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Discussione: Il deserto avanza

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    Predefinito Re: Il deserto avanza

    Tecnodipendenze, nuova frontiera dell’omologazione
    L’obiettivo finale della globalizzazione è rendere l’uomo una marionetta, priva di legami con la propria terra e le proprie tradizioni, priva di una dimensione spirituale, di un’identità antropologica, sessuale, intellettiva. Un prodotto da omologare, un numero. Uno schiavo da indottrinare, manipolare, orientare a piacimento. In tal senso, la dipendenza dalle nuove tecnologie riveste un ruolo importante, accanto, ad esempio, alla diffusione del genderismo. Le nuove tecnologie sono certamente, se sapientemente usate, uno strumento in grado di aiutare l’uomo in molteplici attività; ma in un’epoca come questa, dove il centro dell’uomo è posto nell’elemento corporeo a sé stante o tutt’al più nei livelli più bassi della psiche, quelli irrazionali e subpersonali, con molta facilità un’abitudine o un input esterno di qualunque natura (soprattutto se sapientemente e continuamente indotto) scatena un’ossessione, un bisogno compulsivo, una dipendenza. L’uso massiccio delle tecnologie più sofisticate produce oggi, volutamente, proprio questi effetti. Il bisogno psicofisico di avere sempre con sé lo smartphone ed il terrore di non essere connessi (la cosiddetta nomofobia) ne sono chiari esempi.
    (it.blastingnews.com) - The Impact of iPhone Separation on Cognition, Emotion and Physiology“: questo è il titolo di uno studio realizzato da Russel Clayton, docente presso l’Università del Missouri, e pubblicato lo scorso 8 Gennaio su Science Daily. Russel decide di analizzare e approfondire una tematica oggi come oggi molto scottante e attuale, quella che riguarda il legame, sempre più forte e inappropriato, tra gli uomini e il proprio cellulare. Perchè il professor Clayton ha deciso di trattare tale argomento? Parlando con un ospite è rimasto sorpreso nel vederlo allontanarsi nel bel mezzo della conversazione per aver dimenticato da qualche parte lo smartphone. Fortemente perplesso Russel si pone un interrogativo: il cellulare è davvero diventato una protesi tanto fisica quanto psicologica? Questa è la domanda che si pone e per rispondervi porta avanti un esperimento.
    Seleziona un ampio numero di studenti. Dice loro che sono utili per provare un nuovo rilevatore di pressione sanguigna e che devono separarsi per un po’ dai loro smartphone poiché la vicinanza di essi potrebbe falsare i risultati dell’esame. Gli alunni non sapevano che l’esperimento, in realtà, fosse proprio quello. Misurando i battiti cardiaci e la pressione dei presenti, Clayton si accorge che questi sono aumentati nel momento in cui i ragazzi hanno temporaneamente “abbandonato” gli apparati elettronici. L’ansia degli studenti sale. Alcuni pur di non lasciare il cellulare si inventano di essere in attesa di un’importante telefonata. Russel Clayton è dunque giunto alla conclusione che il cellulare è realmente diventato una protesi fisica e psicologica. Gli uomini credono di stare male senza di esso quando, invece, è una delle primarie fonti di stress e angoscia.
    Tra gli adolescenti, e non solo, sempre più diffusa è la cosiddetta nomofobia ovvero la paura di essere sconnessi. Questo timore ha preoccupanti e seri risvolti a livello fisico e mentale come ad esempio accelerazione del battito cardiaco, difficoltà nella respirazione, crisi di nervi. Sembra proprio che la tecnologia abbia conquistato l’uomo.
    Tecnodipendenze, nuova frontiera dell?omologazione | Azione Tradizionale



    Allarme in Gran Bretagna: centinaia di bambini sotto i 12 anni in cura per dipendenza da droga e alcol
    Benedetta Frigerio
    Lo ha rivelato un’indagine dell’agenzia di stampa inglese Press Association, che ha avuto accesso ai dati di 140 centri di assistenza sociale di Inghilterra, Galles e Scozia
    Cresce il numero di persone con problemi di droga e alcol in Gran Bretagna. Fin qui nulla di nuovo, se non fosse che l’allarme questa volta riguarda i bambini. Quelli presi in carico dal Sistema sanitario nazionale tra il 2012 e il 2013 sono 366, di età compresa fra i 4 e i 12 anni. Di questi si è interessata l’agenzia di stampa inglese Press Association, che ha avuto accesso ai dati di 140 centri di assistenza sociale di Inghilterra, Galles e Scozia.
    L’agenzia ha scoperto che il 59 per cento di questi minori – compresi bambini di 4, 5, 6 e 7 anni – hanno ricevuto cure per abuso di cannabis, mentre un terzo è dipendente da alcolici.
    IL RIMEDIO È LA SCUOLA? È difficile individuare le cause di questo fenomeno, rintracciabili in certi casi nell’imitazione del comportamento di madri o padri che si drogano o bevono in casa. Ma in alcuni casi i genitori sembrano non c’entrare nulla. Il presidente della commissione Affari interni della Camera dei Comuni Keith Vaz, commentando la notizia, ha affermato che «i genitori devono assumersi per primi la responsabilità [di questa situazione] e devono ricevere più aiuti per prevenire l’accesso dei bambini a droga e alcol».
    Per Vaz è determinante la scuola, che deve spiegare «gli effetti che la droga, le diete e gli esercizi hanno sulla vita e sul corpo». Steve McCabe, ministro ombra della Famiglia, ha dichiarato di essere sconvolto. «La strategia del governo contro la droga non funziona», ha affermato, aggiungendo che la scuola è il luogo giusto per un’opera di prevenzione legandola a «problemi come sesso, educazione affettiva e pornografia».
    LIBERALIZZAZIONE DEL 2004. Da quando il consumo e la produzione di cannabis sono parzialmente tollerati in Gran Bretagna, dove nel 2004 è stato abolito l’arresto per chi coltiva la droga “leggera” in casa, i numeri di persone malate sono cresciuti. Secondo l’indagine resa nota a febbraio dell’emittente indipendente Itv, vengono sequestrate in media 656 coltivazioni al mese (il 39 per cento in più in soli 5 anni). Nel 2008 la media era 252.
    I danni provocati dalla marijuana nel Regno Unito, che oggi riguardano anche i bambini, avevano fatto pentire nel 2007 persino il quotidiano liberale The Independent, che dieci anni prima aveva promosso una campagna a favore della liberalizzazione della cannabis.
    Gran Bretagna: centinaia di under 12 dipendenti dalla droga | Tempi.it

    Investire nell'adulterio? Sito specializzato punta alla City
    Punta a Europa in quanto "l'idea di un sito di tradimenti potrebbe essere più socialmente accettabile".
    NEW YORK (WSI) – Volete investire in un sito di dating online per uomini e donne a caccia di relazioni extraconiugali? A quanto pare, presto sarà possibile.
    Secondo il sito Bloomberg, Avid Life Media, azienda a capo di AshleyMadison.com, un sito di incontri per persone annoiate dal matrimonio e desiderose di avventure fuori dalle mura domestiche, sarebbe pronta a sbarcare sul mercato londinese quest’anno.
    L’obiettivo è raccogliere un capitale fino a 200 milioni di dollari. Questa non è la prima volta che la società, con sede a Toronto, tenta di quotarsi. Un precedente tentativo, non andato a buon fine, è avvenuto qualche anno fa e prevedeva lo sbarco sul mercato azionario canadese.
    Sebbene gli Stati Uniti rappresentino circa la metà della sua attività, la società sta cercando di sbarcare in Europa, dove – dice Christoph Kraemer, responsabile della divisione relazioni internazionali – "l'idea di un sito di adulterio potrebbe essere più socialmente accettabile".
    Investire nell'adulterio? Sito specializzato punta alla City

    Da peccato grave a business, l’adulterio è on line (anche Lgbt)
    By Redazione
    Incredibile, l’adulterio non è più solo immorale e – per chi crede –peccato grave: ora è sinonimo anche di business. Lo dimostra un sito canadese, specializzato proprio nell’organizzare incontri per infedeli. Gli affari vanno purtroppo tanto bene da decidere addirittura di compiere il grande passo e di farsi quotare alla Borsa di Londra, ciò da cui spera di ricavare 200 milioni di dollari (pari a circa 187 milioni di euro): l’annuncio ufficiale è stato dato mercoledì scorso da Noel Biderman, amministratore delegato della società che gestisce il sito, la Avid Life Media, peraltro titolare anche di altri due siti “specializzati”: «Abbiamo sviluppato il lato oscuro degli appuntamenti galeotti – gongola trionfante – e questo si è rivelato essere un affare incredibile, di gran lunga più vasto del mercato dei celibatari». Sulla pelle altrui, tanto in termini di perdizione delle anime quanto in termini di famiglie sfasciate.
    Il meccanismo è volutamente molto semplice: basta abbonarsi, per accedere agli squallidi “servizi” ed entrare in contatto con altri individui coniugati disposti a tradire ed a lasciar così che l’istinto distrugga la gioia e la bellezza dell’amore per sempre. In realtà, si tratta di coniugati e non, perché il sito si è già totalmente allineato all’ideologia gender imperante, accogliendo anche single, gay o lesbiche in cerca, per così dire, della propria “compagnia” a pagamento, in ossequio al diktat delle lobby Lgbt.
    Oggi il sito, che si finanzia con abbonamenti e raccolta pubblicitaria, è presente in 46 Paesi e proposto in 28 lingue diverse, compresi l’ebraico, il turco, il cinese, il suomi e molte altre ancora. Tanto da potersi definire come il «leader mondiale per incontri discreti tra persone sposate». E non.
    Val la pena a questo punto ricordare cosa preveda il Catechismo della Chiesa Cattolica, ai numeri 2380-2381, in fatto di adulterio: spiega senza mezzi termini che si tratta di un peccato grave, condannato da Cristo e dalla Sacra Scrittura, «anche se consumato con il semplice desiderio»: «L’adulterio è un’ingiustizia – si legge - Chi lo commette viene meno agli impegni assunti. Ferisce quel segno dell’Alleanza, che è il vincolo matrimoniale, lede il diritto dell’altro coniuge e attenta all’istituto del matrimonio, violando il contratto che lo fonda. Compromette il bene della generazione umana e dei figli, i quali hanno bisogno dell’unione stabile dei genitori».
    Sul sito trasgressivo, ammiccante, uno slogan recita: «La vita è breve, abbiate una relazione». Non spiega però ai propri turbolenti iscritti il seguito ovvero che la dannazione poi, per le anime, è eterna.
    Da peccato grave a business, l?adulterio è on line (anche Lgbt) | Riscossa Cristiana

    La svolta del governo Usa: via la statua del missionario, in arrivo quella della lesbica
    Con un nuovo provvedimento, il governo americano sostituirà, all'interno della Natonal Statuary Hall, la statua del missionario Junipero Serra con quella dell'astronauta lesbica Sally Ride
    Andrea Riva
    Una nuova svolta progressista per il congresso americano. La statua del sacerdote del XVIII secolo, Junipero Serra, conservata nella National Statuary Hall, rischia di essere sostituita da quella della dottoressa Sally Ride, icona gay.
    Nonostante si fosse sposata con l'astronauta della Nasa Steven Hawley, la Ride avrebbe infatti avuto per oltre 27 anni una compagna, l'ex collega Tam O'Shaughnessi.
    Come scrive il New York Times, citando il senatore della California Ricardo Lara, che ha proposto la risoluzione per far installare la statua dell'astronauta, "Sally Ride sarà la prima donna a rappresentare la California e la prima persona a rappresentare la comunità Lgbt in Campidoglio". E il senatore, cattolico e gay, è andato anche oltre: "Si tratta di modernizzare i nostri eroi. I simboli sono importanti, soprattutto per quelli come noi, che non hanno tradizionalmente conosciuto l'accettazione pubblica di figure omosessuali d'influenza o di potere".
    La svolta del governo Usa: via la statua del missionario, in arrivo quella della lesbica - IlGiornale.it

    L'Omoeresia nella Chiesa attuale
    Due anni fa la rivista polacca “Fronda” pubblicò un lungo articolo, ripreso successivamente dalla rivista teologica tedesca “Tehologisches” su quella che era definita "Omoeresia", e "Homomafia". Cioè della presenza a tutti i livelli nella gerarchia della Chiesa, compresa la Curia romana, di una rete di sacerdoti omosessuali impegnati nel proteggersi a vicenda. L'autore, oggi: "Mi pare che stia maturando sempre di più la consapevolezza dei problemi affrontati nel mio studio".
    MARCO TOSATTI
    Due anni fa la rivista polacca “Fronda” pubblicò un lungo articolo, ripreso successivamente dalla rivista teologica tedesca “Tehologisches” su quella che era definita "Omoeresia", e "Homomafia". Cioè della presenza a tutti i livelli nella gerarchia della Chiesa, compresa la Curia romana, di una rete di sacerdoti omosessuali impegnati nel proteggersi a vicenda.
    L’autore era un sacerdote, il prof. Dariusz Oko, docente di Teologia alla Pontificia Accademia di Cracovia, all’Università Giovanni Paolo II. Nel suo articolo Oko ricordava che l’80% dei casi di cosiddetta pedofilia negli Stati Uniti erano in realtà casi di efebofilia, cioè relativi a maschi adolescenti (le cifre della Congregazione della Fede sono analoghe, si parla del 90%). “Questo fatto è stato accuratamente nascosto e ignorato”.
    Nel suo studio Oko sottolineava la difficoltà vissuta da sacerdoti e seminaristi che tentano di mettersi contro questo tipo di potere e i colleghi che fanno parte della lobby. “Quando il vicecancelliere o un altro superiore cerca di rimuoverli, può andare a finire che si trovino rimossi proprio loro, invece degli omoseminaristi. O quando un vicario cerca di proteggere i giovani da un prete che li molesta, può accadere che sia il vicario a essere punito”, grazie al fatto che le istanze superiori a cui si rivolge fanno parte della lobby. Che se sono fondate alcune indiscrezioni trapelate dai Palazzi vaticani, avrebbe un estensione sovranazionale e coinvolgerebbe centinaia di chierici, a ogni livello.
    Abbiamo rivolto al prof. Dariusz Oko alcune domande sul problema, che da allora sembra essere passato nel dimenticatoio.
    – Due anni fa Lei ha fotografato con il suo studio approfondito una situazione esistente nella Chiesa. È cambiato qualche cosa da allora?
    – Sicuramente il mio studio ha toccato un problema molto diffuso ed esistente quasi dappertutto. Solo così si spiega il fatto che in poche settimane il testo ha fatto il giro del mondo. In molti paesi sono state preparate diverse traduzioni: dall’inglese al tedesco, dall’italiano alla lingua ceca, dal slovacco alla lingua estone... Mi pare che stia maturando sempre di più la consapevolezza dei problemi affrontati nel mio studio.
    – Nel sul lavoro Lei parla di omoeresia. Quali sono le caratteristiche?
    – L'omoeresia è un rifiuto del Magistero della Chiesa cattolica sull'omosessualità. I sostenitori dell'omoeresia non accettano che la tendenza omosessuale sia un disturbo della personalità. Mettono in dubbio che gli atti omosessuali siano contro la legge naturale. I difensori dell'omoeresia sono a favore del sacerdozio per i gay. L'omoeresia è una versione ecclesiastica dell'omosessualismo.
    – Nel 2005 è stato pubblicato dalla Congregazione per l’Educazione Cattolica un importante documento, approvato dal Santo Padre Benedetto XVI, che proibisce di ordinare preti omosessuali. Perché questo documento?
    – A partire dagli anni Settanta e Ottanta del XX secolo si è infiltrato in tanti seminari e monasteri nel mondo un modo nuovo di considerare la sessualità umana, contrario al Magistero tradizionale della Chiesa cattolica sull'omosessualità. In conseguenza, in molti seminari diocesani e abbazie di tutti i continenti hanno cominciato a sostenere l'idea che esistono due orientamenti sessuali equivalenti: eterosessuale ed omosessuale. Così si chiedeva ai chierici esclusivamente la castità, considerata come l'astinenza da atti impuri, e la capacità di vivere il celibato, senza entrare nel merito del loro orientamento o tendenze sessuali. In questo modo l'omosessualità come tendenza e tipo di personalità ha finito di essere un ostacolo all'ordinazione sacerdotale.
    – Questa normativa del 2005 che vieta il sacerdozio per i gay, a Sua conoscenza, viene applicata?
    – Non sono responsabile per la formazione nei seminari. Allora non lo so, come viene trattato questo divieto in diversi paesi del mondo. Si dovrebbe rivolgere questa domanda alle persone direttamente responsabili per la formazione dei futuri preti.
    – Da quando Lei ha scritto il suo studio è cambiato il Papa. Percepisce qualche differenza di atteggiamento fra i due pontificati, in relazione al problema?
    – È difficile parlare di qualche differenza. La cosa fondamentale è il Magistero della Chiesa cattolica che non cambia e che per oggi vieta l’ordinazione dei preti gay. Il Magistero attuale, invece della divisione che funzionava prima tra l'omosessualità attiva e quella passiva, introduce una distinzione tra tendenze omosessuali transitorie, che accadono nel periodo dell'adolescenza, e quelle profondamente radicate. Tutte e due le forme di omosessualità, e non più soltanto l'omosessualità attiva, costituiscono un impedimento all'ordinazione sacerdotale. L'omosessualità non è conciliabile con la vocazione sacerdotale. Di conseguenza, non è solo rigorosamente vietata l'ordinazione di uomini con qualsiasi tipo di tendenza omosessuale (anche se transitoria), ma anche la loro ammissione in seminario.
    L'Omoeresia nella Chiesa attuale

    L’ideologia gender non esiste, ma accidenti a me che ho messo la tutina rosa alla mia bambina
    Fabio Sabatini, economista e blogger di MicroMega e del Fatto quotidiano, è un uomo assolutamente impegnato per la causa cosiddetta progressista. Ha fatto sue molte delle attuali battaglie per i “nuovi diritti”, «matrimonio gay e omogenitorialità anzitutto», scrive. A maggior ragione, perciò, l’allucinante vicenda in cui si è ritrovato personalmente coinvolto, raccontata in un lunghissimo post da lui firmato per Micromega che vale la pena di leggere, è emblematica dell’estremismo raggiunto da un certo mondo militante. Sabatini stesso ci tiene a precisare che in questa storia «si parla di gender, ma se ne parla solo incidentalmente». I lettori non devono «trarre lezioni generali» dal suo caso, ammonisce. «Tutti noi che abbiamo a cuore l’uguaglianza dei diritti civili ci sgoliamo dalla mattina alla sera per spiegare che la “teoria (o ideologia) del gender” non esiste», e secondo Sabatini occorre continuare a farlo. Tuttavia è difficile che la sua vicenda, «una delle più grottesche cui ho assistito negli ultimi tempi», «così caricaturale che sembra confezionata dalla propaganda contro l’eguaglianza dei diritti civili», non costringa a riflettere un po’ più a fondo sul senso di tante campagne arcobaleno.
    Veniamo ai fatti. Succede che Sabatini, oltre che ricercatore universitario, è anche amante della fotografia e dei social network, e un bel giorno pubblica su Facebook una foto di sua figlia, tre mesi, che indossa una tutina rosa. Completamente rosa. Non l’avesse mai fatto. «Il misfatto – racconta – non è passato inosservato, e una rappresentante della famosa categoria “esperti di Facebook” mi ha chiesto conto della scelta del colore». Il bello è che «l’esperta in questione», è una specie di “collega” di Sabatini. Lui non la nomina mai nel suo post, ma dalle informazioni riportate è facile riconoscere Barbara Befani, che, ironia della sorte, «tra le altre cose, scrive su MicroMega un blog su questioni di genere». Ebbene, «fin dalla prima battuta», continua Sabatini, era chiaro che la Befani «avesse già in mente la sua risposta. Questo padre è maschilista e sessista, perciò veste la figlia di rosa». Quando si finisce le mirino dell’esperto di genere, osserva il malcapitato blogger progressista, è inutile stare a spiegare che non avete scelto quella tutina per sessismo, che «il rosa vi piace» e che però «vi piacciono anche altri colori», che «il guardaroba di vostra figlia è vario» e contiene anche abitini azzurri. Inutile perché, qualunque essa sia, «la risposta non va bene». L’esperto ha già capito tutto, «si pianta in salotto e ci sottopone una raffica di osservazioni e di domande». Il punto, intuisce sconsolato Sabatini, «è che dobbiamo dimostrare di non essere sessisti: avreste vestito vostro figlio di rosa anche se fosse stato un maschio? Siamo increduli e infastiditi. Dobbiamo davvero dimostrare alla prima persona che passa di non essere qualcosa?». Ammirevolmente, comunque, Sabatini inghiotte lo sfogo che gli monta dentro e prova a rispondere nuovamente. «Rifiuto però di dire tutte ma proprio tutte le cose che avrei voluto. Perché sono ovvie. Perché la blogger le sa già, dato che mi segue da tempo. Perché non sono tenuto a spiegare alla prima persona che mi piomba in casa affermando che sono qualcosa che invece no, non sono quel qualcosa». Purtroppo però non basta ancora, «l’ospite non è contento, la nostra gender neutrality non è dimostrata, se ne deduce che mia moglie e io non siamo capaci di farci le domande giuste».
    «È finita? No. Qualche giorno dopo – continua Sabatini – compare sull’home page di MicroMega un pezzo in cui si parla proprio di quel genitore sessista che fa indossare alla figlia anche delle tutine rosa». È firmato dalla “collega” Befani e presenta la piccola disputa «in modo diverso dalla realtà dei fatti». L’articolo secondo Sabatini contiene «un giudizio. Dopo aver osservato una foto di nostra figlia e studiato le nostre reazioni, la blogger ha stabilito che mia moglie e io siamo maschilisti. Che le sue domande intelligenti non ce le eravamo poste mai, e che la sua irruzione in salotto ci ha disorientati a tal punto da lasciarci senza parole (che per certi versi è vero)». L’uomo non può credere ai suoi occhi, e lo spaesamento ben presto «lascia spazio all’arrabbiatura, una gran brutta arrabbiatura», perché «sulla home page di una testata del gruppo l’Espresso-La Repubblica si parla della tutina rosa di mia figlia di tre mesi e del nostro essere genitori, con delle basi semplicemente ridicole». Sabatini e sua moglie si sentono «invasi». «Qualcuno è piombato a casa mia a dirmi: dimostrami che non sei quello che ho estemporaneamente teorizzato che tu sia». Una sensazione opprimente amplificata dai commenti dei lettori all’articolo della Befani. Scrive Sabatini: «Non riesco a credere che degli estranei stiano pontificando sul sito di una testata nazionale del presente e futuro della bambina che, proprio mentre sto leggendo, mi dorme in braccio. Dei maltrattamenti e delle frustrazioni che subirà. Del fatto che io le metterò le mani addosso. Sono davvero sconvolto. Come è potuto accadere tutto questo? La tutina rosa, già». Ormai «la tutina rosa – conclude ironicamente lo sventurato padre – non è la tutina rosa. È un problema sistemico». Non se ne esce. «La verità è costruita ormai, e con essa il nemico, la realtà non conta più un fico secco».
    Sabatini di certo non si ricrederà sulle campagne “di genere”, ma una cosa l’ha capita: il suo «non è un caso particolare», l’ostinata ramanzina di cui è stato fatto oggetto è un piccolo ma perfetto emblema dell’«integralismo, la sensazione di avere in tasca le verità del mondo. Una roba che succede a tutti i fanatici, sempre uguale. Sarebbe soltanto noioso, se non riguardasse la tutina di mia figlia».
    L?ideologia gender non esiste, ma accidenti a me che ho messo la tutina rosa alla mia bambina | il blog di Costanza Miriano

    Via il santo dal nome. La Francia sbattezza 5mila comuni
    di Luigi Santambrogio
    La laicissima Francia, quella del Je suis Charlie, della tolleranza e del “vivre ensemble” multiculturale, vuole mettere mette al bando santi e beati, ameno dai paradisi della toponomastica. L’obiettivo è l'eliminazione di tutti i riferimenti alla cristianità dai Comuni francesi, sono quasi 5000, che nel loro nome hanno il termine “saint”, santo, o “sainte”. Dovranno essere sbattezzati perché con il loro toponimo insultano «tutta una categoria di popolazione». Non è chiaro se la ghigliottina della censura anticristiana si estenderà anche ai nomi della vie cittadine, dei quartieri, dei ponti, degli aeroporti e delle stazioni ferroviarie. A chiedere lo “sbattezzo” è il gruppo di riflessione “Laïcité et République moderne” e curato dal deputato socialista Yann Galut, leader del collettivo “La Gauche forte”, e dalla senatrice ecologista Esther Benbassa, alla guida del microscopico ma influente partito “Pari(s) du Vivre-Ensemble”. Insieme hanno firmato un rapporto e lo hanno inviato al premier socialista Valls.
    A dare l’incredibile notizia è il settimanale Minute (Minute- Accueil) giornale di riferimento della destra religiosa, diretto per anni da Patrick Buisson, il consigliere ombra di Sarkozy nel 2012. Il rapporto si intitola in maniera deliberatamente ambigua «Rivedere la toponimia della Francia alla luce del vivre-ensemble», e nelle intenzioni dei curatori dovrebbe rappresentare il primo atto della «lotta contro l’apartheid territoriale, sociale, etnico», evocata dallo stesso Valls nel gennaio scorso. I curatori parlano inizialmente di una non precisata “categoria di popolazione” che potrebbe sentirsi a disagio e svillaneggiata dalla cristianità dei nomi di alcuni Comuni. Quale? L’enigma viene svelato poco più avanti: «Una frazione crescente della popolazione di origine musulmana è scossa dalle appellazioni toponimiche che rappresentano un'epoca arcaica dove l'identità della Francia, tutt'altro che plurale, si definiva esclusivamente sotto il segno di una cristianità trionfante e totalitaria». Da qui l’imperativo politico e civile: «rilaicizzare profondamente la République», tramite la soppressione di questi «appellativi discriminanti». Una fraseologia, commenta ironico il settimanale, che lascia pensare che i redattori del rapporto «abbiano studiato dagli anticlericali più che dai curati».
    Tutto chiaro, no? Per non urtare la comunità musulmana francese e in nome del sacro “vivre-ensemble”, i neogiacobini del governo mirano insomma a curare i paeselli della Francia profonda da quella che a quanto pare considerano come una malattia mortale: la cristianità e la sua cultura millenaria. “Rilaicizzare” fa rima con rieducare: le menti e le coscienze certo, ma anche i ricordi e i segni materiali di una storia millenaria, cambiando nomi alle città e ai luoghi, come fecero con Leningrado, Stalingrado, Hô-Chi-Minh-Ville e altri esempi delle più feroci dittature.
    A quanto ammonta il costo dell’operazione “sbattezzo”? È sempre il settimanale Minute a svelarlo: 3,4 miliardi di euro, tra spese dirette e indirette. La riforma è presentata come “audace” all’interno del rapporto, e come riporta Minute rinvia apertamente all’epoca della Rivoluzione francese, quando la Convenzione condusse una vera e propria caccia alle denominazioni che non erano considerate “rivoluzionariamente corrette”.
    Tremila comuni furono allora rinominati, detersi dal loro germe cristiano: Saint-Quentin divenne Egalité-sur-Somme, Saint-Caprais si trasformò in Thémistocle, Saint-Michel-de-Rivière mutò in Esprit-des-Lois. E oggi sono quasi 5.000 le città che perderebbero le loro radici cristiane. 3 927 cominciano per “Saint“ (10,7 % dei comuni francesi. Il santo più diffuso è Saint-Martin (222 comuni), poi Saint-Jean (170) e Saint-Pierre (155). Altri 471 comuni hanno il termine “Saint“ all’interno del loro nome, 334 cominciano per “Sainte“ (0,9 %), e Saintes. La santa più diffusa è Sainte-Marie (40), seguita da Sainte-Colombe (27) e Sainte-Croix (25).
    Quando in Vandea vennero proibiti i presepi, i cattolici si mobilitarono al grido di “Touche pas à ma crèche” (non toccatemi il presepe), adesso forse lo faranno con un non meno nobile: “Giù le mani dai santissimi”. E non solo da quelli, verrebbe da aggiungere. Infatti, mentre i nuovi giacobini si preparano a tagliare di nuovo la testa ai santi cristiani, come ai tempi del Terrore, c’è da registrare anche il Rapporto 2014 dell'Observatoire de la cristianophobie, struttura che recensisce ogni anno attacchi cristianofobi: atti di vandalismo contro i luoghi di culto cristiani, delle profanazioni, degli incendi e degli attacchi informatici. Testimonianze dirette ed episodi raccontati dalla stampa dicono che sull'intero territorio nazionale ne sono stati registrati 186 atti, numero che fa dei cristiani la comunità più perseguitata di Francia. Ma di questo, la laicissima République non si cura, tanto questi cristiani mica andranno per ritorsione ad assaltare moschee o giornali satirici. La ghigliottina cade sempre sulle solite teste.
    Via il santo dal nome. La Francia sbattezza 5mila comuni

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    Predefinito Re: Il deserto avanza

    Aggressione omofoba a Rovigo? No, solita bufala Lgbt
    Eravamo rimasti effettivamente stupiti qualche giorno fa quando diversi quotidiani online hanno riportato la vicenda di un’aggressione omofoba a Rovigo: un tizio avrebbe rotto un bicchiere in faccia a due persone omosessuali mentre si stavano baciando. Vuoi vedere che, dopo tutte le false notizie di questi anni inventate dalla comunità Lgbt, è emerso il primo caso di vera omofobia?
    Se fosse così sarebbe un gesto chiaramente da condannare, il Gazzettino di Rovigo ha accusato un pugile palestrato che la polizia starebbe cercando, il Corriere del Veneto ha dato ampio spazio alle sigle Lgbt che subito hanno proclamato l'”emergenza omofoba”, il Fatto Quotidiano ha descritto la scena nei minimi dettagli, approfittando per accusare il solito anonimo sacerdote che avrebbe accusato uno dei due gay aggrediti di “rovinare il nome del paese perché gay”.
    Come al solito, è bastato aspettare un paio di giorni e il grande caso nazionale montato dai media si è rivelato, per fortuna, l’ennesima bufala Lgbt. La notizia, come sempre, è apparsa soltanto in un trafiletto di Rovigo Oggi in un articolo intitolato: “Caso montato, l’omofobia non c’entra”. Nessun pugile palestrato in fuga, nessun sacerdote omofobo, nessun bicchiere spaccato in faccia, nessuna violenza, nessuna denuncia: tutte menzogne.
    Lo dice a chiare lettere la stessa questura che rileva solo come, intorno alle due del mattino, un ragazzo in uno dei locali di corso del Popolo, è inciampato rompendo il bicchiere che teneva in mano. Alcuni pezzi di vetro sono finiti addosso ad una persona lì vicino: “Scusa ti ho fatto male?”, le prime parole dette. Tutto qui. La vittima dello sfortunato episodio era un omosessuale e questo è bastato al mondo Lgbt per inventarsi la storia dell’aggressione omofoba durante un bacio gay da parte di un pugile omofobo (magari cattolico praticante e papaboys). Il tutto per resistere nel dipingere un fenomeno inesistente come l’omofobia e tentare di raccogliere le simpatie e l’approvazione che solitamente si concedono, per solidarietà, alle minoranze discriminate.
    Siamo all’ennesima invenzione, in questi mesi sono infatti stati smentiti tutti i casi di omofobia apparsi sui quotidiani: si è rivelato una bufala Lgbt il caso del ragazzo dai pantaloni rosa, il caso del tentato suicidio di un sedicenne omosessuale dell’Istituto Tecnico Nautico “Colonna”, il caso del 21enne gay suicida da un palazzo a Roma, il caso della discoteca “Just In” (conclusosi con la denuncia per diffamazione del presidente di Arcigay Verbania, Marco Coppola), il il caso della professoressa licenziata da un istituto cattolico in quanto lesbica, il caso dell’insegnante di religione accusata di aver tenuto una lezione omofoba ecc. L’unica vera notizia è la ricerca effettuata dal prestigioso Pew Research Center che ha collocato l’Italia tra i Paesi del globo aventi i più bassi tassi di discriminazione dell’omosessualità.
    Aggressione omofoba a Rovigo? No, solita bufala Lgbt | UCCR

