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    Predefinito Re: Le delizie della società multietnica

    Colle Val d'Elsa, islamici vietano a due ragazze italiane di salire sul bus
    La scorsa settimana le due ragazze hanno segnalato l’accaduto alla Tiemme, la società che gestisce il trasporto locale. Dopo diversi insulti e un accenno di diverbio le due giovani si sono convinte a desistere e a prendere il bus successivo
    Mario Valenza
    "Voi su questo bus non salite". Con queste parole alcuni islamici averbbero vietato a due ragazze di Colle Val d’Elsa, in provincia di Siena, di salire su un bus comunale.
    Motivo? Le donne non dovrebbero prendere i mezzi pubblici in presenza di uomini, se non accompagnate. L’episodio, come racconta Imola Oggi, ha scatenato una bufera sul piccolo centro toscano. La scorsa settimana le due ragazze hanno segnalato l’accaduto alla Tiemme, la società che gestisce il trasporto locale. Dopo diversi insulti e un accenno di diverbio le due giovani si sono convinte a desistere e a prendere il bus successivo. Dopo la segnalazione la Tiemme ha inviato un massiccio numero di controllori sulle sue vetture, accompagnati dagli uomini della Polizia Municipale.
    Oltre a numerose multe per mancanza di biglietti, i controllori hanno individuato un uomo sprovvisto di documenti. Accompagnato in commissariato l’uomo avrebbe poi ammesso di essere originario del Ciad e di essere giunto in Italia clandestinamente due giorni fa.
    Colle Val d'Elsa, islamici vietano a due ragazze italiane di salire sul bus - IlGiornale.it

    Francia, rivolta dei sindaci: "Basta menu ad hoc a scuola, maiale anche per gli islamici"
    Ivan Francese
    In Francia da qualche settimane impazza il dibattito, ormai esploso a livello nazionale, sul "menu unico" a scuola anche per gli studenti di fede ebraica o musulmana, che per la loro religione non possono consumare determinati alimenti. Da tempo, ormai, sono previsti menù ad hoc senza pietanze a base di maiale.
    Recentemente, però, sempre più sindaci di destra hanno abolito questa differenziazione, introducendo ordinanze che impongono lo stesso cibo per tutti. Il Giornale aveva già segnalato il fenomeno alcuni mesi fa, ma con il passare delle settimane la tendenza si è espansa, arrivando a coinvolgere anche città di medie dimensioni (come la borgognona Chalon-sur-Saône, di 45mila abitanti).
    La scelta dei sindaci, inutile dirlo, ha sollevato e continua a sollevare polemiche: la sinistra accusa i sindaci di discriminare gli studenti di religioni diverse. Il premier Manuel Valls ha attaccato, su questo tema, anche l'ex presidente Nicolas Sarkozy, che invece si era detto favorevole all'opzione del menu unico: "Quand'è che Sarko smetterà di inseguire l'estrema destra?", ha chiesto ironico il primo ministro.
    Tuttavia Sarkozy, che oggi invita le famiglie che richiedono pasti speciali a "mandare i propri figli nelle scuole confessionali", nel 2003, quando era ministro dell'Interno sembrava pensarla ben diversamente, a proposito della legge che vieta il velo nei luoghi pubblici: "Una legge che esclude dalla scuola le ragazze, perché coerenti con la loro religione, le spingerà inevitabilmente nelle scuole confessionali musulmane, dove il velo non diventerà più una possibilità ma un obbligo", diceva l'ex presidente dodici anni fa.
    Il dibattito, intanto, infuria. E tutto a pochi giorni dalle elezioni amministrative.
    Francia, rivolta dei sindaci: "Basta menu ad hoc a scuola, maiale anche per gli islamici" - IlGiornale.it

    A Spirano è stato chiuso un kebab, nel giorno di apertura, perché ha violato il regolamento di "tutela architettonica" del centro storico. La Polizia locale ha notificato il provvedimento al locale in via Manzoni 33. Il sindaco Malanchini: "La norma è chiara, il locale andava chiuso".
    Regolamento anti kebab
    Prima chiusura a Spirano, caso unico in Italia
    La Polizia locale di Spirano ha notificato la chiusura di un locale etnico in centro al paese applicando la norma di “tutela architettonica” che prevede una serie di paletti tra cui la provenienza del cibo proposto ai clienti. Tradotto: niente kebab e fast food. Il provvedimento è arrivato nel giorno dell'inaugurazione del take away, in via Manzoni 33.
    Si tratta del primo caso in Italia di applicazione del regolamento studiato per tutelare i locali “tradizionali”. I tentativi di apertura di kebab, negli altri Comuni in cui è stata applicata la norma restrittiva (tra cui anche Bergamo), sono stati stroncati sul nascere. Nel caso di Spirano però la polizia locale non è riuscita a rintracciare il proprietario nel luogo di residenza indicato dalla segnalazione di inizio attività. E' per questo motivo che il regolamento è stato applicato nel giorno di apertura, che per il proprietario si è trasformato nel giorno di chiusura.
    “Il locale pubblicizzava chiaramente la vendita di kebab – spiega il sindaco di Spirano Giovanni Malanchini -, noi abbiamo deciso di tutelare l'attività tradizionale vietando quelle etniche così come hanno fatto tanti altri Comuni, non solo della Lega Nord. Mi sconcerta il fatto che, in tutta la fase istruttoria, il proprietario non abbia preso in considerazione i suggerimenti. Forse perché è molto diffusa l'idea di impunità. A Spirano non è così. Mi verrebbe da dire che Spirano non è Italia”.
    Regolamento anti kebab|Prima chiusura a Spirano,|caso unico in Italia | Bergamonews - Quotidiano online di Bergamo e Provincia



    Arabo e Corano alle medie, Lega in rivolta in Toscana
    A Cascina La Lega attacca l'iniziativa della scuola di ospitare corsi di lingua e cultura araba organizzati da un centro culturale la domenica mattina nei locali scolastici
    Ivan Francese
    Il centro islamico lancia le lezioni di arabo alla scuola media e la Lega Nord insorge. Nonostante il corso di lingua e cultura araba organizzato la domenica mattina dal "Centro islamico Valdera" in una scuola media di Cascina, in provincia di Pisa, riscuota grande successo tra i componenti della locale comunità musulmana, agli esponenti del Carroccio la proposta proprio non è andata giù.
    Parlando con La Nazione, la consigliera comunale della Lega Susanna Ceccardi attacca: "I piccoli parlavano prevalentemente arabo tra loro – osserva – quindi mi chiedo se non fosse stato più opportuno organizzare dei corsi di italiano. È quantomeno bizzarro che si voglia migliorare la conoscenza della lingua madre in un Paese che non la parla. Inoltre, nei libri di testo che mi sono stati mostrati ce ne sono due sul Corano, ma non conoscendo l’arabo non ho potuto capire che cosa vi fosse scritto – aggiunge –. Mi chiedo se sia proprio necessario l’uso del Corano per insegnare l’arabo ai bambini...".
    Arabo e Corano alle medie, Lega in rivolta in Toscana - IlGiornale.it

    E' IL MAROCCHINO AMINE AASSOUL L'OMICIDA DEL 27ENNE TERNANO DAVID RAGGI
    TERNI - E’ stato il questore di Terni Carmine Belfiore a ricostruire l’assurdo omicidio di David Raggi, il ragazzo ternano di 27 anni ucciso con un colpo di bottiglia rotta al collo davanti al People da un marocchino ubriaco.
    Ucciso senza un motivo, tanto che lo stesso questore ha usato i termini “imprevedibilità e assurdità” per parlare di quanto avvenuto.
    A finire in manette un cittadino marocchino del 1986, Amine Aassoul, in Italia nonostante fosse stato espulso nel 2007. Secondo quanto ricostruito dalla polizia, il nordafricano ha iniziato a dare in escandescenza, anche a causa dell’alcol ingerito, all’interno del locale, proprio quando il barista si è rifiutato di dargli da bere. A quel punto due poliziotti in borghese hanno tentato di calmarlo anche perché l’uomo si era tagliato ed era coperto di sangue. Tutto sembrava risolto quando il 29enne ha imboccato l’uscita, ma proprio in quel momento ha incrociato David Raggi sulla porta. “Che mi guardi? Che cosa vuoi?”. Pochi attimi e il marocchino ha afferrato una bottiglia rotta sgozzando con un solo colpo David. Il ragazzo è stato soccorso immediatamente dai due agenti e da un medico del 118, amico della vittima, che si trovava con lui nel locale. Tentativi disperati di tenerlo in vita fino all’arrivo dell’ambulanza. Tutto inutile: quando David Raggi è arrivato in ospedale era già morto. Rintracciato nel giro di pochi minuti il suo assassino: era nei giardini della Passeggiata coperto di sangue e a torso nudo. Fermato è stato portato in questura.
    Qui è avvenuta la sua identificazione. E’ così emerso che l’uomo era stato espulso dall’Italia nel 2007, dove aveva fatto ritorno nel 2014 sbarcando a bordo di un gommone a Lampedusa. A quel punto aveva raggiunto Terni dove vive la madre, chiedendo asilo politico. La domanda è stata rigettata, ma il marocchino ha presentato ricorso e al momento sta aspettando il pronunciamento del tribunale di Caltanissetta, competente in materia.
    Terni intanto è una città sotto choc, dove regnano rabbia e sconcerto. Impensabile morire così perché, come commentano i più, poteva accadere a chiunque.

    IO STO CON LO SGOZZATORE - I GIORNALI IGNORANO LA NOTIZIA DEL RAGAZZO DI TERNI UCCISO SENZA MOTIVO DA UN IMMIGRATO IRREGOLARE UBRIACO - MARIO GIORDANO: “IL ‘CORRIERE’ NON HA NEANCHE DATO LA NOTIZIA”
    “In prima pagina c’erano le emoticon orientali e il batterio degli ulivi. Ma non la morte insensata di un ragazzo che studiava, lavorava, faceva il volontario in ambulanza, che anche quando ha capito di star morendo ha avuto solo parole buone: ‘vi ho voluto bene’” - Molti giornali hanno relegato la storia in trafiletti di cronaca…
    Mario Giordano per “Libero Quotidiano”
    Il batterio che uccide gli ulivi, quella sì che è una notizia da prima pagina. Il batterio che uccide i ragazzi di 27 anni mentre passano davanti a un bar, invece, no: quello va relegato nelle pagine interne. Chi se ne frega se David è morto? Facciamone una breve, un trafiletto, al massimo un colonnino. O magari nulla. In fondo era solo un bravo ragazzo, una persona perbene, uno che studiava, lavorava, nel tempo libero faceva il volontario in ambulanza, figlio di operai, gente onesta, che non ha mai rubato neppure uno spillo, uno che anche quando s’è accorto di morire ha avuto solo parole buone: «Vi ho voluto bene».
    Ecco: che uno così venga ammazzato per caso, in mezzo a una piazza, da uno straniero, delinquente patentato, che nemmeno doveva stare in Italia, per il nostro sistema dell’informazione non è una notizia. L’importante è evitare che vengano decimate le piante secolari del Salento. Se poi vengono decimati i bravi ragazzi dell’Umbria, pazienza.
    Il Corriere della Sera è riuscito nell’impresa di non dare neppure la notizia. Nemmeno un rigo. Nemmeno un pallino, un riquadrino, una foto fuori testo. E pensare che in prima pagina, oltre agli ulivi del Salento, hanno trovato spazio altri fatti importanti come per esempio l’avanzata degli emoticon dall’Oriente al Web. E nelle pagine interne ci sono aperture a nove colonne dedicate a temi di stretta attualità come i souvenir, «oggetti che raccontano l’Italia»; o come il Gaucho, il pantalone che sembra una gonna; o come la «rasatura che toglie il grigiore dal viso di lei».
    Tutti meritevoli di una certa attenzione, si capisce. Ma sicuri che meritino più attenzione di David? Per noi, che siamo cresciuti convinti che il Corriere della Sera fosse un po’ come il New York Times è uno choc. Cambiate i manuali di giornalismo, riorganizzate le dispense: un 27enne con la gola tagliata in mezzo a una piazza non è un fatto che merita di essere stampato. E uno straniero che da 8 anni dovrebbe stare fuori dall’Italia e invece circola liberamente e liberamente uccide non è una notizia. Sfogliate pure: una pagina per l’eterno dibattito della sinistra, un’altra per l’eterna riforma della Rai, una ancora per sapere quello che faranno nelle prossime settimane i consiglieri di Renzi, Roberto Perotti e Yoram Gutgeld...
    Per carità: di sapere cosa faranno Perotti e Gutgeld siamo davvero curiosi. Ma saremmo stati curiosi anche di sapere quello che David avrebbe potuto fare, se fosse rimasto vivo. Possibile che nessuno si senta toccato dalla sua morte? Possibile che il suo futuro spazzato via sia meno importante del futuro di Perotti e Gutgeld, con tutto il rispetto per i due ? Possibile che nessuno si chieda se era possibile evitare questa tragedia? E possibile che nessuno ritenga questa domanda un filino più rilevante rispetto al pur rilevante destino degli emoticon?
    Di tutti i quotidiani nazionali solo tre ieri riportavano il caso di Terni in prima pagina: Libero, Qn e il Messaggero. Gli altri nulla. E dire che su quelle prime pagine abbiamo trovato un sacco di notizie interessanti, oltre agli emoticon: la nuova vita sexy dell’attore Kenneth Branagh, o le liti a sinistra, o l’arte del sonno da Pompei a Kate Moss, o la pastorizia in Sardegna, o l’ennesima intervista a Madonna, o la marijuana legalizzata o ancora le liti a sinistra.
    Com’è che non s’è trovato nemmeno un angoletto per David? Repubblica ha trattato la questione come un fatterello di cronaca: un riquadrino a fondo pagina, 108 centimetri quadrati appena, contro i 719 dedicati ai vestiti a pois che tornano di moda o agli 822 dedicati ai gadget antistress da scrivania. Argomenti di cui comprendiamo l’urgenza, si capisce. Ma possibile che la vita di un giovane di 27 anni valga otto volte di meno di una pallina antistress?
    Badate bene: non si tratta solo di un errore giornalistico: si tratta di un problema per il Paese. Se i giornali non mettono la notizia in prima pagina, la politica la ignora. Succede sempre così. Ma è possibile ignorare la notizia di un ragazzo perbene ucciso da un marocchino che non doveva neppure stare in Italia? Ed è possibile che non ci si interroghi sul perché questi fatti si ripetono, da Kabobo in giù?
    Anche l’altro giorno, fuori dall’ospedale di Udine s’è rischiata la tragedia, più o meno allo stesso modo: quanti morti ci dovranno ancora essere per cominciare a parlarne? Possibile che non si capisca che la sicurezza è un problema vero per il Paese e non soltanto l’ossessione di qualcuno? Possibile che nessuno abbia capito quel che sta succedendo con l’invasione incontrollata di stranieri? Possibile che non si possa intervenire?
    E che si tolleri questa norma assurda sul diritto d’asilo che consente a 100mila “fantasmi” di girare indisturbati per le nostre strade? Possibile che non ci si senta in dovere di chiedersi perché lo Stato protegge fino all’ultimo i diritti di un marocchino delinquente e non protegge invece per nulla i diritti di un bravo ragazzo come David? Perché se ne parla nei bar ma non nei palazzi? Perché se ne parla nelle case ma non in Parlamento? Perché se ne discute sul tram ma non in prima pagina? Di che cosa vogliamo che si occupino i politici, oltre che delle liti interne alla sinistra, s’intende? Degli emoticon? Del pantalone Gaucho? O della gonna a pois?

    Omicidio David Raggi, vescovo: No sentimenti di vendetta o intolleranza
    “Tutta la comunità cittadina e diocesana piange per la morte di David Raggi, un giovane che aveva davanti una vita ricca di promesse. La morte è sempre un mistero, ma quella di David facciamo ancora più fatica a comprenderla, perché un innocente è caduto prematuramente e vittima di violenza inspiegabile”. Parole del vescovo di Terni, padre Giuseppe Piemontese.
    Parole pronunciate dopo l’orribile omicidio del 27enne, che nella notte tra giovedì e venerdì 13 marzo si è trovato nel posto sbagliato al momento sbagliato. Di fronte al pub dove un nordafricano ubriaco lo ha ucciso colpendolo al collo con un a bottiglia rotta. “Un delitto assurdo e inutile causato più che da cattiveria, dalla superficialità e dall’incoscienza provocate da una mente annebbiata da alcool e forse droga. In questi momenti le parole servono a poco. Nessuno si lasci invadere né alimenti sentimenti di vendetta o intolleranza, che prolungano la catena di violenze e sofferenze e che non servono a lenire il dolore né a ridarci David. Piuttosto ognuno, se è credente, preghi il buon Dio per il conforto dei familiari di David e per la conversione dei violenti. Tutti si adoperino con responsabilità per rendere più vivibile la nostra città, individuando ed eliminando le cause di tanto disagio e di tante sofferenze”.
    Omicidio David Raggi, vescovo: No sentimenti di vendetta o intolleranza | Imola Oggi

    Eh già, la morte di Raggi è un mistero inspiegabile, il povero assassino era un disagiato, vittima dell'invivibilità causata dai ternani non abbastanza accoglienti....
    Questo è il ceffo della testa di cazzo mitriata.



    Gli islamici chiedono una sala in parrocchia, il prete si rifiuta
    di Marco Aldighieri
    PADOVA - L’associazione islamica Psm (partecipazione e spiritualità musulmana) un mese fa aveva chiesto al parroco della parrocchia del San Pio X alla Stanga una sala per sabato 28 febbraio.
    I giovani musulmani, gli stessi che sabato tre gennaio avevano messo in scena un volantinaggio pro Maometto in Prato della Valle, volevano organizzare un incontro sul tema "Giovani sfide e visioni del futuro". Ma il prete, don Giuseppe Garbin, ha detto no. Niente spazio per gli islamici.
    Gli islamici chiedono una sala in parrocchia, il prete si rifiuta



    Salvini denuncia Renzi e Alfano. Favoreggiano i clandestini
    PADOVA - "Oggi abbiamo deciso di denunciare Renzi e Alfano per favoreggiamento dell'immigrazione clandestina raccogliendo le firme dei cittadini per una class action perché il morto di Terni è figlio di Mare Nostrum".
    Lo ha dichiarato Matteo Salvini, segretario federale della Lega Nord, a margine di un incontro a Campo San Martino, in provincia di Padova. "Il governo attuale e' nemico degli italiani e della sicurezza", ha concluso Salvini.
    "Dopo l'ennesima tragedia annunciata, questa volta a Terni - ha argomentato Salvini su Facebook- come Lega abbiamo intenzione di denunciare Renzi e Alfano per favoreggiamento dell'immigrazione clandestina. Chi di voi ci sta? Morire a 27 anni sgozzato per strada a Terni - aveva attaccato ieri il leaeder Lega sull'omicidio in Umbria- innocente. Pazzesco. L'assassino è un marocchino, ubriaco e drogato, già espulso. Era ri-sbarcato a Lampedusa, aveva chiesto asilo politico. Ora è in galera. Un altro morto sulla coscienza degli amici di Mare Nostrum. Una preghiera per il povero David e per la sua famiglia. E per l'assassino, niente galera in Italia, troppo comodo. Espulsione immediata a calci in culo nel suo Marocco, dove potrà davvero marcire in una galera adatta a un verme come lui".
    Salvini denuncia Renzi e Alfano. Favoreggiano i clandestini - Dazebao News

    L'Islam ci massacra ma qui l'emergenza ​sembra l'islamofobia
    Marciamo verso il suicidio: c'è chi non vuole vedere che l'Isis ha programmato di annientarci
    Magdi Cristiano Allam
    Altro che l'allegoria dello struzzo che affossa la testa sottoterra. La rappresentazione più veritiera di quest'Italia è dell'aspirante suicida, che pur di perseguire una tragica fine, nega e stravolge la realtà dei fatti.
    La strage perpetrata dai terroristi islamici a Tunisi, per noi italiani particolarmente traumatizzante per il gran numero di connazionali coinvolti, è l'ennesima conferma che siamo in guerra, una guerra che ci è stata dichiarata.
    Ma è anche una guerra che ci ostiniamo a tal punto di ignorare che, a livello di governo, si farnetica su accordi politici tra fazioni islamiche che in realtà si combattono all'ultimo sangue, mentre a livello di chi dovrebbe diffondere informazione corretta, si ideologizza la realtà sostenendo che il problema vero sono gli islamofobi nostrani, quei giornali che parlano male dell'islam.
    Ebbene se quest'Italia è votata al suicidio, non solo è da escludere in partenza che potremmo vincere una guerra che comunque subiamo, ma non siamo neppure in grado di rappresentare correttamente la realtà dei fatti. Continuiamo a far finta che il sedicente «Stato islamico» dell'Isis non ci ha già additato come un nemico da combattere, che tutta la costa libica e sempre più pozzi petroliferi sono nelle mani di bande terroristiche islamiche, che l'Italia avrebbe già dovuto intervenire militarmente per salvaguardare la propria sicurezza considerando il rilievo strategico della Libia. Continuiamo a chiamare «foreign fighters», combattenti stranieri, con un'accezione neutra, dei pericolosissimi terroristi islamici tra cui ci sono circa 10mila con cittadinanza europea, che attestano che ormai il nemico è dentro casa nostra. Continuiamo a chiamare «lupi solitari», con una connotazione riduttiva, la realtà vincente di una struttura multi-tentacolare di micro-cellule - come quelle che hanno perpetrato le stragi di Tunisi, Parigi e Copenaghen - che proprio perché sono formate da pochissimi elementi e sono del tutto autonome sul piano organizzativo, risulta impossibile prevenire gli attentati e difficile reprimere la piovra dai mille tentacoli. Continuiamo a contrastare questo terrorismo islamico, che è ormai autoctono ed endogeno, con risorse umane valide professionalmente ma culturalmente inadeguate, perché non si è ancora compreso che la vera arma non sono le bombe, i kalashnikov e le cinture esplosive, ma il lavaggio di cervello che, all'interno delle moschee e dei siti che propagandano la guerra santa islamica, trasforma le persone in bombe umane la cui massima aspirazione è il «martirio».
    Ma soprattutto continuiamo a ripetere acriticamente e automaticamente dei luoghi comuni, «l'islam è una religione di pace» e «i terroristi non hanno nulla a che fare con l'islam», finendo per sostenere che islam e cristianesimo sono la stessa cosa, a prescindere da ciò che Allah ha prescritto nel Corano e da ciò che ha detto e fatto Maometto. Ecco perché, oggi più che mai, dobbiamo leggere il Corano, che per i musulmani è Allah stesso, opera increata e della stessa sostanza di Allah, per prendere atto della legittimazione divina della violenza dell'islam: «Allah ha comprato dai credenti le loro vite e i loro beni dando in cambio il Paradiso, poiché combattono sul sentiero di Allah, uccidono e sono uccisi» (9, 111).
    Domando: se l'odio, la violenza e la morte sono prescritti da Allah nel Corano, hanno ispirato la vita di Maometto, continuano ad essere la prassi dei terroristi islamici che ci sgozzano, decapitano e sterminano per il semplice fatto che siamo ebrei, cristiani, miscredenti, apostati, adulteri e omosessuali, descrivere correttamente questa realtà corrisponde a informazione corretta o islamofobia? Solo leggendo il Corano acquisiremo la certezza della verità che ci fortificherà dentro e affrancherà dalla vocazione al suicidio.
    L'Islam ci massacra ma qui l'emergenza ?sembra l'islamofobia - IlGiornale.it

    LA BAVIERA ANNUNCIA: ESPELLEREMO TUTTI GLI EXTRACOMUNITARI ARRIVATI ILLEGALMENTE DAI BALCANI
    MONACO DI BAVIERA - Senza troppi complimenti, il governo della Baviera ha deciso di bloccare ed espellere tutti i clandestini, a differenza dell'Italia che li alloggia in alberghi a spese dei contribuenti e offre loro addirittura una "diaria". I "richiedenti asilo provenienti dai Balcani" saranno espulsi dallo Stato federale di Baviera. Lo ha detto Horst Seehofer, primo ministro del piu' grande Land tedesco, secondo quanto riferisce quest'oggi il quotidiano kosovaro "Koha Ditore".
    "Noi non siamo un ente di sostegno sociale per il mondo intero", ha dichiarato l'esponente del cristiano democratico tedesco. Secondo Seehofer, il Kosovo e l'Albania sono considerati luoghi sicuri, quindi non sussistono le basi per richiedere asilo politico.
    Nella giornata di ieri, il commissario europeo all'Allargamento, Johannes Hahn, ha detto nel coso di una visita a Pristina che "prima di poter raccomandare l'esenzione dall'obbligo di visto per i cittadini del Kosovo, bisogna ridurre le domande d'asilo verso l'Ue e le persone che soggiornano irregolarmente nello spazio Schengen".
    Rimaniamo in attesa di sapere se la condotta della Baviera è da definirsi "razzista, xenofoba, egoista" da parte del governo italiano, oppure se il governo Renzi non ha nulla da obiettare alle decisioni di espellere tutti gli extracomunitari arrivati clandestinamente in Baviera.
    LA BAVIERA ANNUNCIA: ESPELLEREMO TUTTI GLI EXTRACOMUNITARI ARRIVATI ILLEGALMENTE DAI BALCANI (DECINE DI MIGLIAIA) - I fatti e le opinioni del Nord - ilnord.it

    Libia, Clint Eastwood: "Era meglio tenersi Saddam e Gheddafi"
    Era meglio tenersi Saddam Hussein e Muammar Gheddafi. Ad affermarlo è il regista americano Clint Eastwood, regista del discusso film "American sniper" sulla vita di un cecchino americano in Iraq. "Continuiamo a cercare di insegnare la democrazia alle altre culture, ma in alcuni casi serve un dittatore perchè le cose funzionino", afferma Eastwood in una intervista al magazine tedesco Focus.
    "Abbiamo cacciato Saddam Hussein e lo abbiamo eliminato, tutto questa suona molto bene, ma alla fine la situazione va male lo stesso se non peggio", ha continuato il regista e attore, vicino al partito repubblicano. Un simile ragionamento può applicarsi secondo Eastwood anche alla Libia: "Pensavamo di portare la salvezza, ma il paese sta forse meglio? Regnano il caos e la guerra, le milizie dello Stato Islamico estendono il terrore. Gheddafi era un dittatore, questo è vero. Ma sotto il suo regime la gente viveva in pace".
    Usa: Clint Eastwood, era meglio tenersi Saddam e Gheddafi - Adnkronos

    PREGHIERA
    di Camillo Langone
    Daniele, profeta Daniele, quando ho letto del milione di africani pronti a salpare dalla Libia ho pensato alla tua profezia: “L’invasore farà ciò che vuole e nessuno gli si potrà opporre; si stabilirà in quella magnifica terra e la distruzione sarà nelle sue mani”. Allora sono corso a comprare una catena Abus, livello 7, costo 45 euri ossia poco meno del valore della mia bici che non è la bici bella che vorrei, tipo una Umberto Dei anni settanta/ottanta, perché se vuoi dormire tranquillo devi avere una bici brutta. Anche senza quel milione lì, saranno gli africani già sbarcati, saranno i balcanici, saranno gli zingari, saranno i ladri autoctoni, vattelapesca, qui a Parma già rubano le biciclette in pieno giorno, in pieno centro. Anche nei cortili privati, nei garage, nelle cantine. Anche legate (ma evidentemente non legate abbastanza: non con catene livello 7, spero). Quando ho letto dei prossimi sbarchi mi è sembrato di venir scaraventato anch’io, come te, Daniele, nella fossa dei leoni. Un milione di leoni.
    PREGHIERA - 07 Marzo 2015

    EFFETTO STACCHIO
    Vedono i ladri in casa e sparano
    Due casi in pochi giorni nel Veneziano. A Santa Maria di Sale e Mirano i residenti imbracciano fucili e pistole
    MIRANO Due casi in pochi giorni. Prima un fucile, poi una pistola. I residenti cominciano a imbracciare le armi contro i ladri, e le forze dell’ordine cercano di stemperare la tensione per non rischiare un «effetto Stacchio» su tutto il territorio. In entrambi i casi, le armi erano legalmente detenute dai residenti. Ciò non toglie che, in questi casi, si sarebbe trattato di uso improprio di arma da fuoco.
    Nel primo caso a Santa Maria di Sala, il proprietario dopo aver visto uscire i ladri dalla propria villetta, avrebbe sparato tre colpi con un fucile da caccia in aria per intimidirli.
    Episodio analogo l’altra notte a Ballò di Mirano: un ladro sarebbe scappato dopo che i proprietari avevano sparato tre colpi con una pistola. In questo caso, se i ladri fossero stati raggiunti dai colpi, per la legge non si sarebbe trattato di legittima difesa visto che ormai erano in fuga.
    Vedono i ladri in casa e sparano - Corriere del Veneto

    Lo stop di Maroni: «Basta clandestini in Lombardia, ne abbiamo già troppi»
    di BIANCA CONTE
    Immigrazione: Maroni ha le idee molto chiare e pronte ad essere declinate alle richieste che mercoledì rivolgerà al ministro dell’Interno Angelino Alfano che incontrerà le Regioni sul tema. già oggi, però, alla vigilia del summit, il presidente della Lombardia ha pensato bene di avvantaggiarsi mettendo subito le mani avanti, anticipando: «Noi non siamo disposti ad accogliere altri clandestini, già ne abbiamo troppi». Una dichiarazione d’intenti che, se non stupisce, di sicuro non dà adito a possibili fraintendimenti.
    È un incontro – ha spiegato Maroni – chiesto dal ministro dell’Interno con le Regioni in merito alla gestione dell’immigrazione e dei profughi, rispetto al quale le richieste e le lamentazioni istituzionali sono sicuramente tante, e le aspettative decisamente di meno. «Il ministero – ha poi concluso il governatore – non può pensare di non coinvolgere le Regioni», e da subito: «Questo è il primo incontro – ha chiosato infatti il vertice di Palazzo Lombardia – finora non ce ne sono stati».
    Come Maroni, già Salvini…
    Ma in questa richiesta politica e istituzionale che nasce da un sentito allarme sociale, Maroni non è certo solo. Appena 24 ore prima, infatti, già Matteo Salvini in visita al Cara di Mineo, nel Catanese, il più grande d’Europa, aveva definito il centro «figlio del business dell’immigrazione fatto sulla pelle dei nuovi schiavi»; così come, dettando le linee guida del Carroccio contro gli sbarchi a raffica dei clandestini, aveva messo tra le priorità quella di «chiudere il Centro di accoglienza per rifugiati politici di Mineo e mettere le navi a difendere i confini», anche perché, aveva poi chiosato esaustivamente Salvini, i dispositivi «Triton e Mare Nostrum sono delle porcherie».
    A breve dal suo intervento, poi, il Vice Presidente del Senato Roberto Calderoli aveva affidato a un post sul Facebook la sua disamina del problema immigrazione. «Gli ospiti a spese nostre del centro di accoglienza per immigrati di Sant’Anna di Isola Capo Rizzuto vogliono la connessione wi-fi gratuita e denaro contante; si lamentano perché non gradiscono le lasagne e per protestare hanno bloccato la Statale ionica provocando l’annullamento di alcuni voli dal vicino aeroporto e ferito con un lancio di pietre alcuni operatori delle forze dell’ordine. Questi presunti profughi – ha quindi concluso polemicamente il suo post Calderoli – andrebbero presi e rispediti senza pensarci due volte nel paese dal quale sono venuti, ma dubito che un governo come quello che purtroppo ci ritroviamo sia in grado di adottare una decisione così elementare».
    Lo stop di Maroni: «Basta clandestini in Lombardia, ne abbiamo già troppi» - Secolo d'Italia

    SALVINI: ''PER QUALCHE CRETINO DI SINISTRA E' DIALOGO PER L'ISLAM E' NOSTRA RESA''
    ''I fatti di Tunisi sono figli anche dell'eccesso di buonismo e dei ripetuti cedimenti che la sinistra e alcuni governi occidentali stanno concedendo''. Lo ha detto il leader della Lega nord Matteo Salvini intervistato da Radio Padania. ''A furia di sbracare, di tornare indietro, di concedere tutto, la piscina o l'autobus o la mensa o il medico per soli islamici - ha aggiunto - quello che per qualche cretino di sinistra intende come dialogo, come buonismo, dall'altra parte è inteso come cedimento o resa. E poi ne cogliamo i risultati ahimé in giro per il mondo''.
    SALVINI: ''PER QUALCHE CRETINO DI SINISTRA E' DIALOGO PER L'ISLAM E' NOSTRA RESA'' - I fatti e le opinioni del Nord - ilnord.it

    L'ultimatum di Salvini: "Chiudere le frontiere"
    Il leader della Lega: "Renzi e Alfano difendano i nostri confini, cazzo!"
    Sergio Rame
    Matteo Salvini dà la sveglia al governo. Mentre in Tunisia il fanatismo islamico fa l'ennesima carneficina di occidentali, il leader della Lega Nord invita il premier Matteo Renzi a chiudere le frontiere e a fermare i continui sbarchi di clandestini che arrivano dal Nord Africa e, in particolar modo, dalla Libia.
    "Assalto dei terroristi islamici in Tunisia, con morti e feriti. A Brescia è stato fermato, per terrorismo, un pachistano - denuncia l'esponente del Carroccio su Facebook - ma Renzi e Alfano continuano a far arrivare migliaia di clandestini". Poi la stoccata finale: "Governo, sveglia! Bloccare subito partenze e arrivi, i confini vanno difesi cazzo!".
    Il Carroccio ha portato anche in parlamento la proposta di chiudere le frontiere. "Basta importare terroristi, il rischio è troppo alto - ha detto chiede Gian Marco Centinaio, presidente dei senatori leghisti - il governo blocchi subito i confini". A Palazzo Madama Centinaio ha rivolto un pensiero "alle vittime dell’ennesimo vile attentato" operato dal fondamentalismo islamico. "L’Occidente - ha, quindi, concludo Centinaio - non può più voltare la testa di fronte al fondamentalismo islamico. Questi assassini devono essere fermati".
    L'ultimatum di Salvini: "Chiudere le frontiere" - IlGiornale.it

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    Predefinito Re: Rif: Le delizie della società multietnica

    Fanno sloggiare i disabili per far posto ai clandestini
    L'incredibile vicenda di don Lupino, costretto a ospitare a tempo indeterminato degli immigrati nigeriani nei locali della parrocchia destinati ai minori disabili
    Andrea Riva
    Il savonese è da tempo al centro di una grande polemica sulla gestione degli immigrati. Il parroco di Lavagnola, don Lupino, infatti, come scrive il Secolo XIX, ha preso carta e penna per scrivere al prefetto, "segnalando le problematiche davanti a cui la parrocchia si è trovata dovendo ospitare, forzatamente, due coppie di nigeriani".
    Secondo quanto raccontato dal parroco, i profughi, affidati alla cooperativa "Il Faggio" sarebbero dovuti essere accolti "all’interno di una struttura per cui la cooperativa sociale paga regolarmente l’affitto, Villa Raggio". Il sindaco, però, avrebbe rifiutato l’accoglienza di nuovi immigrati profughi, "a causa della presenza massiccia sul territorio valbormidese di stranieri, inviati dalla Prefettura in occasione dei diversi sbarchi".
    Così i nigeriani sono stati trasferiti nella canonica di Lavagnola, "all’interno di un’abitazione destinata ai minori disabili". Così don Lupino ha scritto al prefetto: "Ora devo confessarle che i parrocchiani di San Dalmazio sono generosi ma non fessi, e che non hanno intenzione di continuare a mantenere gratuitamente degli stranieri che per altri sono un affare. Sono un cittadino che, quando è stato interpellato, ha risposto prestando la propria disponibilità e rispondendo all’emergenza. Ora, sono io a chiedere, a chi di dovuto, di assumersi le proprie. In primis al signor Prefetto, che non ha risposto alla mia lettera. In secondo luogo, mi chiedo come un sindaco di Sinistra non accolga, nelle strutture presenti sul proprio territorio, profughi inviati dalla Prefettura stessa".
    E ha aggiunto: "Ho ristrutturato i locali della canonica per creare una comunità diurna per disabili minorenni: tutto a norma, alla perfezione. Mi sta bene rimandare l’apertura se c’è un’emergenza, ma non può superare i due mesi. E non è giusto che sia la comunità di Lavagnola ad accollarsi le spese dei profughi che, ad altri, fruttano quattrini. Le parole che ho usato sono chiare: i miei parrocchiani sono bravi, ma non sono fessi".
    Fanno sloggiare i disabili per far posto ai clandestini - IlGiornale.it

