User Tag List

Pagina 38 di 38 PrimaPrima ... 283738
Risultati da 371 a 375 di 375
  1. #371
    Forumista senior
    Data Registrazione
    15 Dec 2011
    Messaggi
    2,058
     Likes dati
    0
     Like avuti
    50
    Mentioned
    0 Post(s)
    Tagged
    0 Thread(s)

    Predefinito Re: Rif: Il Verbo di Dio si è fatto carne

    Vaticano apre a farmaco blocca-pubertà. Cosi' tradisce la Chiesa
    Un sostegno alla decisione dello Stato italiano di inserire il farmaco blocca-pubertà tra quelli erogabili dal Servizio Sanitario Nazionale, arriva clamorosamente da Vatican News, portale ufficiale dell'informazione vaticana, e dalla bioeticista Laura Palazzani, membro della Pontificia Accademia per la Vita. Leggiamo affermazioni che privilegiano il desiderio alla vocazione, ribaltando completamente l'antropologia cattolica. E invece di interrogarsi sulle cause del disagio degli adolescenti offrono un farmaco: un materialismo positivista negazione del cattolicesimo. E' questo che si insegna nelle Università cattoliche?
    - E' UN ABUSO SUI MINORI, di Silvana De Mari
    Ho letto con molta perplessità l’intervista alla professoressa Laura Palazzani proposta da Vatican News (clicca qui), il portale ufficiale dell’informazione vaticana. Stiamo parlando della decisione di inserire la molecola TRP-triptorelina (il cosiddetto farmaco blocca-pubertà) fra i medicinali erogati dal Servizio Sanitario Nazionale.
    Non entro nel merito delle questioni mediche. Non mi è possibile commentare la somministrazione di un farmaco antitumorale, che agisce alterando l’equilibrio ormonale, con lo scopo di bloccare lo sviluppo puberale di bambini sani, con «scarsità di letteratura scientifica disponibile». Ma questo è il mondo di oggi, le «magnifiche sorti e progressive» che ci propinano da secoli; prima o poi mi rassegnero'.
    Quello che mi lascia perplesso è la posizione della professoressa, corrispondente della Pontificia Accademia Pro Vita e bioeticista di diverse istituzioni cattoliche.
    Leggo, ad esempio, che la somministrazione di questo farmaco riguarderà «bambini […] che intendono cambiare sesso», e mi chiedo: come è possibile «cambiare sesso»? E' possibile scrivere maschio anziché femmina sui documenti, e viceversa; è possibile somministrare ormoni sessuali; è possibile inserire protesi e asportare chirurgicamente organi sessuali a persone sane… ma – ripeto - come è possibile «cambiare sesso»? Non abbiamo forse dei cromosomi sessuati in ogni cellula del nostro corpo? Come li cambiamo, con un virus? L’antropologia cattolica dice che l’uomo è sinolo (unione inscindibile) di anima e corpo; è possibile anche cambiare il sesso dell’anima?
    Saremmo dunque «in presenza di una profonda sofferenza dei ragazzi con psicopatologie psichiatriche»... E un farmaco è la soluzione? Nessuna domanda sul motivo di tali sofferenze, sul perché «vivono forti disagi circa la loro corporeità maschile o femminile e intendono cambiare sesso»? Nemmeno un dubbio sull’ambiente sociale nel quale crescono i nostri figli, sul modo in cui li educhiamo? La risposta a queste sofferenze è semplicemente di tipo chimico? Non è forse, questo, puro materialismo positivista che ben poco ha a che fare con il cattolicesimo?
    Ancora: è questa l’antropologia che viene insegnata all’Università Cattolica e alla Libera Università Maria Santissima Assunta (LUMSA), istituzioni cattoliche con le quali collabora la professoressa Palazzani? E' per questo insegnamento che i genitori pagano profumate rette, è per questa antropologia che vengono raccolte offerte annualmente? A che servono le università cattoliche se è difficile distinguerle dalle equivalenti laiche?
    Di più, vista l’autorevolezza ecclesiastica della professoressa e del medium che l’ha intervistata. La Chiesa accetta che non sia la vocazione, il progetto che Dio ha per ognuno di noi, ma «il disagio circa la corporeità maschile e femminile» a guidare lo sviluppo dei ragazzi? Non più la ragione, la facoltà più elevata donata da Dio agli uomini; ma «la direzione da loro desiderata», il desiderio, le passioni? Si tratta di un ribaltamento completo rispetto all’antropologia della Chiesa, che ha sempre insegnato il dominio delle passioni e la guida della ragione, in grado di cogliere la realtà metafisica. Non è più cosi'?
    La Chiesa ha sempre insegnato che non siamo cio' che siamo, ma cio' che dovremmo essere. La nostra vera natura è un progetto (la vocazione) da costruire. Ora, invece, siamo semplicemente cio' che desideriamo? Non abbiamo più una realizzazione, un telos, un compimento? Nessun orizzonte ci aspetta? Siamo solo «volontà e rappresentazione»? La vita è dunque disperazione e mancanza di senso?
    Il Logos, l’ordine provvidenziale del creato, si è fatto carne e ha abitato presso di noi; e guida la Chiesa, sua sposa. La Chiesa ha dunque tradito il Logos per adeguarsi al mondo?
    Vaticano apre a farmaco blocca-pubertà. Così tradisce la Chiesa - La Nuova Bussola Quotidiana

    Il padrone chiama, Avvenire si rimangia tutto
    In un articolo di ieri, 13 marzo, il quotidiano dei vescovi italiani, che era sempre stato critico verso il farmaco blocca-pubertà, cambia improvvisamente linea e si accoda all'aperturismo di Vatican News e della Pontificia Accademia per la Vita. Ecco il retroscena.
    «Tutto inutile. (…) Inutili gli appelli degli esperti a proposito dei rischi sconosciuti. Inutili gli inviti alla cautela arrivati dagli stessi medici che si occupano di un disturbo dalle mille ombre che si chiama disforia di genere». Così, appena una settimana fa, il 6 marzo, Avvenire – con la firma di Luciano Moia - commentava negativamente la decisione dell’Agenzia del Farmaco (Aifa) di introdurre la triptorelina tra i farmaci erogati dal Servizio Sanitario Nazionale, allo scopo di bloccare la pubertà in quei bambini che fanno fatica a riconoscersi nel proprio sesso.
    E l’8 marzo, per rispondere al direttore de La Verità, Maurizio Belpietro, che accusava Avvenire di essere un po’ distratto sul tema triptorelina, lo stesso Moia sparava una raffica di articoli pubblicati da Avvenire negli ultimi quattro anni su quello che loro stessi hanno battezzato “farmaco gender”. Ovviamente articoli molto critici.
    Poi d’improvviso l’inversione a U. Il 13 marzo, cioè ieri, in grande evidenza a pagina 3 di Avvenire, lo stesso Luciano Moia scopre che in fondo la faccenda non è così chiara. Chi lo dice che cambiare sesso, in determinate condizioni, non sia lecito? La Chiesa non si è mai pronunciata «sulla liceità morale della “riassegnazione chirurgica”». E poi la sofferenza, il discernimento, il caso per caso, addirittura le periferie tanto care a papa Francesco in cui si troverebbe l’etica in questo caso. Certo, ci sono quelli che dicono “no, assolutamente”, però ci sono anche quelli che dicono “sì”. Insomma, tutto un complesso di cose per cui si deve evitare «la pretesa legalistica del “si può”, “non si può”». Che - non siamo scemi - equivale a dire: “si può”.
    E cosa sarà mai successo in questi 5 giorni da provocare questa giravolta? Dato l’argomento, non si può fare a meno di pensare all’effetto di un bombardamento ormonale sfociato in una “riassegnazione del cervello”.
    La realtà però è molto più banale e si potrebbe sintetizzare in “La voce del padrone”. Ecco dunque cosa è successo: il 7 marzo su Vatican News esce l’ormai famosa – almeno per i lettori de La Nuova BQ e di altri organi non allineati – intervista alla bioeticista Laura Palazzani, vice presidente del Comitato nazionale per la Bioetica (Cnb) e membro corrispondente della Pontificia Accademia per la Vita (Pav). La Palazzani aveva votato a favore dell’uso della triptorelina, sebbene in casi circoscritti, nel documento che il Cnb aveva pubblicato lo scorso luglio su richiesta dell’Aifa. E su Vatican News ne sosteneva, senza contraddittorio, le ragioni. Giustamente noi – e non soltanto noi - abbiamo dato grande spazio alla notizia perché semplicemente significa che la Santa Sede apre all’uso del farmaco blocca-pubertà e al conseguente “cambio genitale”.
    Peraltro questa bella trovata in accoppiata Vatican News-Pontificia Accademia per la Vita ha generato molte reazioni negative, da parte di cattolici giustamente indignati che hanno chiesto ragione di tale scandalo. E allo stesso tempo anche difese d’ufficio, la più comune delle quali sostiene che la Palazzani parlava per sé e non a nome della Pav. Ci si aspettava dunque una qualche correzione del tiro. Illusi: il 12 marzo quindi ripercorrevo gli eventi degli ultimi mesi riaffermando la convinzione che non di svista si trattasse ma di “nulla osta” vaticano.
    A quel punto possiamo immaginare qualche telefonata “calda” da Roma verso la direzione di Avvenire. Il grande capo della comunicazione vaticana Andrea Tornielli? Il presidente della Pav, monsignor Vincenzo Paglia? Qualcun altro che si può fregiare del titolo di “molto vicino a Santa Marta”? Provate a indovinare, ma in ogni caso è qualcuno che conta molto e che, scavalcando la Conferenza Episcopale Italiana, può mettere sull’attenti il direttore di Avvenire. E pretendere che un giornalista si giochi la faccia rinnegando pubblicamente quello che aveva scritto fino a 5 giorni prima. E così nasce l'articolo di ieri di Avvenire, in cui tra l'altro si vuole rispondere direttamente alle nostre argomentazioni (senza mai citarci, ovviamente).
    Ma si consolino da quelle parti. Non sono i soli a dover piegare il capo, i padroni del vapore devono essere davvero molto contrariati e decisi a mantenere il punto. È successa un’altra cosa strana: ieri mattina sul blog di Costanza Miriano, che aveva scritto un articolo dai contenuti analoghi a quelli della Nuova BQ e che chiamava in causa la Pav, compare il commento di un altro membro della Pav, la spagnola Elena Postigo. Diceva così:
    «Come membro dell’Accademia vorrei chiarire che alcuni di noi abbiamo saputo di questa polemica soltanto negli ultimi giorni. La questione non si è studiata in dettaglio nella Pav e quindi non ci siamo pronunciati ufficialmente. Penso infatti che dovremmo farlo.
    Personalmente non condivido il parere del Cnb, e alcuni la pensiamo allo stesso modo. Questa decisione ha gravissime implicazioni di carattere medico, antropologico, etico e teologico. Bisogna distinguere il parere di alcuni membri da quello ufficiale della Pav».
    Infatti, nel giro di pochissime ore il post del membro Postigo è scomparso. Ritirato. Ne resta la memoria solo in alcuni post di Facebook che l’avevano rilanciato (tranquilli, il fatto che ieri pomeriggio Facebook sia andato in tilt è pura coincidenza, non crediamo siano così potenti).
    Possiamo dunque facilmente prevedere che la cosa non finirà qui e avrà il coraggio di parlare soltanto chi sarà disposto a fare quadrato attorno alla Palazzani e alla direzione della Pav.
    Chi ha detto che lo stalinismo è morto?
    Il padrone chiama, Avvenire si rimangia tutto - La Nuova Bussola Quotidiana

    Adulterio e omosessualità. Le due parole sparite
    È un fatto, non un’opinione. Le parole adulterio e omosessualità sono entrambe sparite dal magistero della Chiesa, il più alto, quello che fa capo al romano pontefice.
    Della prima parola già si sapeva. È scomparsa del tutto proprio quando sarebbe stato più naturale pronunciarla, nei due sinodi sulla famiglia e poco dopo, quando papa Francesco ne tirò le somme nell’esortazione “Amoris laetitia”.
    Mentre la scomparsa della seconda parola è più recente. Ed è avvenuta anch’essa proprio nel momento in cui sembrava impossibile non dirla: nel summit del 21-24 febbraio in Vaticano sugli abusi sessuali compiuti da sacerdoti e vescovi, quasi tutti su giovani e giovanissimi dello stesso sesso.
    “Si sa che quando si vuol emarginare o eliminare una qualche verità non c’è bisogno di contraddirla apertamente, anzi questa sarebbe la strategia peggiore, perché susciterebbe aperte reazioni e richiamerebbe l’attenzione. Molto meglio, invece, passarla sotto silenzio, non parlarne più, confinarla fra le anticaglie in soffitta o in cantina, e nel giro di qualche tempo di essa si perderà del tutto memoria e si vivrà come se più non fosse”.
    A fare questa osservazione è dom Giulio Meiattini, monaco benedettino dell’abbazia della Madonna della Scala a Noci, professore di teologia al Pontificio Ateneo Sant’Anselmo di Roma, nella prefazione alla seconda edizione del suo libro “Amoris laetitia? I sacramenti ridotti a morale”.
    La prefazione può essere letta integralmente nel blog di Aldo Maria Valli. Ma basta qui riprenderne i passaggi più focalizzati sulla messa al bando dell’una e dell’altra parola.
    ADULTERIO
    Scrive dom Meiattini:
    “Il primo cambiamento, che non sembra sia stato colto nella sua effettiva gravità perché dissimulato, è la completa scomparsa, per non dire il bando, della parola ‘adulterio’. Essa è del tutto assente nei due ‘Instrumenta laboris’ previ ai sinodi del 2014 e 2015, assente nelle rispettive relazioni intermedie (‘Relationes post disceptationem’), mai usata dai due documenti finali sottoposti all’approvazione dei padri sinodali, e infine definitivamente seppellita da ‘Amoris laetitia’. Non è un dettaglio di poco conto. L’insegnamento della Chiesa, dal tempo dei Padri, ha sempre fatto immancabile riferimento ai testi evangelici e neotestamentari relativi all’adulterio come parte essenziale del suo insegnamento sul matrimonio indissolubile, con le relative conseguenze sulla prassi pastorale e la disciplina canonica. Nei menzionati documenti presinodali, sinodali e postsinodali, invece, questi passi non vengono mai citati espressamente, a parte una volta un paio di frammenti di Mt 19, 8-9, da cui è però censurato proprio il passaggio che fa appunto esplicito riferimento all’adulterio”.
    È il passaggio in cui Gesù dice che “chiunque ripudia la propria moglie, se non in caso di concubinato, e ne sposa un'altra commette adulterio”.
    Dom Meiattini prosegue:
    “Bisogna avere l’onestà di dirlo e di riconoscerlo: già da tempo nella Chiesa si adopera molto raramente la parola ‘adulterio’ nella predicazione o nella catechesi. Adesso poi, in ossequio al capitolo VIII di ‘Amoris laetitia’, si preferisce usare il termine neutro e innocuo di ‘fragilità’, che va a rimpiazzare nella maggior parte dei casi anche la stessa parola ‘peccato’. L’infedeltà coniugale occasionale o le nuove unioni stabili successive all’unico matrimonio celebrato davanti a Dio non sono più designate col termine appropriato con cui Gesù e la tradizione cristiana le definiscono: adulterio. […] Nei due sinodi e in ‘Amoris laetitia’ il peccato di adulterio è stato cancellato non con un colpo di spugna, bensì con un colpo di silenzio: semplicemente non se ne parla più. E che ne è stato di tutti quei passi neotestamentari, soprattutto evangelici, che ne parlano apertamente? Di essi figura solo uno sbiadito rimando fra parentesi, preceduto dalla sigla ‘cfr.’”.
    OMOSESSUALITÀ
    La scomparsa della parola omosessualità dal magistero della Chiesa – fa notare dom Meiattini – è avvenuta più gradualmente. Prima con una sua mutazione di significato e quindi di giudizio, e poi con il suo totale abbandono.
    Il momento chiave del mutamento di giudizio sull’omosessualità è ravvisabile nei paragrafi 50, 51 e 52 della “Relatio post disceptationem” resa pubblica a metà del sinodo del 2014 sulla famiglia.
    Quando il 13 ottobre 2014 la “Relatio” fu presentata alla stampa, il cardinale delegato Péter Erdõ – che formalmente figurava come l’autore del documento – si dissociò da quei tre paragrafi e ne attribuì la stesura surrettizia a Bruno Forte, nominato dal papa segretario speciale del sinodo. E il giorno dopo un altro cardinale di primo piano, il sudafricano Wilfrid Napier, denunciò il danno irreparabile che era stato fatto con quel colpo di mano: “Il messaggio è partito: questo è ciò che dice il sinodo, questo è ciò che dice la Chiesa. A questo punto non c'è correzione che tenga”.
    Che cosa c’era scritto, infatti, in quei tre paragrafi? Che i comportamenti omosessuali vanno “accettati” e che “il mutuo sostegno fino al sacrificio costituisce un appoggio prezioso per la vita di coppie dello stesso sesso”, meglio ancora se allietate da bambini.
    Commenta dom Meiattini:
    “Queste espressioni suscitarono consistenti e comprensibili reazioni nell’assemblea sinodale, tanto che nel sinodo del 2015 e infine in ‘Amoris laetitia’ si ripiegò su poche frasi molto più sobrie e non problematiche. Ma è chiaro che le parole usate in quei paragrafi rappresentavano comunque un tentativo di legittimazione indiretta, neanche troppo velata, dell’omosessualità e anche dell’adozione di bambini da parte di coppie omosessuali”.
    Alla vigilia del sinodo del 2018 sui giovani era quindi alta l’attesa su ciò che la gerarchia avrebbe detto in materia di omosessualità, dopo che nel suo documento base, l’”Instrumentum laboris”, aveva fatto capolino – per la prima volta in un testo ufficiale della Chiesa – il non innocente acronimo LGBT.
    Poi, però, nel documento finale – alla cui stesura fu comunicato che aveva “preso parte personalmente anche papa Francesco” – all’omosessualità fu dedicato solo un breve cenno generico, nel paragrafo 150.
    A proposito del quale dom Meiattini osserva:
    “Alla prima lettura sembra trattarsi di un paragrafo in fondo innocuo. Si parla di rispetto delle persone omosessuali, di iniziative pastorali per la loro integrazione. È chiaro che nessuno vorrebbe discriminare queste persone e mancare loro di rispetto. Ma quello che colpisce, in queste frasi, non è tanto quello che è detto, bensì il silenzio. Il silenzio intorno alla dottrina comune e di sempre, secondo la quale l’inclinazione omosessuale rappresenta un disordine e l’assecondarla un peccato. Il silenzio, come si vede, sembra diventato un metodo per ammorbidire le coscienze e le intelligenze. Tacendo si apre la strada all’oblio”.
    Ed eccoci al summit del 21-24 febbraio 2019, dal quale sparisce del tutto non solo la nozione ma anche la parola omosessualità. E a chi in conferenza stampa ne chiede il perché, il cardinale Blase Cupich e il vescovo Charles Scicluna – i due maggiori piloti dell’evento per mandato del papa – rispondono che “l’omosessualità non ha niente a che fare con l’abuso sessuale”, nonostante l’evidenza dei fatti dica l’opposto.
    Attenzione. La parola omosessualità non compare nemmeno là dove sarebbe stato praticamente inevitabile, se non doveroso, pronunciarla. C’è un passaggio, nella relazione più applaudita delle nove tenute in aula, in cui la suora nigeriana Veronica Openibo elenca gli “altri problemi riguardanti la sessualità” oltre a quello dell’abuso sui minori che è oggetto del summit. Ed ecco l’elenco: “l’abuso di potere, il denaro, il clericalismo, la discriminazione di genere, il ruolo delle donne e dei laici”. Punto. L’omosessualità non c’è. Sostituita dal suo contrario, la discriminazione di genere, che sottintende l’omofobia.
    È un silenzio, questo – nota dom Meiattini –, che fa sì che ormai in varie parti del mondo vi sono “preti e vescovi che riconoscono in pratica le convivenze omosessuali, perfino le benedicono, auspicano la loro regolamentazione civile ed evitano accuratamente di chiamarle per quello che sono: un disordine morale, un peccato che richiede pentimento, conversione e perdono”.
    *
    Resta da capire se questa doppia strategia del silenzio, su adulterio e omosessualità, adottata dalla Chiesa di papa Francesco, sia parte di un disegno coordinato e finalizzato.
    La risposta di dom Meiattini è affermativa. E la spiega così:
    “Fra il declassamento dell’infedeltà coniugale e delle unioni illegittime fra uomo e donna da peccato di adulterio a semplice imperfezione o fragilità, da una parte, e l’inizio di una sottile legittimazione delle relazioni omosessuali, soprattutto se ‘fedeli’, dall’altra, esiste un chiaro rapporto di consequenzialità.
    “Infatti, se le unioni fra uomo e donna ‘cosiddette irregolari’ (come le chiama ‘Amoris laetitia’) non sono più chiamate adulterio, anzi, neppure rappresentano delle ‘vere’ irregolarità ma sono solo ‘fragilità’ o ‘imperfezioni’ rispetto all’ideale coniugale evangelico (sempre secondo il linguaggio usato da ‘Amoris laetitia’), viene meno il primo ostacolo per un riconoscimento dell’uso della sessualità al di fuori del matrimonio, almeno come non condannabile. Se a questo aggiungiamo la collaterale pastorale del ‘laissez-faire’ (come l’affidamento di incarichi pastorali a omosessuali pubblicamente conviventi, ecc.), ecco che la strada a un’ammissione tacita e di fatto delle coppie dello stesso sesso al di fuori del matrimonio è almeno socchiusa.
    “Si possono così capire meglio le parole del cardinale Walter Kasper alla vigilia della pubblicazione di ‘Amoris laetitia’: che essa sarebbe stata solo il primo di una serie di cambiamenti epocali nella storia della Chiesa”.
    Adulterio e omosessualità. Le due parole sparite - Settimo Cielo - Blog - L?Espresso

