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    Gli umori corrodono il marmo

  2. #2
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    Predefinito Rif: SOCIALISMO NAZIONALE SPAGNA



    Settantuno anni fa, il 29 Ottobre 1936, Ramiro Ledesma Ramos, Sindacalista Rivoluzionario, veniva assassinato dai suoi carcerieri.


    "Tagliate tutti i ponti con le illusioni internazionaliste, con quelle liberal-borghesi e con il parlamentarismo. Dovreste sapere che, in fondo, queste non sono che le bandiere dei privilegiati, dei grandi proprietari terrieri e dei banchieri, perchè tutta questa gente è internazionale quanto il loro denaro ed i loro commerci. Liberali, perchè la libertà permette loro di edificare come un feudo il loro grande potere contro lo Stato Nazionale del Popolo. Paralamentaristi perchè la macchina elettorale è nelle loro stesse mani: la stampa, la radio, gli incontri e la propaganda".
    Da "Scritti politici" di Ramiro Ledesma Ramos (1935-1936), pagina 213.

    «Noialtri riteniamo più salutare questa marea di scioperi perché essa contribuirà a squilibrare dei falsi equilibri. D’altra parte, sono mobilitazioni rivoluzionarie, di cui oggi il nostro popolo ha più che mai bisogno. La battaglia sociale alla base di scioperi e di collisioni con la reazione parlamentare, può fornirci l’occasione di confronti decisivi. Di fronte ai borghesi timorati che prendono paura del coraggio del popolo, noi plaudiamo all’azione sindacale che rinnova almeno le virtù guerriere ed eroiche della razza».
    Ramiro Ledesma Ramos, citato in Fascismo rojo, Colectivo Karl-Otto Paetel, Valencia, 1998.


    Ramiro Ledesma Ramos: "Itinerarìo di un nonconformista" di Erik Norling.

    Ramiro Ledesma Ramos nasce ad Alfaraz de Sayago (Zamora) il 23 Maggio del 1905, figlio di un maestro di scuola. A 16 anni si trasferisce a Madrid dove lavora come impiegato delle Poste, ricoprendo vari incarichi in diversi uffici periferici fino alla destinazione definitiva a Madrid. La sua origine sociale, classe medio bassa, lo segnerà profondamente per tutta la sua breve vita. Autodidatta, non ebbe mai una famiglia che lo potesse sostenere economicamente agli studi né un aggancio per essere introdotto nel regime politico, della sua gioventù, caratterizzato dalla dittatura primoriverista. Studierà e leggerà intensamente tutto ciò che gli capiterà tra le mani, filosofia francese in special modo. Inizierà ad interessarsi della filosofia tedesca e per poter tradurre direttamente dai testi originali i suoi autori preferiti imparerà il tedesco, da solo. Acquisterà una tale perizia tanto da tradurre in castigliano i vari autori ai quali si interesserà per delle riviste madrilene. Quest'ultimo aspetto gli farà preferire al fascismo meridionale la sobrietà del nazionalsocialismo, anche se, per la verità, appare molto difficile inquadrarlo in questa corrente ideologica. Tra il 1923 ed il 1925 le sue inquietudini letterarie giovanili lo porteranno a cimentarsi nella scrittura. Di questi anni sono: "Il vuoto", "Il giovane suicida", "Il fallimento di Eva", lavori che non verranno mai pubblicati. Nel 1924 vede la luce il suo primo libro, grazie al finanziamento di uno zio, pubblicato dalla Casa Editrice Reus di Madrid: "Il sigillo della morte". Fu un testo di chiaro riferimento esistenzialista ed irrazionalista, conseguente al suo pensiero ed ai suoi studi (Ramiro legge, in questo periodo, Nietzsche, Bergson, Kierkegaard) che lo porteranno a scontrarsi con tutti i movimenti di pensiero positivistici e razionalistici del suo tempo. Nello stesso anno, scriverà "Il Chisciotte ed il nostro tempo", un omaggio al vecchio maestro di Salamanca, Unamumo. Questo testo rimarrà inedito fino al 1971 quando verrà pubblicato seppur lievemente censurato. Nel 1926 si iscrive alla facoltà di lettere e filosofia dell'Università di Madrid ed a quella di scienze esatte. Nel 1930 terminerà i suoi studi universitari. Il 1930 ed il 1931 saranno anni di intenso studi, che non interromperà nemmeno per assolvere il servizio militare tra l'Agosto 1930 e l'Ottobre 1931. Collaborerà con Ernesto Giménez Caballero e con César Arconada, segretario, quest'ultimo, della Gazzetta Letteraria. Gli si apriranno, pertanto, le porte della Gazzetta Letteraria e della Rivista d'Occidente, riviste all'avanguardia in campo culturale e filosofico del tempo. Nell'Ateneo di Madrid Ramiro, con i suoi scarsi vent'anni , e gia una figura conosciuta, una promessa intellettuale ammirata da tutti. Ortega y Gassett lo introdurrà, come suo insegnante, nel complesso mondo della filosofia tedesca. Cosi avrà modo di leggere Ottogaard, Hegel, Scheler, Meyerson, Rickert, Hartmann, Heidegger, Fichte, ecc.ecc. La sua passione per la matematica e la sua conoscenza del tedesco gli saranno di grande aiuto nello studio. Tradurrà diversi autori e ne introdurrà in Spagna altri come Einstein, Heidegger, Scheler. Mentre studia e si sommerge nel mondo della filosofia, senza dimenticare la matematica, scopre i movimenti avanguardisti nel campo artistico e letterario. Come in Italia, il futurismo di Marinetti si unì al fascismo per cercare di rovesciare, una volta per tutte, il decadente stato italiano, cosi in Spagna i giovani della Gazzetta Letteraria e della Rivista d'Occidente cercheranno di fare la stessa cosa. In questo modo dall'arte alla politica attiva non gli mancherà che percorrere un passo. Molti dei membri della Gazzetta Letteraria si convertiranno al comunismo, altri al fascismo. Purtroppo la profonda amicizia che li unì attorno all'arte ed alle lettere fu troncata dalla realtà di queste due Spagne che venivano a prefigurarsi ed alle quali si riferiva, tristemente, Machado. L'anno 1931 fu decisivo per la sua vita. Ha appena compiuto 25 anni e decide di dare un giro radicale alle proprie abitudini e stili di vita. Si converte decisamente in un attivista ed in un militante politico. Si è perso un gran intellettuale per l'effimero della politica? Chissà se Ramiro fosse rimasto uno studioso oggi, molto probabilmente, troveremmo il suo nome nelle enciclopedie. "tutto per il tutto", il suo motto giovanile; Mussolini definì, in quegli anni, il fascismo come "la malattia del XX° secolo" e Ramiro, come tanti altri giovani della sua epoca, ne fu contagiato. Riuscirà a teorizzare la teoria del nazionalsindacalismo che diverrà la base ideologica della Falange Spagnola e, almeno, anche se solo di facciata del Franchismo. Con "La Conquista dello Stato", settimanale politico, e poi con la J.O.N.S. cercherà di dar forma politica al suo pensiero filosofico (anni 1932-1933). Si relazionerà con i gruppi non conformisti francesi degli anni '30, i quali influenzeranno il suo pensiero politico. Ci riferiamo, in particolare, al gruppo dell'Ordine Nuovo francese, alla rivista Progetti ed a tutti i gruppi non conformisti francesi che innoveranno il mondo della cultura e della politica. Ramiro Ledesma Ramos può considerarsi come il rappresentante spagnolo di quei gruppi che, secondo una fortunata definizione dei cattedratico svizzero Armin Moehler, verranno chiamati i fautori della "Rivoluzione Conservatrice". Con questo termine si comprederanno tutti quei giovani che, usciti dalla crisi della Prima Guerra Mondiale (in Spagna la crisi della dittatura primoriverista), penseranno a coniugare il nazionalismo con la necessità di una rivoluzione sociale. I più attivi esponenti di quei gruppi, predecessori del nazionalsocialismo e del fascismo, finiranno per dividersi, molti aderiranno al comunismo, molti altri al fascismo. Ramiro era fascista? Evitò sempre l'eccessiva utilizzazione di questa etichetta, che tra l'altro non respingeva, anche se intendeva il fascismo come una concezione innovatrice della società, capace di confrontarsi col marxismo e col sistema democratico liberalborghese. Fu sicuramente il rappresentante più genuino che ebbe la Spagna della "Rivoluzione Conservatrice". Si separò dalla Falange Spagnola della JONS all'inizio del 1935 perché giudicava la sua linea politica eccessivamente reazionaria e non adeguata strategicamente ai compitivi che sognava per la sua Spagna. Negli ultimi due anni di vita scrisse il famoso “Discorso alla gioventù di Spagna” vero e proprio compendio dell’ideologia nazionalsindacalista, poi scrisse “Fascismo in Spagna?” che firmò con lo pseudonimo di Roberto Lanzas, lo stesso che utilizzava quando scriveva per la rivista della JONS. Con “Fascismo in Spagna?” intese ripercorrere ed analizzare tutte le tappe politiche anteriori per dimostrare i motivi veri e propri che impedirono la formazione di un movimento politico di autentico stampo fascista in Spagna. E’ un Ramiro oramai disimpegnato con la realtà Spagnola anche se continua a seguirla politicamente. Nella solitudine seguente all’abbandono della Falange Spagnola della JONS si preoccupa di pubblicare “La Patria Libera”, un settimanale che ebbe la pretesa di unire tutti i jonsisti che non accettavano la disciplina falangista, però dopo alcuni numeri dovette chiudere per mancanza di fondi. Nell’estate del 1936 decise di lanciarsi di nuovo nell’avventura pubblicitaria e fondò “Nostra Rivoluzione”, che uscì nei primi di luglio 1936. Una settimana prima dell’insurrezione armata contro la Repubblica spagnola. Successivamente venne arrestato ed imprigionato nel carcere centrale di Madrid. Il 29 ottobre dello stesso anno viene ucciso dai miliziani del Fronte Popolare e seppellito in una fossa comune di Aravaca, nella periferia di Madrid. Il suo maestro Ortega y Gasset, conosciuta la notizia, non poté che esclamare: “Non hanno ucciso un uomo, hanno ucciso un’idea”. Mitificato ma, soprattutto, validamente censurato durante il franchismo (la Chiesa Cattolica pretese che i suoi testi fossero inclusi nell’elenco degli autori proibiti), Ramiro Ledesma Ramos sarà considerato il fondatore del nazionalsindacalismo, nella propaganda del regime, ma nei fatti nessuno cercò di approfondire la sua ideologia. Grazie alla Casa Editrice Tecnos di Madrid, ed all’impegno della famiglia Ramos, nel 1983 furono pubblicati e validamente diffusi tutti gli scritti di Ramiro Ledesma Ramos.

