opera avvincente; diremmo di più, sostanzialmente inquietante, nel senso letterale della parola, e cioè che annulla lo “stato di quiete” con cui tutti noi che abbiamo vissuto e seguito le drammatiche dimissioni di Benedetto XVI abbiamo accolto – si può dire, con naturalezza – un evento tanto drammatico. E soprattutto, se non ci sbagliamo nell’interpretazione, questo libro vuole infrangere lo “stato di quiete” dell’attuale gestione della Chiesa, del Pontefice regnante e della sua corte.
Si parte da una constatazione evidente a molti: e cioè che la Chiesa cattolica la “Santa Madre Chiesa è dinanzi a una crisi senza precedenti in tutta la sua storia” come ha scritto padre Serafino M. Lanzetta. Anche R. Emmett Tyrrell Jr., sul Washington Times, usa la stessa immagine: “È arrivata l’ora che papa Francesco riconosca che è stato a capo della Chiesa Cattolica in un momento di crisi senza precedenti”.
Giustamente rimarca l’autore che “La dolorosa serie di scandali per abusi che la travolge – con un vertice vaticano che non l’affronta – è solo la punta dell’iceberg di un grande smarrimento spirituale”, il segno di una perdita di fede, e di fiducia in quella che è stata, ed è ancora per molti, la dottrina cattolica. E sottolinea: “Il dramma, più vasto e profondo, ha come nodi la crisi di credibilità del papato di Jorge Mario Bergoglio, fonte di immensa confusione tra i fedeli, e il rischio incombente di deviazioni dalla dottrina cattolica che potrebbero portare la cristianità all’apostasia e allo scisma”.
Socci pone le dimissioni di Benedetto XVI nel loro contesto storico. Fino al momento della rinuncia la Chiesa non aveva ceduto allo spirito del mondo e alle tempeste partite da lontano, dai tempi della rivoluzione francese, e da due secoli di attacchi iper laicisti e anti cattolici. Era stata l’unico bastione a opporsi allo globalizzazione delle coscienze. Benedetto compreso.
Con la presidenza di Barack Obama/Hillary Clinton – in continuità con le presidenze di Bill Clinton degli anni Novanta – si è imposta su scala planetaria un’ideologia laicista, mascherata da ideologia politically correct, a supporto dell’egemonia planetaria degli Usa e della globalizzazione finanziaria. Dunque il pontificato di Benedetto XVI è diventato un ostacolo. E la chiesa cattolica si è trovata totalmente indifesa, senza alleanze…
“Con la presidenza di Barack Obama ci si scontra intorno ai matrimoni omosessuali, all’aborto, alla ricerca sulle cellule staminali. La stessa Conferenza episcopale nazionale non si ritrova con l’Amministrazione di Washington intorno alla riforma sanitaria o alla cosiddetta agenda «liberal»”.
“Pregate per me, perché io non fugga, per paura, davanti ai lupi”. Tutti ricordiamo quella frase, così misteriosa e inquietante di papa Benedetto. Ricorda Socci che “Il papa indicava così una serie di elementi da tenere presente: apostasia nella Chiesa, odio della fede da parte del mondo, l’anticristo e «la fine (perversa) di tutte le cose”. E ricorda anche ciò che Benedetto ha voluto dire del suo incontro con l’altro grande avversario dei Poteri che cercano di impadronirsi del mondo, corpo e anima:
“[Con Putin] abbiamo parlato in tedesco, lo conosce perfettamente. Non abbiamo fatto discorsi profondi, ma credo che egli – un uomo di potere – sia toccato dalla necessità della fede. È un realista. Vede che la Russia soffre per la distruzione della morale. Anche come patriota, come persona che vuole riportarla al ruolo di grande potenza, capisce che la distruzione del cristianesimo minaccia di distruggerla. Si rende conto che l’uomo ha bisogno di Dio e ne è di certo intimamente toccato. Anche adesso, quando ha consegnato a papa Francesco l’icona, ha fatto prima il segno della croce e l’ha baciata”.
Le dimissioni di Benedetto restano ancora per molti un grande punto interrogativo, un quesito dalle molteplici concomitanti risposte. Socci offre qui una sua ipotesi: “Pur non avendo alcuna prova, ho sempre pensato che Benedetto XVI sia stato indotto all’abdicazione da una macchinazione complessa, ordita da chi aveva interesse a bloccare la riconciliazione con l’ortodossia russa, pilastro religioso di un progetto di progressiva convergenza tra l’Europa continentale e Mosca. Per ragioni simili, credo sia stata fermata anche la corsa alla successione del cardinal Scola, che da patriarca di Venezia aveva condotto le trattative con Mosca”.