    Il marocchino del Pd: “Le Violenze sui bus sono colpa degli autisti”
    di Franco Bechis
    Khalid Chaouki è alla buvette della Camera, mi guarda severo: “La tua video-inchiesta sulla stazione Termini e gli immigrati fa schifo. Proprio brutta”. Immaginavo non piacesse al deputato Pd, italiano di origine marocchina che centra la sua battaglia politica sui diritti degli immigrati. Provo ad obiettare: “I problemi però sono reali. Guarda cosa è accaduto a Corcolle, in periferia di Roma con l’assalto degli immigrati ai bus dell’Atac…”.
    Chaouki è ancora più perentorio: “Balle. Gli assalti sono balle!”. Ma come? Una donna che guidava il bus addirittura ha rischiato la violenza sessuale… “Balle, queste cose le denuncia quella donna sindacalista. Ma non sono vere, informati”, replica ancora Chaouki.
    E rincara la dose: “L’unica cosa vera che avviene è che gli autisti dell’Atac quando vedono alcuni immigrati in attesa alla fermata del bus, tirano diritto. Prova a chiedere a loro se saltano apposta qualche fermata! Poi ovvio che i poveretti restati a piedi si incazzino. Non bisogna assalire il bus, ci mancherebbe. Ma se la protesta è vivace, è solo colpa degli autisti Atac…”. Bisognerebbe provare un confronto all’americana fra il deputato Pd e gli autisti furiosi. Ma non glielo consiglio…
    Il marocchino del Pd: ?Le Violenze sui bus sono colpa degli autisti? | Imola Oggi



    Pisapia si mette sotto il lenzuolo. Così sogna meglio
    di Rino Cammilleri
    Non c’è bojata americana che non venga immediatamente importata dagli orfanelli di Marx tramutatisi in “libertari”. Dopo i secchi di doccia gelata, ovviamente “per sensibilizzare”, ora c’è il flash-mob. O forse c’era anche prima, ma sempre dal solito posto proviene. Così, invitati da Radio Popolare, duecento milanesi sabato pomeriggio si portati da casa un lenzuolo bianco e si sono stesi ordinatamente al centro della Galleria Vittorio Emanuele ricoprendosi a mo’ di obitorio.
    Perché? Per “sensibilizzare” sugli ultimi migranti annegati tra la Libia e la Sicilia. Mentre la radio mandava in onda il suggestivo brano “Pizzica dello scafista” (però!) dell’altrettanto celebre (?) Med Free Orkestra. Suppongo che il nome voglia dire Mediterraneo Libero. La kappa nell’orchestra e il ballo tarantato immaginiamo siano un peana alla famosa società multietnica vista in tivù a Manhattan, ma che qui da noi vuol dire solo mezzo maghrebina e mezzo nomade. Ma vabbe’, ognuno ha diritto di passare i pomeriggi come meglio gli aggrada. Leggo sui giornali che a fingersi cadaveri c’erano anche rappresentanti dell’amministrazione comunale (immaginiamo di che parte) e della Cgil (e te pareva). A cosa miri detta “sensibilizzazione” l’ha detto francamente il sindaco Pisapia: «Bisogna immediatamente tornare alla missione di salvataggio Mare Nostrum». Ma sì, torniamoci. E con quali soldi? Semplice: «Finanziandola con la riduzione delle spese militari, che solo per gli aerei F35 vede un previsionale di spesa e bla bla bla».
    Ridurre le spese militari mentre l’Isis da poche centinaia di chilometri ci minaccia? Si ha un bel dare dei fanatici, barbari, tagliagole eccetera a quelli del Califfato, ma se c’è una cosa certa è che non sono stupidi. Sanno perfettamente chi comanda in Europa e come la pensa chi comanda in Italia. Mandare a morire qualche centinaio di disgraziati in pieno inverno e col mare forza otto è per loro non una perdita, ma un guadagno. Quanto conti per loro la vita umana è cosa nota: i trafficanti di uomini, quando mettono la gente sui gommoni, hanno già incassato e chissenefrega della fine che detta gente farà. Annegano? Meglio. L’opinione pubblica italiana, debitamente “sensibilizzata” da flash-mob, secchiate gelide, appelli alla radio e tarantelle, provvederà a ripristinare lo svuota-Africa a spese del contribuente.
    Il sanguinoso attentato madrileno della stazione ferroviaria di Atocha, si ricorderà, fu un capolavoro politico del terrorismo jihadista: sconvolti e tremebondi gli spagnoli votarono subito per Zapatero, il quale immediatamente ritirò il contingente militare spagnolo dall’Afghanistan. La Spagna zapateriana venne subito immersa nel più plumbeo relativismo anticlericale e politically correct, e pure questo effetto collaterale tornò utile ai propagandisti del jihad, i quali sostengono che l’Occidente è marcio e solo l’Islam della sharìa è la soluzione. Un’Italia che non riesce da anni a farsi restituire due marò dall’India dovrebbe ridurre le sue spese militari con l’Isis alle porte? Ma si rendono conto i buonisti nostrani che molto probabilmente il Califfato conta proprio su di loro come quinta colonna?
    Boh, forse sì, chi può dirlo? Ma questo è pensar male, e a pensar male si fa peccato. Anche perché, a furia di pensare male, la mente può correre alle intercettazioni romane in cui si sente uno gioire per i soldi che gli andranno in tasca con l’aumento delle ondate migratorie.
    Pisapia si mette sotto il lenzuolo. Così sogna meglio

    La Bosnia tra gli estremisti islamici e "l'invasione" di arabi e turchi
    Per gli arabi la Bosnia è un punto d’ingresso dell’Europa nel cuore dei Balcani. E la presenza jihadista risale ai tempi della guerra di vent’anni fa.
    Fausto Biloslavo
    SARAJEVO - In Bosnia Erzegovina ci sono almeno 3000 estremisti islamici secondo le autorità di Sarajevo, ma la stima è al ribasso.
    La presenza jihadista risale ai tempi della guerra di vent’anni fa che ha provocato oltre centomila morti, quando i mujaheddin provenienti addirittura dall’Afganistan avevano formato un battaglione a Zenica. Oggi a Sarajevo è in corso un’udienza del processo contro Bilal Bosnic, l’imam itinerante, che si era fatto le ossa da giovane proprio nell’unità Al mujaheddin durante il conflitto. Bosnic ha aderito al Califfato ed è accusato di aver reclutato volontari per lo Stato islamico anche dall’Italia. Un’inchiesta della procura di Venezia è in corso e le indagini sono affidate ai carabinieri del Ros di Padova.
    La Bosnia Erzegovina fa parte a pieno titolo della “Balkan connection”, nome dell’operazione antiterrorismo condotta oggi in Italia ed Albania. “I bosniaci andati a combattere in Siria o Iraq sono 160. Oltre il 90% ha aderito allo Stato islamico e vivono a Raqqa o Aleppo. Trenta sono morti ed una trentina è rientrata in patria” dichiara a ilGiornale.it, Dubravko Campara, il procuratore che sostiene l’accusa contro Bosnic.
    Oltre all’estremismo salafita la Bosnia è infiltrata da una possente penetrazione araba e turca. Nell’ambasciata di Ankara c’è addirittura un consigliere religioso e non mancano i nuovi minareti pagati dai turchi. Mai come i sauditi, che hanno finanziato a Sarajevo la più grande moschea dei Balcani dedicata allo scomparso re Fahd. Per filmarla avremmo bisogno di un permesso dell’ambasciata saudita. Quasi tutti dai guardiani, ai venditori all’ingresso portano il barbone lungo ed i baffi rasati tipico dei salafiti. La moschea è un centro wahabita, i duri e puri dell’Islam del regno del Golfo. Sulle bancarelle vendono il velo per le donne, copie del Corano, ma espongono pure con orgoglio la bandiera verde con la scimitarra dell’Arabia Saudita.
    A Sarajevo gli sceicchi di Riad hanno investito nel più grande centro commerciale, Al Shiddi, aperto un anno fa. La pubblicità è di taglio occidentale, ma all’interno non si vende alcol.
    Ad Ilidza, sobborgo della capitale, i ricconi del Golfo si sono comprati una collina con una trentina di villette bianche della società Ard Al Jazeera. Si fanno vedere ogni tanto con le donne velate di nero dalla testa ai piedi, che parlano solo arabo. I ristoranti si sono adeguati con i menù nella lingua del Golfo.
    Per gli arabi la Bosnia è un punto d’ingresso dell’Europa nel cuore dei Balcani. Non a caso negli ultimi due anni i kuwaitiani hanno aperto 200 società a Sarajevo e dintorni.
    In Bosnia vivono anche 430mila cattolici, il cardinale Vinko Puljic, senza peli sulla lingua, lancia un j’accuse: “Ci sentiamo dimenticati da parte dell’Europa, non solo in Bosnia, ma in Nigeria, Pakistan o India. L’Europa non grida, non alza la voce più di tanto se ci sono di mezzo i cristiani”.
    La Bosnia tra gli estremisti islamici e "l'invasione" di arabi e turchi - IlGiornale.it

    TREVISO
    Armi, boom di iscrizioni al poligono
    «Anziani e casalinghe, sparano tutti»
    Il titolare: «Un’arma costa meno di un impianto d’allarme per proteggersi»
    TREVISO C’è il disoccupato che cerca, col porto d’armi, di trovare lavoro. L’industriale che vuole un’arma da tenere in casa per autodifesa. Ma anche il pensionato e la casalinga che per paura di trovarsi faccia a faccia con ladri o rapinatori, vogliono potersi difendere. In pochi mesi è aumentato del 30% il numero dei partecipanti ai corsi «maneggio armi» del Poligono di Treviso, obbligatorio per tutti coloro che acquistano una pistola o un fucile, da tiro a volo o da caccia che sia. Era dal 2007, dopo il delitto di Gorgo al Monticano, che non si registrava un picco così alto di iscrizioni, molte delle quali dettate dal sentimento d’insicurezza instillatosi in chi si è visto svaligiare, magari più di una volta, la propria abitazione.
    «Avere un’arma costa meno di un impianto d’allarme – spiega Lucio Zorzo, presidente del Tiro a Segno Nazionale Treviso – e in questo periodo molte persone sentono la necessità di proteggersi e vogliono avere una pistola in casa. Noi non incentiviamo nessuno, anzi. Ma è sotto gli occhi di tutti che la richiesta sia aumentata: negli ultimi sei mesi abbiamo avuto circa un terzo di persone in più ai nostri corsi».
    Al poligono in Fonderia hanno così cominciato a presentarsi persone che fino a poco tempo fa non vi si sarebbero mai avvicinate. «La maggior parte sono uomini, ma ci sono anche casalinghe che vogliono avere un’arma in casa, o che l’hanno ereditata – spiega Zorzo - ed alcuni pensionati, persone per lo più che vivono in campagna, in aree isolate. Oppure coppie e i classici industriali ed imprenditori».
    Armi, boom di iscrizioni al poligono «Anziani e casalinghe, sparano tutti» - Corriere del Veneto

    Controlli a stranieri, aggredito agente in borghese
    Maria Sorbi
    Lotto, metrò rossa. È mattina presto quando un gruppo di balordi, tutti peruviani, in giro dalla notte precedente, scavalca i tornelli.
    Un vigile in borghese li vede, si avvicina e li richiama: «Ehi, fermatevi, ci vuole il biglietto». Non l'avesse mai detto. Il gruppo, in tutto otto ragazzotti, lo spinge in una zona appartata del mezzanino e lo riempie di botte. Sul posto arrivano otto volanti della polizia e arrestano gli unici tre della banda che non riescono a fuggire. E che, anzi, se ne restano lì con tono di sfida, senza aver paura né di denunce, né di manette.
    Il paradosso è che la stessa storia è andata in scena, tale e quale, la settimana prima. Basta cambiare il nome della fermata (Cairoli al posto di Lotto), della vittima (un controllore e non un vigile) e l'orario (le 23,30 di sera e non le 6,30 del mattino). Ma per il resto il canovaccio è lo stesso: stessi biglietti non pagati, stessa violenza, stessa arroganza. E ancora: lunedì scorso ad essere aggredito è stato il conducente dell'autobus 723, che si è visto sferrare un pugno in pieno volto da un passeggero. Risultato: pronto soccorso e naso rotto.
    I rappresentanti dei dipendenti Atm sono su tutte le furie. «Non è possibile lavorare in queste condizioni». Chi cerca di fare rispettare la legalità rischia la vita. Già, perché durante l'aggressione è un attimo che saltino fuori tirapugni o coltellini.
    Sull'argomento interviene anche il leader della Lega Nord Matteo Salvini, che pubblica sui social networ un «volantino» per denunciare l'episodio di ieri mattina a Lotto. «Spero che quei sudamericani si facciano almeno 24 ore di galera» commenta con una punta di ironia. «E spero - aggiunge - che Pisapia per una volta si svegli».
    I tranvieri e i controllori non si sentono sicuri e urlano a gran voce che «ormai è diventato impossibile svolgere bene il nostro lavoro». Alle volte ci pensano due volte prima di chiedere il biglietto a qualche passeggero che è palesemente senza. «Vogliamo portare a casa la pelle». Come a dire che la legge del metrò tutela i più violenti, quelli che, tra minacce e insulti, fanno quel che gli pare e non vengono intimoriti nemmeno da una divisa.
    Lo scorso ottobre, all'altezza a Cadorna, c'è stata una rissa a bordo di un treno solo perché un ragazzo, per difendere la fidanzata, ha cercato di ribellarsi allo scippo da parte di un gruppo di rom. È finita a botte, creando scompiglio e paura fra i passeggeri. «Siamo stufi di vedere vecchiette che vengono da noi in lacrime perché sono state derubate. Serve un piano sicurezza vero in vista di Expo. Non siamo pronti per accogliere un tale flusso di passeggeri».
    Controlli a stranieri, aggredito agente in borghese - IlGiornale.it

    Intervista a M. Simonetti, autore de 'La verità sul Piano Kalergi'
    RS: Matteo, hai scritto il primo libro in italiano sul piano Kalergi. Che cos’è questo piano?
    M. Simonetti: Si tratta del primo libro in italiano, è vero, ma soprattutto del secondo in assoluto. Ciò che si trova in rete è, senza esclusione, la visione della punta dell’iceberg, un approccio superficiale, dal punto di vista storico e filosofico, alla questione. Questa assenza di studi completi cozza, apparentemente, con la caratura politica di un personaggio che è considerato il padre dell’Unione Europea, di un pensatore al cui nome è intitolato un prestigioso premio, ancor oggi ritirato dalle figure più importanti del panorama politico. Il lettore scoprirà, nel corso della lettura, come mai non sia stato fino ad oggi affrontato uno studio serio sul pensiero e l’opera di Kalergi. Chi affronterà questo testo realizzerà gradualmente la dimensione di ciò che “dev’essere taciuto”.
    Nel titolo del mio libro si legge “piano Kalergi”, come se fosse tutta farina del suo sacco. In realtà Kalergi non è che uno degli attori, forse il prescelto “esteriormente” per portare a compimento un progetto ideato e realizzato anche e soprattutto da altri.
    Il Piano Kalergi, possiamo convenzionalmente continuare a chiamarlo così, è un elemento della mondializzazione, il più importante perché è quello che insiste sui luoghi, gli Stati europei, nei quali la storia delle identità e delle differenze ha vissuto i suoi momenti più felici. Attaccare in tal senso l’Europa è sancire di fatto la vittoria totale del globalismo.
    Il tentativo di eliminare le differenze, siano esse nazionali, identitarie, culturali, religiose, etniche, della produzione economica e del consumo o quelle fisiognomiche e giuridiche non fa differenza: ciò è quello a cui mira tale progetto. Non si tratta di qualcosa di totalmente nascosto, bensì di qualcosa di subdolamente realizzato, innanzitutto attraverso l’arma più potente disponibile dopo la prima guerra mondiale: la propaganda ideologica. I popoli vengono convinti che per vivere in pace basta semplicemente eliminare le cause di ogni sorta di conflitto, ovvero, appunto, le differenze. Quando scompariranno i popoli non vi sarà più possibilità di guerra tra gli stessi. Quando vi sarà un unico Stato non vi saranno più conflitti tra Stati, ma la semplice risoluzione di un problema interno, attraverso un’azione di polizia. I popoli vengono così convinti dell’ineluttabilità e della bontà, anche per loro stessi, della loro scomparsa, del loro suicidio. In quanto elemento della mondializzazione, i fautori del Piano Kalergi sono gli stessi di questa, genericamente intesa.
    RS: Come si fa a dire che in Europa è in atto il piano Kalergi? C’è qualche prova di sorta?
    M. Simonetti: Certamente abbiamo delle prove. Dal punto di vista storico la mia analisi su documenti, rapporti, spostamenti di denaro e via dicendo non lascia spazio a dubbi. Al di là della genesi e della costruzione, cioè guardando agli effetti, l’Europa in cui viviamo, tecnocratica, centrata sulla finanza, incapace di darsi una costituzione con dei valori fondanti, martoriata da una immigrazione incontrollata (o meglio, perfettamente controllata da chi la vuole), culturalmente e demograficamente decadente, stupidamente buonista e progressista, dominata a dispetto dei popoli da minoranze poco aristocratiche, inebriata dai fumi di un modernismo miope, è esattamente l’Europa che Kalergi propone sin dal 1925, quella alla quale lavora per quasi 50 anni.
    RS: Cerchiamo di inquadrare Kalergi nel suo contesto storico-filosofico, da chi è influenzato? A chi si contrappone?
    M. Simonetti: Kalergi si inserisce prepotentemente in una lotta secolare tra la sacralità, la tradizione, l’idea da una parte e il razionalismo, l’utilitarismo, la dissacrazione dall’altra. Kalergi parteggia ovviamente per il secondo schieramento. Il suo pensiero è chiaramente un pensiero positivista, scientista anche, intriso di una certa “apocalittica” di ascendenza ebraica. Se sembra tenere a mente il pensiero di Spengler, Nietzsche e di altri grandi filosofi dell’elogio della diversità, non li comprende e addirittura ne inverte le conclusioni. E’ pressoché coevo alla Scuola di Francoforte e ad Heidegger, ma di questi non coglie assolutamente la critica alla Tecnica e ai suoi pericoli. La sua lettura della Tecnica è al contrario del tutto ingenua, e si concretizza in un elogio senza distinguo. Suoi alleati sono la massoneria, un certo ebraismo e il mondo anglosassone; suoi nemici sono ogni “particolare”, il sentimento nazionale (e non solo quello “alla Fichte”) i popoli dell’identità.
    RS: È vero quanto si legge online, ovvero che sarebbe in atto uno “sterminio silenzioso” dei popoli europei?
    M. Simonetti: Ovviamente non nel senso di sterminio fisico degli individui, i quali per ora sono “solo” più impoveriti e angustiati. Ma se per “sterminio dei popoli” intendiamo la scomparsa di ciò che significa popolo, cioè identità collettiva, cultura, lingua e storia comuni, questo è senz’altro vero. I popoli europei già si sono culturalmente appiattiti, sacrificando loro stessi, in uno scialbo americanismo. La profondità del pensiero europeo è stata rinnegata scimmiottando un edonismo materialista, i cui guru sono finti “maitres à penser” relativisti. Certamente, in questo sterminio è centrale il ruolo dell’immigrazione selvaggia. Questo tema, sul quale spendo molte pagine, è una conseguenza necessaria di alcune convinzioni e movenze, come l’idea di creare una massa informe al servizio di una nuova oligarchia, che invece in Kalergi è molto importante.
    RS: E quant’è vero che il piano punterebbe a legittimare qualunque minoranza per favorire il caos?
    M. Simonetti: Il Kaos è certamente alleato del mondialismo. Kaos significa disordine, quindi aumento dell’entropia, quindi eliminazione delle differenze. Il Kaos politico distoglie i sudditi dall’espressione del dissenso e in tal senso è certamente ricercato. Ma certamente non è una minoranza qualunque quella favorita dal piano, si tratta di una minoranza ben individuabile. E’, per dirla con le parole di Kalergi, la nuova herrenrasse, quella ebraica dei finanzieri cosmopoliti, spesso dislocati in America, quella che se ne avvantaggia. Il Kaos non è un fine, ma il mezzo che tale élite utilizza per mantenere il controllo sulle masse.
    [EDIZIONI RADIO SPADA] Intervista a M. Simonetti, autore de 'La verità sul Piano Kalergi' - Radio Spada



    Matteo Salvini vs Massimilano Fuksas a Ballarò: "Un mondo senza passaporto? Proprio il momento giusto per far entrare cani e porci!"
    Redazione, L'Huffington Post
    Durante la puntata di Ballarò andata in onda ieri sera su Rai 3 l'architetto Massimiliano Fuksas e il segretario della Lega Nord Matteo Salvini sono stati protagonisti di un duro scontro sul tema dell'integrazione e della sicurezza.
    Interrogato in merito alla sua opinione riguardo le politiche che regolamentano l'immigrazione in Italia, Fuksas si è confrontato con Salvini spiegando che il suo sogno è "che si possa girare il mondo senza bisogno di passaporto. Auspico questa integrazione".
    Il leader della Lega, sbalordito, ha così controbattuto: "Sì, bello. Mi sembra "veramente opportuno" in questo momento farlo... Lo dica al terrorista dell'Isis".
    Il segretario leghista ha poi pubblicato sulla sua pagina Facebook un post in cui commentava le posizioni di Fuksas, definendo il "grande architetto di sinistra" un "fenomeno" in quanto secondo lui il periodo è fin troppo delicato:
    "Proprio il momento giusto per far entrare cani e porci!"
    Matteo Salvini vs Massimilano Fuksas a Ballarò: "Un mondo senza passaporto? Proprio il momento giusto per far entrare cani e porci!" (FOTO)

    SOL LEVANTE, RAZZISMO CRESCENTE - LA MISS METICCIA SPACCA IL GIAPPONE: “TROPPO SANGUE NERO, NON CI RAPPRESENTA”-LE POLEMICHE SUI SUOI TRATTI AFROAMERICANI E I SENTIMENTI ANTI-USA DEI NIPPONICI
    Dietro il Giappone che rifiuta la sua Miss meticcia si cela il razzismo di una nazione dove gli stranieri, quasi tutti coreani, sono solo il 2% della popolazione - Lo scontro potrebbe essere archiviato come l’estremo sfogo di un Paese sempre più spaventato da concorrenza e globalizzazione. Ma cela una realtà più seria: il crescente sentimento anti-Usa del Paese...
    La prima Miss di colore nella storia del Giappone spacca il Paese e apre un dibattito senza precedenti sulla sua inossidabile xenofobia strisciante. Ariana Miyamoto, 20 anni, ha sbaragliato 44 concorrenti ed è stata incoronata Miss Universo Giappone. L’anno prossimo rappresenterà la bellezza del Sol Levante nella finale per il titolo 2015.
    A scatenare i «puristi della razza», il fatto che Ariana non ha i caratteri somatici nazionali. È nata a Sasebo, prefettura di Nagasaki, sua madre è giapponese, ma il padre da cui ha ereditato l’aspetto è afroamericano. Il profilo meticcio la distingue dalle connazionali: pelle mulatta, capelli ricci, formosa. Dopo il trionfo, in diretta tivù, ha raccontato di aver già conosciuto il «sapore amaro del razzismo giapponese».
    Finito il liceo negli Usa, è tornata in patria per fare la modella. Si mantiene lavorando in un bar, dove i clienti la appellano “haafu”. Il termine dispregiativo, dall’inglese “half”, definisce chi ha solo metà sangue giapponese nelle vene. Chi la conosce, assicura che Ariana è al contrario “kenbi saishoku”, ossia una donna benedetta sia dall’intelligenza che dalla bellezza: ama la calligrafia tradizionale, cucina i piatti “kaiseki”, icona dell’estetica nipponica, visita gli antichi villaggi in sella alla sua moto. Alcuni fans affermano che «essere di un’etnia diversa non rende un individuo meno giapponese». Ma il crescente popolo nazionalista della “pura razza” si è invece scatenato contro la Miss “haafu”, sentenziando che «ha troppo sangue nero per poter rappresentare il Giappone».
    Lo scontro potrebbe essere archiviato come l’estremo sfogo di un Paese sempre più spaventato da concorrenza e globalizzazione. La frivolezza demodè di un concorso di bellezza cela invece una realtà molto più seria. La Miss giapponese afroamericana viene attaccata mentre Nagasaki, la sua culla, si appresta a ricordare i 70 anni dalla bomba atomica sganciata dagli Usa alla fine della seconda guerra mondiale.
    L’ambasciatrice statunitense a Tokyo, Caroline Kennedy, figlia del presidente assassinato JFK, ha ricevuto minacce di morte da un giapponese che nell’isola di Okinawa si oppone alla base militare americana. La “nera” Michelle Obama, nel corso della sua prima visita all’estero da first lady senza il marito presidente, a Tokyo ha incontrato la famiglia imperiale e il premier Shinzo Abe, rivolgendo un appello per l’istruzione femminile e la parità di genere.
    Dietro il Giappone che rifiuta la sua Miss meticcia si cela il razzismo di una nazione dove gli stranieri, quasi tutti coreani, sono solo il 2% della popolazione. Ma emerge prima di tutto il crescente sentimento anti-Usa, simboleggiato dal sostegno alla riforma della «punitiva» Costituzione pacifista, imposta da Eisenhower nel 1946.



    Il Giappone ha varato la sua più grande portaerei dalla fine della guerra
    di ANTONIO PANNULLO
    No, non è la Marina imperiale giapponese di Pearl Harbor, ma la attuale Forza di autodifesa marittima del Giappone, quella che ha varato, nel porto di Yokohama, la più grande nave dalla fine della seconda guerra mondiale. Si tratta di un imponente cacciatorpediniere portaelicotteri della classe Izumo. 27mila tonnellate, 248 metri di lunghezza, 470 uomini di equipaggio che diventano 970 con le truppe da sbarco, 50 mezzi da sbarco, 9 elicotteri, la Izumo diventa l’ammiraglia della potente flotta giapponese. La Izumo è costata un miliardo di dollari e fu iniziata nel 2010. Nel 2018 dovrebbe arrivare anche una nave “gemella”. Come si ricorderà, dopo la seconda guerra mondiale, con la resa incondizionata di Tokyo e l’occupazione alleata, la nuova costituzione affermava che «il popolo giapponese rinuncia per sempre alla guerra come diritto sovrano della nazione e alla minaccia dell’uso della forza come mezzo per risolvere le dispute internazionali».
    Il Giappone ha varato la sua più grande portaerei dalla fine della guerra - Secolo d'Italia



    La leva deve essere obbligatoria
    di Camillo Langone
    Siamo invasi e lo neghiamo. Ci hanno dichiarato guerra e facciamo finta di niente. Abbiamo un presidente della Repubblica che da ministro della Difesa firmò l’abolizione del servizio militare.
    Eppure la Costituzione non è così da imbelli come la si dipinge. Se l’articolo 11 è ambiguo, il 52 è precisissimo: “La difesa della Patria è sacro dovere del cittadino”. Io voglio fare il mio sacro dovere. Voglio essere chiamato patriota e voglio essere richiamato. Non credo che il mio posto sia la Libia, lì ci deve andare (quando e se sarà sicuro di vincere) l’esercito professionale. Io voglio essere velocemente addestrato e periodicamente impiegato (non troppo spesso, in modo da interferire il meno possibile con la produzione di reddito) in servizi di sicurezza interna (vigilanza siti sensibili, pattugliamenti…) per i quali l’utilizzo dei militari di carriera è uno spreco.
    Assieme ad altri patrioti come me amanti delle armi e della storia: è appurato che Roma crollò quando i romani, dopo aver delegato la difesa dei confini, non ebbero più soldi per pagare i mercenari. Prego pertanto che mi arrivi la cartolina.
    La leva deve essere obbligatoria

  3. #143
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    Predefinito Re: Le delizie della società multietnica

    Francia, integralismo laicista. Sui manifesti non si può scrivere che si fanno concerti per «i cristiani d’Oriente»
    Il cartello che segnalava che i proventi sarebbero stati devoluti in beneficenza per i cristiani perseguitati è stato emendato in nome della laicità
    Redazione
    Oggi sulla Stampa Cesare Martinetti racconta un episodio di integralismo laicista accaduto in Francia. «Di integralismo si può morire per le fucilate degli uomini del Califfo – scrive il giornalista -, ma si può morire anche per la stupidità di quelli che hanno fatto della laicità un nuovo integralismo e non una difesa da esso». È accaduto questo: tre sacerdoti cantanti diretti da monsignor Jean-Michel di Falco Leandri che da tempo coi loro concerti girano la Francia con buon successo di pubblico hanno organizzato per il 14 giugno un evento «al mitico Olympia, non in un teatrino qualunque». Sul manifesto per pubblicizzare l’evento del gruppo, Les Prêtres, appariva la scritta «Au profit des chrétiens d’Orient», che segnalava cioè che gli incassi sarebbero stati devoluti in favore dei cristiani d’oriente. Quegli stessi cristiani, è bene ricordarlo, per i quali la Francia si è spesa in un recente incontro all’Onu.
    SPAZIO LAICO. Ebbene, racconta la Stampa, «il manifesto è stato affisso, il concerto è in programma il 14 giugno, ma è scomparsa la scritta con la destinazione dell’incasso. Un errore? Neanche per sogno. La “regie” pubblicitaria della Ratp, la società che gestisce la metropolitana, ha burocraticamente spiegato che “il metrò è uno spazio laico, dove non sono ammesse prese di posizione né politiche né religiose”. Ed è una spiegazione incredibile». In nome della laicità, la Francia si autocensura perché ha pura «di offendere i musulmani. Ma quali musulmani? Quelli che massacrano i cristiani in giro per il mondo? Quelli che il 7 e 9 gennaio hanno ucciso dodici persone alla redazione di Charlie Hebdo e quattro clienti al supermercato kasher di Porte de Vincennes?».
    DIRITTO DI INSULTO. «In questa confusione la vera lezione di laicità è venuta da Monsignor di Falco», fa notare Martinelli. «In quanto cristiano – ha detto il vescovo al quotidiano cattolico La Croix – non mi ha disturbato vedere nei corridoi del metrò i manifesti di un film intitolato “Qu’Allah benisse la France” (che Allah benedica la Francia). In nome della libertà di espressione si ha diritto di insultarci e noi in nome della laicità non abbiamo il diritto di esprimere le nostre convinzioni?».
    Francia. Censura su manifesto per cristiani | Tempi.it

    Da Pavia ecco un bell’esempio di islam “dialogante”
    di Lara Morano
    Da quando a Pavia si è insediata la giunta rossa targata Massimo Depaoli, non si può dire che siano mancati argomenti per la stampa, che quotidianamente si è trovata a forgiare titoli su asili chiusi, scuole al freddo (o infestate dai topi), ZTL imposte e promesse elettorali disattese, il tutto corredato dall’ira funesta dei residenti che, protesta dopo protesta, sono apparsi sui giornali quasi più dei politici. Non si poteva immaginare che dopo il depotenziamento delle scuole materne comunali si potesse fare di peggio, e invece ecco che nasce il “Tavolo Interreligioso“, un’iniziativa che, se chiedessimo allo stesso sindaco di che si tratta, probabilmente farebbe fatica a spiegarne l’utilità concreta. Per comprendere cosa abbia portato l’amministrazione a una tale scelta, occorre fare qualche passo indietro nel tempo e trasferirsi in Pavia Ovest dove, verso fine dicembre, si vociferava potesse sorgere una Moschea. Il Qatar aveva proposto al comune di Pavia cinque milioni di euro per la costruzione di un tempio mussulmano in una delle cinque zone adibite al culto, previste dal Piano di Governo del Territorio (quello che l’amministrazione voleva cambiare a tutti i costi quando era all’opposizione e che invece è rimasto immutato).
    Dopo le reazioni di preoccupazione e angoscia da parte dei residenti (che non capivano perché il comune non riuscisse a prendere una posizione netta), il sindaco Depaoli ha aperto le porte della sala Giunta ai cittadini per tranquillizzarli «Non ci sarà alcuna Moschea – aveva affermato – la mole dell’edificio è troppo grande per quella zona che vogliamo tutelare come area verde» (qualcuno aveva ipotizzato che la resistenza verso il sogno islamico potesse essere in qualche modo legata al fatto che in Pavia Ovest risiede il vicesindaco Angela Gregorini). Dopo il contentino ai pavesi, non poteva mancare l’iniziativa “buonista” farcita di parole come “integrazione” e “convivenza pacifica” tra i popoli, e a proporla ci ha pensato l’assessore alle Pari Opportunità Laura Canale, che all’inizio di febbraio ha radunato attorno a un tavolo i tanti rappresentanti dei vari Credo presenti a Pavia, con lo scopo di farli interagire (fissando un calendario di incontri) su temi di interesse sociale. L’argomento dell’anno, su proposta della Canale, è il ruolo della donna nella società e nella vita istituzionale, non stupisce quindi che a quel tavolo (nonostante l’invito), mancasse proprio la comunità islamica che fino a un mese prima si diceva “aperta al dialogo”, quando insomma voleva la Moschea. Così si evolve la coscienza civica di un capoluogo lombardo: dal campanile al minareto, dall’oratorio alla Torre di Babele, evviva le radici e il senso di appartenenza. Su una cosa bisogna dare atto all’attuale amministrazione pavese: ad aprire tavoli potrebbe far concorrenza a Ikea.
    Da Pavia ecco un bell?esempio di islam ?dialogante? | L'intraprendente

    Se in certe scuole toscane s’insegna l’arabo
    di Lara Morano
    Afghan children learn to read the holy Koran in Jalalabad Via il Crocifisso e fate entrare il Corano. Ebbene si! Seppure indorato da tempistiche volutamente a rilento e da parole chiave come integrazione e tolleranza, il concetto sembrerebbe proprio essere questo. È accaduto in Toscana, nel comune di Cascina dove, come riportato in un articolo del 16 marzo de La Nazione, «nella scuola media di via Galilei, dalle 10 alle 11,30 di ogni domenica mattina, oltre 50 tra bambini e bambine di origine straniera usufruiscono del servizio offerto dal Centro Islamico Valdera, ovvero un corso di lingua e cultura araba che riscuote grandissimo successo tra gli appartenenti alla comunità islamica del territorio».
    A sollevare la questione per metterne in luce le contraddizioni è stata Susanna Ceccardi, consigliera leghista nel comune di Cascina, intervenuta dopo numerose segnalazioni da parte dei cittadini. «Dopo aver chiesto informalmente informazioni all’assessore Mellea che mi ha risposto in modo vago e non esaustivo, ho preferito recarmi direttamente alla scuola per avere informazioni dagli organizzatori». La Ceccardi ha così riscontrato che i bambini che usufruiscono del servizio, sono prevalentemente arabi e che tra i libri di testo dei corsi domenicali c’è il Corano, alla cui lettura si dedicherebbe ampio spazio: «In qualsiasi corso di italiano, nessun insegnante farebbe imparare agli alunni la lingua su dei testi religiosi – continua la consigliera cascinese – è proprio necessario l’uso del Corano come libro di testo per far imparare l’arabo ai bambini?». Dove è finita quindi la laicità della scuola pubblica e delle amministrazioni?
    Secondo indiscrezioni, sembrerebbe proprio che gli stessi spazi comunali occupati in funzione della divulgazione della cultura islamica, siano stati più volte richiesti anche da associazioni italiane presenti sul territorio, a cui non sarebbe stata concessa la disponibilità con altrettanta semplicità. «Rispettiamo il diverso e rispettiamo il pluralismo – puntualizza la Ceccardi – ma consiglio alle associazioni islamiche di cercare di integrarsi studiando meglio la cultura italiana, perché per conoscere l’arabo e il Corano credo che ci siano moltissime scuole a casa loro. Come se un italiano, per migliorare la propria lingua madre, seguisse un corso di italiano a Marrakech».
    Lo spirito di abnegazione all’italiana fa progressi a quanto sembra, un fenomeno in crescita: spogliare i propri altari per vestire quelli degli altri, esattamente come era accaduto anche a Pavia qualche tempo fa, quando, in occasione di una manifestazione per le vittime dell’attentato ai vignettisti di Charlie Hebdo, due ragazzine si erano esibite in un canto che riportava alcune parole della prima Sura del Corano. Una delle due, marocchina, aveva detto “Indosso il velo per rispetto di Dio”, mentre l’altra, italiana, ha cantato insieme alla compagna di scuola i versi in lingua araba. Anche in quell’occasione, qualcuno aveva fatto notare una certa tendenza alla “tolleranza a senso unico”.
    Se in certe scuole toscane s?insegna l?arabo | L'intraprendente

    Scandalo a Bologna abbonamenti bus gratis per 155mila euro agli immigrati
    In cinque anni il Comune di Bologna ha regalato abbonamenti agli immigrati per 154.176 euro.
    BOLOGNA In cinque anni il Comune di Bologna ha regalato abbonamenti agli immigrati per 154.176 euro. Il dato risulta dalla risposta di palazzo d’Accursio all’interrogazione della consigliera leghista Lucia Borgonzoni. Per garantire corse gratuite ai soli richiedenti asilo il Comune ha stanziato, dal 2010 al 2013, 61.594 euro. E nel 2014 ecco arrivare altri 125 abbonamenti gratuiti ai cosiddetti ‘profughi’ al costo di 146 euro l’uno. Totale euro: 18.250. Ma nel complesso il ‘benefit’, da gennaio a settembre, è stato offerto a 322 immigrati, per un costo a carico della collettività di 47.012 euro.
    “Ecco il furto del Pd. Quei 154mila euro li rimborsi la segreteria provinciale democratica, sono soldi scippati ai bolognesi, costretti a pagarsi tutto e vessati dal fisco”, attacca il candidato alla presidenza della Regione, per Lega Nord, Forza Italia e Fratelli d’Italia Alan Fabbri. “Nella mia Regione simili, assurdi, benefit regalati ai clandestini finiranno a zero. Il risparmio così ottenuto verrà reinvestito in sicurezza a bordo e in agevolazioni e aiuti a favore della nostra gente. Diciamo stop al razzismo verso i bolognesi”. “Sfido gli altri comuni a mostrare i conti della vergogna, i cittadini devono sapere quanta parte delle loro tasse finisce in assistenza e vizi ai clandestini”.
    Scandalo a Bologna abbonamenti bus gratis per 155mila euro agli immigrati - Video | Ripuliamo l'Italia