    E' persino troppo banale smentire l'ideologia gender
    di Rino Cammilleri
    Le cose sono andate suppergiù così. C’è uno che vive nel Paese più avanzato del mondo e da poco una nuova scoperta sta invadendo i media e le scuole: la terra è piatta. Il tizio allora si mette in viaggio verso Ovest, per vedere quand’è che cadrà di sotto. Invece, viaggia che ti viaggia, si ritrova al punto di partenza. Così, pensa: ma come, qui ci insegnano la gran novità della terra piatta, e che l’idea che sia tonda, come si è sempre creduto fin dai tempi di Eratostene, ci viene in realtà inculcata fin dall’infanzia; ma allora com’è che viaggiando sempre a Ovest sono arrivato a Est?
    Ebbene, una cosa del genere è accaduta in Norvegia, il posto in cui la parità tra i sessi è massima. Il comico Harald Meldal Eia, star televisiva locale, si è incuriosito quando ha visto le statistiche nazionali, secondo le quali il 90% degli infermieri è femmina, mentre il 90% degli ingegneri è maschio. Secondo l’ideologia gender le cifre dovrebbero essere fifty-fifty in ogni mestiere. Invece, proprio dove l’accesso alle professioni è più libero e uno può scegliere quella che vuole, le femmine si indirizzano verso lavori classicamente femminili e i maschi verso lavori classicamente maschili. Avendone le possibilità, Harald ha confezionato un documentario intitolato (traduco): «Lavaggio del cervello. Il paradosso dell’eguaglianza di genere».
    Harald, con la faccia di Bertoldo ma in assoluta buona fede, è andato a chiedere lumi alla ricercatrice Cathrine Egeland, esperta di temi di lavoro, e a Jorgen Lorentzen del Centro di Ricerca Interdisciplinare sul Genere dell’università di Oslo. I due hanno risposto unanimi che gli studi sulla diversità biologica tra maschio e femmina sono da ritenersi superati e che, in realtà, lo «stereotipo» viene inculcato alle creature per via culturale. Stesso discorso una ex ministro per le pari opportunità. Harald, perplesso, intervista i suoi bambini, due femmine e un maschio, e quelli rispondono che loro sono nati così. Per riprova li porta in un negozio di giocattoli e chiede al bimbo perché la bambola non gli piace. Quello replica che lui non è mica una femminuccia. Sarà, pensa Harald, però gli esperti dicono che sono stato io a mettervelo in testa, anche se a me non risulta.
    Poiché ad Harald la tivù paga le inchieste, prende l’aereo e va a San Francisco e poi a Cambridge, dove interroga i massimi esperti mondiali di biologia umana. Di più: gli fa vedere il video delle interviste che ha fatto agli esperti norvegesi di gender. Visti e ascoltati i video, a san Francisco e a Cambridge restano allibiti. Gli fanno vedere gli studi «superati» e gli dicono che in verità sono i più recenti e accreditati. Dai quali risulta che un neonato di un giorno (avete letto bene: un giorno) è attratto dai giocattoli maschili, mentre una neonata della stessa età è attratta dalle facce delle persone. Gli mostrano bambini di nove mesi lasciati liberi di gattonare tra i giochi: stesso risultato. Harald fa perfidamente notare agli spettatori che dal Trinity College di Cambridge (dove è andato) sono usciti ben 32 premi Nobel. Poi torna in Norvegia e mostra agli esperti di prima i risultati della sua inchiesta. Questi, ovviamente, se ne fanno un baffo e rispondono con slogan. Anzi, si chiedono stizziti perché mai ci sia gente che insiste con la biologia, disciplina che è «superato» ritenere che abbia qualcosa a che fare con le differenze tra maschi e femmine. Harald saluta e se ne va.
    Però manda in onda il documentario sulla tivù nazionale. La quale è vista in tutta la Scandinavia. Ne è nato un dibattito che è durato mesi ed è finito così: nel 2011 i governi locali hanno sospeso i finanziamenti al Nordic Gender Institute, punta di lancia dell’ideologia omonima. Ma, come sappiamo, i sostenitori della terra piatta hanno soldi e appoggi internazionali potenti. La novità perciò verrà diffusa nelle scuole e sarà messo in galera chi oserà affermare che la terra è tonda. Personalmente, mi preoccuperei più per la seconda minaccia. Infatti, i pargoli, pur indottrinati, che la terra è sferica prima o poi lo scopriranno da soli.
    E' persino troppo banale smentire l'ideologia gender

    Da bambina volevo essere un maschio Meno male che allora non c’era il gender
    di Monica Ricci Sargentini
    Io so cosa vuol dire non riconoscersi nel proprio sesso di nascita, perché tra i 5 e i 14 anni volevo essere un maschio. Non un maschiaccio, come si dice bonariamente delle bambine più vivaci, ma proprio un maschio. Odiavo merletti e fiocchi, portavo solo pantaloni ed ero così contenta quando la gente mi scambiava per un bambino. Cercavo di camminare in modo non aggraziato e passavo ore a chiedermi perché mi era toccata la sorte tragica di non avere il pisellino. Giocavo a pallone, dicevo parolacce perché mi sembrava più virile, schifavo le bambole, il colore rosa mi faceva orrore. I miei ebbero l’intelligenza di assecondarmi senza ingigantire la cosa. Ma quando sono entrata nell’era della pubertà non potevo più fingere di essere quello che non ero. Ero letteralmente disperata. Mi ricordo ancora la tristissima gonna salopette jeans che mia mamma mi comprò a 14 anni. Mi sentivo brutta, goffa, sbagliata. Eppure oggi sono super contenta di essere femmina/mamma e non vorrei proprio per nulla essere un uomo.
    A quel tempo, però, nessuno parlava di «disforia di genere» o proponeva di sospendere la pubertà a quei ragazzi/e che non si riconoscono nel proprio sesso come fanno ora in una clinica olandese. Mi chiedo: ma non è che stiamo esagerando? Non è che finiamo per confondere le idee ad adolescenti che vivono una fase delicata e non sanno neanche loro bene cosa sono? Cosa sarebbe successo se qualcuno allora mi avesse detto che potevo veramente fare la transizione e diventare maschio? Io temo proprio che in quel momento avrei detto di sì. E sarei stata infelice per la vita.
    Ultimamente siamo bombardati da notizie sui transgender, otto articoli dall’inizio dell’anno solo sul Corriere, e mai si profila il caso che la «disforia di genere» sia solo un momento di crescita dell’adolescenza. A questo si associa un altro dibattito, per me altrettanto spinoso. Un’amica di vecchia data mi scrive: «Firma per favore visti gli attacchi di un certo integralismo cattolico». Il link rimanda a una petizione per introdurre nelle scuole la cosiddetta teoria del gender, quella che, per riassumerla in poche parole, distingue tra il sesso di nascita e il genere con cui una persona si identifica. «No, non firmo – rispondo – perché da femminista sono contraria a una teoria che annulla le differenze tra uomo e donna». I miei amici della comunità Lgbt mi perdoneranno ma la strada che alcuni di loro hanno intrapreso mi sembra sia nociva anche alla loro causa. È come se si stesse perdendo il contatto con la realtà e si volesse calare dall’alto un modello fissato a priori che ci rende forzatamente tutti uguali cancellando quelle differenze che invece sono la nostra forza. Una cosa mi sembra abbastanza acclarata: noi umani nasciamo maschi o femmine. E, al di là degli stereotipi e dei condizionamenti, i due sessi sono fondamentalmente diversi per sensibilità e modo di ragionare oltre che fisicamente. Lo sappiamo bene noi femministe che tanto abbiamo insistito sul valore della differenza.
    Parità sì ma di certo non per appiattirci sul modello maschile, non per diventare come gli uomini bensì per esaltare le nostre capacità e rivendicare il valore di un nostro modo di sentire, di ragionare. La nostra emotività, per esempio, è un punto di forza non una debolezza. La possibilità di uscire dai binari della razionalità per far parlare l’istinto, le emozioni, la pancia, è una capacità di cui andiamo fiere.
    Per questo la cosiddetta teoria gender mi sembra addirittura pericolosa là dove vuole annullare queste diversità. Perché se mia figlia apre l’armadio e guarda tutti i vestiti prima di sceglierne uno di certo io non ci vedo un effetto malvagio dello stereotipo che vuole le bambine leziose e carine ma una manifestazione della sua innata femminilità. Esattamente come il mio secondo figlio maschio va in brodo di giuggiole ogni volta che vede una palla o una macchinina. E di sicuro non sono io ad averglielo insegnato. Una come me che da bambina disdegnava le bambole e si ostinava a vestirsi come un maschio. Proprio a me doveva capitare la figlia tutta trucchi e fiocchettini. Una bambina che vede il mondo dipinto di rosa. Ma non la contrasto, essendo sicura che crescendo apprezzerà anche altri colori, smetterà di sognare principesse e scalerà il mondo senza paura.
    Mio figlio Simone a tre anni aveva una fidanzatina e io, come tutti i genitori, mi divertivo a raccontare le loro gesta: «Vogliono 11 figli, anzi 99». Tutti ridevano. Finché un mio amico omosessuale, scandalizzato, mi apostrofò così: «Monica ma che fai lo cresci come un eterosessuale?». Ecco questa domanda racchiude tutte le mie perplessità sulla teoria di genere. Quando uno ha un figlio cerca di allevarlo nel migliore dei modi ma certo a tre anni non gli prospetta tutte le diverse opzioni di una sua futura sessualità come se fosse un menu à la carte. È folle anche il solo pensarlo.
    Amici della comunità Lgbt è possibile dire quello che sto dicendo senza essere tacciata di omofobia? Non pensate che voler imporre una simile sovrastruttura possa ottenere l’effetto contrario a quello desiderato? Veramente vogliamo imitare quei genitori canadesi che si rifiutavano di rivelare il sesso del figlio/figlia di 3 anni perché non subisse condizionamenti di genere? Una simile ipotesi mi fa orrore.
    Da bambina volevo essere un maschio Meno male che allora non c?era il gender | La ventisettesima ora

    Bravo Giacomino
    “Strano è l’essere umano, il quale è pronto a scendere in piazza se sull’etichetta del proprio cereale da colazione c’è scritto Ogm (organismo geneticamente modificato), evidentemente perché con questa manipolazione si è contravvenuto alla naturalità con cui cresce il frumento o la quinoa. Che lodevole fermezza, che principi, quale appassionata difesa di Madre Natura! Strano che poi per lo stesso essere umano, quando si tratta di famiglia, l’identico concetto di natura e naturalità diventi ingombrante e obsoleto”.
    Giacomo Poretti
    Bravo Giacomino | Azione Tradizionale



    E adesso arriva l'assegno lesbico di mantenimento
    di Tommaso Scandroglio
    La Cassazione promuove l'assegno di mantenimento lesbico
    Gesuino sposa Maria. I due poi si separano. Il marito vuole addebitare alla moglie la separazione perché è venuta meno ex lege ai suoi doveri coniugali e conseguentemente non vuole pagarle l’assegno di mantenimento, così come la legge consente di fare. Perché la donna sarebbe venuta meno ai suoi doveri di moglie? Perché, a dire del marito e così come riportano i giudici di Cassazione, «la signora nonostante il rapporto non fosse in crisi, si era semplicemente stancata di comportarsi da moglie fedele e da madre preferendo accompagnarsi ad altre donne con cui intratteneva relazioni omosessuali».
    Da notare che il pregiudizio subito dai figli proveniente dalla condotta del genitore e l’infedeltà coniugale sono i primi criteri che il giudice deve tenere in considerazione per valutare l’esistenza della mancata soddisfazione dei doveri coniugali. E qui abbiamo un comportamento omosessuale fedifrago e una condotta omosessuale della madre che può eccome provocare simile pregiudizio a danno della prole. Insomma, a motivo dell’omosessualità della donna questa non si comportava da brava moglie. Giusto dunque l’addebito della separazione e il rifiuto di continuare a pagarle l’assegno di mantenimento. E dunque il giudice di primo grado dà ragione al marito, non così il tribunale di appello. La vertenza finisce presso la Prima sezione civile della Corte di Cassazione la quale, in una sentenza depositata il 29 aprile scorso, conferma la decisione dei giudici di appello argomentando così. In primo luogo, il marito si deve prendere cura del coniuge separato perché questa lavorava in nero e quindi non è tutelata dalla legge. E così pare che i giudici chiedano di tutelare oltre al lavoratore irregolare anche il lavoro in nero.
    In secondo luogo, continua la sentenza, la separazione non può essere addebitata alla donna perché lei se ne era andata anche perché omosessuale. Per usare le parole dei giudici, la separazione non trova colpa nella donna «attesa la ancor maggiore evidenza dell’intollerabilità della convivenza matrimoniale per una persona omosessuale» Quindi l’omosessualità della lei di coppia non solo non è un motivo di addebito, ma al contrario è motivo giustificante la separazione. Il giochino messo in campo dalla Cassazione, giochino non nuovo, è il seguente. Se si verifica prima «l’intollerabilità della convivenza» tu sei poi giustificato a venire meno ai tuoi doveri coniugali, perché ormai di fatto il matrimonio è bello che è morto. Se invece vieni meno ai tuoi doveri e questa tua condotta provoca l’intollerabilità della convivenza e quindi la separazione, sei colpevole della separazione e non meriti l’assegno di mantenimento. È l’indovinello della gallina e dell’uovo in versione giuridica.
    I giudici di Cassazione citando i loro colleghi in una sentenza del ’92 così scrivono: «Ove tale situazione d'intollerabilità si verifichi, anche rispetto ad un solo coniuge, deve ritenersi che questi abbia diritto di chiedere la separazione: con la conseguenza che la relativa domanda, costituendo esercizio di un suo diritto, non può costituire ragione di addebito». In breve, tu signora Maria non ne potevi più di stare con tuo marito Gesuino anche perché avevi cambiato orientamento sessuale e perciò hai tutto il diritto di abbandonare lui e i tuoi figli e nessuno può venirti a chiedere alcunchè. Quindi marito e moglie devono rispettare i doveri coniugali finchè se la sentono? Sì, ci dice la Cassazione perché i tempi sono cambiati. «In una doverosa visione evolutiva del rapporto coniugale», così scrivono i giudici, tale rapporto deve essere «ritenuto, nello stadio attuale della società, incoercibile e collegato al perdurante consenso di ciascun coniuge». Insomma, la legge obbliga a comportarsi da marito e moglie solo chi lo vuole. In questa prospettiva non esiste infedeltà, cambio di orientamento sessuale, abbandono del tetto coniugale e dei figli che possa legittimare un addebito.
    La sentenza della Cassazione in buona sostanza ci dice che tu marito sei cornuto e mazziato. Cornuto perché tua moglie ti ha tradito e ti ha tradito con una donna. Mazziato perché dovrai pagarle, giudici benedicenti, pure un assegno di mantenimento lesbico per continuare a tradirti e per continuare sulla strada della sua omosessualità.
    E adesso arriva l'assegno lesbico di mantenimento

    Ecco dove ci porterà il “divorzio breve”
    di Giuliano Guzzo
    Dopo l’approvazione del ddl sul “divorzio breve” è più che mai il caso di interrogarsi sulle possibili conseguenze che un simile provvedimento, una volta pienamente in vigore, potrà determinare, soprattutto alla luce dell’ipotesi – da molti considerata plausibile – secondo cui, per le coppie italiane desiderose di continuare ad amarsi, non cambierà nulla, essendo la novità riservata a coloro che già intendono lasciarsi e si ritrovano purtroppo impigliati in un iter lungo ed economicamente costoso. Le cose stanno veramente così? Davvero facilitare gli addii non comporta alcun tipo di effetto? Un rapido sguardo alla situazione internazionale potrebbe aiutare a capire.
    Iniziamo con il considerare il caso della Spagna. Da quelle parti, grazie al governo progressista guidato da Josè Luis Zapatero, dal 2005 il divorzio express è realtà essendo la fase della separazione meramente eventuale. Ebbene, gli esiti di questa novità non si sono fatti attendere: 1.343.760 di rotture coniugali fra il 2003 ed il 2012 (la quasi totalità determinate dal “divorzio breve”) con l’aumento vertiginoso di quelle conflittuali – furono il 35,52% del totale nel 2004, sono state il 40,74% nel 2012 (Instituto Política Familiar, 2013). A ciò si aggiunga il consistente flusso dei cittadini volati dall’estero in terra spagnola appositamente per portare a termine prima il loro divorzio – si stimano 2.000 italiani solo nell’ultimo quinquennio – e il risultato finale è purtroppo servito: in Spagna, oggi, finisce un matrimonio ogni 4 minuti.
    Un altro caso utile da esaminare è quello svedese. In Svezia per divorziare non vi sono particolari difficoltà da affrontare: niente tribunali, notai, avvocati, per capirci. Chi è intenzionato a lasciare il proprio marito o la propria moglie, infatti, può recarsi in Comune e dichiarare finito il matrimonio; un funzionario annoterà nel registro e seduta stante accorderà il divorzio: un’immediatezza che in Italia, c’è da scommetterci, molti guarderanno con invidia. Anche in questo caso la possibilità offerta dalla legge sembra purtroppo essersi tradotta in tendenza di massa: solo nell’anno 2013 oltre 25.000 matrimoni sono finiti in divorzio. Un dato impressionante che – stando a quanto osservato dall’Ufficio statistico svedese – non si era mai registrato dall’anno 1975 (Statistiska centralbyrån, 2014). Altrettanto preoccupante, se non di più, è inoltre il caso della Danimarca dove, dal luglio 2013, è possibile divorziare on-line, tramite firma elettronica, senza così dover neppure più incontrare l’ex partner. Una possibilità, questa, che più di qualcuno giudicherà ancora più efficiente e meno ipocrita delle altre presenti nel panorama internazionale, dal momento che riduce al minimo l’iter che precede l’ufficializzazione della fine di un matrimonio. Il prezzo di questo “progresso civile”? Eccolo: il 2014, per i danesi, è stato l’anno record dei divorzi, con una percentuale di rotture coniugali mai vista ed un tasso di divorzi cresciuto del 23% rispetto ai dieci anni precedenti, in particolare fra i più giovani, di età compresa cioè tra 20-29 anni, fra i quali si è registrata una percentuale di divorzi due volte più alta che nel resto della popolazione (Danmarks Statistik, 2015).
    Dunque, che cosa ci insegna l’esperienza internazionale? Un dato semplice ma al tempo stesso drammatico: che esiste un legame fra i divorzi maggiormente veloci e un numero maggiore divorzi, esattamente come ce n’è uno – messo in evidenzia da uno studio effettuato confrontando l’esperienza di diversi Paesi europei – fra la semplificazione o meno all’accesso al divorzio richiesto unilateralmente, consentita da un Paese, e la stabilità coniugale media che là si registrerà (Demography, 2014).
    E' pressoché sicuro – matematico, potremmo azzardarci ad affermare – che accelerare i tempi della rottura coniugale, in Italia, determinerebbe un drastico peggioramento della situazione. Per le persone che comunque sperimenterebbero sulla propria pelle un fallimento e il peso di dover ricominciare daccapo; e, soprattutto, per i più giovani i quali, oltre al precariato lavorativo, dovranno fronteggiare sempre più quello affettivo, che sarà presentato loro come un diritto anziché come un limite, come una conquista e non come un elemento di drammatico impoverimento: oltre al danno, la beffa.
    Ecco dove ci porterà il ?divorzio breve? ~ CampariedeMaistre

    Francia, giudice fa rimuovere la statua di Giovanni Paolo II
    Rimosso il monumento nella piazza di Ploermel. Il giudice: "Viola la separazione tra Stato e Chiesa"
    Sergio Rame
    Si infiamma la polemica a Ploermel, cittadina del dipartimento di Morbih. Il tribunale di Rennes ha deciso che la statua di Giovanni Paolo II, eretta in una piazza della città bretone, dovrà essere rimossa entro sei mesi.
    Il motivo? A detta dei giudici contrasterebbe con la legge che prevede la separazione tra Stato e Chiesa.
    A chiedere la rimozione del monumento era stata la Federazione Nazionale Libero Pensiero. "La statua di papa Giovanni Paolo II eretta in una piazza pubblica della città di Ploermel nel 2006 è circondata da un arco con sopra una croce, simbolo della religione cristiana che, per la sua disposizione e le sue dimensioni, ha un carattere ostentato", ha spiegato il giudice rimarcando che la statua del Santo Padre viola le disposizioni della Costituzione e della legge 1905.
    "È una nuova vittoria", ha commentato l'associazione atea e laicista militante che, alla fine dello scorso anno, aveva ottenuto, in nome della "difesa incondizionata" della legge del 1905, il ritiro delle scene della Natività cristiana dai luoghi pubblici.
    Francia, giudice fa rimuovere la statua di Giovanni Paolo II - IlGiornale.it


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    Predefinito Re: Il deserto avanza

    L’ideologia del godimento
    Vincenzo Sofo
    Le trasformazioni umane a livello emotivo, psichico e sessuale dovute al dilagare del porno analizzate in un provocatorio saggio del sociologo Fratus
    Altro che momento di svago autoerotico, senza che ve ne accorgiate il porno sta manipolando le vostre menti. E i vostri comportamenti. E vi sta distruggendo. È questa, in sintesi, la tesi di un libro shock a firma del provocatorio sociologo Fabrizio Fratus in collaborazione con lo psichiatra Paolo Cioni, edito dal circuito editoriale Circolo Proudhon, anch’esso non nuovo a interessanti provocazioni culturali.
    Un saggio (L’ideologia del godimento. Pornografia e potere nella società delle immagini, F. Fratus e P. Cioni, Circolo Proudhon Edizioni, Anno 2015, pagg. 130, prezzo € 12) in cui si decide di prendere in mano il giocattolo preferito della società contemporanea – il porno, appunto – e smontarlo pezzo per pezzo, dimostrandone la natura malefica. Tutto è porno, nel nostro modo di vivere: le immagini, il linguaggio, le azioni, i pensieri. Tette, culi e falli invadono la nostra quotidianità, vengono infilati nelle nostre teste e usati per venderci qualsiasi cosa. Per indurre all’acquisto bisogna prima stimolare il desiderio, si sa. E che cosa stimola il desiderio più del porno?Tutto è porno è il porno modifica tutto. Emotività, psiche e impulso sessuale. E così Fratus decide di condurre un viaggio nei processi chimici che si sviluppano nel cervello del dipendente da pornografia, partendo dalle condizioni del fruitore, ragionando sul modo in cui l’uomo e la donna si relazionano al sesso nell’era del porno-brodo globale. Con analisi che dovrebbero farci riflettere, persino sulla solidità dell’istituzione famiglia: l’uso della pornografia è collegato alla masturbazione, alla ricerca di soddisfazione sessuale in modo individualistico, per questo motivo, secondo Fratus il dilagare del porno ha favorito la disarmonia di coppia, le separazioni, i divorzi e anche il calo delle nascite in vari paesi del mondo tra cui l’Italia. E anche l’impotenza, inesorabile conseguenza di medio-lungo termine per tutti i virtual sex addicted. Tale pratica, che coinvolge oggi l’80 per cento degli uomini e il 30 per cento delle donne, causa la progressiva diminuzione di desiderio sessuale relativo al rapporto di coppia sino a arrivare a un’incapacità di erezione con la propria donna, poiché la dipendenza da porno necessita di immagini sempre più spinte, con conseguente aumento della dissociazione con la realtà e dunque con il proprio partner.
    Infine, due conclusioni bomba: la pornografia incentivo per la psiche all’omosessualità; la pornografia nuovo strumento di educazione sessuale per i più giovani, che manda in tilt ogni loro processo di maturazione in questo campo. In pratica, un saggio che lancia allarmi. Eccome se ne lancia.
    L?ideologia del godimento | Tempi.it



    I perversi
    Pubblicato da Berlicche
    Il Primo Commissario represse uno sbadiglio con la mano. Accidenti, lo smalto iridescente stava già andando via. E glielo avevano venduto come resistente a tutto. Che nervi, che nervi che nervi.
    “Avanti i prossimi. Cosa abbiamo qui?” Domandò ad alta voce.
    Gli altri commissari lo ignorarono. A parte che la descrizione completa del caso compariva già sugli schermi dei loro uplink, di cosa si trattasse lo sapevano tutti. Sempre la solita storia. Gli indici di un gruppo che voleva registrarsi per la Licenza di Convivenza non rientravano nei parametri e bisognava intervenire. Che barba. Tutto lavoro per cui sarebbe bastato un solo impiegato, rifiutare il permesso e basta. Invece, per colpa di una legge pietista e obsoleta, dovevano stare in tre ad ascoltare scuse penose da parte di cittadini con gli uplink pieni di pseugoogli illegali e connessioni ucraine tarocche.
    La coppia che entrò nell’aula della commissione era però decisamente inconsueta. Un uomo e una donna, e fin qua ci poteva anche stare. Ma l’uomo non aveva trucco, e la donna pochissimo. Niente tatuaggi, inserti, biospille e ricrescite, nessuno dei due. Erano vestiti. Ma che…?
    I due si fermarono davanti alla scrivania. La seconda commissaria fece cenno che potevano sedersi, squadrandoli con curiosità. Il terzo commissario scambiò uno sguardo con i suoi colleghi, stringendosi le spalle come a dire “se ne vedono di tutti i colori”.
    “Alloraaaa…” vocalizzò il primo commissario, leggendo i dati sullo schermo, “vedo qui che i vostri parametri sono fuori standard. Eh, ragazzi, così non va. Lo Stato deve essere sostenuto, se tutti facessero come voi si andrebbe in bancarotta.”
    Il ragazzo chiese timidamente “Scusi, ma non ci è chiaro. Di cosa ci si accusa?”
    Al Commissario non era sfuggito quell’uso inconsueto del “ci”. Altra stranezza. “Dai dati risulta che il vostro tasso di ritorno pornografico è zero. Non ho nessun dato sul tipo di sesso che preferite, quanto lo guardate e così via, e quindi non posso immettere le informazioni sul profilo di convivenza. E’ richiesto per legge, eh.”
    Li spiò da sotto le lunghe ciglia. Sembravano perplessi. Che tipi. Continuò.
    “Parliamoci chiaro: se non ho niente, questo vuol dire che state usando mezzi illegali per accedere alla rete. Ora, non so se siano uplink non registrati o sottoreti clandestine, ma devo ricordarvi che l’uso della pornografia è regolato da leggi che…”
    “…ma noi non guardiamo porno.”
    Seguì un attimo di silenzio. “Scusate, non ho capito. Avete detto che…”
    “Non guardiamo pornografia. Né io né lei.”
    “Guardate che non è possibile. Non pigliateci in giro, eh?”
    “Non vi stiamo prendendo in giro.”
    Altro silenzio. Il Commissario non sapeva se ridere o piangere. A vederli magari era anche vero.
    “Vi rendete conto del danno alle casse dello stato se tutti facessero come voi? Il punto è che io, per potervi dare la LICA, la, come si chiama, licenza di convivenza autorizzata, devo riempire dei dati. Se nel vostro caso quei dati non ci sono io non posso darvi la licenza.”
    “Mi scusi, che dati?”
    “Circa le abitudini sessuali. Per il database ministeriale. Non possiamo attivare i servizi nè mandarvi la pubblicità se non conosciamo i vostri dati personali. E visto che, facciamo finta di crederci, non guardate pornografia” – la seconda commissaria ridacchiò sotto la barba – “io non ho nessuna informazione e non so cosa scrivere. No informazione, no licenza.”
    “Ah.” I due parvero abbattuti. “Cosa dobbiamo fare?”
    “Beh, intanto cominciare a usarne sotto i canali ufficiali, e poi nel frattempo possiamo riempire a mano i campi mancanti.”
    “Mi scusi, ma sono proprio obbligato a stare davanti…”
    Intervenne il terzo commissario “Voi, avete per caso come uplink ufficiale un Set 4200 o superiore? Di quelli con la cattura tomografica?”
    “No, un vecchio Tigana” rispose la ragazza.
    “Ah, beh, allora potete anche accedere ad un canale porno a caso e poi ignorarlo. Se è vecchio e non ha la cattura tomografica l’uplink non si accorge se siete lì a guardare o scopare o cosa davanti allo schermo.”
    Il Primo commissario lanciò uno sguardo di fuoco al suo collega. Se anche loro si mettevano a suggerire trucchetti per aggirare le leggi, dove saremmo andati a finire?
    “Va bene, per il futuro regolatevi come credete, l’importante è che vi adeguiate alle convenzioni. La vostra mancanza è stata annotata, ma per stavolta lasciamo correre. Però…”
    “Però?”
    “Però per darvi la licenza ho bisogno di riempire qualche casella. In quanti scopate di solito?”
    “Noi, insomma…”
    “Basta diciate solo se più o meno di quattro, e se sono compresi minori, consanguinei o animali”
    “A dire la verità noi…non scopiamo.”
    Questa volta l’incredulità tra i commissari era palese.
    “Come sarebbe a dire, giovanotto? Vuole prenderci in giro? Perché state facendo domanda di convivenza, allora?”
    “Appunto perché vorremmo cominciare a farlo…non appena sarà ufficiale…”
    “Ma da quanto vi conoscete?”
    “Cinque anni.”
    “ANNI? E nel mentre mai…?”
    “Mai.”
    “Chi di voi ha problemi fisici? Sapete che ci sono cure…”
    “No, no, nessun problema fisico. E’ che non vogliamo farlo fino a che…insomma, non l’abbiamo mai fatto.”
    “Ma quanti anni avete?”
    “Ventitre e venti”
    “Mai?”
    “Mai.”
    “E pratiche alternative? Sadismo? Masochismo? Qualche tipo di feticismo? Vi toccate, o toccate…”
    “No, niente.”
    Il Commissario alzò le mani, sconfitto. “Guardate, la risposta vuota non c’è. Se volete questa licenza dovete darmi almeno una pratica…”
    “Scusa, ma perché non usi la casella Altro?”
    Il commissario si girò versa la sua collega. “Dicevi?”
    “La casella Altro. Seleziona Altro, e nella descrizione scrivi ‘non scopano’. Fine.”
    Il commissario si grattò la testa e fece come aveva suggerito la seconda commissaria. Il sistema accettò senza neanche un bip di avvertimento.
    “Bene, a quanto pare ci siamo. Visto che avete firmato gli assensi da questo momento dovreste essere ufficialmente sotto licenza di con…ehi!”
    I due novelli licenziatari si erano voltati uno verso l’altra e, guardandosi negli occhi, si stavano baciando. O almeno, sembrava un bacio, di quelli di una volta.
    “Era un bacio quello?” Sussurrò il terzo commissario, iincapace di distogliere lo sguardo.
    I due si alzarono. “Grazie, grazie”, dissero ridendo, e tenendosi per mano corsero fuori dalla stanza. Tenendosi per mano, roba da pazzi.
    “Non hanno nemmeno riempito il campo della data di scadenza”, notò con stupore il terzo commissario.
    “Perversi”, sussurrò il secondo comissario nel silenzio della stanza vuota.
    Fu il primo commissario a rompere l’incanto.
    “Oh, signori, ‘sti due mi hanno proprio attizzato. Almeno noi, facciamo un po’ di sesso adesso?”
    https://berlicche.wordpress.com/2015/05/14/i-perversi/