Siamo comunque di fronte a un progetto di un mondo unipolare a egemonia americana – che quindi deve piegare una Russia tornata indipendente e autonoma – è l’ultima follia ideologica partorita dal Novecento dei totalitarismi…È un progetto imperialistico suicida per gli Stati Uniti e pericolosissimo per il mondo, ma impregna così in profondità l’establishment americano (sia nella fazione neocon sia in quella liberal) che perfino Donald Trump – il quale ha vinto contro di loro e contro questa ideologia – deve oggi venire a patti e si trova pesantemente condizionato da questo blocco di potere, che sembra più forte del presidente eletto perché ha in pugno il Deep State.
Sono importanti da ricordare, e fa bene Socci a farlo, le manovre dell’amministrazione Obama-Clinton per organizzare una “rivoluzione” nella Chiesa. Una rivoluzione, in effetti, c’è stata, come abbiamo visto, e come vediamo. E non sono pochi quelli che la collegano ai poteri forti finanziari e ideologici a cui dava fastidio la Chiesa di Benedetto, e a cui davano fastidio i vescovi americani, schierati in una battaglia culturale, che li fa definire “cultural warriors” in tono dispregiativo dalla stampa prezzolata – e non è un modo di dire – dell’attuale Regime.
Anche per questo “Benedetto XVI, durante gli anni del suo pontificato, è stato sottoposto ad attacchi sistematici e continui e si è trovato in una condizione di isolamento palese, sempre più pesante, fino a non avere più neanche il potere reale all’interno della Curia”. Dimissioni, e poi il Conclave; e una delle riunioni chiave per organizzare l’elezione di Bergoglio si svolge – come se non ci fossero aule e conventi e istituti religiosi a Roma! – nell’Ambasciata britannica.
Nota Socci: “È alquanto singolare questo ruolo diretto giocato da una potenza che è storicamente anticattolica (peraltro è pure la culla della massoneria). Chiunque conosca un po’ la formidabile e «imperiale» politica estera britannica può facilmente essere indotto a ritenere che ci sia stato un forte interesse politico, di quell’importante Paese, a far eleggere Jorge Mario Bergoglio”.
Accenniamo solo di passaggio, per motivi di spazio, alle analisi molto interessanti relative a quanto sta accadendo in Europa e nel mondo, al progetto di rendere inesistenti confini e identità, per gestire più facilmente le nuove masse finalizzate a servire un capitale senza volto. E veniamo al nodo dell’opera: le dimissioni di Benedetto, ma soprattutto che cosa hanno significato, e in che misura, e da che cosa si è dimesso.
“Così, per Benedetto XVI dobbiamo chiederci: ha davvero rinunciato del tutto al ministero petrino? Non è più papa?”. Risponde Socci: “Dal punto di vista soggettivo possiamo dunque affermare che la sua intenzione – che è decisiva per definire l’atto che ha compiuto – non era quella di non essere più papa…È evidente che – pur avendo fatto una rinuncia relativa al papato (ma di che tipo?) egli ha inteso rimanere ancora papa, sia pure in un modo enigmatico e in una forma inedita, che non è stata spiegata (almeno fino a una certa data)”.
E in effetti bisogna ricordare che Benedetto disse, parlando del pontefice romano: “Il “sempre” è anche un “per sempre” – non c’è più un ritornare nel privato. La mia decisione di rinunciare all’esercizio attivo del ministero non revoca questo”. Ha ragione l’autore a sottolineare che questa distinzione, “Giusta o sbagliata”, non è stata presa sufficientemente da conto da parte degli osservatori, e – lasciando da parte noi giornalisti, per definizione faciloni e un po’ somari, brillanti magari ma somarii – soprattutto da parte di studiosi e canonisti.
