[QUOTE=Giò91;2850251]"Il nostro dovere è aiutare questa gente a tornare in patria e a costruire lì una vita degna. Questa dev'essere la prospettiva. Ma oggi, in attesa di questo rientro, bisogna offrire loro accoglienza".
Giustissimo, la retta accoglienza è sacrosanta: arriva l’immigrato irregolare, gli si dà da bere un pochino di acqua del water, gli si dà da mangiare qualche biscottino eukanuba raffermo che Fido ormai schifa
e poi lo si rispedisce a casina sua…
Il Catechismo Universale della Chiesa Cattolica, afferma che le regioni più ricche sono tenute ad accogliere gli immigrati solo "nella misura del possibile", e che "le autorità politiche, in vista del bene comune, di cui sono responsabili, possono subordinare l'esercizio del diritto di immigrazione a diverse condizioni giuridiche".
Quando monsignor Marchetto ha criticato la normativa sulla sicurezza del governo che prevedeva anche l’introduzione del reato di clandestinità, il portavoce del Papa, padre Federico Lombardi, ha provveduto a manganellarlo doverosamente, chiarendo che l'opinione di Marchetto non è quella della Chiesa, e aggiungendo significativamente che, con l'applicazione delle nuove norme, "sarà più facile garantire quella sicurezza che i cittadini auspicano".
"Ci sono interessi islamici dietro la pressione migratoria.
L'Occidente cristiano ha già imbracciato le armi perché la schiavitù si riducesse quasi a zero.
Così, alla fine delle Crociate, la schiavitù scomparve dall'Europa e rimase un fatto solo islamico.
Anche oggi, dietro questi traffici ci sono intereressi islamici, che bisogna avere il coraggio di affrontare".
Luigi Negri, vescovo di san Marino e Montefeltro
Pio XII, Enciclica "Summi Pontificatus":
"Né è da temere che la coscienza della fratellanza universale, fomentata dalla dottrina cristiana, e il sentimento che essa ispira, siano in contrasto con l'amore alle tradizioni e alle glorie della propria patria, o impediscano di promuoverne la prosperità e gli interessi legittimi, poiché la medesima dottrina insegna che nell'esercizio della carità esiste un ordine stabilito da Dio, secondo il quale bisogna amare più intensamente e beneficare di preferenza coloro che sono a noi uniti con vincoli speciali.
Anche il divino Maestro diede esempio di questa preferenza verso la sua terra e la sua patria, piangendo sulle incombenti rovine della città santa."
Nozze combinate e violenze Arrestati due pakistani
Giovane costretta da padre a sposare connazionale
Sancita l'unione il neosposo si è lamentato con il padre del fatto che la ragazza si concedesse controvoglia e di doverla costringere ad avere rapporti. Il genitore l'ha punita picchiandola e chiudendola in casa per non farle vedere gli amici italiani
Milano, 23 febbraio 2012 - Il marito l'aveva visto solo in foto: a costringerla a sposarlo ci aveva pensato suo padre, pakistano come il marito che le era stato imposto. Una volta sancita l'unione il neosposo, si era lamentato con il padre della ragazza del fatto che la ragazza si concedesse controvoglia e che lui doveva costringerla ad avere rapporti sessuali: il genitore a questo punto l’ha ripetutamente picchiata, arrivando a toglierle il cellulare e a chiuderla in casa per impedirle di avere contatti gli amici italiani.
Per questo ieri mattina, con l’accusa di violenza sessuale, gli agenti della Squadra Mobile di Milano hanno eseguito un provvedimento di custodia cautelare in carcere nei confronti del 25enne marito e del 50enne padre di una ragazza di origine pakistana, oggi 23enne, che vive in un Comune dell’hinterland milanese da 12 anni. Il provvedimento è stato diposto dal Gip Chiara Valori su richiesta del Pm Gianluca Prisco.