    LOBBY GAY
    Lgbt in San Pietro, cade un altro tabù
    Non c’è dubbio che un’immagine e un gesto incidono più di mille parole. Ed è stato anche detto che Francesco è il Papa dei gesti. Addirittura il vaticanista dell’Avvenire Mimmo Muolo a questo tema ha dedicato un libro, uscito nel 2017, dal titolo eloquente: “L’enciclica dei gesti di papa Francesco”.
    C’è dunque poco da interpretare guardando le foto in cui il Papa accoglie calorosamente i membri del Consiglio pastorale dei cattolici Lgbt+ della diocesi inglese di Westminster, quella del cardinale Vincent Nichols per intenderci. Il comunicato, diffuso l’altra sera dallo stesso Consiglio pastorale dei cattolici Lgbt+ e rilanciato in Italia dal sito catto-gay Gionata.org, si premura di spiegare che l’incontro con il Papa è arrivato lo scorso 6 marzo a conclusione di un pellegrinaggio a Roma del gruppo guidato dal loro cappellano, il padre gesuita David Stewart.
    Dapprima «hanno ricevuto dei posti privilegiati all’udienza papale mattutina in Piazza San Pietro. Alla fine dell’udienza generale, il gruppo è stato invitato all’incontro con papa Francesco». Dunque, non si tratta di una foto “rubata”, come a volte accade; è stato un incontro ben programmato (c’è anche il messaggio di accompagnamento del cardinale Nichols) dall’entourage del Papa, e del resto anche le foto lo testimoniano. «Il capogruppo Martin Pendergast – dice il comunicato – ha presentato il gruppo a un sorridente papa Francesco» a cui è stata spiegata l’attività di questo Consiglio pastorale.
    Insomma una bella testimonianza di accoglienza e umanità.
    Cos’è che non va, vi chiederete? Si fa fatica a non provare grande fastidio per un metodo che è l’esatto opposto del Gattopardo: fare finta che nulla cambi perché cambi tutto. «La dottrina non si tocca», ma intanto la prassi contraddice la dottrina fino a svuotarla di significato, e senza mai affermarlo o darne le ragioni. Così, arriva un giorno e tutto è cambiato e non si sa perché. Fino a ieri l’omosessualità praticata era un peccato contro natura, addirittura uno dei 4 peccati che «gridano vendetta al cospetto di Dio», secondo la formula di Pio X, o che «gridano verso il cielo» secondo la definizione del Catechismo (CCC 1867). Non è l’invenzione di un Papa, è la Sacra Scrittura che così li definisce. Oggi invece pare diventata una virtù. In base a cosa? Non si sa, nessuno lo spiega, semplicemente in Vaticano si è deciso che adesso si fa in un altro modo. E chi obietta è un rigido, un dottrinario, uno che scaglia pietre. Alla faccia dei grandi discorsi sulla Sinodalità e delle menate sul popolo di Dio.
    Il tutto peraltro avviene giocando sull’ambiguità, e questo è un altro punto di fastidio, oltre che di mancanza di virilità. «Il vostro parlare sia sì, sì; no no. Il di più viene dal Maligno» (Mt 5,37) è ormai un retaggio del passato, deve essere una di quelle frasi di Gesù che – secondo il generale dei gesuiti, padre Arturo Sosa – non sono state registrate, quindi magari non le ha dette. Così si ha buon gioco nel dire: «Ma il Papa accoglie tutti, tutti siamo peccatori». Noi siamo certi che il Papa lo fa con questo spirito di accoglienza della persona, ma il gesto parla oggettivamente, va ben oltre le intenzioni personali: e oggettivamente in questo incontro c’è la legittimazione del peccato.
    Perché quelle che ha accolto non sono persone con tendenze omosessuali che vivono la loro condizione cercando di seguire l’insegnamento della Chiesa (vale a dire la verità sull’uomo che Cristo ci ha rivelato); no, sono un gruppo organizzato che rivendica l’omosessualità, la transessualità e la fluidità di genere come una normale espressione della propria personalità. In altre parole si tratta di associazioni e movimenti che semplicemente negano la natura dell’uomo e si prefiggono di cambiare la dottrina della Chiesa, di più la Sacra Scrittura, che è molto chiara sul progetto di Dio nei confronti dell’uomo («maschio e femmina li creò», Gen, 1,27).
    Allora, coerenza vorrebbe che si spiegasse il cambiamento: si è sbagliato Dio? Si è sbagliata la Chiesa per duemila anni? Da qui non si scappa: non può essere che un gesto sia un giorno peccato contro natura e il giorno dopo un fatto naturale. Non è sviluppo della dottrina, è la sua negazione.
    Peraltro si capisce meglio allora perché al recente summit sugli abusi sessuali, il comitato organizzatore abbia accuratamente evitato un dibattito sull’omosessualità, malgrado diversi vescovi abbiano sollevato il problema. Se non è chiaro: la lobby gay ha preso il comando delle operazioni nella Chiesa.
    Due ulteriori notazioni, che fanno capire ancora meglio fin dove ci si sta spingendo nella promozione dell’agenda gay nella Chiesa. Il gruppo Lgbt+ inglese, nella sua permanenza a Roma ha anche recitato le lodi «dedicate alla memoria delle vittime dell’omofobia e della transfobia» nella chiesa di San Bartolomeo all’Isola, «un luogo che commemora i martiri dei nostri tempi, gestito dalla Comunità di Sant’Egidio». Credo che a nessuno possa sfuggire il tentativo di accostare le presunte vittime di una ancor più presunta omofobia a quanti nel XX secolo hanno perso la vita per amore di Cristo, per restare fedeli a lui e alla Chiesa. A nessuno può sfuggire l’operazione ideologica che profana un luogo voluto da san Giovanni Paolo II per fare memoria dei milioni di cattolici uccisi dai totalitarismi.
    Seconda osservazione: apprendiamo con questo comunicato che la diocesi di Westminster ha addirittura un Consiglio pastorale dei cattolici e cattoliche Lgbt+. E immaginiamo che non sia un caso isolato. Dunque, in diverse diocesi non si parla più il linguaggio della Chiesa, ma quello del mondo. L’ideologia gender è entrata a pieno titolo nella pastorale. A Londra c’è la messa Lgbt+ ogni seconda e quarta domenica del mese nella chiesa dell’Immacolata Concezione in Farm Street (scelta proprio dal cardinale Nichols), tenuta dai gesuiti.
    Si ricorderà che al Sinodo dei giovani lo scorso ottobre ci fu una polemica perché nell’Instrumentum Laboris (il documento preparatorio) era stata inserita la parola Lgbt, che indica già un cedimento verso l’ideologia gender. Nel documento finale del Sinodo la parola fu cancellata, ma come si vede la realtà è più avanti. Ci sono già vescovi e cardinali che, per convinzione o convenienza, si sono adeguati alla nuova dittatura e stanno cercando di imporla a tutta la Chiesa.
    Lgbt in San Pietro, cade un altro tabù - La Nuova Bussola Quotidiana

  2. #372
    Forumista senior
    Data Registrazione
    15 Dec 2011
    Messaggi
    2,058
     Likes dati
    0
     Like avuti
    50
    Mentioned
    0 Post(s)
    Tagged
    0 Thread(s)

    Predefinito Re: Rif: Il Verbo di Dio si è fatto carne

    SMONTATO UN FALSO MITO
    Diaconesse mai esistite. Almeno per la storia
    Il teologo Hünermann gela la commissione istituita da Papa Francesco sul diaconato femminile: non ci sono evidenze storiche che in passato sia esistito. Una conferma delle posizioni già espresse di storici, teologi e cardinali autorevoli. Che cosa deciderà a questo punto il pontefice?
    Forse si prospetta una doccia fredda per quanti si aspettano o sperano in una qualche forma di ordinazione diaconale per le donne. Maike Hickson, di LifeSiteNews, ha ottenuto informazioni molto interessanti e rivelatrici sull’esito dei lavori della commissione costituita per volere del Pontefice per studiare da un punto di vista storico il problema. La commissione ha concluso i suoi lavori l’anno scorso, e nell’estate del 2018 ha consegnato al Pontefice la sua relazione. Di cui però non si è saputo più nulla.
    Ma qualche notizia sta filtrando tramite un teologo tedesco, che personalmente è favorevole all’ordinazione diaconale per le donne. Maike Hickson ha parlato con lui, il prof. Peter Hünermann; e il teologo ha detto di aver parlato del problema con i membri della Commissione dottrinale della Conferenza episcopale tedesca, informati dalla professoressa Marianne Schlosser di Vienna, un’allieva dell’allora prof. Ratzinger, e membro della commissione creata in Vaticano nel 2016. La Schlosser ha fatto sapere ai colleghi tedeschi i risultati dei due anni di studio e ricerche, che si possono condensare in questa dichiarazione: “Non c’è nessuna evidenza storica che nella patristica donne fossero ordinate come diaconi”.
    Questa è l’opinione anche di un altro esperto, il prof. Manfred Hauke, che ha dichiarato: “Non possiamo identificare la consacrazione delle diaconesse con l’ordinazione dei diaconi. Non era un’ordinazione sacramentale che possa essere identificata con il sacramento dell’Ordine. La storia dell’istituto delle diaconesse non offre una base solda, quindi per l’introduzione di un diaconato femminile sacramentale. La Chiesa antica non aveva un diaconato femminile equivalente a quello maschile”.
    Diaconesse mai esistite. Almeno per la storia - La Nuova Bussola Quotidiana

    IL RIFIUTO DEL PAPA
    Baciare l'anello non è galateo, ma segno di fedeltà
    Non si sa se si sia trattato di un problema di detergente o di crema per le mani, fatto sta che quando gli sventurati fedeli presenti a Loreto hanno provato a baciare l’anello a papa Francesco, la sua mano si è defilata come un’anguilla. Il video sta girando un po’ dappertutto e, sinceramente, non è un bel vedere. Fanno pure pena queste persone che cercano di manifestare il loro attaccamento alla Sede di Pietro, attraverso questo gesto tanto semplice quanto espressivo, e che si ritrovano invece a inseguire la mano del papa o a baciare l’aria.
    Che il video stia facendo così tanto notizia, significa che fino ad ora o nessuno se ne era accorto, o che il Papa ha deciso senza preavviso di cambiare il cerimoniale in uso. In quest’ultimo caso, forse sarebbe stato meglio avvisare prima le persone, che si sarebbero risparmiate certe figure barbine.
    I cerimoniali possono cambiare, ci mancherebbe. E di fatto sono stati cambiati. Però occorre prestare attenzione al tipo di cambiamento, perché abolire il bacio dell’anello episcopale – come de facto ha fatto l’attuale Arcivescovo di Bologna – o dell’anello pontificale, non è la stessa cosa che abolire i flabelli o i caudatari o ancora, per restare alle mani, le chiroteche. Cancellato questo gesto, quel che resta è una bella stretta di mano o magari una pacca sulla spalla; gesti che non esprimono più quello che il bacio all’anello è capace di comunicare.
    Da sempre l’uomo ha avuto bisogno di esprimere qualcosa di interiore tramite gesti esteriori, perché l’uomo è fatto così: di materia e di spirito, di interno ed esterno. Segno esterno ed interiorità sono profondamente legati e si influenzano reciprocamente: il segno esterno richiama, esorta, corregge la nostra interiorità e quest’ultima dà sostanza al segno e lo richiede, come esigenza di straripare all’esterno la propria pienezza.
    Nel suo ultimo libro Alzatevi, andiamo! (2004), San Giovanni Paolo II rifletteva sul simbolismo dell’anello episcopale: “L’anello, posto al dito del vescovo, significa che egli ha contratto un sacro sposalizio con la Chiesa: «Ricevi l’anello, segno di fedeltà, e nell’integrità della fede e nella purezza della vita custodisci la santa Chiesa, sposa di Cristo». Quest’anello, simbolo nuziale, è espressione del particolare legame del vescovo con la Chiesa”. L’anello episcopale esprime dunque innanzitutto lo sposalizio tra il Vescovo e la Chiesa, nella porzione di gregge che gli viene affidata. Esso indica anche il suo inserimento nella catena dei suoi predecessori: “L’anello mi ricorda anche la necessità di essere una robusta «maglia» nella catena di successione che mi unisce agli apostoli”. In entrambi i casi l’anello esprime un legame, una fedeltà: anello sponsale per “custodire illibata la santa Chiesa”, come afferma il Pontificale; anello che congiunge ai Dodici Apostoli e ai loro legittimi successori. Ecco: quando un fedele bacia l’anello episcopale, esprime comunione con la Chiesa (perché il bacio indica comunione), comunione con la catena ininterrotta dei successori degli Apostoli. Quando poi si tratta dell’anello del Sommo Pontefice, si capisce che si intende sottolineare la propria adesione alla Roccia su cui Cristo ha edificato la Chiesa.
    Non si tratta di esprimere deferenza alla persona in sé, né di fare i baciapile e nemmeno - come hanno titolato ridicolmente alcuni giornali - di fare il baciamano galante, come se il Papa fosse una signora dell'alta nobiltà da omaggiare a un pranzo di gala. Si bacia l'anello, non la mano.
    Si tratta piuttosto di esprimere la propria adesione alla Chiesa, alla sua fede, alla sua tradizione. Ecco perché questo gesto fa bene al fedele che lo compie, ma anche al Vescovo che lo riceve, perché si ricorda ad entrambi che la loro ragion d’essere cristiani e vescovi non sta nelle loro doti personali, ma nella fedeltà a quanto ricevuto. E quanto bisogno c’è oggi di ricordare che la Chiesa non è un’allegra brigata che si basa su simpatie particolari o addirittura su complicità!
    Baciare l’anello indica non un riguardo umano, ma una volontà di comunione con quello che il Vescovo ed il Papa sono nel mistero della Chiesa. Ecco perché una disposizione del 1909 del Sant’Uffizio concedeva un’indulgenza parziale a quanti baciano l’anello episcopale. Ottimo antidoto al narcisismo: non è per quello che sei in quanto Tizio o Caio, ma per l’onere, prima che onore, che hai ricevuto senza alcun merito. Ed ottimo antidoto anche alla mania dei piani pastorali: la Chiesa concede la remissione delle pene solo per un gesto che esprime una convinzione di fede, e non per quello che tu, vescovo o papa, ti sei ingegnato a fare. Ci vuole tanta umiltà ad accettare che una, dieci, cento persone ricordino che non a te è data riverenza, ma a Dio che ha posto te, vaso di creta, a servizio del suo popolo.
    “Va bè, è solo un segno”, penserà qualcuno. E’ vero. Ma attenzione: l’eccessiva rimozione di segni, lascia il re nudo; e chi ha letto la storia di Andersen sa che a volere il re nudo è la disonestà di qualche farabutto e a permetterla è la pavidità e cortigianeria di molti.
    Baciare l'anello non è galateo, ma segno di fedeltà - La Nuova Bussola Quotidiana

    Vado a messa dai frati per scappare dalle sciocchezze del cardinale Bassetti
    Il capo della Cei finge di cercare una sintesi impossibile tra Sodoma e Gerusalemme, tra aborto e parto. Il suo messaggio è anti-evangelico
    Non vado a votare e dunque l’avversione del presidente del Consiglio nei confronti del Congresso mondiale delle famiglie (Verona, 29-31 marzo) mi tocca relativamente. Vado a pregare e dunque l’analoga avversione manifestata dai cardinali Bassetti e Parolin mi tocca di più.
    Il capo della Cei, ossia dei preti di cui seguo la messa quando nei dintorni non ci sono messe di frati, ha rilasciato al Giornale un’intervista potentemente anti-evangelica, anti-biblica, anti-cristica. Bassetti: “La famiglia non dev’essere terreno di scontro”. Ma Gesù ha detto: “Sono venuto a portare non pace, ma spada”. Bassetti: “Avremmo preferito uno stile diverso, con meno polemiche”. Ma San Giovanni ha scritto: “Poiché sei tiepido sto per vomitarti dalla mia bocca”. Bassetti: “Ci si divide accecati dalle ideologie. Questo è il tempo della sintesi”. Ma Isaia ha ammonito: “Guai a coloro che chiamano bene il male e male il bene”.
    Mentre il cardinale finge di cercare l’impossibile sintesi fra Sodoma e Gerusalemme, fra Gaystapo e libertà d’espressione, fra aborto e parto, fra crollo demografico e fecondità, che io trovi la forza, ogni domenica, di alzarmi un po’ prima e fare un po’ più di strada per andare sempre a messa dai frati.
    https://www.ilfoglio.it/preghiera/20...ssetti-244807/

