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Un giubbotto, Solofra e la leggenda


Anche l’Irpinia ha avuto la sua parte nella creazione del mito di Michael Jackson, indissolubilmente legato a uno dei video più famosi della storia della musica: il corto di Thriller, per la regia del grande John Landis, grazie al quale raggiunse la fama mondiale nel 1982. Uno degli elementi principali del video, il giubbotto di pelle rossa con strisce nere a contrasto indossato dalla pop star, ha visto la nascita nel polo conciario di Solofra, almeno per quanto riguarda la lavorazione della nappa. Un oggetto considerato dai fan di tutti i tempi come un autentico pezzo di storia, qualcosa che ha contribuito a costruire l'immagine di una star che proprio con i video che accompagnavano i singoli di uno degli album più venduto di tutti i tempi - vincitore di ben 8 Grammy Awards su 12 nomination - ha rivoluzionato il concetto steso di video musicale, facendo largo ricorso ad effetti speciali rimasti memorabili, creando storie vere e proprie animate da coreografie mai fuori moda, come il Moonwalk lanciato con la celebre Billie Jean destinata a diventare il .
Un anno prima dello shooting del video, una nota casa di moda internazionale commissionò ad una conceria di Solofra la realizzazione delle pelli. Questo accadeva nell'epoca d'oro per il polo conciario della nostra provincia, quando i prodotti solofrani facevano il giro del mondo, ricercatissimi dai più grandi creatori di moda. «Ricordo - racconta un chimico che lavorò alle pelli di quel giubbotto - che in un primo momento il giubbotto, già confezionato, ci fu rispedito indietro perchè quando veniva stirato il rosso e il nero si sovrapponevano. Così dovemmo fare diversi tentativi prima di riuscire a fissare meglio i colori. Non sapevamo che l'avrebbe indossato Jackson, lo scoprimmo solo quanto uscì il video. Da quel momento le ordinazioni si moltiplicarono e altre concerie furono coinvolte per smaltire gli ordini».
Ma i tempi cambiano anche per le stelle che, fatto il loro corso talvota cadono fino a spegnersi. Non senza lasciare traccia, è certo, ma agli innumerevoli fan sparsi in tutto il mondo resta l’amaro di sapere che questa volta il grande Michael, scomparso da un angolo della scena non riapparirà d’improvviso in una nuvola di fumo dalla parte opposta del palcoscenico, come faceva in concerto. E resta, forse a compensare le manie e gli eccessi di un ragazzino che non ha avuto il tempo e la libertà di crescere, l’immagine probabilmente più toccante, prima che sentisse l’esigenza di coprirsi il volto con una mascherina, di un ragazzo felice al fianco di Quincy Jones e di decine di altre star mentre incidono We are the World, il disco a sostegno delle popolazioni affamate d’Africa.

Redazione Cultura