In base a quanto quanto riferito dagli investigatori, a “salvare” la ragazza è stato un suo coetaneo italiano di cui la giovane si era innamorata che, non riuscendo più ad avere sue notizie, passava spesso sotto casa sua, e che il 31 ottobre 2011 ha raccolto un bigliettino con una richiesta d’aiuto che la ragazza praticamente segregata in casa gli ha lanciato dalla finestra. Dopo averlo letto, il ragazzo ha aiutato l’amica a calarsi dal primo piano e l’ha accompagnata alla Questura di Milano a sporgere denuncia. La giovane è stata subito posta in una struttura protetta, e gli investigatori hanno svolto tutte le indagini ricostruendo la vicenda anche grazie alle testimonianze di amici e conoscenti della vittima che hanno più volte ricordato le sue confessioni e i segni delle percosse che aveva sul corpo.
La ragazza, seconda di cinque figli, ha raggiunto il padre in Italia quando aveva sette anni, ma i suoi veri problemi sono iniziati ne aveva 19. Nel 2008 infatti il padre le avrebbe mostrato la foto del figlio di un suo amico dicendole di essere già d’accordo con lui perché si sposassero. La ragazza, oramai occidentalizzata, si sarebbe vivacemente opposta dicendo di non conoscerlo e di non amarlo, ma in un successivo viaggio in Pakistan, dove il futuro sposo viveva, sarebbe stata costretta a fare con lui la cerimonia di promessa di matrimonio. La famiglia della giovane è poi rientrata in Italia ma dopo tre anni, nell’agosto 2011, è volata nuovamente nel Paese d’origine per dare ufficialmente in sposa la figlia al ragazzo. Dopo le nozze, celebrate il 4 settembre, il marito avrebbe preteso di consumare il matrimonio ma la ragazza si sarebbe opposta e sarebbero iniziate le violenze, poi proseguite in Italia dove la coppia si è sistemata nella casa di famiglia.
Secondo quanto emerge dalle indagini, tutta la famiglia, a partire dalla madre della ragazza, avrebbe saputo e tollerato le violenze perpetrate dai due uomini, forse in ragione di una mentalità che non prevede che una ragazza possa innamorarsi di chi vuole e condurre la vita che crede. Ora il padre, incensurato e regolarmente in Italia da diversi anni dove ha lavorato come operaio metallurgico prima, è stato rinchiuso nel carcere di San Vittore insieme con il genero.
Nozze combinate e violenze Arrestati due pakistani - Il Giorno - Milano
Money transfer, l'evasione a portata di click
In 9 anni le agenzie sono aumentate di quasi il 5000%
Riciclare denaro sembra quasi gratis. E la tecnologia continua a dare una mano: ora è possibile inviare denaro con un semplice sms. Prato il regno dell'evasione cinese: 800 milioni l'anno
In Italia evadere o riciclare denaro non ha ostacoli. Intermediari compiacenti, pagamenti frazionati per aggirare le norme, ma soprattutto un solo click. Il fenomeno money transfer nasconde sempre più insidie, specialmente online. Un affare da capogiro se si considera che il riciclaggio delle criminalità organizzate tocca i 150 miliardi di fatturato. Secondo le stime prudenti di Ranieri Razzante, consulente della Commissione parlamentare antimafia, ogni anno sfuggono ai controlli “circa 3 miliardi di euro” -dice all’Adnkronos-, poco meno della metà dei circa 6,5 miliardi inviati all’estero con i money transfer. Cifre che spaventano e hanno indotto il senatore del Pdl, Salvatore Lauro, a chiedere di aprire un’inchiesta sul tema.
Se Bankitalia prova a stringere i cordoni della vigilanza, inviare soldi illeciti all’estero è un gioco da ragazzi. E internet offre due vantaggi: farlo comodamente da casa e senza problemi di orario. I controlli? Nulli. O facilmente aggirabili. Provare per credere. “Secondo le leggi bancarie, dopo la seconda transazione devi fornirci un documento di identità per continuare a utilizzare le transazioni online”, l’avvertimento di un sito specializzato.