    <CONTROVENTO PERUGIA>
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    NO PARAR HASTA CONQUISTAR!


    Ultima modifica di Avversario; 15-06-11 alle 12:41
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    Decodificando el sistema

    Capitalismo: Una empresa de ladrones comunes disfrazada de "civilización"


    (IAR Noticias) 29-Mayo-2011

    El sistema capitalista, no es otra cosa que una vulgaridad
    criminal convertida en una abstracción. Es una simple operación matemática (robar al prójimo con la política y la guerra) que terminó convertida en una civilización: El sistema capitalista nivelado como "mundo único" a escala planetaria.

    Por Manuel Freytas (*)
    manuelfreytas@iarnoticias.com
    IAR Noticias/

    Resumido, el capitalismo no es nada más que una empresa de ladrones comunes, que niveló a escala planetaria un "sistema" (económico, político y social) para legalizar y legitimar con leyes e instituciones un robo masivo y planetario de trabajo social y de recursos naturales, disfrazado de "economía mundial".

    Si yo quiero entender lo que está pasando con la economía del sistema capitalista ¿A quién voy a leer?

    ¿A un analista ideologizado de izquierda, que cada dos palabras dice "muera la derecha"?

    ¿A un analista de derecha que analiza la economía capitalista "sin el sistema" capitalista?

    El cóctel seguramente terminará en una confusión: Voy a terminar creyendo que la economía en una ciencia de "derecha", sin nada que ver con la pobreza ni con el resto de los procesos de dominación del hombre por el hombre que se suceden en el mundo.

    Hay una tercera alternativa:

    Leer a los voceros de los dueños del circo capitalista. Los que cuentan la realidad del robo a través de sus propias contradicciones y lucha por los mercados y el poder.

    En economía, el corazón estratégico del sistema capitalista, no existen ni la verdad ni la mentira (son sólo moralismos antitéticos para controlar cerebros), sino que existen situaciones objetivas e intereses comerciales que determinan el qué y el para qué de los procesos económicos.

    Y hay que tener en cuenta un principio probado por la historia: La guerras militares no se hacen para matar (la muerte es solo un emergente del robo) sino para dominar países, apoderarse de sus recursos y sus mercados y robarlos con total impunidad. Toda la historia del capitalismo (y de los sistemas imperiales que lo precedieron) está marcada por esa dinámica (Ver: Operaciones psicológicas: Su mente está siendo controlada por expertos ).

    Como definición el capitalismo no es solamente un modelo económico, sino un sistema de dominación mundial establecido como civilización única.

    En el actual diseño de "economía mundial trasnacionalizada" no son (en forma práctica) los gobiernos ni los países quienes deciden cuánto se produce y para quién se produce a escala mundial, sino las corporaciones y los bancos trasnacionales que tienen el dominio sobre las tres estructuras económicas básicas del sistema capitalista: La estructura de producción, la estructura de comercialización y la estructura financiera.

    Esta dinámica funcional arroja la primera contradicción histórica del sistema: El capitalismo solo produce para quien puede pagar por los bienes y servicios producidos. La producción (controlada por las corporaciones transnacionales) no está orientada por la búsqueda del bien social sino por la búsqueda de la rentabilidad empresarial capitalista.

    Esta asimetría funcional (del trabajo social y la apropiación individual) es la clave determinante de la existencia de ricos y pobres, de incluidos y excluidos, de empleados y desocupados, dentro de la pirámide histórico funcional del sistema capitalista nivelado como "civilización única".

    Es más, la llamada "civilización" capitalista, sus instituciones, sus sistemas políticos y jurídicos, su cultura, sus reglas morales, sus credos religiosos, su arte, su arquitectura, sus ciudades, sus universidades, sus construcciones filosóficas, fueron edificadas a partir del robo y la esclavización de seres humanos.

    ¿Dónde está el "curro"?

    Todo en el sistema capitalista, nace y empieza por el robo. O sea, empieza por la economía. Y luego, como decía Hauser, viene la abstracción, política, social y cultural, para disfrazar el robo.

    En la Argentina se dice popularmente ¿"Dónde está el curro" (que significa "dónde está el negocio"), para descubrir la estafa que subyace detrás del discurso abstracto y retorcido de la tecnocracia económica de la City económica.

    Fuera del barniz "academicista" que se estudia en las universidades de economía (que forman a los teorizadores del robo), los procesos económicos están motorizados por los negocios y la especulación financiera de la más baja calaña intelectual.