    Basta con la secolare tradizione della serenata: è sessista
    L’annuale gioco fra gli universitari di Passau è stato vietato perché «la donna è equiparata a una preda». «Allora proibiamo anche Giulietta e Romeo»
    Redazione
    Stralci di un articolo apparso su Italia Oggi – (…) Ieri, a Passau, è finita una tradizione secolare. Durante la Sportfest, gli studenti non si limitavano a sfidarsi alla corsa o nel salto in alto, nel lancio del disco e del giavellotto. Si misuravano anche nella scalata alla Fensterln, la finestrella dell’amata. Prova complicata da ostacoli svariati. Chi era il più veloce, il più ardito nel giungere fino alla fanciulla desiderata? La Gleichstelungsbeauftragte, non vi spaventate per la lunghezza, significa l’incaricata per la parità dei generi, ha trovato che la tradizione fosse chiaramente sessista: la donna è equiparata a una preda da catturare, un po’ come il coniglio o la lepre di pezza dietro cui corrono i levrieri nei cinodromi.
    (…) La scalata alla finestrella di Passau, prevista in programma ieri, non era una stramberia moderna ma una pratica antica. Il Ring Christlich-Demokratischer Studenten, l’associazione degli studenti cristianodemocratici, e la Ju Niederbayern, l’associazione studentesca della Bassa Baviera, martedì hanno protestato con sdegno: «La decisione dell’ateneo è una vergogna per la nostra patria, in nome della parità sessuale si trascina nella spazzatura la tradizione bavarese per uno stile di vita gioioso». Il professore di diritto Holm Putzke ha dichiarato alla Passauer Neue Presse che la serenata e annessa scalata «sono ben lontane dall’offendere le donne, allora proibiamo anche Giulietta e Romeo».
    Il rettore, Burkhard Freitag, difende l’incaricata della parità dei generi: «Ha agito in modo giusto e competente». Ma sono intervenuti anche i politici. Il primo ministro, il cristianosociale Horst Seehofer, ammonisce: «Il motto della Baviera è: vivi e lascia vivere. Non bisogna immischiarsi sempre in tutto. E la ragazza dietro la finestra non è un oggetto. Può sempre aprire le persiane, oppure no». Le proteste hanno finito per spaventare le autorità universitarie. La portavoce dell’ateneo, Katrina Jordan, ha assicurato che «la gara non è stata abolita per sempre, ma dovrà essere praticata in una forma che garantisca la parità». Come? Anche le donne dovrebbero arrampicarsi fino alla finestra per sedurre i giovanotti. «Ma», ha aggiunto Katrina, «la gara dovrà svolgersi in forma privata e non sotto l’egida dell’università».
    Much Ado About Nothing, Viel Lärms um nichts, molto rumore per nulla? Shakespeare invitava nella sua commedia: «Sigh no more, ladies, non più sospiri belle dame, fra giochi e risa mutate l’intimo rovello in un ironico bel ritornello». Temo di aver sbagliato citazione. Sir William era un inguaribile macho.
    Basta con la serenata: è sessista | Tempi.it

    L’impressionante studio Lgbt sulle nozze gay? «Dati falsificati»
    Dal New York Times al Wall Street Journal: tutti si erano fidati di uno studio pubblicato da Science e realizzato da un attivista Lgbt. ««Mi sento come se mi avessero dato un pugno nelle palle»
    Leone Grotti
    «Un’inchiesta meticolosa» dai risultati «impressionanti»: bastano solo 22 minuti di colloquio a un sostenitore della causa omosessuale per far cambiare idea a un oppositore del matrimonio gay e trasformarlo in un attivista. Così scrivevano nel dicembre del 2014 tutti i più importanti quotidiani del mondo, citando lo studio pubblicato dall’eminente rivista Science.
    New York Times, Le Monde, Jerusalem Post, Wall Street Journal, Vox, Huffington Post, Guardian (la lista sarebbe troppo lunga) hanno pubblicato giovedì articoli di scuse e smentite. Lo studio che ha fatto emozionare ed esultare tutti i sostenitori delle cause Lgbt del globo, infatti, era stato inventato di sana pianta.
    IL REFERENDUM. Il 4 novembre del 2008, in California, si tenne un referendum (Proposition 8) in cui si chiedeva l’abolizione del diritto al matrimonio gay, introdotto a maggio da una controversa sentenza della Corte suprema della California, e l’introduzione in Costituzione di un emendamento per affermare che le uniche nozze valide sono quelle eterosessuali. Il 52,1 per cento degli aventi diritti votò a favore della proposizione.
    Per rifarsi dalla cocente sconfitta, il centro Lgbt di Los Angeles lanciò una campagna telefonica e porta a porta per convincere, in 20 minuti, chi aveva votato contro il matrimonio gay a cambiare idea. Da qui nacque uno studio per dimostrare l’efficacia del metodo, condotto da un affiliato del centro Lgbt e assistente universitario presso la prestigiosa Columbia University, Michael LaCour, che nel dicembre 2014 scrisse insieme al docente della Columbia Donald Green un articolo su Science.
    INCREDIBILI RISULTATI. Lo studio era basato ufficialmente sui dati raccolti dalla società di sondaggi Qualtrics tra circa 9.500 persone. Impressionanti i risultati: dopo un breve colloquio, le persone che ricevevano la visita porta a porta di un militante omosessuale cambiavano idea diventando, in una scala da 1 a 10, 8 volte più favorevoli alle nozze gay. Addirittura, dopo nove mesi, erano ancora convinti e tanti erano riusciti a persuadere anche i propri conoscenti.
    DATI FALSI. Quando a maggio, due laureati hanno cercato di ampliare lo studio pubblicato su Science, si sono accorti che qualcosa non andava. Chiedendo informazioni a Green, co-autore dell’articolo, gli hanno messo la pulce nell’orecchio. Così, quando Green ha interrogato LaCour sul tema, si è accorto che i dati mirabolanti erano stati falsificati. Addirittura, Qualtrics non avrebbe mai condotto i sondaggi.
    «PUGNO NELLE PALLE». Mercoledì Green ha scritto al blog Politico: «Sono profondamente imbarazzato per come sono andate le cose e chiedo scusa ai direttori, ai redattori e a tutti i lettori di Science. LaCour ha falsificato almeno in parte» i dati. Una bella delusione per tutti, soprattutto per Dave Fleischer, direttore del centro Lgbt che ha lanciato il progetto: «Mi sento come se mi avessero dato un pugno nelle palle. Fa davvero male quando ti fidi di una persona e pensi stia facendo un’indagine onesta sul tuo lavoro e poi scopri che non è così».
    Studio Lgbt sulle nozze gay? «Dati falsi» | Tempi.it

    Gay è bello, i giornalisti lo devono dire Come l'Ordine rieduca i professionisti dei media
    di Andrea Lavelli e Caterina Vitale
    Premessa d’obbligo: dallo scorso anno i giornalisti sono alle prese con l’ansia da formazione. L’Ordine dei Giornalisti infatti, dal 2014, recependo una direttiva europea, ha istituito l’obbligo per tutti gli iscritti – professionisti, praticanti e pubblicisti – di partecipare a corsi di formazione e maturare relativi crediti nell’arco di tre anni, pena sanzioni da parte dello stesso Ordine.
    Sui corsi in questione è già stato scritto di tutto e di più, ai non addetti ai lavori basti sapere che si tratta di lezioni spesso tenute in orari di lavoro, alcune a pagamento e che quando è stata aperta la piattaforma on line per l’iscrizione c’è stata una specie di sollevazione per la presenza di liste a numero chiuso che limitavano fortemente le opzioni di scelta. Ma i crediti sono obbligatori, quindi ci si arrangia come si può. E ci si iscrive dove capita, dove c’è posto. Per intenderci il caporedattore di una rivista che si occupa, ad esempio, di spettacoli, per questioni di orari lavorativi, di liste e di coincidenze varie potrebbe trovarsi obbligato a frequentare lezioni dal titolo "Il settore dell'acqua: la nuova regolazione dei servizi idrici, problemi e prospettive".
    Nelle opzioni possibili qualche tempo fa è comparso un corso dal titolo “Il diritto di essere omosessuale”. Data 12 maggio 2015, docente Marilisa D’Amico, crediti 2, luogo via Festa del Perdono, ovvero all’Università Statale di Milano. Marilisa D’Amico è docente di Diritto costituzionale alla Statale. Componente della direzione nazionale del Pd, ha collaborato con lo staff del sindaco Pisapia per l’elaborazione del registro sulle unioni civili ed è stata ascoltata da poco in Commissione Giustizia al Senato durante l’elaborazione del ddl sulle “unioni civili” (il cosiddetto ddl Cirinnà). Collabora con la Rete Lenford, avvocatura per i diritti LGBT, è stata tra i primi studiosi di diritto costituzionale ad occuparsi di pari opportunità e di discriminazioni di genere: oggi è una dei maggiori giuristi in Italia a portare avanti le istanze del cosiddetto mondo LGBT. Infine è responsabile scientifico del laboratorio “Omosessualità, un mondo nel mondo”, promosso da Gaystatale, “un gruppo politico e apartitico che riunisce gli studenti LGBT dell'Università degli Studi di Milano”. Proprio il penultimo appuntamento di questa iniziativa è stato proposto dall’Ordine come corso formativo per i giornalisti iscritti agli Albi.
    Si tratta di un ciclo di 10 incontri tutti incentrati sulle tematiche dell’omosessualità. Sarebbe interessate capire chi e in base a cosa ha ritenuto inserire questa lezione (e la successiva, “Omosessualità e Lavoro”, poi cancellata, almeno per i giornalisti) nelle possibilità di formazione obbligatoria per i giornalisti, e per quale ragione. Il pensiero non può non andare alle «Linee guida per un’informazione rispettosa delle persone LGBT» emanate nel 2013 e di cui La Nuova Bussola Quotidiana aveva a suo tempo parlato denunciando l’ennesimo tentativo di indottrinare chi per professione dovrebbe solo raccontar la verità.
    E proprio per amore di verità, siamo andati a sentire di cosa si trattava. Si parte dall’assunto che essere omosessuali in Italia oggi significa “mancanza di tutela e rispetto. E mancanza di tutela è il modo in cui la società ancora considera le tematiche legate all’omosessualità. È un tradimento profondo della nostra Costituzione”. Sono le parole della stessa Marilisa D’Amico che quando parla di tradimento della Carta si riferisce in particolare all’attuale stallo del provvedimento sulle unioni civili, subissato di emendamenti, oltre 4000, in Parlamento.
    E allora che fare? “Laddove non arriva la politica – spiega – in parte possono arrivare i giudici. Se c’è discriminazione possiamo studiare come giuristi il modo di portare davanti a un giudice questa discriminazione. Se un diritto viene riconosciuto da un giudice può darsi che questa sia la strada poi per un riconoscimento più generale”.
    Proprio quello che ha fatto Rete Lenford, “un gruppo di avvocati che difendono i diritti delle persone omosessuali, che ha fatto una campagna per un’azione civile sul matrimonio ugualitario”. Ma in che modo? La strategia è semplice: “per andare davanti ai giudici è importante che ci siano persone che ci mettano la faccia”. Così “sono state raggiunte coppie omosessuali in tutta Italia e ci si è detti: se invece di un ricorso [alla Corte Costituzionale] ne facciamo tanti avremo più forza di fronte alla Corte”. E infatti “davanti alla Corte sono state sollevate alcune questioni e nel 2010 è stata emessa una sentenza” che sollecita di fatto il nostro ordinamento giuridico ad approvare una norma generale su questo tema. “Su questa decisione si basa il testo Cirinnà che parla di unioni civili”.
    Alcuni forse già si rassereneranno, pensando che in fondo non si parla di matrimonio, ma di “unioni civili”… ma cosa sono esattamente queste “unioni civili”? Marilisa D’Amico lo spiega benissimo: “È un matrimonio con un nome diverso perché nel modo in cui è disciplinato è esattamente un istituto che, tranne sull’adozione, comporta gli stessi diritti e gli stessi doveri delle coppie sposate. Anzi la cosa interessante è che in questo disegno di legge si rinvia alla disciplina civilistica del matrimonio. Per la regolarizzazione dei diritti e doveri dei componenti dell’unione civile e poi è stato fatto un elenco, perché volevano togliere dei diritti, poi non si sono resi conto che in realtà li han messi dentro tutti”.
    Come l'Ordine rieduca i professionisti dei media

    Prof di religione vittima della caccia all'omofobo
    di Antonio Amato
    La professoressa Adele Caramico, insegnante di religione cattolica dell’I.T.I.S. “Pininfarina” di Moncalieri, al centro di una bufera mediatica per alcune affermazioni considerate omofobe, ha dato incarico ai legali dell’associazione Giuristi per la Vita di tutelare il proprio onore, la propria reputazione ed il proprio decoro personale e professionale.
    La professoressa Caramico è stata, infatti, oggetto di una vergognosa campagna mediatica diffamatoria per aver dichiarato, su insistente domanda di un allievo, quanto segue: «Le persone omosessuali che vivono con sofferenza la loro condizione e desiderano cambiare - solo queste, e non altre categorie di persone omosessuali soddisfatte del loro orientamento - talora si rivolgono a terapisti che, con un accompagnamento insieme psicologico e spirituale, possono venire incontro al loro desiderio», citando un caso concreto di avvenuto recupero a sua diretta conoscenza.
    Del resto, la nota vicenda di Luca Di Tolve, l’ex attivista dell’Arcigay che, dopo i trent’anni, ha intrapreso un percorso psicologico, unito ad un cammino di fede, che lo ha portato a scoprire la gioia dell’amore per una donna e, poco dopo, il matrimonio, sta a dimostrare la fondatezza dell’assunto sostenuto dalla professoressa Caramico.
    Stupisce il fatto che l'arcivescovo di Torino, mons. Nosiglia - che pure tante volte è sceso in campo a favore della famiglia e della vita - abbia preso le distanze dall’insegnante di religione dell’I.T.I.S. “Pininfarina”, sostenendo che quelle espresse sono solo “opinioni personali”, e affermando quanto segue: «Non credo che a scuola si debba affrontare la discussione in questo modo. Si è in un ambiente educativo, dove si forma la persona, bisogna ispirarsi a principi quali il rispetto e l’accoglienza. Soprattutto ora, dopo la discussione che c’è stata all'interno della Chiesa».
    Si potrebbe chiedere a Sua Eccellenza cosa debba insegnare un docente di religione cattolica se non quello che insegna in materia il Magistero e l’art. 2357 del Catechismo della Chiesa cattolica, ovvero che l’omosessualità è un insieme di atti «intrinsecamente disordinati», e «contrari alla legge naturale», e che da questo «disordine morale» – come da ogni disordine morale – chi vuole può uscirne, anche per evitare il destino della dannazione eterna, visto che l’art.1867 dello stesso Catechismo insegna che «il peccato dei sodomiti è uno dei quattro peccati mortali che gridano al cielo». O è forse cambiata la dottrina cattolica senza che i fedeli siano stati avvertiti?
    Ancora una volta, in realtà, siamo di fronte al pericoloso tentativo mistificatorio di sbattere il mostro in prima pagina, manipolando fatti e parole secondo la consolidata tecnica della disinformatija sovietica, in un pesante clima da “caccia all’omofobo”, che ricorda sempre più l’aria angosciante e sinistra che si respirava nell’America degli anni cupi del maccartismo. Aveva ragione Melanie Phillips, l’intelligente e prestigiosa giornalista britannica quando in un suo celebre articolo pubblicato sul quotidiano Daily Mail il 24 gennaio 2011, ha denunciato l’intolleranza dell’ideologia gay e il fatto che gli stessi omosessuali "rischiano di diventare i nuovi maccartisti".
    Prof di religione vittima della caccia all'omofobo

    Il tenebroso & turpe delirio dei banditori pederastici
    "Se uno sarà di scandalo a uno di questi piccoli che credono in me, è meglio per lui che gli sia legata al collo una mola asinaria e sia precipitato nel fondo del mare". Mt., 18, 6
    "Dio li ha lasciati in balia dei desideri sfrenati dei loro cuori, fino all'immondezza che è consistita nel disonorare il loro corpo tra di loro, essi che scambiavano la verità di Dio con la menzogna e adorarono e prestarono un culto alle creature invece che al Creatore, che è benedetto nei secoli", Rom, 1, 24
    Piero Vassallo
    La pornografica, demenziale Organizzazione Mondiale per la Sanità (Oms) ha diffuso un grottesco documento intitolato Standard per la sessualità in Europa. Il testo in questione intima agli stati nazionali di promuovere l'iniziazione alla masturbazione precoce degli alunni delle scuole elementari. Sullo sfondo lo scenario che prevede un futuro indirizzato alla denatalità attraverso la medicina pederastica e onanistica.
    L'osceno, inquietante e criminale testo dell'Oms è citato e confutato da Gianfranco Amato, autore di un saggio, Omofobia o eterofobia?, edito in Verona da Fede & Cultura.
    Concepito dai poteri forti, il barbaro, infame progetto (dis)educativo contempla la corruzione dell'infanzia a spese del contribuente, frastornato e disarmato da una viscida e ossessionante campagna giornalistica, che concerta le voci squillanti nel tele-vespasiano a lode e gloria del vizio contro natura.
    Sorprendenti e inquietanti sono la blanda reazione del mondo cattolico all'infezione pederastica e la scarsa resistenza dei genitori italiani, che sembrano incapaci di vedere la cialtronesca diseducazione progettata e avviata contro i loro figli dai motori bancari (Georges Soros in prima linea) e industriali (Bill Gates, nel ruolo di seconda locomotiva) della cultura pederastica e nichilista. E dalla scuola postmoderna, in cui imperversano presidi e insegnanti favorevoli all'introduzione nei programmi d'insegnamento di giochi sessuali, quali il gioco del rispetto. Gli scolaretti sono incoraggiati da pedagoghi di scuola onusiana & californiana "a consolidare la propria identità di genere e a favorire la convinzione il mio corpo appartiene a me quindi a conoscere la possibilità di relazioni con persone dello stesso sesso". I bambini, pertanto, devono essere informati - dalla scuola degli orchi democratici - sulle "aspettative di ruolo e comportamenti di ruolo rispetto all'eccitazione sessuale e alle differenze di genere" ed eventualmente/preferenzialmente sull'opportunità di svelare la propria omosessualità. Naturalmente i genitori degli scolari avviati alla corruzione non sono informati dell'esperimento gay condotto a danno della coscienza dei loro figli. Un osservatore incline a giudicare realisticamente potrebbe dire in assoluta tranquillità che sulla bandiera dell'unione europea fiammeggia la squillante parola Culocrazia. L'unione europea, infatti, "promuove una legislazione intesa alla piena equiparazione giuridica della famiglia composta da un uomo e una donna a quella omosessuale".
    A questo punto è utile rammentare che l'ascesa del Culo nel vessillo della rivoluzione moderna è stata preparata, negli anni Ottanta del secolo scorso, da una squadra di prestigiosi intellettuali suggestionati dai pederasti californiani, che Maurizio Blondet ha definito adelphi della dissoluzione. L'ebrezza pederastica, associata al furore abortista, è indirizzata alla demolizione spirituale e fisica dell'onesta persona umana, oltre a incrementare il potere della suggestione maomettana.
    In Italia tale progetto fu sostenuto e applaudito senza pudore da Sergio Quinzio, un funereo intellettuale adelphiano, al quale fu concesso di pubblicare, nelle seriose e sontuose pagine del Corsera, un'apologia dei rapporti omosessuali consapevolmente finalizzati alla trasmissione del mortale virus Hiv. L'abusata e ingannevole parola gay deve essere pertanto sostituita dalla appropriata parola sad (lugubre) la più adatta a definire i viaggi nello sterco.
    La resistenza cattolica al disordine deve fare un passo avanti, al seguito delle indicazioni proposte a tempo debito da padre Julio Meinvielle s. j., e prepararsi a confutare la perversa utopia dei postmoderni: il disegno incuboso, che contempla un paradiso in terra costituito per la minoranza dei gaudenti illuminati dalla religione obituaria.
    L'orizzonte dell'élite pederastia è una radunata di eletti eccitati e fanatizzati dal disordine sessuale e dal progetto di vivere in un regno al quale, oltre "alli" superiori, siano ammessi soltanto servi animaleschi, sopravvissuti ai colpi della falce abortista/malthusiana e programmati per l'utilità degli eletti.
    Contravveleni e Antidoti: Il tenebroso & turpe delirio dei banditori pederastici


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    Predefinito Re: Il deserto avanza

    Selfie a luci rosse e scommesse on line, gioventù bruciata
    In molte circostanze ci siamo soffermati sulla drammatica situazione in cui si trovano giovani e adolescenti chiamati a vivere in quest’epoca nera della nostra storia, abbandonati a sé stessi, senza riferimenti superiori, indotti a scaricare le proprie energie vitali verso il basso, non potendole più convogliare verso l’alto.
    Dopo aver posto l’accento di recente sull’abuso di droghe e psicofarmaci e sulle tecnodipendenze, torniamo sul delicatissimo capitolo della sessualità, inevitabilmente connesso con la problematica delle nuove tecnologie, che rendono ormai il sesso una “merce” liberamente fruibile e proponibile, in tutte le sue forme, in ogni istante del giorno e della notte. Un’indagine Ceis rivela che il 30% di un campione di 3.000 ragazzi romani tra i 7 (!) ed i 20 anni pubblica su internet proprie immagini con comportamenti sessuali espliciti. Il 60% naviga tranquillamente di notte, 1/5 scommette on-line.
    Il capitolo delle scommesse (con conseguente rischio ludopatia) è un altro aspetto tragico: gli input a scommettere, a praticare poker on line o simili, sono ormai continui e sistematici e come già osservammo per le tecnodipendenze, in un’epoca come questa, dove il centro dell’uomo difficilmente è inquadrabile al di sopra dei livelli più bassi della psiche, quelli irrazionali e subpersonali, con molta facilità uno stimolo esterno, soprattutto se continuamente indotto, scatena bisogni compulsivi e dipendenze. Non è poi difficile immaginare cosa possa accadere a degli adolescenti lasciati senza guida a gestire le pulsioni della propria età in un contesto come quello odierno, dove, soprattutto in quell’età delicata, è praticamente impossibile orientare la sessualità verso l’alto. Il rovesciamento della sua funzione la trasforma di fatto un potentissimo strumento nelle mani della sovversione, in grado di distruggere l’uomo e la donna fin dall’adolescenza, rendendoli schiavi delle passioni più infime ed incontrollabili, storpiandone la natura e le capacità.
    di Camilla Mozzetti
    Selfie a luci rosse, è boom tra gli studenti. Indagine Ceis su tremila ragazzi romani tra i sette e i 20 anni: il 30% pubblica su internet comportamenti sessuali espliciti. Il 60% naviga anche di notte, uno su cinque scommette online. «Segnali preoccupanti, incombono rischi di ricatti e pedofilia»
    È un mondo sommerso che sfugge al controllo di genitori e professori. Giovani, anzi giovanissimi, chiusi nelle loro stanze, nascosti dai libri e dai quaderni sui banchi di scuola, vivono la loro quotidianità con uno smartphone in mano, sempre connessi a internet. E non usano il web per compiere ricerche o approfondire un argomento scolastico. Sono dati allarmanti quelli elaborati dal Ceis Don Picchi, perché su un campione di 3mila studenti romani, di età compresa tra i sette e i vent’anni, il 30% posta su Facebook e Twitter selfie che li ritraggono in espliciti comportamenti sessuali, mentre il 22% – per lo più studenti delle medie – è già abituato a compiere scommesse sportive on-line.
    «A preoccupare maggiormente – dice la vicepresidente del Ceis, Patrizia Saraceno – è la totale inconsapevolezza che pervade questi ragazzi sui potenziali rischi nascosti nell’uso distorto di internet e dei nuovi strumenti di comunicazione con i quali sono cresciuti i giovani nati nel 2000».
    Usano il web per conoscersi e per parlare, si scambiano messaggi su whatsapp, mostrando una sempre più crescente difficoltà, invece, nei rapporti interpersonali diretti e reali. L’indagine, presentata in occasione del convegno “Selfie: l’immagine imprigionata e violata dei giovani adolescenti”, è inserita nell’ambito della seconda edizione del progetto Pari&Impari che il Ceis, in accordo con Roma Capitale, sta portando avanti in molte scuole di Roma con lo scopo di prevenire l’illegalità minorile.
    Quattordici le scuole e gli istituti comprensivi finora impegnati dalla ricerca e sei i quartieri della città posti sotto la lente d’ingrandimento: Torre Angela, Tor Bella Monaca, San Basilio, Tiburtino, Corviale e Magliana. Tuttavia, l’incidenza dell’uso distorto di internet e dei cellulari non invade soltanto quelle zone della città in cui le condizioni socio-economiche sono maggiormente sfavorevoli.
    «Molti professori – continua Saraceno – denunciano casi analoghi anche in quartieri centrali, a dimostrazione di quanto il fenomeno sia trasversale e generalizzato».
    Selfie a luci rosse e scommesse on line, gioventù bruciata | Azione Tradizionale

    Il gioco gender contrario all'islam
    I multiculturalisti vanno in tilt
    di Stefano Fontana
    E a Trieste alla fine è entrato in campo anche l’islam. Con un articolo pubblicato su Civiltà Islamica - Il punto di vista del vero Islàm. In italiano. , l’autore Abu Ismail Morselli si colloca dalla parte di Amedeo Rossetti, il genitore che per primo si è opposto alla somministrazione del Gioco del Rispetto nelle scuole materne comunali di Trieste.
    Nell’articolo intitolato Contro il Gioco del Rispetto. Una iniziativa importante, l’islam triestino dà il suo pieno appoggio all’opposizione contro questa manovra educativa. Certamente il Comune ne risentirà, perché finché sono i cattolici ad opporsi a certe cose si può anche soprassedere, anzi può diventare un titolo di merito, ma quando ci si mettono gli islamici le cose si fanno più difficili. Anche perché si sgonfia l’idea di una Giunta comunale che promuove il dialogo interculturale, che nasce e si fortifica invece non grazie ma contro il Comune.
    Da quando il Rossetti prese carta e penna per fare una cosa semplice come chiedere di essere informato da parte della scuola su progetti poco chiari, le cose si sono molto evolute. Il settimanale diocesano Vita Nuova ha promosso una analisi scientifica del Gioco del Rispetto, che ha riguardato anche le immagini contenute in uno dei suoi moduli – il Memory - immagini molto tendenziose e surrettiziamente ispirate all’ideologia gender.
    Anche il dibattito tra i genitori si è molto sviluppato e una scuola materna comunale ha deciso di uscire dal Gioco del Rispetto, rinunciando alla sua applicazione. Un segnale importante perché tra i genitori l’esempio conta molto. Essi si sentono spesso soli e hanno bisogno di trovare fiducia in se stessi e di essere supportati. E’ per questo che stamattina si tiene in un locale triestino la conferenza stampa di presentazione del Comitato Genitori Trieste. I fondatori sono quattro genitori, tra cui anche un’insegnante, a cui in futuro potranno aggregarsi quanti vorranno dare una mano. Scopo del Comitato – come si legge dallo statuto – è di promuovere una cultura dell’educazione che rafforzi il protagonismo dei genitori. Naturalmente del Comitato fa parte anche Amedeo Rossetti. Da quanto ci risulta, la notizia ha già destato l’interesse di molti ed anche dalle città vicine sono arrivati segnali di interesse per la nuova iniziativa.
    Il settimanale diocesano Vita Nuova aveva pubblicato un editoriale dal titolo E’ l’ora dei genitori. Le vicende triestine testimoniano che è proprio così. Sono bastati pochi genitori attenti e consapevoli per sollevare un caso nazionale e gettare l’amministrazione comunale nella confusione. Confusione che si può sperimentare anche in questi giorni. Il Comune ha distribuito ai genitori della scuola dell’infanzia I Cuccioli un modulo per l’adesione al Gioco del Rispetto. Ebbene, il modulo prevede solo la possibilità di dire di SI, manca l’opzione per il NO; nel modulo non si fa menzione di attività alternative, mentre la Vicesindaco Fabiana Martini aveva solennemente parlato di «organizzazione delle attività alternative per i bambini le cui famiglie si dichiareranno contrarie alla partecipazione dei loro figli a quest’attività»; infine il modulo non dà alcuna informazione sul Gioco ma ribalta l’obbligo di informazione sulle famiglie. Un modulo maldestro, secondo alcuni, volutamente manipolatorio per altri. I genitori, si sa, davanti ad un modulo della scuola tendono a compilarlo e a consegnarlo. Per dire di NO al progetto dovrebbero trattenerlo e non consegnarlo. La cosa appare poco rispettosa della libertà di ognuno di poter scegliere in modo fondato.
    Il “caso” Trieste continua, quindi, e quando le cose si mettono in moto per una causa buona è difficile fermarle.
    Il gioco gender contrario all'islam I multiculturalisti vanno in tilt