    Dove eravate?
    Oggi vi sottopongo quello che mi ha scritto un amico.
    “Ieri con moglie e figlia ho partecipato alla marcia del congresso mondiale delle famiglie. Eravamo decine di migliaia, mentre l’argomento avrebbe richiesto la guerra civile e le barricate nelle strade. Gli organizzatori cantano vittoria, e forse hanno ragione ad esultare, vista l’esiguità delle sigle che hanno aderito. La lista dei non pervenuti, invece, sembra essere infinita. Esito vero del congresso: le gerarchie hanno fatto ostruzionismo, la maggior parte dei sacerdoti ha invitato alla defezione (ho preso Messa in Veneto, ho udito l’invito del sacerdote con le mie incredule orecchie), il forum delle famiglie si è defilato, i principali movimenti cattolici hanno voltano le spalle, i cattocomunisti hanno remato contro.
    In termini militari, truppe non regolari hanno dispiegato le forze senza avvisare lo stato maggiore. I generali non hanno potuto evitare lo schieramento e non hanno fornito alcun appoggio per non provocare l’esercito nemico. Anzi, hanno invitato alla diserzione. Le truppe regolari sono rimaste ferme ad osservare, quando non hanno dato man forte all’avversario. Il tutto sotto il più impressionante fuoco di sbarramento mai visto negli ultimi tempi.
    Perché tutto questo? Perché ora la parola d’ordine è il dialogo. Si ha paura a dire la verità. In termini militari, la resa condizionata. Non è una resa onorevole. E’ un disimpegno in cambio di agevolazioni e quieto vivere.
    Ora, non portiamo più la verità ai nostri figli, nelle parrocchie, dai pulpiti, nel lavoro, nelle amicizie, nei movimenti. Si capisce che sono un po’ arrabbiato?
    Aggiungo che sono stufo – ma proprio stufo, per usare un eufemismo- di spendere tempo, soldi ed energie per partecipare ad eventi dove mi aspetterei di avere la gerarchia in prima linea a mostrare il crocefisso, invece mi dicono che il merito – sì, quello va bene – ma il metodo no. Pastori, non volete più i vescovi pilota? Bene, se abdicate al vostro ruolo, almeno non rompetemi gli zebedei.
    Ma quel maledetto prete, pieno di boria, che Domenica mattina con sufficienza ha ironizzato sul congresso, (e io lì, che avevo guidato di notte, e l’ora legale mi aveva dato il colpo di grazia); lui, serissimo, a pontificare sulla nuova accoglienza (ed io lì, con il pensiero di una consegna urgente per un cliente che ho dovuto rimandare alla notte successiva) e il suo rifiuto di recitare il Credo in favore della nostra proiezione di Dio (ed io lì, a rodermi con una figlia sola a casa a studiare, i miei vecchi malandati da spedire in Toscana per la radioterapia di mia madre); beh, giuro che gli avrei spolverato la schiena con una panca della Chiesa.
    Ecco, scrivo velocemente e confusamente queste righe ed ho paura, tanta paura, perché quando il sale perde sapore…”
    https://berlicche.wordpress.com/2019.../dove-eravate/

    BERGOGLIO TRADISCE IL VANGELO: “NON CONVERTITE I MUSULMANI”
    E’ senza vergogna. Il Marocco ha circa 30.000 cattolici, dieci volte meno rispetto a prima dell’indipendenza nel 1956. C’erano 200 chiese, ora sono 44. E non parliamo del Cristianesimo di quando il Marocco era, con il resto del Nordafrica, l’Africa Bianca romana: erano tutti cristiani. Come nel Vicino Oriente, del resto. Poi sono arrivati gli arabi, e hanno fatto quello che l’élite globalista vuole fare oggi con noi: sradicato la Fede e imbastardito la razza con la massiccia importazione di schiavi ‘negri’. Perché le attuali popolazioni maghrebine, tranne i berberi (Zidane) non sono certo quello che erano prima delle invasioni arabe.
    Bergoglio ha trascorso il suo secondo in Marocco con le minuscole comunità cristiane del Paese, mettendole in guardia contro ogni tentazione di “proselitismo”: in pratica, nega il messaggio evangelico di andare e dare la buona novella a tutti.
    Nella cattedrale di Rabat, circondato da un imponente dispositivo di misure di sicurezza (no ai muri!), il Papa ha spiegato alle piccole comunità cristiane – incredule – che la cosa importante non è diffondere il messaggio del Vangelo ma “assistere poveri e migranti”.
    Perché “le strade della missione non passano attraverso il proselitismo portano sempre a un vicolo cieco: per favore, niente proselitismo!”, ha quasi urlato, “la Chiesa non cresce con il proselitismo ma con la testimonianza”.
    Con questo dimenticando i martiri locali: visto che in Marocco il proselitismo – convertire i musulmani marocchini – prevede la prigione fino a tre anni.
    E’ un traditore.
    https://voxnews.info/2019/03/31/berg...e-i-musulmani/

    Il collezionista di porpore. Thriller all’ombra del Cupolone
    L’esercizio è molto semplice e, se volete, potete farlo con noi. Prendete una matita, unite i puntini neri che vi indichiamo e state a vedere il disegno che ne esce. Naturalmente, ogni riferimento a persone, luoghi e fatti è puramente casuale, al più frutto di ossessioni complottiste. Ma si sa, come diceva il Belzebù che per decenni ha tirato le fila della politica italiana, a complottare si fa peccato, ma non si sbaglia.
    Partiamo dalla voce che gira insistentemente sulle traversie di monsignor (●), che ha cercato di contrastare con crescente decisione la deriva teologica in atto. Essendo andato a farsi curare in un nosocomio cattolico per una grave malattia, si dice che abbia dovuto fuggire perché avrebbe intuito – o saputo – che i medici avevano la consegna, come si dice nella neochiesa della neomisericordia, di piamente “accompagnarlo” a un dolce commiato. La notizia è sconvolgente, tanto che uno tende a non crederci o, più probabilmente, preferirebbe non crederci.
    I DUBBI MUOIONO ALL’ALBA
    Poi però emergono, tra freschi ricordi, altri puntini. Per esempio, ci sovvengono i cardinali «incerti». Erano quattro. Due di loro sono morti improvvisamente, uno dopo l’altro, con il loro dubiume senza che vi fossero avvisaglie particolari (avevano impegni e appuntamenti in programma), magari -raccontano le cronache – dopo qualche telefonata strana.
    Luglio 201X. Muore, durante una vacanza, il cardinale (●●). La sera precedente la sua dipartita, per coincidenza, parlava al telefono con il collega cardinale (●●●) appena silurato dalla carica di prefetto.
    Settembre 201X. Muore improvvisamente il cardinale (●●●●). Ha quasi 80 anni, qualche acciacco risalente, ma di certo negli ultimi tempi si era dimostrato attivo e reattivo, tanto da avere una fitta agenda davanti a sé.
    Sempre nel settembre 201X, tre giorni dopo, la nostra matita continua il suo tracciato verso il cardinale (●●●●●), che insieme ad altri colleghi aveva firmato due anni prima il testo delle “proto-incertitudines”, Perseverare nella realtà di Cristo.
    PASTORI E PECORELLI
    Il puntino più grosso emerge andando indietro nel tempo di una quarantina d’anni, fino all’ultimo papa veneto. Dell’uccisione di Papa Giovanni Paolo I non si è mai smesso di parlare, un po’ come in America per l’assassinio di Kennedy: anche prima di internet la gente mica credeva sempre alla versione ufficiale, al punto che del papa avvelenato tratta con disinvoltura Francis Ford Coppola ne Il Padrino parte III.
    David Yallop, nel best seller In nome di Dio (1984), dice che Luciani fu avvelenato con una sostanza, la digitalina, ad azione cardiaca. Sottolinea come la propria ricostruzione dei fattisi fondi su indizi e non su vere e proprie prove; in particolare, sarebbe corroborata da una serie di testimonianze indirette definite però come altamente attendibili e scrupolosamente verificate. L’autore indica la cosiddetta smoking gun (“pistola fumante”) negli appunti che il papa stava leggendo prima di morire e che sono misteriosamente scomparsi insieme ai suoi occhiali, a un testamento, un paio di pantofole e una confezione di Effortil (un farmaco indicato nella cura dell’ipotensione). Yallop si spinge oltre e indica l’autore materiale dell’alterazione della scena del delitto nel cardinal Villot, la prima persona ad entrare nella stanza di Giovanni Paolo I dopo la sua morte, alle 5 della mattina.
    Quanto a Villot, qualcuno nei commenti in rete dice fosse dell’altra sponda e finanche qualcosa di peggio. Ma figuriamoci se noi ci crediamo. Rimane il fatto che il Villot era dentro la cosiddetta lista Pecorelli, cioè l’elenco degli iniziati della presunta loggia massonica operante nel girone più profondo del Vaticano.
    VUOI VEDERE CHE LA LOBBY UCCIDE?
    Il pensiero che viene al lettore catturato dalla trama dell’enigmatico giallo è lineare: la lobby uccide. La lobby, cioè, uccide chi non si piega. Se uno si piega, invece, verosimilmente fa la fine del cardinale (●●●●●●): si trova qualcuno che ti metta nei guai per molestie, e se necessario ti spedisca dritto in galera (e qualcuno si trova sempre quando si bazzicano giri di chierichetti confusi o giovanotti maghrebini che alternano lo spaccio al meretricio, come in certe sofisticate parrocchie romane).
    Il cardinale lavorava in un noto istituto bancario dove sta anche(ivi promosso e inamovibile)monsignor Paupera «il prelato della lobby gaia», come lo definì il grande settimanale di sinistra Il Caffè Veloce. Lo stesso Paupera è anche direttore di un Ostello (abbiamo detto ostello) di grande rilevanza; infatti costui èil padrone di casa diun grande boss – el jefe! –che evidentemente ha grande stima di lui.
    CHI TOCCA MUORE (O SI ECLISSA)
    Ultimo puntino, e termine della nostra privatissima Settimana Enigmistica, si chiamamonsignor (●●●●●●●). Monsignore ha avuto il fegato di mettere nero su bianco nomi, cognomi, date e circostanze dell’endemico scandalo legato alla pratica omosessuale e pederastica ai piani alti del Sacro Palazzo, chiamando in causa direttamente il capostruttura. Poi, conoscendo bene l’ambiente che per decenni è stato anche il suo, ha dovuto prendere le opportune contromisure e ha pensato bene didarsi, letteralmente, alla macchia. Nel momento stesso, cioè, in cui ha pubblicato il suo dossier, ha fatto perdere le proprie tracce e si è definitivamente eclissato.
    Viene spontaneo domandarsi: forse che Sua Eccellenza (●●●●●●●) avesse davvero qualche sentore dell’esistenza in Europa di un servizio efficiente di mandanti e di mandatari? In ogni caso a lui va riconosciuto, onore al merito, come, a fronte dei troppi che restano acquattati sottocoperta nei dorati interstizi di un pachiderma in avanzato stato di decomposizione, nutrendosi dei suoi resti, sia stato l’unico a fare i bagagli.
    https://www.riscossacristiana.it/il-...rto-dal-bosco/

  3. #373
    Forumista senior
    Data Registrazione
    15 Dec 2011
    Messaggi
    2,058
     Likes dati
    0
     Like avuti
    50
    Mentioned
    0 Post(s)
    Tagged
    0 Thread(s)

    Predefinito Re: Rif: Il Verbo di Dio si è fatto carne

    FRANCESCO NON RISPONDE A VIGANÒ, CI PENSA BENEDETTO
    Maurizio Belpietro per “la Verità”
    Papa Francesco ha scelto di non dire una sola parola sulle accuse contenute nel dossier dell' ex nunzio apostolico negli Stati Uniti. Papa Benedetto XVI, invece, ha voluto dirne tante. Joseph Ratzinger, pontefice emerito che nel 2013 lasciò il soglio di Pietro con una decisione sorprendente, ha scritto un lungo articolo per il mensile tedesco Klerusblatt. Tema dell'intervento: gli abusi sessuali all' interno della Chiesa cattolica.
    Benedetto XVI ovviamente non cita mai monsignor Carlo Maria Viganò, autore di un documento pubblicato nell'agosto scorso dalla Verità, in cui si accusavano le alte gerarchie vaticane di aver coperto gli abusi sessuali e di aver consentito alla lobby gay di condizionare la vita dei seminari. Ma nonostante non ne faccia menzione, l' argomento è esattamente quello sollevato nella lettera dell' arcivescovo.
    L' intervento del Papa emerito, che ieri è stato anticipato dal Corriere della Sera, non soltanto giunge a un mese dalla conferenza episcopale in cui si è discusso di pedofilia e della rete che perfino all' interno del Vaticano ha consentito la copertura e la prosecuzione degli abusi, ma è un' analisi del degrado morale che sta distruggendo la Chiesa.
    Benedetto XVI parte dalla rivoluzione del 1968, una rivolta che cambiò la percezione del pudore per scegliere la completa libertà sessuale. Un fenomeno che, secondo il Pontefice emerito, è la premessa di ciò che è venuto dopo, anche nel mondo cattolico. È da lì, secondo Ratzinger, che inizia il processo di dissoluzione della concezione cristiana della morale, un processo che parte negli anni Sessanta, ma ha ripercussioni anche nei diversi spazi di vita della Chiesa, con la distruzione dell' autorità morale esercitata dagli uomini di fede.
    Il Papa emerito ripercorre il percorso che ha portato a ciò che abbiamo davanti agli occhi, soprattutto per quanto riguarda l' impatto sulla vita sacerdotale e su quella all' interno dei seminari, definendo quanto è avvenuto un vero e proprio collasso. Scrive Benedetto XVI: «In diversi seminari si formarono club omosessuali che agivano più o meno apertamente e che chiaramente trasformarono il clima nei seminari. In un seminario nella Germania meridionale i candidati al sacerdozio e i candidati all' ufficio laicale di referente pastorale vivevano insieme». E ne conclude che il clima del seminario non poteva aiutare la formazione sacerdotale.
    Bisognava aprirsi al mondo, essere moderni, abbracciare la nuova morale importata dal Sessantotto. Risultato: «Un vescovo, che in precedenza era stato rettore, aveva mostrato ai seminaristi film pornografici, presumibilmente con l'intento di renderli in tal modo capaci di resistere contro un comportamento contrario alla fede». Vescovi che rifiutarono la tradizione cattolica nel suo complesso, per sviluppare nelle loro diocesi una specie di nuova e moderna cattolicità.
    Il Santo padre che ha scelto di dimettersi, a un certo punto ricorda che perfino la lettura dei suoi libri veniva considerata sbagliata, al punto che gli studenti sorpresi in seminario con in mano uno dei suoi testi erano ritenuti non idonei al sacerdozio. «I miei libri venivano nascosti come letteratura dannosa e venivano per così dire letti sottobanco». Già. Le tesi di Joseph Ratzinger erano messe all' indice, mentre i film pornografici potevano tranquillamente circolare. La Santa sede sapeva di questi problemi, ma senza essere informata nel dettaglio. E così, dopo aver parlato del clima di collasso morale, il Pontefice emerito arriva alla pedofilia a lungo sottovalutata e trascurata, addirittura «diagnosticata come permessa e conveniente».
    Con una grave sottovalutazione della Chiesa, anche a causa del Nuovo codice del diritto canonico. Di fronte al diffondersi della pedofilia, i vescovi non sapevano come comportarsi e ancora meno lo sapeva la Curia di Roma, così alle denunce si rispose che per la purificazione e il chiarimento sarebbe bastata la sospensione temporanea del ministero sacerdotale. Insomma, il pedofilo in tonaca, invece di essere denunciato e perseguito, era lasciato libero di agire, con il solo condizionamento di non poter svolgere per un certo periodo la propria funzione. Secondo Benedetto XVI, il problema di fondo riguardava la concezione del diritto penale, che imponeva il «garantismo».
    «Significava che dovevano essere garantiti soprattutto i diritti degli accusati e questo fino al punto da escludere di fatto una condanna». Le vittime chiedevano giustizia, la Chiesa tutelava i colpevoli. Ratzinger ricorda addirittura le parole di un prete che, mentre abusava di una chierichetta, ripeteva le parole dell' Eucarestia: «Questo è il mio corpo, che è dato per te».
    Credo che mai si siano sentite parole del genere uscire dalla bocca di un Papa, anche se dimessosi. Mai il degrado morale è stato affrontato con tale nettezza. Altro che religioso silenzio. Benedetto XVI si interroga anche su che cosa si debba fare, se addirittura creare un' altra Chiesa. Ma la risposta è secondo lui tornare alle origini. La Chiesa muore nelle anime, perché oggi è vista in gran parte come un apparato politico, in quanto si parla della Chiesa quasi esclusivamente in termini politici. «La crisi causata da molti casi di abuso ad opera di sacerdoti», scrive Ratzinger, «spinge a considerare la Chiesa addirittura come qualcosa di mal riuscito».
    Per il Papa emerito non serve un altro apparato, serve la fede. Non so se Benedetto XVI abbia ragione. Ma dire delle parole su quello che è successo e sugli errori fatti per porvi rimedio è già un passo avanti. Non dire una sola parola, come fece papa Francesco, forse non aiuta la Chiesa ad apparire qualche cosa di diverso da un apparato politico che difende i suoi membri.
    https://www.dagospia.com/rubrica-29/...sti-200883.htm

    Il ’68 dei pedofili
    di Giulio Meotti
    Col suo saggio di ieri sulla pedofilia e il ’68, Ratzinger ha tirato una bomba a mano contro l’edificio dei benpensanti. Sei anni fa, da bravo reazionario quale sono, pubblicai sul Foglio un lungo articolo intitolato “Il ’68 dei pedofili”. Si va da Daniel Cohn-Bendit alle scuole tedesche che praticavano la pedofilia agli appelli sui giornaloni della sinistra francese.
    Il 26 gennaio 1977, in nome della “liberazione sessuale dei bambini”, Le Monde, bibbia della gauche, pubblicò una petizione per abbassare la maggiore età sessuale ai 12enni. Firmarono tutti, il poeta rosso Aragon, il semiologo Barthes, il filosofo marxista Althusser, gli psicoanalisti di grido Deleuze e Guattari, il fondatore di Medici senza frontiere Kouchner, Sartre e la sua compagna femminista de Beauvoir.
    Due anni dopo Libération definiva la pedofilia “una cultura volta a spezzare la tirannia borghese che fa dell’amante dei bambini un mostro da leggenda”. Poi c’è il caso del maître à penser Michel Foucault, sosteneva che il bambino è “un seduttore” che cerca il rapporto sessuale con l’adulto. In America Alfred Kinsey, il “padre della rivoluzione sessuale”, sdoganò i “contatti nell’età prepubere con maschi adulti”.
    In Germania la rivista Konkret, che andava forte tra gli intellettuali di sinistra, negli anni Settanta e Ottanta pubblicò bambine nude con riferimenti sessuali. La dirigeva Klaus Rainer Röhl, il compagno di Ulrike Meinhof. Dice niente questo nome? La famosa banda Baader-Meinhof. Per questo il saggio di Ratzinger deve essere il più possibile tenuto basso. Meglio tornare a parlare di misericordia e migranti.
    https://www.imolaoggi.it/2019/04/12/il-68-dei-pedofili/