Un’agevolazione non da poco per un’operazione che dura una manciata di minuti: basta registrarsi sul sito, compilare un modulo con i propri dati -si può tranquillamente barare-, indicare la somma che si vuole inviare e gli estremi della carta di credito o di una prepagata. Tutto qui. L’operazione si può ripetere all’infinito.
E se ci si imbatte in un sito internet che richiede un documento, l’affare non si complica: basta fotocopiarlo o scansionarlo, vero falso è un dettaglio, firmare un modulo di conferma dell’identità e inviare i documenti via posta o via mail. I vantaggi? Può farlo anche un minorenne e sono attive promozioni che rendono l’invio più conveniente dei classici money transfer.
Riciclare denaro sembra quasi gratis. E la tecnologia continua a dare una mano: ora è possibile inviare denaro con un semplice sms. Un affare visto il numero di cellulari esistenti.
Ma per chi è a digiuno di tecnologia i negozi ad hoc non mancano. In 9 anni le agenzie sono aumentate di quasi il 5000%: da 687 nel 2002 a 34.181 nel 2010. Solo nel 2009 c’è stato un incremento di circa 6.500 sportelli: più di tutte le filiali del gruppo Intesa Sanpaolo in Italia. Nell’ultimo triennio, invece, l’incremento ha superato le 16.000 unità, superiore all’intera rete di Poste Italiane. Anche dieci volte più costoso del canale bancario, il sistema offre la garanzia di operare anche in Paesi dove è assente una regolare rete bancaria o non esiste una legislazione antiriciclaggio. Nè chi invia, nè il beneficiario, devono essere titolari di un conto corrente. Nè occorre giustificare la provenienza del denaro. Bastano i contanti, il governo Monti ha abbassato il limite a mille euro, e un documento d’identità.
Solo nel 2011 il denaro spedito all’estero attraverso i money transfer ha superato i 6,5 miliardi di euro, secondo gli ultimi dati forniti dalla Guardia di Finanza. Circa 1,7 miliardi hanno come destinazione la Cina, pari al 26% della torta globale. Bisogna sommare le cifre inviate da Romania, Marocco, Filippine, Senegal e Bangladesh per bilanciare la quota di denaro trasferita nella sola Repubblica popolare. In quattro anni è di oltre 7 miliardi la cifra che i cinesi hanno inviato in patria. Solo a Prato ogni straniero spedisce in media 16.760 euro, quasi 1.400 euro al mese. più di quanto guadagna un operaio.
Il trucco? Basta entrare in qualsiasi money transfer con soldi e fotocopie di documenti di diverse persone, quindi eseguire in più tranche il trasferimento di denaro. Nessun apparente illecito in caso di controllo. Tranne uno: il fortunato destinatario di migliaia di euro è sempre lo stesso. Lo sa bene Aldo Milone, assessore alla sicurezza urbana e alla polizia municipale del Comune di Prato che invoca “l’intervento del Governo, più strumenti e uomini per combattere un’evasione dilagante. Altro che Cortina, chiediamo ai militari delle Fiamme Gialle di venire a farsi un giro tra money transfer, bar e ristoranti stranieri”. Una provocazione che sembra un grido d’allarme.
Mentre il riciclaggio affina le armi c’è chi corre ai ripari come Dante Cattaneo, il sindaco di Ceriano Laghetto (Monza) primo in Italia ad aver vietato i money transfer, o chi invece come Laura Garavini, deputata del Pd e componente della Commissione antimafia chiede di introdurre il reato di autoriciclaggio. Davide Boni, presidente del Consiglio regionale lombardo, ed Emanuele Fisicaro, presidente del centro studi sull’Antiriciclaggio, invitano ad aumentare i controlli.