    Les grafico con una anécdota:

    En la Argentina, el general Juan Domingo Perón, uno de los más brillantes cerebros estratégicos de América Latina, era un maestro en convertir en simple lo complejo (lleno de academicismo y prejuicio "culturoso").

    Después de tener entrevistas con tecnócratas de la economía, decía: "Ya hablaron los técnicos. Ahora tráiganlo a Miranda". Miranda, era su asesor principal, un genio autodidacta de la economía práctica. La única universidad que había cursado era su experiencia como comprador y vendedor de chatarra.

    Miranda se encargaba de traducir, en números prácticos, la farragosa abstracción discursiva de los "macro" economistas, donde lo único que es real son los números, la diferencia matemática del robo capitalista, traducido en rentabilidad comercial del sistema empresarial y financiero que controla todo el sistema económico productivo.

    La impunidad

    Si el capitalista dijera la verdad abierta (su único mensaje efectivo y real que es el robo), las masas lo colgarían a los cinco segundos.

    Así como al usurero lo protegen las leyes y la policía, la existencia impune del sistema capitalista solo se justifica por la existencia de los Estados imperialistas (con EEUU a la cabeza) con sus aparatos militares y sus arsenales nucleares rodeando como un anillo de muerte a países y recursos estratégicos.

    Si las mayorías tomaran conciencia del macro-robo capitalista no habría refugio en todo el mundo para proteger a los empresarios y banqueros de la ira popular.

    Por eso el capitalismo inventó y le dio identidad y escalas de "prestigio" a la cultura, a las universidades, y más recientemente a los medios de comunicación. Son los grandes ocultadores y legitimadores del robo capitalista ejecutado a escala masiva y con total impunidad.

    Las fuentes

    En este escenario, marcado por la abstracción del robo en niveles culturales y políticos, y para entender cómo funciona la economía capitalista no hay que ir a los medios alternativos sino a los representantes periodísticos más influyentes del sistema que controla la economía mundial desde Wall Street y las metrópolis financieras europeas.

    Quien se interese en la investigación de sistemas y procesos económicos productivos (tanto de las potencias centrales como de los países periféricos) podrá comprobar que tanto los recursos naturales como los sistemas de producción y de comercialización a escala global están hegemonizados por no más de 200 bancos y corporaciones empresarias transnacionales cuyas casas centrales se encuentran en EEUU o Europa.

    Estos gigantes "diversificados" e interactivos (ligados a través de infinitos vasos comunicantes) de la producción, el comercio y las finanzas mundiales, están liderados por los 30 primeros primeros consorcios trasnacionales que cotizan en el índice Dow Jones de Wall Street, el centro financiero del capitalismo a nivel mundial.

    Dentro de esta lógica económica funcional del capitalismo, los Estados capitalistas (tanto del mundo imperial como del mundo dependiente) solo cumplen una función reguladora y ordenadora (elaboración de leyes, cobros de impuestos, gobernabilidad política y jurídica, etc) sobre la actividad económica desarrollada por las corporaciones privadas que hegemonizan las decisiones y el control sobre los recursos naturales, la producción y la comercialización de los bienes y servicios que consume la genéricamente llamada "humanidad".

    Si yo quiero entender economía capitalista tengo que leer (razonadamente y separando los números reales del palabrerío) a los representantes periodísticos de los ladrones. Es decir a los analistas y medios económicos más "prestigiosos y creíbles" del sistema.

    Por ejemplo: En The Wall Street Journal y The Financial Times están sintetizados las visiones macroeconómicas y financieras de las metrópolis imperiales dominantes: Wal Street, la eurozona y las metrópolis asiáticas.

    Es más, en las páginas del financiero estadounidense y del británico, se puede hacer un seguimiento (identificando los grupos) de la guerra económica de EEUU y Europa por el control de los mercados y del sistema financiero.

    El decodificador

    En el sistema capitalista está todo a la vista. Los directorios los activos empresariales, las facturaciones, las ganancias y las fortunas personales están por Internet. Se pueden rastrear los procesos, verificar (en cifras numéricas) como bancos y empresas trasnacionales controlan el comercio interno, el comercio exterior y el sistema financiero de los países (tanto centrales como periféricos).

    Con sólo leer y comparar los números, las "inversiones" y el saldo rentable, se puede verificar y hacer un seguimiento de la depredación económica (la transferencia de riqueza y de recursos) que realizan los conglomerados capitalistas multinacionales que controlan gobiernos y países.

    Todos esos procesos (pasibles de ser estudiados y comprendidos lógicamente), permanecen ocultos y sin comprensión masiva por dos razones principales: Los analistas de derecha los deforman o los disfrazan, y los analistas de izquierda (salvo excepciones) no se dedican a los números sino a la ideología.

    Y como el mundo capitalista se divide (antitéticamente) entre "izquierda" y "derecha", las mayorías quedan sin ninguna posibilidad de conocer como funciona el "gran robo" mundial del capitalismo legalizado y legitimado por las propias instituciones (culturales, políticas y mediáticas) que creó para ese fin.

    Como dice un experto: El capitalismo es un libro abierto, sólo que hay que tener un decodificador y la voluntad para entender los procesos.

    El nuevo sistema de dominio

    Para cumplir con sus objetivos de dominación imperial (orientada a la depredación económica y a la conquista de mercados) el sistema capitalista utilizó históricamente (y sigue utilizando) dos técnicas básicas combinadas: El pensamiento individualista (como matriz de conducta social orientada a imponer la conciencia atomizada imperial por sobre la conciencia nacional de los países y sociedades conquistadas) y la desaparición de la frontera entre el dominador y el dominado (orientada a imponer al dominado el pensamiento y la ideología del dominador).

    Mediante la publicidad comercial (la ideología del consumo) y la sociedad de consumo (la conducta consumista), el sistema capitalista niveló (en una fase de su desarrollo histórico) una "conciencia universal" basada y adaptada a los esquemas funcionales del mercado y a la búsqueda de rentabilidad comercial capitalista.

    Los teóricos de la izquierda solo han llegado a la raíz "economicista" y "militarista" del sistema capitalista sin ahondar en el rol funcional que cumplen los medios de comunicación y la sociedad de consumo en el esquema del dominio sin el uso de las armas.

    Hoy el sistema capitalista, masivamente y a nivel planetario, ya no domina con ejércitos militares sino con ejércitos mediáticos y técnicas de manipulación cerebral orientadas al direccionamiento de conducta masiva con fines de control político y social.

    Destruido el Estado nacional (la barrera de contención territorial del capitalismo trasnacional) y sustituida la "conciencia social" por la "conciencia individual", se rompe toda escala de pertenencia de los individuos a una particular línea histórica de sociedad, familia, lengua, cultura, tradiciones y creencias (propias de un país y de sus fronteras geográficas) para convertirlos en terminales funcionales de una "conciencia universal" consumista del sistema capitalista nivelado a escala planetaria como "civilización única".

    De manera tal que, durante la vigencia del capitalismo "transnacional", el esquema referencial de "socialización" de los individuos ya no se parametran en los "valores locales" sociales, históricos y culturales de cada país, sino en los "valores universales" expresados por formas del consumo de pensamiento social, modas, etc, enmarcados en la conciencia individualista.

    Esta nivelación de conducta y pensamiento social individualista (que se puede confirmar en lo que reflejan a nivel planetario las grandes cadenas informativas y la propia Internet) permite alienar y "des-socializar" al individuo de su entorno natural y social (extrañamiento) y convertirlo en una pieza funcional destinada a consumir los diferentes productos y programas que el sistema capitalista utiliza para generar rentabilidad y dominar a escala planetaria.

    El objetivo final es convertir y nivelar planetariamente al ser en una célula funcional del macro robo capitalista de la sociedad de consumo masificada también como "ideología única".

