Originariamente Scritto da
Eridano
DA MOVIMENTO INDIPENDENTISTA A MONEY TRANFERT IN AFRICA
di GILBERTO ONETO
Nei giorni scorsi un intervento sulla manifestazione leghista di domenica 22 gennaio pubblicato sul nostro giornale ha ricevuto un numero piuttosto alto di visite e di commenti. Purtroppo alcuni di questi si sono focalizzati più che sul contenuto del pezzo sul fatto che vi fosse ipotizzata la presenza di 10-15 mila persone. Si è scatenata la bagarre dei numeri, con qualcuno che è arrivato a ipotizzare che la Piazza del Duomo possa contenere fino a 700 mila persone. Quella della guerra dei numeri è una antica abitudine del dibattito politico italiano in cui si esercitano con uguale impegno e fantasia giornali, questure e redattori di comunicati stampa. Ciascuno cerca di gonfiare le proprie cifre e sminuire quelle degli avversari quasi che il valore delle idee sia davvero rappresentato dal numero di persone che le sostengono e manifestano. Nell’articolo si ipotizzava una cifra che era parsa ragionevole e sincera, senza intenti denigratori: infatti vi si sosteneva che oggi forse nessun altro movimento politico sia in grado di mobilitare altrettante persone, ma questo non è bastato a qualche fin troppo solerte militante che si è sentito quasi offeso. In realtà, la parte più succosa dell’affermazione, quella che intendeva porre un problema e fare meditare e discutere, è quella che sosteneva che la Lega dei bei tempi radunava folle 10 o 20 volte superiori. Qualcuno forse ricorda la straordinaria manifestazione di Milano, in un piovoso novembre di tanti anni fa, quando forse più di 300mila leghisti avevano pacificamente invaso la città, con un lunghissimo corteo la cui coda doveva ancora partire dalle colonne di San Lorenzo e la cui testa aveva già riempito Piazza Castello. Sul Po poi i numeri erano stati ancora superiori e arrivavano tranquillamente al milione e mezzo, come ricalcolato al dettaglio in uno studio pubblicato sui Quaderni Padani nel 2006, in occasione del decimo anniversario di quella che è ormai riconosciuta come la più grande manifestazione indipendentista dell’Occidente. Lo stesso anno la Lega aveva preso più del 10% superando i quattro milioni di voti alle politiche: numeri che non ha mai più raggiunto in assoluto e che ha avvicinato in percentuale solo grazie all’aumento dell’astensionismo. Sono passati da allora più di 15 anni. La domanda che ci si dovrebbe porre e sulla quale dibattere seriamente è: perché la Lega è diminuita in consenso e dove sono finiti quegli elettori e magari anche quelli che in altre occasioni l’avevano votata? Nello stesso lasso di tre lustri i partiti catalanisti, ad esempio, sono sistematicamente aumentati e la autonomia della loro terra ha fatto passi da gigante. Perché da noi è successo il contrario? Questo si dovrebbe chiedere la base di un partito politico serio, questo dovrebbe essere oggetto di un vero dibattito, di mature riflessioni congressuali.
Invece di cavillare sul numero di persone presenti il 22 gennaio, su quanti di essi fossero maroniti, cerchiofanti o badantisti, non sarebbe finalmente ora di cercare di capire dove si è sbagliato, chi ha sbagliato, e cosa si deve fare per rimediare? Se in tutti questi anni non si è ottenuto nulla e si sono persi consensi, andando in assoluta controtendenza rispetto a tutti gli altri movimenti autonomisti – dalla Scozia alle Fiandre – un motivo ci deve essere. Nel 1996 quattro milioni di padani – più di un quarto del totale – avevano votato per un partito indipendentista, avevano cioè fatto una scelta dura, difficile, estrema per un popolo di moderati. Non li si era convinti a cambiare marca di dentifricio o modello di calzature, ma di risolversi a una scelta pesante, contraria a decenni di condizionamenti culturali e di ricatti sentimentali. Avevano superato un fosso con un salto che richiede determinazione e coraggio. Perché sono tornati indietro? Perché si sono rifugiati nell’astensione o nel voto di protesta? Perché non hanno continuato nella battaglia e nell’apostolato come avevano fatto fino ad allora? Sarebbe bastato che ciascuno di loro convincesse un amico, un parente o un vicino perché la maggioranza dei padani fosse favorevole all’indipendenza e potesse raggiungerla.
Perché, arrivati in vista dell’obiettivo, si è tornati indietro? E da allora c’è chi piagnucola sui numeri bassi, sui consensi insufficienti e sulla sfiga cosmica che ha trasformato un movimento indipendentista in un sodalizio organizzatore di concorsi di bellezza, in un meccanismo di money transfer in Africa.
Ecco, sono questi i temi su cui ci si deve confrontare, su cui si deve lavorare anche facendo scelte dolorose, se si vuole davvero l’indipendenza della Padania. Gli esami di coscienza sono alla base di qualsiasi processo di guarigione e di rinascita. La retorica, il celodurismo della domenica, l’obbedienza pronta-cieca-assoluta, servono a nulla. Disquisire e polemizzare sul numero di fazzoletti verdi in Piazza Duomo ancora meno.
Postilla geometrica e demografica
Giusto per la cronaca, la parte di Piazza compresa fra il Sagrato e il monumento a Vittorio (e cioè quella interessata dalla manifestazione) misura circa 12.500 metri quadrati. Tolto il palco e la base del monumento si arriva a circa un ettaro: mettendo una persona o due per metro quadrato di media, si arriva alla cifra ipotizzata. È del tutto irreale calcolare quattro persone a metro: roba da metropolitana molto, ma molto, affollata di gente anoressica, immobile e priva di sudorazione. Mettendoci anche tutti quelli che giravano per la città, sotto i portici, dentro al Duomo, nei bar e aggiungendoci tanta buona volontà si può forse sparare 25mila. Oltre c’è solo Calderoli.
25 Gennaio 2012
DA MOVIMENTO INDIPENDENTISTA A MONEY TRANFERT IN AFRICA | L'Indipendenza