    Nozze gay, nemmeno Adriano Sofri riesce a sostenerle con ragionevolezza
    Come dicevamo pochi giorni fa, dopo il referendum irlandese siamo costretti a sorbirci la prevedibile retorica degli epigoni di Mario Mieli, da Massimo Gramellini a Ferdinando Camon. Tra i primi a prendere la parola in Italia è stato Adriano Sofri, l’unico che ha saputo organizzare un discorso nonostante tutto sensato: il suo articolo su Repubblica è tuttavia colmo di classici luoghi comuni a sostegno del matrimonio omosessuale, per questo ci sembra utile offrire a lui e ai lettori una risposta.
    Premettiamo che il giornalista di Repubblica parla di morale e di diritti dopo aver passato 22 anni di carcere per essere stato il mandante dell’omicidio del commissario Luigi Calabresi e uno dei responsabili del linciaggio mediatico contro di lui che ha incendiato l’opinione pubblica, umiliando Calabresi prima che venisse assassinato. Certo, le persone cambiano, Sofri ha pagato, tuttavia bisognerebbe avere un po’ di prudenza prima di pontificare su argomenti morali, sopratutto guardando la propria biografia.
    L’ex leader di Lotta Continua ha iniziato il suo articolo con il primo argomento, quello del “che male vi fa”: «C’è una differenza fra un valore perseguito per sé che si vuole imporre anche ad altri contro la loro volontà, e un valore cercato per sé che non tocca la libertà degli altri. Chi creda al matrimonio come un sacramento valido solo per la coppia di donna e uomo, resta libero di celebrarlo e viverlo, e non ha una vera ragione di sentirlo offeso dal fatto che altri abbiano scelto di dichiararsi ed essere riconosciuti sposati». Una tesi vecchia che si fa risorgere puntualmente, eppure già gli antichi greci sapevano che ogni legge ha una funzione pedagogica (fa costume, si dice) che va a modificare la società, con effetti anche verso chi è contrario ad essa. La ridefinizione del matrimonio (possibile soltanto modificando la Costituzione) va direttamente a minare le sue fondamenta essendo un’istituzione riconosciuta (nemmeno istituita!), come recita l’art. 29 della Costituzione, per stabilizzare la “famiglia naturale” in vista dell’arrivo dei figli (matrimonio deriva da matris, madre). Ecco cosa toglie il matrimonio omosessuale, come abbiamo già segnalato: toglie il significato e il fondamento giuridico del matrimonio e, dunque, la stabilità (non soltanto giuridica) della famiglia, che è anche quella intesa costituzionalmente.
    Inoltre bisognerebbe ricordare a Sofri che se l’argomento pietistico del “che male vi fa?” fosse valido per permettere a chi vuole di sposarsi, allora bisognerebbe utilizzarlo anche per le coppie incestuose. Che male fanno agli altri? E che male fa, a chi non è d’accordo, ampliare il numero dei coniugi a 8, 29 o 35? Anche i gruppi poligamici, infatti, avrebbero diritto alle nozze se è valido l’argomento del “che male fa?”. Per non parlare di due semplici amici che vogliono beneficiare dei diritti del matrimonio, che male vi fanno se sono solamente amici? Ecco dunque una delle tante conseguenze della perdita giuridica dei fondamenti del matrimonio.
    Il secondo argomento di Sofri è invocare un referendum anche in Italia, convinto che «senz’altro la “società civile” italiana è più avanzata della Chiesa cattolica», mentre quest’ultima è più avanzata nel «sentimento e nel trattamento nei confronti degli stranieri. La soluzione di compromesso sembrerebbe quella di stare con il papa sui migranti, contro sul matrimonio fra persone dello stesso sesso, con la libertà ultima di ciascuna donna sull’aborto, e così via». Come già detto, l’ex militante di Lotta continua non sembra la persona più indicata per spiegare all’Italia dove la Chiesa cattolica è moralmente avanzata o arretrata, inoltre, dichiarandosi ateo, dovrebbe prima giustificare l’origine del suo concetto di “bene”, “male” e “avanzato” (rispetto a cosa? Rispetto a quale assoluto?), impossibile in un paradigma relativista. In ogni caso, secondo una recente indagine, gli italiani sono maggiormente contrari alle unioni civili, figuriamoci al matrimonio omosessuale.
    Il terzo e ultimo argomento di Adriano Sofri è cercare di confutare la posizione di chi è contrario al matrimonio gay, affermando che «a qualunque sesso e sessualità si appartenga si è favorevoli -cioè non ci si oppone- al matrimonio fra due persone perché si riconosce la bellezza e la serietà del loro reciproco desiderio. Ma il matrimonio, obiettano ancora i portavoce autorevoli dell’ortodossia cattolica, dipende dalla sua “naturale” destinazione generativa, inibita per sempre alla coppia omosessuale: se così fosse, daremmo per fallito e maledetto il matrimonio eterosessuale infecondo». Per quanto riguarda la prima affermazione, se la bellezza e la serietà della coppia sono i criteri per accettare il matrimonio di chiunque lo richieda, ritorna la solita obiezione: con quale giustificazione, allora, negarlo a un padre e un figlio amanti? O ad una madre e suo figlio? O alla nonna con il nipote? E con quale argomentazione discriminatoria, se si resta sul piano di Sofri, permettere il matrimonio a due sole persone? Forse cinque amanti desiderosi di sposarsi non sono belli e seri, secondo i criteri utilizzati da Sofri?
    Infine, cade anche l’obiezione che le coppie sterili eterosessuali dimostrerebbero che il matrimonio non è istituito ai fini della genitorialità: come abbiamo già rilevato, mentre le relazioni omosessuali sono essenzialmente sterili, alcuni rapporti eterosessuali sono solo accidentalmente sterili a causa di una patologia, un’eccezione alla regola. Le coppie eterosessuali sterili rimangono potenzialmente procreative, al contrario delle coppie omosessuali: ecco perché la patologia di alcune coppie eterosessuali non può pregiudicare in alcun modo il significato del matrimonio contratto nella normalità e nella sanità fisica dei due coniugi.
    Ancora una volta verifichiamo che non esiste alcuna tesi ragionevole a sostegno del matrimonio omosessuale, proprio per questo le associazioni Lgbt puntano quasi solamente su argomentazioni sentimentalistiche come “loveislove” e “viva l’uguaglianza”, senza mai entrare nel merito dei loro convincimenti. Legittimo ma inefficace verso chi riesce ancora a ragionare autonomamente senza accodarsi al pensiero comune.
    Nozze gay, nemmeno Adriano Sofri riesce a sostenerle con ragionevolezza | UCCR

    Announo. Il pensiero unico anti famiglia in TV
    di Giuliano Guzzo
    Dopo la puntata di Announo di ieri, nella quale la giovane Giulia Innocenzi ha confezionato un formidabile spot in favore non solo di matrimoni ed adozioni omosessuali, battaglie evidentemente considerate già vinte, ma pure dell’utero in affitto – presentata come “maternità surrogata” o persino “altruistica”, quasi che le mamme che crescono i figli che mettono al mondo fossero delle egoiste -, ritengo importante, traendo spunto proprio da quella trasmissione, evidenziare come funziona in televisione la propaganda anti-famiglia così la prossima volta, che certamente non tarderà ad arrivare, forse sarà meno efficace.
    Dissenso unico. E’ fondamentale che la difesa della famiglia naturale sia affidata ad un solo ospite, non di più. Meglio ancora se costui è un sacerdote o un vescovo non giovanissimo, in modo che nei telespettatori passi con chiarezza il messaggio che solo i cattolici di una volta, gli ultimi nostalgici del Medioevo insomma, credono ancora che i figli abbiano bisogno di un padre e di una madre e che la diversità di sesso sia requisito fondamentale per il matrimonio.
    Il cattolico aggiornato. Accanto al solo ospite in contrasto col Pensiero Unico, deve essere presente – in studio o in collegamento – un cattolico “aggiornato”, che non solo premetta ad ogni sua singola affermazione quel «secondo me» requisito fondamentale per apparire al passo coi tempi, ma che insista sul fatto che siamo nel 2015 (autentico scoop, in effetti), che la Chiesa deve cambiare e che ha fiducia in Papa Francesco, che sarebbe ben diverso da «quell’altro». Assai gradita è anche la figura del cattolico gay.
    Famiglie “Mulino Bianco”. Per una buona propaganda arcobaleno è necessario che le “famiglie omosessuali” vengano presentate come felici, serene e sorridenti. Ieri ad Announo, per esempio, sono state presentate due coppie di uomini ordinate, pacifiche, una più pacata dell’altra: neppure un’ombra, nei loro volti, di quelle tensioni che spesso vivono le famiglie all’antica. Col risultato che chi seguiva la trasmissione provava quasi il dispiacere, alla fine, di non essere stato cresciuto da una coppia gay.
    «Tutti gli studi dicono». Nel caso in cui il solo ospite pro-family presente nella trasmissione osasse rilevare che il miglior interesse di un bambino è quello di crescere con un papà ed una mamma, magari pure i suoi genitori biologici, è fondamentale che gli venga ribattuto che «tutti gli studi» – o che «la scienza» – affermano che per un figlio “basta l’amore” e non il fatto di avere o non avere un padre ed una madre. Ma se davvero “basta l’amore” perché i genitori devono essere solo due e non possono essere i dieci o venti o trenta? Mistero mai chiarito.
    Conduttore imparziale. La riuscita della propaganda anti-famiglia esige pure una conduzione all’altezza, con colui che ha il compito di gestire la trasmissione sempre attento a non lasciare il tempo di concludere un ragionamento a chi parla in difesa della famiglia naturale e a ricordare che le persone di tendenze omosessuali sarebbero “senza diritti”, che la lotta all’omofobia – piaga i cui confini, astutamente, non vengono mai definiti – è una priorità. Al telespettatore che crede nella famiglia naturale non restano così che sconforto e la sensazione di essere il solo, in fondo, a pensarla ancora così.
    Announo. Il pensiero unico anti famiglia in TV ~ CampariedeMaistre

    Una palese violazione di legge e codice deontologico
    di Ruben Razzante
    Al di là di come la si pensi sui corsi che aiutano le persone a correggere le tendenze omosessuali, la vicenda presenta anche degli aspetti squisitamente deontologici, che non possono lasciare indifferente il mondo dei giornalisti.
    L’altra sera, su La 7, durante la puntata di “Anno Uno”, è andato in onda un servizio realizzato da Giuseppe Borello, inviato della trasmissione ad Angolo Terme, provincia di Brescia, nel centro di spiritualità Sant’Obizio, che organizza ritiri spirituali, venduti in tv come corsi mirati alla “guarigione” dei gay.
    Borello, ovviamente sotto mentite spoglie, cioè fingendo di chiamarsi Francesco e di essere un giovane studente gay, filma quanto accade durante quei corsi e confeziona un servizio fatto su misura per screditarli e ridicolizzarli. Pur occultando i volti dei partecipanti, riporta racconti, situazioni, confessioni che i gay fanno ai tre organizzatori, in primis Luca di Tolve, ex attivista dell’Arcigay, ex ballerino alla discoteca Plastic di Milano, inventore delle crociere per omosessuali, ora impegnato a testimoniare la possibilità del recupero dell'eterosessualità. Svela, cioè, contenuti di conversazioni private e riservate, che toccano aspetti assai sensibili dell’individualità di ciascuno e che dovrebbero rigorosamente essere protetti dalla privacy.
    Si tratta, dunque, di un esempio di pessimo giornalismo, che viola le carte deontologiche e che meriterebbe l’immediata apertura, da parte del consiglio di disciplina competente, di un procedimento disciplinare nei confronti dell’autore del servizio e di chi, nel ruolo di responsabile della trasmissione, ne ha autorizzato la messa in onda.
    Il giornalista, infatti, è chiamato ad osservare obblighi di trasparenza e a dichiarare le finalità della raccolta dati. Su questo punto l’art.2 del Codice deontologico del 1998, che disciplina il rapporto tra giornalismo e privacy, è molto chiaro: l’utilizzo dei mezzi fraudolenti (telecamere nascoste, microfoni-spia, ecc.) o delle tecniche invasive per estorcere informazioni riservate si giustifica solo quando il giornalista rischia la sua incolumità o quando, se il giornalista dichiarasse la sua identità, gli verrebbe precluso l’esercizio della funzione informativa. Tale principio si completa con la previsione contenuta nell’art.3 di quel Codice, che riguarda la tutela del domicilio, all’interno del quale l’obbligo di tutelare la riservatezza è massimo. Al domicilio devono essere equiparati i luoghi di detenzione e di riabilitazione, ma anche, con un’interpretazione estensiva, i luoghi aperti al pubblico come il centro di spiritualità in questione, che non possono essere assimilati ai luoghi pubblici (una piazza), essendo accessibili solo con il permesso di chi ne è titolare o di chi li gestisce.
    Borello potrebbe obiettare che, se si fosse presentato con nome, cognome e qualifica, non gli avrebbero consentito di entrare e di documentare ciò che accadeva durante quei corsi. Ma quanto succede in quei corsi è riservato a chi, versando una quota, decide di parteciparvi, e non può dunque essere considerato di interesse pubblico né diventare oggetto di un diritto di cronaca “anarchico” e privo di limiti. Se passasse il principio che il giornalista, con le buone o con le cattive, è autorizzato a raccogliere tutte le informazioni che gli interessano, senza preoccuparsi delle controindicazioni e dei valori da assicurare nell’esercizio del diritto di cronaca, arriveremmo alla giungla informativa.
    Quel servizio ha inferto un vulnus ingiustificato alla privacy della struttura, dei promotori e dei partecipanti ai corsi, pur nel rispetto dell’anonimato di questi ultimi, resi non riconoscibili nel servizio. Inoltre, presenta profili diffamatori e lesivi della dignità di chi ha organizzato quei momenti di confronto su un tema assai sensibile come quello dell’omosessualità. Potrebbero esservi altresì elementi sufficienti per integrare il reato di diffamazione, considerati i risvolti denigratori che, durante il servizio, sembrano emergere dai commenti fatti da quel giornalista e anche in studio dagli ospiti della puntata di “Anno Uno”.
    Se la categoria dei giornalisti tollera tali esempi di sciacallaggio non può poi pretendere di risultare credibile né può lamentarsi del pessimo giudizio che hanno di certa informazione tanti milioni di cittadini. Per fortuna tantissimi colleghi di Borello non si sarebbero mai comportati come lui.
    Una palese violazione di legge e codice deontologico

    «Non sono più gay, per questo mi attaccano»
    di Riccardo Cascioli
    «Se Alessandro Cecchi Paone spiega come dopo anni di matrimonio abbia scoperto e vissuto la sua omosessualità, diventa un eroe; se invece io voglio testimoniare il percorso inverso allora si scatena il putiferio e valanghe di insulti». È lo sfogo di Luca di Tolve, ex dirigente dell’Arcigay, che ha potuto recuperare l’identità eterosessuale ed oggi è marito e padre felice oltre che fondatore e animatore dell’Associazione Gruppo Lot Regina della Pace. Il Gruppo Lot, dice la descrizione che si trova nel sito, «ha finalità di solidarietà sociale nei confronti di persone sofferenti che portano dentro di sé ferite e dipendenze a livello emotivo, relazionale, di identità sessuale, di abuso e di violenza, che hanno difficoltà nell’avere sane e buone relazioni con gli altri».
    Di Tolve, che ha anche raccolto la sua storia in un libro (Ero gay, Piemme editore) è stato fatto oggetto in questi giorni di una vera e propria aggressione mediatica.
    Da una parte La 7, con la trasmissione “Anno Uno” condotta da Giulia Innocenzi, andata in onda l’altra sera: «Hanno usato filmati ripresi di nascosto che peraltro – malgrado il tentativo di “mascherare” il volto dei presenti – violano la privacy di quanti partecipavano al ritiro (del caso parliamo a parte con questo articolo). Non solo: con una intervista iniziale a Luca Di Tolve – la cui messa in onda non era stata autorizzata - il programma è stato condotto a senso unico, ridicolizzando l’esperienza di Luca Di Tolve e tanti altri. Per non parlare poi di come è stata condotta la trasmissione, con la derisione di chiunque andasse contro il politicamente corretto: immaginarsi dunque come è stato trattato il vescovo di Palestrina monsignor Domenico Sigalini, lì presente.
    Dall’altra il quotidiano Repubblica che – anch’esso due giorni fa – ha pubblicato un reportage da uno dei ritiri condotti da Luca, in cui il giornalista Matteo Pucciarelli si era intrufolato falsificando i documenti personali: «Siccome in passato ci sono stati tanti giornalisti che hanno cercato di introdursi nei nostri incontri per poi poter annunciare uno scoop, siamo molto severi nel controllare l’identità delle persone che si iscrivono – soprattutto a tutela di chi vi partecipa – e così il giornalista di Repubblica ha prodotto identità e documenti falsi. E lo ha anche scritto sul giornale».
    Lo stesso giornalista poi ha fatto delle riprese e delle foto a insaputa di coloro che hanno partecipato al ritiro. Anche qui sono stati commessi reati e violazioni evidenti della Carta deontologica, ma si può stare certi che nessuno interverrà. «Da quando sono state varate le linee guida per i giornalisti per la prevenzione dell’omofobia – dice di Tolve - è diventato un inferno. Si susseguono tentativi di carpire chissà quali informazioni segrete sulle nostre attività».
    Ma l’inviato di Repubblica ha fatto di più: una ripresa video che rende riconoscibili alcuni dei partecipanti al ritiro, una vera infamia. «Questi atti sono gravissimi, non rispettano minimamente la dignità delle persone. Di più, sono fatti apposta per intimidire le persone che così sono scoraggiate a partecipare. Data la delicatezza di queste situazioni, le persone vengono perché è anche garantita la più totale discrezione. Ma questi blitz danno invece la sensazione opposta, la mancanza di sicurezza. È ovvio che si fa così per impedire questi ritiri, fare in modo che, per paura, la gente non venga qui da noi».
    Insomma è diventata una vera e propria guerra che vuole negare anche la più semplice presenza di persone che recuperano la loro eterosessualità, e che vuole impedire che qualcuno racconti queste storie. E non è un caso che questa demonizzazione di Di Tolve e altri esploda in questo momento: la maggioranza di governo sta spingendo sull’acceleratore per arrivare in fretta a varare le unioni civili (in pratica il matrimonio gay).
    «Non sono più gay, per questo mi attaccano»

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    Predefinito Re: Il deserto avanza

    Adozioni omosessuali: il consenso scientifico poggia su un castello di carte
    LE AFFERMAZIONI “SCIENTIFICAMENTE DIMOSTRATE” HANNO UNA POTENZA INEGUAGLIABILE NELLA FORMAZIONE DELL’OPINIONE PUBBLICA.
    MA NON SEMPRE SONO VERAMENTE BASATE SULLA SCIENZA SPERIMENTALE, A VOLTE SI TRATTA DI COSTRUZIONI FATTE SU STUDI, “PAPER”, INCONSISTENTI. DEI VERI “CASTELLI DI CARTE”…
    IL CASO DEI GENITORI OMOSESSUALI.
    La notizia viene divulgata nel 2013 nel modo più autorevole possibile con un articolo sul Corriere della Sera a firma del Prof. Vittorio Lingiardi: Si cresce bene anche con genitori gay Ecco i risultati di 30 anni di ricerche.
    L’argomento dovrebbe essere inattaccabile, se dopo ben 30 anni di ricerche e con l’avallo di uno stimatissimo professore di Psicologia Dinamica dell’Università “La Sapienza”, si è giunti alla conclusione che crescere con genitori dello stesso sesso e omosessuali non ha alcun effetto negativo sul bambino. Ma su quali prove si basa questa conclusione?
    L’articolo su Corriere della Sera porta come primo esempio uno studio della American Academy of Pediatrics:
    Il 20 marzo 2013 l’American Academy of Pediatrics (Aap) ha pubblicato un importante documento in cui, oltre a ribadire le conclusioni di una ricerca pubblicata nel 2006 («adulti coscienziosi e capaci di fornire cure, siano essi uomini o donne, etero o omosessuali, possono essere ottimi genitori»), afferma che, «nonostante le disparità di trattamento economico e legale e la stigmatizzazione sociale», trent’anni di ricerche documentano che l’essere cresciuti da genitori lesbiche e gay non danneggia la salute psicologica dei figli e che «il benessere dei bambini è influenzato dalla qualità delle relazioni con i genitori, dal senso di sicurezza e competenza di questi e dalla presenza di un sostegno sociale ed economico alle famiglie».
    Motivo di più, conclude l’Aap, per sostenere definitivamente la legalizzazione del matrimonio tra persone dello stesso sesso. Love makes a family è il titolo di una pubblicazione dell’American Psychological Association.
    Andiamo dunque a vedere su quali studi si basa l’articolo dell’Aap del 2013 “Promoting the Well-Being of Children Whose Parents Are Gay or Lesbian” e di conseguenza l’affermazione “Si cresce bene anche con genitori gay Ecco i risultati di 30 anni di ricerche”, i lavori citati dalla Aap sono 21.
    1- Si tratta di una autocitazione del medesimo documento dell’Aap.
    2; 3; 4; 5; 6;7- Sono documenti statistici sulla popolazione degli USA
    8;9- Ancora due documenti della stessa Aap nei quali si afferma la superiorità educativa delle coppie sposate rispetto a quelle non sposate.
    10- Articolo multi autore nel quale gli autori sostengono che il riconoscimento civile delle unioni tra persone con tendenze omosessuali porterebbe dei benefici ai figli di queste persone.
    11- Si tratta di una raccolta di informazioni circa l’omosessualità rivolta ai pediatri.
    12- Un libro sull’omogenitorialità curato dalla dottoressa Abbie Goldberg, dichiaratamente militante pro gender.
    13- Una rassegna di Stacey e Biblarz, ricercatori gay-friendly, che hanno preso in considerazione 21 ricerche sull’omogenitorialità dalle quali emerge che “i ricercatori frequentemente minimizzano i risultati che indicano, nei bambini, differenze circa il genere e i comportamenti e le preferenze sessuali che potrebbero stimolare importanti domande teoriche…“
    14- Una rassegna di 34 ricerche curata da Fiona Tasker. Delle ricerche analizzate in questa rassegna una sola aveva un numero di soggetti superiore a 100; una ricerca ha 7 soggetti. Circa terzo delle ricerche non prende in considerazione lo stato di salute dei bambini. 26 ricerche su 34 (più del 76%) utilizza un campione di convenienza. 12 ricerche non hanno un gruppo di controllo; solo 4 ricerche hanno utilizzato, come gruppo di controllo, coppie eterosessuali con bambini concepiti naturalmente. Tutte queste limitazioni sono ammesse dalla dottoressa Tasker, che comunque afferma: “La ricerca passata in rassegna suggerisce che l’accudimento gay o lesbico non influenza il benessere dei bambini per quanto riguarda lo sviluppo”. Al di là di questo, la stessa Tasker riconosce una percentuale più alta rispetto alla popolazione generale di ragazzi con un orientamento non eterosessuale tra i figli di genitori gay o lesbiche.
    15- Siamo in presenza della prima vera ricerca. I campioni sono costituiti però da25 madri lesbiche con i loro figli; 38 madri sole eterosessuali con i loro figli; 38 coppie eterosessuali con i loro figli. Hanno rilevato che i figli senza padre sono molto più dipendenti dalla madre rispetto a quelli cresciuti con il padre; e che i bambini cresciuti senza padri mostrano atteggiamenti più femminili rispetto a quelli cresciuti con il padre.
    16- Si tratta di un libro nel quale Ellen Perrin fornisce consigli a pediatri, medici, infermieri e psicologi sull’approccio con figli di genitori con tendenze omosessuali o adolescenti con tendenze omosessuali.
    17- Siamo alla seconda ricerca dell’elenco: Wainright, Russell e Patterson hanno avuto a disposizione le interviste a 12.105 adolescenti e da queste hanno selezionato un campione di 18 ragazzi dai 12 ai 18 anni cresciuti da coppie lesbiche e 18 ragazzi di pari età cresciuti da famiglie eterosessuali. Curiosamente “La valutazione delle relazioni romantiche e il comportamento sessuale non sono stati associati con il tipo di famiglia”; gli autori non hanno nemmeno pubblicato i dati relativi a queste variabili.
    18- Si tratta di un confronto tra bambini adottivi di coppie omosessuali ed etero, manca un confronto con bambini non adottivi.
    19- Una rassegna curata dal Prof. Peter Lamb, dichiaratamente schierato su posizioni LGTB, il quale sostiene tra l’altro che l’assenza del padre non è rilevante per lo sviluppo.
    20- Un parere della dottoressa Patterson stilato per la stessa American Academy of Pediatrics, secondo la quale “I campioni piccoli e non rappresentativi presi in considerazione, e la giovane età della maggior parte dei figli suggeriscono alcune perplessità”; nonostante questo “non c’è una differenza sistematica tra genitori gay e non gay nella salute emotiva, profilo genitoriale e atteggiamento nei confronti della genitorialità.
    21- L’ultimo documento è una presa di posizione dell’American Medical Association contro le discriminazioni nei confronti delle persone con tendenze omosessuali.
    Dopo questo esame dei riferimenti a supporto dell’affermazione che “trent’anni di ricerche documentano che l’essere cresciuti da genitori lesbiche e gay non danneggia la salute psicologica dei figli” appare non scientificamente supportata.
    Ma una frase di Lingiardi è rivelatrice al riguardo, infatti leggiamo nell’articolo sul Corriere:
    “È infatti importante che le donne e gli uomini di scienza si esprimano sulla base di ipotesi condivise e possibilmente verificate empiricamente.”
    La verifica empirica viene quindi dichiaratamente indicata come desiderabile ma non necessaria, ma senza di essa, ricordiamo, non si fa scienza. Ma nonostante questa riconosciuta non scientificità delle affermazioni sull’omogenitorialità, immediatamente dopo si legge:
    Il tema della genitorialità omosessuale è di solito affidato a ideologie o visceralità di politici il più delle volte impreparati.
    Insomma, gli studi su cui si basa l’apertura alle adozioni omosessuali sono dichiaratamente più delle “ipotesi” che dati sperimentali, ma si accusano i politici di essere impreparati e di affidarsi a ideologie o addirittura “visceralità”.
    Nell’articolo sul Corriere si chiama poi in causa l’American Psychoanalytic Association che esprime una raccomandazione:
    È nell’interesse del bambino sviluppare un attaccamento verso genitori coinvolti, competenti, capaci di cure e di responsabilità educative. La valutazione di queste qualità genitoriali dovrebbe essere determinata senza pregiudizi rispetto all’orientamento sessuale.
    Ma si omette di dire che in un documento dell’Apa si legge anche:
    There is no credible evidence that shows that a parent’s sexual orientation or gender identity will adversely affect the development of the child.
    “Non esiste una credibile evidenza che mostri che l’orientamento sessuale o l’identità di genere influenzino negativamente lo sviluppo del bambino”. Quindi non si parla di omogenitorialità ma di orientamento sessuale (di quale genitore, di uno o di entrambi?) e inoltre si afferma che “Non esiste una credibile evidenza”, frase che non fornisce molte certezze.
    L’articolo infine termina così:
    Posizioni analoghe sono sostenute dalle maggiori associazioni dei professionisti della salute mentale: dall’American Psychiatric Association alla British Psychological Society, dall’Academy of Pediatrics all’Associazione Italiana di Psicologia.
    “Posizioni analoghe”, questa è la frase chiave. Non si parla più di dimostrazioni scientifiche ma di “posizioni”, i 30 anni di ricerche che campeggiano sul titolo catturando l’attenzione e la fiducia di chi legge si sono trasformati in “posizioni”.
    E questo è un segno di onestà intellettuale, alla fine dell’articolo non era più possibile parlare di evidenze sperimentali ma tuttalpiù di “posizioni”.
    E sulle “posizioni”, che a loro volta sono influenzabili dalle ideologie, dalle mode o possono essere anche “viscerali”, non si può giocare la crescita di un bambino.
    http://www.informarexresistere.fr/20...ello-di-carte/

    Se vi battete per i diritti dei gay perché “è di sinistra”…
    Maurizio Blondet
    …Siete in buona compagnia. “Nei soli Stati Uniti (dati del 2008) le organizzazioni omosessuali possono vantare i loro principali paladini nella persona del miliardario mondialista Georges Soros”. Soros ha finanziato le roganizzazioni militanti omosessuali “attraverso l’Open Society Institute con 150 mila dollari, la MacArthur Foundation con 600 mila dollari; la Fondazione Ford ha dato 1,2 milioni di dollari. “Meritano un cennno anche le somme fornite dal Goldman Fund di San Francisco, che nel 2000 ha devoluto 2 milioni di dollari alle organizzazioni gay, e dalla Rockefeller Foundation, con circa 60 mila dollari l’anno; senza contare gli innumerevoli altri ‘torrenti’ di decine di migliaia di dollari, che giungono con regolarità da gruppi come Kodak, Hewlett-Packard, Chevron, Citigroup, AT§T, British Petroleum (BP), American Airlines, Apple, Daimler Chrysler, Dell, Deutsche Bank, Ernst § Young , Estée Lauder, Intel, Ibm, Morgan Chase, Johnson § Johnson, Levi Strauss § Co, Merrill Lynch, Microsoft, Nike, Pepsi, Toyota, Ubs, Xerox, e soprattutto Motorola e Fondazione PlayBoy (che da decenni finanzia le organizzazioni gay)”.
    “Sempre Georges Soros, insieme ad altri miliardari come Bill Gates o Jeff Bezos di Amazon, ha recentemente donato milioni di dollari ai comitati pro-gay in Usa, arrivando persino a ‘ungere’ di dollari molti deputati del Partito Repubblicano, il cui elettorato è al 90 per cento contrario ai matrimoni gay, pur di ottenere il consenso”.
    Quando la Corte Suprema Usa ha dichiarato incostituzionale il Defense of Marriage Act, che definisce matrimonio solo quello tra uomo e donna, riconoscendo ai gay accoppiati gli stessi diritti, il numero uno di JP Morgan ha lodato la decisione: “E’ una buona cosa per la società e i nostri clienti, ma soprattutto è la cosa giusta da fare”, ha dichiarato Jamie Dimon. Goldman Sach gli ha fatto eco con un comunicato: “L’uguaglianza nel matrimonio riduce gli oneri e le difficoltà a carico dei dipendenti e porterà alla costituzione di attività imprenditoriali di successo e a un’economia americana forte” (…) In uno spot mandato in onda dalle tv americane, dal titolo Time4Marriage, si sono espressi a favore del ‘matrimonio gay’ l’ex segretrario di Stato del governo Bush Colin Powell, l’erx vicepresidente Dick Cheney e l’ex first lady Laura Bush. (Da notare) la partecipazione dell’ex presidente repubblicano e conservatore George Bush senior e sua moglie Barbara, in qualità di ‘testimoni’, a un matrimonio gay nello Stato del Maine”.
    Non è una ricerca mia. Sto citando dal notevole saggio di Enrica Perucchietti e Gianluca Marletta – UNISEX – La creazione dell’uomo senza identità – Arianna Editrice, 2014, pagine 26-28. Euro 7.
    Gli autori del saggio, breve e chiaro e ben documentato, domandano: vi pare probabile che i maggiori hedge found del mondo, le mega-banche globali, i massimi miliardari americani, le multinazionali più titaniche si schierino platealmente per la causa gay per ragioni puamente filantropiche?
    A voi che avete applaudito così numerosi la sfilata dei finocchioni a Roma perché “è progressista”, perché “la sinistra si batte per i diritti LGBT”, mi limito a chiedere sommessamente: voi come progressisti siete più Dick Cheney o più Bill Gates? Siete della sinistra che si riconosce in JP Morgan o in quella che si sente più vicina a Deutsche Bank? Siete più radical-chic stile IBM o Pepsi?
    La vostra giornalista-prezzemolina, ex direttrice dell’Unità Concita De Gregorio ha scritto su Repubblica: “POI un giorno con moltissima calma dovremmo farci la domanda cruciale: qual è esattamente il problema del mondo cattolico rispetto all’omosessualità? (…) Alcuni, segnatamente, hanno un problema. Verrebbe, dolcemente, da chiedere loro: avete provato a chiedervi cos’è che vi disturba nel fatto che tutto attorno a voi ci siano persone omosessuali che vivono la vostra stessa vita? Vogliamo parlarne? Cosa vi irrita, esattamente, nell’altrui libertà? “. Non so, magari di trovarci con Soros e Microsoft.
    A voi non vi irrita? Secondo me avete un problema.
    Una citazione finale. Cristina Campo si trasferì a Roma durante il Concilio e post-concilio. Confessò: “Vivere in una Città Santa in tempi di apostasia è infinitamente più atroce che vivere in una cità profana, come è in fondo Firenze”.
    Se vi battete per i diritti dei gay perché ?è di sinistra?... - Blondet & Friends

    Il pannolino gender
    Huggies lancia i prodotti per femminucce e maschietti, anatomicamente differenti in base alle loro esigenze. E fu l'inferno: all'urlo de «i pannolini non devono avere sesso», una petizione contro gli «stereotipi di genere» arriva all'Istituto Autodisciplina Pubblicitaria che avvia la censura dello spot. Siamo alla follia
    di Federica Dato
    Ho la vagina e il seno ma non posso dirlo, devo pensare di avere un pene. Anzi che non esistono né peni né vagine o che tutti hanno tutto. Sono gender. Sono uguale a chi ha il pene, mi insegnano. Appena avrò un minuto libero farò un salto in Regione Lombardia per chiedere a Roberto Maroni di finanziare un corso che m’insegni a urinare in piedi, come riesce a fare un uomo. In alternativa, si può sempre imporre agli uomini di urinare solo da seduti e, se all’aria aperta, accovacciati. Sembrano minuzie ma è tutto, bisogna accontentarsi almeno fino a quando non sarà abolito l’utilizzo di improprie e retrive categorie. Esseri umani, siamo solo questo. I guai verranno quando ci toccherà affrontare le discriminazioni che perpetriamo nei confronti degli animali (che già fanno parte dello stato di famiglia, quindi, signori ci si prepari).