    Comprar barato y vender caro

    La economía del capitalismo empieza con dos frases: Compro barato y vendo caro.

    Compro mano de obra barata (la explotación del hombre por el hombre), compro barato y controlo toda la producción (medios económicos), controlo todo el mercado (la comercialización), controlo todo el sistema financiero (la moneda), compro acciones baratas y las vendo caras (la especulación financiera) controlo todo el comercio exterior (el mercado internacional) evado o pago impuestos irrisorios (control de gobiernos), y luego vendo la producción al precio más caro (la hegemonía monopólica de la economía).

    La diferencia matemática resultante de esta ecuación, es la ganancia capitalista (generadora de concentración de riqueza en pocas manos), producida por un sistema que no está orientado a satisfacer la demanda social colectiva sino a satisfacer la rentabilidad privada de los macrobancos y megaempresas que controlan todo el proceso económico.

    El primer axioma funcional de un capitalista sionista (los padres del sionismo de Wall Street) es vender caro y comprar barato, lo que da como resumen la ganancia capitalista.

    Eso exactamente es lo que hicieron los bancos y grupos financieros sionistas que controlan la Reserva Federal y las tasas de interés, con la "burbuja hipotecaria", primero, y con la "crisis hipotecaria" después.

    Primero vendieron caro:

    --- Mientras la Reserva Federal mantenía la tasa de interés baja las empresas y bancos cosecharon multimillonarias ganancias con el "boom inmobiliario" en EEUU.

    --- Luego (en un frente de "multi-negocio financiero" a escala global) los mega-bancos y fondos de inversión de Wall Street y Europa colocaron esos bonos a valores altísimos en los mercados mundiales, generando una burbuja ganancial especulativa de billones de dólares.

    Luego compraron barato:

    Con los fondos financieros estatales de los "rescates" a grandes empresas y bancos, los mismos que produjeron la crisis con la "burbuja" compraron a precio irrisorio acciones y activos empresariales vendidos en masa por los perdedores de la crisis financiera desatada en los mercados globales.

    O sea que, por la misma mecánica de comprar barato vender caro, las acciones así como los activos de las empresas fueron a parar a los bolsillos de los mismos grupos súper-concentrados que detonaron la "burbuja" y luego detonaron la "crisis", para apoderarse de activos y acciones empresariales a precio devaluado.

    El capitalismo es una empresa de ladrones comunes disfrazada de "civilización"
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    Guerra de Cuarta Generación en el campo social

    La estrategia de manipulación encubierta
    en la "protesta de los indignados"



    (IAR Noticias) 24-Mayo-2011

    En la Guerra de Cuarta Generación se contienen las técnicas y estrategias operativas direccionadoras de conducta colectiva que subyacen detrás de lo que ingenuamente se conoce como "protestas populares espontáneas", que las grandes cadenas mediáticas imperiales instalan como una verdad aceptada a escala global.

    Por Manuel Freytas (*)
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    A) La nueva herramienta manipuladora

    En IAR Noticias siempre empezamos la historia por el final.

    Nuestro estilo contrainformativo siempre consistió en proyectar y analizar los acontecimientos con un objetivo de anticipación del desenlace, y sin que el árbol de la "coyuntura periodística" (manipuladora del sistema) tape el bosque de la comprensión general.

    En plena euforia mediática de la "revolución democrática" de los "indignados" en España señalamos que se trataba (y más allá de la "buena intención" de sus participantes) de una nueva estrategia de movilización masiva basamentada en un tripode convergente: Internet, teléfonos celulares, y grandes cadenas mediáticas.

    Desde su instrumentación casi orgánica en Medio Oriente y en África con las "revueltas populares" promovidas por la CIA y los servicios aliados, la Internet y los celulares fueron la clave de estas movilizaciones cuyos contenidos y objetivos sólo los conocen sus instigadores ocultos.

    O sea los beneficiarios encubiertos (servicios de inteligencia y grupos del poder) que los inducen a través de operaciones de acción psicológica principalmente en las "redes sociales". Y que luego se convierten en masivos a través de la difusión a escala global (en vivo y en directo) por las grandes cadenas mediáticas internacionales.

    B) La variante española

    En realidad, la llamada "protesta de los indignados" en España, es una actualización aggiornada y en otra etapa (con un salto cualitativo informático) del "Cacerolazo" que derrocó institucionalmente a Fernando de la Rúa en Argentina, y de la "rebelión de los jóvenes" que derrocó de la misma manera a Lucio Gutiérrez en Ecuador.

    A casi una semana de su nacimiento en España, ya tenemos la primera señal (y el primer emergente) de un beneficiario claro de la "protesta de los indignados" en las urnas: El Partido Popular arrasó electoralmente el domingo al PSOE, el partido en el gobierno.

    Así como el "Cacerolazo" argentino (un sucedáneo histórico de las "revueltas populares") derrocó sin un golpe de Estado militar al Partido Radical (gobierno de De La Rúa) e instaló al Partido Justicialista (gobierno de Duhalde) la "protesta de los indignados" ya arrojó claramente un beneficiario en el campo político.

    Históricamente, estas herramientas de movilización y protestas masivas como la que está funcionando en España, atacan al "empleado" (los políticos) y preservan los intereses del "patrón" (El Estado y el sistema capitalista), sirviendo funcionalmente como instrumentos de "golpes democráticos-institucionales" por medio de los cuales los grupos del poder local definen su interna electoral y su guerra por el control del gobierno y del mercado interno.

    D) El nuevo teatro de operaciones

    Desde el principio situamos claramente la operatoria funcional del nuevo sistema de movilización masiva con las "protestas populares" y señalamos que responde a objetivos diferenciales según el país y el contexto social y político en que se la aplique.

    Precisamos que se trata de una nueva herramienta de movilización y manipulación de conducta social (orientado y detonado desde técnicas de guerra psicológica) presentado como si fuera un "fenómeno espontáneo" de las redes sociales en Internet.

    No se trata de "ingenuidad militante" ni de nueva "conciencia social" despertada súbitamente, sino de un proceso inducido, estudiado y aplicado desde estrategias y técnicas pulidas de la comunicación de masas que la CIA y los servicios de inteligencia vienen desarrollando en el teatro de operaciones de Internet y de las telecomunicaciones por celular.

    Más allá de que se la llame "revuelta popular", "revolución naranja", "primavera árabe" o "protesta de los indignados" su estrategia, tácticas operativas y estructuras funcionales no varían en su implementación, salvo el objetivo político que se amolda de acuerdo a las necesidades locales del país y la sociedad en que se lo aplique.

    E) La Guerra de Cuarta Generación

    Para entender lo que hay detrás (el objetivo y los actores encubiertos) de lo que hoy se presenta mediaticamente como "rebeliones espontáneas" contra diferentes gobiernos, hay que bucear en los manuales de la Guerra de Cuarta Generación (Fourth Generation Warfare - 4GW), que es el término usado por los analistas y estrategas militares para describir la última fase de la guerra imperialista de conquista, en la era de la tecnología informática y de las comunicaciones globalizadas.

    El desarrollo tecnológico, telecomunicacional e informático, la globalización del mensaje y las capacidades para influir en la opinión pública mundial, convirtieron a la Guerra Psicológica mediática en el arma estratégica dominante de la 4GW, a la que se agregó una variante "contraterrorista" tras los ataques explosivos del 11-S en EEUU.

    En su desarrollo mediático-social, los jefes y oficiales de Estado Mayor de la Guerra Psicológica (4GW) ya no son militares, sino expertos comunicacionales en insurgencia y contrainsurgencia, que sustituyen a las operaciones militares por las operaciones psicológicas (OPS).