    A CHI GIRANO I BERGOGLIONI? - IL DOCUMENTO-BOMBA DI RATZINGER SULLA PEDOFILIA NELLA CHIESA HA FATTO STORCERE IL NASO A BERGOGLIO E AI MEDIA A LUI VICINI - “VATICAN NEWS” HA OSPITATO UN BREVE SUNTO. IL SITO DI “AVVENIRE” NON NE PARLA PER NIENTE, MENTRE LA VATICANISTA DEL QUOTIDIANO DEI VESCOVI, STEFANIA FALASCA, AMICA PERSONALE DI BERGOGLIO, HA PUBBLICATO DUE TWEET INEQUIVOCABILI CONTRO RATZINGER…
    1 - L' INTERFERENZA CHE BERGOGLIO NON HA GRADITO
    Stefano Filippi per “il Giornale”
    Il «nonno saggio in casa» - così l' ha più volte definito papa Francesco ha battuto un colpo. E che colpo. Il testo di Benedetto XVI sulla pedofilia nella Chiesa è un documento lucidissimo, altro che «appunti» come li chiama lui: 18 pagine, quasi 40mila battute, una bozza di enciclica. Una testimonianza drammatica, con denunce impressionanti che, oltre alle derive culturali ed etiche del Sessantotto, colpiscono la Chiesa degli ultimi 50 anni.
    Non direttamente il Vaticano, ma seminari, episcopati, teologi: cattivi maestri di cui Ratzinger fa nomi e cognomi. C'è una critica pesantissima sul «garantismo» ingiustificato di vaste correnti teologiche. Un documento in «ratzingerese» puro dove riappaiono i «valori non negoziabili» e i «beni indisponibili» e si depreca che l'Europa abbia perso le radici cristiane.
    Ma è un duro atto d'accusa anche verso la Chiesa di oggi, non soltanto quella del passato. Ratzinger lamenta la disaffezione alla messa, l'abbandono dei sacramenti, la perdita della fede. «Come ha potuto la pedofilia raggiungere una dimensione del genere?», si chiede. E risponde: «In ultima analisi il motivo sta nell'assenza di Dio. Anche noi cristiani e sacerdoti preferiamo non parlare di Dio». E indica, come esempio da seguire, i nuovi martiri contemporanei: «È pigrizia del cuore non volere accorgersi di loro».
    Fila tutto liscio tra i due uomini vestiti di bianco, regnante ed emerito? Non sembrerebbe. La diffusione del testo avrebbe creato imbarazzo a Santa Marta perché appare come un puntello, non richiesto, a un magistero considerato non sufficientemente chiaro e approfondito. Un sostegno storico e teologico a una riunione tra papa e vescovi poco efficace. Si potrebbe anche pensare che i due papi lavorino in tandem, e che l'emerito si sia permesso di dire quello che l'altro è costretto a tacere. Un gioco di sponda. Invece no, come dimostra l'accoglienza dei media ecclesiastici al testo ratzingeriano.
    Vatican News ospita un breve sunto. Il sito di Avvenire non ne parla per niente, mentre la vaticanista del quotidiano dei vescovi, Stefania Falasca, amica personale di Bergoglio, ha pubblicato due tweet inequivocabili contro Ratzinger citando altrettanti articoli del Direttorio per i vescovi dal titolo Apostolorum successores.
    «Il Vescovo emerito avrà cura di non interferire in nulla nella guida della diocesi ed eviterà ogni atteggiamento e rapporto che potrebbe dare anche solo l'impressione di costituire quasi un'autorità parallela a quella del Vescovo reggente», è il primo tweet. Ratzinger è vescovo emerito di Roma.
    Il secondo è giunto quattro ore dopo, se la tirata d'orecchi non fosse stata sufficientemente chiara: «Per l'unità pastorale il Vescovo emerito svolgerà la sua attività sempre in pieno accordo e in dipendenza dal Vescovo in modo che tutti comprendano chiaramente che solo quest'ultimo è capo e primo responsabile del governo della diocesi». Quella di Benedetto, insomma, è considerata un' interferenza, un magistero parallelo che rischia di oscurare quello di Francesco.
    2 – SILENZI O TWEET SGUAIATI IL GRANDE IMBARAZZO DEI CORIFEI DI BERGOGLIO
    Giorgio Gandola per “la Verità”
    Meglio occuparsi delle periferie creative. Meglio intervistare Alberto Fortis (chi si rivede) e rimandare a ottobre Theresa May piuttosto che valorizzare il potente e definitivo grido di dolore del Papa emerito. Così, con occhiuta distrazione, L' Osservatore Romano di oggi decide di relegare in fondo a pagina sette (di otto totali) il testo di Joseph Ratzinger; nel retrobottega, dove gli altri giornali recano le previsioni del tempo.
    A Benedetto XVI il direttore Andrea Monda dedica solo un panorama di servizio e nessun richiamo in prima, quasi a voler lasciar evaporare con l' oblio l' imbarazzo di un testo che parla alla Chiesa, che parla all' Uomo. E che suona le note forti della sveglia.
    C' è qualcosa di arido e filisteo nella decisione di trattare come un semplice gossip quel «collasso morale» a cui si riferisce Ratzinger quando addita la lobby gay. Ed è stupefacente - ma solo fino a un certo punto, per chi conosce la teoria della polvere sotto il tappeto - il silenzio degli organi di stampa cattolici rispetto al tuono trasformato in soffio.
    L' imbarazzo è profondo, quaresimale, da parte di chi quotidianamente dà fiato alle trombe per enfatizzare ogni battito di ciglia di papa Francesco. Il responsabile dei media vaticani, Andrea Tornielli, solitamente prodigo di pennellate impressioniste per dipingere il paradiso terrestre d' Oltretevere, non commenta, non twitta, non respira.
    L' editorialista principe della batteria curiale, Antonio Spadaro, gesuita direttore della Civiltà Cattolica, sempre sull' Osservatore preferisce parlare d' altro. Per esempio della fratellanza nel Mediterraneo, suo cavallo di battaglia.
    Mentre il Papa emerito passeggia nella Storia dell' ultimo mezzo secolo illuminandone gli angoli bui, la notizia galleggia nelle retrovie sia sul sito del Vaticano, sia su Vatican Insider, gemello laico che fu prateria giornalistica del Tornielli medesimo. Gli alabardieri sono in imbarazzo e chi fu cantore di Benedetto durante il suo pontificato, poi cantore di Francesco durante il suo (quindi più corifeo che pensatore) oggi sceglie il silenzio oppure il segnale trasversale, fra l' insinuante e il velenoso.
    Per capire qualcosa di più basta andare su Twitter dove il guizzo è sovrano anche se si lasciano tracce, qualche volta bave. Sul social network spiccano due rimandi al tema più forte del giorno, forse dell' anno. Il primo è del teologo Vito Mancuso, che non sapendo come uscirne la butta in politica: «È a mio avviso un testo ideologico che strumentalizza la pedofilia per lottare indebitamente contro il progressismo teologico». Il Pontefice che ebbe il coraggio di fare il supremo passo indietro può superare perfino lo shock di avere deluso Mancuso.
    Il secondo è di Stefania Falasca, columnist di Avvenire, che con una facile metafora - il testo è tratto dal Direttorio per il ministero pastorale dei vescovi - sembra voler dire a Benedetto XVI (non al viceparroco di Clusone): stai al tuo posto. «Il Vescovo emerito avrà cura di non interferire in nulla nella guida della diocesi ed eviterà ogni atteggiamento e rapporto che potrebbe dare anche solo l' impressione di costituire quasi un' autorità parallela a quella del Vescovo reggente». Il consiglio è esplicito quanto sgangherato, perché un uomo mandato e ispirato da Dio non potrà mai essere mummia. La strategia è sempre la stessa: se non puoi combattere il ragionamento, combatti il ragionatore. Sotto la testata dell' Osservatore Romano spicca un motto: Unicuique suum. A ciascuno il suo, ma non vale per tutti.
    https://www.dagospia.com/rubrica-29/...ger-200854.htm

    BOOM! IL PAPA EMERITO RATZINGER: ''LA PEDOFILIA NELLA CHIESA? FU TEORIZZATA L'IDEA CHE FOSSE GIUSTA. ''CLUB OMOSESSUALI'' SI FORMARONO IN MOLTI SEMINARI; VESCOVI CHE RIFIUTAVANO LA TRADIZIONE CATTOLICA, E PER ANNI HANNO COPERTO GLI ABUSI''. UN TESTO CHE È UN PUGNO NELLO STOMACO: ''IL COLLASSO SPIRITUALE È COMINCIATO NEL '68. UNA GIOVANE CHIERICHETTA MI HA RACCONTATO CHE IL VICARIO PARROCCHIALE INTRODUCEVA L’ABUSO SESSUALE SU DI LEI CON QUESTE PAROLE…'' - IL MESSAGGIO A BERGOGLIO E' CHIARISSIMO
    Con un’ombra di minimalismo, spiega di avere «messo insieme degli appunti con i quali fornire qualche indicazione che potesse essere d’aiuto in questo momento difficile». Ma sono ben altro. Le diciotto pagine e mezzo sulla «Chiesa e lo scandalo degli abusi sessuali», scritte dal Papa emerito, Benedetto XVI, rappresentano l’analisi più corposa dei vertici vaticani su un tema che sta squassando l’universo cattolico, e non solo: la pedofilia.
    E il fatto che arrivino dopo la riunione del febbraio scorso a Roma dei presidenti delle conferenze episcopali del mondo, convocati da Francesco, aggiunge interesse e mistero a questo documento. Anche perché Joseph Ratzinger punta il dito su un «garantismo» della Chiesa per il quale, negli Anni Ottanta del secolo scorso, sulla pedofilia «dovevano essere garantiti soprattutto i diritti degli accusati. E questo fino al punto di escludere di fatto una condanna. Il loro diritto alla difesa venne talmente esteso che le condanne divennero quasi impossibili».
    Il testo è un pugno nello stomaco. E probabilmente non potrà non creare polemiche, perché ci sarà chi vedrà nelle affermazioni di Benedetto XVI un attacco a un’evoluzione dei costumi in Occidente negli ultimi cinquant’anni.
    Ma scorrendolo, probabilmente qualcuno avrà la sensazione che finisca per affiancare e sovrastare le conclusioni della riunione globale di febbraio. E sarà tentato di considerare gli «appunti» come un modo per dare profondità teologica e spessore culturale alle conclusioni raggiunte in quella sede: come se fossero mancati nelle risposte agli scandali sulla pedofilia tra i sacerdoti. Se Benedetto ha sentito il bisogno di aggiungere il suo pensiero a quello ufficiale, si sente dire, significa che non è stato del tutto convinto dalla reazione ufficiale della Chiesa.
    «Collasso morale»
    Il Papa emerito si affaccia sull’abisso che si è aperto in mezzo secolo di quella che sembra bollare solo come cultura della trasgressione. E lo analizza, lo denuncia, lo osserva senza nascondere nulla delle responsabilità della nomenklatura ecclesiastica. C’è un’espressione che ricorre spesso nelle sue riflessioni: «Collasso morale». Ratzinger lo fa risalire alla seconda metà degli Anni Sessanta del secolo scorso: a quella «fisionomia della Rivoluzione del 1968» della quale farebbe parte «anche il fatto che la pedofilia sia stata diagnosticata come permessa e conveniente».
    «Mi sono sempre chiesto», annota, «come in questa situazione i giovani potessero andare verso il sacerdozio e accettarlo con tutte le sue conseguenze. Il diffuso collasso delle vocazioni sacerdotali in quegli anni e l’enorme numero di dimissioni dallo stato ecclesiastico furono una conseguenza di tutti questi processi». Fu nello stesso periodo, a suo avviso, che cominciò «un collasso della teologia morale cattolica che ha reso inerme la Chiesa di fronte a questi processi della società». Si tratta di un processo proseguito, a suo avviso, negli Anni Settanta e Ottanta, quando la pedofilia è diventata «una questione scottante».
    «Club omosessuali»
    Lo sguardo di Benedetto spazia sugli Stati Uniti e abbraccia in una visione pessimistica, quasi apocalittica, l’intero Occidente. Nella sua analisi racconta come in quel periodo si radicò l’idea che non esistesse più il bene, «ma solo ciò che sul momento e a seconda delle circostanze è relativamente meglio». La crisi, a quel punto, aveva raggiunto «forme drammatiche».
    Parla di «club omosessuali» che si formarono in molti seminari; di vescovi che rifiutavano la tradizione cattolica, e non solo negli Stati Uniti, in nome di «una specie di moderna cattolicità». Accenna al fatto che in alcuni seminari, addirittura «studenti sorpresi a leggere i miei libri venivano ritenuti non idonei al sacerdozio». E «la Santa Sede sapeva di questi problemi», sebbene non in dettaglio. Il Papa emerito rivaluta lo sforzo compiuto da Giovanni Paolo II per arginare quella che ha ritenuto una deriva pericolosa. Ne sottolinea la figura e la fermezza teologica, in un momento in cui, invece, alcune correnti progressiste del cattolicesimo tendono a svalutarlo.
    «Bisogna riflettere seriamente»
    Fu il pontefice polacco, ricorda il successore, a pubblicare nel 1993 un’enciclica, la Veritas Splendor, che «conteneva l’affermazione che ci sono azioni che non possono mai diventare buone. Ci sono beni che sono indisponibili. Ci sono valori che non è mai lecito sacrificare in nome di un valore ancora più alto e che stanno anche al di sopra della conservazione della vita fisica. Dio» scrive Benedetto XVI, «è di più anche della sopravvivenza fisica».
    Per questo, ribadisce che «è importante e abbisogna di garanzia non solo il diritto dell’accusato. Deve proteggere anche la fede, che al pari è un bene importante protetto dalla legge». La duplice garanzia, a suo avviso, è «la protezione dell’accusato e la protezione giuridica del bene che è in gioco». Ma quando oggi se ne parla, «ci si scontra con sordità e indifferenza... È una situazione preoccupante, sulla quale i pastori della Chiesa devono riflettere seriamente». Rispuntano i «valori non negoziabili», seppure chiamati diversamente, che hanno caratterizzato i pontificati prima di quello di Francesco.
    Ma il pontefice tedesco vede in quanto è accaduto e sta emergendo proprio la rinuncia a quei valori. E chiama in causa le responsabilità dell’Occidente. «La società occidentale», denuncia, «è una società nella quale Dio nella sfera pubblica è assente e per la quale non ha più nulla da dire. In alcuni punti, allora, a volte diviene immediatamente percepibile che è divenuto addirittura ovvio quel che è male e distrugge l’uomo. È il caso della pedofilia».
    Benedetto XVI ricorda come «non molto tempo fa» fosse «teorizzata come del tutto giusta»; e come si sia «diffusa sempre più. E ora, scossi e scandalizzati, riconosciamo che sui nostri bambini e giovani si commettono cose che rischiano di distruggerli. Che questo potesse diffondersi anche nella Chiesa», aggiunge, «deve scuoterci e scandalizzarci in maniera particolare».
    «Quella giovane chierichetta...»
    Il vuoto non riguarda solo il mondo esterno alla Chiesa. Ratzinger vede nel calo drammatico dei fedeli alle Messe domenicali la riduzione di queste celebrazioni a «gesto cerimoniale». E raccomanda non «un’altra Chiesa inventata da noi», ma un «rinnovamento della fede».
    Per far capire il solco profondo scavato dai sacerdoti pedofili in questi decenni, cita un episodio raggelante. «Una giovane ragazza che serviva all’altare come chierichetta mi ha raccontato che il vicario parrocchiale introduceva l’abuso sessuale su di lei con queste parole: “Questo è il mio corpo dato per te”. È evidente», chiosa, «che quella ragazza non può più ascoltare le parole della consacrazione senza provare terribilmente su di sé tutta la sofferenza dell’abuso subito». Ma il testo va ancora più a fondo. E mette in discussione il modo in cui negli ultimi anni la Chiesa è stata percepita: come un apparato politico.
    La Chiesa come apparato politico
    Secondo il papa emerito, «di essa si parla solo utilizzando categorie politiche e questo vale perfino per dei vescovi che formulano la loro idea sulla Chiesa di domani in larga misura quasi esclusivamente in termini politici. La crisi causata da molti casi di abuso ad opera di sacerdoti spinge a considerare la Chiesa addirittura qualcosa di malriuscito che dobbiamo prendere per mano noi stessi».
    Ma secondo Ratzinger si tratta di un’illusione, di una «proposta del diavolo». A suo avviso, non esiste «una Chiesa migliore creata da noi stessi». E infatti, la parte finale dei suoi «appunti» è una rivendicazione dell’esigenza di «contrapporre alle menzogne e alle mezze verità del diavolo tutta la verità: sì, il peccato e il male nella Chiesa ci sono», scrive il Papa emerito.
    Il tono è drammatico, somiglia a un grido degno di una sorta di requisitoria. Indica una strada lastricata di errori tragici, e di una perdita progressiva dell’identità cattolica. E addita una via d’uscita dai tanti «collassi» morali di mezzo secolo attraverso scelte difficili, radicali, che non prevedono scorciatoie. E probabilmente promettono di dividere il mondo cattolico, e non solo, prefigurando nuovi spartiacque.
    https://www.dagospia.com/rubrica-3/p...-fu-200736.htm