    Che anatomicamente siamo differenti disturba parte degli italiani per cui l’ovvio non è più tale: il video che vedete sopra è la pietra dello scandalo. Huggies ha firmato un prodotto sulla carta intelligente, basato unicamente sull’anatomia dei bimbi: i maschietti hanno il pene, l’assorbente lo mettiamo davanti; le femminucce la vagina, occorre metter “argini” un po’ più giù. E già qui, sulla pagina ufficiale della casa produttrice, gli utenti protestano: «Non mi aspettavo che nel ventunesimo secolo, mentre si cerca di eliminare qualsiasi tipo di classismo basato sul sesso (rosa per bambine e celeste per bambini, […]) si sia creato un pannolino per bambine e per bambini. Un pannolino deve essere semplicemente funzionale e non avere un “sesso”».
    Siamo al pannolino asessuato. L’Huggies è stata costretta a replicare: «Abbiamo lanciato un pannolino con una assorbenza diversa in base all’anatomia dei bimbi. È innegabile infatti che maschietti e femminucce si bagnino in zone diverse ed abbiamo quindi la necessità di un prodotto con un asciutto “su misura”. Il nostro intento infatti non è affatto quello di essere sessisti e il nostro spot non vuole dunque evidenziare stereotipi di genere». Siamo al ridicolo. Il punto, quello che scatena polemiche è quel gioco pubblicitario: Lei penserà a farsi bella, lui a fare goal. Lei cercherà tenerezza, lui avventure. Lei si farà correre dietro, lui invece ti cercherà. Così piccoli e già così diversi.
    E voi direte, vabbé, gente che non ha niente da fare, la questione si chiude qui. Invece no: l’Istituto Autodisciplina Pubblicitaria «ha emesso nei confronti del messaggio pubblicitario in oggetto ingiunzione di desistenza per la violazione degli art. 10 – Convinzioni morali, civili, religiose e dignità della persona – e 11 – Bambini e adolescenti – del Codice di Autodisciplina della Comunicazione Commerciale». In sintesi, la pubblicità verrà censurata, salvo l’azienda all’ultimo non riesca a parare il colpo, ché sottolineerebbe le differenze di genere, sottolineerebbe la presunta dittatura dei ruoli che ha castrato e discriminato le donne sino ad oggi. Una teoria che alle Laure Boldrini nostrane piace un sacco. Le stesse che spesso ammiccano alla guerra alla globalizzazione ma che ci vogliono globalmente identici. E non dite quindi che un uomo è più predisposto fin fisicamente per alcune cose e la donna geneticamente ad altre, ché se glielo spieghi che questo non implica che una donna non possa tentare, fare, avere successo anche nelle strade un tempo ritenute per soli uomini ti dicono che sei serva del sistema (mah?!). Viviamo in un mondo di quote rosa imperanti, dei recinti irrispettosi e svilenti ritenuti moralmente superiori. Quindi, posto che la Huggies ha messo in piedi un’immagine bozzettistica delle due figure, va detto che questa in larga parte è veritiera, non per questione di sessismo imposto tramite sommerso indottrinamento ma perché grazie al cielo i bimbi sono tutti differenti, in assoluto e soprattutto per genere.
    Poi c’è la negazione della verità, cucita intorno a pilastri liberticidi. E noi, tanto per chiarire, lo ribadiamo, l’ovvio: le donne non sono uguali agli uomini (Dio grazie!), gli uomini non sono uguali alle donne, gli omosessuali non sono uguali agli eterosessuali e potremmo andare avanti. La differenza tra noi e chi nega l’ovvio è che noi vogliamo pari dignità e libertà e diritti per tutti. Specie di espressione. Invece la dittatura del politicamente corretto, cieca e insultante come tutte le dittature del pensiero, nega fin le differenze anatomiche. Per sottolineare il livello d’intolleranza, non aggiungiamo altro, basta leggiate la lettera indirizzata ad Huggies e che grazie a 5mila firme ha raggiunto lo IAP che ha così bene fatto il proprio lavoro:
    Noi non riteniamo che la Vostra sia un’azienda da condannare.
    Noi non riteniamo che il Vostro non sia un prodotto valido.
    Noi riteniamo che sia ingiusta l’idea di proporre un pannolino diverso per bambini e bambine.
    Noi riteniamo che sia errato proporre questo concetto cavalcando stereotipi di genere.
    Chiediamo quindi il ritiro della campagna pubblicitaria Huggies Bimbo Bimba.
    Non siamo indignati soltanto dal sessismo, ma dalle aspettative che vengono inculcate a bimbi di tenera età: le bambine “devono” essere belle e passive, i bambini “devono” essere avventurosi e attivi. Ciò è fuorviante per tutti. Non è così che le giovani generazioni devono imparare a rispettarsi reciprocamente.
    Per reagire e sostenere Huggies andate qui, bastano un paio di liberi e intelligenti clic.

    [video] Gender ? Sessismo dei pannolini Huggies: l?autority interviene - Notizie Pro Vita

    La guerra dei pannolini
    di Giuliano Guzzo
    «Lei penserà a farsi bella, lui a fare gol. Lei cercherà tenerezza, lui avventure. Lei si farà correre dietro, lui invece ti cercherà. Così piccoli e già così diversi». E’ il messaggio della nuova pubblicità dei pannolini Huggies, subito stroncata dai maggiordomi del Pensiero Unico come manifesto sessista per il solo fatto di rammentare – con tutti i limiti che comporta un messaggio di appena 30 secondi – l’evidenza primigenia: nasciamo maschi e femmine, dunque «già così diversi». I sostenitori della “inesistente” teoria del gender probabilmente preferirebbero che nascessimo tutti belli asessuati ma purtroppo la Natura, questa ostinata, la pensa diversamente.
    E poiché – com’è costretta ad ammettere anche una come la psicologa Cordelia Fine, che a significative differenze fra maschile e femminile non crede affatto – «finora non esistono ricerche che riconducano il mercato dei giocattoli e dei libri di genere alla successiva discriminazione occupazionale o alla condivisione delle faccende domestiche» (Internazionale, 1049, 1.5.2014, p. 94), è lecito supporre come da uno spot che semplicemente dica «lei penserà a farsi bella, lui a fare gol» non discenderanno discriminazioni, disparità salariali o femminicidi. Detto questo, il fatto che una banale pubblicità di pannolini arrivi a togliere il sonno a certa gente è indicativo del delirio attuale, i cui sintomi abbondano.
    Basti ricordare – in aggiunta a quanto già detto – che poco tempo fa il professor Fabio Sabatini, collaboratore di MicroMega, è stato letteralmente bersagliato di critiche per aver osato pubblicare su internet una foto di sua figlia vestita di rosa (cfr. L’incredibile scandalo della tutina rosa di mia figlia, 4.4.2015): il livello ormai è questo. E se pensi a che velocità il mondo occidentale, in pochi anni appena, è precipitato in una simile follia egualitaria e omologante che astutamente si serve della lotta alle disparità fra uomo e donna per lottare contro la diversità fra maschi e femmine, non puoi fare a meno d’impaurirti di brutto pensando che, non vi fosse un problema di taglie, un pannolino lo indosseresti volentieri.
    La guerra dei pannolini ~ CampariedeMaistre

    Uno sciopero bianco contro il gender a scuola
    di Stefano Magni
    Il Pd ha introdotto un emendamento alla Buona Scuola che prevede l’introduzione dell’insegnamento, obbligatorio ovviamente, dell’educazione alla parità di genere. Di questo La Nuova Bussola Quotidiana aveva già parlato, ma pochi, fra insegnanti e genitori se ne rendono ancora conto. “Chi non è d’accordo pensa sempre che si tratti di una possibilità lontana. Un po’ come l’Isis, per fare un paragone azzardato: lo si pensa sempre come un qualcosa di lontano, di esotico, mentre è già qui. Anche la riforma segreta, che introduce l’ideologia gender come materia obbligatoria, appare lontana, remota, assurda, ma è già, di fatto, nelle nostre classi”. Così ci dice Nicoletta Di Giovanni, dell’associazione Rete Liberale, docente a Rieti in una scuola pubblica, autrice di un appello allo sciopero bianco, destinato a tutti gli “insegnanti liberi e forti, intrappolati dentro il recinto di una istruzione monopolista statale, a vigilare con lo strumento del consenso informato alle famiglie e, se del caso, a resistere come insegnanti obiettori e a battersi anche contro il triste affine ddl Cirinnà”. Ora l’anno scolastico è giunto alla sua ultima settimana, dunque lo sciopero bianco è un’iniziativa che dovrà necessariamente maturare durante l’estate e potrebbe scattare, volontariamente, il prossimo anno scolastico, quando le nuove disposizioni sull’insegnamento del gender a scuola diventeranno realtà. "E comunque - aggiunge Nicoletta Di Giovanni - lo sciopero bianco è da me inteso come una resistenza nel tempo contro una imposizione che si ritiene ingiusta".
    Professoressa Di Giovanni, come nasce l’idea dello sciopero bianco?
    Nasce dal fatto che ho contatti quotidiani con molti professori e genitori e constato che la maggior parte di loro non sa nemmeno dell’esistenza di questo emendamento promosso dal Pd, non realizza che nell’introduzione stessa dell’emendamento troviamo la chiara intenzione di introdurre una rieducazione obbligatoria all’ideologia gender. La prima cosa che intendo fare è: farlo sapere. E spiegare cosa si celi dietro a un linguaggio così edulcorato. Nelle scuole si inizia a percepire una notevole pressione: si introducono libri e manuali gender, linee guida, si è spinti a enfatizzare tutti i temi che riguardano il gender. I miei colleghi non ci credono, ma l’agenzia Unar rilascia comunicati, prepara compendi, con cui diffonde direttive ben precise. Si inseriscono attività para-scolastiche, come le giornate delle differenze, quelle contro i pregiudizi, quelle sull’identità di genere.
    Come è stato accolto l’appello per lo sciopero bianco?
    Lo sciopero bianco è una proposta per l’immediato futuro. Il solo annuncio è stato colto con molta sorpresa, perché la maggioranza dei dissenzienti ha ormai un atteggiamento rassegnato. I colleghi più sindacalizzati sono andati in piazza, vestiti a lutto con un lumino in mano o di rosso vestiti a leggere un libro - a copiare le Sentinelle in Piedi che in tanti ignorano bellamente - per molto meno rispetto a questo scempio della libertà. Adesso, i colleghi più consapevoli sanno che, una volta che queste direttive sul gender entreranno in vigore, avranno una possibilità per dissociarsi. Lo sciopero bianco è una resistenza quotidiana, rispettosa dei regolamenti e della legge, non implica azioni eclatanti, non prevede manifestazioni di piazza, non ferma il lavoro. Si tratta, di fatto, di applicare tutte le regole alla lettera.
    Qual è la reazione dei sindacati?
    I sindacati protestano contro la Buona Scuola per tutt’altri motivi, per le ragioni opposte, solo perché, evidentemente, la riforma va a intaccare qualche loro privilegio. La nostra protesta è antitetica alla loro. Le motivazioni che loro adducono sono quelle di una scuola sempre più pubblica, contro l’autonomia, contro la valutazione professionale. Ovviamente non abbiamo la loro potenza di fuoco mediatica, cerchiamo di fare il possibile con i pochi mezzi che abbiamo, ma remiamo nella direzione opposta. Stiamo anche rispondendo al tam tam “terroristico” sulla scuola diffuso sui social network dai sindacati.
    Come distinguere un’educazione genuina contro la violenza e la discriminazione, da un indottrinamento gender?
    Lo si capisce dal linguaggio e dai contenuti del materiale scritto. Il linguaggio, prima di tutto, che è quello della “lingua di legno” del politicamente corretto. E i contenuti: nei libretti che finora ci hanno proposto, come in quelli dell’Unar, ormai noti, è sempre presente il messaggio che la famiglia non è solo e non è sempre quella con mamma e papà, ma anche quella con due papà, con due mamme, la famiglia multi-colore, il tutto fatto passare come un qualcosa di già acquisito. E i genitori, praticamente, non hanno scelta, perché la scuola è quasi tutta monopolio di Stato. Quindi non ci sarà alcuna possibilità di sottrarsi a questo tipo di educazione. Il problema è che gli insegnanti non se ne rendono conto, pensano che si tratti di un falso allarme, che la protesta eventuale sia una cosa assurda.
    Lei parla a nome di Rete Liberale. Ma spesso il liberalismo è visto come promotore dell’ideologia gender, o no?
    No, è un’accusa che respingo direttamente al mittente. Io seguo il filone del cattolicesimo liberale che va da Rosmini a Don Sturzo fino a Dario Antiseri. Ma comunque non mi interessa neppure l’etichetta, mi interessa combattere contro il genderismo, che è la nuova incarnazione dello statalismo. Prima di tutto intendo difendere la libertà di insegnamento, che con questa riforma ci viene negata. Ma, soprattutto, si deve difendere la famiglia, che è l’ultimo baluardo della società aperta: mutuo soccorso, risparmio, auto-governo. L’ideologia gender tende a sradicare la famiglia e, come la storia insegna, nel tentativo di distruggerla si arriva sempre ad un regime dittatoriale, per il semplice motivo che per negare la natura ci vuole un grande potere, che solo le dittature posseggono grazie alla forza della legge.
    Uno sciopero bianco contro il gender a scuola

    Mistero buffo (quelli che pretendono di governare il mondo…)
    di Antonio Socci
    Cosa si sarebbe detto se Orietta Berti fosse stata chiamata alla Trilateral per discutere con Rockefeller sul futuro del pianeta (ovviamente al di sopra dei governi come si fa in questi Club d’elite)? E come vedreste la convocazione di Pupo al Bildeberg per decidere le sorti del mondo, sempre con buona pace dei popoli e pure degli stati ormai spregiati come enti inutili?
    E il mitico Sim (Stato imperialista delle multinazionali) che veniva evocato dalle Brigate rosse? Immaginate un fantomatico Sim che convocasse Peppino di Capri o DJ Francesco a un summit segreto per governare il globo… Scenari apocalittici, direte voi, o comici, che è lo stesso. Fantacronaca, certo. Ma allora sentite questa.
    L’altro giorno l’Università di Firenze ha invitato a parlare Jovanotti e già qui ci sarebbe da ridere (un professore di diritto costituzionale lo presentava facendo “il giovane” e chiedendo lumi – sul serio! – a Jovanotti sui mutamenti economico-politici nelle grandi dinamiche mondiali degli ultimi quindici anni…).
    Quell’incontro ha scatenato mille polemiche per una banale battuta del cantante sul fatto di lavorare gratis da giovani in estate.
    E’ successo il finimondo per questa inezia, mentre è passata inosservata un’altra cosa, ben più sconcertante (o esilarante, fate voi), che il “ragazzo fortunato” ha raccontato in quell’incontro.
    SEGRETO
    Ecco le sue parole. “Mi è successa una cosa… sono stato a un summit segret… ehm, privato, molto, molto esclusivo organizzato da una delle più grandi aziende del mondo, un’azienda di internet”. E già qui ci sono ingredienti piccanti: la segretezza, le multinazionali… Ovviamente il simpatico ragazzone di Cortona si rende conto di sputtanare un po’ la “riservatezza” degli organizzatori, ma la fregola di dire "io c’ero" in quell"ombelico del mondo" è irresistibile. E dunque vai col racconto, come al bar…
    “In questo summit” rivela il nostro “c’erano quelli che, secondo loro, erano le 80 persone più importanti del pianeta per quanto riguarda il futuro. Adesso io non posso parlare liberamente di questa cosa qui perché era – si dice – ‘off the record’, ovvero era un incontro a porte chiuse senza nemmeno la connessione internet che – voi direte – per un’azienda internet… però di fatto è stato molto interessante”.
    A questo punto, incerti se preoccuparvi o sghignazzare, vi chiederete: Jovanotti fra le 80 persone più importanti del pianeta? Al nostro campione non sfugge il lato comico della cosa e previene la domanda.
    “Vi domanderete anche: e tu che c’entravi fra quelle 80 persone? E’ una domanda intelligente, io me la sono fatta per primo. Il punto è che siccome questa cosa avveniva in Italia loro avevano piacere di avere un personaggio della cultura popolare, pop italiana avanzata, secondo loro…”.
    Tornerò su questa curiosa risposta. Ma il bello viene ora. Sentite chi c’era e immaginate la scena…
    “La cosa interessante di questo incontro che è durato quattro giorni” riprende Jovanotti “è che c’erano Premi Nobel, c’erano amministratori delegati di grandissime multinazionali, farmaceutiche, tecnologiche, ingegneri, c’erano addirittura attivisti per i diritti umani, femministe, il più grande skater del mondo, Tony Hawk, alcuni di voi lo conosceranno… c’erano surfisti… Non c’era un politico, neanche uno! C’era il capo della Banca Mondiale…”.
    Se finora avete considerato Jovanotti con scherno siete sistemati: non ci avete capito niente. Sta fra i giganti del pensiero mondiale, insieme a Tony Hawk e ai surfisti.
    DECISORI
    Ma non vi sarà sfuggito un passaggio: non c’erano politici. Interessante è la spiegazione che è stata data. Che Jovanotti spiattella candidamente. “Perché non c’erano i politici? lo l’ho domandata questa cosa: ‘Perché non servono’, hanno detto loro. Nel senso che in questo ambito la politica non è importante: ‘Noi qui si decidono le cose’. Le cose si decidono non più a livello politico, la visione non è più politica”.
    A questo punto Jovanotti – che negli anni Ottanta, da rapper e disc jockey, era considerato un simpatico cazzaro, e dopo si reinventò come attivista noglobal, cioè cazzaro moralista – si rende conto che sta dicendo un’enormità, perché un mondo dove a “decidere” sono dei circoli “segreti” e la democrazia rappresentativa è considerata una vecchia ciabatta da buttare, non è molto allettante…
    Così aggiunge cautamente: “Questo è drammatico eh, non sto dicendo… e poi non è che farò un balletto su questo tavolo per festeggiare questa cosa, ma la situazione è questa. Nel senso che la politica amministra questa situazione, ma le scelte non le fa la politica, non le fa più la politica. Una volta le faceva solo la politica, poi a un certo punto le ha fatte insieme a… a… e poi non le ha fatte più, perché la politica cerca consenso e cercando consenso sbagli sempre. Se tu cerchi consenso sbagli sempre”.
    Ecco come, in quel raffinato summit, si è motivata la rottamazione della politica, cioè della democrazia: siccome i politici devono rispondere alla gente, non servono, sono dannosi, vanno esautorati. Jovanotti non sembra scandalizzato di quello che ha sentito, anzi sembra far suo quel ragionamento, perché spiega: “Se tu vuoi ottenere la benevolenza di qualcuno devi dargli una gratificazione immediata e la gratificazione immediata è quasi sempre un errore (…). Quindi la politica la fanno altri, grazie al cielo la fanno altri… “.
    Grazie al cielo? Altri chi? Quella bella gente? Gli illuminati? Gli economisti? Gli artisti? Gli amministratori delegati? I contadini biologici? I cantanti? I surfisti? I banchieri? Le multinazionali di internet? E perché in segreto?
    INQUIETANTE ?
    Ecco la sua conclusione: “lo in quei quattro giorni, ascoltando questa gente parlare, sono uscito entusiasta, entusiasta per il fatto che comunque le cose si possono fare… Quello che era interessante lì era chiedersi: e l’Italia? Che facciamo noi dentro questa roba qua? Chi siamo noi? Non c’erano molti italiani… c’ero io e se mi trovavo lì un motivo c’era”.
    Si potrebbe riderne. Un tempo alla Trilateral di italiani c’era Gianni Agnelli, poi è arrivato il Bildeberg e hanno invitato Lilli Gruber e Gianni Riotta. Oggi i nuovi poteri forti convocano Jovanotti. Al prossimo summit segreto chiameranno Ficarra e Picone per rappresentare l’Italia?
    La cosa non è così surreale come sembra. Ha un lato comico e uno inquietante. Perché in certi attici del potere mondiale pensano davvero che la democrazia sia un ingombrante ferrovecchio, dannoso ai loro interessi, e sanno bene che le vere rivoluzioni (che sono pure le più redditizie) sono quelle del costume e che per realizzarle è molto più utile la star del rock, l’attore o lo sportivo, che i politici e i governi.
    Basti vedere come è stato imposto nel mondo l’incredibile dogma ideologico del gender, inimmaginabile fino a dieci anni fa. Un pensiero unico, come una marea montante improvvisa, che – dall’Onu alla Casa Bianca – è stato imposto attraverso i media e i “personaggi” che fanno moda e opinione. E i politici e i governi si devono adeguare. Seguono ed eseguono.
    In questo circo è utilissima anche la “grande chiesa” di Jovanotti, quella “che passa da Che Guevara e arriva fino a Madre Teresa, passando da Malcom X attraverso Gandhi ec ec”. Pure i noglobal fanno gioco. Tutti recitano la parte assegnata nel gran teatro del mondo moderno che deve demolire “il vecchio mondo”. Ma sono le multinazionali a fare la regia. E la fanno – chissà perché – a porte chiuse…
    Allora, avete capito bene? Un summit segreto, con le personalità più importanti del pianeta, dove dei Premi Nobel, dei tecnocrati delle grandi multinazionali e il capo della Banca Mondiale “decidono” il futuro del mondo con Jovanotti, con Tony Hawk, lo skateboarder americano (quello che fa le evoluzioni su una rampa con la tavoletta a rotelle), poi con – non meglio identificati – surfisti e con femministe e attivisti dei diritti umani (che oggi vuol dire tutto e niente).
    Mistero buffo (quelli che pretendono di governare il mondo?) » Rassegna Stampa Cattolica

    Perchè lo hanno invitato?
    Perchè Jovanotti già venti anni fa aveva creato il grande inno celebrativo del mondialismo multietnicista e multirazzialista.....



    Questo è l'ombelico del mondo
    dove si incontrano facce strane di una bellezza un po' disarmante
    pelle di ebano di un padre indigeno e occhi smeraldo come il diamante
    facce meticce da razze nuove come il millennio che sta arrivando
    questo è l'ombelico del mondo e noi stiamo già ballando
    questo è l'ombelico del mondo.
    questo è l'ombelico del mondo dove non si sa dove si va a finire
    e risalendo dentro se stessi alla sorgente del respirare
    è qui che si incontrano uomini nudi con un bagaglio di fantasia
    questo è l'ombelico del mondo senti che sale questa energia
    questo è l'ombelico del mondo.
    questo è l'ombelico del mondo è qui che c'è il pozzo dell'immaginazione
    dove convergono le esperienze e si trasformano in espressione
    dove la vita si fa preziosa e il nostro amore diventa azioni
    dove le regole non esistono esistono solo le eccezioni
    questo è l'ombelico del mondo.
    questo è l'ombelico del mondo è qui che nasce l'energia
    centro nevralgico dell'universo da qui che parte ogni nuova via
    dalle province del grande impero sento una voce che si sta alzando
    questo è l'ombelico del mondo e noi stiamo già ballando
    questo è l'ombelico del mondo.

  6. #126
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    Predefinito Re: Il deserto avanza

    Che cosa farai quando non potrai più comprare o vendere senza l’identificazione biometrica?
    In alcune zone del mondo i sistemi di pagamento che richiedono la scansione del palmo della mano o la scansione del volto sono già in fase di test. Siamo entrati in un’era in cui la sicurezza biometrica è stata salutata come la “soluzione” per i metodi di sicurezza antiquati del passato. Ci viene promesso che i problemi costanti che gli hacker stanno causando con le nostre carte di credito, conti bancari, bancomat e le password di Internet saranno tutte superate una volta che si passa alla identificazione biometrica. E senza dubbio, abbiamo enormi problemi di sicurezza che devono essere affrontati.
    Ma si vuole veramente una macchina per leggere il viso o la mano prima di essere in grado di comprare qualsiasi cosa, vendere qualcosa o accedere a Internet? Vuoi davvero “il sistema” per essere in grado di sapere dove sei, cosa si sta comprando e che cosa si sta facendo praticamente in tutti i tempi? Sistemi di sicurezza biometrici vengono promossi come “cool” e “all’avanguardia“, ma c’è anche potenzialmente un lato molto scuro di loro che non dovrebbe essere ignorato.
    In questi giorni e tempi, il furto di identità è diventato un problema gigantesco. Essere in grado di confermare che siete chi dite di essere è un grosso problema. Per molti, la sicurezza biometrica presenta una soluzione molto interessante per questo problema. Ad esempio, quanto segue è un breve estratto da un recente articolo di Fox News intitolato ”sicurezza biometrica non può venire abbastanza presto per alcune persone“…
    In un mondo dove quasi ogni ATM utilizza un sistema operativo senza alcun supporto tecnico, dove un bug può obbligare ogni utente di Internet a modificare la password in ogni account che abbiano mai posseduto durante la notte, in cui i cyber-attacchi e il furto di identità crescono sempre più minacciosi ogni giorno, la possibilità di usare la voce, il dito, il tuo viso o una combinazione dei tre per accedere al tuo indirizzo e-mail, il tuo feed social media o il vostro conto corrente consente di garantire che è molto difficile per qualcun altro fingere che siete voi.
    Quasi tutti vorrebbero avere più protetta e sicura la propria identità. Nessuno in realtà vuole che i propri conti bancari vengano compromessi o le loro password Internet rubate. Ma c’è un prezzo da pagare per l’adozione della identificazione biometrica. Il tuo viso o la mano saranno utilizzati per monitorarti costantemente e tenere traccia di tutto ciò che fate in qualsiasi luogo del mondo in cui tu vada.
    Ecco alcuni esempi citati dall’articolo di Fox News …
    Venerdì, abbiamo fatto di Ryan la persona più verificata di Brooklyn.
    “Verified“, un dispositivo fingerprint di riconoscimento ha squillato appena dopo che Ryan ha messo il suo dito sul lettore.
    “Verified“, un dispositivo di riconoscimento facciale, ha identificato Ryan dopo la scansione del suo volto.
    Ryan lavora presso la sede americana per FingerTec, una società malese di sostituzione dei PIN, i nomi utente e le password digitate con le dita e i volti non hanno bisogno di essere memorizzate. “Non è possibile copiare le impronte digitali di una persona a meno che non si tagli fuori l’impronta“, ha detto Ryan “, ma non avrebbe funzionato perché deve essere attaccata ad una mano.”
    Per ora, la sicurezza biometrica non è d’obbligo per la gente. Se si vuole evitare di usarlo, ora, è possibile. Ma alla fine, una volta che è stato adottato in modo capillare, le banche e le agenzie governative inizieranno a richiedere l’obbligatorietà. Ed è facile immaginare un giorno in cui nessuno di noi sarà più in grado di acquistare o vendere qualsiasi cosa senza la presentazione della identificazione biometrica. Infatti, un “metodo di pagamento alternativo” che coinvolge la scansione della mano è già in fase di test nel sud della Svezia …La scansione a mano è diventato un metodo di pagamento alternativo per le persone in una città nel sud della Svezia, hanno affermato ricercatoridella Lund University. Terminali di scansione Vein sono stati installati in 15 negozi e ristoranti a Lund, grazie a uno studente di ingegneria a cui venne in mente questa idea due anni fa durante l’attesa per pagare in fila. Circa 1.600 persone si sono già iscritte già al sistema, che il suo creatore dice che, non è solo veloce, ma anche più sicura rispetto ai metodi di pagamento tradizionali. “Ogni individuo ha una impronta completamente unica, quindi non c’è davvero alcun modo di commettere frodi con questo sistema“, ha affermato il ricercatore Fredrik Leifland in un documento. “Hai sempre bisogno di una mano per la scansione di un pagamento di passare oltre.”
    Ma prima che sia usata l’identificazione biometrica per i sistemi di pagamento, ci saranno probabilmente modi di vederlo implementato in un sacco di altri modi. Ad esempio, gli scanner biometrici vengono già utilizzati in sale da pranzo nei campus universitari in tutta l’America …Lettori della geometria della mano sono abbastanza comuni nei campus da anni, ma le distribuzioni più recenti stanno sfruttando le impronte digitali e perfino la biometria dell’iride per collegare gli studenti alle transazioni. L’accesso fisico è attuato tramite l’applicazione biometrica segno distintivo, e la tecnologia sta guadagnando popolarità nel settore alimentare e in altri settori per accelerare le operazioni.
    Lo stigma sociale legato alla biometria viene via via superata, dagli studenti, che acquistano sempre confidenza trovandosi sempre più a loro agio con la tecnologia, dice Brian Adoff, vice presidente esecutivo di NuVision. L’inclusione di un lettore di impronte digitali su l’ultimo iPhone è solo una indicazione del progresso fatto dalle nuove generazioni a cui sta bene la biometria.
    “Gli amministratori hanno una maggiore paura della tecnologia rispetto agli studenti“, dice Bob Lemley, direttore dello sviluppo software presso il CBORD Group. “Gli studenti stanno crescendo assieme alla tecnologia in tal modo non pensano e non ne sono disturbati da essa, tanto quanto invece lo è per le generazioni più anziane.”
    Alla Georgia Southern University si può testimoniare questo fatto. La scuola ha installato degli iris biometrici in una sala da pranzo e solo due studenti su 5.400 si sono rifiutati di iscriversi, dice Richard Wynn, direttore della Eagle Card Program dell’università. I giovani tendono ad essere meno allarmati da questa tecnologia, in modo che vengono spinti e abituati. Si può credere, che gli scanner biometrici stanno per essere utilizzati anche al parco divertimenti Six Flags …Un nuovo sistema di scansione al Six Flags suona come se fosse già presente il futuro, lo scanner biometrico mira a rendere più rapidi gli ingressi per i possessori di skipass stagionali. Quando gli ospiti arrivano davanti al cancello per la prima volta nella stagione, e presentano il loro ticket uno scanner elabora un’immagine del loro impronte digitali, l’assegnazione di un unico insieme di numeri che vengono utilizzati per convalidare la carta del titolare al passaggio di ogni visita. La prima visita dovrebbe prendere solo circa 20 secondi per impostare la carta, in contrasto con il tempo aggiuntivo di scattare una fotografia e ottenere stampa sulla carta, secondo la portavoce Elizabeth Gotway.
    Questo tipo di impostazione mi ricorda le nuove “MagicBands” a parchi Disney di cui ho scritto in precedenza. Avete probabilmente visto gli spot televisivi che le caratterizzano. Disney sembra pensare che i genitori e i bambini avranno problemi indossando dispositivi di localizzazione RFID che permettono loro di comprare roba e monitorare ovunque vadano
    Questa tecnologia sta per essere diffusa ovunque, e sarà sempre più difficile da evitare. Ed è facile immaginare cosa un governo tirannico potrebbe fare con questo tipo di tecnologia. Se volesse, potrebbe usarlo per tracciare letteralmente i movimenti e il comportamento di ognuno.
    Stiamo già iniziando a vedere la creazione di enormi banche dati biometriche. Uno di questi è database di riconoscimento facciale dell’FBI che è una parte del loro programma “Next Generation Identification“. E’ in fase di proiezione, l’FBI avrà compilato 52 milioni delle nostre “immagini dei volti” entro il 2015 . Dato il tempo, alla fine sono sicuro che avranno tutti i nostri volti nei loro computer. E un giorno, questo tipo di tecnologia sarà probabilmente così pervasiva che non si sarà più in grado di aprire un conto in banca, ottenere una carta di credito o addirittura comprare qualsiasi cosa senza la lettura della tua mano o del tuo volto da una prima scansione.
    Quando quel giorno arriverà, cosa farai?
    Questo è qualcosa a cui pensare.
    Che cosa farai quando non potrai più comprare o vendere senza l?identificazione biometrica? | Informare per Resistere