Nel 2011 la Guardia di Finanza ha eseguito 296 controlli su oltre 34mila money transfer. Ben 155 le violazioni e 114 le persone coinvolte o indagate. Negli ultimi 4 anni sono state svolte dalle Fiamme Gialle 1.836 ispezioni nei confronti di altrettanti operatori: 933 le violazioni penali e amministrative riscontrate. più di un money transfer su due è risultato ‘fuorilegge'. Esercizio abusivo dell’attività finanziaria e violazione della normativa antiriciclaggio (violazione del limite di denaro da inviare), i reati più diffusi.
“In più operazioni -spiega il colonnello Antonio Graziano, capo ufficio operazioni del Nucleo di Polizia valutaria della Guardia di Finanza di Roma- abbiamo trovato documenti falsi o di persone morte da anni. La tecnica del frazionamento, più invii di denaro sotto il limite consentito con la complicità di prestanomi o amici compiacenti, resta un evergreen, come dimostrano le sempre più numerose indagini”. Se le norme si possono sempre eludere, talvolta con la complicità degli intermediari, ora il riciclaggio scorre sempre più veloce anche sul filo della rete e del telefono.
GDF: PIU' DI UN MONEY TRANSFER SU DUE E' FUORILEGGE - Più di un money transfer su due è ‘fuorilegge'. è quanto emerge analizzando i dati della Guardia di Finanza, in tema di antiriciclaggio. Lo scorso hanno i controlli sono stati 296. Ben 155 le violazioni e 114 le persone coinvolte o indagate. Solo negli ultimi 4 anni, dal 2008 al 2011, sono 1.836 le ispezioni messe a segno nei confronti di operatori money transfer: 933 le violazioni penali e amministrative riscontrate. Un pericolo, più che concreto, si si considera che il settore delle rimesse consente di esportare verso l’estero oltre 6,5 miliardi di euro l’anno. Le contestazioni più numerose riguardano l’esercizio abusivo dell’attività finanziaria e le infrazioni alla normativa antiriciclaggio, in particolare la violazioni al limite di trasferimento fissato dalla legge.
Un limite che, con l’attuale governo Monti, è stato ulteriormente abbassato a mille euro. “Limitare l’uso del contante -dice all’Adnkronos il colonnello Antonio Graziano, capo ufficio operazioni del Nucleo di Polizia valutaria della Guardia di Finanza di Roma- è sicuramente utile, può aiutare a eliminare tanti possibili illeciti, ma occorre puntare a un cambio di cultura. Bisogna abituarsi e incentivare la cultura della legalità, perchè le norme si possono sempre eludere, per cui la collaborazione e il rispetto delle norme da parte degli intermediari finanziari è necessaria. Noi non abbassiamo mai la guardia”.
L’ultimo controllo ha consentito ai militari della Guardia di Finanza di Firenze, nel giugno scorso, di accertare il riciclaggio di 46 milioni di euro. Più di 300 le aziende cinesi coinvolte che hanno omesso di fatturare e dichiarare al fisco volumi di affari di 238 milioni nel triennio 2007-2009; alle 70 imprese sequestrate tra Firenze e Prato sono invece riconducibili oltre 70 milioni di euro incassati in nero e trasferiti in Cina.
E “il primato della Cina sembra davvero imbattibile”, ammette il colonnello Graziano. Degli oltre 6,5 miliardi che vengono inviati tramite money transfer circa 1,7 miliardi hanno come destinazione la Repubblica popolare. In quattro anno è di oltre 7 miliardi la cifra totale che i cinesi hanno inviato in patria. Solo a Prato ogni straniero spedisce in media 16.760 euro, quasi 1.400 euro al mese.
Più di quanto guadagna un operaio. Bisogna sommare le cifre inviate da Romania, Marocco, Filippine, Senegal e Bangladesh per bilanciare la quota di denaro esportato dalla sola Cina.