    Ya no desarrollan sus planificaciones en unidades o cuarteles militares, sino en laboratorios encubiertos de comunicación estratégica donde se diseñan los planes de Guerra Psicológica a ser ejecutados a través de las grandes estructuras mediáticas de comunicación masiva y las redes de la Internet infiltradas por la inteligencia de la OPS.

    De esta manera, y a partir del 11-S norteamericano, la "Guerra Psicológica" (con su variante la "Guerra Contraterrorista") conforma la columna vertebral estratégica de la Guerra de Cuarta Generación, con los Medios de Comunicación y las redes informáticas convertidos en los nuevos ejércitos de conquista.

    La Guerra Psicológica conforma el estadio superior de las estrategias de control y dominación ensayadas hasta ahora por los sistemas imperialistas (dominación del hombre por el hombre) que se fueron sucediendo hasta llegar al sistema capitalista.

    En la Guerra Psicológica (columna vertebral de la Guerra de Cuarta Generación, sin uso de armas) las operaciones con unidades militares son sustituidas por operaciones con unidades mediáticas.

    La Guerra Psicológica, a su vez, nace en un particular estadio del capitalismo caracterizado por una revolución en el campo de las ciencias sociales y de la comunicación estratégica.

    Dicha revolución se complementa con una revolución en el campo de la tecnología de las comunicaciones y de la informática, creando las bases para una comunicación estratégica globalizada basada en principios científicos.

    A su vez las técnicas científicas de comunicación, potenciadas a escala masiva y planetaria por los grandes conglomerados mediáticos del capitalismo, crearon las bases para su utilización en estrategias de manipulación y de control social desarrolladas a partir de los objetivos de la dominación imperial-capitalista.

    Esta situación creó las bases operativas y estratégicas para el control y dominio de las sociedades y países, sin recurrir a la utilización de la guerra militar.

    De esta manera (y con pocas excepciones como las zonas de conflicto y de ocupación militar), la actual guerra imperialista por apoderamiento de mercados y países ya no se desarrolla en el plano de la conquista militar-territorial, sino en el plano de la conquista psicológica-social instrumentada mediaticamente.

    F) El nuevo teatro de operaciones (el blanco es el cerebro)

    Como en la guerra militar, un plan de guerra psicológica está destinado a: aniquilar, controlar o asimilar al enemigo.

    La guerra militar y sus técnicas se revalorizan dentro de métodos científicos de control social, y se convierten en una eficiente estrategia de dominio sin el uso de las armas.

    A diferencia de la Guerra Militar convencional, la Guerra de Cuarta Generación no se desarrolla en teatros de operaciones visibles.

    No hay frentes de batalla con elementos materiales: la guerra se desarrolla en escenarios combinados, sin orden aparente y sin líneas visibles de combate, los nuevos soldados no usan uniforme y se mimetizan con los civiles.

    Ya no existen los elementos de la acción militar clásica: grandes unidades de combate (tanques, aviones, soldados, frentes, líneas de comunicación, retaguardia, etc).

    Las bases de planificación militar son sustituidas por pequeños centros de comando y planificación clandestinos, desde donde se diseñan las modernas operaciones tácticas y estratégicas a desarrollarse en los medios de comunicación y el campo de Internet y la telefonía celular, factores claves de la movilización de conducta masiva.

    Las unidades de Guerra Psicológica son complementadas por Grupos Operativos, infiltrados en el campo de la política y de la población civil con la misión de detonar hechos de violencia y conflictos sociales.

    Las tácticas y estrategias militares, son sustituidas por tácticas y estrategias de control social, mediante la manipulación informativa y la acción psicológica orientada a direccionar conducta social masiva con la Internet y los teléfonos celulares jugando como ejes inductores y concentradores.

    Los blancos ya no son físicos (como en el orden militar tradicional) sino psicológicos y sociales. El objetivo ya no apunta a la destrucción de elementos materiales (bases militares, soldados, infraestructuras civiles, etc), sino al control del cerebro humano.

    Las grandes unidades militares (barcos, aviones, tanques, submarinos, etc) son sustituidas por un gran aparato mediático compuesto por las grandes redacciones y estudios de radio y televisión.

    El bombardeo militar es sustituido por el bombardeo mediático: Las consignas y las imágenes sustituyen a las bombas, misiles y proyectiles del campo militar.

    En la Guerra sin Fusiles, la Guerra de Cuarta Generación (también llamada Guerra Asimétrica), el campo de batalla ya no está en el exterior, sino dentro de las mentes.

    Las operaciones ya no se trazan a partir de la colonización militar para controlar un territorio, sino a partir de la colonización mental para controlar una sociedad.

    El objetivo estratégico ya no es el apoderamiento y control de áreas físicas (poblaciones, territorios, etc.) sino el apoderamiento y control de la conducta social masiva.

    Las unidades tácticas de combate (operadores de la guerra psicológica) ya no disparan balas sino consignas direccionadas a conseguir un objetivo de control y manipulación de conducta social masiva.

    G) El nuevo Objetivo estratégico
    (La función de la Guerra Psicológica)

    Los nuevos proyectos geopolíticos de conquista imperialista en la era trasnacional de las comunicaciones requieren de sofisticadas estrategias de Guerra Psicológica para su imposición sin el uso de las armas.

    Los fines prescriptos por la estrategia de dominación con la Guerra Psicológica son los mismos que se utilizan con la guerra militar: dividir, atomizar, controlar al individuo-masa de las sociedades dependientes (el AP). Es la lógica de Maquiavelo aplicada por medios científicos y tecnológicos.

    La Guerra Psicológica librada en el plano de la comunicación estratégica y de las grandes estructuras mediáticas (los nuevos ejércitos de conquista) no se hacen por la conquista misma, sino en la búsqueda de un objetivo estratégico orientado en los intereses económicos de las potencias y las trasnacionales capitalistas.

    La función de la Guerra Psicológica imperial-capitalista actual se orienta en tres objetivos claves:

    1) Conquista de mercados emergentes (sociedades y países periféricos), mediante la imposición de la "cultura consumista" nivelada y globalizada por los medios masivos de comunicación, actuando sobre la psicología del hombre AP convertido en individuo-masa.

    2) Control y dominación social (en los países dependientes), orientado a la represión y/o neutralización de conflictos sociales que amenacen el desarrollo de los planes empresariales y la acumulación y expansión de la ganancia capitalista trasnacional.

    3) Disputas ínter-potencias por los mercados, destinada a sustituir a la guerra militar por áreas de influencia (también por conquista de mercados) enterrada con la guerra Fría.

    E) El frente mediático

    Una plan de Guerra Psicológica, no se hace con soldados y armas militares sino con medios de comunicación e individuos masificados (los AP) nivelados universalmente por los mismos estereotipos culturales y sociales.

    El mensaje mediático a escala globalnivela y masifica al individuo universal en una sola frecuencia comunicacional.

    La realidad es sustituida por la percepción de la realidad a través del mensaje mediático-periodístico convertido en consignas, eslóganes y títulos, antes que en pensamiento reflexivo totalizado.

    A través de la manipulación psicológica y el control ideológico, la sociedad civil, el individuo-masa suplanta a los soldados militares en el campo de batalla.

    En la Guerra Psicológica, la potencia de fuego del soldado militar es sustituida por la potencia social del individuo-masa con su conducta manipulada hacia objetivos de control y dominación social, fijados por el capitalismo trasnacional para conquistar mercados y controlar a las sociedades consumistas.

    Manipular, controlar, y convertir a este individuo-masa en potencia social direccionada con fines de control y dominio político-social es el objetivo estratégico clave de la Guerra Psicológica de última generación.

    La guerra por el dominio y control de las sociedades y de las mentes, sólo se produjo a partir de la interacción funcional de la tecnología (medios de comunicación) y de la informática (electrónica y computación) orientada a un objetivo de control y dominio mediante una estrategia comunicacional.