    REAZIONI A BXVI
    Le comari di Santa Marta
    Dalla Falasca a Faggioli, da padre Martin a Grillo, tutte le reazioni inviperite dei cortigiani di papa Francesco alla lettera di Benedetto XVI sugli abusi sessuali. Nel mirino, l'analisi del '68 e l'opportunità di intervenire pubblicamente.
    “Ma le comari d'un paesino
    Non brillano certo in iniziativa
    Le contromisure fino a quel punto
    Si limitavano all'invettiva”…
    Vi ricordate la tenerissima Bocca di Rosa di Fabrizio De André? Se non la conoscete, andate a sentirla. E ditemi se questa quartina non è adatta a commentare, scherzosamente, le reazioni inviperite di un bel numero di attivisti dell’attuale regime ecclesiastico dopo che Benedetto XVI ha reso pubblici gli appunti scritti in vista del Summit delle Conferenze episcopali sugli abusi. Ha cominciato a redigerli dopo l’annuncio del vertice, cioè a settembre 2018, e li ha terminati prima che le riunioni avessero luogo, il 21 febbraio 2019.
    Pensava che avrebbero potuto essere distribuiti ai partecipanti, come uno strumento di lavoro in vista dell’evento? Non lo sappiamo; l’ipotesi resta, fino a quando non si avranno informazioni più complete, e se così fosse sarebbe interessante anche sapere perché, nel caso, non hanno trovato la loro via per il Summit, e invece sono stati pubblicati su una piccola rivista clericale tedesca, sul Corriere della Sera (certo non sospettabile di congiure antibergogliane) e sul National Catholic Register, un grande sito cattolico conservatore americano.
    Benedetto XVI non ha attaccato il Pontefice regnante, lo ha persino ringraziato – quanto sinceramente non è dato sapere - alla fine del documento. Ha pubblicato i suoi appunti con il nihil obstat della Segreteria di Stato e del Pontefice stesso. Ma non con il compiacimento della vasta turba di fans della rivoluzione ecclesiastica che si affollano e spingono alla corte di papa Bergoglio.
    La prima ad aprire il fuoco è stata Stefania Falasca, amica – come tutti quelli del fu Trenta Giorni – del card. Bergoglio, e ora assurta alle glorie degli editoriali di Avvenire. Lo ha fatto con due tweet sottilmente velenosi:
    “#ApostolorumSuccessores #Direttorio2004
    Per l’unità pastorale il Vescovo emerito svolgerà la sua attività sempre in pieno accordo e in dipendenza dal Vescovo in modo che tutti comprendano chiaramente che solo quest’ultimo è capo e primo responsabile del governo della diocesi”.
    Ed ecco il secondo:
    “#ApostolorumSuccessores #Direttorio2004
    Il Vescovo emerito avrà cura di non interferire in nulla nella guida della diocesi ed eviterà ogni atteggiamento e rapporto che potrebbe dare anche solo l’impressione di costituire quasi un'autorità parallela a quella del Vescovo reggente”.
    L’impressione è quella di un vorrei ma non posso. In un fumetto ci sarebbe la scritta “Snarl”. Il Papa emerito non è regolamentato; ed è tutto da dimostrare che con i suoi appunti Benedetto abbia interferito. Quanto alla prima accusa: “…che tutti comprendano chiaramente che solo quest’ultimo è capo e primo responsabile”, che possiamo dire? Un lettore ci ha scritto che gli appunti di Benedetto “Sono la prima enciclica cattolica in sei anni”…E se c’è, ed è sempre più diffusa questa sensazione, la colpa non è di Joseph Ratzinger. Che forse, anzi è stato anche troppo zitto…
    Naturalmente la mamma dei complottisti è sempre gravida, e un certo americano, che a quanto pare fa anche lo storico di mestiere (complimenti!), Bellitto, scriveva: “Sul saggio del papa emerito B16, se come sembra probabile, è stato scritto da un ghost-writer (e male), usare il suo manto per esaltare le loro posizioni, stiamo assistendo a un inganno – persino a una frode?”. Purtroppo non conosco lo stile del dr. Bellitto, ma per giudicare scritto male quel saggio bisogna essere coraggiosi. Mons. Gaenswein ha peraltro ribadito che Benedetto ha scritto quegli appunti “ganz allein”, tutto da solo. E ci vuole proprio un Bellitto, - in senso e con assonanza ligure – per pensare il contrario.
    Perfida Albione! Verrebbe da esclamare leggendo invece il commento di Austen Ivereigh, già portavoce del discusso cardinale Murphy O’Connor, e biografo di papa Francesco (è lui che ha adombrato accordi pre-conclave). “Una delle ragioni per cui il saggio di B16 ha provocato tanta polarizzazione ieri è stato il modo in cui è stato distribuito: senza informare la Sala Stampa vaticana, da parte dei cortigiani di B16, ai media anti-Francesco negli Usa. L’intenzione del saggio di B16 può non essere stata scismatica; la sua pubblicazione sì”.
    Accipicchia! Di cortigiani Ivereigh se ne intende, oh se se ne intende; ma definire “scismatica” la pubblicazione sul Corriere della Sera e sulla rivistina bavarese…eddai!
    Chi se l’è presa proprio a male è stato James Martin, il gesuita attivista della causa LGBT nella Chiesa, appoggiato e sostenuto dalla filiera McCarrick: Cupich, Tobin, Farrell ecc. Ed è normale che sia così. Martin sta cercando in maniera più o meno subdola di far passare nella Chiesa l’idea che la sodomia non sia diversa dagli atti sessuali etero. E il forte richiamo di Ratzinger al fatto che esistono azioni che non possono mai essere buone, indipendentemente dal loro fine, e gli atti omosessuali sono una di queste, infila una bella spranga nelle ruote dell’operazione.
    “Ho il più grande rispetto per il papa emerto Benedetto XVI, specialmente come teologo. Comunque non sono d’accordo con la maggior parte della sua analisi sulla crisi degli abusi sessuali”. Non accetta l’idea che i costumi sessuali degli anni ’60 fossero da criticare, e afferma che “gli abusi accadevano nei ’40 e nei ’50, e anche prima”. Ma i social sono impietosi, e subito qualcuno gli ha risposto che “il numero degli abusi è cresciuto nei ’60, ha raggiunto il suo picco negli anni ’70, è declinato negli anni ’80 e negli anni ’90 è tornato ai liveli del 1950”. Conferma della giustezza dell’analisi di Benedetto…E toccando un nervo scoperto per Martin, - ma non solo per lui – un sacerdote gli ha risposto: “Non è pedofilia, la maggior parte degli abusi era omosessualità attiva”. Ma sappiamo quanto questa parola sia tabù ad ogni livello – Pontefice compreso – in Vaticano, quando si parla di abusi sessuali. Tanto che un altro lettore gli scrive: “Contrariamente a ciò che papa Benedetto fa nel suo grande documento, deliberatamente lei continua a ignorare l’elefante nella stanza. Ripeta con me: L’omosessualità praticata è un peccato”.
    E non potevamo, dulcis in fundo, privarvi del contributo della punta di lancia del progressismo melloniano oltre Atlantico, Massimo Faggioli, che si iscrive al partito complottista così: “Questo saggio pubblicato ieri purtroppo danneggia l'immagine di Benedetto, che nel suo scritto dimostra una visione idiosincratica e limitata della genesi della crisi degli abusi sessuali e dello stato delle conoscenze scientifiche sul problema. Il pontificato di papa Francesco, alle prese con la crisi degli abusi, risentirà in modo marginale di questa manovra - architettata mediaticamente non da Benedetto XVI, ma da chi gli sta intorno. In un certo senso, questa manovra potrebbe fornire al Vaticano di Francesco degli alibi. Di sicuro dimostra quanto la chiesa abbia bisogno di una nuova generazione di leader e di un nuovo pensiero per affrontare la crisi più grave del cattolicesimo del nostro tempo”.
    Una cosa vera Faggioli la scrive: che la Chiesa ha bisogno di una nuova generazione di leader. Sarebbe interessante capire quali sono le conoscenze scientifiche che Faggioli conosce e Benedetto no; e anche chi sta intorno a Benedetto, solo come una palma nel deserto, che riceve poco, anzi meno. Parlare di “manovra” qualifica il livello ideologico e professionale dello scrivente. Ma si sa: tutti i regimi, e soprattutto quelli monocratici, hanno bisogno di Tigri di Carta.
    Le comari di Santa Marta - La Nuova Bussola Quotidiana

    Elogio del fariseo, che razzola male ma predica bene
    I media puntano il dito contro i politici che predicano la famiglia naturale, ma vivono in situazioni irregolari, con divorzi, relazioni, ecc... Ma almeno predicano bene. Sono migliori di quelli che, pur avendo una famiglia solida alle spalle, teorizzano lo sfascio. La Chiesa ha sempre perdonato i peccatori, ma è dura con gli eretici.
    Farisei
    Cos’è meglio, uno che predica bene ma razzola male, o uno che razzola bene ma predica male? Sembra una domanda del tipo è nato prima l’uovo o la gallina, ma se ci si riflette non è proprio la stessa cosa, anzi. In merito al congresso veronese sulla famiglia, che ha provocato travasi di bile ai laicisti e ai fanatici del politicamente corretto, i quotidiani La Stampa e Il fatto quotidiano hanno fatto perfidamente notare che molti dei difensori della famiglia «tradizionale» (sempre scritto tra virgolette) «difendono la sacra famiglia cattolica, ma in casa d’altri» (così Il fatto in prima pagina, con tanto di foto degli “ipocriti”). E giù con Sallusti, divorziato, la Meloni, ragazza madre, Salvini, due figli con due donne diverse, Bussetti, separato, eccetera. Il sottinteso è: ma se non ci credono neanche loro, alla famiglia «tradizionale», perché vogliono imporla agli altri?
    Dunque, ipocriti e farisei. Non è una novità. Già ai tempi del referendum sul divorzio, poiché l’allora Msi si era schierato contro, tirarono fuori gli scheletri nell’armadio di Almirante: taci tu che sei separato, non hai il diritto di metter bocca. Sull’altra sponda, anche il Pci non stava meglio, visto che il leader storico Togliatti conviveva more uxorio con una donna diversa da sua moglie. Non si sa quanto questo precedente abbia influito sul cambio di posizione dei comunisti, che prima erano tanto bacchettoni da espellere Pasolini dal partito per «indegnità». In verità la differenza tra la morale e il moralismo peloso sta tutto qui, nei princìpi. Un peccatore che riconosce il suo peccato è, per i credenti, come il Buon Ladrone, che Cristo stesso canonizzò all’istante. Non esiste separato o divorziato che non abbia almeno provato a farsi una famiglia tradizionale e pure indissolubile. Ma non ci è riuscito. E’ contento? Neanche un po’. E, difendendo l’idea di quel sogno che lui non è stato capace di rendere concreto, testimonia che il bene è meglio del male. Anzi, che il bene è bene e il male male. Perciò, quelli che, pur vivendo situazioni irregolari, sono andati a Verona, a metterci la faccia, pur sapendo di essere in difetto e, dunque, passibili di critica (cosa che puntualmente è avvenuta), sono, per dirla evangelicamente, molto più vicini al regno dei cieli di quegli altri, quelli che, pur avendo, se ce l’hanno, la fortuna di vivere in una famiglia tradizionale, vogliono toglierla agli altri.
    Certo, ci sono tra di loro i coerenti, quelli che predicano male e razzolano di conseguenza. Ma la Chiesa, autorità morale, non a caso è sempre stata di manica larga con le debolezze umane e severissima con le eresie. Il peccatore che riconosce il suo peccato e se ne dispiace è come il pubblicano al Tempio, che, dice Gesù, «se ne andò giustificato». Colui, invece, che proclama che il bene è male commette quel «peccato contro lo Spirito» che, parola di Cristo, non può essere perdonato. Così, i livorosi nemici della famiglia tradizionale (ricordate il cartello della Cirinnà? «Dio, patria e famiglia, vita de m… ») anche se non lo praticano personalmente teorizzano lo sfascio e dicono che è pure bello. E non solo in senso cattolico, visto che anche loro, almeno inizialmente, hanno provato a formare una famiglia tradizionale. Da elogiare, dunque, quegli “ipocriti” che si sono esposti al congresso di Verona, con ciò dicendo ai giovani: non fate come me, sforzatevi di riuscire dove io ho fallito.
    A questo punto, una piccola notazione storica chiarirà meglio l’assunto. Galileo conviveva con una lavandaia, dalla quale ebbe tre figli, due femmine e un maschio. Le femmine le mise in convento, il maschio lo fece adottare. Della loro madre si liberò facendola sposare, dietro pagamento, a un altro. La Chiesa mai gli rimproverò la sua situazione. Ma lo inquisì quando lo sospettò di eresia. Per i patiti di chicche storiche: neanche il cattolicissimo Colombo sposò mai la madre dei suoi figli. Altro che «medioevo».
    Elogio del fariseo, che razzola male ma predica bene - La Nuova Bussola Quotidiana

    I PIEDI SUDAN E IL PAPA LI BACIA - BERGOGLIO FINISCE NELLA BUFERA: HA BACIATO I PIEDI AI LEADER SUD SUDANESI - UN GESTO NON CONDIVISO DA MOLTI UTENTI SOCIAL: C’E’ CHI HA RIMARCATO COME IL MASSIMO RAPPRESENTATE DELLA CRISTIANITÀ NON SI DEBBA/POSSA INCHINARE A NESSUNO, MENO CHE MAI A DELLE PERSONALITÀ POLITICHE...
    Papa Francesco ha compiuto un gesto che non è piaciuto a molti utenti social. Ha baciato i piedi ai leader politici del Sud Sudan. Il pontefice argentino gli ha domandato di mettersi in ascolto del loro popolo.
    Il popolo web si è diviso tra chi ha apprezzato quanto messo in campo dall'ex arcivescovo di Buenos Aires e chi ha rimarcato come il massimo rappresentate della cristianità non si debba/possa inchinare a nessuno, meno che mai a delle personalità politiche. Come ha fatto notare pure Il Messaggero, alcuni fedeli non sembrano accettare la differenza di comportamenti che è intercorsa tra il non voler farsi baciare l'anello piscatorio, come è avvenuto nel santuario di Loreto, e l'essersi prostrato agli esponenti sud sudanesi.
    Il gesuita, rispetto al suo "no" ai baciamano, aveva spiegato di non voler evitare il contagio tra le persone, nel momento in cui queste si posizionano in fila. Questo ragionamento, per il leader del Sud Sudan, non è stato fatto. Una distinzione che non è sfuggita a coloro che hanno criticato il bacio dei piedi.
    https://www.dagospia.com/rubrica-29/...-ha-200898.htm

    Papa Francesco, la durissima accusa di Antonio Socci: cosa ha "scordato" nella settimana di Pasqua
    Ma almeno nella Settimana Santa avrebbe potuto parlarci di Gesù Cristo? O chiediamo troppo al Vaticano e a Bergoglio? Non so se oltretevere ci siano ancora cattolici (a parte Benedetto XVI e pochi altri), ma in fin dei conti la ragion d' essere della Chiesa è solo questa e la gente comune ha un desiderio infinito di ascoltare uomini di Dio che parlano di Gesù, del senso della vita e dell'eternità.
    Per discettare di clima e ambiente c'è già Greta Thunberg con i suoi seguaci, non c' è bisogno di Bergoglio che, se ci credesse, metterebbe in guardia dalle fiamme dell' Inferno più che dal riscaldamento globale.
    Possibile che nella Chiesa sia stata completamente spazzata via la Passione di Cristo che si consegna al massacro per amore nostro, che "si svenerà per voi" come recita un antico canto polifonico, e che risorge, sconfiggendo il male e la morte, aprendo così agli uomini la vita eterna? Quante volte sentite Bergoglio parlare di resurrezione, di eternità, di Inferno, Purgatorio e Paradiso? Da quando è iniziata la sua stravagante epoca sudamericana (alla messa d' inaugurazione parlò di ambiente), Gesù è diventato il Grande Misconosciuto, ma ancora di più il silenzio assoluto ha riguardato la vita eterna e il mistero di Dio.
    Gesù viene ancora, saltuariamente, rammentato, ma solo come pretesto per parlare di migranti. A Natale ci hanno raccontato che Gesù era migrante (anche se non è affatto vero), così - invece della nascita del Figlio di Dio - sono stati celebrati i barconi.
    Nella Settimana Santa ecco di nuovo il pretesto della Passione di Cristo per parlare - come al solito - di migranti. Il card. Bassetti, bergogliano presidente della Cei, perfino nella liturgia del giovedì santo ha voluto ripetere le solite baggianate farlocche («I migranti non sono un problema, sono una risorsa»). Nella Via Crucis del Colosseo, quella con la presenza di Bergoglio, c'informa Repubblica, le diverse «meditazioni contestano porti chiusi e lager dei migranti».
    È chiaro che nella Passione di Cristo è compreso tutto il dolore degli uomini, ma anzitutto, almeno di Venerdì Santo, si dovrebbe parlare di lui, perché per parlare di migranti Bergoglio usa già gli altri 364 giorni dell'anno.
    Se poi vogliamo proprio parlare di atrocità ci sarebbero le sofferenze dei cristiani perseguitati che però il Vaticano di Bergoglio non ama considerare perché i persecutori sono spesso i regimi dei "fratelli" islamici o quelli comunisti come la Cina che Bergoglio vuole compiacere ad ogni costo (gli ha praticamente consegnato la Chiesa cinese).
    Oppure ci sarebbe da parlare dell'attacco alla vita, a cominciare da quella dei "non nati" (molti milioni ogni anno), ma questo non è un tema politicamente corretto, quindi il Vaticano se ne guarda.
    D'altronde la questione migranti è del tutto fuori tempo, perché oggi - chi ha a cuore la loro vita - dovrebbe solo rallegrarsi per la fine delle stragi in mare. Tuttavia non lo fa per non riconoscere i meriti del ministro dell' Interno.
    La Chiesa africana considera una sciagura la partenza di tante energie giovani verso l' Europa. Come ha spiegato il card. Robert Sarah, africano: «La Chiesa non può collaborare con la nuova forma di schiavismo che è diventata la migrazione di massa. Se l' Occidente continua per questa via funesta esiste un grande rischio - a causa della denatalità - che esso scompaia, invaso dagli stranieri, come Roma fu invasa dai barbari. Parlo da africano. Il mio paese è in maggioranza musulmano. Credo di sapere di cosa parlo».
    Il cardinale ha anche aggiunto: «Come un albero, ciascuno ha il suo suolo, il suo ambiente in cui può crescere perfettamente. Meglio aiutare le persone a realizzarsi nelle loro culture piuttosto che incoraggiarle a venire in un' Europa in piena decadenza. È una falsa esegesi quella che utilizza la Parola di Dio per valorizzare la migrazione. Dio non ha mai voluto questi strappi».
    Proprio il card. Sarah, grande uomo di Dio, ha spiegato mille volte che la più grande carità verso gli uomini è donare loro Dio, l' annuncio cristiano, ed è questo il compito della Chiesa.
    Ma la chiesa progressista ha accantonato Dio e si occupa solo di politica, schiacciata sui temi della Sinistra. Bergoglio è in campagna elettorale permanente.
    Sui giornali clericali sono spariti i "principi non negoziabili" e la politica "progressista" dilaga. Il giovedì santo, sulla prima pagina di Avvenire, giornale della Cei, campeggiava una grande pubblicità dell' ultimo libro del gesuita padre Bartolomeo Sorge (è tornato anche lui in questo revival degli anni Settanta).
    S'intitola: "Perché il populismo fa male al popolo". Capito? Mica spiega che il laicismo o il relativismo fanno male al popolo, mica ci mette in guardia dal politically correct, mica tuona contro l' islamismo o contro il comunismo (c' è ancora, nella Cina che sta conquistando il mondo). No, il pericolo pubblico è rappresentato dal fantomatico "populismo". Sono ancora fermi alla copertina di Famiglia cristiana con Salvini nei panni del diavolo.
    https://www.liberoquotidiano.it/news...immigrati.html

  4. #374
    Forumista senior
    Data Registrazione
    15 Dec 2011
    Messaggi
    2,058
     Likes dati
    0
     Like avuti
    50
    Mentioned
    0 Post(s)
    Tagged
    0 Thread(s)