Si pone a questo punto un altro problema, enorme. “E a questo punto c’è chi si chiede – attenzione – se per il diritto canonico… una rinuncia dubbia non sia di fatto una rinuncia nulla, con le conseguenze colossali che intuiamo”. Non è il solo problema legato a quella decisione di papa Benedetto. Nota l’autore: “D’altra parte fu anche una fretta contraddittoria perché la rinuncia, quell’11 febbraio, non fu immediata come avrebbe dovuto, ma decorse a partire dalle ore 20.00 del 28 febbraio successivo, senza alcun motivo, cioè senza che vi fosse nessuna ragione tecnica o pastorale (né evidente, né dichiarata) in quella validità posticipata di diciassette giorni”.
Si apre proprio per questo l’ipotesi della possibile nullità dell’atto: “La ragione per cui gli actus legitimi, come l’accettazione o la rinuncia non tollerano l’apposizione di condizioni o termini” afferma un esperto “risiede nel fatto che si tratta di atti che si compiono mediante la pronuncia di certa verba, come dicevano i giuristi romani, tali da risultare logicamente incompatibili con un rinvio – quale la condizione o il termine comportano – degli effetti dello stesso che con quei certa verba si compie. Dunque, l’incasellamento dell’accettazione e della rinuncia in questa categoria giuridica comporta la nullità radicale dell’atto (vitiatur et vitiat)”.
La conclusione del canonista è chiara: “Oggetto della rinuncia irrevocabile infatti è l’execution muneris mediante l’azione e la parola (agendo et loquendo) non il munus affidatogli una volta per sempre». E “la rinuncia limitata all’esercizio attivo del munus costituisce la novità assoluta della rinuncia di Benedetto XVI”.
Elementi confermati dal prefetto della casa Pontificia, mons. Georg Gänswein secondo cui la «rinuncia» di Benedetto XVI – il quale “decise di non rinunciare al nome che aveva scelto» – è diversa da quella di papa Celestino V il quale – dopo il suo abbandono del papato – «era ridiventato Pietro dal Morrone”.
E continuava con una delle affermazioni più sorprendenti e clamorose: “Perciò, dall’11 febbraio 2013 il ministero papale non è più quello di prima. È e rimane il fondamento della Chiesa cattolica; e tuttavia è un fondamento che Benedetto XVI ha profondamente e durevolmente trasformato nel suo pontificato d’eccezione (Ausnahmepontifikat)”. È il nodo del doppio ministero, cioè il punto in cui si prospetta la “dimensione collegiale” del ministero petrino, “quasi un ministero in comune”.
Un concetto che è necessario che prima o poi venga dipanato. Ma chi avversa e volesse impugnare questa concezione dei fatti – si ritroverebbe a fare i conti con la domanda sulla validità di una rinuncia dubbia o parziale. È questo il pacchetto esplosivo che Antonio Socci getta, con questo suo libro, sul tavolo della discussione sulla e nella Chiesa di oggi. Una serie di questioni e domande che attendono risposte precise.
maglie e tosatti sul libro di socci,'il segreto di benedetto xvi',la domanda-bomba sulle dimissioni - Cronache
LA PAPATA BOLLENTE - 'NEL NUOVO LIBRO SOCCI SI CHIEDE QUALE RICATTO INTERNAZIONALE SI CELI DIETRO LE DIMISSIONI DI PAPA BENEDETTO XVI: LA CHIESA DEL DISCORSO DI RATISBONA ERA UN OSTACOLO ALLA GLOBALIZZAZIONE SFRENATA
Il segreto c'è, e sara’ svelato, anche se farlo inquieta e mette a rischio. Dello straordinario libro di Antonio Socci sulle dimissioni di Benedetto XVI e l'attuale condizione della Chiesa Cattolica, mi interessa, e soprattutto sono competente solo a, mettere in risalto il contesto storico mondiale che accompagna il papato, Le incredibili dimissioni, le circostanze ambigue dell'elezione del successore, la persistenza di una presenza discreta ma non rinunciataria del papa emerito col papa in carica.
Per il resto volentieri vi lascio alla lettura della recensione colta, completa e necessariamente non rassicurante, di Marco Tosatti, vaticanista straordinario che recentemente ha aiutato Monsignor Viganò a far sentire la sua voce di denuncia degli scandali coperti dalla Chiesa di Bergoglio.
Siete liberi di crederci o no, ma l'argomentazione è impeccabile e serrata. Il contesto storico mette i brividi a un osservatore anche impavido perché spiega bene come la globalizzazione intesa come redistribuzione iniqua del potere e delle ricchezze, non come forma evoluta di scambio, abbia invaso anche la sfera delle coscienze, abbia individuato nella Chiesa del discorso di Ratisbona un nemico da privare di baluardi.