    Selfie, giochi online e social network: vizi a volte letali
    L'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) si appresta a classificare la dipendenza da internet nella categoria dei disturbi mentali.
    In particolare si tratta di selfie, giochi online, social network, sms e chat. Una volta che finiranno nell'elenco delle malattie, potranno essere trattati con terapie e psicofarmaci. Potrebbe avvenire nel 2017, quando l'OMS adotterà una nuova classificazione internazionale delle malattie: ICD-11.
    Proprio la voglia di divertirsi porta la gente alla schiavitù di internet. Non c'è da stupirsi che gli esperti già mettono la dipendenza da internet allo stesso livello della tossicodipendenza e dell'alcolismo. L'evidente somiglianza consiste nel fatto che un individuo non si ritiene assuefatto e pensa di poter smettere in qualsiasi momento, ma in realtà sprofonda sempre più nel baratro.
    I medici hanno individuato le più gravi dipendenze. In primo luogo c'è tutto quello associato con la sfera sessuale. Secondo le statistiche mondiali, oggi prova problemi in amore mediamente una persona su dieci in tutto il mondo. Non riuscendo a risolvere i problemi nella vita reale, la gente trova sfogo nella ricerca dei siti porno o di partner sessuali virtuali. Gli psicologi russi affermano che le istanze pornografiche nei motori di ricerca occupano il 70% delle richieste negli uomini e il 38% nelle donne.
    Molte persone non riescono a costruire rapporti normali con gli altri, ma sono disposti a trascorrere ore e giorni sui social network. Gli psicologi sottolineano che una delle caratteristiche di questo comportamento è il desiderio di un singolo di correggere gli errori della sua vita reale, pertanto c'è molta gente nei social network che interagisce con account e storie fake. Come coloro che sono interessati ai giochi online, scegliendo modelli di rapinatori di banche o soldati di ventura. Particolarmente pericolosi sono questi passatempo per gli adolescenti e i giovani: l'ossessione di continuare a vincere nel computer, nella vita reale può degenerare in un comportamento inappropriato.
    Nell'elenco delle dipendenze pericolose da internet sono finiti i selfie e la corrispondenza tramite sms. Nel tentativo di scambiare continuamente messaggi brevi, gli esperti vedono il desiderio di un soggetto nel mantenere il senso di sicurezza e nel dimostrare costantemente a sé stesso che gli altri hanno bisogno di lui e di essere richiesto dalla società.
    Per quanto riguarda i selfie, l'evidenza dei suoi pericoli giunge costantemente. Un'americana ha avuto il tempo di truccarsi e persino pubblicare le immagini prima che la sua auto si schiantasse contro un camion della spazzatura. Un'altra era talmente compiaciuta nel fotografarsi durante un sorpasso, che non ha notato il furgone che sopraggiungeva. Uno spagnolo, alzatosi in piedi sul tetto della piattaforma della stazione ferroviaria per fotografarsi, è rimasto impigliato in un traliccio prendendo una scossa elettrica fatale. Un messicano voleva piacere alle ragazze. Il suo selfie con una pistola alla tempia è stato l'ultimo tentativo di stupire. Uccide il selfie, in bagno e sul bordo della scogliera, sul parapetto del balcone e con un'arma in mano. Il desiderio di essere al centro dell'attenzione offusca il senso dell'auto-conservazione.
    Tutti erano rimasti allietati quando nel 2013 il neologismo "selfie" divenne la parola dell'anno secondo il dizionario di Oxford. Allora gli autori dissero che questa parola aveva dato un contributo significativo allo sviluppo della lingua inglese. Inoltre sapevano che avrebbe dato un contributo anche al mondo della psichiatria. Anche se il primo avvertimento arrivò subito: un americano pubblicò nei social network un selfie dal funerale di sua nonna. In Russia "selfie" occasionalmente viene tradotto come "auto flagello".
    Selfie, giochi online e social network: vizi a volte letali / Sputnik Italia - Notizie, ?pinioni

    Senza decenza e senza rispetto
    Un significativo fatto di cronaca che mostra ancora una volta a quale livello di decadenza sia precipitato l’uomo contemporaneo, divenuto un decerebrato incapace di comprendere e rispettare qualunque principio che vada oltre il proprio ridicolo orizzonte, fatto di piaceri, divertimenti, risate, stordimenti, social network e così via. L’onore, la fedeltà, il sacrificio, il senso di dedizione verso una causa percepita come superiore, verso la propria storia, la propria stirpe, sono concetti totalmente estranei al vocabolario dei tanti fantocci di oggi. Non ha importanza cosa si possa pensare degli Inglesi, della loro storia e della loro Casa Reale, poiché l’accaduto ha un valore paradigmatico in sé: un turista orientale, all’esterno del castello di Windsor, ha irriso una delle guardia reali in marcia, affiancandolo in modo irriverente, ridacchiando come un idiota e poggiandogli infine una mano sulla spalla, mentre gli “amici” riprendevano tutto con l’immancabile smartphone. Il militare, irritato, si è voltato di scatto e, gridando con sincera veemenza: “Stai lontano dalla guardia della Regina!”, ha rivolto il fucile contro il turista. Nel video della scena, prontamente in circolazione su Internet, si ascoltano poi in sottofondo le risa altrettanto idiote dei suddetti “amici” del pezzente di turno.
    Si prova un senso di infinita vergogna per la totale mancanza di rispetto verso un milite dedito alla propria causa, verso il significato rituale e simbolico di ogni suo gesto, di ogni suo passo, di ogni sua postura, sotto il sole cocente come sotto la pioggia. La sua reazione dimostra quanto sia ancora forte questo spirito di ancestrale dedizione in alcuni corpi militari, e quanto tutto questo non possa più essere compreso dalle menti atrofizzate degli zombie di oggi. Ma questo è solo un altro dei tanti aspetti inqualificabili legati alla totale perdita di orientamento spirituale delle generazioni attuali.
    Senza decenza e senza rispetto | Azione Tradizionale

    Il "metodo Barilla" funziona e ha fatto scuola La dittatura gender comincia dai pannolini
    di Tommaso Scandroglio
    Ne avevamo dato notizia qualche giorno fa da queste colonne. La Huggies, multinazionale per i prodotti dell’infanzia, aveva diffuso in Tv uno spot dove si diceva che un bambino e una bambina sono diversi non solo dentro il pannolino, ma anche per carattere, giochi e interessi. Partì una campagna per far cancellare lo spot ritenuto sessista. Questo il testo della lettera aperta alla Huggies da firmare: «Noi non riteniamo che la Vostra sia un'azienda da condannare. Noi non riteniamo che il Vostro non sia un prodotto valido. Noi non riteniamo che sia ingiusta l'idea di proporre un pannolino diverso per bambini e bambine. Noi riteniamo che sia errato proporre questo concetto cavalcando stereotipi di genere. Chiediamo quindi il ritiro della campagna pubblicitaria Huggies Bimbo Bimba. Non siamo indignati soltanto dal sessismo, ma dalle aspettative che vengono inculcate a bimb* di tenera età: le bambine “devono” essere belle e passive, i bambini “devono” essere avventurosi e attivi. Ciò è fuorviante per tutti. Non è così che le giovani generazioni devono imparare a rispettarsi reciprocamente». Quando l’ideologia gender si mischia ad orina e feci.
    Un nota bene per il lettore digiuno dai vezzi del vocabolario gender. L’asterisco presente nella lettera non è un nostro refuso, ma un ossequio del nuovo idioma Lgbt all’egualitarismo sessuale. Un modo per non offendere alcun sesso, ma solo per offendere la lingua italiana e il buon senso. Torniamo allo spot. Scese in campo anche Massimo Guastini, presidente Art Directors Club Italiano: «questo spot», affermò Guastini, «assimila diversità anatomiche innegabili a differenze che non sono né anatomiche né genetiche, e per di più sono del tutto irrilevanti rispetto alla funzione dei pannolini». Come se le pubblicità non usassero a ogni piè sospinto dell’analogia tra animali, cose, situazioni atmosferiche, caratteri della persona, etc e prodotto da vendere. L’azienda fu anche colpita da un’ingiunzione emanata dall’Istituto di Autodisciplina Pubblicitaria perché la pubblicità violava gli articoli del Codice di Autodisciplina della Comunicazione Commerciale su “Convinzioni morali, civili, religiose e dignità della persona” e su “Bambini e adolescenza”. In un passaggio dell’ingiunzione così si può leggere: «Le diverse necessità, a livello fisico, di raccolta della pipì per bambini e bambine vengono estese ai desideri futuri dei protagonisti, inquadrati semplicisticamente e manifestati in stereotipi di genere».
    In meno di due settimane la Huggies ha cambiato lo spot a seguito della decisione dell’Istituto di Autodisciplina che il primo luglio scorso ha così reso noto: «Non essendo pervenuta dalle parti interessate alcuna opposizione, il provvedimento ha acquistato efficacia di decisione e pertanto la pubblicità dichiarata non conforme al Codice di Autodisciplina della Comunicazione Commerciale non dovrà essere più diffusa». Ovviamente tacciamo sulle milionate di spot offensivi per le donne, la religione, l’infanzia che non ricevono dal suddetto istituto un decimo dell’attenzione dedicata invece al caso Huggies. Ora ci sostituiamo alla Settimana Enigmistica e vi proponiamo questo giochino. Trovate le differenze tra il testo del primo spot e quello candeggiato dalla teoria del gender. Due settimane fa la voce fuori campo così commentava i giochi da maschietto e da femminuccia che si potevano vedere nello spot: «Lei penserà a farsi bella, lui a fare goal. Lei cercherà tenerezza, lui avventure. Lei si farà correre dietro, lui invece ti cercherà. Così piccoli e già così diversi». Oggi il video è stato tagliato nella parte in cui lui e lei si dedicavano ad attività sessiste ed è rimasta solo la parte in cui i piccoli sgambettano verso la mamma. La voce fuori campo così ora compita diligentemente: «I miei bambini hanno tante cose in comune, ma quando fanno la pipi una differenza c'è. E allora perché usare gli stessi pannolini?».
    La soluzione del “Trovate le differenze” – gioco della Settimana Enigmistica anche lui a rischio di purga omosessualista perché discriminatorio – è la seguente. Nel secondo spot si dice esattamente l’opposto del primo. Nella prima versione tutto si incardinava sul principio delle diversità: se maschi e femmina sono diversi caratterialmente figurarsi anatomicamente. Ora invece si dice che «hanno tante cose in comune», cioè che maschi e femmine sono uguali eccetto per ciò che si trova tre le gambette. Ma a breve anche lì qualche provvedimento per livellare le differenze si dovrà pur prendere. Se cercate il vecchio spot su Youtube è fatica sprecata perché la Huggies lo ha rimosso. I libri e i video contro il regime vanno messi all’indice e bruciati. Così come avvenne nella notte tra il 9 e il 10 novembre del 1938 – la famigerata notte dei cristalli – in cui vennero arsi migliaia di libri invisi al nazismo.
    Nulla è valsa la raccolta firme promossa da CitizenGo affinchè il vecchio spot continuasse a comparire in Tv, raccolta che aveva superato di gran lunga quella promossa dalla signora Elli Sensi Pecora, la quale, alla notizia che lo spot sarebbe stato ritirato, così ha esultato: “GRAZIE A TUTT* !!!” (non è barese ma genderese). La prima infatti aveva raccolto più di 30.500 adesioni, la seconda solo 6.752. Quasi cinque volte tanto. I risultati di referendum e sondaggi sono da prendere in considerazione solo quando portano acqua al proprio mulino e poco importa che l’acqua sia torbida. In breve, la Huggies – tanto per rimanere in tema - se l’è fatta addosso, né più né meno come è accaduto all’imprenditore Barilla qualche tempo fa. Il canovaccio è sempre lo stesso. Qualcuno in modo ingenuo afferma che il cerchio è tondo, insorgono poi dei bizzarri geometri amanti del quadrato che sostengono che non è vero e segue infine la rettifica: «Annunciamo con gioia che il cerchio se vuole può avere degli angoli e ci batteremo d’ora in poi perché tutti i cerchi del mondo non siano disegnati in modo perfettamente circolare».
    La dittatura gender comincia dai pannolini

    USA: PROFESSORE PIONIERE DEI “GENDER STUDIES” ARRESTATO PER PEDOFILIA
    Maurizio Spezia
    Walter Lee Williams, nato il 3 novembre 1948, era professore di Antropologia, Storia e Gender Studies alla University of South California. E’ stato un pioniere nel campo degli studi di genere e gode di una grande esperienza nel campo dell’attivismo per i diritti umani.
    Quando era studente ad Atlanta negli anni Sessanta amava e si lasciava ispirare dalle idee di Martin Luther King e dalla sua lotta per i diritti civili. Nel 1968 passò all’attivismo gay grazie alla campagna di Anita Bryant, per Save the Children. Williams si distinse in particolare per il lavoro svolto con la comunità lesbo-gay di Atlanta. Successivamente, da antropologo, Il suo interesse per le tribù dei nativi americani lo ha portato a viaggiare molto e una delle sue aree di studio e specializzazione è diventata “La sessualità nel Pacifico del Sud”.
    Williams fa parte di un’organizzazione religiosa conosciuta a Los Angeles col nome di “Buddhist Universal Association”, la quale è stata definita dalla FBI come un gruppo la cui ideologia è connotata da “una libertà sessuale estrema”. Durante le indagini sulle pratiche della setta, la FBI ha scoperto che molti membri, pur avendo fatto voto di celibato, potevano avere ugualmente rapporti sessuali con ragazzi giovani.
    Con la scusa della ricerca accademica si è recato più volte nel Sud Est asiatico e stando a quanto hanno riferito i procuratori federali, l’insigne professore usava quei viaggi per fare sesso con ragazzi minorenni. Gli investigatori sono convinti che le sue vittime siano state almeno 10, di età compresa tra i 9 e i 17 anni.
    Stando alla sentenza del tribunale, Williams, nel 2010, teneva delle sessioni di sesso via webcam con due ragazzini di 13 e 14 anni residenti nelle Filippine. L’anno successivo, si è recato nel loro paese per fare sesso con entrambi e con un ragazzo quindicenne. Al tempo, l’uomo aveva 62 anni. I documenti dimostrano che, mentre era lì, ha anche avuto contatti sessuali con altri tre sedicenni.
    Quando l’11 febbraio 2011 ritornò all’aeroporto internazionale di Los Angeles, fu “intercettato” e gli venne trovato addosso del materiale pedo-pornografico. Il professore se ne andò da Los Angeles una settimana dopo l’interrogatorio della FBI.
    Un anno fa, un avvocato ha portato alla FBI del materiale video che Williams aveva donato a “ONE – National Gay and Lesbian Archives” e nel quale – stando alle informazioni fornite dal tribunale – vi erano “lascive rappresentazioni visuali di minori”. Immagini simili a quelle rinvenute dalla FBI a casa di Williams dopo una perquisizione.
    Tra i riconoscimenti accademici di Williams si conta anche un USC General Education Outstanding Teacher Award, conseguito nel 2006.
    Pensate un po’!
    Ci sono quelli di sinistra che vorrebbero dargli il premio Outstanding Teacher per il 2014. Lui continua ad essere una guida per il movimento “spacca patriarcato” di sinistra. Lui è ancora, nonostante tutto, un eroe.
    USA: professore pioniere dei "gender studies" arrestato per pedofilia | Lo Sai



    C'è un giudice in Friuli: no al registro delle nozze gay
    di Simona Muzzo
    Quel giudice di Berlino di brechtiana memoria è arrivato in Italia. Il Tar del Friuli Venezia Giulia, con sentenza 21 maggio 2015, ha finalmente detto ciò che nessun altro giudice fino ad oggi aveva avuto il coraggio (l’onestà giuridica?) di affermare: la trascrizione del matrimonio same sex nell’ordinamento italiano da parte del sindaco è illegittima e contraria alla legge. Un revirement giudiziario importantissimo che “sanziona” il comportamento nella specie, del sindaco di Udine, ma in generale di tutta quella schiera sempre più numerosa di sindaci italiani che, unilateralmente e in spregio alla normativa vigente, hanno trascritto i matrimoni contratti all’estero da coppie omosessuali.
    Molti ricorderanno il caso del Tribunale di Grosseto il quale, nonostante l’annullamento da parte della Corte di Appello di Firenze di un primo decreto circa la trascrivibilità di quel tipo di matrimonio, lo scorso febbraio ha ribadito la legittimità della trascrizione sul presupposto che nessuna norma italiana stabilisce che persone dello stesso sesso non possano sposarsi (quali sono invece le norme che dicono il contrario?) Poiché «non può desumersi un divieto in tal senso nello spirito costituzionale» dato che «il richiamo ai diritti della famiglia come “società naturale” non può certamente essere riferita a medievali e discriminatorie concezioni secondo cui l’unione omosessuale sarebbe “contro natura”», secondo i giudici di Grosseto, il rifiuto di trascrizione del matrimonio «alla luce del quadro normativo» esistente (sic!) integrerebbe una «discriminazione basata sull’orientamento sessuale».
    Ben noto è anche il duro braccio di ferro che ne è seguito tra sindaci e prefetti e che ha visto questi ultimi annullare d’imperio le trascrizioni, giusta circolare n.10863 del 07.10.2014 del ministero dell’Interno. Da lì hanno preso il via i ricorsi ai Tribunali Amministrativi Regionali per ottenere la declaratoria di nullità/annullamento dei provvedimenti prefettizi. È questo il caso affrontato dal Tar Friuli Venezia Giulia in commento. Una cittadina italiana residente in Belgio, iscritta all’anagrafe del comune di Udine, impugna il provvedimento con cui il prefetto ha annullato la trascrizione del suo matrimonio same sex. Si costituisce in giudizio anche il Comune avallando la tesi della signora. Ma il Tar non solo lo estromette dal giudizio asserendo che l’interesse dell’Ente «può essere di tipo ideologico, politico o di altro genere, ma non certo giuridicamente apprezzabile», ma addirittura trasmette gli atti alla Procura regionale della Corte dei Conti perché intervenga in ordine ai costi legali (€1.459,12) sostenuti e posti a carico del bilancio comunale e quindi del contribuente.
    Passando al merito della questione, i giudici ritengono che per valutare la legittimità o meno del provvedimento del prefetto è necessario preventivamente accertare se in Italia è possibile trascrivere un matrimonio omosessuale. E qui cade l’asino! Perché il Tar, richiamando alcune fondamentali sentenze (Corte Costituzionale n.138/2010, Corte di Cassazione nn. 4184/2012 e 2400/2015) afferma che «nell’attuale quadro normativo e costituzionale in Italia non è consentita la celebrazione del matrimonio tra persone dello stesso sesso e nemmeno la trascrizione di un analogo matrimonio contratto all’estero». Con la conseguenza che, in base al fondamentale principio di legalità secondo cui «tutti gli atti formati dalla pubblica amministrazione, ivi compresa la trascrizione di un matrimonio celebrato all’estero, devono risultare conformi alla legge», nonché alla luce dell'art. 97 della Costituzione, le trascrizioni dei matrimoni omosessuali «devono essere rimossi dall’ordinamento o su istanza del privato ovvero su iniziativa della stessa amministrazione in via di autotutela». E la chiosa del Tribunale è a dir poco lapidaria: «tale principio peraltro deve ritenersi sussistente anche a livello europeo, in quanto discende direttamente dal principio di legalità». Insomma, basta appellarsi sempre e comunque alla normativa sovranazionale per giustificare tutto e il contrario di tutto!
    Ma non finisce qui. Il collegio va oltre, sottolineando che la nostra Costituzione prevede la divisione dei poteri, per cui spetta esclusivamente al Parlamento decidere con legge il riconoscimento nel nostro ordinamento dei matrimoni omosessuali. Ne deriva che «non spetta né al sindaco, né all’autorità giudiziaria ordinaria o amministrativa e – allo stato - nemmeno alla Corte costituzionale, alla Corte di giustizia europea o alla Corte europea dei diritti dell’uomo, procedere in via surrettizia o suppletiva a tale riconoscimento, perché ciò costituirebbe un evidente vulnus al sistema democratico nel suo insieme».
    Se dunque il provvedimento prefettizio deve essere annullato perché ai sensi dell’art. 9 Dpr 396/2000 il Prefetto ha solo un potere di “vigilanza” sull’Amministrazione, «la trascrizione effettuata dal sindaco di Udine quale ufficiale di governo risulta illegittima perché esulante dai suoi poteri e doveri, contraria alla legge e contrastante con le direttive del suo superiore gerarchico, il Ministro dell’Interno, e in ultima analisi poco rispettosa –ancorché inconsapevolmente – del riparto tra i poteri dello Stato definito dalla Costituzione repubblicana». Il Tribunale ha rimesso gli atti alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Udine nonché alla Procura regionale della Corte dei Conti, affinché cancelli la trascrizione del matrimonio (inesistente). L’auspicio è che questa coraggiosa pronuncia non rimanga isolata e che i giudici facciano il loro mestiere applicando semplicemente le leggi esistenti.
    C'è un giudice in Friuli: no al registro delle nozze gay

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    Predefinito Re: Il deserto avanza

    Commercio pianificato
    Pubblicato da Berlicche
    Un paio di giorni fa sono capitato su un retweet dall’America che parlava di un video appena caricato su Youtube. Incuriosito, sono andato a vederlo. A metà, mi è presa una forte nausea.
    E’ la ripresa fatta di nascosto di una conversazione tra una responsabile di Planned Parenthood e alcune persone che si fingevano dei compratori particolari. Perché particolari? Perché i signori si facevano credere commercianti di parti umane.
    Planned Parenthood, letteralmente “Pianificazione Familiare”, è una grossa organizzazione che si occupa, bene, di pianificazione familiare. Cioè come non avere un bambino, e come eliminarlo se ne aspetti uno. Il giro d’affari “legale”, nel 2011, era 185 milioni di dollari. Perché dico legale? Perché nel video la responsabile di cui sopra parla tranquillamente degli affari che si fanno a rivendere discretamente a terzi pezzi di bambini abortiti.
    A quanto pare c’è molta richiesta di fegato, il fegato va un sacco. Anche di cuori, e persino di gambe. Durante la conversazione – a tavola, mangiando insalata e bevendo vino – viene descritta minuziosamente la procedura da seguire per evitare di danneggiare quel materiale prezioso mentre si uccide la sua fonte. Il bambino viene tirato fuori a mezzo con il forcipe, e con l’ecografia si vede bene dove l’operatore deve afferrare per non rovinare la merce.
    Certo, se il bambino abortito è una cosa e non un essere umano, non si vede perché scandalizzarsi. E’ come il sapone fatto con le vittime dei campi nazisti: per loro non erano uomini, non si vede perché buttare via tutto. Il fatto che quel commercio sia contro la legge è sono un contrattempo: fatta la legge trovato l’inganno, come suggerisce l’inconsapevole responsabile nel video.
    Naturalmente capite tutti che ci sono soldoni, dietro. Non so se tra gli interessati ci siano solo laboratori medici o anche qualche sacerdote azteco, praticanti di messe nere o cannibali. Però i prezzi sono adeguati e non vengono chieste referenze. Basta compilare l’apposito modulo.
    Naturalmente il libero giornalismo statunitense la notizia ha fatto di tutto per insabbiarla, minimizzarla, dando spazio più alle giustificazioni pelose dei commercianti di organi che alla notizia stessa. Qualche madre che vuole abortire potrebbe ripensarci, e il business risentirne.
    D’altra parte, qui da noi, qualche quotidiano o telegiornale ne ha parlato?
    https://berlicche.wordpress.com/2015...o-pianificato/

    https://youtu.be/jjxwVuozMnU

    Al business dell'aborto serve l'ipersessualizzazione delle ragazzine
    Un paio di citazioni dall'intervista a Carol Everett (disponibile su Youtube), ex direttrice di cliniche abortiste (ha assistito a circa 35.000 aborti, dopodiché si è convertita).
    Carol Everett: (racconta della sua «conversione») … prima di tutto questo è un «business», il mercato è dato dagli aborti. La futura cliente delle cliniche dell’aborto è la ragazzina oggi di 13 anni che ricorrerà all’aborto come metodo di controllo delle gravidanze... dunque vanno per le scuole con l’obbiettivo di far fare loro, fra i 13 ed i 18 anni, dai 3 ai 5 aborti ... dunque devi fare in modo che a 12 anni restino incinta, questo per creare il mercato... per farlo si separano i figli dai genitori e dai loro valori... li si sessualizza dando loro tutte le informazioni sul sesso... e questo fin dall’asilo... [...]
    Carol Everett: «Partiamo dall’inizio: la mia provvigione era di 25 dollari e l’obbiettivo era di 40.000 aborti l’anno. Dunque, potevo diventare milionaria... nel primo trimestre si sono fatti dai 10 ai 12 aborti all’ora... quello più economico costava 300 dollari, il medio 500... sono cifre a 3 zeri ogni ora, con un flusso continuo di ragazze che passano da una stanza all’altra... non ci sono protocolli... cartelle cliniche... se ne segni 10 e ne fai 12 saltano fuori 1.200 dollari l’ora che io e te possiamo far sparire... chi ci lavora non è un dipendente... ha un contratto di collaborazione esterna liquidato in contanti su base giornaliera... l’Agenzia delle Entrate non ne saprà mai nulla... questo è ancora l’affare, privo di regolamentazioni, più grosso che ci sia nel nostro Paese... più delle droghe illegali... nel 1988 risulta che fosse noto solo il 50% degli aborti... puoi farti un’idea di quanti bambini siano uccisi ogni giorno...
    Esistenzialmente Periferico: al business dell'aborto serve l'ipersessualizzazione delle ragazzine

    Sbalorditivo: gesuita afferma qualcosa di cattolico!
    Lo scoop è su Rorate Caeli.
    Il gesuita p. William Charge S.J., nell'omelia della quinta domenica dopo Pentecoste, ha affermato fra le altre cose:
    Oggi il potere di Satana sta crescendo esponenzialmente, a causa dell'enormità dei peccati degli uomini.
    Oggi esistono peccati che sono divenuti "istituzionalizzati", parte della nostra società e perfino delle nostre leggi e ciò, anziché provocarci rabbia, ci trova tolleranti e perfino disposti ad accettare lo stato delle cose. Il peccato istituzionalizzato è divenuto un peccato accettato.
    Forse uno dei più chiari esempi è il peccato di aborto. È il grave peccato di uccidere la vita umana, è la violazione del quinto comandamento che è diventata legale. Alcuni dei nostri politici hanno perfino chiamato l'aborto "terreno sacro" da difendere, e hanno addirittura usato il termine "sacramento" per tale abominevole peccato.
    La recente legiferazione della Corte Suprema sul "matrimonio omosessuale" è un altro chiaro esempio di peccato mortale che è stato istituzionalizzato. I peccati mortali di sodomia e impurità, in aggiunta a quello di uccidere, sono stati legalizzati. Per di più, nonostante la gravità di tali peccati, hanno avuto i nomi di un sacramento. Il peccato di sodomia è oggi chiamato "matrimonio": una menzogna che è diventata legge. Queste leggi sono un attacco diretto all'amoroso piano di Dio sulle famiglie, e a Dio stesso. Le nostre istituzioni - ed in particolare la Corte Suprema - stanno agendo come dei ministri della propaganda di Satana, promuovendo tolleranza per il peccato, chiamando "bene" il peccato.
    Contro questa istituzionalizzazione del peccato che attacca Dio e la nostra società, dovrebbe essere scatenata la nostra ira.
    Esistenzialmente Periferico: sbalorditivo: gesuita afferma qualcosa di cattolico!