    Predefinito Re: Rif: Il Verbo di Dio si è fatto carne

    Il cardinal Burke sul patriottismo: "Dio è contro un governo globale"
    "Il patriottismo è richiesto dalla legge naturale" e Dio "non rende legittimo un singolo governo globale". Resistere ad una immigrazione islamica su larga scala, per il cardinale è un "esercizio responsabile del proprio patriottismo"
    Matteo Orlando
    Il cardinale Raymond Leo Burke, partecipando ad una conferenza pro-famiglia e pro-vita a Roma, sul tema "Città dell’Uomo versus Città di Dio – Ordine mondiale globale versus Cristianità", presso la prestigiosa Pontifica Università San Tommaso d’Aquino, ha difeso il sovranismo e ha attaccato l’idea mondialista della creazione di un governo sovranazionale.
    In Italia per partecipare al sesto Rome Life Forum (evento organizzato, tra gli altri, da Voice of the Family, dall’associazione italiana Famiglia Domani, dal Family Life International della Nuova Zelanda, dall'agenzia LifeSiteNews e dalla Società per la protezione dei bambini non nati del Regno Unito), che si è svolto nei giorni 16 e 17 maggio, il giorno prima della Marcia per la Vita, che si è tenuta nel pomeriggio di sabato 18 maggio, il cardinale americano ha dichiarato che "il patriottismo è richiesto dalla legge naturale" e che Dio "in accordo con l'ordine scritto nel cuore umano, non rende giusto e legittimo un singolo governo globale".
    Partecipando alle attività dei due giorni, assieme ad altri tre cardinali (il lettone Jānis Pujats, il tedesco Walter Brandmüller, l’olandese Willem Jacobus Eijk) ed ai massimi leader cattolici pro-vita e pro-famiglia arrivati da 30 paesi del mondo, il porporato statunitense ha lungamente spiegato che "ci sono quelli che propongono e lavorano per un singolo governo globale, cioè per l'eliminazione dei singoli governi nazionali, in modo che tutta l'umanità sia sotto il controllo di un'unica autorità politica. Per chi è convinto che l'unico modo per raggiungere il bene comune sia la concentrazione di tutto il governo in una singola autorità, la lealtà verso la propria patria o il patriottismo è diventato un male". Per Burke, invece, "l'autorità divina, in accordo con l'ordine scritto nel cuore umano, non rende giusto e legittimo un unico governo globale: infatti, la legge divina illumina le nostre menti e i nostri cuori al fine di vedere che un tale governo sarebbe, per definizione, totalitario, dimenticando che è l'autorità divina a governare il mondo".
    Il Cardinale ha paragonato l'orgoglio peccaminoso che ispira il perseguimento di un singolo governo globale a quello "dei nostri antichi antenati, dopo il Diluvio, che pensavano di poter unire il cielo con la terra solo con le loro forze, costruendo la Torre di Babele". Per Burke "al contrario, Dio ci incontra, e ordina le nostre vite per il bene, nella famiglia e nella patria".
    Il cardinale nordamericano, che è d’origine irlandese, ha poi spiegato che il rapporto con la patria "esige la pratica di quella parte della pietà che è chiamata patriottismo" aggiungendo che "l'amore per il proprio paese non è un peccato ma", ha spiegato, "è incluso nel Quarto Comandamento".
    Il cardinale, che è stato uno dei 4 firmatari dei famosi Dubia, citando san Tommaso d'Aquino, ha ricordato che "l'uomo è debitore, dopo Dio, principalmente dei suoi genitori e del suo paese. Percio', proprio come appartiene alla religione rendere culto a Dio, cosi' appartiene alla pietà rendere culto ai propri genitori e al proprio paese".
    Burke ha attinto anche alla famosa New Catholic Encyclopedia per illustrare come praticare il patriottismo "è una forma della carità con la quale viviamo pienamente la verità del nostro essere in relazione con Dio e con il resto della sua creazione".
    Osservando la relazione storica tra pietà e patriottismo, il cardinale ha osservato come l'aggettivo latino "pius", attribuito agli eroi romani, attraverso la grazia di Cristo, è stato sviluppato. "La pietà del mondo pagano è elevata e perfezionata per essere una risposta a Dio, nostro Creatore e Redentore, che ha desiderato portarci a vivere, in Cristo, in una famiglia e in una patria".
    Il cardinale ha parlato anche di onorare i leader civili, spiegando che "l'onore prestato ai governanti civili è essenzialmente connesso all'onore che dobbiamo, soprattutto, a Dio". E nel caso delle malefatte dei governanti civili, ha spiegato il cardinale, l'onore mostrato loro non è per cio' che di negativo hanno fatto ma per "l'autorità che Dio ha loro affidato". Tuttavia ha ricordato che i comandi dei governanti civili, se contrari alla legge morale, non vanno eseguiti.
    Il cardinale Burke, infatti, ha riflettuto sui molti governi che, non riconoscendo che la loro autorità proviene da Dio, introducono leggi contrarie alla legge morale, per esempio "riguardo al rispetto dovuto a tutta la vita umana, dal momento del concepimento fino al momento della morte naturale", oppure tutte quelle leggi che attaccano "l'integrità della sessualità umana ordinata al matrimonio e alla famiglia" o quelle norme che contrastano il "libero esercizio della religione".
    Nel corso del suo intervento il cardinale ha sottolineato che "in molte società domina una cultura anti-vita, anti-famiglia e anti-religiosa in aperta ribellione al buon ordine con cui Dio ci ha creati" e ha profetizzato che "il cittadino cristiano che vuole soddisfare le richieste del patriottismo oggi rischia il martirio", o quello bianco (il pubblico disprezzo, l’indifferenza, l’essere considerati ridicoli) o quello rosso (l’attacco fisico vero e proprio, la persecuzione, la morte).
    Il cardinale ha poi sottolineato che le responsabilità verso la comunità internazionale "possono essere soddisfatte solo attraverso una vita sana in famiglia e in patria, riconoscendo e rispettando le distinte identità culturali e storiche". Burke ha pure sollevato la questione della resistenza armata a un governo ingiusto, che è "ammissibile in determinate circostanze".
    L'ex prefetto della Segnatura apostolica ha poi risposto a una domanda sugli immigrati e il loro rispetto del patrimonio culturale e spirituale del paese che li accoglie. "I musulmani hanno detto che oggi sono in grado di realizzare cio' che non erano in grado di compiere in passato con gli armamenti, perché i cristiani non sono più pronti a difendere la loro fede, cio' in cui credono. Non sono più pronti a difendere la legge morale. I cristiani non si riproducono più. Sono entrati nella mentalità contraccettiva". Alla domanda che chiedeva lumi sulla resistenza ad una immigrazione islamica su larga scala, Burke ha risposto che è un "esercizio responsabile del proprio patriottismo". L’altro prelato, ricordando che l'insegnamento della Chiesa sull'immigrazione è relativa all’aiuto dei "veri rifugiati" ("che vanno ricevuti e aiutati in ogni modo") ha invitato a resistere all'opportunismo di molti migranti economici, a contrastare le speranze islamiche di un dominio mondiale insite in questa religione, a osteggiare una immigrazione musulmana su larga scala, ad opporsi ai pericoli di creare delle enclave musulmane legali nei paesi che ospitato i migranti musulmani ("non devi essere uno scienziato missilistico per vedere cosa è successo, ad esempio, in Europa, in paesi come Francia e Germania e anche qui in Italia e che cosa sta accadendo anche negli Stati Uniti", dove ha spiegato il cardinale gli immigrati musulmani "hanno creato il proprio ordine legale" e "resistono all'autorità legittima dello stato").
    Il cardinal Burke sul patriottismo: "Dio è contro un governo globale" - IlGiornale.it

    FRANCESCO MARGIOTTA BROGLIO SU PAPA FRANCESCO
    Sul Messaggero appare un’intervista a Francesco Margiotta Broglio, professore emerito di diritto ecclesiastico presso l’Università di Firenze e presidente uscente (per la parte italiana) della Commissione paritetica per l’attuazione delle disposizioni contenute nell’Accordo italo-vaticano di revisione dei Patti Lateranensi, firmato il 18 febbraio 1984 e ratificato con legge del 25 marzo 1985. Il professor Margiotta Broglio fu parte fondamentale nei negoziati, avendo come controparte l’allora vescovo Attilio Nicora (morto da cardinale nel 2017).
    L’intervista è a cura di una penna arguta e pungente come quella di Mario Ajello. E Margiotta Broglio, opportunamente stimolato, non si trincera dietro ‘sì, ma., però, comunque, tuttavia, ecc….’. Dice ad esempio ad Ajello: “Vuole che le suggerisca un titolo per la sua intervista?”. Ajello: “Prego”. Margiotta Broglio: “Il cardinale nel pozzo e i rom sulla sedia del Papa”. E’ evidente da una parte il riferimento all’impresa eroica del cardinale Krajewski che sabato sera 11 maggio ha personalmente rotto i sigilli e riattaccato i contatori della luce in un palazzo occupato di via Santa Croce a Gerusalemme. Dall’altra alla vicinanza che, anche in questi ultimi giorni, papa Bergoglio ha espresso alla comunità rom, protagonista di vicende molto controverse.
    Nonostante il suggerimento di Margiotta Broglio, il titolo appioppato all’intervista è un altro, certo non meno pesante: (papa Bergoglio) “Ha importato il Sudamerica a Roma, uno stile da Chiesa della liberazione”. Sentite come l’esperto di diritto ecclesiastico descrive Francesco: “Viene dal Sudamerica e il suo stile campesino lo ha piazzato a Roma. (…) Il Papa somiglia a quelli della Teologia della Liberazione, del resto da quel continente lì arriva.”. Non è finita: “Un gesto come quello dei contatori uno se lo può aspettare in Argentina o in quei posti ma non al centro di Roma. In più, con un cardinale polacco travestito da elettricista. L’avrei voluto vedere mentre si calava in quel pozzo. Non è che ha rischiato di restare impigliato con la veste?” Il professor Margiotta Broglio si dice “colpito dal valore simbolico. Che fa il paio con l’invito del Papa agli zingari in Vaticano. Con Francesco la Teologia della Liberazione è arrivata anche a liberare i contatori”. Gli chiede Ajello: “Secondo lei, il Papa ha detto a don Corrado: vai?”. E Margiotta Broglio: “Ma certo. E’ un blitz che il Pontefice ha voluto far fare. Per colpire l’attuale politica sui migranti, su cui lui non fa che polemizzare e bacchettare”. Conclusione, rivolta ai cardinali che hanno eletto il collega Bergoglio il 13 marzo del 2013: “Volevano un Che Guevara? Ed eccolo”.
    Si ricorderà che, come ha confermato più volte compiaciuta la vaticanista del Messaggero (la Turiferaria dei Palazzi), papa Bergoglio legge il quotidiano romano. Chissà se l'ha fatto anche stamattina... se sì, imbarazz, tremend imbarazz...
    https://www.rossoporpora.org/rubrich...scatenato.html

    "Predica un Vangelo diverso". E il vescovo corregge il Papa
    Il vescovo Athanasius Schneider, per il tramite di un'intervista, ha richiesto una rettifica della dichiarazione del papa con il grande imam. Alla base della domanda c'è l'equiparazione tra religione islamica e religione cattolica, che il presule ritiene sbagliata dottrinalmente
    Francesco Boezi
    Il vescovo kazako Athanasius Schneider ha domandato, mediante un'intervista, una rettifica formale da parte del pontefice argentino.
    Sono tempi, questi odierni, in cui la Chiesa cattolica può dire di essere animata da una dialettica serrata. Il presule era già intervenuto in una maniera che era apparsa preoccupata sulla dichiarazione di Abu Dhabi, quella dal tenore storico che papa Francesco ha sottoscritto all'inizio di quest'anno con il grande imam di Al Azhar. Lo stesso imam che dopo il discorso di Ratisbona tenuto da Joseph Ratzinger sembrava aver chiuso la linea dipolomatica con le istituzoni cattoliche. Ma Schneider si era già distinto per le sue posizioni. Così si era espresso nel corso di un'intervista che ci ha rilasciato nell'estate del 2018: "Il fenomeno della cosiddetta “immigrazione” rappresenta un piano orchestrato e preparata da lungo tempo da parte dei poteri internazionali per cambiare radicalmente l’identità cristiana e nazionale dei popoli europei".
    Le critiche dovrebbero essere arrivate all'orecchio del Vaticano. Il Santo Padre, da quel che circola, ha pure avuto modo di parlare di recente con il vescovo. Ma forse l'udienza che ha avuto luogo in Santa Sede non si è rilevata chiarificatrice dei dubbi sollevati da monsignor Schneider. Perché c'è sempre l'equiparazione tra religione cattolica e religione musulmana in cima ai pensieri dottrinali del kazako: il tema che dovrebbe essere stato oggetto di quel summit tra i due.
    Ora, con la mossa del reclamo di rettifica, Schneider alza decisamente il tiro. Perché Dio - questo è il cuore del ragionamento del presule - non può aver caldeggiato, persino voluto, che le religioni fossero differenti e equiparabili. La proposizione selezionata - ventila sempre il presule kazako - contribuirebbe alla "confusione". Tanto che si starebbe "predicando un nuovo Vangelo". Ma le gerarchie vaticane, per ora, non hanno mai manifestato intenzione di modificare alcunché rispetto alla dichiarazione firmata da Francesco e dal grande imam.
    "Predica un Vangelo diverso". E il vescovo corregge il Papa - IlGiornale.it

    “Il più terribile scisma che il mondo abbia mai visto”
    Roberto De Mattei
    Efficace analisi del Prof. Roberto De Mattei sul documento di Abu Dhabi, in quanto gravissima contraddizione della fede cattolica, stigmatizzata senza mezzi termini nel titolo.
    Il 4 febbraio 2019, ad Abu Dhabi, papa Francesco e il Grande Imam di Al Azhar Ahmad Al-Tayyeb hanno firmato un documento sulla Fraternità umana per la pace mondiale e la convivenza comune. La dichiarazione si apre nel nome di un Dio che, se deve essere comune, non può essere altro che l’Allah dei musulmani.
    Il Dio dei cristiani, infatti, è uno nella sua natura, ma trino nelle sue persone, uguali e distinte, Padre, Figlio e Spirito Santo. Dai tempi di Ario in poi, la Chiesa ha combattuto gli antitrinitari e i deisti che negavano, o mettevano da parte questo mistero, il più alto del Cristianesimo. L’Islam lo respinge invece con orrore, come proclama la sura detta “del culto sincero”: «Egli, Dio, è uno! Dio, l’Eterno! Non generò né fu generato, e nessuno gli è pari!» (Corano 112, 2, 4).
    In realtà, nella dichiarazione di Abu Dhabi il culto non viene prestato né al Dio dei cristiani né a quello dell’Islam, ma a una divinità laica, la “fratellanza umana”, «che abbraccia tutti gli uomini, li unisce e li rende uguali». Non siamo di fronte allo “spirito di Assisi”, che nel suo sincretismo riconosce tuttavia il primato della dimensione religiosa su quella secolarista, ma ad una affermazione di indifferentismo.
    In nessun punto infatti, si accenna ad un fondamento metafisico dei valori di pace e di fratellanza a cui continuamente ci si richiama. Il documento, quando afferma che «il pluralismo e le diversità di religione, di colore, di sesso, di razza e di lingua sono una sapiente volontà divina, con la quale Dio ha creato gli esseri umani», non professa l’ecumenismo condannato da Pio XI nella Mortalium animos (1928), ma l’indifferentismo religioso condannato da Leone XIII nell’enciclica Libertas (20 giugno 1888), che lo definisce «il sistema dottrinale che insegna essere libero ciascuno di professare la religione che gli piace ed anche di non professarne alcuna».
    Nella dichiarazione di Abu Dhabi cristiani e musulmani si sottomettono al principio cardine della massoneria, secondo cui i valori di libertà e uguaglianza della Rivoluzione francese dovrebbero trovare la loro sintesi e il loro compimento nella fratellanza universale. Ahmad Al-Tayyeb, che ha redatto il testo a quattro mani con papa Francesco, è uno sceicco ereditario della confraternita dei Sufi dell’Alto Egitto e, all’interno del mondo islamico, Al Azhar, l’università di cui egli è rettore, si caratterizza per la sua proposta dell’esoterismo Sufi, come “ponte iniziatico” tra la massoneria di Oriente e di Occidente (cfr. Gabriel Mandel, Federico II, il sufismo e la massoneria, Tipheret, Acireale 2013).
    Il documento chiede in maniera insistente e ripetitiva «ai Leader del mondo, agli artefici della politica internazionale e dell’economia mondiale», «agli intellettuali, ai filosofi, agli uomini di religione, agli artisti, agli operatori dei media e agli uomini di cultura», di impegnarsi per diffondere «la cultura della tolleranza, della convivenza e della pace», esprimendo «la forte convinzione che i veri insegnamenti delle religioni invitano a restare ancorati ai valori della pace; a sostenere i valori della reciproca conoscenza, della fratellanza umana e della convivenza comune».
    Tali valori, si ribadisce sono l’«àncora di salvezza per tutti». Perciò, «la Chiesa Cattolica e al-Azhar», domandano che «questo Documento divenga oggetto di ricerca e di riflessione in tutte le scuole, nelle università e negli istituti di educazione e di formazione, al fine di contribuire a creare nuove generazioni che portino il bene e la pace e difendano ovunque il diritto degli oppressi e degli ultimi».
    L’11 aprile, a Santa Marta, in Vaticano, il documento di Abu Dhabi è stato suggellato da un gesto simbolico. Francesco si è prostrato a terra davanti a tre leader politici del Sudan, e ha baciato loro i piedi. Questo gesto esprime la sottomissione al potere politico e il rifiuto della Regalità di Nostro Signore Gesù Cristo. Chi rappresenta Cristo, nel cui nome ogni ginocchio si piega nei cieli e sulla terra (Filippesi 2, 10), deve ricevere l’omaggio degli uomini e delle nazioni e non prestare omaggio a nessuno.
    https://chiesaepostconcilio.blogspot...-il-mondo.html

    "La dottrina del Papa è eretica". La nuova lettera anti Bergoglio
    Giuseppe Aloisi
    Proprio mentre papa Francesco è impegnato nella fase finale della riforma della Costituzione apostolica, sono arrivate nuove accuse d'eresia. Questa volta a muoverle, stando a quanto riportato su Lifesitenews, sono venti personaggi, tra prelati e studiosi. Gli stessi che hanno optato per procedere in una direzione che un po', in questi sei anni di pontificato dell'argentino, abbiamo imparato a conoscere. Il mezzo scelto, infatti, è sempre lo stesso: una lettera. Le prime righe che la fonte citata riporta sono tutte un programma: "Prendiamo questa misura - si legge - per rispondere al danno accumulato e causato dalle parole e dalle azioni di Papa Francesco per diversi anni, che hanno dato origine a una delle peggiori crisi nella storia della Chiesa cattolica".
    Questo rischia di essere il terzo episodio, in ordine di tempo, a suscitare particolare scalpore in ambienti vaticani e non. I primi a fare domande erano stati i cardinali dei cinque dubia su Amoris Laetitia, quindi sull'apertura dottrinale in materia di concessione di un sacramento ai divorziati risposati. Poi era stato il turno della Correzione filiale. Questa volta, a sottoscrivere il testo, pare siano soprattutto uomini di cultura. Citando quello che si apprende sempre su Lifesitenews, si ha notizia di come a firmare siano stati, tra gli altri, personalità come "padre Thomas Crean, p. John Hunwicke, il professor John Rist, la dott.ssa Anna Silvas, il professor Claudio Pierantoni, il dott. Peter Kwasniewski e il dott. John Lamont".
    Sembra essere stata abbandonata la narrativa dell'eventuale errore. Bergoglio, insomma, sbaglierebbe sì, ma con consapevolezza. Ma quali sono le accuse che vengono inoltrate? C'è, anzitutto, un rincarare la dose, per così dire, sulla esortazione apostolica citata, quella che è stata interessata dalle domande dei cardinali Caffarra, Meisner, Burke e Brandmueller, ma c'è anche una critica riferita al fatto che Jorge Mario Bergoglio tende a equiparare le confessioni religiose, quando si tratta, per esempio, di dialogare con l'islam. Distorsione della dottrina sulla famiglia e attribuzione gerarchica paritaria concessa alle altre confessioni religiose, con conseguente svilimento del cristianesimo, costituiscono il fulcro di queste rimostranze.
    Poi c'è una curiosità, pure politica, che riguarda da vicino il Belpaese. Nell'elencazione dei laici e degli ecclesiastici ritenuti vicini alle posizioni del pontefice argentino, quindi presumibilmente in errore o al di fuori del cattolicesimo tout court secondo l'opinione di coloro che la lista l'hanno stilata, sul portale pro life viene fatto il nome di Emma Bonino, che papa Francesco aveva definito una dei "grandi d'Italia".
    "La dottrina del Papa è eretica". La nuova lettera anti Bergoglio - IlGiornale.it