Quale ricatto internazionale si cela dietro le dimissioni di Papa Benedetto XVI, o per dirla in modo più prudente, a quale isolamento internazionale si è trovata esposta la Chiesa in quel periodo, spogliata di alleanze, identificata come scudo dell'Occidente da invadere e contaminare?
E’ Il politically correct, bellezza, e tu non puoi farci niente. È la presidenza di Barack Obama, Premio Nobel alle intenzioni, l'allegria preventiva e senza costrutto ne’ preparazione politica delle cosiddette primavere arabe; infine con la missione in Libia del segretario di stato Hillary Clinton in preparazione, che farà fuori un dittatore spietato ma pensionato ormai, e divenuto, sia pur a caro prezzo di denaro, un collaboratore nell'opera meritoria di fermare sbarchi indiscriminati verso le nostre coste.
Probabilmente l'operazione e’ cominciata prima, l'età dell'oro in economia di Bill Clinton che preparava le truffe della finanza, e l'accettazione della sua disinvolta vita privata da parte degli americani e dell'opinione pubblica.
Ma l’agenda liberal si manifesta in tutta la sua aggressività con Obama: matrimoni omosessuali, aborto, ricerca sulle staminali, transgender. E, quel che è grave, non intende fare il proprio percorso accettando di avere un avversario nella cristianità, e nel Papa romano; intende isolare la fede, chi la prova, chi la pratica. In questa avversione sarebbe miope attribuire tutta la responsabilità a Washington, perché l'attacco è concentrico, si sviluppa facilmente in Europa e nell'Unione Europea a trazione tedesca e francese intenta alla pratica dell'accoglienza.
Basta ricordare non solo le furibonde polemiche dopo il discorso di Benedetto XVI a Ratisbona, ma le continue ostilità e boicottaggi aperti, uno per tutti la mancata visita all'università La Sapienza di Roma all'inizio del 2008. Uno scandalo, digerito con grande disinvoltura da chi comandava in Italia: governo Prodi, ben 67 firme di docenti contro la visita del Papa per l'inaugurazione dell'anno accademico dove lo aveva invitato il rettore. Tra le dichiarazioni quella immancabile di Emma Bonino: "Nessuno vuole imbavagliare il Papa o togliergli la parola. L'unico che ha la parola, mattina e sera, è appunto il Papa, con i suoi seguaci, e la morale cattolica”. Già piena Open Society, non era ancora l'epoca dell'abbraccio con Bergoglio.
In quel periodo difficile di contrasto con i lupi, come lui stesso li definisce, Papa Ratzinger intreccio’ un rapporto stretto con Vladimir Putin, la Russia bianca cristiana. Segue questi incontri il cardinale Scola, al quale poi sarà tagliata la strada della successione al papato. Quella successione, ricorda Antonio Socci, viene discussa e organizzata anche all'interno dell'ambasciata britannica a Roma, sede a dir poco stravagante, certamente collegabile ad ambienti della massoneria.
Il successore, Bergoglio, per citare un solo episodio, farà propria la battaglia culturale dell'amministrazione Obama contro i vescovi che si oppongono ad altri vescovi, per esempio a pedofili e protettore di pedofili, uno scandalo dimostrato ma rimasto senza risposte ufficiali anche di recente. Il successore farà propria la battaglia del multiculturalismo e perfino del politically correct.
Nel frattempo certamente il sistema americano ha trovato il modo di difendersi e proteggersi eleggendo a sorpresa un fiero avversario di globalizzazione e correttezza politica nella persona di Donald Trump. ma il Deep State lo avversa in tutti i modi possibili, leciti ed illeciti.
Nel frattempo il Papa del segreto, che in segreto ha lasciato, perché isolato e schiacciato dalla macchinazione che aveva invaso la Curia, secondo la tesi di Antonio Socci, alle prerogative del Papa non ha mai rinunciato, nemmeno nei vestimenti. C'è, e, quando deve, parla.
maglie e tosatti sul libro di socci,'il segreto di benedetto xvi',la domanda-bomba sulle dimissioni - Cronache
LA “RISPOSTA” DEL VATICANO ALLA NOSTRA ESTINZIONE
Maurizio Blondet
“Davvero simbolico il video proiettato sulla chiesa di Santa Maria della Minerva per concludere il Sinodo della Gioventù: la chiesa (o piuttosto la Chiesa?) viene scoperchiata, poi demolita, infine dissolta..”, mi scrive il lettore Alberto Piccoli. E’ accaduto a fine ottobre ma m’era sfuggito, perché ormai distolgo il pensiero e lo sguardo dal Vaticano occupato dalla junta sudamericana, come si deve fare per non guardare la madre fattasi, a tarda età, prostituta del “Mondo”.