    Incredibile: i clandestini uccidono e mangiano i cigni del lago
    Incredibile la denuncia di un abitante di Gorizia, di professione autista dell’autobus, durante la trasmissione di Rete4 “Quinta Colonna”:
    “Io guido pullman, mi faccio il mazzo dalla mattina alla sera, c’ho dei colleghi che dormono in macchina e ‘questi’ sono in albergo col telefonino da 800 euro. E’ ora di finirla. Spendiamo 14mila euro al giorno per mantenere questi. Noi siamo stufi. Questi ci portano la TBC e tutte le malattie possibili e inimmaginabili, vanno a fare i bisognini nei nostri parchi che sono sacri e che hanno monumenti dove c’è gente che è morta per difendere la nostra terra. Le nostre ragazze non possono circolare per le città tranquillamente, perché hanno tutti paura. I nostri anziani non escono più di casa. I turisti non vengono più. Questi ci stanno distruggendo la città. Venite a vedere il nostro Isonzo, dove c’è un parco bellissimo. Questi ci hanno mangiato i cigni! Non hanno rispetto nemmeno per gli animali”.
    » Incredibile: i clandestini uccidono e mangiano i cigni del lago

    I morti di Lampedusa, Gino Strada e l’unica soluzione possibile: i barconi non devono partire
    Se alcuni stati della sponda sud non sono in grado di garantire questo, si interviene noi europei sul posto, anche con la forza. A partire dalla Libia
    Rodolfo Casadei
    Prima di scandalizzarsi dell’inadeguatezza di Triton o del fatto che lo Stato italiano afferma di non essere più in grado di finanziare e gestire un’operazione simile, bisognerebbe scandalizzarsi di quegli individui disumani che hanno costretto, puntando le armi e agitando i bastoni contro di loro, 400 persone a imbarcarsi su quattro gommoni e ad affrontare un mare forza 7. All’indomani di questa nuova tragedia mediterranea, l’ordine cronologico con cui si intima ai vari soggetti di vergognarsi per l’accaduto è indice della visione del mondo di chi esprime la sua indignazione. Se Amnesty International e Gino Strada chiedono all’Italia e all’Unione Europea di abbassare la testa per la vergogna (il fondatore di Emergency ha dichiarato di vergognarsi di essere italiano ed europeo, che è la stessa cosa), è perché per loro la morale è tutta assorbita nella politica, non esiste male nel mondo che non sia principalmente politico, cioè dipendente dalla diseguaglianza sociale, e dunque la responsabilità degli scafisti non è importante: se loro sono cattivi, è solo perché l’ingiustizia sociale li ha condannati alla povertà e spinti verso la criminalità. La colpa è del “sistema”, di cui governo italiano e Ue sono rappresentanti istituzionali, perciò ad attenuare le conseguenze migratorie dell’ingiustizia devono pensarci loro.
    Non è un caso che Strada sia la stessa persona che rilasciò dichiarazioni su dichiarazioni in difesa di Omar Hasan al Bashir, presidente del Sudan dal 1989, quando cinque anni fa la Corte penale internazionale ne ordinò l’arresto per crimini di guerra nel Darfur. Non era quella l’unica impresa per cui il generale islamista meritava il premio di essere il primo capo di Stato di cui veniva richiesto l’arresto: sotto il suo governo le forze armate hanno condotto politiche di sterminio nella regione dei Monti Nuba e nel Sudan meridionale, il paese ha ospitato terroristi internazionali come Osama Bin Laden, Abu Nidal e Carlos, mentre oppositori politici e preti cattolici sono stati arrestati e torturati. Ma per il dottor Gino Bashir andava risparmiato per un fondamentale motivo: prendersela con un africano era sintomo di razzismo. Il fatto che il Sudan di Bashir fosse molto ospitale verso le iniziative di Emergency naturalmente non c’entrava nulla con la difesa d’ufficio.
    Questa visione rousseauniana del male sottintesa alle critiche di personalità, organizzazioni e partiti politici nei confronti dell’Italia e della Ue va messa in evidenza perché, portata alle sue logiche conclusioni, imporrebbe la trasformazione dei nostri governi in agenzie di viaggio e dei nostri paesi in sterminati campi profughi. Qualunque siriano, eritreo o maliano potrebbe far valere il suo diritto a cercare la salvezza a nord del Mediterraneo.
    Se questo è il modo giusto di guardare il mondo, dovremmo semplicemente ordinare alle nostre ambasciate di concedere visti d’ingresso nella Ue a chiunque li richieda. Però questo non è il modo giusto, e tutti capiscono che aprire le porte indiscriminatamente non è la soluzione: non siamo in grado di accogliere tutta la povertà del mondo in Italia e nel resto della Ue. Semplicemente sprofonderebbe una civiltà senza che un’altra prenda il suo posto. Per non vergognarci, dovremmo suicidarci: è quello che chiedono Amnesty e Strada. L’errore sta nell’idea che la politica sia la responsabile e dunque anche la soluzione di tutti i problemi: l’economia politica è responsabile dell’ingiustizia (Marx), la politica migratoria indurrà la giustizia.
    E invece no, la politica non risolve i problemi: la politica deve farsi carico dei problemi e ognuno di noi deve avere una coscienza politica e fare politica, ma nella lucida consapevolezza che la politica non risolve da sola i problemi della convivenza umana. Perché la radice del male non è politica, ma umana. Il cambiamento del cuore è sempre più decisivo del cambiamento delle strutture. E persino da uno scafista maghrebino io mi aspetto che si metta una mano sulla coscienza. Allora la politica che si fa carico dei problemi senza la presunzione di risolverli dovrebbe puntare prima di tutto sul contrasto alla tratta: i barconi della morte non devono partire. Se alcuni stati della sponda sud non sono in grado di garantire questo, si interviene noi europei sul posto, anche con la forza. I centri di identificazione andrebbero realizzati e gestiti sul territorio stesso degli stati della sponda sud.
    Lampedusa, Gino Strada e l'unica soluzione | Tempi.it

    Brescia, 2mila immigrati sfilano per ottenere il permesso di soggiorno
    Corteo con la Cgil. Salvini: "Non è un paese normale"
    Angelo Scarano
    "Noi lottiamo per un Paese "normale" secondo molti aspetti. Per esempio un Paese in cui non si tengano manifestazioni come quella di oggi a Brescia, dove 2.000 immigrati hanno sfilato pretendendo il permesso di soggiorno. Una cosa del genere in Paesi come la Svizzera, l’Austria e molti altri sarebbe impensabile". Matteo Salvini commenta così il corteo organizzato a Brescia dalla Cgil e dagli immigrati che chiedevano di ottenere il permesso di soggiorno in base alla sanatoria del 2012.
    "Viviamo proprio in un Paese al contrario, mentre a Brescia immigrati e centri sociali manifestavano per chiedere ancora più diritti per i clandestini, a Torino qualche centinaio dei soliti violenti si scontrava con le Forze dell'ordine", ha tuonato Roberto Calderoli.
    Brescia, 2mila immigrati sfilano per ottenere il permesso di soggiorno - IlGiornale.it



    Studio ribalta tesi su immigrati: Più sono ‘integrati’, più diventano estremisti
    I musulmani non sono radicalizzati da povertà, razzismo o mancanza di integrazione. Come millantano i guru del progressismo feticista mondiale. I musulmani sono radicalizzati da se stessi. E’ la loro natura.
    Lo conferma un’importante ricerca di Marion van San, Senior Researcher presso RISBO, un istituto di ricerca indipendente, attiva nel campo della formazione e della società, che è affiliato con la Facoltà di Scienze Sociali presso l’Università Erasmus di Rotterdam. E voi progressisti non potrete rifiutare quello che dice una esperta di Scienze Sociali, no?
    Dal 2009, il suo team ha condotto studi etnografici di famiglie di giovani immigrati. Secondo lo studio, i giovani immigrati di seconda e terza generazione che lasciano i paesi europei per la Siria, non sono vittime di una società che non li accetta, e che non offre loro opportunità sufficienti. Il contrario: più sono ‘integrati’ e benestanti, più diventano estremisti.
    Non sorprendentemente, mima un po’ il percorso fatto dal terrorismo rosso del secolo scorso, con una differenza: è più diffuso, e possiamo risolverlo in un modo semplice: eliminando l’immigrazione.
    Ergo, quelli che dicono che ‘dobbiamo dargli la cittadinanza per non farli sentire esclusi, sennò ci sparano’, non solo sono moralmente osceni, sono anche empiricamente fallaci: questo, lungi dall’evitare che si ‘radicalizzino’, renderà loro ancora più facile colpirci.
    Studio ribalta tesi su immigrati: Più sono ?integrati?, più diventano estremisti | VoxNews

    Hanno un lavoro e la cittadinanza. Ecco i 10 jihadisti indagati in Italia
    In Lazio, Lombardia, Veneto: sui vent’anni, immigrati di seconda generazione. Si sono radicalizzati sui siti Internet, hanno legami con i Balcani e il Nordafrica
    GRAZIA LONGO
    Un pericoloso network di estremisti islamici tra il Lazio, la Lombardia e il Veneto, arruolato da imam bosniaci e maghrebini. Sono tutti giovani - tra i 20 e i 25 anni, pochissimi i trentenni - con un lavoro più o meno regolare, italiani di seconda generazione apparentemente integrati. Mentre in realtà odiano il nostro Paese, e con esso tutto l’Occidente, tanto da essersi avvicinati alla Jihad.
    Reclutati a Roma e Milano
    Ecco la fotografia dei dieci ragazzi di fede islamica indagati dalla procura di Roma per il reato di associazione sovversiva con finalità di terrorismo. Le indagini del procuratore capo Giuseppe Pignatone e dell’aggiunto Giancarlo Capaldo (titolare del pool antiterrorismo) si muovono su filoni, tempi e luoghi diversi.
    Da Roma a Milano e Brescia, passando per Belluno. All’attenzione dei poliziotti della Digos e dei carabinieri del Ros della capitale ci sono potenziali terroristi che si muovono in maniera solitaria - i cosiddetti lupi solitari, lone wolf - e altri che si coordinano in maniera più sistematica attraverso gli incontri nei loro luoghi di culto. Con l’obiettivo di addestramenti Isis in Turchia o in Siria. Ma a parte la moschea, il vero centro operativo è il web.
    Tra i siti all’attenzione di inquirenti e investigatori ce ne sarebbero in particolare due: sharia for italy (che è stato già oscurato) e ansar-alhaqq.net. Quest’ultimo è stato invece attaccato da Anonymous, che aveva annunciato di non risparmiare i siti che inneggiano all’estremismo musulmano.
    http://www.lastampa.it/2015/01/14/es...oI/pagina.html


  4. #144
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    Predefinito Re: Le delizie della società multietnica

    In un mese 10 colpi a Famagosta marocchino in cella
    Redazione
    Arrestato subito dopo aver tentato di scippare a una donna l'iPhone, colpo per altro andato male per la reazione della vittima, un marocchino di 31 anni si è visto appioppare, grazie alla tenacia dei carabinieri della stazione Barona, altri 9 aggressioni in strada. Sempre ai danni di donne sole, sempre nello stesso punto il famigerato sottopasso di Famagosta, «habitat» naturale per i suoi colpi. Lo straniero, era stato arrestato il 23 gennaio dopo aver aggredito una signora di 47 anni, estremamente energica e coraggiosa, tanto da farlo desistere e fuggire. Dopo l'arresto i militari si sono accorti che nell'ultimo mese erano già stati tentati diversi altri colpi. Così con la foto del mariuolo in mano, hanno fatto il giro di tutte le vittime, sempre donne sole, tra i 23 e i 47 anni, minacciate a parole, con un coltello o con un grosso sasso.
    CARABINIERIIn un mese 10 colpi a Famagosta marocchino in cella - IlGiornale.it

    Usano ‘bambina malata’ per rapinare coppietta
    Si sono avvicinate ad una coppia seduta al bar pasticceria “Cerutto” di piazza Matteotti con la scusa di chiedere un aiuto economico per una bambina malata, invece il loro obiettivo era il cellulare appoggiato sul tavolino. Scoperte, sono state arrestate pochi minuti dopo dai Carabinieri di Castellamonte, avvertite prontamente dal derubato.
    In manette sono finite due ragazze di 17 e 18 anni, entrambe romene e residenti nel campo nomadi di via Germagnano a Torino. Quelle che inizialmente sembravano due mendicanti, si sono rivelate essere due truffatrici e ladre.
    Nell’ultimo periodo i Carabinieri hanno intensificato le attività contro i ladri trasformisti e i mendicanti di professione. Questi sembrano mimi, ma in realtà non lo sono. Chiedono l’elemosina, ma a loro interessa soltanto rapinare le loro vittime. Si mascherano e disturbano turisti e cittadini, lasciandoli talvolta senza il portafoglio e icellulari. E ancora ragazzine e donne che esibiscono un cartello: “Abbiamo fame, aiutatemi”, e con la scusa di chiedere l’elemosina rubano ai turisti seduti nei dehors o sulle panchine della piazze torinesi.
    Arrestate finte mendicanti a Castellamonte

    Cinese offre soldi e le sue donne in cambio multa
    (ANSA) – BERGAMO – Ha offerto duemila euro a ciascuno degli agenti della polizia stradale di Seriate perché non lo multassero: così un cinese controllato in un’area di servizio lungo l’A4, dove aveva posteggiato in uno spazio per disabili, è stato arrestato. L’immigrato, 33 anni, oltre ai soldi ha offerto agli agenti anche la possibilità di potersi intrattenere gratis con alcune giovani donne che lavorano per lui in un locale di Milano. Come ‘anticipo’ ha estratto 170 euro, promettendo il saldo in settimana.
    Cinese tenta di corrompere poliziotti - Lombardia - ANSA.it

    Attendono metro: romeno tenta di stuprarle
    E’ successo presso la stazione metropolitana di Gessate.
    Secondo quanto spiegato dai Carabinieri, tre ragazze attendevano la metropolitana quando sono state avvicinate da un giovane.
    Come poi raccontato dalle stesse vittime, il malvivente ha iniziato ad importunarle, passando velocemente dalle minacce ai fatti.
    Il ragazzo, infatti, ha continuato ad insistere fino ad allungare le mani, iniziando a palpeggiarle.
    A questo punto, due delle giovani sono corse a cercare aiuto mentre, in loro assenza, l’uomo ha cercato di ottenere dalla terza un rapporto sessuale completo.
    Tempestivamente intervenuti i Carabinieri della Compagnia di Cassano D’Adda, l’aggressore è stato bloccato.
    Una volta individuato, il malvivente è risultato essere un 22enne romeno, pregiudicato e senza fissa dimora.

    Brescia: anziana aggredita mentre torna dalla Messa
    È stata aggredita in strada da una malvivente, che le ha strappato dal collo una catenina. Lei, una 75enne tutta d’un pezzo, non si è fatta intimorire ed ha prontamente reagito. È accaduto ieri mattina, poco dopo le 9 al Villaggio Badia. La 75enne stava tornando dalla Messa insieme ad un’amica, quando è stata aggredita alle spalle da una 35enne straniera.
    La donna, con mossa fulminea, le ha strappato dal collo una catenina d’oro con due ciondoli. Nonostante lo strattone violento l’anziana, per nulla intimorita, è riuscita ad afferrare per un braccio la donna che la stava derubando impedendole di scappare.
    In suo aiuto è intervenuto anche un passante, testimone di quanto accaduto, che ha provveduto a chiamare il 113.
    L’arrivo tempestivo sul posto della Volante ha fatto il resto: la 35enne è stata arrestata per furto con strappo.
    Anziana reagisce all'aggressione e fa arrestare ladra - BRESCIA - Giornale di Brescia

    Raccapricciante a Milano: morsi all’orecchio per rapinarla
    Le ha morso l’orecchio e poi l’ha rapinata della borsa. E’ accaduto ad una donna di 40 anni a Milano, in viale Certosa sabato mattina, intorno alle 9.40.
    La donna ha raccontato la scena agli agenti che poco dopo hanno recuperato la borsa abbandonata in strada, ovviamente svuotata. L’aggressore è stato descritto come giovane e probabilmente nordafricano. Per la 40enne non è stato necessario il trasporto in ospedale.
    Milano: Morde L'Orecchio a una Donna e la Rapina

    Verona, col coltello a caccia di italiani: ‘Questa è casa nostra’
    Minaccia di morte un passante e sfodera una lama: 33enne fermato dalla polizia
    Nella zona Veronetta, un cittadino ha richiesto nel pomeriggio richiesto il soccorso del 113 per essere stato verbalmente minacciato di morte poco prima da un giovane marocchino, il quale aveva anche sfoderato una piccola lama. Gli agenti hanno allora battuto tutte le vie limitrofe al luogo delle minacce fino rintracciare il responsabile in Via Muro Padri, trovandolo in possesso poi di un portachiavi contenente una lama. Alla luce di quanto accertato, l’uomo, H.A., un 33enne marocchino è stato denunciato in stato di libertà per il reato di minacce aggravate.
    Minaccia di morte un passante e sfodera una lama: 33enne fermato dalla polizia

    Il "taxi" in mare di Medici senza frontiere. Così ci riempiono di immigrati
    In polemica con la chiusura di Mare Nostrum, un piano di soccorso e assistenza nelle acque tra Africa ed Europa
    Andrea Indini
    Medici Senza Frontiere ci riempirà il Paese di clandestini. Per tutta l'estate metterà a disposizione, insieme alla Migrant Offshore Aid Station, una nave che pattugli il Mediterraneo e, all'occorrenza, intervenga per assistere gli immigrati.
    Una volta soccorsi, tutti i disperati che dalle coste del Nord Africa si riversano in Italia, saranno traghettati in Sicilia. Da lì sarà poi impossibile rispedirli a casa.
    Nei primi tre mesi del 2015 il numero degli arrivi è stato superiore di quasi mille unità rispetto al 2014. E l'approssimarsi dell'estate preoccupa il Viminale. Che, però, non prende contromisure per fermare l'invasione. Ad approdare sulle nostre coste non sono solo disperati che lasciano le proprie terre per motivi umanitari ma anche clandestini disposti a tutto per raggiungere l'Italia. Da maggio queste persone potranno avvantaggiarsi di un punto d'appoggio nel bel mezzo del Mediterraneo. In polemica con la chiusura di Mare Nostrum, Medici Senza Frontiere e Migrant Offshore Aid Station hanno messo a punto un piano di «ricerca, soccorso e assistenza medica» nelle acque tra l'Africa e l'Europa.
    Una nave da soccorso di 40 metri, dotata di gommoni ad alta velocità con scafo rigido e droni di sorveglianza, metterà a disposizione un equipaggio di 20 persone che forniranno supporto ai barconi in difficoltà. A bordo ci saranno anche medici e infermieri per trattare casi di disidratazione, ustioni da carburante, scottature gravi e ipotermia.
    Medici Senza Frontiere sarà in continuo contatto la Guardia costiera che deciderà in quale porto far sbarcare gli immigrati. Ovviamente non è contemplata l'ipotesi che questi possano essere rimpatriati o smistati in altri Paesi. «Malta -– ci dicono –- non è considerato un porto sicuro». Quindi arriveranno tutti in Italia. L'operazione andrà avanti fino a ottobre. Coprirà, dunque, il periodo caldo degli sbarchi. «L'Europa – spiega Medici Senza Frontiere – ha voltato le spalle alle persone in fuga dalle peggiori crisi umanitarie del nostro tempo». Un invito a nozze per i trafficanti di uomini che d'estate fanno affari d'oro coi clandestini. Barconi stracarichi di immigrati partiranno dal Nord Africa con la certezza di avere chi, in caso di necessità, li soccorrerà e li porterà in Italia.
    Il "taxi" in mare di Medici senza frontiere. Così ci riempiono di immigrati - IlGiornale.it



    Caulonia: “No ai profughi nella scuola”, genitori saldano i cancelli
    I genitori degli studenti della scuola elementare della frazione Focà di Caulonia hanno protestano contro la sistemazione nella struttura dei 208 migranti di varie nazionalità sbarcati ieri. Per impedire che venisse utilizzata la scuola per accogliere i migranti appena sbarcati alcune persone hanno saldato uno dei cancelli d’ingresso della scuola.
    Per effetto della protesta 180 migranti sono stati trasferiti da Caulonia a Roccella Jonica.
    Caulonia: ?No ai profughi nella scuola?, genitori saldano i cancelli | Imola Oggi



    Il dizionario pol. cor. di Facebook che ti sospende se digiti zingaro
    di Camillo Langone
    C’era una volta Zingarelli, oggi c’è Zuckerberg. C’erano vocabolari italiani che accoglievano parole buone e parole cattive, perché mestiere del lessicografo non era censurare bensì documentare, oggi c’è un algoritmo americano che taglia foreste di sinonimi sgraditi. C’era l’Index librorum prohibitorum, antipatico però pubblico (era distribuito ai librai), e così ti potevi regolare, oggi ci sono molte liste di termini proibiti, una per ogni social, ma sono segrete e così vivi nel timore di sbagliare e ti autocensuri più del necessario. Zingaro non si può più dire e se lo scrivi rischi di essere sospeso per 24 ore o forse 24 giorni, a discrezione di un giudice sconosciuto: ma tzigano va bene? E “Zingara”, intesa come canzone di Iva Zanicchi, è citabile?
    Facebook vuole diventare l’edicola globale, far passare tutta l’informazione dalle sue bacheche prosciugando i siti dei giornali e reimponendo una modalità di pubblicazione “con licenza de’ superiori”. Sarebbe come se nel 1596 fosse esistita in tutto il mondo una sola tipografia, con sede a Roma e il cardinale Bellarmino come direttore. Detto questo, si identifichi il nemico della libertà e della cultura in Matteo Salvini.
    Il dizionario pol. cor. di Facebook che ti sospende se digiti zingaro

    La Spagna blocca e rispedisce al mittente i migranti
    La Spagna ha una piccola enclave in territorio marocchino chiamata Melilla, già in passato al centro dell’attenzione per i tentativi da parte di migranti di entrarvi e cercare così di raggiungere il territorio spagnolo sul vecchio continente.
    L’ultimo assalto all’enclave spagnola è avvenuto stamattina all’alba, con centinaia di persone che cercavano di superare la barriera che delimita il confine: le forze di polizia hanno però bloccato la maggior parte delle persone coinvolte.
    Quello che non viene dichiarato dai media moralizzatori è il trasferimento di circa 1500 clandestini in centri di detenzione temporanea in Marocco, in attesa di essere rimandati ai loro paesi di origine, secondo un accordo del 2014.
    » La Spagna blocca e rispedisce al mittente i migranti

    PREGHIERA
    di Camillo Langone
    Don Giussani, io non ti chiamo Don Gius come fa Renato Farina nel suo ultimo libro su di te, appunto “Don Gius” (Piemme). Non ti ho conosciuto personalmente e comunque non sopporto i nomignoli, mi sembra svalorizzino le persone. Ti ho letto, questo sì, e ora sono felice di rileggerti nelle pagine di Farina. Vorrei ringraziarti per tante frasi, qui mi limito a una: “Gesù Cristo poteva guarire tutti i malati della Palestina e non li ha guariti”.
    Io sono presentemente molestato da una quantità di medici, scrittori, lettori, vescovi, semplici preti, presidenti ed ex presidenti di svariate istituzioni, tutte persone secondo le quali io, proprio io, dovrei salvare tutti gli africani che si gettano in mare davanti alla Sicilia. Non precisano come, i molestatori restano subdolamente nel vago, ma siccome nessun salvataggio è gratis e lo sanno perfino loro, credo pensino che debba farlo con i miei soldi, con le mie tasse, insomma con la mia vita. Costoro sono colpevoli di empietà: solo un empio può immaginare che io, proprio io, il niente che sono io, possa e debba fare qualcosa che nemmeno Gesù Cristo intese fare. Intuivo che fosse così: adesso, grazie a te, ne ho la certezza.
    PREGHIERA - 14 Febbraio 2015

    L’Università islamica no
    A Lecce è iniziata l'attività (abusiva) dell'ateneo in lingua araba, senza l'autorizzazione del ministero dell'Istruzione e con finanziamenti poco trasparenti provenienti da Qatar e Afghanistan. Se ci aggiungiamo il clima di proselitismo globale per la jihad...
    di Gianluca Veneziani
    Non se n’è accorto quasi nessuno, pensando fosse soltanto una boutade, e invece nel silenzio è riuscita a mettere piede proprio in Italia. Dallo scorso marzo è infatti diventata realtà l’Università islamica di Lecce, ma senza alcuna autorizzazione né da parte del Comune salentino per la concessione della sede, né da parte del ministero dell’Istruzione per l’istituzione dei corsi. E, di questi tempi, la notizia suona molto preoccupante, tanto più che mancano i crismi legali e istituzionali, che avrebbero garantito quantomeno controlli e supervisione sull’iniziativa.
    Ad annunciarlo è stato lo stesso fondatore dell’Ateneo islamico, Giampiero Khaled Paladini, imprenditore salentino convertitosi all’Islam, che nei giorni scorsi ha fatto sapere che «le prime lezioni sono iniziate e a giugno quindici studenti riceveranno i primi attestati»; per quanto riguarda la «sede provvisoria», si tratterebbe di un edificio in via Matteotti, 13, a due passi dalla Basilica di Santa Croce nel cuore di Lecce. In assenza di concessioni ufficiali, è a tutti gli effetti un’università abusiva, figlia soltanto di un atto costitutivo registrato a titolo privato in uno studio notarile della città.
    Ma non è questo il solo problema. Al momento infatti non c’è alcuna chiarezza sull’origine dei finanziamenti: Paladini ha reso noto soltanto che proverranno da fondazioni private di vari Paesi, tra cui il Qatar (finanziatore dichiarato di Hamas e unico Paese del Golfo che non partecipa alla coalizione anti-Isis) e l’Afghanistan. Pochissima trasparenza c’è poi sul tipo di lezioni che vi si stanno svolgendo: Paladini ha parlato di corsi in lingua araba che spazieranno da Agraria a Teologia, il che vuol dire tutto e niente, perché teoricamente vi si potrebbero tenere anche lezioni sulla sharìa o qualcosa di peggio. Sui destinatari dei corsi c’è qualche certezza in più: sono ragazzi italiani (al momento, sono 50 le richieste di iscrizione già pervenute), che seguono le lezioni «divisi anche in classi miste»: il che lascia dedurre che l’intenzione è quella di creare classi anche per sole donne e per soli uomini, come nella peggiore tradizione islamica.
    L’operazione ha destato le ire dell’associazione “Noi con Salvini” che ha già annunciato di voler fare un esposto alla Procura della Repubblica su questa vicenda, per capire «a quale titolo si iniziano delle lezioni in un’università che ancora non esiste, e di quale deroga speciale gode chi ha iniziato dei corsi senza nemmeno avere una sede» autorizzata. «Non ho paura delle mura», ci dice la Sbai, «ma di chi ci va dentro. Questi luoghi e questi corsi potrebbero diventare, se non adeguatamente sorvegliati, veicoli per il proselitismo e l’indottrinamento. E, in un clima in cui molti giovani europei si lasciano plagiare dalle sirene del fanatismo, non mi sembra affatto un buon segnale». A fronte del silenzio del Miur sulla questione, la Sbai fa anche un appello: «Credo sia doveroso che il ministero dell’Istruzione faccia sapere cosa pensa a riguardo e stabilisca un confine tra corsi che legittimamente si possono definire universitari e corsi che lo sono abusivamente».
    L?Università islamica no | L'intraprendente



    Damnatio memoriae per gli afrikaner
    Iniziata a Città del Capo una campagna per la rimozione dei simboli della minoranza bianca
    Cristina Di Giorgi
    La storia, soprattutto quando è fatta di drammi, tensione e scorrimento di sangue, spesso diventa occasione di continue divisioni. Soprattutto se – ed è una cosa che, in tali contesti, accade spessissimo – manca la volontà, politica e sociale, di accettare e rispettare intenti e convinzioni di controparti delle quali si vorrebbe addirittura annientare presenza e ricordo. Una sorta di “damnatio memoriae” insomma, che cancelli ogni traccia di gruppi e persone.
    E’ quanto sembra stia succedendo in Sudafrica ai danni della minoranza bianca. Secondo quanto riferito da Guido Bruno in un suo articolo su Il primato nazionale, a Città del capo alcuni studenti dell’Università hanno dato vita ad una campagna di rimozione storica che ha avuto inizio qualche settimana fa, quando “un ragazzo ha lanciato secchiate di escrementi contro la statua di Cecil Rhodes, celebre politico e imprenditore britannico che ha avuto un ruolo preminente nell’evoluzione dell’Africa coloniale”. Il gesto ha dato in seguito spunto alla richiesta di rimuovere la statua, che “rappresenta il passato coloniale e il dominio della razza bianca”. La protesta sembra si sia conclusa vittoriosamente per i richiedenti (il consiglio universitario si è espresso in loro favore) e al momento la statua è stata recintata ed oscurata, in attesa della rimozione.
    “Partendo da questo episodio – scrive ancora Bruno – l’African National Congress, tramite il suo gruppo giovanile, ha proposto la rimozione della statua dedicata a Paul Kruger, situata nella piazza principale della città di Tshwane”. Kruger, che è stato presidente della Repubblica del Transvaal alla fine dell’800, ha anche guidato i boeri (olandesi) nelle due guerre di indipendenza contro gli inglesi. Il sindaco della cittadina ha raccolto la proposta “per poi lanciare una petizione popolare a favore della rimozione della statua. Intanto il primo cittadino di Tshwane ha dichiarato di voler coinvolgere il ministro delle Arti e della Cultura per sviluppare un piano relativo alle questioni sui monumenti”, da articolarsi anche attraverso dibattiti pubblici. Lo scopo è quello di decidere il destino (e l’eventuale rimozione) di statue, edifici e monumenti rappresentanti il passato.
    E se, per quanto riguarda Rhodes (che ha espresso un colonialismo di stampo imperialista) l’opposizione al ricordo e alla celebrazione della sua figura risulta abbastanza comprensibile, lo è assai meno la contestazione riguardo alla memoria di un uomo come Kruger (“zio Paul”, come lo chiamavano gli afrikaner), che si è battuto per l’autodeterminazione del suo popolo contro chi lo voleva vincolato alla logica decisamente antilibertaria della politica britannica.
    L’idea principale del movimento che si sta in questi giorni sviluppando sembra comunque essere quella di attaccare la memoria storica della minoranza bianca, rimuovendo i simboli che ne rappresentano la storia. Un progetto decisamente contrastante con l’idea di una “nazione in cui tutti vivono in armonia e nel reciproco rispetto”, come una certa propaganda di parte continua a descrivere il Sud Africa. Un rispetto a quanto pare a senso unico, dato che “dopo le parole degli esponenti politici si è passati ai fatti: una statua di Paul Kruger a Rustenberg è stata imbrattata con frasi offensive, mentre a Uitenhage, nell’Eastern Cape, è stata incendiata una statua raffigurante un soldato afrikaner in memoria dei soldati che hanno combattuto nella guerra anglo-boera”. Nessun rispetto nemmeno per i morti dunque.
    Damnatio memoriae per gli afrikaner - giornaleditalia



















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    Predefinito Re: Rif: Le delizie della società multietnica

    I rom fanno debiti e i cittadini pagano
    I nomadi devono al Comune di Brescia oltre 50mila euro: tre consiglieri leghisti incalzano il sindaco del Pd
    Fabio Franchini
    Decine di migliaia di euro di debiti per un campo rom di Brescia. In via Borgosatollo vivono circa 150 persone, che a novembre 2014 hanno accumulato un debito di 52.810 euro. Un buco coperto, di rimbalzo, dai cittadini della Leonessa.
    È la secca denuncia di Paolo Formentini, segretario provinciale della Lega Nord, che insieme a due colleghi – Nicola Gallizioli e Massimo Tacconi – si appella al sindaco affinché tagli i servizi ai nomadi (tra cui la navetta scolastica), sta portando all’attenzione del primo cittadino un documento dettagliato sulle spese accumulate e non saldate dai rom.
    Ad amministrare la città è Emilio del Bono (Partito Democratico), messo ora alle strette dai numeri snocciolati in Loggia. Il rapporto stilato dai tre consiglieri sul buco economico del centro d’emergenza abitativa parla chiaro: si tratta di “risorse che sono state sottratte ai bresciani, specie agli anziani che sono i primi ad aver difficoltà a pagare le bollette”.
    Oltre alla morosità, nel mirino anche le presenze non autorizzate nell’accampamento in questione, ma anche in altri. La situazione è infatti critica anche in altre zone di Brescia: in via Orzinuovi si sta superando la soglia massima di ospitalità, così come nell’area Sinti del Parco Mella. Il comune, poi, ha 87.030 euro a carico anche per quanto riguarda il 2013. Un bilancio in rosso che il dem Del Bono, alla pari all’aut aut del Carroccio, non può far finta di non curarsene.
    I rom fanno debiti e i cittadini pagano - IlGiornale.it

    Far West a Milano: sparatoria tra rom di fronte a un asilo
    È una faida che dura da parecchi giorni. I rom si sono picchiati e poi hanno esploso colpi di arma da fuoco di fronte a un asilo nido
    Andrea Riva
    Lo scorso venerdì, via Cratese a Milano, sembrava il Far West. Come scrive MilanoToday, questa via si trova molto vicino al campo rom di via Negrotto dove "recentemente, le forze dell'ordine avevano anche trovato delle armi nascoste".
    Secondo quanto raccontato da un lettore di MilanoToday, "venerdì nel primo pomeriggio si sono fronteggiate almeno due famiglie con tanto di colpi di arma da fuoco, tanto che la vetrata al civico 10 della via è andata in frantumi. Il tutto nelle immediate vicinanze di un nido e di una scuola dell'infanzia, in via Brivio. La polizia è intervenuta denunciando otto persone e indagandone una. Secondo alcune testimonianze, si tratterebbe di una faida che prosegue da parecchi giorni".
    Far West a Milano: sparatoria tra rom di fronte a un asilo - IlGiornale.it

    Sparatoria al campo rom: i nomadi bloccano l'entrata e chiudono fuori la polizia
    Un consigliere di zona: "Al campo di via Idro non riesce ad entrare nemmeno la polizia, i rom hanno bloccato gli ingressi con una catena umana". Secondo episodio in due giorni
    Ivan Francese
    Venerdì la sparatoria di fronte a un asilo nei pressi del campo di via Negrotto. Meno di ventiquattr'ore dopo, un altro scontro a fuoco, questa volta all'interno del campo di via Idro, alla periferia nord-est del grande capoluogo lombardo.
    Protagonisti due distinti gruppi di rom, in azione in pieno giorno, dentro e fuori i campi che li ospitano. Incredibilmente, la polizia allertata dai residenti non è riuscita ad entrare nel campo per i necessari sopralluoghi dopo che i rom hanno formato una sorta di "catena umana" per impedire l'ingresso degli agenti.
    "Le forze dell'ordine hanno la certezza della presenza di un vero e proprio arsenale all'interno e nelle aree limitrofe del campo nomadi, ma manca la volontà politica di intervenire“, scrive su Facebook il consigliere di zona 2 per la Lega Nord Samuele Piscina.
    "L’identikit di chi oggi chi occupa il campo rom di via Idro - conclude il leghista - non è quello di una povera persona emarginata che ha bisogno di aiuto. Anzi, sono presenti veri e propri criminali, molti dei quali con obbligo di firma e arresti domiciliari all’interno delle villette abusive costruite nel campo stesso."
    Sparatoria al campo rom: i nomadi bloccano l'entrata e chiudono fuori la polizia - IlGiornale.it

    “Sovranità”, un altro pezzo di destra si schiera con partito leghista nazionalista
    di REDAZIONE
    “Demolire i campi Rom, ma con loro dentro oppure no?”: la domanda, che ha suscitato diversi applausi, e’ stata pronunciata oggi da uno degli intervenuti alla presentazione in Veneto della neonata associazione politico-culturale “Sovranita'”, vicina a Casa Pound, che si propone di sostenere l’azione politica di Matteo Salvini. Erano circa 300 le persone presenti all’iniziativa che ha lanciato la nuova sigla in Veneto, a Monastier. Fra gli aderenti figurano in larga misura esponenti di “Casa Pound’. “Non saremo un partito ‘liquido’, con più elettori che tesserati – hanno affermato i promotori – ma un soggetto strutturato in modo classico e presente fisicamente sui territori”. Fra i primi aderenti, oggi presente fra il pubblico, anche don Floriano Abrahamowicz, il sacerdote lefebvriano che acquisì notorietà in passato per le sue posizioni negazioniste rispetto all’olocausto e per aver celebrato, nell’autunno del 2013, una messa a suffragio di Erich Priebke.
    Il gruppo "Sovranità" vicina a Casa Pound con Salvini | L'Indipendenza Nuova