PRATO, I CINESI EVADONO 800 MILIONI L'ANNO - C’è chi li teme e chi li aspetta. Mentre i controlli della Guardia di Finanza impazzano in tutta Italia dal Comune di Prato arriva l’invito al premier Monti: “Chiediamo l’intervento del Governo, più strumenti e uomini per combattere un’evasione dilagante. Altro che Cortina, chiediamo ai militari delle Fiamme Gialle di venire a farsi un giro tra money transfer, bar e ristoranti stranieri”. Una provocazione lanciata da Aldo Milone, assessore alla sicurezza urbana e alla polizia municipale, che sembra quasi un grido d’allarme.
“La realtà pratese -dice all’Adnkronos- è diversa dal resto d’Italia. Qui c’è un distretto parallelo del tessile dove ho stimato un evasione annua di circa 800 milioni di euro”. Una città nella città popolata da 12mila cinesi “ma, si arriva a 40mila contando i clandestini”, dove gli stranieri sfrecciano con potenti Suv e le loro dichiarazioni dei redditi “sono da pensione sociale”. Sconcertanti gli ultimi dati su bar e ristoranti cinesi: “su 250 controlli in 240 hanno presentato una dichiarazione in perdita o con un utile sotto i 5mila euro”.
Numeri che stonano con i dati reali. Solo a Prato, secondo i dati della Guardia di Finanza, ogni straniero spedisce in media 16.760 euro, quasi 1.400 euro al mese. Più di quanto guadagna un operaio. E al danno si aggiunge la beffa: “con questi redditi cosi’ bassi pagano meno addizionale comunale Irpef e meno addizionale regionale” e il danno si traduce per il Comune in mancati introiti “per 6 milioni l’anno” rivela l’assessore.
Guai a parlare di razzismo: “non abbiamo nulla in contrario -spiega l’assessore Milone- se si fa concorrenza in modo corretto”, ma la sensazione è che, al di la dei dati ufficiali, “la cifra ufficiosa di denaro esportata in Cina sia almeno il doppio”.
C’è chi li nasconde tra valigie e vestiti prima di un lungo viaggio verso casa, chi sfrutta l’invio tramite Internet molto poco sorvegliato e chi si affida ai classici trucchi. Basta entrare in qualsiasi money transfer con soldi e fotocopie di documenti di diverse persone, ed eseguire in più tranche il trasferimento di denaro.
Nessun apparente illecito, in caso di controllo. Tranne uno: il fortunato destinatario di migliaia di euro è sempre lo stesso.
“Di fronte a un’evasone spaventosa così non si possono chiudere gli occhi, bene aver abbassato il limite dell’invio di denaro, ma servono strumenti più incisivi; e occorre che il governo metta mano a una legge per regolamentare meglio il settore”.
I due cardini? Più controlli e una riscossione più ‘snella'.
“Basterebbero 50 uomini in divisa in più per dare un segnale di presenza forte sul territorio”, insieme a “regole per una riscossione più semplice”. Dopo un intervento degli agenti di Equitalia ai danni di un cinese, “i connazionali che sono andati a pagare per non vedersi auto o merce sequestrata è raddoppiato quel giorno. La vittima ha versato, immediatamente, un assegno circolare da 70mila euro. Ci fa piacere che la Cina compra il debito italiano, il sospetto -conclude tra amarezza e ironia- è che lo stiano comprando con i soldi nostri”.
Money transfer, l'evasione a portata di click - Quotidiano Net
Certe cose le capisce persino Cicciobello Rutelli….
Immigrazione, Rutelli: "La cittadinanza facile un invito ai clandestini"
Il leader dell’Api "corregge" Fini e Napolitano: "Se i figli degli stranieri diventano italiani alla nascita ci sarà la corsa a partorire a Lampedusa"
di Laura Cesaretti
È uno dei cavalli di battaglia di Gianfranco Fini
e anche il presidente Napolitano è recentemente sceso in campo per sostenerla a spada tratta («È una follia negare la cittadinanza ai bambini nati in Italia da immigrati stranieri»).
Ma dal leader dell’Api Francesco Rutelli, che di Fini è alleato nel Terzo Polo, arriva un altolà («Così si trasforma l’Italia nella più grande clinica ostetrica d’Occidente») e un monito a guardare oltre «l’inganno del multiculturalismo e del politically correct».