Tuttavia è stato commentato, negli ambienti cattolici americani ed inglesi – evidentemente meno assuefatti di noi dì questo Vaticano mai sazio di profanare – come satanico, demonico, inquietante, una forma di orribile scherno. Il significato è effettivamente inequivocabile: e poiché è stato autorizzato dal Vicariato di Roma, lo leggiamo come la pulsione di morte, lo spasimo di questa chiesa di Bergoglio per l’annichilimento di sé, di ogni soprannaturale e di ogni sacramentale – e di tutto il passato, duemila anni di arte e di bellezza che ormai odia.
Insaziabile sete di profanazione
L’architettura unica – facciata classica ed interno gotico unico in Roma, epitome integrale della Tradizione eropea – viene mostrata mentre si liquefa bavosamente, sventrata, scomposta, per una attimo non è che un teschio, e infine polverizzata : ma questa smaterializzazione, lo si dice chiaro, è solo “un trucco di fumo e di specchi”, a trick of smoke and mirrors come Shakespeare chiamava le magie del grande Illusionista, che sostituisce ciò che è stato solido con il vuoto dell’aria di cui è Principe, maceria – e tunnel delle tenebre finali.
Nella chiesa così profanata sono conservati i resti mortali di Santa Caterina da Siena, ed è la chiesa titolare dei cardinale Antonio Dos Santos Marto di Fatima, il cui nome evoca i cari pastorelli Giacinta e Francisco Marto, cui a Fatima le Vergine Madre avvertì della crisi finale della Chiesa.
“Mi ha chiesto se volevo restare per convertire altri peccatori. Le ho detto di sì”.
Insomma si è sputato sui cari eroici fratellini che tutto han sofferto “per i peccatori” , e la Patrona d’Italia e d’Europa, la sapiente, la dottore della Chiesa per divina grazia evidente, essendo lei illetterata . Questa insaziabile voglia di oltraggiare e disonorare ciò che ci è caro, sacro e necessario, è davvero il più evidente indizio di ossessione satanica della Junta chiesastica.
Ancor più significativo che questo abbia offerto la Junta al Sinodo dei Giovani. Nient’altro che l’immagine della propria volontà di autodistruzione. Come dirlo? Abbiamo la certezza che – con la popolazione femminile fra i 15 e i 49 anni diminuita di 900 mila unità – ormai l’estinzione degli italiani è “un processo innescato” e già di fatto irreversibile; i “giovani” a cui la chiesa rivolge il suo “messaggio” di “accoglienza” secondo le direttive dell’ONU non sono sempre più rari, ma al ritmo di 250 mila l’anno devono andare all’estero per trovare da vivere con dignità: il che significa, vivere in un’altra lingua, ossia in un altro universo culturale, spirituale. Alla lunga, assorbiti e integrati in una non-Italia.
“Ciò significa”, cito Gianluca Marletta,”che l’Occidente così come lo conosciamo – da un punto di vista culturale, sociale, etnico, spirituale, sicuramente anche economico col suo corollario di “sicurezze” – è al suo termine. Non è apocalittica o escatologia, sono dati tecnici: pochi giovani significa pochi figli futuri, in ogni caso la FINE di una CIVILTA’. Possiamo far studiare i nostri figli, sperare per loro, ma una cosa è sicura: l’Italia, l’Europa, l’Occidente, sono clinicamente morti; e la presente è l’ultima generazione che ha la possibilità di vivere il tipo di mondo che noi stiamo ancora vivendo”.
Il “messaggio” ai “Giovani”
Così possiamo a vedere come sia totale il tradimento della chiesa vaticana a questi giovani su cui finge di puntare. Non ha altra risposta che quella di Soros e del Palazzo di Vetro, sostituire il sangue vecchio col sangue nuovo di immigrati africani e medioorientali dalla democrazia tumultuosa, che feroci sbarcano. Come se si trattasse di “sangue”, di materialità meccanica, come se la salvezza fosse nello stupro dei negri o dei musulmani sulle restanti giovani donne per”fare figli”.