    Lettera accusa il Papa: "È un eretico, basta con Bergoglio"
    Teologi elencano le deviazioni di Francesco e lanciano appelli sul web: «Fatelo dimettere»
    Stefano Filippi
    Molti lo sussurravano, pochi lo dicevano apertamente. Adesso un gruppo di 20 tra teologi, intellettuali ed ecclesiastici cattolici lo hanno messo nero su bianco in una lettera aperta con un appello ai vescovi del mondo perché la firmino: a loro giudizio, papa Francesco è eretico.
    È un testo lungo 20 pagine, molto articolato e ricco di riferimenti bibliografici, ed elenca una serie di atti e di mancanze che configurerebbero la più pesante accusa che possa essere rivolta a un pontefice: Francesco avrebbe negato una serie di verità pur consapevole che la Chiesa le insegna in quanto rivelate da Dio. I temi di queste deviazioni dottrinali riguardano il matrimonio, i rapporti sessuali, la legge morale, la grazia e il perdono dei peccati. Il nome più noto tra i firmatari è quello di padre Aidan Nichols, domenicano, teologo britannico che vive e studia a Cambridge.
    La lettera aperta, ultimata nella settimana di Pasqua, porta una data significativa, il 29 aprile, festa di Santa Caterina da Siena, la compatrona d'Italia (con San Francesco) che fece cambiare idea a un papa convincendo Gregorio XI a tornare a Roma da Avignone. A diffondere il testo è stato un sito internet tradizionalista americano, Lifesitenews.com, con rilanci in francese, spagnolo, olandese, tedesco e italiano. È la stessa macchina mediatica che la scorsa estate diffuse il documento scritto dal nunzio Carlo Maria Viganò che chiedeva le dimissioni del Papa per avere chiuso gli occhi davanti agli scandali di pedofilia nel clero americano.
    «Prendiamo questa iniziativa come ultima risorsa per contrastare i danni causati ormai da diversi anni dalle parole e dalle azioni di papa Francesco che hanno generato una delle peggiori crisi nella storia della Chiesa cattolica», si legge nel testo. I firmatari della lettera-appello nel 2016 avevano recapitato ai cardinali e ai patriarchi della Chiesa cattolica orientale una lettera riservata in cui per la prima volta si adombravano accuse di eresia a carico di Bergoglio dopo l'esortazione apostolica Amoris Laetitia. La seconda tappa sarebbe stata la lettera che quello stesso gruppo indirizzò direttamente al papa con una «correzione filiale» che però non accennava ad accuse di eresia: inizialmente riservata, la missiva fu resa pubblica dopo che Francesco non diede risposta.
    Quest'ultimo testo è stato subito reso pubblico con gli addebiti espliciti ed è rivolto a tutti i vescovi. Esiste anche una versione che chiunque può sottoscrivere sul portale delle petizioni Change.org: ieri pomeriggio le adesioni sfioravano le 2.500. «Accusiamo papa Francesco di aver dimostrato pubblicamente e pertinacemente, con le sue parole e con le sue azioni, di credere» in una serie di «proposizioni contrarie a verità divinamente rivelate», tutte puntigliosamente elencate. Si va dalla gestione degli scandali di pedofilia fino al recupero dei «dubia» (cioè dubbi) che quattro cardinali sollevarono sempre a proposito della Amoris Laetitia. A Bergoglio, oltre che le deviazioni dottrinali, vengono contestate anche una serie di nomine di alti ecclesiastici fatte per coprire gravi responsabilità: non si tratterebbe di errori da parte del papa, ma di una precisa strategia per deviare la Chiesa lontano dalle bimillenarie verità morali.
    Il documento si chiude elencando i passi per mettere in stato d'accusa il pontefice secondo il diritto canonico. I firmatari chiedono che i vescovi cattolici prendano in esame le contestazioni rivolte a Francesco nella lettera-appello: se dovessero trovarle fondate saranno loro - i vescovi stessi - ad ammonire il papa perché abbandoni le sue idee eretiche ed eventualmente, in seguito, a dichiararne la decadenza se Bergoglio persistesse nell'errore.
    Lettera accusa il Papa: "È un eretico, basta con Bergoglio" - IlGiornale.it

    AVETE DIMENTICATO L’ARMA DI LEPANTO?
    Non sappiamo se Salvini abbia fatto bene o male a sventolare il rosario. Non conosciamo il suo intimo. Ma chi siamo noi per giudicare? direbbe qualcuno. Eppure il giudizio è inappellabile: contro chi dice il rosario davanti alle cliniche abortiste (ricordate Galantino?); contro chi dice il rosario sui propri confini, come i polacchi; contro un politico che invece di rivendicare aborto ed eutanasia, come Zingaretti (stimatissimo presso certi “cattolici”), si affida a Maria…
    E allora qualcuno dovrà pur ricordare che il rosario fu l’arma di san Pio V per sconfiggere i turchi a Lepanto. Che ogni 7 ottobre i cattolici ricordano la Madonna del rosario per quella vittoria che impedì all’Europa di finire sotto il giogo islamico.
    Che il rosario fu l’arma dei domenicani contro le eresie… che esso può benissimo essere l’arma di quei cattolici che oggi lottano con Maria, per la dignità delle donne e dei figli, contro l’utero in affitto, contro l’ideologia dello scarto, contro chi vuole uccidere i disabili per fame e sete, contro l’islamizzazione dell’Europa.
    Salvini ha i suoi limiti, ma ha più diritti lui a sventolarlo, di tanti ecclesiastici sempre chiacchieroni, ma silenziosi, a parte qualche tweet tardivo, su legge Cirinnà, aborto al nono mese, morte di Charlie, Alfie, Lambert…
    Ha più diritto lui di chi elogia la Bonino e Pannella, dal pulpito; di chi celebra Lutero (nemico di Maria!) e gli altri eresiarchi; di chi dà il pulpito ai propagandisti lgbt, agli iman islamici, ai luterani, ai politici amici…
    http://www.libertaepersona.org/wordp...ma-di-lepanto/

  5. #375
    Forumista senior
    Data Registrazione
    15 Dec 2011
    Messaggi
    2,058
     Likes dati
    0
     Like avuti
    50
    Mentioned
    0 Post(s)
    Tagged
    0 Thread(s)

    Predefinito Re: Rif: Il Verbo di Dio si è fatto carne

    Lo Zeffirelli che non vi raccontano: su vita, aborto e maternità
    Questo breve estratto non è un trattato di teologia, né ambisce ad esserlo ma vale la pena di essere letto.
    La mia vita è un premio; una madre che genera una vita è una donna premiata qualunque sia la sua situazione, qualunque siano i conti da pagare, qualunque siano i suoi problemi emozionali: ha il marito, non ha il marito, ha quello che la ricatta, quello che l’ha abbandonata.
    Il privilegio di portare la vita è un privilegio che gli uomini non hanno: noi siamo inferiori alle donne per questo. Il miracolo di sentir germogliare nel proprio ventre una nuova vita, il vederla sbocciare e vederla venir su rende voi donne più forti. Anche se alla fine i figli vi deludono, gli anni della creazione della vita nessuno ve li toglierà mai e in qualunque momento della vostra esistenza, quando la pena del mondo, l’abbandono degli affetti vi cadrà sulle spalle, ripercorrerete certamente col pensiero, col cuore quei meravigliosi mesi in cui avete creato una vita. Che poi quello sia divenuto un assassino, un Papa? Non importa.
    Ed è strano che sia io a dire queste cose, io che non sono né padre né madre né niente? Sono solo figlio. Di più, sono un aborto mancato. Avrei dovuto essere abortito perché nascevo da due persone che erano entrambe sposate: lui aveva una famiglia bella e pronta, lei aveva tre figli ed erano tutti e due al tramonto dell’età delle frizzole. E invece si innamorarono pazzamente e mia madre rimase incinta. Tutti naturalmente le consigliarono di abortire. Il marito era moribondo, quindi non c’era neppure la possibilità di nascondere la gravidanza illegittima. Mio padre da buon galletto andava dicendo in giro che questo figlio era suo, però non faceva niente. Ma la gravidanza andò ugualmente avanti. La mia nonna stessa me lo confessò e mi chiese scusa; disse «Io ero la prima feroce nemica di questa gravidanza».
    E io invece nacqui contro il parere di tutti, perché mia madre ripugnava il pensiero di uccidermi: «Morirei di rimorso, nel pensiero di aver avuto tre figli e di aver distrutto un’altra vita». Molti dei miei avversari invece dicono: «Magari ti avesse fatto fuori». È l’odio delle persone? Mentre io vorrei conoscere solo l’amore, perché sono stato amato nel ventre di mia madre, ho assorbito tanto di quell’amore, l’ho sentito, mi è entrato addosso.
    Mia madre l’ho persa che avevo sette anni, però sono rimasto impregnato del suo amore. Quando qualcuno ti ha amato veramente tanto e tu l’hai amato, questo amore, questa fiammella, questa fiaccola non si spegne mai, ti è sempre accanto. Siamo fatti di spirito, chi ci crede; io ci credo profondamente perché la vita mi ha dato continue verifiche di non essere solo un ammasso di cellule.
    https://www.radiospada.org/2019/06/l...pcDBblJIe12Izk

    Il coraggio delle suore francesi commissariate: la denuncia penale contro il Vaticano
    Facendo seguito al nostro recente e triste post, diamo contezza dell'evoluzione del commissariamento dell'istituto francese delle Piccole Suore di Maria Madre del Redentore.
    Sembra proprio che, questa volta, non ci si voglia piegare alla cattiveria romana...
    Avanti tutta!
    AZ
    La Nuova Bussola Quotidiana
    denunceranno il Vaticano
    di Nicola Spuntoni
    Dopo la rimozione della superiora e il commissariamento dell’ordine, ritenuto troppo tradizionalista, le Piccole Sorelle di Maria ‘ribelli’ hanno annunciato tramite il loro avvocato l'intenzione di intraprendere un'azione legale contro le autorità ecclesiastiche per molestie morali e diffamazione. È probabile che questa triste vicenda finirà davanti a un tribunale francese.
    Una denuncia contro il Vaticano. È quanto ha annunciato l'Associazione di sostegno delle Piccole Sorelle di Maria, l'Istituto di vita consacrata alle prese dal 2016 con un “braccio di ferro” con il vescovo di Laval, poi arrivato fino a Roma.
    A seguito di una visita canonica ordinata da monsignor Thierry Scherrer, l'ordine era finito sotto osservazione per presunti problemi di amministrazione menzionati in una relazione contestata dalle suore. Nel 2017 la questione è passata sul tavolo della Congregazione per gli istituti di vita consacrata e le società di vita apostolica che ha decretato la sospensione del governo centrale della congregazione, accompagnando il provvedimento con la nomina di tre commissari. Mentre, in base al primo rapporto redatto dai visitatori inviati da monsignor Scherrer e che parlava di "autoritarismo", la superiora generale, madre Marie de Saint Michel, è stata rimossa tra le proteste delle sue consorelle.
    Da allora gli angoli di questa storia non si sono smussati: la Congregazione romana ha accusato le religiose francesi di "rifiuto ostinato dell'obbedienza". Le riserve delle Piccole Sorelle di Maria si sono concentrate in particolare sul nome di suor Geneviève Médevielle, la principale commissaria designata dal Vaticano per la missione. Di quest'ultima, docente onoraria di teologia morale all'Institut Catholique di Parigi, gli ambienti laici vicini all'ordine non hanno mancato di sottolineare criticamente l'orientamento progressista e l'abitudine a non indossare l'abito religioso, elementi giudicati estranei allo stile di vita e al carisma delle Piccole Sorelle di Maria.
    Nelle lettere inviate a Roma, le suore e l'associazione a loro sostegno non hanno fatto mistero di credere che alla base dell'indagine ci sia la volontà di riformare la congregazione adeguandola a quella che i sostenitori hanno chiamato in una lettera una "presunta modernità". Una convinzione nata dalla prima relazione, quella del 2016, in cui si manifestavano accuse di "immobilismo", "mancanza di apertura" e si auspicava l'adozione della "nuova teologia della vita consacrata". ".
    I provvedimenti di Roma sono stati impugnati dalle Piccole Sorelle di Maria fino all'appello al Tribunale Supremo della Segnatura Apostolica che, però, non ha accolto le loro rimostranze.
    Le tensioni si sono protratte con l'organizzazione di un nuovo capitolo canonicamente non riconosciuto da Roma e che ha 'premiato' ancora una volta la superiora 'indigesta' al vescovo di Laval. A questa mossa, il Vaticano ha risposto con un ultimatum: o accettare il 'commissariamento', o la riduzione allo stato laicale. Non accettando il diktat, lo scorso ottobre 29 religiose su 39 hanno chiesto di essere sollevate dai loro voti. Le autorità hanno accettato la richiesta di dimissioni, concedendo loro un periodo di sospensione di sei mesi, durante il quale, ci ha tenuto a far sapere in un comunicato suor Médevielle, sono stati predisposti mezzi finanziari e un punto d'appoggio temporanei per favorire il loro reinserimento nella vita civile.
    Nelle ultime settimane, però, i gruppi di laici in loro sostegno hanno manifestato la loro preoccupazione per la sorte delle religiose una volta finito questo periodo di supporto iniziale, paventando che esse posano ritrovarsi senza un tetto sulla testa. Nel frattempo, madre Marie de Saint Michel ha spiegato che la decisione delle 29 religiose non è stata facile, ma che "non si poteva andare contro la coscienza" e che le sorelle 'ribelli' continueranno "a far parte della Chiesa" mantenendo "i voti nel cuore". Oggi le suore risiedono nel villaggio Lagardelle-sur-Lèze e da lì hanno annunciato nei giorni scorsi - tramite il loro avvocato - l'intenzione di intraprendere un'azione legale contro le autorità ecclesiastiche per molestie morali e diffamazione.
    Secondo Maître Buchser, l'avvocato incaricato dalle religiose, "non si può pensare che il diritto canonico conferisca tutti i diritti, incluso quello di andare contro la legge civile". È probabile, quindi, che questa triste vicenda vedrà la parola fine soltanto davanti a un tribunale francese.
    MiL - Messainlatino.it: Il coraggio delle suore francesi commissariate: la denuncia penale contro il Vaticano

    IL REPORT SUL VESCOVO ARGENTINO
    Foto hot, il Vaticano sapeva di Zanchetta, ma lo ha promosso
    Dall'Argentina arriva un report di cinque preti da cui si evince che il Vaticano e il Pontefice sin dal 2015 erano a conoscenza del caso del vescovo Zanchetta su cui oggi pende una pesante accusa di abusi. Fotografie imbarazzanti con seminaristi. Ciononostante, un mese dopo la rinuncia, è stato nominato in un importante incarico amministrativo Vaticano. Ma ancora pochi giorni fa si è continuato a dire che le segnalazioni arrivarono solo nell'autunno scorso.
    Un quotidiano argentino, “El Tribuno” il primo che aveva fatto esplodere il caso Zanchetta, ha pubblicato ieri documenti che dimostrano come vescovi, il cardinale Primate di Argentina, il Nunzio il Vaticano e il Pontefice in persona sin dal 2015 fossero a conoscenza del caso del vescovo sui cui oggi pende una pesante accusa di abusi. Il caso nei giorni scorsi è arrivato in tribunale, con la denuncia penale sporta da vittime dell’ex vescovo di Oran. Dalle fotografie di una relazione del 2016, firmata da cinque sacerdoti, di cui tre ex vicari diocesani, appare chiaro che Gustavo Zanchetta era accusato non solo di avere sul suo cellulare foto oscene di sesso omosessuale, ma di molestie ai seminaristi, di non aver registrato la vendita di una proprietà importante della diocesi e di cattiva gestione sia delle finanze che del personale di Oran.
    Dalla relazione, di cui El Tribuno è venuto in possesso (leggi qui l'articolo integrale con il documento firmato da 5 religiosi), e di cui ha pubblicato le foto, si evince che come la diocesi scoprì in maniera casuale foto di Zanchetta e di altri nudi e in atteggiamenti molto espliciti. Il cancelliere vide quelle foto mentre scaricava sul pc alcune immagini istituzionali dal cellulare di Zanchetta, richiesto proprio da lui. E da lì ha avvisato le autorità, in primis il Vicario generale. Subito dopo sono stati coinvolti mons. Marcelo Colombo, l’arcivescovo di Salta Mario Cargnello, il Primate card. Poli, arcivescovo di Buenos Aires la nunziatura e il Pontefice. Nell’ottobre del 2015 Gustavo Zanchetta è stato convocato urgentemente a Roma; e tutti pensavano nella diocesi che si trattasse di qualche cosa legata al Sinodo della Famiglia, visti i rapporti stretti che lo legavano a Jorge Mario Bergoglio sin da quando quest’ultimo era cardinale e Presidente della Conferenza Episcopale argentina. Zanchetta rientrò a Oran, senza che fosse accaduto nulla: si ignora che cosa si siano detti con il Pontefice, ma c’è chi afferma che il vescovo abbia sostenuto che le foto erano truccate.
    Nel 2016, - come testimonano le fotografie di “El Tribuno” tre dei suoi vicari generali e due monsignori hanno presentato una denuncia interna formale alla nunziatura, insistendo su "strani atteggiamenti" di Zanchetta con i seminaristi. Li incontrava senza la presenza del Rettore, passava a notte fonda nelle loro stanze con una torcia, chiedeva che gli facessero dei massaggi, andava nelle loro stanze all’ora in cui dovevano alzarsi, si sedeva sui loro letti, li incoraggiava a bere bevande alcoliche, e mostrava una certa preferenza per quelli un po’ più aggraziati”.
    Neanche questa denuncia ha avuto ripercussioni visibili. Ne è seguita un’altra, nel 2017, quando presunti casi di abuso sessuale sui seminaristi hanno cominciato a emergere.
    Zanchetta ha dovuto abbandonare la diocesi, ma non è seguita un’inchiesta ecclesiastica, non è stato denunciato alla giustizia. Anzi. Zanchetta è approdato in Vaticano, dove il Pontefice ha creato per lui un ruolo, fino a quel momento inesistente, quello di Assessore all’Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolico. Diventava così il “N. 2” della cassaforte vaticana, e prendeva residenza a Santa Marta, nel cui attico alloggia il Pontefice.
    "Nella città di San Ramon del Nuovo Oran, il giorno 20 di aprile 2016 alle 12, si riuniscono i Vicari generali, monsignor Gabriel Acevedo e Juan José Manzano, il signor Rettore del seminario S. Giovanni XXIII, P. Martin Alarcon, Mons. Diego Pietro Calvisi, e Mons. Andrés Buttu per conformarsi alla richiesta di sua Eccellenza Reverendissima Mons. Paul Emile Tscherrig, Nunzio Apostolico di sua Santità in Argentina”, così comincia la relazione interna dei cinque religiosi.
    Il documento, scritto su richiesta del rappresentante del Papa nel paese, Emile Tscherrig, è una prova che il Vaticano sapeva delle accuse nei confronti di Gustavo Zanchetta sin dal 2016. E smentisce quindi le affermazioni del portavoce della Sala Stampa della Santa Sede, Alessandro Gisotti, secondo cui del “caso Zanchetta” dietro le alte mura si è saputo solo pochi mesi fa.
    Nel rapporto i cinque religiosi con alti funzionari sostengono che il "22 settembre 2015", il segretario cancelliere della diocesi, Luis Diaz, ha detto loro di aver trovato "selfie" di Zanchetta sul suo cellulare, "nudo e che si masturbava”. Díaz ha scoperto queste immagini per caso, quando l'ex-vescovo gli ha chiesto di scaricare alcune foto delle attività istituzionali, e che sono apparse come inviate dal suo cellulare. Ha anche detto di aver trovato materiale pornografico che gli era stato inviato, e che non era stato cancellato dalla memoria.
    Con questi elementi, i religiosi raccontano di aver comunicato con l'ex-vescovo di Oran Marcelo Colombo, che li ha indirizzati all'arcivescovo di Salta Mario Cargnello. "Notando la gravità della situazione, con Mons. Zanchetta amico personale del Papa, decide (Cargnello ndr.) di mettersi in comunicazione con il Cardinale Primate dell'Argentina, Mons. Mario Poli, e chiede al Padre Gabriel di chiamare la Nunziatura per avvertire che si trovava in mano al cardinale materiale che contiene informazioni riservate di natura molto grave sul Vescovo di Oran", afferma la lettera.
    Nell’ottobre 2015, l'allora vescovo fu chiamato dal Papa. "Notiamo che in nessun modo si tratta di fotomontaggi, come il vescovo ha sostenuto al suo ritorno da Roma, perché tutto quello che vedete nelle immagini, lenzuola, e armadio, sono quelli della sua stanza”.
    Diaz, che ha scoperto i controversi selfies di Zanchetta, in una lettera firmata e sigillata, ha anche sottolineato che non erano falsi. In quel documento, che faceva parte della prima denuncia, l'ex-vescovo pensava di avere il sostegno di papa Francesco. Secondo Diaz, Zanchetta gli ha detto che a Roma gli hanno mostrato le foto ma che "non gli importava di questo perché aveva spalle robuste per portare quel peso e farla franca".
    L'ex vescovo inoltre, secondo quanto riferito dal suo allora segretario, gli dsse che "per fortuna le immagini non sono passate per la Nunziatura, ma direttamente a Roma, dove ha il sostegno personale di papa Francesco e del cardinale Primate", Mario Poli.
    Foto hot, il Vaticano sapeva di Zanchetta, ma lo ha promosso - La Nuova Bussola Quotidiana