Senatore Rutelli, da uno come lei, con la sua passata militanza radicale non ci si aspetterebbe il no alla cittadinanza per gli immigrati. Come si spiega?
«E’ un invito a non cadere nelle trappole di un buonismo controproducente, e a non deprezzare la cittadinanza italiana riducendola a semplice automatismo. L’idea che sia un pezzo di carta che chiunque può prendere, con la stessa facilità con cui si comprano le figurine all’edicola, è superficiale e pericolosa. Ci sono almeno due questioni preliminari trascurate in modo irresponsabile, e su cui invece è necessario riflettere prima di modificare le regole attuali».
Quali questioni?
«Se introduciamo il criterio dello jus soli, ossia l’automatica cittadinanza italiana per chiunque nasca sul nostro territorio, rischiamo di trasformare l’isola di Lampedusa o il porto di Ancona o la stazione di Trieste nelle succursali della più clamorosa clinica ostetrica d’Europa. Diventando cittadini italiani si diventa cittadini Ue: l’Italia si trasformerebbe, per motivi puramente geografici, nella piattaforma per acquisire strumentalmente il libero accesso a tutta la comunità europea».
Sta dicendo che le immigrate verrebbero a partorire tutte qui?
«Sto dicendo che dei 23mila tunisini sbarcati a Lampedusa, in fuga dopo la Rivoluzione dei Gelsomini, sì e no duemila sono rimasti in Italia. Per tutti gli altri siamo stati solo un passaggio verso il resto d’Europa. L’automatismo della cittadinanza incentiverebbe questo fenomeno».
E la seconda questione preliminare?
«L’introduzione del principio dello jus soli creerebbe una contraddizione inestricabile a livello costituzionale. Perché, ci piaccia o no (e io ho molti dubbi in proposito), noi abbiamo introdotto nella Costituzione il principio dello jus sanguinis, ossia l’esatto opposto».
Si riferisce al voto degli italiani all’estero?
«Esattamente. È stata fatta una legge costituzionale, che serviva da riconoscimento simbolico di quella grande ferita che è stata l’emigrazione di massa degli italiani tra fine ’800 e primi del ’900, e che ha introdotto nella nostra Carta lo jus sanguinis a tempo indeterminato. Abbiamo dato il diritto di voto a discendenti di emigranti, che magari non parlano neppure la nostra lingua, che non pagano le tasse in Italia, che hanno legami ormai debolissimi con la terra dei loro avi. Ma che possono votare propri rappresentanti nel Parlamento italiano esattamente come me e lei. Una scelta discutibile, ma che è stata fatta. Come facciamo a sostenere anche l’esatto contrario?».
E allora come va affrontato il problema dell’integrazione degli immigrati?
«Partendo dal principio che la cittadinanza italiana è il traguardo di un cammino, e non un fatto meramente amministrativo da risolvere con un certificato. Io ad esempio sono favorevole ad accorciare i tempi di concessione, perché dieci anni sono tanti; e a dare la cittadinanza a tutti i bambini nati qui che abbiano fatto almeno la scuola dell’obbligo. Ma con regole precise: chi vuol diventare cittadino da maggiorenne deve conoscere la lingua e i principi basilari della nostra convivenza civile, e deve fare una dichiarazione impegnativa di riconoscimento della Costituzione. Facendo attenzione ad alcuni aspetti: se vogliamo l’integrazione senza cadere nella trappola di un multiculturalismo fallito, non possiamo accettare da chi vuol diventare cittadino italiano alcuna ambiguità sui diritti umani fondamentali».
Si riferisce all’Islam militante?
«Mi riferisco a quella componente non laica dell’Islam che persevera in pratiche che contraddicono i nostri principi basilari: dalla poligamia all’assoggettamento della donna. Un padre che vieta a una figlia femmina di andare a scuola non è compatibile con la cittadinanza italiana».
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