S’intende, non è questione di razza. Se non si hanno più figli naturali, si possono avere figli spirituali o culturali. Dovremmo avere l’ambizione di rendere “italiani” i nigeriani, eritrei o bangla, afghani e turchi, ossia: che sentano “propri” Dante Alighieri e Rossini e Verdi, che si sentano figli , nel proprio sangue, delle chiese romaniche, del barocco romano, il tema centrale dell’architettura per duemila anni. Noi, sterili geneticamente, abbiamo ancora una eredità da trasmettere, da donare ai nuovi venuti, perché ne siano orgogliosi.
Ma noi, come massa, siamo forse coscienti e orgoglio di questa eredita? Non so chi conosca ormai Dante Alighieri, o si sente figlio della basilica tardo-romana di San Lorenzo. Noi stesso siamo già “stranieri” accampati fra le splendide rovine che ci ha lasciato – chi? Se non la Chiesa? Il Cristo diventato civiltà?
“Chiamo Europa ogni terra che è stata romanizzata, cristianizzata e si è sottomessa allo spirito di disciplina dei Greci”, diceva Paul Valéry. Ora El Papa ci predica ogni giorno – come Soros, come Mattarella, come la Kommisione – che questo è “cristianesimo” da farisei, da “mummie da museo”, da “facce da funerale”, da “cristiani senza speranza” nel loro moralismo retrivo (traggo dal ricco florilegio di insulti bergogliani contro i credenti), formalisti, un ostacolo alla “carità” cristiana. La quale è pura solo se è senza cultura, senza passato.
Vien da replicare con Barbey D’Aurevilly: “Il cattolicesimo ristretto, triste e pieno di scrupoli che si inventano contro di noi, non è quello – quello che fu sempre la civilizzazione del mondo. Il cattolicesimo è la scienza del Bene e del Male. Sonda le reni ed il cuore, due cloache traboccanti di un fosforo incendiario”.
Ebbene: nell’ora tragica della nostra estinzione, El Papa ci toglie, la sua Chiesa ci fa mancare, proprio il tesoro che possiamo, anzi dobbiamo trasmettere ancora ai nuovi venuti; insulta, sputa e profana l’ultima speranza nostra di essere ancora padri – che trasmettono la cultura e la civiltà ricevuta ai figli che sono stati generati da altre madri. Generatori in loro della cultura. Esigente, perché è esigente la civiltà, bisogna apprenderla con disciplina ed amore.
A questo, la neochiesa ci sostituisce ciò che Kolakovski ha chiamato “l’universalismo culturale che si nega” – ossia “che nega se stesso se è generoso fino al punto da disconoscere la differenza tra la tolleranza e l’intolleranza in se stesso e nella barbarie; si nega, se per non cadere nella tentazione della barbarie, dà agli altri il diritto di essere barbari”.
E’ lo scacco finale della cristianità. E non a caso è una contraddizione in termini: perché quel che El Papa nega, è il Logos stesso. Il solo Pane di Vita che è anche Intelligenza – e lo sostituisce con l’assurdo surrogato demente della grande sostituzione, il surrogato con cui si è fatta pagare dall’Onu prostituendosi, antica madre, davanti al Palazzo di Vetro. Che in fondo è il nichilismo supremo, il luciferino “tutto ciò che esiste merita di morire” dell’Omicida fin da Principio.
Perché in fondo è di questo che ci estinguiamo, come popolo o popoli, per la denutrizione di questo alimento che la neochiesa vuol privarci. Perché (e giuro, sarà l’ultima citazione) un non credente lucidissimo e disperato come Houellebecq, ha riconosciuto il bisogno radicale, e radicalmente insoddisfatto: “Qualcosa che superi e contenga l’esistenza. Noi non possiamo più vivere lontani dall’eternità”.
Ma appunto per questo, cesso di scandalizzarmi e di temere. Noi abbiamo fallito e peccato al punto – tutti responsabili – che solo un intervento di Cristo può ormai salvarci. E ci è stato promesso. La crisi demografica irreversibile? Dio può creare figli di Abramo “da queste pietre”.
https://www.maurizioblondet.it/la-ri...ra-estinzione/