    El factor mediático (medios de comunicación, electrónica y computación, y estrategias comunicacionales) posibilitó que la guerra por el control y el dominio imperial capitalista tocara su máximo estadio de desarrollo estratégico: la Guerra de Cuarta Generación.

    En resumen, en la Guerra de Cuarta Generación se contienen las técnicas y estrategias operativas direccionadoras de conducta colectiva que subyacen detrás de lo que ingenuamente se conoce como "protestas populares espontáneas" que las grandes cadenas mediáticas imperiales instalan como una verdad aceptada a escala global.

    http://www.iarnoticias.com/2011/secc...3mayo2011.html
    Ultima modifica di Avversario; 23-06-11 alle 11:46
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    La rebelión de los "apolíticos"

    Ni "revolución de color" ni "revolución árabe", "revolución chip-alienada" de España hacia el mundo



    (IAR Noticias) 24-Mayo-2011

    Como frutilla de la torta de las "revueltas populares" de la CIA en Medio Oriente y África, ahora llega la "revolución de los chip-alienados" de la Internet y los celulares, que se contagia por toda España y amenaza con expandirse como un virus por toda Europa. Y ya se proyecta como una amenaza cierta de contagio por las aéreas subdesarrolladas y emergentes de Asia, África y América Latina. ¿Adónde apunta este nuevo fenómeno?.

    Por Manuel Freytas (*)
    manuelfreytas@iarnoticias.com
    IAR Noticias/

    L o que los medios y analistas del sistema llaman "primavera española" no es nada más que un juego deportivo de alienados jóvenes de las "redes sociales" (a los que se suma la izquierda sin brújula asimilada al sistema) que promueven "protestas populares" desde la Internet casi como un divertimento con catarsis colectiva.

    Desde su instrumentación casi orgánica en Medio Oriente y en África con las "revueltas populares" promovidas por la CIA y los servicios aliados, la Internet y los celulares fueron la clave de estas movilizaciones cuyos contenidos y objetivos solo los conocen sus instigadores ocultos.

    O sea los beneficiarios encubiertos (servicios de inteligencia y grupos del poder) que los inducen a través de operaciones de acción psicológica principalmente en las "redes sociales". Y que luego se convierten en masivos a través de la difusión a escala global (en vivo y en directo) por las grandes cadenas mediáticas internacionales.

    Estos movimientos se definen como "apolíticos". Y en general sus estructuras funcionales no varían en su implementación, salvo sus objetivos que se amoldan de acuerdo a las necesidades locales del país y la sociedad en que se los aplica.

    Así lo que en Egipto y en Medio Oriente se conoció y aplicó como "revueltas populares", y en Libia como la "revolución libia", en España se presenta como la "primavera española" o "protesta de los indignados".

    Así como en Libia se lo aplicó para crear las condiciones de una intervención militar internacional orientada a derrocar a Kadafi y a poner el petróleo libio en manos del consorcio imperial USA-UE, y en Siria se la aplica para desestabilizar al gobierno aliado de Irán, en España su utilización reconoce difusos objetivos políticos electorales donde el gobierno de Zapatero aparece como el principal perjudicado, y el Partido Popular surge como el principal beneficiario en las urnas.

    La estructura movilizadora masiva de las protestas nace de un triple eje convergente e interactivo: Internet (redes sociales), teléfonos celulares (mensajitos de texto) y cadenas mediáticas masivas que los reproducen y los difunden por todo el planeta.

    Las "rebeliones" juveniles nacidas de la Internet no plantean ninguna revolución ni cambio de sistema, sino una "profundización de la democracia". No plantean un cambio del sistema y del Estado capitalista, sino que plantean una "depuración democrática" en el cual los partidos políticos abran mayores canales de "participación.

    En tiempo y espacio, las "protestas populares" o la "primavera española" son una continuidad "informatizada" superadora de las "revoluciones de color" en los espacios post-soviéticos, o de la "rebeliones budistas" en el sudeste asiático o en el Tibet, destinadas a desestabilizar y/o promover golpes de Estado institucionales contra gobiernos pro-rusos o pro-chinos.

    Es decir que forman parte del tablero geopolítico de la "guerra fría" intercapitalista por los mercados y los recursos estratégicos que tiene como protagonistas principales al eje USA-UE, por un lado, y al eje Rusia-China-Irán por el otro.

    La creciente movilización y protesta en curso de los "indignados" en España, prueba que estas fórmulas pueden ser exportadas y aplicadas con distintas recetas en cualquier parte del planeta capitalista globalizado.

    Y no solamente amenazan con propagarse como un virus por toda Europa, sino que ya constituyen una amenaza potencial y pueden extenderse por las periferias emergentes y subdesarrolladas de Asia, África y América Latina.

    A nivel de herramienta movilizadora actúan con parecidas estrategias y tácticas de acción. Lo que varía son los objetivos y las respuestas de los gobiernos. No es lo mismo la respuesta militar duramente represiva en Libia o en Siria, o el "dejar hacer" que por ahora realiza el gobierno español de Zapatero.

    Obviamente que estos movimientos trabajan y se potencian sobre una realidad y una demanda social básica: El desempleo y los ajustes sociales. Fenómenos que sus lideres organizadores achacan, no a la explotación económica del sistema capitalista, sino a la acción inmoral de los "políticos corruptos".

    Sobre este eje irradiante y reduccioncita, los organizadores de las protestas de los "indignados" sacan de escena la responsabilidad del poder económico determinante del accionar de los políticos en la gerenciación del Estado capitalista.

    Históricamente, estas herramientas de movilización y protestas masivas como la que está funcionando en España, atacan al "empleado" (los políticos) y preservan los intereses del "patrón" (El Estado y el sistema capitalista), sirviendo funcionalmente como instrumentos de "golpes democráticos-institucionales" por medio de los cuales los grupos del poder local definen su interna electoral y su guerra por el control del gobierno y del mercado interno.

    En realidad, la llamada "protesta de los indignados" en España, es una actualización aggiornada y en otra etapa (con un salto cualitativo informático) del "Cacerolazo" que derrocó institucionalmente a Fernando de la Rúa en Argentina, y de la "rebelión de los jóvenes" que derrocó de la misma manera a Lucio Gutiérrez en Ecuador.

    Ni siquiera puede compararse con el "mayo francés generacional" de la Guerra Fría, sino que repite metodologías operativas orientadas a resolver (regular) luchas internas por el poder entre los grupos económicos que controlan y financian la operatividad del sistema político corrompido por las prácticas de las "coimas".

    Claramente (y repitiendo el concepto) la protesta de los "indignados" en España no apunta al sistema capitalista (bancos y empresas controladoras del mercado) sino al stablishment político gerencial del Estado capitalista (la corporación política) .

    De esta manera (y como ya sucedió con el "que se vayan todos" en América Latina) se busca sustituir piezas operativas desgastadas (los políticos) por otras piezas renovadas y legitimadas como expresión representativa de la "revolución democrática" emergente de las "protestas populares".

    Y a la vez sirven como válvula de escape social a las tensiones generadas por la desocupación y los ajustes salvajes de los gobiernos capitalistas.

    De esta manera, se cambia el títere pero no el titiritero. Y el sistema continúa bajo la falsa apariencia de una "purificación democrática", mientras siguen funcionando los mismos "programas" trasnacionales económicos, políticos y sociales nivelados tanto para los países centrales, periféricos o subdesarrollados.

    Continúa el mismo sistema de explotación capitalista que genera a diario hambruna mundial, masacres militares por la conquista de mercados, ajustes salvajes y desempleo para regular y mantener en pie la rentabilidad capitalista y la concentración de riqueza en pocas manos.