    Orrore in Pakistan: raga​zzino arso vivo perché cristiano
    Il sangue dei cristiani continua a scorrere. Il Pakistan si macchia di un nuovo, atroce delitto
    Sergio Rame
    Il sangue dei cristiani continua a scorrere. Il Pakistan si macchia di un nuovo, atroce delitto. Come riferisce l'Agenzia Fides, un ragazzino pakistano è stato bruciato vivo solo perché si era professato cristiano.
    Nauman Masih è stato dato alle fiamme da un gruppo di giovani musulmani. Avendo riportato gravi ustioni sul 55% del corpo, è morto oggi nell'ospedale di Lahore dopo una devastante agonia. Il 14enne era stato fermato e aggredito dopo aver dichiarato di essere cristiano. I giovani lo hanno cosparso di benzina. Secondo alcuni osservatori, il gesto può essere una vendetta dopo il linciaggio di due musulmani avvenuto a Youhanabad in seguito al brutale attentato alle due chiese del 15 marzo. "Questo episodio dimostra l’odio che circola nella società. Abbiamo bisogno di una grande opera di dialogo e di armonia tra credenti di religioni diverse - ha commentato padre James Channan, direttore domenicano del 'Peace Center' a Lahore - direi che oggi siamo nel periodo storico peggiore per la vita dei cristiani in Pakistan. Discriminazione, sofferenza, oppressione spesso diventano vera persecuzione. Oggi chiediamo al governo: dovèè la giustizia? Dove sono i colpevoli dei tanti episodi di violenza gratuita commessa sui cristiani?".
    Orrore in Pakistan: raga?zzino arso vivo perché cristiano - IlGiornale.it

    Roma, l'assessore Danese: "Potremmo usare i profughi come hostess al Giubileo"
    L'idea del Comune di Roma: "Sanno le lingue". Così toglieranno il lavoro ai giovani italiani e c'è il rischio di infiltrazioni
    Ignazio Stagno
    La proposta fa discutere tutta Roma. L'assessore alle politiche sociali della giunta Marino ha le idee chiare su come affrontare il Giubileo che partirà il prossimo anno: vuol dare un posto da "hostess" o "guide" per l'anno santo ai profughi di Roma.
    L'assessore Francesca Danese non usa mezzi termini: "Ci saranno dei richiedenti asilo che faranno un pò da hostess in città, visto che parlano tante lingue e quindi possiamo anche loro rendere partecipi del Giubileo, un evento straordianrio che accade a Roma". L'assessore Danese non è la prima volta che ha idee di questo tipo. Qualche settimana fa aveva proposto di impegare i rom nella raccolta differenziata. Adesso ha un'idea per i profughi e per il Giubileo: "Per il Giubileo stiamo facendo un sistema di accoglienza nuovo - ha sottolineato Danese - Stiamo sperimentando anche 'Adotta un pellegrino' e vi assicuro sono state molte le famiglie romane, anche grazie alla rete delle associazioni cattoliche, disposte a ospitare famiglie che per problemi economici non possono spostarsi". L'assessore ha poi spiegato: "Ci sono anche molte associazioni che accolgono e ci saranno anche dei richiedenti asilo che faranno un pò le hostess della città, risorse utili per un appuntamento come quello del Giubileo".
    Roma, l'assessore Danese: "Potremmo usare i profughi come hostess al Giubileo" - IlGiornale.it

    Emergenza profughi, Udine dice basta: "Ne abbiamo troppi"
    La prefettura del capoluogo friulano nega il nulla osta al trasferimento di altri immigrati come richiesto dal Viminale: in tutto il nordest la situazione dei centri di accoglienza è allo stremo da mesi
    Giovanni Masini
    Angelino Alfano chiama a raccolta sindaci e prefetti per fornire accoglienza ai profughi che sbarcano sulle nostre coste sull'onda dell'emergenza immigrazione ma in molte regioni, specie al nord, scoppia la rivolta.
    Non solo in seguito all'appello del segretario leghista Matteo Salvini, che ha invitato gli amministratori locali a non accogliere gli immigrati, come vorrebbero le anime candide della sinistra. Dietro al rifiuto di accogliere nuovi profughi non ci sono solo razzismo e intolleranza, ma anche situazioni logistiche spesso al limite, con i centri di accoglienza strapieni e gli immigrati costretti ad alloggiare in strutture improvvisate, spesso insicure ed inadeguate per la sicurezza di tutti, a partire dai loro stessi stessi ospiti.
    Una delle situazioni di maggior criticità è quella che si registra nelle regioni del nord-est, da mesi sotto pressione per il continuo arrivo di profughi, provenienti dal confine orientali o inviati dal Viminale. Oggi, di fronte all'ennesima richiesta proveniente da Roma, a Udine hanno detto di no. La prefettura del capoluogo friulano, racconta il Messaggero Veneto, ha negato il nulla osta al trasferimento di trenta nuovi profughi: l'area, infatti, ne ospita già ben 550.
    A Pordenone, sulla riva destra del Tagliamento, verranno accolti cinquanta profughi sbarcati in Sicilia, mentre altri trenta sono attesi a Trieste. A Gorizia, dove la situazione è al collasso ormai da mesi, di nuovi arrivi non vogliono nemmeno sentirne parlare. Così anche a Udine, dove la prefettura ha segnalato la mancata disponibilità a nuove accoglienze, anche considerata la delicatissima situazione del confine al Tarvisio, dove la polizia di frontiera è già in grave carenza di organico.
    Una situazione, quella del Friuli, particolarmente critica. Anche perché con l'approssimarsi di Expo, dalla Lombardia sono richiesti ulteriori rinforzi di polizia e un aiuto a sopportare il carico dei migranti. Che, inevitabilmente, verranno almeno in parte dirottati verso altre regioni.
    Emergenza profughi, Udine dice basta: "Ne abbiamo troppi" - IlGiornale.it

    Se un immigrato vale più di un operaio
    L'accoglienza degli immigrati costa circa 32 euro al giorno: 975 euro al mese. Una "paga" che vale quanto uno stipendio
    Mario Valenza
    Le ondate di sbarchi sulle nostre coste non conoscono fine. Migliaia di migranti partono dalle coste del nord Africa per restare poi in Italia.
    Ma quanto ci costa ospitare i profughi e i migranti a casa nostra? Il ministro Alfano ha allertato le prefetture per far posto a migliaia di migranti che stanno per arrivare in Italia. Per chi parte il soggiorno è un "affare". Chi si occupa dell'accoglienza riceve per ogni ospite un rimborso di 30 euro più Iva al giorno comprensivo di vitto, alloggio, gestione amministrativa dell’ospite, mediazione linguistica, assistenza per la richiesta di asilo, fornitura di abbigliamento, biancheria, prodotti per l’igiene personale. In più 2,50 euro in contanti da dare quotidianamente all’ospite. Il conto è presto fatto: 32,50 euro a persona. Circa 975 euro al mese.
    Il Viminale non ha mai chiarito la durata di questo trattamento assistenziale che potrebbe essere per un mese, per un anno. Magari sempre. Recentemente l’Eurostat ha pubblicato un dettagliato rapporto sul tema immigrazione. Secondo i dati dell'ufficio statistico europeo l’Italia, tra quelli maggiormente coinvolti nel problema immigrazione, è il Paese che respinge meno immigrati. Secondo l’Eurostat alla fine del 2013 l’Italia era al quarto posto in Europa per numero di richieste di asilo pendenti: 27.930. Il Paese europeo con più richieste pendenti era invece la Germania, con 125.705 seguita dalla Svezia con 54.270 e dalla Gran Bretagna con 29.875.
    L’Italia, nel 2013, ha respinto il 36% delle richieste di asilo che sono state presentate rispetto al 74% della Germania, l’83% della Francia, il 47% della Svezia, l’82% della Gran Bretagna e il 68% del Belgio. L’Italia, nel 64% dei casi, accoglie gli immigrati: nel 12% dei casi riconoscendogli lo status di rifugiato, nel 30% dei casi per motivi umanitari e nel 22% assicurando alla persona una "protezione sussidiaria". Insomma da noi le porte sono sempre aperte. E chi ha la fortuna di mettere piede in Italia avrà un reddito assicurato che va oltre quello di uno stagista o di un operaio.
    Se un immigrato vale più di un operaio - IlGiornale.it

    Non solo gli armeni, ecco gli altri massacri dei turchi
    di Marco Respinti
    In quell’ormai famoso, e per la Turchia famigerato, messaggio con cui domenica 12 aprile ha salutato i presenti prima della Messa celebrata in San Pietro per i fedeli di rito armeno, Papa Francesco con chiarezza cristallina ha affermato che la tragedia del «“[…] primo genocidio del XX secolo” ha colpito il vostro popolo armeno – prima nazione cristiana –, insieme ai siri cattolici e ortodossi, agli assiri, ai caldei e ai greci». Ma praticamente pochissimi ricordano o persino sanno che negli anni della mattanza turca ai danni degli armeni i turchi perpetrarono altri genocidi, veri e propri “genocidi dentro il genocidio” come bene ricorda il Pontefice.
    Il primo fu quello operato ai danni dei greci cristiani che vivevano in territori appartenuti all’impero ottomano, in specie quelli chiamati Greci del Ponto (l’antica regione a nord, sulle rive del Mar Nero) allorché, tra 1915-1916 e 1923, un numero enorme di persone, pare tra le 500mila e le 900mila, morirono prematuramente: per maltrattamenti, fame e malattie, oltre che per mano direttamente omicida, ma senza l’accanimento turco quelle calamità non si sarebbero verificate. Questo tanto per ricordare che non è affatto vero, come invece continua a sostenere la Turchia negazionista, che il massacro di armeni e di altre minoranze fu solo tragica, ma non voluta conseguenza della terribile Prima guerra mondiale (1914-1918).
    Identica sorte toccò anche ad altri greci, quelli stanziati nell’Anatolia occidentale, questi ultimi sterminati da ancora prima, a partire cioè dal 1914. Spesso i greci vittime del genocidio operato dai turchi che vivevano in queste regioni vengono comunemente indicati come “greci ottomani” e oggi i loro discendenti o quelli che comunque mantengono, nel Medioriente, un legame culturale e spirituale con essi si definiscono greci antiocheni: ovvero i membri della Chiesa greco-ortodossa di Antiochia e altri greci cattolici sparsi in Siria, Libano e nella provincia turca di Hatay, dove sorge l’antica città vecchia di Antiochia vale a dire la moderna Antakya. Nel 1994 Grecia, Cipro, Armenia, Svezia, Paesi Bassi, alcuni Stati dell’Unione nordamericana nonché il governo regionale del Nuovo Galles del Sud, in Australia, hanno ufficialmente riconosciuto come genocidio il massacro dei “greci ottomani”. Certo, la questione è controversa: ma per la Turchia, e per chi le dà man forte, anche il Metz Yeghérn è mera “propaganda vaticana”. Cosa però davvero rilevante, nel 2007 l’International Association of Genocide Scholars, fondata da studiosi ebrei ispirati da Raphael Lemkin (1900-1959), ha riconosciuto ufficialmente come genocidio sia quello armeno sia quello perpetrato ai danni delle minoranze cristiane abitanti su suolo ex ottomano, cioè greci e assiri. Sì, perché oltre a i greci toccò anche gli assiri, la popolazione che ancora oggi si esprime con una variante moderna dell’aramaico parlato da Gesù.
    Noto come Seyfo, che in lingua assira significa “olocausto”, fu commesso dai Giovani Turchi sempre tra 1915 e 1916, deportando, ma anche eliminando quanti più possibile appartenenti alla santa Chiesa cattolica e apostolica assira d’Oriente (questa la dizione ufficiale) di obbedienza nestoriana, alla Chiesa ortodossa siriaca autocefala e monofisita, alla Chiesa cattolica sira e alla Chiesa cattolica caldea entrambe in piena comunione con la Chiesa cattolica. Le cifre del massacro variano molto anche qui, tra 250mila e 750mila persone. Nel 2007 se n’è discusso per la prima volta al Parlamento europeo, ma si è ancora lontani da un pieno riconoscimento di quel che fu: ancora e sempre genocidio. Ogni polemica nominalista, del resto, è del tutto pretenziosa. È vero che il progetto nazionalista dei Giovani Turchi era del tutto laico, e che tra i nemici storici del nazional-laicismo turco vi è da sempre pure l’islam, giocoforza l’islamismo (che del resto ricambiano sentitamente). È vero che nel mirino dei Giovani Turchi vi erano tutte le popolazioni non turche, in genere indoeuropee. Ma è del tutto evidente che l’irriducibile identità culturale e spirituale delle popolazioni vittime di genocidio in quegli anni e in quell’area geografica è costituita dal cristianesimo.
    Gli armeni sarebbero ben poco distinguibili dalle altre popolazioni locali se non fossero intrinsecamente, profondamente e da sempre cristiani: come coscientemente sottolinea il Papa, la «prima nazione cristiana» poiché fu il primo regno al mondo, nel 301, ad fare del cristianesimo la religione di Stato. E i greci nemici storici sia dei turchi moderni sia dei musulmani ottomani lo sono e lo sono stati fondamentalmente anche se non esclusivamente in quanto cristiani nemici dell’islam prima e del laicismo sciovinista dopo. Non di meno assiri, siri e caldei, che ancora oggi pagano con il sangue, davanti alla bestialità dello Stato islamico, la propria integerrima fedeltà cristiana. Risultano un po’ ambigue, dunque, certe parole di Aram I, Catholicos della Grande Casa di Cilicia: se è vero che l’ideologia genocida dei Giovani Turchi non fu islamista, e che dunque è fuorviante descrivere il Metz Yeghérn come frutto del conflitto tra cristiani e islamici, è però ugualmente vero che i popoli allora sterminati, giacché ostacoli al progetto voluto dal nazional-laicismo turco, erano insopprimibilmente cristiani, e d’ingombro proprio per quello.
    Non solo gli armeni, ecco gli altri massacri dei turchi

    La Regina: 'Chi viene qui deve adeguarsi a usi e costumi danesi'Secco monito di Margherita II nei confronti degli stranieri che arrivano nel suo Paese
    La Regina: 'Chi viene qui deve adeguarsi a usi e costumi danesi'
    Gian Luigi Ferretti
    Per molti decenni i Paesi scandinavi hanno puntato il dito in tutti i consessi internazionali accusando di razzismo chiunque fosse sospettato di non essere più che “politically correct” nei confronti degli stranieri. Ma poi gli stranieri hanno cominciato ad arrivare anche a quelle latitudini e, poco a poco, è cambiato anche il sentire di quei popoli.
    Non è un caso che, alle ultime elezioni europee, il Dansk Folkeparti che porta avanti tesi simili a quelle di marine Le Pen, di Farange e di Salvini, sia risultato col 26,6% di gran lunga il primo partito (ha conseguito solo il 19,1% il secondo partito, il socialdemocratico attualmente al governo).
    E non è un caso se due giorni fa è arrivato un segnale molto significativo dalla Regina Margherita II di Danimarca, discendente della seconda più antica casa regnante del mondo dopo quella giapponese. Nel 1849 la monarchia divenne costituzionale e nel 1901 parlamentare. Nel 1984 fece scalpore il discorso di fine d’anno in cui la Regina chiese ai suoi sudditi di aprire le porte agli immigrati, di essere “orgogliosi che abbiano scelto proprio il nostro piccolo paradiso” e di smetterla di accoglierli “con freddezza” e “ con stupide prevenzioni”.
    Evidentemente ne è passata acqua sotto i ponti del “piccolo paradiso” se oggi la stessa Margherita II ha cambiato radicalmente opinione. Intervistata dal più autorevole quotidiano di Copenaghen, Berlingske Tidende, ha detto che chi viene in Danimarca deve adeguarsi agli usi e costumi danesi: “E’ chiaro che, quando una società accoglie molte persone da fuori, bisogna stabilire delle regole in modo che capiscano dove sono arrivati. Li accogliamo ma, una volta arrivati da noi, non possono pretendere di imporci i loro usi e costumi. Quando cominciano a fare cose che stridono con i valori danesi, devono capire che così non va”.
    Chissà se i buonisti nostrani, quelli che vorrebbero dare ospitalità a chiunque si presenti alle frontiere dell’Italia, un giorno avranno l’onestà intellettuale di ammettere di essersi sbagliati ed arriveranno alle conclusioni della Regina danese?
    La Regina: 'Chi viene qui deve adeguarsi a usi e costumi danesi' - giornaleditalia


    L’Ungheria va più a destra
    Jobbik verso il secondo posto
    Riccardo Celeghini
    Le elezioni suppletive tenutesi in Ungheria hanno avuto un risultato sorprendente. Nella tornata del 12 aprile, svoltasi a Tapolca, nell’Ovest del Paese, per assegnare un seggio rimasto vacante, non ha vinto il partito conservatore del premier Viktor Orban, Fidesz, ma una forza ancora più a destra, Jobbik, di chiara matrice xenofoba. Nella corsa al seggio, il candidato di Jobbik, Lajos Rig, ha ottenuto il 35% dei consensi, sconfiggendo il rivale di Fidesz di un punto percentuale e distaccando il candidato socialista, fermo al 27. Il nuovo deputato andrà ora ad ingrossare il gruppo parlamentare di Jobbik nell’assemblea nazionale ungherese, che già conta di 23 membri. Per quanto si tratti della prima volta che il partito di estrema destra conquista un seggio con il sistema maggioritario, la sua affermazione su scala nazionale non è un fulmine a ciel sereno, anzi.
    Nato nel 2003 e guidato, dal 2013, dal giovane leader Gabor Vona, Jobbik ha ottenuto il 20% dei consensi alle elezioni del 2014, affermandosi come terza forza nello scacchiere politico magiaro, dopo il partito del premier Orban, al 44%, e la sinistra guidata dal Partito Socialista. Negli ultimi anni, mentre l’attenzione dei media europei si è concentrata sulle tendenze autoritarie di Orban, che, al governo dal 2010, ha modificato la costituzione ungherese in senso conservatore e, secondo molti, illiberale, Jobbik è cresciuto come forza di opposizione, sfruttando una retorica nazionalista, anti-semita e anti-rom. Radicandosi tra i giovani tramite una strategia identitaria, a partire dall’inquadramento in formazioni paramilitari, poi sciolte dalla Corte metropolitana di Budapest, e adoperando aspri toni contro l’Unione europea, in grado di far leva su una popolazione duramente colpita dalle politiche di austerity, Jobbik ha continuato ad ottenere consensi. In un sondaggio reso pubblico da Ipsos nel marzo scorso, il partito di estrema destra risultava ampiamente il secondo d’Ungheria, con un sostegno del 28%.
    Dopo il recente successo elettorale, Jobbik si accredita come il vero rivale del premier Orban alle prossime elezioni, in programma nel 2018.
    In questo quadro, tutto collocato a destra, spicca l’evidente debolezza della sinistra e, in particolare, del Partito Socialista, che i sondaggi danno al 12%. Considerato il principale responsabile della crisi economica e delle misure di austerità adottate quando era al governo (2006-2010), il Partito ha poi subito diverse scissioni e, ad oggi, non sembra in grado di poter sfidare non solo Fidesz, ma anche lo stesso Jobbik. L’Ungheria, un Paese membro dell’Unione europea, è ormai scivolata in una deriva tra la destra e l’estrema destra, una deriva che non sembra avere una soluzione a breve.
    L?Ungheria va più a destra Jobbik verso il secondo posto | Avanti!



    Lombardia e Veneto dicono "no" ai posti letto per ospitare gli immigrati
    Il governatore Roberto Maroni si allinea a Salvini e Zaia: "Non subiremo un'invasione"
    "Non ci stiamo a subire quest'invasione, quindi zero posti in Lombardia finché continuerà questo atteggiamento irresponsabile da parte del governo". Lo ha detto il presidente della Regione Lombardia, Roberto Maroni, sull'emergenza immigrazione. "Sottoscrivo in pieno la posizione espressa da Luca Zaia, che ha detto che in Veneto ci sono 'zero posti'. Anche in Lombardia - ribadisce - ci sono zero posti".
    Lombardia e Veneto dicono "no" ai posti letto per ospitare gli immigrati - Tgcom24

    I roghi alle case per i rifugiati agitano la Germania
    L’ultimo nel paesino di Tröglitz, nell’est: ma è «un problema nazionale»
    Giovanni Zagni
    Nelle prime ore di sabato 4 aprile una o più persone sono entrate in un piccolo complesso residenziale nel paesino di Tröglitz, in Germania, e hanno appiccato un incendio. Le fiamme hanno mangiato gran parte del tetto. L’edificio era in ristrutturazione e avrebbe dovuto accogliere 40 rifugiati a partire da maggio.
    Nessuno degli autori è stato ancora identificato, ma nella cittadina – e sulla stampa tedesca – ci sono pochi dubbi sulla natura del gesto. È l’ultimo episodio in una serie di attacchi contro le strutture che ospitano i richiedenti asilo in tutta la Germania, in forte crescita negli ultimi mesi.
    L’ex sindaco Markus Nierth ha detto allo Spiegel che l’attacco farà molto male alla reputazione di Tröglitz e lo metterà «sullo stesso livello di Mölln e Hoyerwerda», due paesi in cui ci furono gravi episodi di violenza razzista nei primi anni Novanta. A Mölln, nel Land settentrionale dello Schleswig-Holstein, tre persone di origine turca rimasero uccise nel novembre 1992 quando estremisti di destra dettero fuoco alla loro casa.
    A Tröglitz, notano i media tedeschi, la situazione sociale è particolarmente difficile fin da quando, vent’anni fa, ha chiuso una vicina miniera che dava lavoro a 4.500 persone. Molti giovani se ne sono andati dal paese in cerca di opportunità di lavoro e parte dello scontento si è incanalato contro gli stranieri.
    «Tröglitz è dappertutto»
    Ma molti sottolineano che non si tratta di un caso isolato. In un’intervista con il quotidiano Die Welt, Reiner Haseloff, il primo ministro del Sassonia-Anhalt, ha denunciato con chiarezza che «il problema è nazionale». Ha sottolineato che i casi di attacchi a strutture destinate ai rifugiati e ai migranti sono in aumento e non riguardano solo il suo Land, in una dichiarazione che ha avuto molta eco sui media tedeschi: «Tröglitz è dappertutto».
    Negli ultimi mesi, infatti, ci sono stati diversi attacchi simili in altre parti della Germania. Il 7 marzo, nel Land meridionale del Baden-Württemberg, uno sconosciuto è entrato in una casa destinata all’accoglienza di richiedenti asilo e l’ha allagata causando decine di migliaia di euro di danni. Il 9 febbraio un altro incendio doloso ha danneggiato una bifamiliare a Escheburg, nel Land settentrionale dello Schleswig-Holstein, in cui si sarebbe dovuta trasferire il giorno successivo una famiglia di sei rifugiati.
    Pochi giorni dopo un uomo di 38 anni, un padre di famiglia che abita vicino alla casa e che non pare avere contatti con la destra estremista, ha confessato alla polizia di essere l’autore dell’attacco incendiario. Quando era stato annunciato l’arrivo dei rifugiati, l’uomo e una quindicina di altre persone che abitavano nelle immediate vicinanze avevano protestato con forza contro il trasferimento.
    A dicembre del 2014, tre edifici sono stati incendiati a Vorra, un paese della Baviera non lontano da Norimberga. Anche quelle strutture, un ex ristorante, un granaio e un’abitazione sfitta, stavano venendo ristrutturate per ospitare rifugiati, nel complesso una settantina. Sui muri sono state tracciate con lo spray delle svastiche e scritte xenofobe, il che fa sospettare il coinvolgimento di gruppi di estrema destra.
    A livello nazionale, il numero degli attacchi contro le strutture per i richiedenti asilo è passato da 24 nel 2012 a 150 nel 2014 – oltre sei volte di più – secondo i dati del governo tedesco.
    Ma oltre agli attacchi alle strutture ci sono stati altri episodi di intolleranza: ai primi di febbraio, ad esempio, un gruppo di estremisti si è riunito davanti a un luogo dove vivevano richiedenti asilo portando con sé delle torce e gridando slogan razzisti. A fine gennaio, a Wassenberg nel Nordrhein-Westfalen, tre immigrati nordafricani sono stati picchiati da un gruppo di sette persone e una delle vittime è finita all’ospedale.
    La politica
    Negli ultimi anni, la Germania ha accolto un numero crescente di migranti e richiedenti asilo in fuga dai conflitti mediorientali. Il governo tedesco stima che quest’anno arriveranno circa 250mila rifugiati, dopo gli oltre 450mila del 2014.
    L’emersione di associazioni e movimenti che si sono opposti agli arrivi è diventata un caso qualche mese fa con l’attenzione internazionale per Pegida, un gruppo che si dichiara «contro l’islamizzazione dell’Occidente» e che a fine 2014 ha cominciato ad organizzare manifestazioni in molte città tedesche. Pegida è nata e si è sviluppata a Dresda in Sassonia, un Land in cui la popolazione immigrata è tra le più basse di tutta la Germania (intorno al 2,5 per cento).
    Il partito Alternative für Deutschland (AfD) sta raccogliendo buoni risultati elettorali in diversi Land tedeschi – l’ultimo ad Amburgo, dove ha preso il 6,1 per cento – con slogan che spesso fanno leva sul populismo e l’idea di aiutare i migranti «a casa loro». Le analisi dei flussi di voto mostrano che erodono consensi alla Cdu di Angela Merkel, mettendo pressione “da destra” sul partito di governo (pressioni a cui dà spesso voce il partito alleato bavarese, la Csu).
    I roghi alle case per i rifugiati agitano la Germania | Linkiesta.it

    Meglio i barbari degli islamici che buttano a mare i cristiani
    di Camillo Langone
    Erano meglio i barbari. Come spiega lo storico Bryan Ward-Perkins, nel quinto secolo “gli invasori entrarono nell’impero per condividere il suo alto livello di vita, non per distruggerlo”. Perché i barbari non leggevano il Corano, fomentatore delle premeditazioni odierne. I maomettani che buttano a mare i cristiani sui barconi diretti in Sicilia sono l’avanguardia della guerra religiosa prossima ventura, l’annuncio dei pogrom in calendario. Chi continua a chiamarli romanticamente migranti, come fossero poetici carducciani uccelli, e i loro arrivi innocui andirivieni stagionali, si ritrovi in conto i morti di oggi e di domani.
    Meglio i barbari degli islamici che buttano a mare i cristiani


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    Predefinito Re: Le delizie della società multietnica

    Paura scabbia in tutta Italia: due casi anche all'asilo
    Segnalazioni in aumento: quattro casi a Monza, quattro tra i profughi a Milano e quattordici tra gli immigrati a Roma
    Chiara Sarra
    Torna in Italia la paura per la scabbia. Non sono solo i quattro casi sospetti tra i profughi arrivati a Milano due giorni fa a preoccupare. Da Nord a Sud, infatti, sono sempre più i casi segnalati dalle Asl.
    Almeno 4 le persone positive al parassita a Monza. A febbraio madre e figlia erano state trovate positive da un ospedale, al punto che la Asl ha docuto mettere sotto controllo per oltre quaranta giorni il complesso residenziale in cui vivono le due e ha dovuto informare tutte le classi della scuola elementare frequentata dalla bambina. La stessa scuola dove erano stati in visita con la scuola materna due bimbi di cinque anni, colpiti anche loro dalla malattia.
    A Roma sono invece quattordici i casi di scabbia accertati nel centro di accoglienza comunale di Villa Spada tra gli immigrati giunti ieri nella struttura da Salerno. I profughi sono stati visitati e poi dimessi con opportune terapie all’ospedale S. Andrea, ma la vicenda ha destato non poche preoccupazioni tra la polizia municipale: "I lavoratori hanno paura perché sono a rischio di contrarre malattie, dice Franco Cirulli, responsabile della Uil polizia locale di Roma, "Prima di arrivare nelle strutture andrebbe fatta una profilassi preventiva negli ospedali, come ad esempio al Celio per avere una anamnesi generale. Oggi si parla di casi di scabbia, ma domani potrebbe trattarsi di tubercolosi".
    Paura scabbia in tutta Italia: due casi anche all'asilo - IlGiornale.it

    Immigrati morti in mare, il Pd vuole il giorno del ricordo
    Il governo non risolve l'emergenza e il Pd pensa solo a istituire una giornata nelle scuole per ricordare le vittime dell'immigrazione
    Andrea Indini
    È un'emergenza continua, eppure la politica si preoccupa soltanto di istituire una giornata per ricordare i clandestini morti in mare. "Il progetto - ha spiegato il deputato piddì Luigi Famiglietti - è quella di istituire la ricorrenza nella data del 3 ottobre, in ricordo del 3 ottobre 2013, quando 366 migranti morirono in un naufragio al largo di Lampedusa".
    "Quanti morti ancora per colpa degli ipocriti? - tuona Matteo Salvini a Radio Padania - non so come facciano Renzi, Alfano e Bodrini a dormire sonni tranquilli con la strage continua di immigrati, non capiscono che più ne partono e più ne muoiono?".
    "Mi chiedo quanti milioni entrino nelle casse dei terroristi con gli sbarchi e quanti morti ci saranno ancora - ha aggiunto - se fossi al governo le navi italiane non farebbero i taxi ma pattuglierebbero le coste o starebbero in porto". Di fronte a questa emergenza Bruxelles e Palazzo Chigi non muovono un dito. Eppure nei giorni scorsi il Viminale ha detto di temere un'estate "calda". Tanto più che il 2015 ha già superato il 2014 in termini di arrivi.
    Difficilemente la tragedia di oggi servirà a far aprire gli occhi al governo italiano e all'Unione europea. Intanto, però, Montecitorio perde tempo a istituire una giornata della memoria per le vittime dell'immigrazione. "La giornata del ricordo - ha sottolineato il piddì Khalid Chaouki - deve servire a tenere viva la memoria per le future generazioni, a superare i temi spesso ideologici e strumentali che contraddistingue il dibattito su questo argomento, per affrontare le sfide poste da questi flussi dell'immigrazione". "Non si può più restare indifferenti - ha concluso il deputato dem - vorremmo che questa giornata diventasse un momento pedagogico, per fare in modo che in tutte le scuole italiane si possa riflettere su ciò che accadde quel giorno, e che succede ancora oggi". Su come fermare quest'invasione, però, non una sola parola.
    Immigrati morti in mare, il Pd vuole il giorno del ricordo - IlGiornale.it



    Lombardia, legge anti-moschee – il Tar dà torto ai musulmani: ricorso respinto
    Cronaca
    Il Tribunale amministrativo ha in pratica sgonfiato qualsiasi illusione alla Comunità islamica ticinese di avere una nuova moschea a Sesto Calende, in provincia di Varese, secondo quanto aveva sancito una precedenza sentenza, sempre della Giustizia amministrativa, nel novembre del 2013
    di Fabio Abati
    La legge regionale della Lombardia numero 2 del 2015, conosciuta come “anti-moschee”, inizia a fare il suo lavoro, ovvero mettere i bastoni tra le ruote alle associazioni islamiche della regione affinché alle stesse sia impedita la realizzazione di centri di preghiera. Proprio ieri il Tar della Lombardia ha in pratica sgonfiato qualsiasi illusione alla Comunità islamica ticinese di avere una nuova moschea a Sesto Calende, in provincia di Varese, secondo quanto aveva sancito una precedenza sentenza, sempre della Giustizia amministrativa, nel novembre del 2013. Intervenute però le nuove prescrizioni della Regione ora tutto è cambiato.
    Quello del 2013, per quei tempi, fu un pronunciamento storico. Esso stabilì che nessuno strumento urbanistico poteva contrapporsi al diritto di culto; per cui il Piano di governo del territorio di quella cittadina, che non prevedeva luoghi idonei alla realizzazione di una moschea, era da considerarsi nullo. Così allora aveva deciso il Tar. Fu la prima volta in Italia. Dopo di ché si accodarono altri pronunciamenti simili, come quello emesso da Brescia, che nella città della Loggia annullò il Pgt perché non prevedeva “luoghi di culto per non cattolici”. La legge regionale – impugnata dal governo e considerata incostituzionale “perché limita la libertà di culto” dal giurista Valerio Onida -sembra essere intervenuta proprio per dare una secca risposta negativa a questi ricorsi.
    Il Tar di Milano ha infatti rigettato la richiesta di ottemperanza alla sentenza del 2013 mossa dalla comunità islamica di Sesto Calende, che a questo punto pretendeva un terreno comunale per la realizzazione della propria moschea. “Ma l’Amministrazione intimata – come spiegano i giudici del Tar – ha tuttavia comunicato di dover dar corso alla sospensione del procedimento, in quanto nelle more è entrata in vigore la legge-regionale numero 2 del 2015 che ha previsto, ai fini della valutazione delle istanze quali quella di cui è causa, l’acquisizione obbligatoria del parere di una Consulta regionale non ancora costituita”.
    Quindi, prima di procedere oltre bisognerà attendere un nulla osta regionale e c’è la possibilità che possa essere negativo.
    Lombardia, legge anti-moschee - il Tar dà torto ai musulmani: ricorso respinto - Il Fatto Quotidiano

    Il Grande Riflettore decide per cosa farci piangere
    di Rino Cammilleri
    Accesa la tivù per il solito tiggì serale, il mega-tema era quello del giorno: quello, cioè, su cui si sono tuffati corpo morto tutti, diconsi tutti, i tiggì e i giornali, i vari media e i vari social; insomma, il Riflettore universale inquadrava il barcone capovolto e i morti in mare.
    Per giorni non si è parlato d’altro e perfino Obama, nell’altro emisfero, ha dovuto dire qualcosa. Contiamo i minuti e aspettiamo che succeda qualcos’altro, così che il Riflettore si sposti e, puntandosi altrove, spenga la nostra memoria a breve termine. Quei settecento o novecento annegati hanno avuto i loro minuti di silenzio e l’unanime cordoglio solo perché il Riflettore li ha puntati e tenuti inquadrati, sennò non se li sarebbe filati nessuno. Cinico dirlo? No, solo triste. Ma, sapete com’è: occhio non vede, cuore non duole. Ho letto non ricordo dove che una bambina yazida di nove anni è stata stuprata da ben dieci adulti dell’Isis, è rimasta incinta e può morire di parto data l’età; attualmente è mezzo catatonica, devastata nel corpo e nella mente. Ma è una notizia marginale, non so neanche se sia vera o falsa, difficile verificarne la fondatezza. A orecchio sembra plausibile, visto che il Califfato è uso vendere le schiave sessuali a prezzi inversamente proporzionali all’età della merce. Ma il Riflettore non l’ha mirata, perciò non esiste.
    E’ il Riflettore, infatti, a dirci per che cosa dobbiamo piangere e per quanto. Piangere? Sì, sì. In quel tiggì di cui dicevo, c’era una tizia che reggeva un microfono davanti alla bocca di un comandante di marina, che veniva dalla tizia interrogato sul Tema del Giorno (gli annegati africani: lo ricordo perché non so se, quando questo mio scritto vedrà la luce, il Tema sarà ancora il medesimo). Sentite le domande. Una: che cosa ha provato? Quello, poveretto, mica ha risposto: ma che razza di domanda è? secondo lei che cosa avrei dovuto provare? No, si è limitato a ricambiare la banalità sentimentale. Domanda due (riguardo ai sopravvissuti): che cosa ha letto nei loro occhi? E il tapino, imbarazzato, si è esibito nel luogocomunismo emotivo richiesto dalla circostanza. Così, ha dovuto fare lui la parte dell’emozionato, visto che il tono della tizia che faceva le domande era coinvolgente e partecipato quanto quello dell’impiegato postale a cui porgi il modulo.
    Ma è inutile cambiare canale o quotidiano, perché anche le parole sono uguali: «carrette del mare cariche di disperati». Tutti «disperati», anche se alcuni si rivelano essere scafisti, altri trafficanti, altri ancora assassini di cristiani per un sorso d’acqua. Altri ancora, infine, sopportano botte e umiliazioni finché sono in terra d’Africa, poi sfasciano i nostri centri d’accoglienza se quest’ultima non è di loro gradimento. Ma noi, che siamo «buoni», siamo tutti Charlie solo perché ce lo ordina il Riflettore, altrimenti piangeremmo per l’orsa trentina, mica per i «disperati» della sponda Sud. D’altronde, l’elenco dei luoghi in cui molta più gente viene massacrata per molto meno è lunghissimo, e non possiamo passare l’esistenza a piangere sulle sorti dell’umanità. Perciò esiste il Riflettore, al quale dobbiamo essere grati perché si è caricato del fardello di indicarci per chi o cosa dobbiamo di volta in volta piangere o fremere o sdegnarci. Ancora un paio di giorni di pianto sui migranti e poi il Riflettore nazionale punterà sul 70° della Liberazione, così che potremo riporre il fazzoletto (bianco e tirar fuori quello rosso).
    C’è da dire che un Riflettore di Regime è meglio, perché, almeno, chi lo manovra ha un criterio preciso. Così, è facile, come ai tempi dell’Urss, discernere il vero: basta guardare nella direzione opposta a quella indicata dal Regime. Ma noi, ahimè, abbiamo a che fare con un Riflettore manovrato da gente come la tizia del tiggì che faceva le domande, profonde come il bidet di casa sua, all’intervistato in divisa. Non prendetevela con lei, è una tizia-tipo, uguale a tanti altri. Se avesse avuto il tempo di intervistare uno scampato, è sicuro che gli avrebbe chiesto se perdonava lo scafista. E quello gli avrebbe risposto: non posso, sono musulmano.
    Il Grande Riflettore decide per cosa farci piangere

    SATIRA DA OPERETTA - FACCI: “IL CORAGGIOSO VAURO DISEGNA LA SANTANCHÉ COME ESCREMENTO GALLEGGIANTE MA HA PAURA DA VENDERE A SCHERZARE SUGLI ISLAMICI. LA LEZIONE DI CHARLIE HEBDO NON HA CAMBIATO UNA VIRGOLA”
    “Andy Luotto, anegli anni Ottanta, impersonava l’arabo macchiettistico a Quelli della Notte, fu pestato sotto casa. Poi ho ritrovato una puntata di Otto e mezzo che dibatteva del tema ‘Si può ridere dei musulmani?’. Già allora, la risposta era no. Nel 2006 Stefano Disegni disse: “Non si fa satira sui musulmani perché c’è pericolo’”…
    Filippo Facci per “Libero quotidiano”
    Dopo che il coraggioso vignettista Vauro ha disegnato Daniela Santanché come un escremento galleggiante (perché aveva proposto l’affondamento dei barconi degli scafisti - vuoti - prima che lo proponesse anche l’Unione Europea) ho letto l’intervista a Vittorio Feltri in cui diceva che non abbiamo abbastanza paura dell’islam.
    Vorrei rassicurarlo: la nostra satira di paura ne ha da vendere. La lezione di Charlie Hebdo non ha cambiato una virgola; oceani di retorica, come no: poi sono ancora lì al calduccio a fare vignette su Berlusconi e al limite su Renzi. Come mai? Perché nella satira nostrana compare al limite il siciliano mafieggiante, il sardo involuto, il calabrese omertoso, il milanese bauscia, e americani, francesi, crucchi e insomma tutti fuorché gli islamici d’Italia, i poligami della Bovisa? Ho fatto una ricerchina d’archivio.
    Mi è spuntato fuori che Andy Luotto, ancora negli anni Ottanta, quando impersonava l’arabo macchiettistico a Quelli della Notte, fu pestato sotto casa. Poi ho ritrovato una puntata di Otto e mezzo che dibatteva del tema «Si può ridere dei musulmani?».
    Già allora, la risposta era no. Maurizio Crozza diceva che preferiva sfottere il Papa o Bush «perché loro influenzano il nostro modo di vivere». I musulmani invece no, non lo influenzano. L’unico a dirla tutta era Stefano Disegni: «Non si fa satira sui musulmani perché c’è pericolo, e quindi satiri e comici e caratteristi ci pensano due volte». Era il 2006: non ci hanno ancora pensato abbastanza. Hanno ancora una fottuta paura.