    Dalle "nozze" gay al linciaggio dei vescovi
    di George Weigel
    Gran parte dello straordinario successo del movimento pro “nozze” gay sta nella sua capacità di vendere l’idea che non ci saranno grandi cambiamenti. Le persone dello stesso sesso, dicono, vogliono semplicemente quel che già fanno anche tutti gli altri: una relazione stabile in cui si prendono la responsabilità della persona amata. Nel momento in cui lo Stato lo riconoscerà, tutto andrà bene, prevarrà l’ordine e tutti noi possiamo continuare a vivere come prima. Questo argomento è molto potente, specialmente quando si ammanta dei classici panni del movimento per i diritti civili e i numeri dimostrano che moltissima gente, che fino a cinque anni fa non si immaginava neppure un “matrimonio” omosessuale, adesso lo sostiene.
    Ebbene, l’idea che la turbolenza finisca con la legalizzazione delle “nozze” gay non ha mai avuto molto senso, non da ultimo perché questa rassicurazione astrae l’argomento “nozze gay” dal suo più ampio contesto, che era, è e sarà sempre la rivoluzione sessuale, con la sua violenta determinazione giacobina a distruggere e gettare nella spazzatura della storia la moralità basata sulla Bibbia, o quelle di un’etica sessuale basata sulla legge naturale, o entrambe le cose. In campo legale, questo significa che i promotori delle “nozze” gay (e i promotori della rivoluzione sessuale in generale) agiscono come squali: devono nuotare sempre in avanti (avanti verso il progresso che hanno in mente) per sopravvivere. Infatti, i paladini del “matrimonio omosessuale” stanno già pregustando il prossimo bersaglio da portare al poligono di tiro della giustizia federale, un caso che renderà le “nozze gay” ancor più incardinate nella Costituzione di quanto non lo siano adesso, dopo l’opinione giurisprudenziale e concettuale formatasi con il parere di maggioranza della Corte Suprema, con il caso Obergefell vs. Hodges. Sarà un appiglio legale abbastanza forte da permettere ai movimenti Lgbt di equiparare l’orientamento sessuale alla razza, dunque oggetto di “attento scrutinio” nelle cause che riguardano i diritti civili.
    Nel frattempo, le avanguardie della lotta contro le norme della morale tradizionale, stanno già esplorando la possibilità di ottenere una legalizzazione della poligamia. Una campagna per perorare la causa dell’incesto adulto (e anche il sesso “consensuale” con bambini) potrebbe non essere così lontana. Anche qui si abusa del parallelo con il movimento dei diritti civili. Così come gli americani hanno costruito la società più tollerante e multietnica del mondo dopo la sentenza Brown vs. Board of Education e il Civil Rights Act del 1964, dopo la legalizzazione delle “nozze gay” potremo procedere molto oltre, fino al godimento di una società priva di pregiudizi, in cui le differenze sono celebrate e il “bigottismo” è gettato nella stessa spazzatura della storia del razzismo. Tutti andranno d’accordo con tutti e la retorica bellicosa (come gli oceani, nell’immagine evocata dal presidente Obama) inizierà a recedere.
    Andatelo a raccontare a monsignor Charles J. Chaput, arcivescovo di Filadelfia. All’inizio di luglio, una scuola privata cattolica nella sua arcidiocesi, la Waldron Mercy Academy, ha deciso di non rinnovare il contratto a un insegnate: un episodio tutt’altro che insolito. L’insegnante in questione era il direttore degli studi religiosi della scuola e da un po’ di tempo era “sposato” con un uomo dello stesso sesso, un fatto che, a quanto pare, era ampiamente risaputo. Dopo la protesta da parte di una famiglia, che faceva notare la contraddizione di questa situazione, il preside della scuola e il consiglio direttivo hanno deciso di non rinnovare il contratto dell’insegnante. L’arcidiocesi di Filadelfia non era coinvolta in questa scelta, ma l’arcivescovo Chaput, in quanto custode dell’ortodossia cattolica nella diocesi, ha rilasciato una breve dichiarazione a sostegno della scuola. E allora è arrivato il diluvio. In parte, via email. Un “corrispondente” ha avvertito il mite arcivescovo cappuccino (che il mittente descriveva come un “pedofilo pezzo di m…”) di “andare a farsi fot…”, aggiungendo una nota escatologica con la speranza che Chaput “marcisca all’Inferno”. Questo è il tipo di “pace” che si pensava di aver raggiunto dopo aver risolto la questione del “matrimonio” gay? Michael Newall, un editorialista del Philadelphia Inquirer, ha usato termini meno volgari, ma non meno duri. Agitando i panni sporchi dell’abuso sessuale, sempre che vi sia mai stato nulla di simile nella Waldron Mercy Academy, ha accusato l’arcivescovo di “ipocrisia” (un termine che probabilmente usa in modo surreale, in stile Alice nel Paese delle Meraviglie), prima di liquidarlo come un “relitto”, una miseria in contrasto con il solare e comprensivo Papa Francesco. Anche se, continua Newall, il Papa stesso è “lungi dall’essere perfetto” in materia di “accettazione dei diritti Lgbt”, perché “anche lui si oppone ancora al matrimonio gay”. Il signor Newall dispensa le sue prediche all’arcivescovo e al Papa, vantando i suoi “12 anni nelle scuole cattoliche e altri quattro in un’università cattolica”, anche se non indica i nomi di questi istituti. Cosa che può essere solo di sollievo per le scuole che lo hanno educato.
    Chaput è stato un riformatore diligente, coraggioso e instancabile in tutte e tre le arcidiocesi in cui ha servito. Ha sempre detto chiaro e tondo, ripetendo quel che ha dichiarato Giovanni Paolo II ai cardinali statunitensi nel 2002, che “non deve esservi spazio alcuno” nel clero “per coloro che abusano dei minori”. Chaput è molto rispettato nella gerarchia americana, quale uno dei migliori vescovi della sua generazione. Ha salvato l’arcidiocesi di Filadelfia da una catastrofe finanziaria (e dunque di evangelizzazione) con una serie di miracoli, sin dal suo arrivo nel 2011. Nessun vescovo lo invidiava in questo difficile compito che gli è toccato. Più di uno ha detto che Chaput fosse l’unico in grado di ritirar fuori la Chiesa a Filadelfia dal pantano, stabilizzandola di nuovo sia in termini finanziari che di credibilità. L’aggressione a monsignor Chaput, dunque, è un sintomo di quel che toccherà a molti altri. Per ora quest’uomo pio, mite, umile, un vescovo che veramente è “un pastore con l’odore delle pecore” (per usare le parole di Papa Francesco) è bersaglio di un’aggressione vigliacca, sia pubblica che privata. Perché? Perché crede che la Chiesa cattolica dia una risposta migliore al desiderio di felicità dell’uomo, rispetto alle false promesse della rivoluzione sessuale di una società in cui nessun comportamento è più riconosciuto come aberrante, una società da The New Normal. Perché pensa che le istituzioni cattoliche e coloro che ci lavorano, possano incarnare le verità sulla vita e l’amore che la Chiesa professa sulla base sia della Rivelazione che della ragione. Perché comprende che, quando lo Stato chiede di credere in qualcosa che noi sappiamo non esser vera, seguiranno tutte le pessime conseguenze per la democrazia che possiamo ben immaginare.
    Il linciaggio dell’arcivescovo Chaput è solo un antipasto. Gli utili idioti che insistono nel dire che i vescovi degli Stati Uniti debbano solo ritirarsi dalla guerra culturale e tutto andrà bene, non fanno che ribadire la loro ignoranza su cosa voglia dire la guida pastorale e stanno involontariamente manifestando la loro incredibile idiozia politica. La sentenza Obergefell ha liberato demoni, e il loro nome è Legione. Questi demoni dovranno essere combattuti con compassione, intelligenza critica e franca onestà sui fallimenti della stessa Chiesa. Dovranno essere combattuti con il cuore aperto alla possibilità di conversione anche dei più incalliti anti-clericali. E dovranno essere combattuti nel pieno riconoscimento che tutti noi viviamo nella Divina Misericordia. Ma devono essere combattuti. Sia la testimonianza evangelica della Chiesa che il futuro della democrazia in America dipendono da questa battaglia.
    Dalle "nozze" gay al linciaggio dei vescovi

    Spagna. Sindaco smantella la Via crucis del paese: «Manca di rispetto a musulmani e atei»
    Leone Grotti
    Natalia Nuñez, socialista, è appena stata eletta alla guida di Cenicientos, piccola città della provincia di Madrid. Tra i primi provvedimenti presi, in qualità di sindaco, c’è stato quello di smantellare la Via crucis che univa il paese al santuario Nuestra Señora del Roble, patrona della città.
    «MANCANZA DI RISPETTO». Che cosa ha giustificato tanta furia iconoclasta? La Via crucis – a cui Nuñez si è riferita nelle interviste chiamandola «queste pietre» – rappresentava per il sindaco una «mancanza di rispetto» nei confronti dei non credenti e di coloro che «professano la religione e la cultura musulmane». Ma distruggerla non è forse una mancanza di rispetto verso i cattolici? Per il sindaco, no.
    DISCRETE E GRATUITE. L’intervento è tanto più incredibile se si considera che la Via crucis era composta da piccole stele di pietra, neanche munite di croce, con sopra indicate le stazioni in numeri romani. Inoltre, la loro costruzione era appena stata finanziata dal piano culturale “Prisma” della provincia per un totale di 3.000 euro. Non erano costate niente al Comune, che però le ha distrutte a soli tre mesi dalla posa. Un comitato di cittadini ha organizzato una raccolta firme, che sono state consegnate oggi al Consiglio comunale: chiedono che la Via crucis venga rimessa al suo posto.
    «SETTARISMO». Per padre Jorge González Guadalix, sacerdote della diocesi di Madrid, si tratta di «settarismo. C’è la volontà di non rispettare e insultare i cattolici». E poi, come potrebbero offendere qualcuno? «Un musulmano non sa neanche che cosa significano. Allora sono molto più offensive le chiese e i santuari».
    «FARLA FINITA CON I CATTOLICI». Il sindaco Nuñez potrebbe pensare di distruggere anche quelli, secondo padre Guadalix non siamo molto lontani da quel giorno: «La verità è che si vuole farla finita con i cattolici e con tutto ciò che richiama alla Chiesa. Questa è una vecchia aspirazione di cui la Spagna ha già sofferto e che ha lasciato frutti di tolleranza che tutti conosciamo…», conclude con sarcasmo riferendosi alle persecuzioni anticattoliche degli anni Trenta.
    Spagna. Sindaco toglie Via crucis: «Offende islam» | Tempi.it

    Teoria gender, Adinolfi:"Quel libro non finirà nelle mani dei nostri figli"
    Francesco Curridori
    Mario Adinolfi, direttore de La Croce e promotore del Family day del 20 giugno, commenta così le immagini del libro dal titolo 'Piccola storia di una famiglia' pubblicate sulla sua pagina Facebook da un sostenitore della sua battaglia contro la teoria del gender.
    Adinolfi spiega a ilgiornale.it che, dopo l'approvazione della legge sulla buona scuola, lo studio della teoria del gender non è più una leggenda e con quel libro si cerca di indottrinare i nostri figli. "Si dice che il bambino può essere figlio di due uomini o due donne ma è una bugia e noi non siamo dei talebani che vogliono impedirne la pubblicazione ma non deve finire nelle mani dei bambini", avverte il giornalista che rivendica la manifestazione del Family Day come un successo. Secondo Adinolfi "ora le famiglie sono consapevoli di quello che sta succedendo e i genitori presenti in piazza San Giovanni il 20 giugno negheranno nei consigli d'istituto il consenso a far studiare quei libri". Quella manifestazione ha avuto ripercussioni anche sull'iter del ddl Cirinnà che non arriverà mai in Aula per il 3 agosto perché "in commissione gli amendamenti non sono cangurabili e ne hanno votati solo 10 su 1500". "Da avversario del movimento LGBT mi spiace per loro che siano stati presi in giro. Prima si diceva che il ddl Cirinnà sarebbe passato entro l'estate, poi si è parlato dell'autunno e infine dicembre...", dice Adinolfi mettendo il dito sulla piaga con un pizzico di soddisfazione.
    "Grazie a noi tanti parlamentari di maggioranza e opposizione si sono svegliati e si stanno opponendo alla stepchild adoption (l'adozione di un figlio naturale da parte del patner omosessuale del genitore ndr), come per esempio anche l'onorevole Lepri, vicepresidente dei senatori Pd". Secondo il direttore de La Croce non vi sono le condizioni perché un simile ddl venga approvato anche perché così Matteo Renzi si giocherebbe il sostegno dell'elettorato cattolico, dopo aver già approvato il divorzio breve e non aver dato alcun sostegno concreto alle famiglie. "Da analista politico - spiega Adinolfi - se mancassero i voti dei cattolici e degli ex popolari, il ddl, per passare, avrebbe bisogno dei voti dei grillini i quali, però, non hanno alcun interesse ad aiutare il governo".
    Mario Adinolfi contro il libro pro-gender: "Mai in mano ai nostri figli" - IlGiornale.it

    Scuola e gender, attenti ai libri di testo
    di Riccardo Cascioli
    «Non si nasce uomini né donne», e infatti «se in italiano possiamo distinguere il sesso di un neonato dalla consonante finale (bambina/bambino), in molte lingue per definire i bambini si usa un termine neutro, che non possiede caratterizzazioni né maschili né femminili». E ancora: «La costruzione del genere inizia fin dall’infanzia, quando vengono indicati pratiche o giochi diversi a seconda del sesso». Sono solo poche frasi tratte da un manuale di antropologia per le scuole superiori (Marco Aime, Ciò che noi siamo). Dove l’autore vada a parare è facilmente intuibile: sesso e genere sono due cose separate, non c’entrano nulla l’una con l’altra, si può nascere maschio ma poi diventare donna e viceversa.
    Ebbene è successo che all’inizio dell’anno scolastico 2014-2015, una mamma con il figlio che frequenta il Liceo delle Scienze Umane a Senigallia, sfogliando questo libro di testo, introdotto in modo sperimentale, si sia resa conto che è intriso di ideologia di genere. La mamma esprime dunque la sua contrarietà, prima alla professoressa – che respinge scocciata ogni critica all’«ottimo» testo – poi al preside, che sembra accogliere la protesta. L’insegnamento su quel libro viene infatti sospeso. Ma nelle settimane scorse, con grande sorpresa, la mamma scopre che non solo il libro è rimasto, ma nell'anno scolastico 2015/2016 sarà obbligatorio per tutto il triennio del Liceo delle Scienze Umane e del Liceo Economico Sociale. E potremmo aggiungere: in chissà quante altre scuole italiane gira questo libro o altri simili.
    La mamma in questione sta ora cercando di sensibilizzare altri genitori e di agire all’interno del Consiglio di Istituto, ma la vicenda è emblematica perché dimostra che l’ideologia del gender è ormai entrata a pieno titolo nella scuola e che le polemiche sulla famosa circolare del ministro dell’Istruzione Giannini, pubblicata in “cambio” della fiducia al governo sulla riforma della “Buona scuola” (clicca qui), appaiono in larga parte superate dagli eventi. La circolare infatti prescrive che i genitori debbano prendere visione del Piano di Offerta Formativo (Pof) prima di iscrivere i propri figli in una determinata scuola e che tutte le attività extracurricolari debbano ricevere il consenso scritto dei genitori, altrimenti liberi di far assentare i propri figli dalle suddette attività.
    Certamente queste indicazioni non sono inutili e copriranno comunque una parte importante delle attività pro-gender che finora sono state promosse soprattutto attraverso attività extra-curricolari. Ma nello stesso tempo appare evidente che l’ideologia del gender arriva agli studenti da fonti molteplici difficili da controllare, e i libri di testo, soprattutto dal prossimo anno scolastico, diventeranno lo strumento privilegiato.
    Abbiamo portato l’esempio di un libro di antropologia, ma pensiamo al libro di matematica dei più piccoli, quando il problema da risolvere inizierà così: «Pierino va al mercato a comprare le mele con i suoi due papà….» (è già in circolazione). Oppure il libro di scienze, dove saranno insegnati tutti i fenomeni di omosessualità in diverse specie animali (vedi “pinguini imperatore” e “orsi marini”), o ancora in geografia, dove sarà possibile svolgere lezioni sul censimento della popolazione con particolare riguardo alla percentuale di omosessuali in alcune società. Del resto, l’anno scorso si ricorderà del caso del Liceo Giulio Cesare di Roma e della lettura del libro “Sei come sei” di Melania Mazzucco, contenente il racconto di espliciti rapporti omosessuali e fatto leggere a ragazzi di 15 anni.
    Per l’anno prossimo c’è da attendersi una moltiplicazione di casi di questo genere, e non ci sarà circolare che tenga, perché le singole parti di un libro di testo non sono extracurricolari e non si trovano neanche nel Pof che i genitori sono chiamati a visionare.
    Cosa fare dunque? In molte scuole italiane si sono formati dei comitati spontanei di genitori, che si affiancano alle tradizionali associazioni di genitori, nel monitorare le eventuali attività gender, e sono realtà che grazie al passaparola sui social network si stanno moltiplicando. È questo certamente uno spunto interessante, ma laddove questo non sia possibile c’è comunque un "decalogo per contrastare il gender nelle scuole" stilato dal Comitato Difendiamo i Nostri Figli (quello che ha organizzato la manifestazione del 20 giugno) che suggerisce alcuni consigli importanti, proprio per monitorare le attività scolastiche e anche i libri di testo (clicca qui). Non c’è bisogno di diventare nevrotici né di mettere in atto azioni preventive di minaccia, ma è certo che tutti i genitori sono chiamati a essere molto più vigilanti ed esigenti per poter difendere i propri figli.
    Scuola e gender, attenti ai libri di testo

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    Predefinito Re: Il deserto avanza

    Prego per l’Italia dissanguata
    di Camillo Langone
    Prego per l’Italia dissanguata. Prego per il bambino pisano gravemente denutrito, figlio di genitori vegani (la procura li indaga per maltrattamenti), ora ricoverato all’ospedale pediatrico Meyer di Firenze. Sembra “Il bambino indaco” di Marco Franzoso, sembra “Kill your sons” di Lou Reed, ma è la realtà di un popolo malato di estinzione. Prego per chi necessita di trasfusioni, dilagando i donatori anemici al punto che l’Avis di Cremona (città italiana col maggior numero di donatori in rapporto al numero di abitanti, poi dicono del Nord egoista) ha mandato una mail agli associati: “Analizzando i vostri esami del sangue abbiamo rilevato un progressivo aumento dei donatori carenti di ferro. A tal proposito vi ricordiamo che i cibi più ricchi di ferro sono le carni rosse (quella di cavallo è sicuramente la migliore, ma anche il fegato e la carne di bovino adulto) mentre legumi e verdure ne contengono una quantità insufficiente”. Prego contro le religioni vampire che vengono dall’Oriente e che ti spingono a non mangiare carne per indebolirti e mangiarti l’anima.
    Prego per l?Italia dissanguata

    Corna informatiche e moralismo suicida
    di Rino Cammilleri
    E’ il Peccato Originale, bellezza: girala come ti pare, non c’è dogma cattolico più scientificamente provato di questo. Quando inventarono la fotografia, la seconda (se non la prima) cosa che immortalarono fu una donna nuda. Le foto porno seguirono a ruota. Lo stesso accadde con il cinematografo, e certi hard-core muti portano addirittura la firma di D’Annunzio. Internet ha fatto fallire l’industria delle riviste pornografiche, che prima dell’avvento del web gli appassionati dovevano comprare nelle edicole notturne, guardinghi, insieme a un quotidiano nel quale avvolgerle. Oggi l’onanismo è a portata di clic e nessuno ti vede. A meno che tu non finisca coinvolto in qualche fattaccio di cronaca; in questo caso la polizia postale ti setaccia il computer e i giornalisti fanno il resto divulgando nell’universo mondo quali siano i tuoi siti preferiti. Ma questo è un altro discorso.
    Torniamo al Peccato Originale. Avete presente l’ultimo grido del drone alla portata di tutte le tasche? Bene, ecco che c’è già chi lo usa per recapitare droga e materiale –uffa!- porno ai galeotti del Maryland. I filantropi lo adoperano per paracadutare «pillole del giorno dopo» alle polacche, a cui retrivi governanti le interdicono.
    Ma chi di internet ferisce di internet perisce, come quei tre americani che si sono sparati perché i loro tentativi di adulterio erano finiti in rete. Solo tre, per fortuna (si fa per dire), sui milioni di abbonati al sito «Ashley Madison», specializzato nel fare incontrare la domanda e l’offerta di corna. La schermata di benvenuto è tutta un programma: una bella bionda in lingerie, di cui si vede solo la metà inferiore del viso, fa il segno del silenzio con la mano sinistra, quella in cui si porta l’anello nuziale. Per forza di cose il sito garantiva il massimo dell’anonimato e, ovviamente, la blindatura a prova di hacker. Ma nulla è sicuro a questo mondo, a parte la morte. E, come dice il Mago Merlino nel film Excalibur di John Boorman, «c’è sempre qualcuno più furbo di te». E nel pianeta informatico c’è sempre un hacker più hacker degli altri.
    Morale (si fa per dire): tutti gli utenti di «Ashley Madison» sono finiti in rete con nome, cognome e indirizzo. Così, per sapere se sei cornuto non devi fare altro che avere la pazienza di scorrere l’elenco alfabetico messo a disposizione dall’hacker moralizzatore. Dal quale elenco, intanto, emerge un dato curioso: il 90% degli iscritti al sito sono uomini. Basta incrociare questo dato con quelli riguardanti la prostituzione (anche qui, tutti i clienti sono maschi) e la fesseria del «gender» torna al mittente. Eh, il progresso tecnologico!
    Claudia Mori in Buonasera dottore doveva cantare in codice quando di telefoni c’era solo quello fisso. Il cellulare ha, sì, facilitato l’adulterio ma ha complicato l’esistenza dell’adultero: a) può squillare in ogni momento, b) guai se ti scordi di cancellare la chiamata o l’sms, c) se lo spegni, la tradita poi ti chiede perché l’hai spento, d) eccetera.
    Ma il caso «Ashley Madison» pone altri inquietanti interrogativi. Uno riguarda la famiglia: se ti vien voglia di fedifragare, vuol dire che il tuo matrimonio ti ha deluso. Il che, dal punto di vista cattolico (che è il solo che qui ci interessa) implica che la disinformazione regna e le «pastorali» dovrebbero puntare a spiegare che cosa davvero è il matrimonio. Ormai, complici secoli di romanticismo, tutti sono convinti che sposarsi sia come al cinema: i due si piacciono, stanno bene insieme, convolano. E qui finisce il film in un tripudio di musica sui titoli di coda. La realtà è che hai scelto il tuo coniuge con minor criterio di quello usato dai contadini per comprare un mulo. Così, finito l’idillio (che dura fino all’ennesima volta che non trovi i calzini), la prima cosa che ti viene in mente è sfasciare tutto.
    O, se troppo scomodo, procurarti una «stampella» (e qui interviene Ashley, non a caso il nome del terzo incomodo tra Scarlett e Rhett in Via col vento). Il matrimonio è un sacramento mica per niente. Uno dei sette. E forse è quello più difficile da praticare (vedi san Paolo, che consigliava di non sposarsi per non avere «afflizioni nella carne»). Ma non c’è spazio qui per approfondire: ci pensi il Sinodo.
    Resta la domanda sul perché quei tre si siano suicidati. Infatti, l’adulterio non è punito dalla legge e rischi, tutt’al più, il lastrico per gli alimenti. Ma forse stiamo guardando la cosa con occhi italiani (cioè, ex cattolici). Malgrado le apparenze, gli americani sono moralisti, non a caso sono stati loro ad inventare il politicamente corretto, che è moralismo allo stato di delirio. Niente, aspettiamo che qualche hacker scopra l’identità dell’hacker moralista (che dovrà scappare sulla Luna) e ricordiamoci che il moralismo sta alla morale come il veleno sta al farmaco.
    Corna informatiche e moralismo suicida

    «Bisogna impedire ai calciatori della Francia di farsi il segno di croce in campo. È contro la laicità»
    Leone Grotti
    È la nuova incredibile proposta dell’Associazione dei sindaci transalpini per promuovere il rispetto della laicità, che assomiglia sempre di più a una caccia alle streghe
    La battaglia francese per il rispetto della laicità in ogni ambito della vita sociale è ormai diventata una vera e propria caccia alle streghe. Dove le streghe, neanche a dirlo, sono le religioni e l’appartenenza religiosa che, se proprio non può essere eliminata, deve perlomeno scomparire quando ci si trova in pubblico.
    LAICITÀ PER TUTTI. Per questo l’Associazione dei sindaci di Francia (Amf) ha reso pubblico un documento per chiedere a tutti i primi cittadini e al governo socialista di François Hollande di farsi sentire in materia di rispetto della laicità su alcuni argomenti. Nelle mense scolastiche i congedi scolastici o lavorativi vanno negati quando il motivo dell’assenza è la partecipazione a una festa religiosa, le uscite scolastiche, così come le feste culturali, come anche gli asili e gli spazi comunali, devono sempre essere tutti improntanti a una rigida neutralità.
    «NO AL SEGNO DI CROCE». I sindaci francesi se la sono presa poi con lo sport. E in particolare il calcio. Secondo l’Amf, bisognerebbe impedire ai calciatori, perlomeno quelli che «giocano nella nazionale», ad esempio, «di farsi il segno della croce in campo». E perché mai? «In nazionale bisogna fare attenzione al fatto che, quando si rappresenta la Francia, quando si rappresenta la République, ci può essere un codice comportamentale da adottare. Bisogna parlarne», ha dichiarato il vicepresidente dell’Amf, Patrick Molinoz, riferendosi al gesto più comune tra tutti i calciatori del mondo, cioè quello di toccare l’erba con la mano e di farsi un segno di croce all’entrata in campo.
    Francia. «No al segno di croce in nazionale» | Tempi.it

    Ordine agli enti cristiani: assumete gay o niente fondi
    di Marco Respinti
    Il “caso Kim Davis”, la funzionaria della contea di Rowan, in Kentucky, arrestata per essersi rifiutata «in nome di Dio» di firmare le licenze di matrimonio di due coppie omosessuali, conferma (forse persino prima del previsto) la fondatezza della paure scatenate dalla sentenza con cui il 26 giugno la Corte Suprema federale ha legalizzato le “nozze” Lgbt in tutti gli Stati Uniti. Ovvero che nel Paese nordamericano vige di fatto uno Stato di polizia che nega ai cittadini americani la libertà di coscienza, di espressione, di religione e, la Davis lo sa bene, di movimento, comminando provvedimenti restrittivi a chi dissente dall’ideologia al potere.
    Tutto viene dal “golpe bianco” con cui la Corte Suprema ha violato i limiti costituzionali del proprio mandato (legiferando in proprio invece di vegliare sulla costituzionalità delle leggi varate dal Congresso com’è suo compito), ma tutti sanno che, con buona pace della divisione dei poteri e dell’autonomia della magistratura, quell’abuso consegue direttamente alla volontà politica del presidente Barack Obama che sul tema impegna da sempre autorevolezza, carisma, energie. E infatti gli Usa obamiani non si fermano qui; dopo avere ammanettato la Davis, si preparano a obbligare le charity cristiane ad assumere personale Lgbt. La fonte è un insider del governo che ne ha informato un organismo autorevole, il Center for Family and Human Rights (C-Fam), il cui direttore, l’altrettanto autorevole Austin Ruse, ne ha dato notizia sin da maggio.
    Gli organismi religiosi che assistono poveri e bisognosi anche grazie ai finanziamenti pubblici saranno costretti ad accettare le domande d’impiego avanzate pure da gay, lesbiche, trans e bisex (a cui l’ultima moda aggiunge gl’“indecisi” e gl’ “intersessuali”) altrimenti si vedranno negare dallo Stato federale i fondi con cui svolgono quelle attività assistenziali che sono parte ineliminabile della loro vocazione e della loro mission. Un ricatto, cioè, che minaccia di colpire al cuore enti no-profit, Chiese e intere famiglie religiose sul filo di un triplice paradosso beffardo. Primo, lo Stato federale (centrale) negherà alle charity quei contributi che vengono dalle tasse degli americani senza né informarne né chiederne il permesso agli stessi contribuenti. Una parte (verosimilmente considerevole) dei quali non solo non è d’accordo, ma le tasse le paga anche perché cosciente del fatto che contribuiscono a realizzare la vocazione e la mission di enti no-profit, Chiese ed intere famiglie religiose. Dunque, a fare del bene pubblico a chi sul serio ne ha bisogno.
    Secondo, lo Stato federale (centrale) vieterà in questo modo a organizzazioni private che impiegano per il bene comune fondi pubblici (cioè quote di partecipazione dei cittadini all’amministrazione del Paese) di svolgere quelle attività assistenziali che lo Stato non può, non vuole, non è capace o comunque non svolge in prima persona, con aggravato danno (anche economico) certamente dei bisognosi, ma altrettanto sicuramente dell’intera macchina federale. Terzo, lo Stato federale (centrale) costringerà una parte (verosimilmente considerevole) dei propri cittadini ad agire contro la propria morale, la propria coscienza e la propria fede (tutelate costituzionalmente dal primo articolo del “Bill of Rights”) come solo i regimi totalitari hanno fatto e fanno.
    La nuova misura di Obama è del resto l’estensione al settore del “privato religioso” di quanto vale da già più di un anno per il settore statale. Nel settore statale, infatti, l’Ordine Esecutivo 13672 firmato da Obama il 21 luglio 2014, impedisce ai datori di lavoro federali di discriminare gli assunti e i richiedenti lavoro in base all’identità di genere, ampliando la portata dell’Ordine Esecutivo 11246 che, firmato il 24 settembre 1965 del presidente Lyndon B. Johnson (1908-1973), impedisce le discriminazioni di razza, colore, religione, sesso od origine, a sua volta già estesa dall’Ordine Esecutivo 11478 (8 agosto 1969) del presidente Richard Nixon (1913-1994) per includere disabilità ed età, nonché dal presidente Bill Clinton con l’Ordine Esecutivo 13087 (28 maggio 1998) per comprendere pure l’orientamento sessuale (il passo avanti sta nel dare legittimità formale e riconoscimento legislativo all’ideologica pretesa di distinguere il genere di una persona dalle sue caratteristiche sessuali).
    Ma adesso l’unica eccezione, quella garantita dall’Ordine Esecutivo 13279 (…) con cui il presidente GeorgeW. Bush Jr. ha permesso ai datori di lavoro appartenenti a organizzazioni religiose di assumere personale confacente, viene aggirata di soppiatto benché di per sé l’Ordine 13672 di Obama reciti espressamente che, «in base al Primo Emendamento alla Costituzione federale, agli enti religiosi è permesso assumere ministri come più giudicano opportuno». Il modo per farlo è un colpo di teatro escogitato dagli avvocati del Dipartimento di Stato per i quali la questione non è materia legale, ma semplice questione di linea politica. Così essendo, non c’è allora bisogno di un Ordine Esecutivo del presidente (che è un atto formale avente valore di legge e che deve trovare la propria legittimazione nella Costituzione), ma è sufficiente un ordine… “ordinario” del capo dell’esecutivo.
    Nella faccenda, l’ufficio legale del Dipartimento di Stato (cui fa capo anche la politica estera statunitense) vi è entrato perché il primo ente governativo ad un anno fa allinearsi alle nuove direttive è stato lo Usaid, l’Agenzia statunitense per lo sviluppo internazionale, e perché la vigilia del Natale 2014 l’amministrazione Obama ha imposto alle charity che operano con bambini profughi negli Stati Uniti l’obbligo di offrire servizi sanitari e riproduttivi che includano la contraccezione e l’aborto, di addestrare il proprio personale all’universo Lgbt, nonché d’identificare i bambini «transgender e intersessuali» non accompagnati.
    Oggi, riferisce sempre Austin Ruse, una seconda fonte interna al governo conferma che la mossa di Obama per distruggere sornionamente anche quest’ultima oasi di libertà di religione e di coscienza è non solo vera, ma forse pure imminente.
    Ordine agli enti cristiani: assumete gay o niente fondi