    El movimiento de los "indignados" naciente en España no propone cambiar la realidad estructural concreta de la explotación capitalista (El Estado capitalista y su contenido programático), sino cambiar las formas de la convivencia política y depurar las prácticas corruptas de los políticos (sólo la cara gerencial del Estado capitalista).

    En resumen, ni "revolución socialista", ni "revolución de color, ni "revolución árabe": "revolución democrática" implementada por los "chip-alienados" de la Internet y de los celulares que confunden las formas con el contenido.

    Sólo un cambio de maquillaje para que el sistema continúe (sin enemigos reales) desarrollando a nivel local e internacional sus negocios y sus guerras intercapitalistas por la conquista de mercados y de recursos estratégicos.

    Ni "revolución de color" ni "revolución árabe", "revolución chip-alienada" de España hacia el mundo
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    Predefinito Rif: SOCIALISMO NAZIONALE SPAGNA

    PROYECTO M-20 "NUESTRAS BASES " (I)
    20110224190707-20m.png

    ANÁLISIS ÁMBITO MUNDIAL


    I El Mundo Globalitario



    (a) Un hecho que marca poderosamente el presente



    Constatamos como hecho capital de nuestra época la aceleración de la dinámica globalizadora que afecta decisivamente al conjunto de naciones del planeta, e incide en más aspectos de sus vidas de manera creciente. En particular comprobamos que una de las naciones más arrastradas por el proce*so de la Globalización es España. Por tanto, la primera realidad que nos enfrentamos como españoles no es una estrecha «realidad nacional» sino la realidad global. El gran «asunto nacional» no es de carácter doméstico sino de carácter mundial.



    (b) Una evidencia que nadie puede ignorar ni «dentro» ni «fuera»



    Atender el ámbito mundial no es, solamente, una exigencia de perspectiva internacional y, menos aún, un asunto de meras «relaciones públicas» con «el exterior» o de medir el «papel de la nación» en el escenario mundial. Cualquier organización está obligada a definirse, en primer lugar, ante el hecho globalizador que domina el panorama nacional. Antes de hablar de la naturaleza del Régi*men, de los partidos, del gobierno de turno, de las empresas, de los medios de difusión, de la ense*ñanza o de los tribunales, se debe tratar el papel del Mundo Globalizado en España.



    Además, como siempre, constatamos que somos parte de un todo y, como no puede ser de otra forma, a todos nos implica, lo queramos o no. Una vez más, un hecho decisivo nos recuerda que en nuestro mundo no existen celdas aparte o sectores separados, que en la vida nada existe ais*lado, que todos los niveles y campos de la existencia están interrelacionados, y que por eso han de enfocarse en conjunto. El mundo es único porque la realidad, aún múltiple y poliédrica, es tam*bién una unidad. El mundo no ha sido nunca una suma de segmentos o planos inconexos, pero ahora menos que nunca, en esta España completamente a merced de los dictados de los «mer*cados» de deuda, los medios de manipulación extranjeros y las instituciones financieras internacionales.



    Constatamos también que este hecho capital, el de la Globalización, cuyas causas e impulsos no han sido espontáneos, naturales ni accidentales, implica otra batería de hechos políticos, sociales y económicos consumados que son impuestos al pueblo español completamente al margen de la tan presuntuosa voluntad popular o soberanía nacional que se presume en las democracias occidenta*les. Como hemos señalado siempre, estas democracias son una farsa, y las imposiciones y servi*dumbres «ine*vitables» del Globaritarismo lo confirman.



    (c) Una sola globalización



    El Mundo Globalizado no está asociado sólo al crecimiento espectacular del tráfico de personas y mercancías debido a la multiplicación de los transportes rápidos y al desarrollo impresionante de las telecomunicaciones y la informática. Está estrechamente ligado a la mundialización de un mo*delo, o mejor dicho, a una fase del modelo de explotación socio-económica adoptado por los países occiden*tales, unido cada vez más al neoliberalismo usurero como vía de control financiero y polí*tico-econó*mico de las naciones, vinculado necesariamente a la difusión del paradigma ideológico y predominio del tipo de mentalidad que les corresponde, y asociado a la hegemonía político-militar y tecnológica de la hiperpotencia que garantiza la marcha triunfal de tales procesos.



    Confirmamos que la globalización producida es una sola: la que ha partido del Occidente liberal-capitalista. Frente a ciertas tesis interesadas que alientan el despiste y colaboran en la ceremonia de la confusión agitando otras presuntas globalizaciones (sean como alternativas o como amena*zas), reiteramos que el fenómeno globalizador es inseparable del modelo occidental de funciona*miento y dominio. No existe otra globalización en marcha. Por todo ello, antes que referirse a un mundo globalizado, es más correcto hablar de una España y un mundoglobalitario.



    1 NUESTRAS BASES: ÁMBITO MUNDIAL

    (d) Las añoranzas incoherentes por las fases precedentes



    El Globaritarismo no implica un salto que signifique una ruptura o cambio radical con la situación anterior. Si algo se desata de sus ataduras o gana mayor extensión, lo que sucede no es un cam*bio de naturaleza, sino que, por las consecuencias de su liberación o expansión, esa misma natu*raleza puede verse con mayor claridad que antes. Destacamos la incoherencia esencial de aquellos que se lamentan y se pronuncian contra los efectos de la dinámica actual para defender o añorar situaciones del estadio precedente que ha desencadenado, permitido o catapultado esta misma dinámica y sus efectos, que dicen detestar. Aquellos que, habiendo constatado los efectos nega*tivos de la fase pre*sente, añoran o proponen la vuelta a fases anteriores de la globalitación, co*meten un error aún más lamentable que favorecer abiertamente la fase actual del Globalitarismo, ya que «estos lodos fueron traídos por aquellos polvos».



    Así señalamos la incoherencia total de todos los nacionalismos burgueses que se lamentan de la pérdida de las identidades propias y de las soberanías nacionales que provoca la globalización. Pues las «identidades nacionales» que dicen defender no han sido otra cosa que construcciones forzadas por la propaganda y sistemas de enseñanza, tanto por parte de los estados-nación como desde los «nacionalismos sin estado». Los nacionalismos ya han provocado su proceso de empe*queñecimiento y uniformización de la rica realidad de sus naciones para poder así homogeneizar los «hechos diferenciales» en el interior, y confrontarlos en bloque a las «identidades nacionales» externas igualmente reducidas, estereotipadas y uniformizadas. Pero tanto o más grave que azuzar los antagonismos entre pueblos, esos nacionalis*mos han acabado la faena de entregar sus nacio*nes al modelo de explotación capitalista, y subordinar la política a la economía. Y como la deriva ló*gica del capitalismo avanzado es el financiarismo, los in*tereses especulativos terminan dominando la economía y, por consiguiente, las soberanías nacionales así como sus «identidades».



    Señalamos asimismo la incoherencia total de los demócratas clásicos, que se quejan del poder sustraído a las instituciones democráticas en favor de las finanzas privadas internacionales, pues en las democracias parlamentarias el poder nunca ha residido en el pueblo, sino en las cúpulas de los partidos, en los dueños de los medios de difusión, en los bancos y en las grandes empresas. El mundo globalitario no hace más que seguir ese modelo e intensificar una mayor dependencia del poder polí*tico hacia la plutocracia anónima y más apátrida que nunca.