    Papa Francesco, gli strani silenzi sul comunismo: l'accusa di Antonio Socci
    Incurante dell' ennesima, cocente, sconfitta elettorale (o forse proprio per questo), con rabbiosa ostinazione, papa Bergoglio prosegue la sua campagna elettorale, come leader politico della sinistra mondiale. Infatti continua a ripetere le sue invettive in perfetta sintonia con tale parte politica. I siti di tutti i giornali ieri titolavano: «Il Papa in Romania: "Non cedere alle seduzioni di una cultura dell' odio"».
    Espressione volutamente vaga, tipica di chi lancia il sasso nascondendo la mano, però sapendo che - trattandosi di una parola d' ordine della sinistra - verrà poi interpretata come accusa contro chi si oppone a un' emigrazione di massa e incontrollata (contro i Salvini, i Trump eccetera). Ecco infatti cos' ha detto: c' è «un senso dilagante di paura che, spesso fomentato ad arte, porta ad atteggiamenti di chiusura e di odio. Abbiamo bisogno di aiutarci a non cedere alle seduzioni di una "cultura dell' odio"». In realtà la frittata è facilmente rovesciata da chi è fatto bersaglio di tali accuse, perché in queste settimane si è visto tracimare odio ideologico soprattutto negli ambienti clericali.
    Inoltre - storicamente - l' odio è sempre stato il connotato tipico della sinistra. E qui c' è un problema di luogo e di tempo. Bergoglio ieri ha fatto una gaffe andando a pontificare sull' odio (ovvero contro chi si oppone all' emigrazione di massa), laddove per decenni ha imperversato l' odio vero: il crudele e sanguinario odio del regime comunista. Eppure è lo stesso viaggio in Romania che avrebbe dovuto far riflettere Bergoglio perché lo pone di fronte agli orrori di quell' ideologia dell' odio. Basti dire che, oggi a Blaj, il papa assisterà alla beatificazione di sette vescovi greco-cattolici martirizzati dal comunismo «in odio alla fede» tra 1950 e 1970. Ma Bergoglio non si sofferma mai sui macelli del comunismo, che è stato il più colossale, sanguinario e satanico tentativo di sradicamento del cristianesimo dalle anime dei popoli tramite la macellazione dei cristiani. Anzi, di fronte all' orrore planetario che questa ideologia dell' odio ha prodotto per tutto il Novecento (e che perdura tuttora) Bergoglio è arrivato ad affermare che la «cultura dell' odio» contro cui si scaglia lui, sarebbe quasi più pericolosa del comunismo: «Una cultura individualista che, forse non più ideologica come ai tempi della persecuzione ateista, è tuttavia più suadente e non meno materialista».
    SCIENZIATI DELLA TORTURA
    Parole pronunciate in un Paese, la Romania, che fin dal 1945, quando l' Urss ha imposto il comunismo a questo Paese, ha visto scatenarsi il terrore rosso con il suo terribile Gulag. «Secondo i dati forniti dall' Istituto di Investigazione dei Crimini del Comunismo in Romania» ha spiegato Violeta Popescu «durante il regime comunista, nel Paese esistevano 44 carceri e 72 campi di lavoro forzato in cui sono passati oltre 3 milioni di romeni, 800.000 dei quali sono morti» (nota bene: la Romania non arriva a 20 milioni di abitanti).
    Il regime comunista della Romania ha portato un suo speciale contributo alla storia degli orrori rossi elaborando forme di tortura e di distruzione della personalità umana che nemmeno nel Gulag sovietico si erano sperimentate. E il peggio assoluto è stato inflitto ai cristiani per ottenere il loro annientamento totale. Alle torture classiche sono stati aggiunti nuovi particolari supplizi destinati a ridurre in poltiglia non solo i corpi delle vittime, ma anche le loro anime. Nel famigerato carcere di Pitesti, ad esempio, i detenuti «erano obbligati a ingurgitare un' intera gamella di escrementi e quando vomitavano gli veniva ricacciato il vomito in gola», scrive Virgil Ierunca in «Pitesti, laboratoire concentrationnaire».
    Il quale riferisce anche i particolari supplizi a cui erano sottoposti i giovani cristiani che non volevano rinnegare la loro fede: tutte le mattine venivano «battezzati» con l' immersione della loro testa «in una tinozza piena d' urina e di materia fecale» e «perché il suppliziato non annegasse di tanto in tanto gli si tirava fuori la testa e lo si lasciava respirare un attimo prima di reimmergerlo in quella mistura».
    I seminaristi erano anche obbligati ad assistere a messe nere e cerimonie sacrileghe con corredo di bestemmie per «rieducazione». Il tutto sommato alle note torture fisiche. Un repertorio agghiacciante di esse si trova nel libro «Catene e terrore» di Ioan Ploscaru, vescovo rumeno morto del 1998, a 87 anni. Nel volume c' è il racconto dei quindici anni trascorsi nel lager comunista in condizioni bestiali. Lì - se Bergoglio volesse leggere - si trova descritto il vero odio satanico contro i cristiani e contro l' essere umano. Insieme al commovente eroismo di questi martiri cristiani che mai - neanche nei più atroci supplizi - hanno provato odio per gli aguzzini (si tratta di cristiani veri, quelli della Chiesa di sempre, la Chiesa di Pio XII, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI). Un' altra testimonianza impressionante è quella che padre Tertulian Ioan Langa, sacerdote greco-cattolico, lesse in Vaticano il 23 marzo 2004, a 82 anni, di cui sedici trascorsi nell' inferno del lager comunista (l' ha appena ripubblicata Sandro Magister nel suo blog «Settimo cielo»). Sottolineo: nel 2004. Al tempo di Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI in Vaticano risuonavano le testimonianze dei martiri cristiani. Al tempo di Bergoglio in Vaticano si riceve il Centro sociale Leoncavallo con altri movimenti di estrema sinistra sudamericani.
    COSA PENSERANNO?
    Questo è il punto. La visita in Romania, simbolo del martirio cristiano sotto il comunismo, ripropone la domanda sull' attuale vertice vaticano: cosa avrebbero pensato le vittime cristiane del comunismo nel vedere papa Bergoglio accettare, compiaciuto, da Evo Morales, il simbolo della falce e martello con sopra l' immagine di Cristo? E cosa possono pensarne i cristiani cinesi che, avendo resistito per decenni alle persecuzioni e ai lager comunisti, si sono trovati adesso abbandonati dal Vaticano, da quando Bergoglio ha sostanzialmente fatto arrendere la Chiesa al regime di Pechino con il noto e discusso accordo?
    A 30 anni esatti dal massacro di Tienanmen nulla è cambiato nell' universo comunista cinese in fatto di diritti umani. Ma il Vescovo di Roma che in passato ha definito i nostri «campi di rifugiati» dei «campi di concentramento» (suscitando la protesta di un' organizzazione ebraica, l' American Jewish Committee), poi non vede i campi di concentramento veri del nostro tempo: quelli cinesi. Il problema infatti non è solo il comunismo del passato, ma anche quello attuale. Ricordiamo che Bergoglio, durante il viaggio a Cuba, si recò a visitare il dittatore comunista Fidel Castro e fu immortalato mentre gli teneva amichevolmente le mani (lui che ha fatto sapere che non vuol dare la mano a Salvini). Cosa avranno pensato i cristiani di Cuba che per decenni hanno dovuto sopportare l' oppressione del regime di Castro? L' ambiguità di Bergoglio verso il comunismo è palese. C' è chi ritiene che sia tipica di una certa chiesa sudamericana.
    Nei giorni scorsi - dopo l' episodio del cardinale elettricista nel tombino per riattaccare la luce - il professor Francesco Margiotta Broglio, professore emerito di diritto ecclesiastico e presidente uscente (per la parte italiana) della Commissione per l' attuazione del Concordato, ha rilasciato al Messaggero un' intervista che era assai pungente su Bergoglio: «Ha importato il Sudamerica a Roma, uno stile da Chiesa della liberazione Il Papa somiglia a quelli della Teologia della Liberazione, del resto da quel continente lì arriva». L' episodio del cardinale elettricista, secondo il professore, «fa il paio con l' invito del Papa agli zingari in Vaticano. Con Francesco la Teologia della Liberazione è arrivata anche a liberare i contatori». La sua conclusione, rivolta ai cardinali, è questa: «Volevano un Che Guevara? Ed eccolo».
    https://www.liberoquotidiano.it/news...ci-accusa.html

    Papa Francesco, Antonio Socci: "Calano i migranti, Chiesa disperata. La mossa estrema pro-invasione"
    «Servire i poveri è nel Vangelo, non è comunismo», ha detto ieri papa Bergoglio per rispondere ai suoi critici. Dimenticando di aggiungere che il comunismo è stato il peggior nemico dei poveri. E dimenticando che nel Vangelo c' è scritto che anzitutto bisogna servire Dio.
    Gesù non vara un partito, non si occupa di elezioni e di politica, ma del Regno dei Cieli. Dei poveri Cristo parla in modo diametralmente opposto a Marx e Lenin, che non a caso detestavano il cristianesimo. Il magistero bergogliano è confusionario e genera confusione.
    Secondo una ricerca della Doxa negli ultimi cinque anni, che corrispondono al pontificato di Francesco, il numero di fedeli cattolici in Italia è crollato di quasi otto punti percentuali (il 7,7 per cento). Ma papa Bergoglio non sembra preoccupato di questa catastrofe spirituale (anzi, continua a colpire duramente gli ordini religiosi più ferventi e con più vocazioni cosicché si aggraverà tale crollo). Ciò che lo preoccupa sembra essere il crollo del numero di migranti da quando al Viminale è arrivato Matteo Salvini, il quale peraltro sottolinea che la fine delle partenze dei barconi, significa il quasi azzeramento del numero di morti nel Mediterraneo.
    Per Bergoglio i migranti rappresentano una specie di dogma di una nuova religione sociale, modello Teologia della liberazione. Con lui il cattolicesimo pare progressivamente sostituito da una religione globalista, comunisteggiante, tutta mondana, politically correct, non soprannaturale, tanto che nei giorni scorsi (sul tema dei rom) Bergoglio ha meritato addirittura un tweet di entusiastico appoggio da George Soros in persona. C' è chi lo ha definito «il Vescovo di Rom», anziché «il Vescovo di Roma». Ma anche «Vescovo di Romadan». Infatti i musulmani sono così felici di questo smantellamento del cattolicesimo che gli hanno dedicato il Ramadam.
    Bergoglio raccoglie dunque il plauso di laicisti, islamici, comunisti, atei, miscredenti e mangiapreti. Mentre i cattolici, sconcertati, sempre più spesso decidono di avversare pubblicamente la politica bergogliana proprio sul suo dogma fondamentale: l' immigrazione. È accaduto, in Italia, con le elezioni europee del 26 maggio, per le quali papa Bergoglio si era così ostinatamente schierato contro Matteo Salvini da essere indicato dalla Sinistra come suo simbolo e leader. Proprio in queste elezioni si è avuto il boom del voto dei cattolici per la Lega che oggi - secondo i dati di Ilvo Diamanti (pubblicati ieri da Repubblica) - è il primo partito dei cattolici italiani. E il loro consenso a Salvini è cresciuto enormemente negli ultimi mesi, in concomitanza con la sua demonizzazione da parte dei media bergogliani.
    Il più votato tra i cattolici
    Lo scontro interno alla Chiesa riemerge in queste ore per una vicenda surreale. È noto che con Bergoglio il Natale, più che l' Incarnazione di Dio, è diventato la festa del «Gesù migrante» (mai stato migrante).
    La Pasqua, più che la resurrezione di Cristo, celebra oggi la pace nel mondo e l' accoglienza del migrante. Adesso Bergoglio, indispettito per la cocente sconfitta subita nelle urne, sembra usare a scopo politico anche la festa di Pentecoste che si celebra oggi. Pare impossibile strumentalizzare a fini politici la discesa dello Spirito Santo sugli apostoli e su Maria, nel cenacolo di Gerusalemme, una festa che rimanda al mistero di Dio e all' eternità. Eppure lo fanno. I vescovi del Lazio - su ovvia spinta di Bergoglio - hanno preso a pretesto la Pentecoste per scrivere una "Lettera ai fedeli", da proclamare oggi in tutte le chiese della regione, proprio sull' accoglienza ai migranti.
    Per capirne il tono riporto il titolo che ha fatto La Bussola quotidiana (un sito cattolico non allineato): «Proclama immigrazionista a messa, preti laziali coscritti». Il sito definisce tale lettera «politicamente strumentale e quindi illegittima. Molti preti si interrogano se disubbidire a una violazione del genere: "Ho dato la vita per Cristo, non per un partito"». Più avanti la Bussola (che peraltro non ha simpatie leghiste) lo giudica «un documento veramente singolare, che sembra collocarsi a metà strada fra una forma di autolesionismo e l' ingerenza partitica». Il commentatore Marco Tosatti scrive ancora: «Sembra che molti parroci abbiano il buon senso di non leggere questo manifesto pro Pd nel corso della messa. Anche perché correrebbero il rischio di avere dei fedeli che si alzano in piedi e ricordano loro che in chiesa non si fa politica, e non si leggono documenti partitici».
    In effetti sull' account Twitter della diocesi di Roma, dove viene lanciata l' iniziativa, i commenti sono indignati. Uno è lapidario: «Documento squisitamente politico».
    Beatrice Leoni commenta: «Speravo fosse una notizia "esagerata", al limite che la lettera esistesse, ma non (ci fosse) l' intenzione di leggerla durante le Messe. Per quanto mi riguarda mi alzerò ed uscirò alla lettura della citata lettera. A quanto pare non basta il Vangelo, ma il di più, si sa, viene dal Maligno». Antonio commenta sconsolato che «hanno snaturato anche la Pentecoste». Una certa Piperita Patti conclude: «Questo papa è eretico» (sull' account della Diocesi di Roma). Fabrizio Brasili ricorda l' insegnamento di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, del tutto diverso dall' attuale.
    «Credo in Cristo, non nei partiti» - Maria scrive: «Prima fate stare bene quelli di famiglia nostra, quelli che vivono nelle macchine, quelli che non hanno lavoro, quelli che non vengono assistiti. Poi potremo volgere lo sguardo allo straniero che ha documenti, che voglia lavorare, che non stupra, non uccide e rispetta le leggi». Un certo "Trovo lavoro" è drastico: «Buffoni. Fondate un partito piuttosto. Così vi contiamo». Memedesima scrive sconsolata: «Ma dobbiamo andare a messa fuori dal Lazio per non sentire strumentalizzazioni politiche? Ma cosa sta succedendo alla Chiesa?». Sangarre invita i vescovi a meditare «seriamente» sul Vangelo: «Siete immersi nel mondo caduco e transeunte tanto da non rendervi nemmeno più conto di chi parli davvero la Scrittura. E a chi».
    Zot scrive ai vescovi: «Direi che siete solo un filino eretici». Poi riporta una pagina di Giovanni Paolo II, che definisce «vero papa», il quale rimandava «alle autorità pubbliche» il «controllo dei flussi migratori». Papa Wojtyla scriveva: «L' accoglienza deve sempre realizzarsi nel rispetto delle leggi e quindi coniugarsi con la ferma repressione degli abusi».
    Luca cita il cardinale africano Robert Sarah e scrive: «Il card. Sarah sostiene la lettura fedele delle Sacre Scritture: "Dio non vuole le migrazioni Non possiamo accogliere i migranti in occidente, le persone vanno aiutate nei loro paesi"».
    Un altro richiama il Catechismo: «L' appello all' accoglienza e all' immigrazionismo viola il Catechismo secondo cui i pastori della Chiesa non possono intervenire direttamente nell' azione politica e nell' organizzazione della vita sociale». In effetti il n. 2442 del Catechismo che egli riporta recita: «Non spetta ai pastori intervenire direttamente nell' azione politica e nell' organizzazione della vita sociale. Questo compito fa parte della vocazione dei fedeli laici, i quali operano di propria iniziativa insieme con i loro concittadini».
    Lucilla chiede: «È possibile parlarci di Cristo e lasciare fuori della Messa la politica?». Un altro aggiunge: «State distruggendo un' eredità millenaria di spiritualità».
    Cicnus spera «che Dio abbia pietà» di questi pastori e prega «per la loro conversione». Anna Rota osserva: «Che tristezza una Chiesa ridotta ad una Onlus... Il Cielo non perdonerà questa blasfemia».
    https://www.liberoquotidiano.it/news...-vaticano.html

 

 
Pagina 38 di 38 PrimaPrima ... 283738

Discussioni Simili

  1. carne della nostra carne
    Di cireno nel forum Fondoscala
    Risposte: 10
    Ultimo Messaggio: 31-01-14, 10:24
  2. Il verbo avere e il verbo dovere in napoletano
    Di Mike Suburro nel forum Fondoscala
    Risposte: 14
    Ultimo Messaggio: 17-05-12, 23:51
  3. Il verbo di Vendola
    Di Quayag nel forum Padania!
    Risposte: 1
    Ultimo Messaggio: 22-12-10, 13:08
  4. Sondaggio: chi è il più verbo di POL?
    Di Nicki (POL) nel forum Il Seggio Elettorale
    Risposte: 15
    Ultimo Messaggio: 08-07-06, 18:28
  5. Risposte: 0
    Ultimo Messaggio: 11-10-04, 15:15

Permessi di Scrittura

  • Tu non puoi inviare nuove discussioni
  • Tu non puoi inviare risposte
  • Tu non puoi inviare allegati
  • Tu non puoi modificare i tuoi messaggi
  •  
[Rilevato AdBlock]

Per accedere ai contenuti di questo Forum con AdBlock attivato
devi registrarti gratuitamente ed eseguire il login al Forum.

Per registrarti, disattiva temporaneamente l'AdBlock e dopo aver
fatto il login potrai riattivarlo senza problemi.

Se non ti interessa registrarti, puoi sempre accedere ai contenuti disattivando AdBlock per questo sito