    Gianni Morandi difende su Facebook i migranti e viene insultato dai fan
    Pioggia di critiche al cantante bolognese reo di aver paragonato gli immigrati africani ai migranti italiani dei primi del '900
    Francesco Curridori
    "A proposito di migranti ed emigranti, non dobbiamo mai dimenticare che migliaia e migliaia di italiani, nel secolo scorso, sono partiti dalla loro Patria verso l'America, la Germania, l'Australia, il Canada...con la speranza di trovare lavoro, un futuro migliore per i propri figli, visto che nel loro Paese non riuscivano ad ottenerlo. Non è passato poi così tanto tempo...". A scriverlo è Gianni Morandi su Facebook a corredo di una foto che aveva postato mettendo a confronto due navi: sopra quella degli italiani di inizio secolo e più in basso una carretta del mare dei nostri giorni piena di immigrati provenienti dall'Africa.
    Il seguitissimo Morandi, però, stavolta non riceve la sfilza di commenti positivi ma tra i suoi fan si scatena un acceso dibattito. C'è chi polemicamente gli risponde: "Sì, Gianni, però ricordati che ai nostri immigrati non davano alberghi sussidi case popolari telefoni ecc ecc" e chi entra più nello specifico della vita dei nostri emigranti: "Per entrare negli Stati Uniti dovevano avere un invito da qualcuno che garantisse per loro. Dovevano stare in quarantena ad Ellis Island e facevano i lavori peggiori. Leggetevi VITA di Melania Mazzucco ed avete una chiara idea di come era la situazione. E guai a infrangere le leggi". Altri, invece, gli pregano di non confondere le cose: "Anche nella mia famiglia ci sono stati dei migranti, ma quando sono arrivati sul posto, si sono dovuti adattare, hanno lavorato come muli per avere qualche cosa. Qui invece parliamo di persone che arrivano piene di pretese, che gli vengono forniti schede telefoniche, cellulari di ultima generazione, soldi, connessioni wi-fi. Senza contare gli alberghi con piscina dove sono ospitati e il cibo che buttano perché non è di loro gradimento. Come i nostri italiani? Non diciamo cazzate". Anche un figlio di un emigrato italiano rifiuta l'accostamento tra i due tipi di migrazione in una maniera non molto educata: "Ma vaffanculo con questa storia degli italiani. Mio padre ha lavorato all'estero ed era un migrante. Non è andato da clandestino, non gli hanno dato una lira, non lo hanno alloggiato da nessuna parte, lo hanno rinchiuso una settimana per fare tutti gli esami di idoneità fisica e sanitaria. Non mi pare sia la stessa cosa. Poi gli italiani sono andati in tutto il mondo che è tanto grande, invece gli africani vengono tutti in Italia che è tanto piccola!!!!!!!!!!".
    Gianni Morandi difende su Facebook i migranti e viene insultato dai fan - IlGiornale.it





    Immigrazione, Paolo Villaggio choc: "Hitler poteva aiutarli meglio, forse, eliminandoli"
    In un'intervista a La Zanzara, il comico genovese ha dichiarato di essere d'accordo con il leader del Carroccio, Matteo Salvini
    Federico Nicci
    "Via le navi da guerra, bisogna intervenire economicamente a favore di questi disgraziati che rischiano la vita. La soluzione è solo dare da mangiare a queste persone in Africa. Hitler poteva aiutarli meglio, forse, eliminandoli. Inutile esprimere inutile dolore come fanno Renzi, Mattarella e il Papa. Profondo dolore è quello che esprimono, ma non gliene frega un cazzo, scusate la parola. Possono rimanere scioccati da quelle morti, ma non è che provino profondo dolore, il profondo dolore è sempre molto inventato." Dopo il cantante Gianni Morandi, anche l'attore Paolo Villaggio ha voluto dire la sua sui recenti drammi dell'immigrazione.
    In un'intervista rilasciata a Giuseppe Cruciani e David Parenzo per il programma La Zanzara, il comico genovese ha dichiarato: "Ho una soluzione fondamentale, ucciderli - poi corregge il tiro - Mi sembra che la soluzione che tutti stiano cercando è impedire che questi disgraziati escano dalla Libia, impedire che vengano in Europa, tutto questo porta solo a farli annegare".
    E le soluzioni proposte da Villaggio somigliano tanto a quelle del leader del Carroccio. Infatti, è lui stesso ad ammetterlo: "Sì, purtroppo ha ragione Salvini".
    Immigrazione, Paolo Villaggio choc: "Hitler poteva aiutarli meglio, forse, eliminandoli" - IlGiornale.it



    Strage nel canale di Sicilia, la Santanchè: 'Affondiamo i barconi', è polemica
    Non ha avuto sicuramente peli sulla lingua Daniela Santanchè, nel commentare la strage avvenuta a circa sessanta miglia dalle coste libiche; la tragedia chiama in causa uno dei temi più caldi degli ultimi anni, ovvero quello dell'immigrazione. "Non vedo altra soluzione, occorre affondare i barconi. Preferisco un atto di guerra che perdere la guerra", ha affermato Daniela Santanchè. Le sue dichiarazioni sono state riportate dal quotidiano Il Messaggero. E naturalmente non sono mancate le polemiche sulle ultime parole della "Pitonessa"; gli utenti dei social network, come era prevedibile, si sono letteralmente scatenati. Secondo la Santanchè, inoltre, bisognerebbe creare dei centri di accoglienza per i migranti sulle coste africane, in modo da evitare le partenze. "Ecco cosa ha prodotto l'asse tra Renzi, Alfano e la Boldrini: l'Italia non è più grado di accogliere i migranti", ha concluso Daniela Santanchè. Sulla questione è intervenuto anche il leader della Lega Nord, Matteo Salvini, che ha affermato provocatoriamente: "Cosa è cambiato dopo Lampedusa? Niente".
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    "I migranti sono come scarafaggi": la gaffe della giornalista divide la Gran Bretagna
    Bufera per un editoriale del Sun: "Gli immigrati sono come scarafaggi, bisogna tenerli sotto tiro con i cannoni, farli sbarcare e bruciare le barche"
    Giovanni Masini
    Sono parole durissime, quelle pubblicate dal più popolare dei tabloid inglesi, il Sun. Parole che colpiscono come un pugno, quando definiscono i migranti come "scarafaggi", "virus", "bestie".
    La firma è quella di Katie Hopkins, popolare presentatrice che ha voluto affrontare così il tema dell'emergenza immigrazione in un editoriale che sarà stato letto da milioni di persone in tutto il mondo.
    "No, non me ne frega niente. Mostratemi le foto delle bare, i corpi che galleggiano in mare, suonate i violini e fate vedere gente denutrita con la faccia triste - scrive la Hopkins - Ancora non me fregherebbe nulla. Perché nel minuto successivo vedrei foto di giovani uomini aggressivi che si diffondono come un virus sulle navi di Calais, mentre provano a salire sui camion inglesi per entrare illegalmente nel Regno Unito. Provo pietà? Solo per gli autotrasportatori, che si beccano una multa ogni volta che la piaga di questi esseri umani bestiali finisce nel loro camion".
    "Non vi fate illusioni: gli immigrati sono come scarafaggi. Potrebbero sembrare un po' 'Bob Geldof in Etiopia, circa 1984', ma sono fatti per sopravvivere a una bomba nucleare. Sono dei sopravvissuti. (...) Dobbiamo fare come gli australiani: tiriamo fuori le navi militari, puntiamo i cannoni, li facciamo tornare a riva e poi bruciamo i barconi."
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    La strategia dell’Australia contro i profughi e le contraddizioni dell’UE
    Il primo ministro australiano, il conservatore Tony Abbott, ha invitato l’UE ad adottare la sua strategia anti immigrazione, molto restrittiva, per frenare sbarchi e ridurre i morti. Al momento le dieci proposte della Commissione che saranno discusse al Consiglio Europeo straordinario sono ricche di contraddizioni.
    La strage dei migranti costata la vita a circa 800 persone ha suscitato una significativa attenzione a livello mondiale. Il premier dell’Australia, il conservatore Tony Abbott, ha proposto agli Stati dell’Unione Europea di adottare le linee guida seguite dal suo governo per fermare gli sbarchi. Abbott ha rimarcato come l’unico modo per fermare le morti sia la fine del traffico di persone e il blocco delle imbarcazioni che trasportano i profughi. Il governo di Canberra si è detto disponibile a confrontarsi con l’UE per collaborare sulle nuove misure che vuole adottare per evitare le continue stragi nel Mediterraneo.
    A settembre del 2013, appena insediatosi dopo aver battuto i laburisti, il governo Abbott ha introdotto una missione chiamata “Operation Sovereign Borders” (Operazione confini sovrani), che ha rappresentato una stretta restrittiva sulle politiche dell’immigrazione. Da allora le navi della Marina militare australiana pattugliano le acque di confine con Indonesia, Papua-Guinea, per fermare tutte le imbarcazioni e rimandarle indietro. Se le navi dimostrano di non poter più solcare le acque, le persone a borde vengono caricate sulle imbarcazioni militari australiane, e rispedite all’estero. Il governo Abbott rimarca il successo della sua strategia, visto che da 18 mesi non ci sono più sbarchi, e il numero dei morti sarebbe scomparso secondo le statistiche ufficiali.
    La strategia dell?Australia contro i profughi e le contraddizioni dell?UE

    Luttwak: l’incremento di immigrati deriva dalle parole del Papa a Lampedusa
    Daniele Errera
    Edward Luttwak, economista-politologo-saggista romeno/statunitense, non nasconde la propria visione sugli sbarchi di clandestini e sulla politica immigratoria nostrana degli ultimi periodi. A dare un notevole input è stato niente di meno che Papa Francesco I, secondo Luttwak.
    Intervistato dal programma radiofonico La Zanzara, su Radio24, Luttwak ha affermato come “il Papa sia andato a Lampedusa e ha fatto un discorso ripetuto migliaia di volte in Africa. Era come un invito a venire, ‘venite fratelli vi accogliamo’. Loro hanno ascoltato il Papa e stanno venendo. E’ stata pura irresponsabilità”.
    In fondo, continua “siamo tutti nel nostro piccolo responsabili, però adesso basta. Ora i barconi devono essere fisicamente interdetti e questa è una cosa altamente fattibile. E’ molto triste vedere come le buone intenzioni portino a questi terribili risultati. Subito dopo la caduta di Gheddafi, quando sono arrivati i primi barconi, quei migranti erano chiamati ‘ragazzi’ anziché definirli ‘immigrati clandestini'”.
    Luttwak è netto, impietoso: “il migrante che vuole migliorare le condizioni di vita deve farlo in modo legale. In tutto il mondo è così. Aver accettato gli immigrati clandestini, non averli processati, né interrogati è stato l’inizio di tutta questa situazione, discorrendo sulle politiche immigratorie nostrane troppo permissive. Poi torna sulle sue stesse parole, datate 2013″.
    “Si devono colpire i barconi vuoti, che gli scafisti stanno preparando. E non solo: da mesi si sa che le autorità turche allegramente permettono che gente dal porto di Mersin si imbarchi per andare in Libia o direttamente in Italia. Forse l’idea del presidente turco Erdoğan è quella di islamizzare l’Europa con questo traffico, ma è completamente illegale. E’ assurdo che lo Stato turco pretenda di essere uno Stato civile organizzato e che addirittura pretenda di entrare nella UE” nonostante questa politica permissiva, conclude Luttwak.
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    Predefinito Re: Le delizie della società multietnica

    Le Gang di Baltimora si uniscono per cacciare la Polizia dalla città
    Di FunnyKing
    Hoolywood è profetica certe volte. Vi ricordate il film Cult-Trash “i guerrieri della notte“, capostipite di tutto un filone quasi-apocalittico in cui veniva teorizzata la perdita volontaria o involontaria di sovranità di pezzi di città da parte delle autorità americane.
    Ecco sta succedendo a Baltimora.
    Ma è peggio ed è reale. Le Gang nere di Baltimora si sono unite per cacciare la polizia dalla città americana.
    Faccio notare che negli Stati Uniti è in corso uno tsunami demografico per il quale in vaste zone la classe bianca dominante è diventata minoranza etnica.
    Baltimora è solo l’inizio di un processo che ha ragioni ben più profonde della presunta ingiustizia e brutalità della polizia. Si tratta di una lotta armata per il territorio.
    The riots following the funeral of 25-year-old Freddie Gray, a black man who died April 19 from injuries while held by police, have spawned an unlikely alliance between the city’s rivaling gangs.
    Baltimore police said in a statement that they received information that members of Baltimore gangs—including the Black Guerrilla Family, the Bloods and the Crips—were banding together to “take out” cops. Police warned that this was a “credible threat” to officers.
    Alleged members of these gangs, including arch-rivals the Bloods and the Crips, cropped up in photos on social media. Appearing side by side in a march, they said they had negotiated a truce in Gray’s honor, according to The Daily Beast….
    Le Gang di Baltimora si Uniscono Per Cacciare la Polizia dalla Città - Rischio Calcolato

    America nel caos
    Nel silenzio assordante dei media di regime, che non possono macchiare l’immagine degli Stati Uniti in ripresa, la realtà è che l’esplosione sociale ed etnica, già da noi preannunciata in altri nostri articoli, si fa sempre più grave.



    E dopo le rivolte di Ferguson, per la morte di un ragazzo nero che poi si sono diffuse a macchia d’olio in diverse città statunitensi, dopo i diversi episodi violenti contro la Casa Bianca e il Congresso, sabato 25 aprile è il Maryland e precisamente la città di Baltimora ad essere travolta dai manifestanti di colore che hanno letteralmente devastato la città, distrutto auto della polizia, auto private, saccheggiato e distrutto vetrine dei negozi e picchiato e intimidito bianchi. Direi non proprio la perfetta immagine di un paese in ripresa e crescita. Una crescita, che come ben sapete, riguarda soltanto gli utili di pochi miliardari e finanzieri e assolutamente non la maggioranza della popolazione.
    Ecco alcune foto che probabilmente non vi faranno vedere i tg, ma che è giusto mostrare per far capire la gravità di quello che da tempo sta succedendo nelle città americane e che recentemente ha riguardato e riguarda Baltimora:











    Le rivolte sono finite con diverse decine di arresti. Oggi è previsto il funerale di Freddy Gray, il ragazzo afroamericano ucciso dopo l’arresto e potrebbe essere un nuovo momento di tensione per Baltimora, dato che è prevista la partecipazione di migliaia di afroamericani. La situazione negli USA si fa sempre più grave e segue la tragica direzione che a nostro avviso porta alla guerra civile.
    A questa già grave situazione, si aggiunge la strana operazione chiamata Jade Helm, esercitazioni militari sul suolo degli Stati Uniti, che partirà dal 15 luglio e finirà il 15 settembre. I militari dovranno mischiarsi tra la popolazione e individuare sacche ostili al governo federale, interrogare la popolazione ed eventualmente deportare attivisti politici nemici in campi di concentramento temporanei dove saranno “rieducati”.
    Nella mappa di sotto, sono individuati gli stati che nell’esercitazione saranno considerati ostili, e già possiamo notare il Texas e il sud della California, scenario abbastanza realistico considerando le forti velleità secessionistiche texane e la forte concentrazione ispanica in California.



    Noi possiamo spingerci a fare delle supposizioni sul reale scopo di questa esercitazione e abbiamo tre ipotesi:
    1) Preparare psicologicamente la popolazione a futuri scenari di guerra civile abituandoli alla presenza di uomini armati e mezzi militari. Oltre a preparare i militari stessi ad operazioni urbane.
    2) Abolizione o sospensione del diritto di possedere armi e conseguente sequestro delle stesse. Questa possibilità, già in passato ha provocato una miriade di reazioni contrarie ed è possibile che il governo invii i militari per le strade con la scusa di un’esercitazione per poi sostenere il decreto con la forza.
    3) Quest’operazione può essere l’inizio di una legge marziale non ufficiale, in previsione dei sempre continui scontri e della possibilità di un probabile crollo di Wall Street e/o del dollaro che porti effettivamente gli USA nell’anarchia.
    Sta di fatto che a nostro avviso, la seconda metà del 2015 sarà una stagione calda dal punto di vista economico e politico-sociale, dove in tutto il mondo diversi importanti nodi stanno venendo al pettine. Gli Stati Uniti, dopo aver sostenuto la più grande bolla di tutti i tempi, ora rischiano di essere travolti dal suo scoppio. Se già ora, ogni settimana, una città americana è travolta da proteste e scontri, quando la bolla scoppierà la situazione sarà così grave che l’operazione Jade Helm da esercitazione diventerà realtà.
    Del resto basta riflettere, la Russia o la NATO compiono esercitazioni militari sui loro rispettivi confini, in previsione di un possibile conflitto, se gli USA hanno sentito il bisogno di un’operazione militare sul loro territorio, vuol dire che l’intelligence e il governo sanno effettivamente qual è la situazione e si preparano al peggio.
    America nel caos | HESCATON



    Allarme scabbia a Milano: 4 caso sospetti tra i profughi in stazione
    Quattro casi di scabbia sono stati rilevati dagli operatori sanitari questa mattina tra i profughi in Stazione Centrale
    Mario Valenza
    Allarme scabbia a Milano alla viglia di Expo. "Quattro sospetti casi di scabbia sono stati rilevati dagli operatori sanitari questa mattina tra i profughi in attesa di essere trasferiti dalla Stazione Centrale al Centro di via Corelli.
    Le quattro persone sono state portate dalle ambulanze del 118 all’ospedale Niguarda e al San Paolo per gli accertamenti ed eventuali cure. Chiediamo nuovamente a Regione Lombardia di istituire un presidio permanente nei luoghi dove spontaneamente i profughi arrivano al fine di tutelare la loro salute e quella dei cittadini milanesi. Lo chiediamo da più di un anno, ha affermato l’assessore alle Politiche sociali e Cultura della Salute, Pierfrancesco Majorino. L'allarme lanciato dal comune non è certo una bella cartolina di benvenuto per i turisti che invaderanno la città in vista dell'esposizione universale.
    Così Matteo Salvini ha attaccato il governo che a suo dire non ha soluzioni efficaci per l'emergenza immigrazione: "Oggi quel fenomeno di Renzi si è accorto che sui barconi non ci sono solo persone per bene. Ma va? Quando lo dicevamo noi eravamo sciacalli, razzisti, leghisti. Oggi intanto sono sbarcate altre 1.000 persone, mentre a Milano c’è l’allarme scabbia a una settimana dall’Expo" e "decine di profughi dormono in stazione centrale. Non so se Renzi e Boldrini si rendono conto della figura di merda planetaria che stiamo rischiando".
    Allarme scabbia a Milano: 4 caso sospetti tra i profughi in stazione - IlGiornale.it

    Moschee, primo stop di legge. La Regione: "Tocca a Milano"
    Il Tar respinge il ricorso di una comunità islamica applicando le nuove norme. E per il Pirellone è la conferma che sono già vigenti e non negano alcun diritto
    Alberto Giannoni
    Punto primo: «La legge c'è e va rispettata».
    Secondo: la legge si applica anche ai procedimenti precedenti ma non ancora chiusi.
    Terzo: la legge regionale regola i procedimenti, non la sostanza dei diritti. Con questa triplice lettura, al Pirellone considerano «una bomba» la sentenza del Tar. Una bomba che condizionerà anche la partita della moschea milanese, appunto aperta (a giorni si riunisce la commissione che deve esaminare i progetti).
    Veniamo al Tar: la sentenza 943 del 16 aprile - lo riferisce così la Regione - è intervenuta giudicando inammissibili le richieste dell'Associazione Comunità Islamica Ticinese, che nel 2013 aveva fatto impugnare il Piano di governo del territorio comunale di Sesto Calende. Il caso è complesso e il provvedimento del giudice amministrativo in larga parte è dedicato a risolvere il problema della scansione temporale fra la vertenza e le norme sopraggiunte. Il risultato è ben leggibile nel dispositivo redatto dalla seconda sezione: «Si deve pertanto ritenere che la legge regionale n. 2 del 2015 sia applicabile alla fattispecie in esame». Non si può dire che la Regione non avesse avvertito: la legge numero 2 del 2015, approvata a gennaio per regolare l'apertura di nuovi di culto in Lombardia è vigente e produce effetti - questo il messaggio che era stato indirizzato a tutti nel momento in cui il governo ha annunciato l'impugnazione della legge regionale davanti alla Consulta. E ora arriva conferma dal Tar, in quella che è la prima applicazione della legge passata alle cronache col nome di «anti-moschee» (per il dichiarato intento dei promotori di incrementare i controlli sui centri islamici).
    I giudici, come detto, hanno deciso sul caso di Sesto Calende (Varese) ma il portato della vicenda porta dritto a Milano, dove un bando prevede la realizzazione di tre nuovi luoghi di culto, a Lampugnano, in via Esterle e in via Marignano. «Appena approvata la legge - ricorda l'assessore Viviana Beccalossi - avevo scritto a tutti i sindaci della Lombardia per ricordare che le norme vanno applicate, essendo nate proprio per porre fine alla confusione e alle libere interpretazioni dei singoli Comuni in tema di autorizzazioni per la costruzione di nuovi edifici di culto, impedendo confusione e interpretazioni in senso diametralmente opposto». «La sentenza, prima nel suo genere - aggiunge Beccalossi - va letta e diffusa in tutta la Lombardia, Comune di Milano compreso».
    Moschee, primo stop di legge. La Regione: "Tocca a Milano" - IlGiornale.it

    Scuola: in Francia la riforma è un attacco all’Occidente
    Se non fosse tutto vero, vi sarebbe di che dubitarne. Si potrebbe pensare ad uno scherzo di pessimo gusto oppure si potrebbe immaginare d’aver capito male. Invece no, è proprio così. La Francia rinuncia a sé stessa: alle proprie radici, alla propria storia, alla propria cultura, alla propria arte, alla propria fede, al proprio passato, al proprio presente ed, ancor più, al proprio avvenire. Lo fa con la riforma della scuola secondaria e con l’introduzione dei «nuovi programmi associati». Che han già dato luogo, prevedibilmente, a vibrate proteste.
    Perché? Perché quella che si vuole annullare è, semplicemente, l’identità di un popolo, di una Nazione, di una Patria. Con l’avallo del ministro per la Pubblica Istruzione, Najat Vallaud-Belkacem. Quali le novità? Innanzi tutto, l’eliminazione – peraltro da tempo “programmata” – del greco e del latino ovvero delle nostre origini, a vantaggio di una seconda lingua contemporanea dopo la classe quinta. Poi la mortificazione della grammatica, di fatto già massacrata in aula e fuori dall’aula, inibendo la capacità di costruzione logica e di analisi del discorso, quindi penalizzando la facoltà comunicativa in una società come l’attuale, in cui capire e farsi capire appare viceversa quanto mai essenziale.
    Ma il peggio deve ancora venire: la riforma prevede l’insegnamento obbligatorio della storia dell’islam o della tratta degli schiavi, rendendo facoltativo invece l’insegnamento dell’Illuminismo o del ruolo giocato dal Cattolicesimo nella storia dell’Occidente, dando un colpo al cerchio ed uno alla botte, così da zittire tutti ridimensionando gli opposti. Inoltre, l’attenzione verrà d’ora in poi meno rivolta ai contenuti e più alle materie pratiche interdisciplinari. L’importante è che gli studenti sappiano “fare” qualcosa, quanto al “ragionare”, evidentemente, meno vi si cimentano e meglio è.
    Ovviamente sconcertate le famiglie ed il mondo docente. Secondo l’associazione Sos Educazione, «l’orizzonte educativo repubblicano sembra ormai riassumersi in un livellamento verso il basso e nella promozione di un pedagogismo ideologico e starnazzante». Quanto di tale modello si vorrà “importare” anche negli altri Paesi europei, Italia compresa? Attendiamo lumi. Purché non siano quelli giacobini.
    Scuola: in Francia la riforma è un attacco all?Occidente | Riscossa Cristiana

    Si chiama “tenuità” il richiamino per i delinquenti stranieri
    Sapete perché in Italia ci sono tanti delinquenti stranieri? E non parlo soltanto dell’aliquota fisiologica di singoli criminali, che emigrano in cerca di un territorio più ricco da aggredire, ma anche di tutte le “organizzazioni” (alcune delle quali altamente specializzate) che hanno deciso di stabilirsi qui da noi: dalle tante “mafie di colore”, ai trafficanti di ogni genere (armi, droga, organi espiantati), agli schiavisti che rapiscono le ragazze nei loro paesi e le costringono a prostituirsi in Italia, giù giù fino alle bande specializzate in furti nelle abitazioni o in altri crimini “minori”. Sapete – dicevo – perché in Italia ce ne sono così tanti? Semplice: perché se, per un reato X nel loro paese rischiano una pena salatissima da scontare in un carcere-lager fino all’ultimo giorno, per lo stesso reato in Italia rischiano soltanto qualche mese di reclusione confortevole (almeno per i loro standard), mantenuti a spese dello Stato italiano con un costo per singolo detenuto di circa 6.000 euro al mese (pari a 200 euro al giorno).
    Ci sono paesi dell’est europeo che hanno risolto buona parte dei loro problemi di ordine pubblico semplicemente favorendo la “migrazione” dei delinquenti locali verso l’Italia. E ci sono paesi africani che, in questo modo, hanno addirittura limitato il problema del sovraffollamento delle carceri; magari favorendo una serie di “fughe”. Tanto, in Italia prendiamo tutto, e non stiamo tanto a sottilizzare: anche i serial killer, anche i criminali più violenti e pericolosi, purché abbiano l’accortezza di farsi passare per “rifugiati”.
    I risultati di questa politica sono sotto gli occhi di tutti, e non perdo tempo a citare dati e numeri. M’interessa soltanto fissare un concetto, e cioè che la criminalità estera predilige l’Italia per due motivi: quel poco di benessere sopravvissuto all’euro e, soprattutto, l’esiguità delle pene previste dalle nostre leggi.
    Ma non è tutto. L’Unione Europea ci ha dato un anno di tempo per ridurre l’affollamento (scandaloso) delle nostre carceri. Come ovviare? Uno Stato civile e sovrano avrebbe costruito nuove carceri e rimpolpato gli scarsi organici della polizia penitenziaria. Noi, invece, continuiamo ad abbandonare i vecchi istituti di pena quando cadono a pezzi (vedi “Striscia la notizia”) e non sostituiamo le guardie carcerarie che vanno in pensione. D’altro canto, l’Unione Europea e le “riforme”, che hanno trasferito il potere degli Stati di battere moneta alle “banche centrali”, non ci consentono di fare altrimenti. Anche nel campo penitenziario, dunque, come in tutti gli altri settori della vita pubblica, se gli Stati vogliono realizzare qualche cosa di utile devono farsi prestare i soldi dal sistema finanziario; beninteso, dietro pagamento di adeguati interessi.
    Non potendo quindi appesantire la “spesa pubblica” e non potendo nemmeno ricorrere alla solita amnistia (che probabilmente non avrebbe i numeri per passare in parlamento), che cosa va ad inventarsi quella volpe del nostro Presidente del Consiglio? Una sorta di amnistia preventiva, travestita da piccola norma di ordinaria amministrazione, da far passare in silenzio e senza clamori, fidando nella complice acquiescenza degli organi d’informazione. Si potrebbe definire “amnistia non-amnistia” quella celata nel Decreto Legislativo n. 28 del 16 marzo 2015 (pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 18 marzo), il cui oggetto è velato dal solito linguaggio da addetti ai lavori: dare attuazione all’articolo 1, comma 1, lettera M, della Legge 28 aprile 2014 n. 67, contenente deleghe al Governo in materia di pene detentive non carcerarie e di riforma del sistema sanzionatorio. Vogliamo tralasciare un po’ il politichese e vedere cosa, in concreto, preveda questo Decreto Legislativo? Semplice: che, determinati reati non saranno più puniti con la carcerazione. Unica condizione: che tali reati siano caratterizzati da “tenuità”, che non siano – cioè – contrassegnati da specifiche aggravanti (comportamenti abituali, motivi futili o abietti, eccetera).
    Poco male, penserà qualcuno. Si tratterà certamente di piccole infrazioni, di quelle che sarebbe sufficiente punire con una multa e con un “non farlo più”. E invece no, non è proprio così. I reati suscettibili di “tenuità” sono – incredibile a dirsi – quelli che prevedono una condanna fino a 5 anni di carcere. Mi sono preso la briga di consultare un sito specializzato – il quotidiano informatico “LeggiOggi.it” – e ne ho contati ben 113. Si va, in ordine alfabetico, dall’Abbandono di persone minori o incapaci (art.591 c.p.) alla Violenza o minaccia per costringere taluno a commettere un reato (art.611 c.p.). In mezzo c’è di tutto. Dall’Adulterazione di cose in danno della pubblica salute (art.441) all’Appropriazione indebita (art.646), dall’Attentato alla sicurezza dei trasporti (art.432) al Combattimento tra animali (art.544), dal Commercio di medicinali guasti (art.443) alla Corruzione di minorenne (art.609), dalla Frode in emigrazione (art.645) al Furto (art.624), dall’Invasione di terreni o edifici (art.633) all’Omicidio colposo (art.589), allo Stalking (art.612), alla Truffa (art.640), al Vilipendio di cadavere (art.410), alla Violazione di domicilio (art.614), a tante altre fattispecie che vi risparmio. C’è di che far felici i delinquenti di tutte le latitudini, i quali – ci scommetto – da questo momento (il Decreto Legislativo è già operante, avendo il Parlamento dato una delega a scatola chiusa) avranno un altro buon motivo per scegliere l’Italia come meta privilegiata delle loro escursioni; a parte coloro – beninteso – che hanno già ottenuto regolare permesso di soggiorno nel Belpaese.
    Evviva le riforme.
    Si chiama ?tenuità? il richiamino per i delinquenti stranieri - EreticaMente

    IL GOVERNO UNGHERESE MANDA UN QUESTIONARIO SULL'IMMIGRAZIONE A CASA DEI CITTADINI PER SAPERE CHE NE PENSANO (DEMOCRAZIA)
    LONDRA - Uno degli aspetti piu' rivoltati dell'immigrazione e' il fatto che nessun governo in Italia abbia mai chiesto ai cittadini se vogliono essere invasi da stranieri, e questo la dice lunga sulla mancanza di democrazia nel nostro paese.
    Per tale motivo e' da lodare l'iniziativa del primo ministro ungherese Viktor Orban il quale vuole inviare un questionario a 8 milioni di cittadini ungheresi che chiedere loro se vogliono essere invasi da immigrati. Se preferite, "accoglierli in massa".
    Le domande del questionario sono dodici e a risposta multipla ("sono pienamente d'accordo", "sono tendenzialmente d'accordo", "non sono d'accordo" o, a seconda della richiesta: "Sì, darei pieno sostegno al Governo", "Darei parziale sostegno al Governo", "Non darei il mio supporto al Governo").
    Ecco il testo del "questionario sull'immigrazione"
    1) Sentiamo diverse opinioni su crescenti livelli di terrorismo. Quanto ritiene rilevante sulla sua vita la diffusione del terrorismo (l’attentato in Francia, gli atti dell’ISIS)?
    2) Pensa che l’Ungheria potrebbe rientrare nel target per un atto di terrore nei prossimi anni?
    3) E’ opinione diffusa che la politica di Bruxelles in materia di immigrazione e terrorismo abbia fallito e che quindi ci sia il bisogno di un nuovo approccio su queste questioni. Si trova d’accordo?
    4) Alcuni sostengono che la diffusione del terrorismo sia legata alle cattiva gestione da parte di Bruxelles della questione immigrazione. Si trova d'accordo con questa opinione?
    5) Darebbe sostegno al governo ungherese sull’introduzione di regole più severe, in base alle quali i migranti che attraversano illegalmente i confini ungheresi dovrebbero essere messi sotto custodia?
    6) E’ d’accordo sull’opinione che i migranti che attraversano illegalmente i confini ungheresi dovrebbero ritornare nei loro Paesi nel minor tempo possibile?
    7) E’ d’accordo con il concetto che i migranti dovrebbero coprire di propria tasca i costi legati alla loro permanenza in Ungheria?
    8) Ritiene che lo scopo del combattere l’immigrazione per gli stati membri dell’Unione Europea sia assistere lo sviluppo degli stati di origine di chi emigra?
    9) E' al corrente che i migranti economici stanno attraversando il confine ungherese illegalmente, e che il numero di immigrati in Ungheria è aumentato di circa venti volte?
    10) Sulla questione dell'immigrazione le opinioni sono molteplici. Alcuni dicono che gli immigrati portano ad un calo di i posti di lavoro per i cittadini del luogo e minano i mezzi di sussistenza di ungheresi. E' d'accordo con questo parere?
    11) Intende sostenere il governo ungherese nell'introduzione di norme più severe in materia di immigrazione, nonostante la clemenza predominante a Bruxelles?
    12) Si trova d'accordo con il governo ungherese sul fatto che invece di immigrazione abbiamo bisogno di sostenere le famiglie ungheresi e i figli che possono avere?
    Queste, tradotte alla lettera, le domande. Ma non è fimita qui. Il sondaggio sarà accompagnato da una lettera ufficiale il cui testo e' riportato qui sotto:
    "Caro cittadino ungherese,
    nel 2010 noi ungheresi abbiamo deciso di discutere tutte le questioni importanti prima di prendere le decisioni. Per questo motivo abbiamo lanciato “consultazioni nazionali” che hanno incluso la nuova Costituzione dell’Ungheria, la sicurezza, la previdenza sociale e il miglioramento della condizione dei pensionati. E per questo motivo stiamo per attuare un’altra consultazione nazionale, stavolta sulla questione dell’immigrazione.
    Sono sicuro che ricordiate come all’inizio dell’anno l’Europa sia stata scossa da un atto di terrore senza precedenti. A Parigi la vita di persone innocenti è stata interrotta a sangue freddo, con una brutalità terrificante. Siamo tutti scioccati da quanto è accaduto. Allo stesso tempo un tale incomprensibile atto di orrore dimostra che Bruxelles e l’Unione Europea sono incapaci di trattare in modo adeguato la questione dell’immigrazione. I migranti attraverso in modo illegale i nostri confini e mentre si presentano come richiedenti asilo, giungono in realtà per usufruire del nostro sistema di welfare e per le opportunità di lavoro che i nostri Paesi hanno da offrire. Solo negli ultimi in Ungheria il numero degli immigrati è aumentato di circa “20 volte”. Si tratta di un nuovo genere di minaccia - una minaccia che dobbiamo fermare.
    Avendo Bruxelles fallito nel gestire in modo appropriato l’immigrazione, l’Ungheria deve seguire la sua propria strada. Non dovremmo permettere agli immigrati di compromettere i posti di lavoro e la vivibilità degli ungheresi. Dobbiamo pensare a prendere una decisione su come l’Ungheria debba difendersi dagli immigranti clandestini. Dobbiamo prendere una decisione su come limitare la rapida crescita dell’immigrazione.
    Vi preghiamo di prendere contatto con noi e di darci la vostra risposta alle domande che vi poniamo. Gentilmente completate e mandate indietro il questionario. Conto sulla vostra opinione.
    Cordialmente,
    Viktor Orbán".
    Sara' interessante vedere come risponderanno i cittadini ungheresi ma per ora non possiamo che apprezzare il fatto che il premier ungherese abbia deciso di consultare i cittadini. Ovviamente nessuno in Italia ha riportato questa notizia perche' darebbe parecchio fastidio ai vari Renzi e Boldrini nonche' alle tante cooperative che si stanno arricchendo con questi sbarchi.
    Noi non ci stiamo e per tale motivo abbiamo deciso di riportare questa notizia scomoda.
    IL GOVERNO UNGHERESE MANDA UN QUESTIONARIO SULL'IMMIGRAZIONE A CASA DEI CITTADINI PER SAPERE CHE NE PENSANO (DEMOCRAZIA) - I fatti e le opinioni del Nord - ilnord.it