    Y así señalamos también la incoherencia total de las izquierdas burguesas, que protestan por las crisis y miserias provocadas por el capitalismo y se disgustan por los sacrificios yrecortazos socia*les impuestos por el neoliberalismo. La ofensiva globalitaria neoliberal y su rechazo al con*trol na*cional de la economía ha sido favorecida por la gran «liberalidad» y la ineptitud con los recursos públicos demostradas por esas izquierdas cuando gobiernan. Pero sobre todo, lo que más ha favo*re*cido el empuje del aparentemente detestado neoliberalismo han sido, precisamente, los sueños liberal-libertarios apoyados por la «nueva izquierda». La izquierda dominante desde mayo del 68 ha completado el triunfo del modelo social «burguésbohermio» hedonista y anti-autoritario que, lógica*mente, ha beneficiado a la derecha liberal, mientras que cualquier crítica seria ante el poder establecido ha sido, de hecho, marginada. El mayor crimen de la nueva izquierda ha sido pretender que atacando los valo*res tradicionales se podía luchar mejor contra la lógica del capital. No quisieron ver que, como otros elementos que aún quedaban de las estructuras sociales orgá*nicas anteriores, constituían las últimas barreras al expansionismo planetario de la lógica capita*lista. Al suprimir valores como el honor, el com*pañerismo o el heroísmo, esta nueva izquierda abrió paso al triunfo de valores burgueses como el individualismo, el cálculo racional o la competitividad.



    (e) Los antecedentes



    Recordamos que con el fin de la Segunda Guerra Mundial, vino también el fin de las concepciones preferentemente nacionales. Con la Guerra Fría se consolidó ya la formación de los bloques interna*cionales políti*cos, ideológicos, militares y económicos, y eso implicó la subordinación de todos los estados, de una forma u otra, a tales bloques. Con el patronazgo de los EEUU o de la Unión So*viética se sos*tuvieron las internacionales políticas en el mundo. Y las multinacionales económicas y financieras occidentales no sólo rebasaban ampliamente las fronteras de los estados sino los pre*supuestos públicos de casi todos ellos. Estas realidades históricas han tratado de ser ocultadas, minimizadas o adornadas por medios de difusión de masas y fuerzas políticas, pues to*dos ellos han venido plegándose a esa situación que anulaba los supuestos de soberanía, libertad y demo*cracia que seguían proclamando públicamente.



    2 NUESTRAS BASES: ÁMBITO MUNDIAL

    Recordamos que con la difusión de la publicidad y las modas a través de los medios audiovisua*les, empezó ya la uniformización de las costumbres y las maneras de vivir. Con la extensión de la sociedad de consumo occidental, los pueblos ya se transformaron en agregados cuantificables volcados en la producción, el consumo y el desperdicio masivos. Con el desarrollo y la facilidad de las comunicaciones el mundo se había hecho más pequeño, la movilidad era ya constante y se había iniciado la desaparición de varias actividades propias nacionales o regionales.



    (f) Los cuatro planos del mismo proceso globaritario



    Distinguimos en el Globalitarismo cuatros planos que no dejan de estar estrechamente ligados entre sí pues forman parte del mismo proceso:

    (º1) La «disminutalización» tecnológica del mundo



    El primer proceso se asienta en el plano tecnológico. El propio desarrollo revolucionario en las telecomunicaciones, la informática y el transporte de seres y objetos, es el que ha provocado la con*tracción extraordinaria del volumen de los medios y la reducción de los tiempos precisos para transmitir información, bienes, servicios, personas y recursos a cualquier lugar del mundo. Esto ha posibilitado que muchas operaciones puedan, igualmente, controlarse desde cualquier sitio.



    Podemos ver que una característica decisiva de las sociedades actuales es su inmersión en la tecnología. De ésta dependen, de modo fundamental, todos los demás fenómenos y los procesos señalados a continua*ción: la expansión del transporte y las comunicaciones, la degradación de las ciudades, la des*trucción del territorio y la contaminación, el despotismo de los mercados finan*cieros, la mercanti*lización de la vida en todos sus aspectos, el control social absoluto de las creen*cias, el surgi*miento del individuo-masa, el totalitarismo político o las guerras no convencionales están estre*chamente ligados a lo que llamamos la «disminutalización» tecnológica del planeta.



    (º2) El despotismo de «los mercados»



    El segundo proceso señalado se sitúa en el plano político-económico. Consiste en la adopción generalizada de políticas liberales por parte de los gobiernos, que reducen drásticamente la ca*pacidad de los estados para maniobrar en sus propias economías. La conjunción de este proceso con el primero ha consolidado una mayor dependencia de las economías nacionales ante las evo*luciones de los mercados internacionales. Como estamos viendo, ni se busca ni se espera com*batir la crisis actual al margen de las «recetas» neoliberales.



    Las clases políticas occidentales no sólo no controlan a los especuladores que han desatado la crisis sino que recortan los ya de por sí penosos derechos laborales. Las grandes fortunas conti*núan obteniendo altos beneficios mientras la situación de la mayoría de la población empeora y los estados reducen, aún más, su soberanía económica. La crisis no ha servido para «refundar el capitalismo» como, ante la galería, pidieron socialdemócratas y derecha populista, sino que ya es la coartada para imponer un modelo que acrecienta la explotación y la miseria de la mayoría.



    (º3) El dominio del «pensamiento único»



    El tercer proceso se despliega en el plano del pensamiento y del discurso cultural. Y es el triunfo generalizado de la simbiosis liberal-progresista que caracteriza la «Posmodernidad»: la difusión y aceptación incuestionable de las fórmulas liberal-capitalistas para el campo socioeconómico (do*minio de los resultados, cálculos e intereses «contantes»), aunque se admitan para esas fórmulas tantas excepciones y «paréntesis» como convengan ocasionalmente a la Alta burguesía (como las famosas «socializaciones de las pérdidas» de los grandes negocios); la subordinación de la polí*tica a «los mercados» y, en consecuencia, la aprobación tácita del monopolio de las cúpulas de los partidos en el dominio de las representaciones y los repartos de la gestión del poder, siempre y cuando esas cúpulas sigan a los grandes medios de difusión como «guías espirituales»; la pau*latina sustitución de la superestructura (o paradigma de servicio) progresista por el paradigma de servi*cio etno-liberal y neoconservador en el campo simbólico-cultural (dominio de las creencias y ape*gos sentimentales y de los controles morales).



    Una vez más, es sobre el plano del pensamiento donde se analiza mejor el carácter de un fenó*meno. Este proceso es quien conjunta a lo largo y ancho del mundo las exigencias del capital, las conveniencias de la partitocracia y los sentimientos de las masas. Las formas de explotación capi*talista utilizan siempre imaginarios ideológícos que, aparentemente, no tenían relación con ellas.

    3 NUESTRAS BASES: ÁMBITO MUNDIAL

    (º4) La hiperhegemonía político-militar de Estados Unidos



    El cuarto plano del Mundo Globalitario es el más llamativo. Es el mantenimiento de un «Nuevo Orden Mundial» sometido a los dictados de los Estados Unidos de América. Hiperhegemonía mun*dial en conformidad con el control de la información (más bien desinformación) mundial reali*zado por sus agencias, en conformidad con la hegemonía de sus productoras cinematográficas y canales de difusión de noticias, en conformidad con el volumen enorme de capital manejado por sus multinacionales y sociedades financieras, en conformidad con la tremenda superioridad mili*tar de sus fuerzas aéreas, terrestres, navales y estratégicas, y en conformidad con su papel his*tórico de guardián del «Mundo libre» frente a los peligros y amenazas (reales, exagerados o inventados) sobre ese mundo, y paladín de las «libertades» y los «derechos humanos».

    PROYECTO M-20 "NUESTRAS BASES " (I) | ANTAGONISTAS
    LIBERTAD - JUSTICIA - DIGNIDAD
    PATRIA - SOCIALISMO - REVOLUCIÓN

    http://adversariometapolitico.wordpress.com/

 

 
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