    Dal Catechismo imboscato della Chiesa Cattolica: “C’è un limite agli immigrati”
    GIULIO ARRIGHINI
    Non temo di essere smentito dalla Cei, dalla Fondazione Migrantes, dalla Caritas, dalle cooperative che incassano 35 euro al giorno per fare solidiarietà, se dico che non solo entrare da clandestini in Vaticano è reato, ma quel che più mi interessa è ribadire che la stessa Chiesa Cattolica ribadisce come l’accoglienza degli stranieri non possa essere cieca, sorda, senza limiti di sorta.
    L’altro giorno una comune amica sfogliava e rilanciava dal web, perché è lì che ormai si formano le coscienze, un brano tratto dal vangelo pratico quotidiano dei credenti, il catechismo. E quello cattolico, ultimissima versione, già di per sè molto interessante nel fissare i diritti della legittima difesa più che un giudice di un tribunale italiano, fissa con altrattanta chiarezza che vi devono essere dei contingentamenti. Insomma, un numero chiuso oltre il quale non è carità andare.
    Leggiamo.
    Art.2241 – Le nazioni più ricche sono tenute ad accogliere, NELLA MISURA DEL POSSIBILE, lo straniero alla ricerca della sicurezza e delle risorse necessarie alla vita, che non gli è possibile trovare nel proprio paese di origine. I pubblici poteri avranno cura che venga rispettato il diritto naturale, che pone l’ospite sotto la protezione di coloro che lo accolgono.
    Le autorità politiche, in vista del BENE COMUNE, di cui sono RESPONSABILI, possono SUBORDINARE l’esercizio del diritto di immigrazione a diverse CONDIZIONI GIURIDICHE, in particolare al rispetto dei DOVERI DEI MIGRANTI nei confronti del paese che li accoglie.
    L’immigrato è tenuto a RISPETTARE con RICONOSCENZA il PATRIMONIO MATERIALE e SPIRITUALE del paese che lo ospita, ad OBBEDIRE alle sue leggi, a CONTRIBUIRE ai suoi oneri”.
    http://www.lindipendenzanuova.com/da...gli-immigrati/

    "Vi spiego la chiave del successo di Pegida"
    Il giornalista di Die Welt spiega: "I tedeschi sentono la politica come distante. Venticinque anni fa rischiavano di essere soggetti a Mosca, ora non vogliono esserlo a Bruxelles"
    Giovanni Masini
    Pegida è nata come un semplice movimento di protesta contro l'immigrazione incontrollata e l'islamizzazione crescente, ma ora è molto di più.
    A spiegarci perché è Luca Steinmann, giornalista italo-svizzero di "Die Welt" ed esperto di cose tedesche.
    "Pegida è un movimento di popolo - ci racconta - Una protesta spontanea di comuni cittadini. Affronta temi come quelli dell'immigrazione e dell'islamizzazione della società: temi che altrimenti sarebbero tabù, immediatamente bollati come argomenti propri dei nazisti." È il cosidetto "ricatto dei neonazisti": appena affronti questi temi criticando lo status quo "i media ti attaccano dandoti del nazista e i politici evitano l'argomento perché temono l'etichetta di neonazisti".
    Tuttavia i cittadini questi temi li conoscono bene, vivono i problemi sulla loro pelle e avvertono la politica come infinitamente distante: in questo vuoto si inserisce Pegida.
    Se in Germania, però, i partiti politici evitano Pegida, all'estero il movimento degli anti-islamici tedeschi sta tentando di stabilire dei contatti con gli altri movimenti "patriottici". L'elenco dei potenziali alleati è lungo: si va dal Front National, alla Lega Nord, a Ukip di Nigel Farage. Tuttavia Pegida è un movimento ancora giovane e per ora preferiscono non scoprirsi troppo.
    Al momento la priorità è quella di richiamare l'attenzione dei media, tramite una mobilitazione di massa, su temi fino ad ora innominabili. Su problemi che si ripresentano uguali in molte parti d'Europa.
    "In Germania la situazione è diventata simile a quella della Francia - ci spiega Steinmann - con delle zone franche dove la polizia non entra, come succede a Parigi. In queste zone si può formare un movimento di resistenza per riconquistare la sovranità al popolo."
    E, infine, basta riandare con la mente a qualche decennio fa per accorgersi che dei precedenti storici ci sono: non è un caso che Pegida abbia molto seguito proprio nelle città della Germania orientale, come Dresda. "Gli slogan sono gli stessi del 1989, quando i tedeschi dell'Est manifestavano per la riunificazione - chiosa Steinmann - Wie sind das Volk, gridavano, noi siamo il popolo. Allora non volevano essere soggetti all’influenza sovietica; ora non vogliono essere soggetti all’influenza di Bruxelles e di un governo che non si occupa di loro".
    "Vi spiego la chiave del successo di Pegida" - IlGiornale.it

    L'Australia insegna: militarizzare i mari
    Canberra, grazie al blocco navale propagandato da un video multilingue, ha ridotto del 90% gli sbarchi
    Elisa Serafini
    L'Australia è un Paese ricco, dotato di abbondanti risorse naturali e di un sistema molto favorevole alla creazione d'impresa: queste lontane terre, sono da sempre meta e desiderio di migliaia di aspiranti immigrati. Alcuni di questi possono entrare regolarmente, grazie ad un sistema che permette a cittadini di alcuni paesi, di vivere in Australia per un periodo limitato di tempo, tale da permettere la ricerca di un lavoro. Alla scadenza del visto, però, non esistono eccezioni. Senza uno «sponsor», quindi un'azienda che proponga un contratto di lavoro, l'immigrato è espulso dal continente, senza deroghe. Questa misura si applica all'italiano, così come al cittadino del Regno Unito, o della Corea del Sud. L'Australia, come ogni economia in crescita, ha bisogno dell'immigrazione, ma alle sue condizioni.
    Altri Paesi, da cui potrebbero provenire immigrati meno qualificati, o più distanti culturalmente - anche questo fattore è oggetto di considerazione - devono invece contare su accordi più restrittivi. Ma come emigrano i cosiddetti disperati, ovvero chi non può contare su un Paese di nascita «amico» del governo australiano? Anche lì, come in Italia, il fenomeno degli sbarchi è stato ampiamente diffuso. Fino a un giorno: quello dell'insediamento del governo di centrodestra del cattolico Tony Abbott, che grazie ad una nuova politica di «tolleranza zero», ha di fatto eliminato i costosi e pericolosi sbarchi dalle acque australiane.
    Abbott ha istituito nel 2013, un sistema di protezione militare, denominato Osb, e ribattezzato «Stop the Boats». Il sistema può contare sull'impiego di navi militari impegnate a pattugliare senza sosta le acque a rischio infiltrazione. In sinergia con la strategia militare, il governo ha infine diffuso, un'efficace campagna di comunicazione dal titolo «No Way», ovvero «impossibile». Con video e manifesti tradotti e diffusi nelle lingue più sensibili: arabo, indonesiano, indiano eccetera. I risultati non si sono fatti attendere. In un anno è stata registrata una riduzione del 90 per cento degli sbarchi: 207 nel 2013, contro i 2629 dell'anno precedente.
    Il video, diffuso in tutti i Paesi a rischio, presenta il messaggio di un alto grado militare delle forze armate Australiane: «Qualsiasi imbarcazione irregolare verrà espulsa militarmente. Il provvedimento si applica a tutti: famiglie, bambini, minori non accompagnati. Non venite in Australia senza un visto. Non ascoltate chi vi dirà che si può fare. Queste persone vogliono i vostri soldi, e vi metteranno in pericolo». Un messaggio e una politica migratoria che non lasciano spazio ad alcun compromesso, lontani anni luce da quanto intrapreso da un governo che, fino a ora, sembra si sia limitato a ignorare il fenomeno. E così continuerà a fare. Fino al prossimo sbarco, fino alle prossime vittime.
    L'Australia insegna: militarizzare i mari - IlGiornale.it



    «Legalizzare l’immigrazione», ordina Rothschild
    Maurizio Blondet
    Quello qui sopra è il titolo che è apparso su Libération, ed è la soluzione che il giornale francese – posseduto dalla famiglia Rothschild – propone traendo spunto dalla nota «tragedia del Mediterraneo». Interessante coincidenza, anche il New York Times si china, dall’altra parte dell’oceano, sul destino dei poveri morti negri. Sparge e una lacrima, e poi si domanda: Who is to blame?, di chi è la colpa? E si risponde: «I politici europei puntano il dito sui trafficanti e pongono l’accento sulla soluzione militare; ma ciò che spinge gli immigranti nelle braccia dei criminali è proprio le politiche dell’Unione Europea, che tratta l’immigrazione non come una necessità umana ma come una questione penale da reprimere... da 30 anni stanno costruendo la fortezza europea».
    Che bontà, che generosa larghezza di vedute mostra il giornale del capitalismo terminale; gareggia in altruismo con Papa Francesco. Che dico? Il New York Times sostiene la stessa cosa che sostengono la Boldrini e il senatore Luigi Manconi in Berlinguer: «Accogliamoli tutti»!, come strilla un libro del suddetto ricco senatore del PD.
    Merita citare l’ultima riga del pensoso e umano articolo del New York Times, che indica a cosa tiene veramente il grande, autorevole giornale di Manhattan, e cosa vogliono i suoi finanziatori:
    «Smantellare la Fortezza Europea, aprire strade legali all’immigrazione»
    Notare che il Washington Post, il grande e ancor più autorevole, sostiene lo stesso giorno, più obliquamente, la stessa tesi: siamo di fronte a un esodo globale, è gente che fugge da guerre, destabilizzazioni e miseria… sparge una lacrima anche il WP, sorvolando su Chi è stato a provocare guerre, destabilizzazioni eccetera da 20 anni buoni.
    Perché mi sento cattivo
    Ecco dove andavano a parare, con la grancassa sui poveri morti, 700 anzi 800, anzi 900 affogati: smantellare quella che loro chiamano la fortezza europea, ed invece è già un campo aperto a tutti i venti — solo che in questo momento si tratta in segreto sul Trattato Transatlantico, e ci sono impuntature, resistenze, che il big business americano vuole spianare.
    Aprire il campo al diluvio dell’immigrazione fa parte ovviamente del piano globalizzante, del Governo Mondiale dei banchieri e burocrati. È inutile ripeterne i motivi, ce li siamo già detti tante volte: sradicare le identità e le culture, onde omogeneizzare l’umanità e ridurla tutta ad essere il Consumatore Standard, con desideri standard, soddisfacibili dalle multinazionali-standard.
    Mi spiego anche un mio vuoto interiore. In questi giorni, ho tentato di scrivere qualcosa sulla «ennesima tragedia nel Mediterraneo», e non mi veniva niente. Sentivo qualcosa di strano. Qualcosa nella resa mediatica dell’immane naufragio mi è suonata falsa, un diluvio di piagnistei ufficiali, di buonismi viscidi e lacrimazioni corali ad imitazione del Papa, alquanto sospette. Già ho sentito un tono stridente nell’«accorato appello alla comunità internazionale» di Papa Bergoglio e il suo invito a noi di accoglierli, motivato dal fatto che quelli «cercavano la felicità» (il diritto alla felicità non esiste se non per la Massoneria). Poi il Mattarella, passato dai 450 mila euro annui di giudice costituzionale ai 2 milioni di presidente della Repubblica, che a fatica (ha difficoltà ad esprimere i concetti) spremendo una lacrima (è stitico anche in quello), pontifica: «La morte di centinaia di profughi manifesta la totale insufficienza delle iniziative assunte fin qui dalla comunità internazionale rispetto alla conseguenze delle guerre, delle persecuzioni, delle carestie che flagellano tanta parte dell’Africa e del Medio Oriente» — anche lui senza dire chi è stato. In compenso minacciava noi e l’opposizione politica (rimanente), insultandoci preventivamente: «Mi auguro che la sensibilità ai diritti umani prevalga sull’indifferenza».
    La Boldrini, intervistata in ginocchio dal ballarò, che arcigna contro i cinici e indifferenti che siamo noi, scandisce: «Ogni vita che abbiamo salvato con Mare Nostrum è costata solo 600 euro»: con l’aria di quella che i soldi ce li ha messi lei. Poi, ho letto Saviano, il prezzemolino di Repubblica. Alla fine, ho sentito anche accodarsi alla pietà ufficiale ed obbligatoria Alba Parietti, la subrettona rifatta coi labbroni e le tette al silicone («7 mila euro l’una mi son costate, ma sono ferri del mestiere», disse una volta), allora ho capito che non sarei riuscito a scrivere niente. Solo a vomitare.
    Ma quando trovo il Papa e la Parietti che ci esortano alla stessa pietà ed accoglienza (vero è che quelle signore sono di buon cuore) di quelli che cercano la felicità – qui da noi! – allora mi scopro cattivo, spietato.
    Un false flag?
    Tanto cattivo, pensate, che ho persino sospettato che l’«orrenda tragedia» del Mediterraneo sia stata una sorta di false flag, volto ad ottenere un effetto psichico su noi spettatori. O, se non proprio un false flag, qualcosa che lorsignori aspettavano, coi discorsi piagnosi già pronti, per strumentalizzare il nostro raccapriccio e soffiarci il senso di colpa che ci deve far aprire il portafoglio.
    I settecento morti – poi saliti a 900 – non li ha contati né visti nessuno. «Stavano chiusi nella stiva. Donne e bambini». Ah già, e chi lo dice: i 27 sopravvissuti. Fra cui un buon numero sono poi risultati scafisti, criminali recidivi, che vanno e vengono dalla Libia ai centri d’accoglienza per portare la loro carne umana – con tanto di permesso di soggiorno, anche loro ospiti per qualche giorno del centro d’accoglienza – gestito dalla Mafia, o da qualche mafia semi-pubblica, i 30 euro al dì che diamo noi contribuenti, e sigarette gratis, e ricariche telefoniche per chiamare casa.
    Adesso li hanno arrestati: fra tre giorni i nostri giudici li metteranno in libertà (vigilata, s’intende) e loro torneranno al business. Impronte digitali? Si bruciano i polpastrelli, tranquilli. Lo fanno tutti i recidivi. Nelle intercettazioni ci prendono i giro, si vantano, «ho fatto 800 mila euro».
    E queste intercettazioni, i magistrati che spifferano le telefonate di qualunque avversario politico vogliano rovinare, le avevano praticamente segretate; e se non c’era una tv locale ligure a rivelarle, nessuna tv o giornale mainstream ne parlava. Noi, il pubblico gonzo, dovevamo solo piangere sui poveri morti, non vedere lo sporco affare che c’è dietro, non vedere chi finanziano questi presunti innocenti che spendono 3-4 mila euro; non una ma più volte, perché la metà viene rimandata e ci riprova, a polpastrelli bruciati, chissà quante volte.
    E mai un giornale che abbia cercato di capire perché questi martiri vengano quasi tutti dall’Africa nera, persino dal Ghana; dove 3-4 mila euro sono una piccola fortuna. E come mai appaiono tutti così giovani e pasciuti, e le belle ragazze negre raccontino con occhioni alla Ruby di essere state violentate e ri-violentate tante volte, che ormai sembra un’abitudine (o un mestiere? Guardate come sono cattivo). Sapete?, anzi no, non vi dicono che non possono tornare a casa, in patria, perché altrimenti l’intera famiglia allargata – che ha pagato per loro perché facciano fortuna e li chiamino per ricongiungimento familiare – li schernisce, li isola, gli fa il vuoto attorno, perché in Africa senza il sostegno della famiglia allargata si muore: sono dei falliti, e non restituiscono i soldi. È questa la bella società negra, piena di calore umano e di valori da cui vengono: nessun giornale s’è preso la briga di fare un’inchiesta sui Paesi da cui provengono, sugli ambienti in cui sono cresciuti, sulle illusioni che bevono guardando alla tv la nostra società di lustrini e spettacolo...
    Ma no, non ce l’ho con loro. Il fatto è che proietto su di loro ciò che provo per i nostri: quelli che ci intimano di accoglierli, di non essere razzisti ed egoisti. Ossia i nostri mantenuti e mantenute, i giornalisti sovvenzionati, i nostri ricchi di Stato, le nostre oligarchie occupanti che ci opprimono, ci angariano e ci spogliano con l’assenza di umanità di un esercito straniero.
    A loro, non so perché, non riconosco alcuna autorità morale per dar lezioni a noi che gli paghiamo gli stipendioni. Loro che ci invitano alla solidarietà e alla generosità, sono quegli stessi che non provano alcuna solidarietà verso i 7 milioni di poveri italiani che hanno nel Paese – effetto di una crisi che dura da sette anni ed è come una guerra perduta – che sotto i mille euro vengono trattati da contribuenti, a cui prendono i soldi per pagarsi gli stipendi da Sardanapalo.
    Loro, non si tagliano nulla. Il Mattarella proviene da quella Corte Costituzionale di magliari da 450 mila annuali, che ha sancito per sentenza che gli stipendi della magistratura non devono essere decurtati nemmeno di un centesimo: e adesso, come inquilino del Quirinale, dispone di 2 milioni annui pubblici di «appannaggio» (come il re) e ci fa la lezione a noi. Mica comincia lui. Sparge solo qualche stitica lacrima, che è gratis. Noi stiamo già dando. Noi accettiamo paghe decurtate se abbiamo la fortuna di avere ancora un lavoro, a noi stanno meditando di tagliare le pensioni «d’oro» — ma fatte salve le loro, che sono di platino. Noi nemmeno li abbiamo voluti, questi oligarchi, nemmeno li abbiamo votati. Siamo governati da Governi non eletti ormai da tre svolte, scelti per noi da Bruxelles e Wall Street.
    Tutto ciò che propongono costoro, i nostri oppressori, fra i loro piagnistei concertati, a me suscitano solo sospetti. «Dove vogliono andare a parare?», mi chiedo quando li vedo lacrimare ed esprimere compassione, tenerezza, pietà e umanità.
    Adesso vedo che sta passando l’ordine dall’estero: anche Rotschild si commuove, anche Wall Street. Dunque, legalizzare l’immigrazione. Senza limiti. E guai a chi protesta: è un razzista, un cinico, probabilmente un evasore, un omofobo e negazionista di sicuro. Far tacere l’opposizione (quel poco che ne resta), ecco dove vanno a parare.
    Vorrei solo ricordare le altre soluzioni che questi signori hanno proposto, anzi accettato da fuori e imposto a noi: l’euro che ci strangola e ci avevano detto ci avrebbe dato la prosperità, il trattato di Lisbona che ci cancella e vieta qualunque interesse nazionale, la UE che ci avevano assicurato sarà un paradiso, ed invece è la prigione dei popoli; sono quelli che ci hanno affogato nella globalizzazione mettendo i nostri lavoratori in competizione con quelli cinesi e pakistani.
    Quelli che hanno accettato nella UE la Polonia e Baltici, che su mandato americano ci stanno trascinando tutti alla guerra con la Russia. Sono quelli che per obbedienza e disciplina sovrannazionale mantengono le sanzioni a Mosca, che rovinano anche, e soprattutto, noi. Sono quelli che non hanno eccepito all’aggressione NATO alla Libia, che vedono nel regime di Kiev una democrazia minacciata dal cattivo Putin, che non dichiarano a chi si deve la destabilizzazione in Siria, la miseria dell’Africa, a chi si devono le disuguaglianze odiose; sono quelli che ci sono stati messi sul collo per garantire la nostra passività (e la nostra solvibilità) anche se la crisi made in USA, unita all’euro, ci ha distrutto il 25% delle imprese – sette anni di guerra, di bombardamenti a tappeto, di impoverimento – e senza che loro abbiano mai avanzato una sola idea, una sola proposta per farci uscire dalla guerra lunghissima, dalla depressione senza sbocco né prospettive.
    Sono quelli che – grazie, Governo Monti – stanno inserendo negli asili infantili e scuole elementari l’insegnamento del «genere», l’educazione sessuale secondo la direttiva OMS del 2010: Da 0 a 4 anni, si prescrive l’apprendimento del «godimento e piacere quando giochiamo con il nostro corpo: la masturbazione della prima infanzia». Dai 4 ai 6 anni, si insegnerà a esplorare «le relazioni omosessuali» e «consolidare l’identità di genere». A 15, le ragazzine impareranno dove andare per ottenere un aborto.
    Voglio dire, per essere buono: questi hanno applicato politiche tutte sbagliate. Radicalmente odiose, sataniche e stupide, che aggravano tutti i problemi che pretendono di risolvere. E continuano a perseguirle ostinatamente, perché tanto, non sono loro che le subiscono e ne soffrono. Ci tengono buoni: ecco 80 euro, ecco il tesoretto, anzi no. Ai migranti, 30 euro, ricariche e sigarette. E voi, razzisti.
    L’altra sera han fatto vedere un paesetto alpino del Bresciano, in cui, per ordine di Alfano, si devono accogliere una dozzina o ventina di migranti. Han intervistato il sindaco che, sgomento, si oppone: il paesino, dice, conta 200 anime... Razzista.
    «Cercano la felicità», ve lo dice il Papa; e voi non volete dividere con loro la felicità che vi dà la UE, l’euro, il capitalismo terminale?
    Noi, però, non abbiamo più l’obbligo di seguirli. Non hanno autorità. L’hanno perduta.
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    Predefinito Re: Le delizie della società multietnica

    Monza, madre e figlia contagiate dalla scabbia: casi sospetti anche a Milano
    L'Asl conferma i due casi: sono stati accertati da un controllo in ospedale a febbraio. E nel capoluogo lombardo scoppia la polemica dopo che quattro casi sospetti sono stati rilevati tra i profughi in Stazione Centrale
    Redazione
    Due donne di Monza, madre e figlia, sono state contagiate dalla scabbia. Secondo quanto riportato in una segnalazione dell'Asl all'ufficio sanitario regionale, i due casi sarebbero stati accertati da un controllo in ospedale a febbraio.
    Come da protocollo, le persone residenti nello stesso complesso della famiglia contagiata sono state poste sotto osservazione per oltre quaranta giorni. Secondo quanto riportato da Asl sono state informate tutte le classi della scuola elementare frequentata dalla bambina malata.
    Secondo l'associazione "Articolo 51" di Monza, che ha raccolto le testimonianze di alcune mamme, ci sarebbero infatti anche altri casi di scabbia nelle scuole della zona.
    CASI SOSPETTI A MILANO - E la paura cresce anche a Milano. Quattro sospetti casi di scabbia sono stati rilevati dagli operatori sanitari tra i profughi in stazione. L'assessore alle Politiche sociali di Milano, Pierfrancesco Majorino, ha spiegato che i quattro siriani "sono stati portati all'ospedale Niguarda e al San Paolo per gli accertamenti ed eventuali cure".
    EMERGENZA PROFUGHI - E sul caso non sono mancate le polemiche tra Comune e Regione. "Chiediamo nuovamente alla Regione Lombardia di istituire un presidio permanente nei luoghi dove spontaneamente i profughi arrivano al fine di tutelare la loro salute e quella dei cittadini milanesi. Lo chiediamo da più di un anno", ha concluso l'assessore.
    Monza, accertati casi di scabbia: 4 sospetti a Milano

    Immigrati: sindaco Cittadella, non accoglieremo nessuno, no promiscuità
    Cittadella (Pd), 6 mag. (AdnKronos) - "La nostra posizione è chiara e netta, nessuna disponibilità ad accogliere immigrati, soprattutto nella case private perché queste presenze creano promiscuità che la nostra popolazione non vede bene". Così all'Adnkronos il sindaco di Cittadella (Padova), Giuseppe Pan ribadisce il suo no all'arrivo di nuovi profughi preannunciato oggi dalla prefettura di Venezia.
    "E' chiaro che è un'emergenza che va gestita dal governo e non può essere scaricata sui Comuni, tra l'altro noi qui non abbiamo strutture adatte - spiega il sindaco di Cittadella - e anche molti miei altri colleghi del padovano, di tutti i colori politici, sono d'accordo su questa posizione". Così il primo cittadino di Cittadella non ha dubbi: "E' un problema che va affrontato nei paesi di origine, deve essere risolto lì sul posto, bloccando le persone prima della partenza. Insomma- conclude - il governo si dia da fare al di là del mare e non al di qua".
    Immigrati: sindaco Cittadella, non accoglieremo nessuno, no promiscuità - Adn-kronos - iltempo

    Sara Tommasi su Twitter: "I negri vadano fuori dai c..., ci vogliono invadere"
    L'ultima esternazione di Sara Tommasi arriva dai suoi social network. La Tommasi prende spunto dagli sbarchi di clandestini degli ultimi giorni, e scrive su Twitter: "Fermiamo l'immigrazione, ci stanno invadendo". "Sta succedendo che indiani, arabi, musulmani, marocchini, negri di m... ci stanno invadendo e quindi entro domani entreranno nelle nostre case. Occhio, non fateli entrare, anche se vi prende bene. Fuori dai c... quelli che non sono italiani".



    Volete aiutare l’Africa? Non cancellate il suo debito
    di Anna Bono
    Il 16 aprile l’Unione Europea ha annunciato di aver sbloccato la consegna al Tanzania di 52 milioni di euro, parte di un pacchetto di aiuti internazionali pari a circa 460 milioni di euro promessi al Paese, ma il cui pagamento era stato sospeso lo scorso novembre in seguito al fatto che il governo tanzaniano non aveva svolto le dovute indagini in merito a un grave caso di corruzione. Situazioni del genere sono frequenti e, ancora più spesso, succede che invece gli aiuti internazionali continuino a essere erogati ai Paesi in via di sviluppo nonostante che la corruzione vi regni.
    Il caso del Tanzania e innumerevoli altri ci ricordano che alla solidarietà e alla fratellanza, prima di tutto nei confronti dei loro connazionali, dovrebbero convertirsi per primi i governanti, impegnandosi a essere responsabili e onesti: sia quelli che donano sia quelli che ricevono aiuti.
    Ma è difficile immaginare, ad esempio, Teodore Nguema rinunciare alla sua collezione di macchine Bugatti, ai suoi miliardi, alle sue proprietà immobiliari milionarie, disposto a utilizzare i proventi che la Guinea Equatoriale di cui è presidente ricava dai giacimenti di petrolio per portare, come sarebbe possibile, il Paese allo stesso livello di benessere di altri stati produttori di petrolio. Come? Investendo le risorse nazionali e gli aiuti internazionali in servizi, infrastrutture e sviluppo di settori produttivi moderni, invece di appropriarsene. Neanche l’età, l’approssimarsi della fine, riesce a far cambiare atteggiamento ai leader indifferenti e avidi e, men che meno, le sanzioni, le pressioni diplomatiche, le denunce depositate presso la Corte penale internazionale.
    L’ultranovantenne Robert Mugabe, dal 1980 padrone dello Zimbabwe, si regola nei confronti dei propri connazionali sempre allo stesso modo: sterminare gli avversari, manovrare con ogni mezzo gli esiti elettorali per conservare il potere, godersi senza scrupoli quel che resta del patrimonio nazionale mentre un quarto della popolazione è emigrata in Sudafrica per sopravvivere alla fame e alle persecuzioni e un terzo di chi è rimasto dipende dagli aiuti umanitari internazionali. In certi Stati i livelli di corruzione e malgoverno sono inimmaginabili. Nel caso di altri si va al di là della stessa corruzione. Corea del Nord ed Eritrea sono prigioni a cielo aperto. I loro leader, rispettivamente Kim Jong-un, ultimo di una dinastia di dittatori, e Isaias Afewerki, trasformatosi da eroe dell’indipendenza dall’Etiopia in dittatore assoluto, ne dispongono come se fossero loro proprietà e ne perseguitano senza pietà gli abitanti.
    Nel frattempo, e ciononostante, cooperazione internazionale e rimesse degli emigranti riversano ogni anno su questi e su tanti altri stati centinaia di miliardi di dollari che aiutano a sopravvivere centinaia di milioni di persone povere fornendo loro cibo, assistenza sanitaria, scuole, denaro, abitazioni, attrezzi. Ma sostituirsi e supplire alle risorse insufficienti, o male utilizzate, di un Paese con quelle prodotte in abbondanza altrove non elimina la povertà, la dissimula e neanche, come spesso si sostiene, rimedia a un’ingiustizia: poiché nei Paesi poveri l’indigenza deriva da una generale, ridotta capacità produttiva, associata allo spreco e alla razzia delle risorse disponibili, compiuti da e con la complicità di chi controlla le istituzioni politiche di quei paesi e ne approfitta.
    In Somalia, per citare uno dei casi più scandalosi, su 10 dollari consegnati al governo dalla comunità internazionale sette non arrivano mai nelle casse dello Stato. Lo denunciava il Gruppo di monitoraggio sulla Somalia dell’Onu nel luglio del 2012 a conferma di quanto in precedenza rivelato dalla Banca Mondiale secondo cui, tra il 2010 e il 2011, si sono perse le tracce del 68% degli aiuti internazionali al Paese. Tuttavia, nel settembre del 2013, una Conferenza internazionale svoltasi a Bruxelles ha raccolto, grazie ai contributi di oltre 50 Paesi, 1,8 miliardi di euro per la Somalia, che si sono aggiunti al miliardo e 120 milioni già forniti dall’Unione Europea tra il 2008 e il 2013. Il risultato della Conferenza è stato presentato come un grande successo della solidarietà internazionale poiché la cifra raggiunta era più che doppia rispetto a quella che gli organizzatori avevano sperato di raccogliere.
    Come sostengono da anni poche voci del tutto inascoltate, alcune africane come quella dell’economista zambiana Dambisa Moyo e della sociologa camerunese Axelle Kabou, bisognerebbe piuttosto smettere di legittimare dittature, smettere di dar loro sostegno finanziario condonandone i debiti, e concedendo loro altri fondi che verranno usati male e intascati indebitamente da qualcuno come i precedenti.
    Volete aiutare l?Africa? Non cancellate il suo debito



    "Gli africani raccolgono ancora le noci di cocco"
    Bufera all'Europarlamento. Il leghista Buonanno: "Gli africani sono come i bambini: non sanno gestirsi da soli"
    Sergio Rame
    Gianluca Buonanno torna a parlare di immigrazione. E all'Europarlamento scoppia nuovamente la bagarre.
    Il leghista, che per l'occasione ha indossato una nuova maglietta contro i clandestini, ha duramente attaccati gli africani con dichiarazioni che sicuramente faranno discutere.
    "Quando in Italia c'era il Rinascimento - ha detto l'esponente della Lega Nord - gli africani raccoglievano noci di cocco, siamo arrivati al 2015 ed ancora lo fanno". Per Buonanno i popoli dell'Africa sono come "bambini incapaci di gestirsi". Da qui, la conclusione della dichiarazione: "Teniamoli a casa loro ed aiutiamoli laggiù... Gli ipocriti e i cattivi sono coloro che, a fini di lucro, li invogliano a venire da noi e li fanno poi morire nel cimitero del Mediterraneo".
    "Gli africani raccolgono ancora le noci di cocco" - IlGiornale.it

    La Spagna è islamica: in Catalogna ora nasce la "polizia della sharia"
    Tribunali musulmani e polizia religiosa: in Spagna torna il diritto islamico. A Lleida una ragazza è stata condannata alla lapidazione per aver avuto rapporti sessuali con un occidentale
    Giovanni Masini
    Cinquecento vent'anni dopo la fine della Reconquista, parte degli spagnoli torna a vivere sotto l'egida della sharia.
    I musulmani che non accettano la giustizia dei tribunali degli "infedeli" si stanno creando una propria rete di diritto islamico, che propagandi i valori dell'islam nel totale disprezzo delle leggi dello Stato.
    Un rapporto dei servizi segreti di Madrid, riporta El Mundo, rivela come in Catalogna alcune cellule islamiste radicali stiano formando dei tribunali della legge islamica clandestini e unità di polizia musulmana per giudicare i musulmani che non si comportano in modo conforme ai dettami dell'islam. Nella regione di Barcellona - tra i territori più radicalizzati di Spagna insieme alle due enclaves in terra d'Africa di Ceuta e Melilla - gli estremisti islamici "cercano di imporre le proprie leggi" e "hanno formato delle unità di polizia religiosa".
    I fondamentalisti si organizzano in cellule pronte a segnalare i membri della comunità islamica che non si comportano in modo conforme alla legge islamica, ricorrendo a intimidazione e violenze. I musulmani più ortodossi pretendono di imporre la propria ideologia in termini di abbigliamento, ordine e decoro: gli uomini devono sempre mostrare la barba e le famiglie educare i figli nella fede islamica più rigorosa. Per chi trasgredisce, minacce e isolamento, non senza episodi di aggressione fisica.
    Le prime unità di "polizia islamica" sono nate nella città di Lleida, ma ora gli episodi di "giustizia parallela" si ripetono sempre più frequenti in diverse città della comunità autonoma catalana. A Lleida una donna marocchina è stata processata dopo che aveva stabilito una relazione con un ragazzo occidentale: la giovane è stata condannata a morte per lapidazione, ma per fortuna il tentativo è stato sventato in tempo.
    Gli analisti spagnoli hanno rilevato come il rischio maggiore di radicalizzazione sussista sopratutto per i musulmani di "seconda generazione", generalmente meno indigenti dei propri padri, meno istruiti e alle prese con i problemi pratici legati alla sopravvivenza. Ora, invece, gli immigrati di seconda generazione "superati i problemi che si posero ai loro genitori, sono più inclini a lasciarsi influenzare dalle tesi generate negli ambienti islamisti, rivendicative dell'identità musulmana e favorevoli ad un'autosegregazione rispetto al resto della società".
    La comunità islamica catalana, proseguono gli esperti dell'intelligence, è stata esposta per anni al pericolo di una radicalizzazione diffusa da una rete di moschee estese su tutte le province: "Il progressivo sdoganamento di questa ideologia estremista, congiunta a un significativo aumento della popolazione musulmana, sta causando episodi di imposizione violenta della legge islamica, tensioni e conflitti che, ai ritmi attuali, porteranno a fratture sociali anche violente".
    La Spagna è islamica: in Catalogna ora nasce la "polizia della sharia" - IlGiornale.it

    LA BULGARIA BLINDA LE FRONTIERE CONTRO L'IMMIGRAZIONE ISLAMICA. PRIMO MINISTRO BORISOV: NON VOGLIAMO L'ISLAMIZZAZIONE
    LONDRA - Dopo l'Ungheria anche la Bulgaria comincia ad averne abbastanza dell'afflusso di immigrati proveniente dal Nordafrica e dal Medio Oriente.
    Proprio in questi giorni il primo ministro bulgaro Boris Borisov ha usato parole forti per esprimere la sua opposizione ai flussi migratori che rischiano di alterare l'equilibrio demografico del suo paese.
    Come tutti sanno il 10% della popolazione bulgara e' composta da musulmani di origine turca, pero' l'arrivo di musulmani integralisti potrebbe creare enormi problemi non solo perche' diffonderebbe forme di islam piu' radicali ma anche perche' un aumento della popolazione musulmana rischierebbe di islamizzare il paese e creare conflitti con la maggioranza cristiano ortodossa.
    Per Borisov la Bulgaria e' piu' a rischio dell'Italia perche' i territori di frontiera sono molto piu' difficili da monitorare specie d'inverno quando sono innevati e per tale motivo ha chiesto all'Unione Europea piu' fondi per controllare le frontiere e l'apertura di centri di accoglienza a sud del Mediterraneo.
    Ovviamente le preoccupazioni del primo ministro bulgaro sono piu' che giustificate e il vero scandalo e' che nessuno in Italia prenda il suo esempio e chieda la chiusura delle frontiere.
    Per fortuna altri Paesi europei la pensano diversamente tant'e' che si rifiutano di accettare nuovi immigrati, e quindi gli appelli fatti dal governo Renzi riguardo una maggiore solidarieta' europea non possono che restare lettera morta visto che nessuno e' cosi' folle da farsi carico di un problema che e' stato creato dai politici di casa nostra. Se l'Italia avesse "fatto capire" alle mafie islamiche del Nord Africa che chiunque fosse arrivato sarebbe stato immediatamente respinto sulle stesse coste da cui era partito, oggi non saremmo nel disastro che tutti vediamo e non ci sarebbero state le migliaia di morti in mare annegati per colpa proprio dei buonisti del governo Renzi.
    Tutti questi morti sono sulla loro coscienza.
    LA BULGARIA BLINDA LE FRONTIERE CONTRO L'IMMIGRAZIONE ISLAMICA. PRIMO MINISTRO BORISOV: NON VOGLIAMO L'ISLAMIZZAZIONE - I fatti e le opinioni del Nord - ilnord.it



    Fiaccolata contro i profughi, Bitonci: "Aderisco anche io"
    Il sindaco incontra un gruppo di cittadini che propongono di sfilare silenziosamente per il centro. Raccolte già mille firme contro la presenza di profughi nelle case private della città
    PADOVA. I commercianti e residenti del centro che hanno raccolto mille firme contro l'accoglienza dei profughi consegnate ieri al sindaco sono tornati oggi a Palazzo Moroni per chiedere l'adesione del sindaco a una fiaccolata silenziosa che stanno organizzando venerdì 15 maggio per le strade del centro. "Vogliamo sensibilizzare le istituzioni, in primis la prefettura, a farsi portavoce con il governo del disagio che vive la città di Padova, che non può più sopportare il peso di un'immigrazione che sta diventando un'invasione. Riceviamo chiamate da parte di anziani che hanno paura a girare in centro la sera. Non possiamo permettere la morte di questa città", spiega Filippo Sadocco, uno dei promotori dell'iniziativa. Il corteo, il 15 maggio, si snoderà per le vie del centro e arriverà in prefettura.
    Il sindaco Bitonci: "Aderisco per dare un segnale". “Nella giornata di oggi un gruppo di cittadini padovani, riunitisi in comitato, dopo aver raccolto già mille firme contro la dislocazione di cosiddetti profughi, provenienti dal Nord Africa in case private, ha richiesto al Comune di poter effettuare una fiaccolata silenziosa, apartitica, per le vie della città, contro quella che a tutti gli effetti si profila come un'invasione di persone di cui non si conoscono storia e intenzioni".
    Lo ha dichiarato il sindaco Massimo Bitonci, aggiungendo: "Aderirò a questa manifestazione e spero lo faranno anche molti i padovani, di qualsiasi fede politica, per dare un segnale tangibile del disagio che finisce per creare un'accoglienza disordinata e pericolosa, capace solo di alimentare il business delle cooperative. In città abbiamo già dato: la nostra priorità è aiutare giovani coppie, disoccupati e pensionati padovani”.
    Fiaccolata contro i profughi, Bitonci: Aderisco anche io - Cronaca - Il Mattino di Padova

    ‘Prete’ che ama circondarsi di ‘maschi africani’ denuncia Bitonci per
    ‘violazione privacy’
    PADOVA – Come saprete, in città, alcuni privati, senza che i vicini venissero messi a conoscenza, hanno deciso di guadagnare diverse migliaia di euro dando alcune case in affitto alla solita cooperativa a scopo di lucro – stavolta la Percorso Vita – per l’accoglienza di clandestini africani.
    Giovedì, il sindaco Bitonci e l’assessore Boron sono andati a fare un sopralluogo davanti a una delle case in centro storico.
    Scrive il giornale del Pd, il Mattino: I due si sono piazzati lì in modo evidentemente molto visto e ancora più visibile sul web. Gli interessati non hanno gradito e l’hanno presa come un’intimidazione. Come dire sappiamo dove siete e ora lo sanno tutti, il dito teso a indicare il campanello. Le foto hanno girato, l’appartamento è stato identificato e ora, grazie al tour del primo cittadino, è a disposizione di qualsiasi imbecille volesse passare dagli insulti e dagli incitamenti più bastardi postati su Facebook ai fatti concreti. Comportamento un tantino anomalo per un sindaco.
    Ora, i legali della cooperativa Percorso Vita del noto ‘prete’ Luca Favarin, prete con gli ultimi con i soldi dei contribuenti, stanno valutando di denunciare Bitonci perché avrebbe violata la ‘privacy’ dei clandestini, per procurato allarme e per istigazione al razzismo.
    La privacy dei clandestini.
    Un sindaco che indica ai suoi cittadini dove sono alloggiati a spese loro alcuni sedicenti profughi, viola la loro ‘privacy’? E il diritto dei cittadini alla sicurezza? Di sapere chi abita vicino a loro?
    Sentite le parole del ‘prete': “Sottoporre continuamente a esposizione persone che stanno richiedendo lo status di rifugiato, e nessuno guardandoli può dire se ne abbiano diritto o meno visto che lo stabilirà la commissione, è una violazione sia in termini legali che dei diritti umani. Sono persone che vanno tutelate con le storie tremende degli inferni da cui provengono“.
    Si dà il caso, siano tutti uomini provenienti da Paesi africani come Ghana e Senegal, non proprio noti per essere ‘inferni’. Oltre il 90% degli ospitati in hotel e appartamenti, del resto, risulta poi inidoneo all’accoglienza, ma intanto lo abbiamo mantenuto per mesi.
    Forse, al ‘prete’ padovano piace circondarsi di giovani maschi africani, è una sua scelta, basta non la spacci per ‘accoglienza di persone sensibili': si chiama in un altro modo.
    Comunque sia, il ‘prete’ Favarin ha un cognome troppo lungo. Una parte è totalmente inutile e ridondante.
    ?Prete? che ama circondarsi di ?maschi africani? denuncia Bitonci per ?violazione privacy? | VoxNews





    Gb, Salvini: bellissimo risultato, vince chi dice no immigrazione
    Alla faccia dei sondaggi finti, il 31 maggio tocca a noi"
    Gb, Salvini: bellissimo risultato, vince chi dice no immigrazione
    Milano, 8 mag. (askanews) - "Elezioni in Gran Bretagna, bellissimo risultato. Vincono i Conservatori di Cameron, che ha detto un secco no all'arrivo di altri immigrati a Londra, e ha promesso un Referendum sull'Europa. Vincono i Nazionalisti Scozzesi, che così avranno più soldi e più autonomia. Perde la sinistra dell'immigrazione e delle chiacchiere. Alla faccia dei sondaggi finti: il 31 maggio tocca a noi". Lo ha scritto sulla sua pagina Facebook il segretario federale della Lega Nord Matteo Salvini.
    Gb, Salvini: bellissimo risultato, vince chi dice no immigrazione

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    Predefinito Re: Le delizie della società multietnica

    Mantova, soldi per i profughi: 4,3 milioni di euro alle coop
    Boom di sbarchi. Sistema al collasso. Il Viminale cerca nuove strutture. Esplode il caso Mantova: stanziati 4,3 milioni di euro per accogliere gli immigrati a cui vengono garantiti un letto, tre pasti al giorno, il ricambio della biancheria, la ricarica telefonica e l'assistenza medica
    Andrea Indini
    "È scandaloso". L'assessore regionale alla Sicurezza Simona Bordonali tuona contro la Prefettura di Mantova che ha stanziato 4,3 milioni di euro per accogliere gli immigrati.
    "Quei soldi - ha detto - devono essere investiti per aiutare i disoccupati e gli esodati mantovani, così come gli stranieri regolari indifficoltà già integrati sul nostro territorio". Invece sono andati a finire nelle casse del consorzio cooperative il Solco che, dal primo aprile al 31 dicembre, assisterà i 450 richiedenti asilo che saranno spediti nel Mantovano. Dal momento che la cooperativa che ha vinto l'appalto non riuscirà a provvedere a tutti gli extracomunitari, i soldi cadranno a pioggi anche sulle altre sette cooperative e sui privati che avevano partecipato alla gara.
    Negli ultimi tre giorni sono stati soccorsi nel Canale di Sicilia 5.629 clandestini diretti verso l’Italia. Tutti i prefetti sono stati sollecitati dal Viminale a individuare strutture di accoglienza sui loro territori per far fronte al massiccio arrivo di immigrati che continuano a sbarcare in questi giorni. I centri sono, infatti, pieni e occorre mettere a disposizione altri posti. A Mantova, per esempio, la Prefettura ha già iniziato a stipulare singole convenzioni per provvedere alla sistemazione e al sostentamento di 450 immigrati. Come ricostruisce la Gazzetta di Mantova, la cooperativa il Solco si occuperà di 113 stranieri chiedendo allo Stato 34,50 euro al giorno per ogni persona (Iva esclusa), 50 centesimi in meno di quanto messo a gara dalla prefettura. Le altre stutture che si divideranno la torta prenderanno più soldi: El Medina di Mantova accoglierà 15 clandestini per 34 euro ciascuno, l’Olinda di Medole 130 per 34,5 euro, Mantova solidale 9 per 34,5 euro, Garò di Bagnolo altri 29 per 34,5 euro, Cà del vento di San Benedetto Po 22 a 34,5 euro, la Abramo della Caritas 10 a 35 euro e la Serena 80 a Quingentole a 34,5 euro. Per un totale di 408 clandestini. Il numero, però, potrebbe facilmente lievitare a 450.
    Coi soldi messi a disposizione della Prefettura chi ha vinto l'appalto dovrà garantire un posto letto, tre pasti al giorno e il ricambio della biancheria, coprire le spese per richiedere lo status di rifugiato, l'assistenza medica, il cosiddetto pocket money (2,50 euro al giorno a testa per un massimo di 7,50 euro per nucleo familiare), una ricarica telefonica da 15 euro (una tantum) e provvedere a organizzare corsi di lingua italiana e percorsi di integrazione. "Questi 4 milioni di euro, che saranno assegnati alle solite cooperative per nove mesi di accoglienza - ha tuonato la Bordonali - rappresentano un sonoro schiaffo a coloro che vivono sulla propria pelle gli effetti della crisi economica". Nel fine settimana la Lega Nord ha distribuito in tutta Italia i moduli per rinunciare alla cittadinanza italiana e far richiesta delle status di rifugiati. "Solo in questo modo - ha spiegato Matteo Salvini - un cittadino italiano può accedere ai mille euro che lo Stato dà ogni mese a ciascun rifugiato".
    Mantova, soldi per i profughi: 4,3 milioni di euro alle coop - IlGiornale.it

    Basta prosciutti e tortellini, l’esercito italiano pensa ai pasti halal
    L’esercito italiano introdurrà nei prossimi mesi delle razioni “halal” per i soldati di fede islamica inquadrati tra le unità che lo compongono.
    Il cibo definito “halal” è quello che secondo il corano è lecito sia per il tipo di prodotto consumato, sia per la lavorazione necessaria alla preparazione: ad esempio non è consentita la carne di maiale e per poter macellare altri animali è necessario seguire i dettami islamici che vogliono lo sgozzamento delle bestie senza nessun tipo di stordimento.
    La vicina penisola è così di nuovo beffata dato che le forze armate si riforniscono anche nel paese, conosciuto sia per la bellezza del territorio sia per l’ottima cucina: con la nuova regolamentazione militare il rischio è di vedere il settore primario, già colpito dall’introduzione delle sanzioni contro la Russia, ulteriormente messo in difficoltà.
    » Basta prosciutti e tortellini, l?esercito italiano pensa ai pasti halal

    IL RIMEDIO AL MALE DELL'IMMIGRAZIONE
    Piero Nicola
    L'immigrazione clandestina è un male in atto e gravido di conseguenze funeste.
    1) L'introduzione nel consorzio civile di genti estranee per costumi, cultura, religione produce contrasti deleteri e aggrava il deterioramento della nostra identità e civiltà.
    2) Gli stranieri ammessi in Patria peggiorano ingiustamente il flagello della disoccupazione.
    3) Le spese sostenute dallo Stato per i salvataggi, il ricovero e il mantenimento di costoro, essendo evitabili, costituiscono un indebito aumento del deficit statale.
    4) L'arrivo degli stranieri attraverso il Mediterraneo, comportando gravi perdite di vite umane e un traffico di genere schiavista. L'Italia, prestandovisi, come di fatto si presta, ne diventa responsabile, non prevenendo la temerarietà degli emigranti e non sopprimendo con l'efficacia possibile la tratta criminale.
    5) L'instaurata accoglienza moltiplica il pericolo di ospitare terroristi.
    Poiché i provvedimenti sinora adottati per contenere il triste fenomeno sono risibili, e i poteri internazionali che dovrebbero approvare le azioni necessarie passeranno dall'attuale inerzia a risoluzioni inefficaci, sarebbe improcrastinabile che il Bel Paese provvedesse autonomamente, riappropriandosi della sua intera sovranità.
    S'intende che congetturiamo nel campo teorico perché, se abbiamo alcuni partiti disposti a ragionare nei termini dei capi sopra enumerati, difficilmente essi perverranno a governare, a coinvolgere abbastanza il popolo, a sconfiggere le mene e gli avversari interni ed esterni, a perseguire sino in fondo un piano chiaro e convincente.
    Cionondimeno, a proposito del disegno da realizzare, sussiste una tenue possibilità che venga recepito da un movimento politico e che esso possa farsi strada verso il potere.
    Tra le diverse strategie, credo che la seguente avrebbe ragione di affermarsi.
    Esposti i motivi per i quali l'invasione deve essere fermata - essendo cattiva tanto per il Paese che la sopporta, quanto per gli africani (e per gli asiatici) sradicati dalle loro terre e esposti a un mortifero viaggio di trasferimento - si prospetta la costituzione di uno Stato eretto ad hoc in Africa - assistito e sovvenzionato dalla comunità mondiale - dove possano trovare accoglienza i fuggiaschi di quel Continente, secondo i retti criteri dell'asilo. Nello stesso tempo, si chiuderanno le frontiere europee.
    I principi morali che presiedono a tale scelta sarebbero evidenti. Ma vale la pena ricordarli. Anzitutto la solidarietà, la quale deve partire dalle affinità della vicinanza geografica e delle tradizioni; inoltre, i molto diminuiti oneri e rischi del transito migratorio, l'equa responsabilizzazione delle genti autoctone ospitanti e ospitate.
    Infatti, le risorse naturali di quei paesi non mancano, e quelle umane è giusto che vi rimangano. Con l'aiuto degli occidentali e castigando il loro sfruttamento di quelle contrade, sarebbe ora che i nativi prendessero le redini dei loro destini uscendo dall'attuale soggezione, dopo essere usciti dal colonialismo e avere acquistato l'indipendenza. È insensato considerare tuttora alla stregua di minorenni le popolazioni del Continente Nero. Peggio ancora, trattarle così parzialmente, ossia rispettando la loro dignità soltanto nelle circostanze in cui bisogna respingere qualsiasi disuguaglianza e discriminazione razziale.
    Ai richiedenti rifugio di provenienza extra-africana (p.e. siriani e iracheni) e anche del Maghreb, dovrebbero provvedere, nel loro ambito, le nazioni limitrofe o affini per religione e condizioni politiche. A tale proposito, c'è da chiedersi come mai abbiamo parecchi immigrati marocchini e tunisini, mentre quasi non si sente parlare di algerini. Tanto in Algeria che in Marocco il tasso di disoccupazione si aggira sul 10% e le situazione socio-politiche si equivalgono.
    Se l'onesta proposta, o altra equivalente, fosse bocciata dai tutori dell'ordine mondiale, ciò autorizzerebbe l'Italia a difendersi in modo indipendente. Sarebbe anche ora di sottrarci a una sovranità internazionale che non delibera niente di buono.
    Contravveleni e Antidoti: IL RIMEDIO AL MALE DELL'IMMIGRAZIONE (di Piero Nicola)

    PICCHIATO AL PARCO CASTELLI, HA DIFESO L'AMICA
    Pestato a sangue da cinque ragazzini mentre attraversa il parco Castelli. Ma il 17enne che è finito in ospedale martedì pomeriggio non era il bersaglio del quintetto. I cinque - quattro nordafricani e un italiano - avevano puntato la compagna del ragazzo che con lui stava camminando.
    I cinque li hanno fermati con una scusa e il 17enne ha capito che la situazione si stava mettendo male. Così ha deciso di proteggere l’amica, consentendole di scappare.
    Pestato a sangue dalla baby gang: il 17enne ha salvato l'amica - Giornale di Brescia

    Tutti alla Biennale del Ditino Alzato e della Braga Calata
    di Camillo Langone
    Ego non. Anche se tutti andranno ad affollare la Biennale Marxista-Africanista, il cui curatore è un comunista nigeriano che sembra uscito dalle pagine ormai ingiallite di “Radical chic” di Tom Wolfe, la Biennale del Ricatto (se non ti piacciono le valigie postume di Fabio Mauri sei un nazista) la Biennale del Consenso alle ideologie dominanti, e quindi l’esatto opposto della Biennale del Dissenso voluta nel 1977 da Carlo Ripa di Meana per dare voce agli intellettuali a cui il comunismo sovietico la voce aveva tolto, la Biennale dell’Invasione, ben rappresentata dalla barchetta-barcone con cui un artista brasiliano vuole indurre ulteriori sensi di colpa nel maschio europeo bianco, la Biennale del Ditino Alzato e della Braga Calata, dell’Artista Moralista e del Fruitore Masochista, la Biennale del 2015 o forse del 1984 visto che in programma ci sono le cariatidi della Transavanguardia e Umberto Eco, la Biennale che si apre domenica a Venezia, io no.
    Tutti alla Biennale del Ditino Alzato e della Braga Calata



    Porta il crocifisso al collo: a Terni una ragazzina di 12 anni aggredita da compagno di classe
    Il coetaneo aggressore è di origine senegalese, regolarmente residente. Un colpo violento alle spalle, poi la studentessa è caduta a terra. Salvini: tornino a casa loro
    TERNI - Aggredita da un compagno di classe perché indossava una collanina con il crocifisso: è quanto accaduto all'uscita di una scuola media di Terni ad una dodicenne del posto, rimasta ferita. La giovane ha riportato una contusione toracica giudicata guaribile in 20 giorni dopo essere stata visitata al pronto soccorso dell'ospedale Santa Maria.
    Stando ai militari, nei confronti del coetaneo aggressore - di origine senegalese e regolarmente residente in città - non sono stati presi provvedimenti in quanto non imputabile. La dodicenne sarebbe stata colpita dal ragazzo alle spalle con un colpo violento (l'episodio è avvenuto ieri). E' stata la madre della studentessa a bloccare il giovane, che ha poi riferito ai carabinieri di avere compiuto il gesto a causa del crocifisso. Secondo il racconto della ragazzina, il coetaneo - che aveva iniziato a frequentare la scuola una ventina di giorni fa - già nei tre o quattro giorni precedenti l'aveva presa di mira, con insulti e altre aggressioni, sempre per via del crocifisso.
    Pochi minuti dopo la diffusione della notizia il leader leghista Matteo Salvini interviene su Facebook: "Il ragazzino, e i suoi parenti, vengano rispediti al loro Paese. Che bella integrazione..."
    Porta il crocifisso al collo: a Terni una ragazzina di 12 anni aggredita da compagno di classe - Repubblica.it

    Ragazzina aggredita perché indossa il crocifisso Ma per le autorità è colpa del suo integralismo
    di Riccardo Cascioli
    Dopo il caso di Conselice, ecco Terni. Dopo gli insulti alla processione della Madonna ecco l’aggressione a una ragazzina di 12 anni da parte di un suo compagno di classe che non sopportava il crocifisso che portava al collo. In entrambi i casi protagonisti sono ragazzini islamici.
    A Terni l’aggressione è avvenuta all’uscita di una scuola media nel quartiere periferico di San Giovanni mentre la ragazzina, già fatta segno dell’ostilità del suo compagno di classe senegalese, camminava insieme a sua madre: «Mi ero accorta che ci stava seguendo - ha raccontato la ragazzina a Repubblica - e mia madre mi diceva di non guardarlo. Poi all'improvviso è corso verso di me e mi ha dato una gomitata alla schiena, una specie di colpo di karatè. Io sono caduta in avanti, mi sono messa a piangere». Poi ha provato a strapparle il crocifisso dal collo, bloccato immediatamente dalla madre della ragazza, poi medicata in ospedale per il colpo ricevuto, con una prognosi di 20 giorni. La denuncia è partita d’ufficio ma data l’età dell’aggressore non ci sarà nessuna conseguenza penale.
    Sul motivo dell’aggressione subito dirigenti scolastici, autorità politiche e diocesi hanno invitato alla prudenza per evitare strumentalizzazioni e capire veramente la natura del gesto prima di dare un giudizio definitivo. Ma Terni non più di due mesi fa è stata sconvolta dalla morte assurda di un 27enne, ucciso senza alcun motivo all’esterno di un bar in centro da un marocchino ubriaco, che non aveva neanche i titoli per restare in Italia.
    Col passare dei giorni però alla prudenza si sta sostituendo l’omertà e la volontà di coprire la realtà, cercando di ridurre il tutto a normali screzi che ci sono tra adolescenti. I fatti però suggeriscono qualcosa di diverso: il ragazzo era arrivato dal Senegal il 27 aprile, quindi da poche settimane, per ricongiungersi al padre, un ambulante che risiede con regolare permesso di soggiorno in Italia già da diversi anni. La situazione familiare, a quanto raccontato da alcuni genitori della scuola media, già potrebbe aiutare a spiegare qualcosa. Il padre ha infatti una moglie in Italia e due in Senegal, per un totale di sette figli, che sta cercando di fare arrivare in Italia uno alla volta. Il padre inoltre è parte di una piccola comunità senegalese che potremmo definire di stretta osservanza islamica tanto che le sorelle del ragazzo in questione indossano rigorosamente il velo.
    C’è chi dice che in Senegal il ragazzino frequentasse una scuola coranica, fatto sta che sin dal suo arrivo – dicono i compagni di classe – oltre a farsi notare per diversi comportamenti strani (peraltro comprensibili in un ragazzo di quell’età sbattuto da un giorno all’altro in un mondo completamente diverso senza conoscere una sola parola di italiano) ha messo in mostra una particolare avversione per i crocifissi appesi alla parete e appunto per il crocifisso che la sua compagna di classe portava al collo. Da qui un crescendo di insulti e atteggiamenti ostili fino all’aggressione di tre giorni fa.
    Si può comprendere allora che, pur con tutte le attenuanti del caso, ridurre il tutto a normali screzi fra adolescenti appare evidentemente riduttivo. Ma la cosa peggiore è che preside e vice-preside della scuola media ieri, durante un consiglio d’istituto dedicato al caso, hanno attribuito la responsabilità alla vittima, che «ha esasperato con atteggiamenti di fanatismo e integralismo cristiano il suo coetaneo di religione musulmana». Insomma, la ragazzina non doveva ostentare il crocefisso al collo, visto che il nuovo arrivato non gradiva avrebbe dovuto toglierselo. Sarebbe come dire che la persecuzione dei cristiani nel mondo, è colpa dei cristiani stessi che pretendono di vivere apertamnente la propria fede. Davvero una ben strana concezione della libertà religiosa, ma purtroppo questa sembra essere la mentalità prevalente, soprattutto in chi guida la comunità e ha responsabilità pubbliche.
    Il caso peraltro non è isolato. Fonti locali riferiscono che alcuni giorni fa in un istituto superiore tecnico sempre a Terni, un altro caso simile ha visto per protagonista una adolescente islamica che per giorni ha preso di mira una sua compagna di classe malgrado fosse stata ripresa anche dagli insegnanti per il suo atteggiamento. Finché un’altra ragazza, per difendere la sua compagna le ha risposto in malo modo invitandola a tornarsene in Marocco se non le piaceva il nostro mondo. Apriti cielo, ragazzina islamica in presidenza a lamentarsi e studentessa italiana sospesa per “pensiero razzista”.
    A essere davvero preoccupante, quindi, non è tanto l’atteggiamento di alcuni immigrati quanto la risposta delle autorità – scolastiche, civili e potremmo aggiungere anche religiose – che a forza di non voler vedere la realtà contribuiscono a esasperare le tensioni. Difficle non notare che Terni, fino a poco tempo fa una cittadina tranquilla, da un po’ di tempo si trova spesso al centro di fatti di cronaca, che coincidono con una profonda trasformazione in atto nella sua popolazione. Basti pensare che nel comprensorio ternano – ci dice l’ultimo censimento – la popolazione straniera è quadruplicata e solo nella città di Terni dal 2005 al 2012 gli stranieri sono più che raddoppiati, arrivando a costituire più del 10% della popolazione. Altro dato significativo è che la popolazione totale è rimasta in questo tempo costante a circa 110mila abitanti, il che vuol dire che c’è una vera e propria sostituzione di abitanti locali con stranieri. Una vera e propria rivoluzione demografica. Circa la metà degli immigrati presenti a Terni sono rumeni e albanesi, ma ci sono anche significative comunità dal Marocco, dal Pakistan e dall’Africa sub-sahariana.
    Qualcuno potrà dire che è un caso ma negli ultimi dieci anni si assiste anche a un aumento vertiginoso della criminalità: basti pensare che nell’ultimo Diario della transizione del Censis Terni figura ai primi posti per l’aumento dei furti in appartamento, con un +243,7% in dieci anni.
    Pensare che questa situazione possa essere risolta con moralistici inviti all’accoglienza e al rispetto delle religioni (ma solo quelle altrui) è la dimostrazione dell’idiozia della nostra classe dirigente che non si rende conto che l’immigrazione è un fenomeno complesso che va governato con attenzione e con regole chiare, se si vuole davvero favorire l’integrazione. Se poi addirittura di fronte a gesti di palese arroganza e violenza, si attribuisce la responsabilità alle vittime nel nome del quieto vivere e del politicamente corretto si mettono le basi per l’esplosione del conflitto sociale.
    Ragazzina aggredita perché indossa il crocifisso

    Porte aperte agli immigrati
    La Gran Bretagna dice no al piano Ue: bisogna respingerli anche contro la loro volontà
    Alessandro Sallusti
    Sull'immigrazione, la montagna Europa si è spaccata e ha partorito un topolino, per di più dai contorni indefiniti.
    Lasciamo ad altri il compito di enfatizzare l'accordo raggiunto ieri a Bruxelles e definito dalla ministra Ue Federica Mogherini «un passo da gigante». In sintesi l'Europa, se ho capito bene, ha deciso di prendere tempo sul via libera all'uso della forza per fermare gli scafisti e di ripartire per «quote» nazionali l'accoglienza di profughi già sul territorio europeo e di altri 20mila già ospitati in centri di accoglienza all'estero. Noi la pensiamo come il ministro degli Interni inglese, Theresa May, che sul Times di Londra aveva anticipato ieri il suo giudizio negativo e il rifiuto di accogliere un solo immigrato in più: «I migranti - ha detto la signora - dovrebbero essere respinti e basta, un approccio diverso non fa che favorire le traversate e incoraggiare ancora più persone a mettere la loro vita in pericolo».
    Quella inglese (Danimarca, Irlanda, Repubblica Ceca e Slovacchia sono sulla stessa linea) mi sembra l'unica politica di buon senso. A esprimerla non è un pericoloso razzista, ma l'autorevole membro di un autorevole governo conservatore di un autorevole Paese culla della democrazia europea e mondiale. Il tutto sul più autorevole quotidiano europeo che ha pubblicato senza battere ciglio. I casi sono due: o il premier Cameron, appena rieletto a larga maggioranza, è diventato di colpo leghista, o dobbiamo ammettere che le posizioni sostenute dal presunto matto Matteo Salvini (e modestamente da noi fin da tempi non sospetti) sono in linea con le tradizioni del conservatorismo liberale e con i principi di libertà e giustizia.
    Dobbiamo prendere atto, se mai ce ne sia stato bisogno, che l'adesione acritica dell'Italia a questo trattato dimostra che quello di Renzi è un governo di sinistra fortemente condizionato dall'ala più estrema del Pd. E, ovviamente, è la controprova del fatto che il ministro degli Interni Alfano - ieri esultante - sia di sinistra e il suo partito assolutamente inutile a chi vorrebbe rappresentare.
    La sintesi è che ci terremo gli immigrati esattamente come li abbiamo subiti in questi anni. Ma da oggi, con la decisione di Cameron, siamo meno soli nel sostenere la necessità di bloccare gli sbarchi.
    Porte aperte agli immigrati - IlGiornale.it

    Insulti islamici alla processione. Non si può dire «So' ragazzi»
    di Andrea Zambrano
    L'errore più grande è quello di chiuderla a tarallucci e vino dicendo che, alla fine, “so' ragazzi”. Interrompere al motto di “andate via di qui” e “questa è casa nostra” una processione religiosa non era riuscito neanche ai bravi di Peppone per i quali l'affronto massimo poteva essere non togliersi il cappello al passaggio della statua della Madonna o staccare la corrente all'altoparlante mentre il prete parlava.
    Che il sindaco del comune di Conselice, in provincia di Ravenna, avesse voglia di chiudere la questione per non esacerbare gli animi era chiaro già dal comunicato che giovedì ha pubblicato sulla home page del sito dell'amministrazione: “Mi risulta che i ragazzi siano stati rimproverati”. È in quel mi risulta che alberga la spia che l'episodio di domenica debba essere considerato come un incidente di percorso, e nulla più, nell'ambizioso percorso di integrazione che i comuni sperano di costruire con le tante comunità islamiche sparse nel territorio.
    I fatti però delineano scenari un po' più inquietanti, a cominciare dal luogo in cui sono avvenuti.
    Domenica. Ore 10.30, come riporta l'edizione ravennate del Resto del Carlino. Al termine della messa della parrocchia di San Martino parte la processione con la statua della Madonna. Siamo a maggio, mese dedicato al Rosario e alla Vergine.
    In processione c'è la comunità parrocchiale, ci sono le autorità civili, ci sono i bambini di prima comunione. Al passaggio del corteo religioso in via Dante Alighieri succede qualcosa. Alcuni ragazzi della vicina sede dell'associazione di cultura islamica Attadamun iniziano a inveire contro i fedeli: “Andate via”, “qui non potete stare”.
    La cosa lascia sconcertati tutti. C'è chi è intenzionato a fermarsi e riprendere i ragazzi. Poi si decide di fare finta di nulla. Ma al termine, tornati in chiesa, non si parlava d'altro anche se, si legge dal Carlino qualcuno ha cercato di minimizzare dicendo che in fondo si è trattato di un gruppetto di ragazzi che non si sono resi conto della gravità del loro gesto.
    Ma la vicenda non si è chiusa sul sagrato: è finita sul giornale andando a coinvolgere anche il sindaco Paola Pula, primo cittadino Pd di Conselice che ha chiesto un incontro con l'associazione. Il giorno dopo arrivano le lettere di scusa dell'associazione consegnate al parroco e al sindaco.
    Tutto risolto? Più o meno. Restano da capire almeno un paio di cose. Perché dei ragazzi che si presuppone frequentino le scuole regolarmente insieme a tutti gli altri iniziano ad inveire contro il sentimento religioso?
    Ai più è scappato un dettaglio. Il luogo dal quale sono partiti gli improperi verso i fedeli cattolici non è una vera e propria moschea. Ma è la sede di un'associazione di cultura islamica. Un luogo in cui gli islamici istituiscono le proprie madrasse per i bambini e praticano un culto che nella stragrande maggioranza dei casi è abusivo perché è sotto il nome di associazione di cultura islamica che si celano gran parte dei luoghi di preghiera musulmani emiliani. I quali, per avere il titolo di moschea, devono dotarsi di caratteristiche urbanistiche proprie dei luoghi di culto. E che invece per comodità e grazie all'escamotage di una legge regionale che disciplina i luoghi di aggregazione culturale e sportiva, funge a tutti gli effetti da moschea. Con tutti i crismi che ne derivano, compresa la pretesa di considerarlo un luogo inviolabile, in quanto sacro. Anche se moschea non è.
    In Regione la cosa è risaputa, basterebbe modificare la normativa e rendere più stringenti i permessi, ma questo comporterebbe il passaggio in consiglio comunale per le approvazioni urbanistiche avvitando la questione in favorevoli e contrari. Meglio procedere così.
    Fino a quando qualcuno non si sente in diritto di cacciare dal proprio suolo alcuni fedeli che da quelle vie passano con statue e ostensori da almeno mille anni. Con il senso di sfida che questo gesto lascia con sé. Che cosa succederà se il prossimo anno qualcuno particolarmente zelante consigliasse di cambiare itinerario per non “urtare la comunità islamica”? E se la proposta dovesse passare per quieto vivere?
    I bambini che hanno inveito contro la statua devono aver respirato un clima ostile al cristianesimo da qualche parte. Dove? Forse nelle stesse scuole coraniche approntate con il benestare dei Comuni sotto l'effige di normale attività culturale? Saranno anche ragazzate, ma bisognerebbe che qualcuno si interrogasse su chi ha reso il terreno fertile perché accadessero.
    Insulti islamici alla processione. Non si può dire «So' ragazzi»

    Francia, proposta choc del sindaco dell'Ump: "Vietare l'islam per legge"
    Robert Chardon scatena una bufera in tutto il Paese. Lui non molla. "Chi non è d'accordo prenda e la barca o l'aereo e torni in Maghreb". Imbarazzo di Sarko
    Ivan Francese
    Se fosse per lui, l'islam andrebbe vietato per legge. Con questa proposta-choc il sindaco di Venelles, in Costa Azzurra, Robert Chardon, ha suscitato una furibonda polemica politica in tutta la Francia.
    "Chi contravviene a questa disposizione prende la barca o l'aereo... L'islam torni in Maghreb, bene così", ha aggiunto.
    Come riporta Le Figaro, il primo cittadino ha lanciato su Twitter l'idea di "vietare il culto musulmano in tutta la Francia". Immediatamente si è scatenata una vera e propria bufera, con il partito di Chardon, l'Ump di Nicolas Sarkozy, che si è dissociato dalle dichiarazioni del proprio amministratore ed ora, per esplicita ammissione del diretto interessato, potrebbe valutarne l'espulsione. Nel frattempo il sindaco di Nizza Christian Estrosi, anch'egli dell'Ump, ha annunciato l'avvio di una procedura di esclusione.
    Di fronte alle polemiche, però, Chardon non sembra inquietarsi: incalzato da altri utenti di Twitter, ha spiegato di volere una revisione della legge del 1905 sulla separazione tra Chiesa e Stato: il sindaco auspica che la Fede cristiana sia "favorita" dalla repubblica, poiché la cultura francese è cristiana. Non pago, il sindaco non esita a paragonarsi a Luigi XIV, a cui riconosce il merito della revoca dell'editto di Nantes del 1598 sulla libertà religiosa.
    Francia, proposta choc del sindaco dell'Ump: "Vietare l'islam per legge" - IlGiornale.it

    L'Europa dei pirla non sa temere l'odio islamico
    Siamo tiepidi non solo nel coraggio ma perfino nel timore. Dovremmo rispondere al nemico che vuole annientarci. Invece manteniamo un ottimismo idiota e finiremo per scavarci la fossa
    Vittorio Feltri
    Ho paura. Ho deciso di vantarmene. E mi assumo il compito di propagarla. Mi rendo conto. Non si comincia così un libro contro la morte che arriva al galoppo impugnando la scimitarra. Non è molto nobile. Si deve cominciare con un grido di guerra. Eppure, lo confesso: ho deciso di buttare la fifa oltre l'ostacolo.
    Ho paura adesso, e anche per dopo. Per quando queste mie pagine saranno in giro per l'Italia.
    E qualche frase rimbalzerà su Internet. S'incazzeranno, oh se si incazzeranno. Perché ho intenzione di scrivere la verità su quel che ha, in testa e nella pancia, non solo la gentaglia con le bandiere nere e le mani sul collo di poveri prigionieri vestiti di arancione, ma anche il musulmano dal dolce sorriso ospite di trasmissioni tivù, dispiaciuto per i morti e nemico, come no, del terrorismo. Prevedo l'accusa di provocatore irresponsabile. Papa Francesco dirà che mi merito un pugno. Portatemi pure in tribunale, sempre meglio dell'obitorio, a cui siamo destinati in tanti se la paura non ci desterà dal sonno dei pirla.
    Dirò qui la verità sugli islamici e il loro Allah con il Profeta Maometto appresso. Non la Verità con la V maiuscola, per carità. La verità con la v minuscola ritengo sia la più importante acquisizione della mia vita. Ho imparato ad attingerla con il cucchiaio dell'osservazione e dell'esperienza, senza presumere divine rivelazioni. Non c'è bisogno di essere arabisti per capire, anche senza assaporarne i suoni aspirati, che il Corano ha in sé una potenza distruttiva assoluta verso chiunque manifesti un sussulto di libertà e dica no al dominio di un libro che si è fatto Dio, così come si sono fatti suoi boia coloro che lo impugnano.
    Ho paura. Lo ridico. Si osservi la realtà.
    Un Coulibaly e due Kouachi si sono manifestati a Parigi. Quanti Coulibaly a Milano, quanti Coulibaly a Londra? Mi faccio questa domanda, e mentre la scrivo con la Olivetti 32, un Coulibaly qualsiasi spara contro un vignettista e gli avventori in un bar di Copenaghen, e altri danno l'assalto alla sinagoga della capitale danese. Intanto lo Stato islamico avanza in Libia, con giganti vestiti di nero che sgozzano 21 cristiani copti minuscoli, a un tiro di missile Scud, magari nucleare.
    Non è vero che queste immagini, da loro diffuse con orgoglio, vogliano impaurirci. Hanno un altro scopo: quello di inorgoglire i loro correligionari di casa nostra, e di spingere ragazzi annoiati a convertirsi all'onnipotenza. Poi, certo, desiderano indurci alla resa. Come quelle povere madri ebree in fila verso la camera a gas con i bambini per mano. Dobbiamo avere più paura di quella che abbiamo. Una paura così grande da trasformarsi nel coraggio di uccidere per non morire. Una paura intelligente, organizzata. Senza il cappello in mano per domandare l'elemosina della vita (quelli non si commuovono, figuriamoci), ma con l'elmetto in testa e un pugnale tra le mani. Ci ammazzeranno lo stesso, forse, ma forse vinciamo.
    Non riesco, non riuscirò mai a capire chi accetta di scavarsi la fossa, e lo fa sotto il tiro di un fucile, sapendo che chi impugna la carabina tra un minuto ripagherà la sua fatica sparandogli. Nell'isola di Utøya, in Norvegia, il 22 luglio 2011, un uomo solo uccise 69 ragazzi (dopo aver ammazzato 8 persone nel centro di Oslo). Sull'isola, quel giorno, c'erano seicento giovanotti pieni di energia. La loro paura li disarmò, li spinse a nascondersi. Se gli andavano addosso insieme, tremando come foglie di sicuro, ma stringendosi l'uno all'altro per la fifa, il killer ne avrebbe stecchiti quattro o cinque, poi gli altri 595 avrebbero sbranato quell'Anders Breivik, che adesso, condannato a 21 anni, è triste per non averne ammazzati abbastanza.
    Ho scritto questa verità elementare, e mi hanno attaccato come se avessi offeso le vittime. E dire che il mio articolo nasceva dall'immedesimazione con quei disgraziati. Vale adesso per noi. Dobbiamo organizzare la paura, consapevoli che il nemico di Charlie Hebdo non si fa intenerire dai tremori.
    Ho paura. Eppure ho paura di non avere abbastanza paura per riuscire a trasmettervela.
    Siamo un po' tutti così, noi dell'Occidente che non sta capendo un accidente. Tiepidi non dico nel coraggio, ma persino nel timore, inclini a minimizzare, a ritenerci salvi nel nostro orto per non si sa quale magia o corazza invisibile.
    Domina una sorta di ottimismo idiota. È sintetizzabile con il motto: «Male non fare, paura non avere». Lo so che lo ripeteva la mamma a Enzo Biagi. Vale in un mondo perduto. È una regola utile quando incontri un orso in Trentino. Con i musulmani non funziona. Non è vero che se stiamo buoni, se non reagiamo, se non sfioriamo neanche con un fiore il turbante di Maometto, i suoi adepti ci lasceranno stare. Basti guardare come nelle loro terre gli islamici scannano i cristiani, che pure abitavano lì prima di loro. Maometto lo fece con gli ebrei di Medina, ne sgozzò personalmente settecento (ma c'è chi dice novecento).
    Secondo questa teoria, tutto nasce dalla nostra cattiveria. E prima da quella dei crociati. Per cui se consentiamo loro, qui da noi, di costruirsi le moschee, di intabarrare le loro donne nei veli, oltre che di percuoterle e segregarle, considerandoli affari loro, nulla di male ci capiterà. È l'idea dell'Occidente e in particolare dell'Italia come brodo multiculturale. Tu non fai una cosa a me, io non la faccio a te. Tolleranza.
    Balle suicide. Chi ragiona così non sa nulla dell'islam. Lo misura sulla base del sorriso che gli dedica il pizzaiolo egiziano. Eppure l'ho visto il sorriso largo un metro della colf somala, che mi aveva sempre servito gentilmente le polpette, alla notizia delle Torri Gemelle. Non che il pizzaiolo e la colf siano più cattivi di te e di me. Là il Corano, una volta che ne inghiotti gli insegnamenti, è una sorgente di morte (per gli altri).
    Non faccio nessun appello al coraggio. Il coraggio se n'è andato dall'Italia il 15 settembre 2006, quando le campane di Santa Maria del Fiore hanno salutato Oriana Fallaci, e l'abbiamo seppellita. Abbiamo rovesciato palate di terra sul suo grido «Troia brucia, Troia brucia». Per questo mi affido all'arma estrema e molto albertosordiana della vigliaccheria per sopravvivere, sperando che le generazioni future – se mai oseranno nascere – riprendano una certa fierezza di esistere, un orgoglio da noi sepolto nella noia.
    Mi rendo conto di apparire rozzo e irresponsabile, populista e ignorante agli occhi della sinistra al caviale e del cretinismo parrocchiale, quello che della lezione di Ratzinger a Ratisbona non ha capito nulla. Si potrebbe chiamare «complesso di Lepanto». Coincide con il rimorso spalmato sulla coscienza collettiva dell'Occidente dal marxismo terzomondista e dal suo gemello cattocomunista secondo cui è ben giusto che paghiamo il prezzo delle crociate di Roberto il Guiscardo. E soprattutto è stato criminale fermare l'avanzata turca con la guerra, il cui momento decisivo è rappresentato appunto dalla battaglia navale di Lepanto, quando vascelli veneziani, genovesi, spagnoli e pontifici annientarono il 7 ottobre 1571 la flotta ottomana del sultano protesa alla conquista di Roma. Alì Pascià ci lasciò la pelle. E la sua maledizione perseguita ancora tante anime belle, convinte che la faccenda si sarebbe dovuta appianare con il dialogo. Da qui una debolezza mentale che ci tiriamo dietro. Ce la saremmo voluta noi, che paghiamo la colpa dei nostri antenati, questa incazzatura della Mezzaluna.
    L'invasione islamica, del resto, dopo quella data non ha mai smesso di essere desiderata dai musulmani. E il territorio perduto, rivendicato. La «reconquista» della regina Isabella che si riprese l'Andalusia lo stesso anno della scoperta dell'America, 1492, esige secondo gli arabi di essere vendicata con la «re-reconquista». La cacciata dei mori dalla Spagna (1609) esige, secondo gli imam, il risarcimento di una rioccupazione del territorio. E infatti questa procede, eccome se procede, fino a trasformarci in Eurabia. Un processo che nelle librerie e nei caffè parigini e sulle terrazze romane è stato interiorizzato senza protestare.
    Certo, quando questa invasione esagera nei modi, impedisce la satira e mitraglia Charlie, per un paio di giorni esponiamo tutti il cartello dell'indignazione e della solidarietà. Ma poi ci si riaccomoda a sopportare il procedere dell'invasione. La quale non si è ancora realizzata pienamente in senso fisico, in compenso da tempo l'Occidente è sotto il dominio di una cultura propensa ad aprirle le porte. C'è un sistema di credenze che inzuppa la testa dei governi e di tutto l'establishment editoriale e finanziario, cedevole verso l'islam e spietato con chi eccepisce e non intende rinunciare a una certa spiacevole sensazione di turlupinatura quando gli si parla della bontà di Allah e dei suoi seguaci più infatuati.
    In conclusione, il tipo dell'intellettuale con gli occhialini, mescolato ai teologi e agli islamologi, ha licenza esclusiva di occupazione di giornali, librerie, scuole, università, chiese e tribunali. Il multiculturalismo tollera solo la cultura multiculturale. Perché, grazie alla magia del suo nome, ha il pluralismo incorporato, e dunque chi eccepisce si pone fuori dal consesso democratico. È una specie di partito unico, essendo già multipartitico nel nome.
    L'Europa dei pirla non sa temere l'odio islamico - IlGiornale.it


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    Predefinito Re: Rif: Le delizie della società multietnica

    Secondo Mark Carney gli immigrati danneggiano l'economia locale
    Edoardo Capuano
    Fino ad ora, studi di economisti e il buon senso delle persone normali, ma è la prima volta, che un banchiere centrale lo dice in un intervento pubblico: gli immigrati danneggiano l’economia.
    Parole di Mark Carney, Mister Sterlina, capo della Banca d’Inghilterra. Lui, ha parlato per il Regno Unito, ma è ovvio che vale per tutte le economie che ospitano un flusso continuo di immigrati.
    L’afflusso di lavoratori stranieri – ha detto – sta minacciando l’economia tenendo troppo bassi i salari. Dirompente, è una posizione che sarebbe piaciuta anche a Marx – del resto ottimo economista e pessimo politico – e che dovrebbero essere il grido di battaglia dei sindacati. Dovrebbero.
    In un intervento drammatico, Mark Carney ha denunciato che “un alto tasso di immigrazione spiega come mai i salari rimangono fermi“. E scendono in termini reali, visto che l’inflazione sale.
    Ha detto che questo “è un rischio per la ripresa del Paese dalla peggiore recessione in un secolo“.
    I commenti di Carney arrivano nel giorno della pubblicazione di dati che mostrano un flusso record di lavoratori stranieri in Gran Bretagna: si sono presi tutti i lavori generati da una ripresa fasulla.
    Gli autoctoni sono rimasti al palo. E quelli con un lavoro, hanno visto gli stipendi fermi, perché i ‘padroni’ possono scegliere chi assumere.
    E’ il mondo di Renzi e di Eataly.
    Secondo Mark Carney gli immigrati danneggiano l'economia locale | www.ecplanet.com

    Salvini alla rivolta fiscale per la sanità ai migranti
    "Non pagheremo allo Stato i 166 milioni".
    Sabrina Cottone
    Matteo Salvini alza i toni della battaglia contro gli immigrati. E propone al presidente della Regione, Roberto Maroni, una specie di rivolta fiscale: ovvero non pagare allo Stato 166 milioni di euro, quel che in base ai calcoli in mano al leader della Lega costano le prestazioni sanitarie offerte agli immigrati. «Lo Stato fa orecchie da mercante, non ce li rimborsa» dice un barricadero Salvini dai microfoni di Radio Padania, scatenando le reazioni di pancia di tanti ascoltatori.
    La parola battaglia non è un'esagerazione. È lo stesso Salvini a evocare la prima guerra mondiale. Il 24 maggio si ricorda il giorno del 2015 in cui l'Italia entrò in guerra. «Questa domenica, come cento anni fa, non passa lo straniero» è lo slogan messo a punto dai lumbard . E Salvini, citando la famosa canzone degli alpini, indirizza la belligeranza (o secondo i gusti, il no pasaran ) verso i migranti approdati nelle terre lombarde. «Cantavano “Il Piave mormorò, non passa lo straniero”, e sono morti per questo. Oggi si rivolterebbero nella tomba, vedessero come adesso lo straniero lo andiamo a prendere a casa sua e ce lo portiamo qua» le parole del leader leghista a Radio Padania.
    Secondo la legge, a pagamento, il cittadino straniero senza permesso di soggiorno può usufruire di cure ambulatoriali e ospedaliere urgenti, cure essenziali e tutela della salute del minore fino a diciotto anni. E poi di vaccinazioni, diagnosi e cura delle malattie infettive. Lo straniero non iscritto al Servizio sanitario che non può permettersi di pagare il servizio, può comunque accedervi, certificando la propria indigenza. I costi sono tutti a carico del ministero degli Interni o del Servizio sanitario nazionale, che sono tenuti a rimborsare la Regione. Sono proprio questi i fondi di cui la Lombardia chiede il rientro al governo.
    Salvini alla rivolta fiscale per la sanità ai migranti - IlGiornale.it

    Ma quanto fastidio dà il Crocifisso
    di Riccardo Cascioli
    «Purtroppo siamo abituati a una lettura immediatamente ideologica e travisata, pregiudiziale per motivi ora politici ora culturali, di alcuni fatti, come quello capitato al ragazzino di Terni. Dietro un litigio tra ragazzi si legge subito una guerra religiosa». Questa l’affermazione di don Gian Carlo Perego, direttore della Fondazione Migrantes della Cei, in un’intervista a Vatican Insider, dove si dà per scontata la smentita della storia della 12enne colpita da un compagno di classe senegalese che voleva strapparle il crocifisso dal collo. In effetti il padre del bambino e la preside della scuola hanno smentito qualsiasi motivazione religiosa, ma le cose sono un po’ più complesse. Il caso non nasce da una lettura magari data da alcuni giornali che subito immaginano una guerra religiosa dietro un litigio tra ragazzi. Nasce invece da una denuncia presentata dalla madre della ragazzina, che sulla circostanza del crocifisso cita anche alcuni testimoni, e tuttora sul fatto ci sono due versioni. Quella della famiglia della ragazzina e quella della scuola (nonché del padre del ragazzino), che ufficialmente smentisce qualsiasi motivo religioso e parla di semplice lite tra ragazzi. Seppure non lo si voglia dire ufficialmente tra una parte degli insegnanti c’è una sorta di fastidio per la famiglia della ragazza colpita, accusata di avere esagerato le conseguenze dell’incidente e ritenuta notoriamente piantagrane, così come la ragazzina è accusata di avere un comportamento troppo conflittuale con i compagni di classe. Insomma, il ragazzino senegalese è oggettivamente difficile (la mattina dell’incidente la preside aveva chiamato il padre perché non si riusciva a calmarlo) ma se la situazione è precipitata sarebbe colpa della ragazzina. Ovviamente opposta l’altra versione, sostenuta anche da qualche insegnante, che stigmatizza invece il tentativo di mettere tutto a tacere per il buon nome della scuola, che vivrebbe anche condizioni assurde a causa di una percentuale molto alta di immigrati che si aggiungono a ragazzi italiani con forti disagi.
    Che il problema fosse il crocifisso o meno, don Perego forse dovrebbe ragionare su questo genere di situazioni che in Italia diventano sempre più comuni: classi e scuole dove gli studenti italiani – e soprattutto del posto – diventano minoranza, in nessun modo aiutano l’integrazione, anzi sono una bomba a orologeria. Catapultare il 27 aprile un ragazzino dal cuore dell’Africa in una classe scolastica senza neanche che parli italiano, e aspettarsi che non ci siano gravi problemi non è certo un segno di saggezza. E non tenere conto del contesto culturale e religioso da cui questi ragazzi provengono e che, ad esempio, potrebbe spingere un ragazzo musulmano a reagire violentemente se venisse trattato alla pari da una ragazza, è altrettanto poco saggio (per usare un eufemismo). Sarebbe anche interessante vedere come si comporterebbero i tanti bacchettatori moralisti sempre pronti a dare lezioni di accoglienza se vedessero i loro figli crescere in contesti scolastici del genere invece che in scuole “scelte”.
    Quanto poi al crocifisso, un qualche problema a Terni sembra esserci, e non soltanto per gli immigrati, se domenica scorsa è addirittura stato fatto togliere dalla polizia in una piazza cittadina per “non disturbare” il corteo gay nella giornata contro l’omofobia. Le cose sono andate così: nella centrale Piazza della Repubblica già da mesi era previsto un gesto pubblico del movimento dei Neocatecumenali, nel quadro della manifestazione delle cento piazze che si svolge in tutto il mondo: preghiera, canti, danze e un momento di catechesi in piazza è quanto prevede il gesto. Per cui come solito era stata issata la classica croce astile e i volontari stavano iniziando a montare le varie strutture quando è arrivata la polizia: il Comune aveva creato un pasticcio autorizzando solo pochi giorni prima il passaggio del corteo gay nella stessa piazza. Ecco dunque la soluzione: la polizia ha “gentilmente” invitato i Neocatecumenali a togliere la croce, che poteva dar fastidio, e spostarsi da quella piazza. Cosa che è stata fatta, e così i Neocatecumenali si sono recati a celebrare i vespri in una chiesa vicina.
    Si tratta di un fatto gravissimo: il crocifisso addirittura considerato fonte di disturbo per i gay, un segno di omofobia. E normale diventa chiederne la rimozione negando la visibilità pubblica ai cristiani, che pure avevano tutte le autorizzazioni, spingendoli a rinchiudersi in chiesa. Ovviamente per il presidente della Repubblica Mattarella – vedi messaggio per la giornata contro l’omofobia – la vera emergenza educativa riguarda l’accoglienza delle persone omosessuali, cosa che evidentemente giustifica anche questi soprusi ai danni dei cristiani.
    Ma quanto fastidio dà il Crocifisso

    SPAGNA SOCCORRE BARCONE CON 44 A BORDO, LI SALVA E LI RIMPATRIA TUTTI.
    Un gommone di sei metri di lunghezza, con a bordo 44 migranti di origini subsahariane, e’ stato intercettato ieri dal Salvataggio marittimo spagnolo e dai mezzi della Guardia Civil a circa 15 miglia a sudovest dell’isola di Alboran, nel mare di Alboran. Lo si apprende da fonti della Capitaneria di porto di Motril (Granada). I migranti sono stati trasferiti a bordo della motovedetta Salvamar Hamallos e sono sbarcati in serata a Motril, assistiti da volontari della Croce Rossa. Fra loro c’erano sette donne e quattro bambini, fra tre e otto anni d’età. Tutti e 44 sono stati trasferiti in un centro di soggiorno temporaneo, in attesa delle procedure per il rimpatrio, che avverrà a breve.
    SPAGNA SOCCORRE BARCONE CON 44 A BORDO, LI SALVA E LI RIMPATRIA TUTTI. - Il Sud con Salvini

    Allarme dei Servizi sui migranti: 45mila non sono stati identificati
    Di 170mila profughi arrivati sulle coste italiane nel 2014, solo 115mila sono stati fotosegnalati. Le falle nella sicurezza e il mistero dei Cie
    Emanuela Fontana
    La crepa nei controlli è segnalata da mesi dalle forze di polizia, è testimoniata da qualsiasi cittadino che si metta in viaggio sui pullman che dal sud Italia raggiungono Roma e le città del nord: decine, migliaia di migranti arrivati dal mare si allontanano dai centri di accoglienza.
    Ma ora sono i servizi a lanciare l'allarme: «Il frequente rifiuto dei profughi di sottoporsi alle procedure di identificazione - scrivono i nostri 007 - incide significativamente sull'efficacia delle attività di controllo e riconoscimento».
    Non capita qualche volta, ma migliaia di volte: di 170mila migranti arrivati sulle coste italiane nel 2014, solo 115mila sono stati fotosegnalati, hanno confermato fonti di polizia, senza smentite, alla trasmissione Report . Nell'ultima relazione al parlamento del 2015 sulla politica della sicurezza i servizi non danno numeri, ma calcano la mano su questa falla della sicurezza. Al di là del fatto che il marocchino Touil Abdelmajid abbia avuto un ruolo nell'attentato al museo del Bardo a Tunisi o sia innocente, la sua storia accende i riflettori su procedure di identificazione fragilissime. Touil era stato registrato, sì, a Porto Empedocle, quando era sbarcato il 17 febbraio dalla Libia, ma con un nome falso. Alla sua identità si è risaliti solo grazie alla denuncia di perdita del passaporto sporta dalla madre. Ad Agrigento gli era stato consegnato il foglio di intimazione a lasciare l'Italia. Ma perché non è stato condotto al Cie, il centro di identificazione per quegli immigrati che non appartengono a Nazioni di guerra, e non sono quindi profughi? I Cie in Italia ora sono soltanto cinque, e ospitano in massima parte ex detenuti. Dovrebbero invece servire a identificare ed espellere i non regolari senza diritto di asilo.
    I servizi lo scrivono chiaro nella loro ultima relazione: segnalano la «dispersione dei migranti sul territorio», con un «passaggio alla condizione di clandestinità» che ha accentuato «il rischio di una loro cooptazione nei circuiti delinquenziali», oltre che al rischio, soprattutto per i minori, di finire in canali «di sfruttamento». Il dossier segnala poi una intensa «specializzazione» nella falsificazione di documenti da parte di «strutturati network pakistani». E c'è un pericolo più preoccupante: starebbe nascendo un legame in Libia tra miliziani islamici e trafficanti di uomini verso l'Italia: sono un «potenziale vettore di minaccia» le «rilevate collaborazioni in estese zone del nord Africa e della regione sahelo-sahariana tra organizzazioni di trafficanti e gruppi armati di matrice islamista, favorite talora dai legami familiari o tribali». Rimane quindi «all'attenzione dell'intelligence il rischio di infiltrazioni terroristiche via mare, ipotesi plausibile in punto di analisi», sebbene finora senza «riscontro».
    Ma migliaia di immigrati dopo lo sbarco si rifiutano di entrare nella banca dati europea. I regolamenti non consentono alla polizia di obbligarli: la maggior parte di chi si oppone all'identificazione, lo fa «nel timore che, una volta raggiunte le ambite mete nordeuropee, possano essere riassegnati al primo Paese di ingresso nella Ue (e quindi l'Italia ndr) in applicazione del regolamento di Dublino».
    È proprio questo il regolamento europeo che ha creato la crepa della sicurezza: consente a chi vuole di non essere identificato, finché non raggiunge lo Stato desiderato per la richiesta di asilo. Molti, in effetti, puntano verso Germania e Francia. Ma è impossibile avere la certezza sugli spostamenti di oltre cinquantamila non identificati. Lo scorso anno al Cara di Bari sono passati 250 siriani e soltanto uno si è fermato. Dove si trovano gli altri? E chi sono?
    Allarme dei Servizi sui migranti: 45mila non sono stati identificati - IlGiornale.it

    L’Italia multiculturale dell’Istat, presto gli stranieri saranno in maggioranza
    Marco Chierici
    Da un recentissimo rapporto Istat risulta che in Italia siamo in 61 milioni circa di residenti, tra questi 5 milioni sono stranieri. Non mi piace più il multiculturalismo quando qualcuno esige smontare un crocefisso dalle pareti delle nostre scuole o dei nostri ospedali; non mi piace se si devono cambiare i menù negli asili perché il maiale non è gradito; non mi piace la sharia mentre milioni di persone la invocano con veemenza; non mi piace quando ci considerano infedeli; non mi piace vedere sciami di nullatenenti in ciabatte che smerciano capi taroccati senza licenza alcuna; non mi piacciono le moschee quando diventano covi politici incontrollati; non mi piace che i nostri Comuni rilascino centinaia di licenze a centri massaggi cinesi, dove si svolgono professioni assai dubbie; non mi piacciono migliaia di prostitute per la strada. Non ritengo giusto che nelle nostre carceri vi siano oltre la metà di stranieri. Quando si paragona questa immigrazione biblica a quella di un secolo fa negli Stati Uniti, si sbaglia di brutto. Negli USA, ancora oggi, è necessario adeguarsi alle loro leggi e anche volando basso e rispettando la bandiera e la costituzione, l’esercito e le istituzioni.
    Un’ Italia che non sarà più riconoscibile come tale, non sarà più Italia. Lasciamo stare per ora i Rom che manteniamo a spese nostre. I nostri dialetti stanno terminando la loro vita con questa generazione, dopo un’agonia iniziata negli anni settanta. Un inestimabile patrimonio come i dialetti muore per sempre davanti all’indifferenza globale. L’Italia era un paese meraviglioso e non è razzismo, certo non lo è affatto, dichiarare che gli ospiti stranieri hanno il dovere di rispettarlo e non hanno alcun diritto di plasmarlo a loro gusto e piacimento.
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    Usa, eletto primo sindaco nero: i poliziotti lasciano in massa
    A Parma (Usa) si dimette l'80% degli agenti dopo l'elezione del primo sindaco di colore della città
    Ivan Francese
    C'è una città di settecento abitanti, in Missouri, che si chiama Parma.
    Una città dove ha fatto scandalo, l'elezione del primo sindaco di colore, la signora Tyrus Byrd: al punto da provocare le dimissioni dell'80% dei poliziotti del paese, del consulente legale del comune e del supervisore delle acque. Ancora prima che la Byrd si insediasse come sindaco, c'è stato un vero e proprio esodo dagli uffici comunali.
    Il sindaco uscente, Randall Ramsey - che era nell'amministrazione comunale da ben 37 anni - ha spiegato che i dipendenti del municipio non hanno fornito alcun preavviso per annunciare le proprie dimissioni. Altri dipendenti comunali rimasti al proprio posto hanno invece raccontato che le dimissioni dei colleghi erano probabilmente dovute a preoccupazioni riguardanti la sicurezza.
    Usa, eletto primo sindaco nero: i poliziotti lasciano in massa - IlGiornale.it



    Belpietro zittisce Fassino: "Colpa della sinistra se siamo invasi dagli immigrati"
    Lo scontro monta quando a "Virus" su Raidue si parla di immigrazione e viene mostrato un filmato in cui un gruppo di eritrei appena sbarcati si rifiuta di farsi prendere le impronte digitali. Al ritorno in studio il direttore di Libero Maurizio Belpietro ricorda quando "vent'anni fa c'era un senatore leghista che si chiamava Boso il quale per primo chiese che agli immigrati appena sbarcati fossero prese le impronte e si scatenò il finimondo, perchè si disse che era una pratica razzista".
    A quel punto, il sindaco di Torino Piero Fassino si dice d'accordo sul fatto che gli immigrati debbano essere identificati, ma Belpietro non gliela fa passare liscia: "Ma cosa sta dicendo Fassino? Ma se voi negli anni avete fatto entrare tutti finche ci siamo trovati nella situazione di oggi. Lei dice un sacco di balle e di stupidaggini, se oggi siamo ridotti in questo modo è colpa della sinistra che ha sempre tenuto le porte aperte a tutti".
    Belpietro zittisce Fassino: "Colpa della sinistra se siamo invasi dagli immigrati" - Politica - Libero Quotidiano



    MARINE DA SBARCO - LE PEN: "L'UNICA SOLUZIONE È ZERO MIGRANTI: VANNO RISPEDITI INDIETRO TUTTI I BARCONI. DOBBIAMO RISTABILIRE LA FRONTIERA TRA FRANCIA E ITALIA E ALLEARCI CON ASSAD, IL MALE MINORE"
    Anais Ginori per “la Repubblica”
    «L’Europa è impotente. Cerca solo di occultare la sua inefficacia nell’arrestare i flussi migratori». Marine Le Pen fa una critica radicale della ripartizione più solidale dei migranti tra i paesi dell’Ue. «Si tratta di un messaggio di incitamento ai trafficanti. Così ci saranno ancora più barconi della morte nel Mediterraneo», dice la presidente del Front National che ieri sedeva nel Parlamento di Strasburgo
    Il piano della Commissione non le sembra un tentativo di razionalizzare la gestione dei migranti?
    «Non volendo ristabilire le frontiere, come bisognerebbe fare, la Commissione fa finta di organizzare i flussi. L’Ue fa proposte senza un criterio ragionato, esponendoci a conseguenze sempre più gravi».
    È contraria all’idea delle quote?
    «Siamo radicalmente contrari a qualsiasi quota di immigrazione imposta da Bruxelles. I Paesi sono sovrani e ognuno deve poter decidere chi accogliere».
    Non la convince neppure l’idea di una nuova offensiva in mare per fermare i barconi?
    «L’unico modo di fermare questi barconi è rendere la loro attività inefficace. Nel momento in cui l’Europa propone una nuova, fantomatica gestione di flussi, possiamo essere certi che i trafficanti stapperanno champagne».
    Cosa propone per evitare nuovi naufragi nel Mediterraneo?
    «L’esempio da seguire è l’Australia: zero migranti illegali e zero vittime al largo delle coste. Per mettere in sicurezza i barconi bisogna fermarli e rimandarli verso i porti di partenza. Se lo facciamo per 20 volte, la ventunesima i migranti smetteranno di pagare i trafficanti».
    Soddisfatta dell’opposizione del governo socialista all’idea di quote?
    «Non ho alcuna fiducia nel governo e neppure nell’Europa che continua a dirci che l’immigrazione aiuta la crescita economica, come ha sostenuto uno dei commissari Ue, non ricordo il suo nome ma tanto sono tutti robot tecnocrati ».
    Ci sono diversi studi di economisti che sostengono l’importanza dell’immigrazione.
    «Probabilmente sono economisti venduti. Io ascolto solo il popolo che non vuole nuovi immigrati ».
    Il diritto d’asilo, almeno quello, si può garantire?
    «Deve essere riservato solo alle vittime di regime. Ma è comunque complicato: in nove casi su dieci i siriani che si presentano come perseguitati da Bashar al Assad sono in realtà dei fondamentalisti islamici. Prendiamo anche loro? ».
    Cosa vorrebbe fare?
    «È necessario delegare ai consolati e alle sedi diplomatiche l’analisi dei dossier, nei diversi paesi di provenienza, senza aspettare che i richiedenti siano già arrivati in Europa».
    L’Italia deve rimanere sola nell’accoglienza dei migranti?
    «L’unica soluzione è chiudere le nostre frontiere. Si può creare una forza marittima bilaterale, tra Francia e Italia, ma solo per ricondurre i barconi verso i porti di partenza».
    Vuole chiudere anche la frontiera tra Francia e Italia?
    «Bisogna ristabilirla con la fine immediata di Schengen. È nell’interesse anche dell’Italia ».
    E in Libia quale sarebbe la soluzione?
    «Rivedere le nostre relazioni diplomatiche e allearci subito con le forze siriane».
    Con il dittatore Bashar al Assad?
    «Bashar el Assad è meno peggio dei fondamentalisti islamici che ora sono anche in Libia. In politica estera scelgo il male minore. E comunque Assad non era meno dittatore quando veniva accolto a Parigi insieme a Gheddafi, invitati entrambi da Nicolas Sarkozy».
    Cosa pensa del nuovo nome dell’Ump, che si chiamerà “Les Républicains”?
    «È l’ennesima manovra per tentare di occultare le responsabilità che pesano su un partito che ha governato per dieci anni la Francia ».
    Sarkozy vuole evitare che lei continui a dire “Umps”, facendo confusione tra destra e sinistra.
    «Certo, pensa che siamo degli idioti. Continueremo a chiamarlo Umps».



    Studente africano minorenne stacca il crocifisso dal muro e lo mette fuori dalla finestra
    Scandalo a scuola a Vigevano: uno studente è stato sospeso per venti giorni. Non è chiaro se il gesto sia stato motivato dall'odio religioso.
    Ivan Francese
    Un gesto sgradevole, a metà tra la bravata e un brutto atto di disprezzo per i simboli religiosi della Fede altrui.
    A Vigevano uno studente nordafricano minorenne è stato sospeso per venti giorni dopo aver rimosso il crocifisso appeso in aula e averlo appeso fuori dalla finetra. Un alunno dell'istituto "Caramuel" è stato così sanzionato dopo essersi presentato in classe con chiodi e martello per staccare il simbolo sacro dal muro e ricollocarlo fuori dalla finestra. "Abbiamo voluto dare un segnale forte - è l’unico commento del dirigente scolastico Matteo Loria - perché vogliamo che episodi del genere non abbiano più a ripetersi".
    Sul caso è intervenuto anche l'ex vicesindaco di Milano Riccardo De Corato che ha deplorato l'accaduto biasimando il comportamento del giovane: "Ecco l'integrazione che il centrosinistra dice di vedere: uno studente nordafricano è stato sospeso da scuola perché ha staccato il crocefisso dal muro per appenderlo fuori dalla finestra. Questo è il rispetto che gli immigrati dimostrano per il nostro Paese, le nostre tradizioni e la nostra religione. Presenterò un'interrogazione in Regione."
    Studente africano minorenne stacca il crocifisso dal muro e lo mette fuori dalla finestra - IlGiornale.it

    Pugno duro di Cameron sui migranti
    David Cameron mostra i muscoli sull'immigrazione e lo fa annunciando un piano che prevede anche il sequestro di polizia delle paghe in nero dei migranti e norme più restrittive per ridurne l'afflusso.
    Il premier conservatore conta così di mantenere la promessa, di ridurre l'immigrazione netta nel Regno Unito. Cameron parlando dalla sede dell'Home Office alla stampa e ai dipendenti del ministero ha spiegato i punti della sua Immigration Bill, sottolineando che è fra le priorità dell'esecutivo da poco rimessosi al lavoro dopo la vittoria elettorale e senza più l'"ostacolo", come ha sottolineato lo stesso premier, degli alleati di governo Libdem che si opponevano a interventi draconiani in fatto di migranti e Ue.
    "Un Paese forte è quello che controlla nel modo giusto l'immigrazione", ha detto Cameron. "Il nostro approccio sarà più duro, giusto e rapido. Metterà fine alle case piene di lavoratori illegali, fermerà la gente che rallenta l'espulsione con appelli pretestuosi, darà ai britannici le capacità per fare i lavori di cui abbiamo bisogno".
    Fra le misure previste, espulsioni più facili, migranti illegali controllati dal braccialetto elettronico, il divieto per le società e le agenzie interinali di assumere all'estero senza aver pubblicato l'annuncio di lavoro in Gran Bretagna e la creazione di una 'Immigration Taskforce', guidata dal primo ministro in persona, che farà da supervisione all'applicazione della nuova legge.
    I critici sottolineano che il giro di vite non riguarda l'immigrazione legale, quella in costante crescita in particolare dall'Unione europea e che vede l'Italia come uno dei primi Paesi di partenza. Cameron conta di ridurre questi numeri modificando le regole del welfare in modo da obbligare chi arriva dall'Ue in cerca di lavoro a lasciare il Paese dopo sei mesi se non ha trovato un impiego, oltre a un blocco dei sussidi di disoccupazione per quattro anni.
    Banco di prova saranno però i negoziati per il rimpatrio dei poteri da Bruxelles a Londra dove le limitazioni proposte da Cameron nei confronti di cittadini comunitari potrebbero cozzare contro il principio di libera circolazione, che le autorità europee giudicano come inviolabile.
    Il piano del primo ministro arriva mentre cresce l'allarmismo sull'immigrazione fra i media. Il Times ha 'sparato' in prima pagina la notizia che uno dei terroristi nel commando che ha assaltato il museo del Bardo in Tunisia sia arrivato in Italia come 'infiltrato' fra i migranti. Grande rilievo anche alla vicenda dei 10 immigrati giunti in Gran Bretagna "nel lusso", nascosti nei bagagliai di nuove Maserati che venivano trasportate in Inghilterra.
    Pugno duro di Cameron sui migranti

    Troviamo un lavoro ai 2.000 lavoratori Whirpool o sistemiamo 2.000 clandestini appena sbarcati?
    di ROBERTO BERNARDELLI
    Le scelte devono essere coraggiose, altrimenti sono populismo e sistema per raccattare consenso. Sulla questione immigrati siamo infatti a questo stallo. C’è un governo che si prende tutti i disgraziati del Mediterraneo, imboscati terroristi compresi, con un’Europa che non ne vuole prendere neanche uno, dettando mille condizioni. Allora bisogna avere il coraggio, appunto, di prendere decisioni nette, come la Svizzera o come Cameron, che ha detto: anche se lavori ma sei entrato illegalmente, non quindi per una chiamata ufficiale di lavoro, te ne torni a casa e lo Stato ti prende quello che hai guadagnato fino ad ora.
    Eccessivo? Almeno però Londra ha detto chiaro e tondo quello che vuol fare. In Italia sentiamo solo piagnistei o promesse improbabili, a meno che qualcuno scalzi domani mattina Renzi e governi da leader del centrodestra.
    Intanto c’è una vertenza. Grande come una casa, quella dei dipendenti Whiropool. Duemila persone che rischiano a breve di stare a spasso. Il 12 giugno intanto sarà sciopero generale dei lavoratori del gruppo Whirpool e grande manifestazione a Varese. Lo comunica una nota dei sindacati. “È necessario mettere in campo la mobilitazione generale di tutto il Gruppo Whirlpool – fa sapere una nota sindacale – per impedire licenziamenti e chiusure di stabilimenti ed affermare un piano industriale e di investimenti che qualifichi progettazione e produzione di elettrodomestici nel nostro paese. Per queste ragioni proclamiamo per il 12 giugno otto ore di sciopero e una manifestazione a Varese di tutte le lavoratrici e i lavoratori del Gruppo. Nei prossimi giorni, al riguardo, sarà convocato il coordinamento sindacale unitario”.
    Ecco, i sindacati stanno facendo il loro lavoro. E i politici? Metteranno i duemila lavoratori in altrettante stanze d’albergo e garantiranno un pacco alimentare alla Caritas?
    Licenziamenti e sbarchi, l'ora di scelte definitive | L'Indipendenza Nuova

    Potessi trasferirmi a Lucca
    di Camillo Langone
    Potessi trasferirmi a Lucca. Torno ora dalla città più conservatrice di Toscana e forse d’Italia, che molto saggiamente ha conservato il giro completo delle mura, un circuito di alberi, mattoni e prati tutto camminabile e pedalabile che ogni sindaco dovrebbe prendere come modello. Visto che i confini nazionali non vengono difesi, e che quelli regionali servono solo a delimitare le aree di influenza amministrativa dei ras politici locali, restano i confini comunali.
    “Come si mette ordine nel caos?” si è domandato Régis Debray. “Tracciando una linea. Separando un dentro da un fuori”.
    Nemmeno Lucca, sia chiaro, è perfetta: di notte le sue porte restano sciattamente aperte, e di giorno purtroppo non ci sono guardie a controllare i documenti e le facce di chi entra. Eppure basta ammirare i suoi baluardi per capire il significato della parola “deterrenza”. Solo col loro esistere, mura del genere consigliano a un Abdel Majid Touil di starsene alla larga. Che questo marocchino sia un terrorista o uno degli innumevoli invasori tranquilli che anziché attentare alla vita degli italiani si limitano ad attentare al loro portafoglio, succhiando servizi pubblici, conta relativamente. Non sto scrivendo una preghiera garantista: Touil è comunque colpevole di qualcosa, quantomeno di violazione di frontiera. Potessi trasferirmi dentro una città murata, dove simili ceffi non trovano cittadinanza.
    Potessi trasferirmi a Lucca


 

 
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