    “Amor, ch’a nullo amato amar perdona”. L’inganno dell’amore omosessuale spiegato da Dante
    Intervista a Anthony Esolen, fra i maggiori traduttori inglesi della Divina Commedia. «Si ama davvero una cosa quando si riconosce la sua natura e il suo fine ultimo»
    Benedetta Frigerio
    «“Amor, ch’a nullo amato amar perdona”. È questa la menzogna su cui si fonda la recente sentenza della Corte Suprema americana». Spiegando il verdetto federale che ha fatto dei rapporti omosessuali un diritto costituzionale pari al matrimonio, Anthony Esolen, fra i traduttori inglesi più noti della Divina Commedia di Dante Alighieri e professore di letteratura inglese al Providence College di Rhode Island, non può che tornare «all’inganno antico di cui parla Francesca nel canto V dell’Inferno».
    Professore, lei ha scritto che l’amore omosessuale «non è amore, ma odio». Cosa intende?
    Ho ripreso un’espressione del poeta Edmund Spenser. Si tratta del falso amore esclamato da Francesca nell’Inferno: «Amor, ch’a nullo amato amar perdona», per cui al vero amore sarebbe impossibile resistere, deve per forza essere contraccambiato. Perché Francesca lo afferma? Perché vuole scaricare la sua responsabilità sulle circostanze («galeotto fu ’l libro e chi lo scrisse»), negando che la natura umana ci rende esseri liberi dotati di ragione. Ma se si negano la ragione e la libertà, anche la differenza fra la passione, l’attrazione, l’istinto e l’amore scompare. L’amore, infatti, implica il riconoscimento di uno scopo a cui si può scegliere di aderire o meno: si ama davvero una cosa quando si riconosce la sua natura e il suo fine ultimo e lo si rispetta, usandola per il suo scopo. Allo stesso modo, si ama una persona quando si agevola il suo cammino verso la meta per cui è stato creato. Per questo un uomo che vuole sposare un uomo non lo ama, ma lo odia. La natura dell’uomo, infatti, ha il suo compimento nel rapporto con la donna. Persino la biologia dimostra che l’uomo e la donna sono fatti per unirsi e diventare una carne sola. Perciò, dicendo che quella omosessuale è un’attrazione irresistibile, si giustifica, come fa Francesca, il proprio egoismo narcisista usando l’altro secondo le proprie voglie. Al contrario, Beatrice si muove verso Dante non per portarlo a sé, ma per condurlo in Paradiso: a conoscere il suo Creatore, Colui per cui Dante è fatto e in cui solo può trovare la sua piena realizzazione.
    Chi ci rimette in questa interpretazione dell’amore come forza irresistibile e irrazionale?
    Siamo abituati a guardare le cose come materia da manipolare a nostro piacimento. Parliamo dei bambini come fossero cose, fino a teorizzare che sia giusto usarli come strumenti da indottrinare al fine di cambiare le idee dei loro genitori e quindi della società bigotta. Se invece li guardassimo con onestà, ci accorgeremmo della loro innocenza, che ci avvicina al divino, da contemplare e da proteggere come un valore. E così, al posto di usarli, li serviremmo, sacrificando i nostri istinti in loro favore. Se non cerchiamo di conoscere, se non ci facciamo delle domande sull’essere e sul suo significato tradiamo, oltre che gli altri, la nostra stessa natura razionale trasformandoci in esseri capaci delle follie peggiori.
    Lei ha scritto che oggi c’è confusione anche sul riconoscimento di ciò che è evidente e questo perché abbiamo perso la capacità di usare la coscienza. Cosa intende?
    La rivoluzione sessuale ci ha convinti che importa solo quello che vuole il soggetto, indipendentemente dal discernimento sulla bontà del suo desiderio e sulle conseguenze che ha sugli altri. Così la Corte Suprema, schiava di un concetto astratto di amore e di diritto, ha emesso una sentenza in cui l’amore concreto, il diritto naturale e il bene comune sono soppiantati dal potere dei giudici e dall’individualismo.
    Perché l’uomo non usa più la ragione per conoscere la realtà?
    La ragione non viene più usata perché manca un’educazione, un allenamento alla bellezza. Siamo facilmente ingannati dai media e finiamo per accontentarci. Abbiamo perso la capacità di immaginare, come dice C. S. Lewis che spiegava che se la ragione è l’organo della verità, l’immaginazione è quello del significato. In altre parole, non riusciamo a comprendere il vero significato di una parola, “amore”, senza un’immagine collegata ad essa. Il mondo ci fornisce immagini dell’amore riduttive. Per questo il potere odia la tradizione che, al contrario, ci fornisce immagini alte. Abbiamo sostituito Shakespeare con una svilente educazione sessuale.
    Basta Shakespeare?
    Ci credo perché l’ho visto con i miei studenti. Mi spiego con un esempio: i personaggi femminili di Shakespeare sono così puri, pieni di grazia e belli da suscitare ammirazione in chi legge. Lo stesso accade di fronte all’amore vissuto e descritto da tanti altri poeti e letterati. I giovani desiderano ancora l’amore vero, ma non lo sanno finché non scoprono cos’è. Finché, come dice appunto Lewis, non hanno davanti un’immagine che esemplifichi che cosa significhi adorare e rispettare l’amato. Ho visto giovani ispirati dalla letteratura e dalla poesia.
    Basta davvero solo un libro?
    Certamente, se i giovani non incontrano persone che incarnano l’amore vero faranno più fatica a convincersi che sia ancora possibile amarsi così. Per questo bisogna continuare a dire la verità sull’amore e, nello stesso tempo, occorre viverla. Noi cristiani dobbiamo cambiare. E fare, come i primi di noi, che non divorziavano, che non uccidevano i loro figli, che soccorrevano i deboli e gli anziani. In una parola dobbiamo amarci davvero. I pagani vedendoli si convertivano. Sarà una lotta non senza travaglio, perché veniamo da oltre cinquant’anni di diseducazione.
    L'amore omosessuale spiegato da Dante | Tempi.it

    Sette "regole" facili facili per crescere i maschietti
    Le differenze di genere esistono ed è meglio rispettarle, dice Meg Meeker
    Rino Cammilleri
    Cominciamo con una citazione d'autore. «Era una mattina, avevo promesso un regalo al figlio del mio amico ed entrai nel gran magazzino a Francoforte per domandare una bella pistola a tamburo. Mi guardarono scandalizzati. Non facciamo giocattoli bellici, signore. Da sentirsi gelati. Uscii mortificato».
    Ma il Nostro, dopo matura riflessione, sbotta: «Non mi avrebbero più ingannato, da allora in poi mi sarei basato solo sull'esperienza personale e avrei diffidato dei pedagoghi». Così scriveva, nel 1963, Umberto Eco (Diario minimo. Lettera a mio figlio). E proseguiva: «Allora ti regalerò fucili. A due canne. A ripetizione. Mitra. Cannoni. Bazooka. Sciabole. Eserciti di soldatini - in assetto di guerra». Era il tempo del pacifismo (di sinistra). Oggi è quello della gender theory (sempre di sinistra) ma, ahimè, nessuna Eco più s'ode.
    La left americana ha sostituito il Dipartimento D (dezinformatsija) sovietico, e dobbiamo volgerci a Ovest per poter sentire il Dissenso. Il quale non ha (ancora) bisogno del samizdat ma sforna bestellser come quelli di Meg Meeker, membro dell'American Board of Pediatrics e docente all'American Academy of Pediatrics. Questa signora ha di recente pubblicato un libro il cui titolo è esplicito: Boys Should Be Boys, I ragazzi devono essere ragazzi, uscito in italiano come Boys. 7 segreti per crescere i figli maschi (Ares, pagg. 280, euro 16).
    Così si presenta: «Non sono una psicologa, un'insegnante e nemmeno una sociologa: sono una pediatra e una madre che ha ascoltato e osservato migliaia di ragazzi». E ha constatato che l'autismo «sta aumentando nei maschi», così come «il deficit di attenzione e iperattività», che «negli ultimi decenni ha avuto un'impennata». Nei maschi, e non nelle femmine.
    Ancora: «Nella mia pratica medica non ho mai visto così tanti ragazzi combattere con problemi di apprendimento, iperattività, noia e depressione quanti ne ho visti negli ultimi cinque anni» (l'edizione americana è del 2008). La Meeker avverte che «contrariamente ad alcuni psicologi, sociologi ed educatori credo che i problemi che feriscono i ragazzi derivino soprattutto da tre fonti: l'assenza di legami stretti con altri uomini (specialmente con il padre), la mancanza di educazione religiosa e l'eccessiva esposizione a media dannosi, i quali insegnano che i segreti di una vita “alla grande” sono sesso, sesso e ancora sesso, un sacco di soldi e popolarità». Oltre mezzo secolo dopo la «chiamata alle armi» del nostro Semiologo Nazionale, una nuova teoria devirilizzante aleggia sull'Occidente e si insinua nelle scuole di ogni ordine e grado, bersaglio sempre i maschietti: «Chi mai insegnerebbe loro a cacciare, a costruirsi arco e frecce, a rivivere le grandi battaglie della storia?».
    Troppi genitori «non si accorgono di quel che è veramente pericoloso» per il cervello dei loro figli: «la musica commerciale, la televisione e i videogiochi che offuscano la loro sensibilità». Ed ecco i consigli di chi se ne intende (ed è solo buonsenso): «Impara a comprendere quello di cui ha bisogno tuo figlio. Non ha bisogno di un altro videogioco, lui vuole te»; «Ricorda che i ragazzi hanno bisogno di regole, che hanno per natura un codice maschile. Quindi, se tu non stabilisci delle regole, loro si sentiranno smarriti»; «Impara ad affrontare con tuo figlio le grandi questioni della vita»; «Ricorda sempre che la persona più importante nella vita di tuo figlio sei tu». E così via.
    Sette "regole" facili facili per crescere i maschietti - IlGiornale.it

    Il caso. Il gramsciano Vacca contro la retorica del gender: “Secolarizzazione nichilista”
    Gerardo Adami
    “Gli italiani difendono il modello tradizionale della famiglia, e bocciano le nozze e le adozioni gay”: dal sondaggio de Il Mattino all’opinione controcorrente di Beppe Vacca, presidente onorario dell’Istituto Antonio Gramsci, tra gli intellettuali postcomunisti più raffinati e profondi. Non a caso è stato definito un “marxista ratzingeriano” insieme ai colleghi Mario Tronti, Paolo Sorbi e allo scomparso Pietro Barcellona (molto letto e ascoltato nell’area non conformista). Fuori dalle categorizzazioni giornalistiche, Vacca è un intellettuale che si riconosce in una tradizione popolare distante dalle elaborazioni individualiste, e per questo postula i diritti collettivi – lavoro, salute, giustizia sociale – prima dell’agenda individualista di stampo d’oltremanica.
    Lo storico evidenzia come esista “una società reale che spesso pensa in maniera più oculata della politica o dell’effimero e corrosivo del circo mediatico sul cosiddetto rivendicazionismo dei diritti civili. Come non riconoscere che, al di là delle cifre e delle tendenze che esse manifestano, c’è l’opinione di un Paese moderno, maturo, responsabile e capace? È un Paese che non dimentica che la radice dell’umanità è naturalmente duale, uomo o donna”.
    L’attuale situazione, per Vacca “è il frutto della crisi antropologica. È il frutto di una superstizione della storia, secondo la quale il riconoscimento per legge del desiderio individuale è la fonte della libertà e del diritto“. E ha ribadito che “la comunità umana è una comunità duale, fondata da un uomo e da una donna che garantiscono la riproduzione della specie umana e trasforma un diritto alla procreazione nel dovere della genitorialità. È l’unico, imprescindibile punto di vista dal quale deve partire un buon legislatore”.
    Qui c’è una netta presa di distanza da parte di Vacca rispetto alla ideologia del genere: “La regolazione legislativa dei rapporti eterosessuali ma anche omosessuali non può prescindere da una priorità: il diritto alla vita e la riproduzione del genere umano, assicurati dall’unione di un uomo e una donna. È la tradizione millenaria della famiglia. (…) Perché deve essere scritto in una codificazione specifica una famiglia che non è duale, naturale? Altra cosa è il riconoscimento e la tutela di diritti civili e sociali. Questo tipo di unioni omosessuali non hanno come destinazione la responsabilità umana della procreazione. Perché non vederla dal versante del figlio generato e dei suoi diritti? Un figlio ha diritto ad un padre e ad una madre naturale”.
    “Le adozioni gay non sarebbero una scelta saggia del legislatore. Sarebbe come riconoscere per legge uno strano artifizio che colliderebbe con il principio naturale della comunità duale, uomo- donna. È diritto naturale. (…) Concepire una vita è assunzione di responsabilità. Quando hai generato un figlio metti in moto un processo generativo determinato da un uomo e una donna. È in quel momento che sei chiamato ad una responsabilità antropologica, cioè accogliere e accompagnare una vita guardando al genere umano e al suo destino umano e spirituale Io non conosco figli autogenerati. È la Costituzione italiana a definire cosa sia la famiglia, riconoscendele la finalità prioritaria della generazione. Il diritto dei nati comincia dall’essere generati da un padre ed una madre“.
    “In America la decisione della Corte Suprema sul matrimonio omosessuale ha manifestato la crisi del diritto e della democrazia come processo legislativo. La decisione americana rende ancor più grave ed evidente un’emergenza antropologica del mondo sempre più corroso dalla secolarizzazione nichilista. È una sentenza connotata da una matrice individualistica, con il diritto prestato all’avallo di sentimenti e desideri”.
    Il caso. Il gramsciano Vacca contro la retorica del gender: ?Secolarizzazione nichilista? | Barbadillo

    Citazione
    Sto citando dal notevole saggio di Enrica Perucchietti e Gianluca Marletta – UNISEX – La creazione dell’uomo senza identità – Arianna Editrice, 2014, pagine 26-28. Euro 7.
    Gli autori del saggio, breve e chiaro e ben documentato, domandano: vi pare probabile che i maggiori hedge found del mondo, le mega-banche globali, i massimi miliardari americani, le multinazionali più titaniche si schierino platealmente per la causa gay per ragioni puramente filantropiche?
    A voi che avete applaudito così numerosi la sfilata dei finocchioni a Roma perché “è progressista”, perché “la sinistra si batte per i diritti LGBT”, mi limito a chiedere sommessamente: voi come progressisti siete più Dick Cheney o più Bill Gates? Siete della sinistra che si riconosce in JP Morgan o in quella che si sente più vicina a Deutsche Bank? Siete più radical-chic stile IBM o Pepsi?
    Esistenzialmente Periferico: citazione

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    Predefinito Re: Il deserto avanza

    Ultimatum del governo inglese alle scuole religiose: «Insegnate il pensiero gender o vi chiudiamo»
    di Massimo Introvigne
    Guardare quanto succede all'estero è sempre utile per capire quanto sta per succedere da noi. Qualche giorno fa ci siamo occupati degli Stati Uniti, dove sono cominciate le azioni legali per costringere i pastori e i sacerdoti a sposare le coppie dello stesso sesso nelle loro chiese. Gli Stati Uniti sembrano lontani? Oggi andiamo in Inghilterra, Unione Europea.
    Qui la ministra dell'Educazione, la signora Nicky Morgan, ha annunciato che le scuole religiose dovranno insegnare la teoria del gender, compreso quanto riguarda «i diritti dei gay e il rispetto dovuto ai matrimoni fra persone dello stesso sesso». Ha pure annunciato che manderà nelle scuole religiose ispezioni a sorpresa, e che quelle colte in fallo a insegnare dottrine religiose contrarie al «matrimonio» omosessuale o critiche rispetto agli atti omosessuali saranno chiuse senza cerimonie.
    La vicenda merita quattro commenti, istruttivi anche per noi. Primo: l'Inghilterra e la Francia sono i Paesi-guida in materia di «nuovi diritti» e quanto è sperimentato da loro prima o poi arriva anche da noi. Ci sono già avvisaglie. Domenica diversi giornali riportavano il caso di un'insegnante di religione di Moncalieri, in provincia di Torino, denunciata al preside, all'ufficio scolastico provinciale e perfino alla Curia per avere - incredibilmente - insegnato nell'ora di religione cattolica quanto afferma il magistero cattolico a proposito degli omosessuali, «rispetto, compassione e delicatezza» compresi, ma con il giudizio proposto dal Catechismo sul carattere «disordinato» - per delicatezza, la docente non ha neppure usato questa parola - della tendenza e degli atti omosessuali e sulla inammissibilità di leggi che introducano nell'ordinamento il «matrimonio» e le adozioni da parte di coppie dello stesso sesso. Apriti cielo: la povera docente è stata trasformata in poche ore nel mostro di Moncalieri. Con il metodo inglese, non potrebbe insegnare il magistero cattolico neppure in una scuola cattolica.
    Secondo commento: la ministra Morgan non solo è del Partito Conservatore, ma nel 2013 ha votato contro la legge che cambiava nome alle «unioni civili» inglesi - che erano in tutto uguali al matrimonio tranne che per il nome - in «matrimoni». Ora si è pentita. Non si sa se sia passata da Arcore, e lì abbia incontrato Luxuria, ma come ha detto Berlusconi in Europa i partiti conservatori su queste materie sono all'avanguardia. Purtroppo, spesso è vero.
    Terzo commento: tutta la vicenda è cominciata con una campagna di stampa e ispezioni delle autorità scolastiche a Birmingham in scuole islamiche fondamentaliste, legalmente riconosciute in nome dell'allegro multiculturalismo inglese di qualche anno fa, dove sono stati trovati e fotografati alunni in tenuta da combattimento che scandivano slogan a favore del Califfato. Scandalo nazionale, e promessa del governo che avrebbe fatto qualcosa per sorvegliare le scuole religiose estremiste. Come ha detto un rabbino, siccome a Birmingham in alcune scuole islamiche si scandiva «Morte agli ebrei» la ministra ha deciso che troppo era troppo e ha mandato gli ispettori... nelle scuole ebraiche, per verificare se lì s'insegnavano l'ideologia del gender e la bellezza del «matrimonio» omosessuale. Questo punto è importante. Certamente esistono scuole islamiche trasformate in centri d'indottrinamento jihadista. Ma prima di chiedere leggi speciali bisogna stare attenti alla furbizia della dittatura del relativismo: qualche volta prende spunto dalle scuole islamiche per proporre provvedimenti contro le scuole religiose in genere, che poi non vanno a colpire chi predica il jihad ma chi critica il «matrimonio» omosessuale.
    Quarto commento: contro la ministra hanno reagito, e va a loro merito, alcuni colleghi di partito, il mondo ebraico, gelosissimo dell'autonomia delle sue scuole, e alcuni gruppi protestanti conservatori. Per ora, rumoroso silenzio da parte delle confessioni religiose maggioritarie, anglicana e cattolica. C'è da sperare che i vescovi cattolici e anglicani avessero altro da fare, e che intervengano a breve. Se invece pensassero che, tenendo un basso profilo, le loro scuole non saranno colpite, non avrebbero imparato nulla da tante vicende simili che si sono già verificate in Inghilterra e in Europa.
    Ultimatum del governo inglese alle scuole religiose: «Insegnate il pensiero gender o vi chiudiamo»

    Kasper e i gay, affermazioni senza fondamento
    di Roberto Marchesini
    Mi chiedono un parere su una strana intervista del cardinale Kasper, nella quale – tra le altre cose - il porporato accusa alcuni padri sinodali di fondamentalismo. Al di là di questo, c'è effettivamente una frase che colpisce in modo particolare la mia attenzione, ed è questa: «Per me questa inclinazione è un punto di domanda: non riflette il disegno originale di Dio e tuttavia è una realtà, perché gay si nasce». Leggo proprio così: «Gay si nasce».
    In effetti, sull'edizione ad experimentum (1992) del Catechismo della Chiesa Cattolica potevamo leggere: “Un numero non trascurabile di uomini e di donne presenta tendenze omosessuali innate” (§ 2358). Tuttavia, questa affermazione è stata sostituita, nella aeditio typica (1997) con la seguente: “Un numero non trascurabile di uomini e di donne presenta tendenze omosessuali profondamente radicate”. La correzione è opportuna, perché la Chiesa ha il diritto ed il dovere di esprimersi in campo morale e dottrinale, ma le questioni scientifiche (in questo caso quali siano le cause delle tendenze omosessuali) non sono di sua competenza. Non può vincolare i fedeli ad una teoria scientifica, suscettibile, per sua stessa natura, di essere superata e contraddetta. Anche Galileo avrebbe voluto una modifica delle Sacre Scritture (Giosuè 10, 12) perché quanto vi era scritto contrastava con le sue teorie; ed è nota la risposta che allo scienziato diede il cardinale Baronio: la Bibbia insegna “come si vadia al Cielo, e non come vadia il Cielo”.
    Ma è proprio dal punto di vista scientifico che l'affermazione del cardinale Kasper desta le maggiori perplessità. Fin dagli anni '50 del secolo scorso sono stati investiti monti di tempo e denaro per cercare una causa biologica dell'omosessualità, qualcosa sulla cui base si potesse affermare “gay si nasce”. Mano a mano che la tecnologia progrediva sono state esplorate possibilità ormonali, cromosomiche, cerebrali, genetiche, epigenetiche. Il risultato, tuttavia, è sempre quello: non si trova nulla. Sebbene a livello popolare e mediatico l'ipotesi della causa biologica dell'omosessualità sia ancora diffusa, a livello scientifico essa pare definitivamente tramontata.
    L'American Psychological Association, ad esempio, ha pubblicato sul suo sito un documento, intitolato Answers to Your Questions About Sexual Orientation and Homosexuality; ebbene, questo documento ha due versioni, la prima delle quali non è più disponibile. Nella prima versione il documento affermava: “La maggior parte degli scienziati oggi concorda che l’orientamento sessuale è più probabilmente il risultato di una complessa interazione di fattori ambientali, cognitivi e biologici”. Attualmente l'American Psychological Association riduce l'enfasi sulle cause biologiche dell'omosessualità: “Non c'è consenso tra gli scienziati circa le esatte ragioni per le quali un individuo sviluppa un orientamento eterosessuale, bisessuale, gay o lesbico. Sebbene molte ricerche abbiano esaminato le possibili influenze genetiche, ormonali, educative, sociali e culturali sull'orientamento sessuale, non è emerso alcun risultato che permetta agli scienziati di concludere che l'orientamento sessuale è determinato da uno o più fattori particolari”.
    Questo non significa che un giorno questa ipotetica causa biologica non si possa trovare, ma allo stato attuale delle conoscenze scientifiche essa non esiste. Quindi non è possibile, dal punto di vista scientifico, affermare che “gay si nasce”.
    A meno che il cardinale Kasper non sia in possesso di conoscenze esclusive che possano dirimere in modo definitivo la questione, dobbiamo tristemente concludere che ha prodotto una affermazione senza fondamento.
    Kasper e i gay, affermazioni senza fondamento



    Attacco alla scuola. Teoria gender a lezione all'insaputa dei docenti
    La denuncia di una insegnante bolognese: “Approvano progetti gender senza coinvolgerci. In pericolo l’integrità dei nostri ragazzi”
    Giuseppe De Lorenzo
    La scuola è (o dovrebbe essere) il luogo della discussione. Dell'approfondimento. E delle decisioni condivise. Invece, quando si tratta di inserire un programma di autoerotismo ed educazione sessuale così ammiccante all'ideologia “gender”, le scuole italiane lo fanno senza informare i docenti.
    Di nascosto, relegandone la presentazione all'ultimo ordine del giorno dell'ultimo Collegio Docenti prima della fine dell'anno.
    E' questa la denuncia di Francesca, nome di fantasia di un’insegnante che ci chiede di difendere la sua identità. Il suo istituto in provincia di Bologna, come tante altre scuole, ha iniziato la somministrazione agli adolescenti del manuale "W l'Amore". Durante l’ultimo collegio docenti di giugno il progetto è stato approvato senza coinvolgere gli insegnanti sui contenuti e negandogli la possibilità di dissentire. Obbligandoli, di fatto, ad accettarlo.
    Non solo masturbazione, malattie veneree e tanto sesso. Nel libretto distribuito ai ragazzi di terza media si parla anche di "genere" e di come ognuno possa "scegliere" la propria identità. Per fare un esempio, agli studenti viene chiesto se condividono (o meno) il modello di "uomo e donna" che vivono in famiglia. "Pensavo che per crescere bene servissero un padre e una madre - si legge nelle riflessioni date in mano ai ragazzi - Invece ho amici con genitori separati, single o addirittura omosessuali!".
    L’obiettivo dichiarato è quello di combattere gli “stereotipi di genere”. E nel farlo si racconta a bambini 14enni che "non c'è un modo giusto per essere maschi e femmine e non ci sono caratteristiche esclusivamente maschili e femminili". Si introduce, insomma, il concetto di “omologazione” di ogni “modo di essere”, parificando ogni atteggiamento. Si parla poi di “rapporti orogenitali ed anali” come un dato acquisito ed universalmente praticato, si presenta la “pillola del giorno dopo” come un sistema contraccettivo ma nascondendo che possa funzionare come meccanismo abortivo.
    Incontriamo Francesca a Bologna. Vuole spiegarci e denunciare il tentativo di imporre un "pensiero unico" senza dare la possibilità a chi non è d'accordo di dissentire. "C'è un disegno dietro - dice - stanno cercando di costringerci ad accettare un modello basato sul falso e senza veridicità scientifica".
    Un argomento così delicato meritava maggiore spazio. "Non si può introdurlo senza avvisare. Tratta argomenti così sensibili e importanti che è inimmaginabile farlo senza coinvolgere tutte le parti in causa. Docenti compresi". Così non è stato. Il Collegio docenti, senza nemmeno poter esprimete un voto, si è trovato a dover accettare il corso sponsorizzato (e pagato) dalla Regione Emilia Romagna. Infatti, "non è stato spiegato nulla. Non si è entrati nel merito del progetto e del suo messaggio. E’ stato presentato genericamente. Senza scendere nei particolari".
    Il problema non è solo del singolo istituto. "Nella scuola italiana - continua Francesca - stanno entrando programmi costruiti da altri su temi fondamentali come l’identità sessuale dei ragazzi, all’interno di un quadro educativo che non può essere dato per scontato che tutti debbano accettare. Sono moltissimi quelli che non lo condividono".
    Il timore è si stia usando “la scuola per imporre a tutti il pensiero unico". "Ma le associazioni Lgbt hanno il monopolio di questi temi? - si chiede Francesca - Ma se volessi rivolgermi ad altri enti non lo posso fare?".
    La richiesta è semplice: così come il ministero ha permesso alle famiglie di escludere i loro bambini dall’orario di educazione affettiva, allo stesso modo deve vigilare sul dovere degli insegnanti di proporre dei progetti di educazione sessuale in maniera seria, consapevole e soprattutto condivisa da tutto il corpo docenti.
    Attacco alla scuola. Teoria gender a lezione all'insaputa dei docenti - IlGiornale.it

    Il presepe non è reato. Sconfitta (per ora) la laicité
    di Rino Cammilleri
    Il Presepe raffigura quanto di più innocuo e inoffensivo ci sia al mondo: una madre col suo neonato. Il tutto, per giunta, circondato da pecorelle, gli animali più inermi che esistano e diventati il simbolo stesso della creatura indifesa. «Non temete», avevano infatti detto gli angeli ai pastori di Betlemme che, giustamente, si erano spaventati all’irrompere del loro fulgore notturno. Ma quasi subito su quel pacifico Neonato si era scatenato l’inferno in terra, costringendolo alla fuga: addirittura, per essere certi di non mancarlo, erano stati sterminati tutti i bimbetti della zona.
    Il vecchio Simeone l’aveva predetto a sua madre, quando l’aveva chiamato «segno di contraddizione», perché quel Bambino avrebbe spaccato non solo la storia in due (gli anni si contano avanti Cristo e dopo), ma anche l’umanità, che si sarebbe divisa: per Lui o contro. Oggi, quelli “contro” manifestano una tenacia bellica che rasenta, e talvolta supera, l’ossessione. Verrebbe da dire che la loro cocciutaggine sarebbe degna di miglior causa, ma a ben rifletterci non c’è causa migliore di questa. Per loro. Basta vedere con quale instancabile insonnia presentano denunce, mozioni, proposte, istanze, tutte tese a spazzare via quel che resta del cristianesimo. Sconfitti una volta, si ripresentano l’indomani, e poi di nuovo, senza sosta e requie, e più li respingi e più tornano alla carica come fanno le mosche. Forse, come dice Gesù nel Vangelo, hanno assunto «per padre il diavolo», uno dei cui antichi nomi è, appunto, Signore delle Mosche, e uno dei cui metodi è, appunto, l’ossessione?
    Non c’è modo di saperlo, dal momento che l’ultima cosa che farebbero è farsi intervistare da padre Amorth. Perché ho detto questo? Mi è venuto in mente quando ho letto su zenit.org la seguente notizia: il tribunale di Montpellier il 16 luglio u.s. ha assolto il sindaco di Béziers, Robert Ménard. E di quale reato era accusato? Tenetevi: per Natale aveva fatto il presepe nell’ingresso del Comune. Immediatamente i talebani della Ligue des droits de l’homme (quattro gatti, come da noi, ma assatanati, come da noi) l’avevano denunciato per oltraggio all’art. 28 della Legge 9 dicembre 1905 che da centodieci anni fonda la famosa laïcité, orgoglio e vanto della Francia repubblicana. Detta legge risale all’allora primo ministro Émile Combes (1835-1921). Costui, dopo aver studiato in seminario, insegnato nelle scuole cattoliche e scritto saggi sulla filosofia di sant’Agostino, era passato alla massoneria e fatto una rapida carriera politica improntata alla lotta senza quartiere al “confessionalismo” (cioè, alla Chiesa).
    I giudici di Montpellier, dando ragione al sindaco, hanno fatto presente che l’art. 28 della legge del 1905 vieta solo oggetti che «simboleggiano la rivendicazione di opinioni religiose», mentre il presepio, più modestamente, rientra nelle «manifestazioni culturali tipiche delle feste natalizie». I giudici, insomma, hanno cercato di glissare, sorvolando sul fatto che le «feste natalizie» sono originate da un Evento preciso, il quale è religioso. Di una religione che, in venti secoli, ha talmente plasmato tutto da essere diventata anche “cultura”. Infatti, il sindaco natalizio ha subito rincarato la dose annunciando sul suo profilo twitter un presepe ancora più grandioso per il prossimo Natale, perché si tratta, sì, di un «elemento culturale», ma «di una civiltà che porta un nome: la civiltà francese ed europea».
    Ovviamente, le mosche si sono imbufalite e, come loro consuetudine, hanno presentato appello alla Corte di secondo grado, che è quella di Marsiglia. In effetti, l’anno scorso il tribunale amministrativo di Nantes aveva vietato la presenza di presepi nei luoghi pubblici, provocando una protesta studentesca che si era autodenominata Touche pas à ma crèche («Giù le mani dal presepe») e si era espansa con presepi viventi mordi-e-fuggi organizzati apposta in luoghi pubblici. Singolarmente, le località di Béziers e Nantes hanno alle spalle una storia di lotta pro e contro Cristo: la prima fu pesantemente coinvolta nella crociata medievale contro i catari albigesi; la seconda vide la definitiva sconfitta della Vandea Militare a opera delle armate giacobine. Oggi la guerra a Cristo si è spostata nelle aule di tribunale, perché i “diritti dell’uomo” non hanno più a disposizione le ghigliottine (per ora). Ma l’ossessione non l’hanno persa. Dice il Vangelo che non la perderanno mai.
    Il presepe non è reato. Sconfitta (per ora) la laicité

    L’EDUCAZIONE SENTIMENTALE AL TRADIMENTO
    I ‘progressisti’ incoraggiano all’adulterio e all’infedeltà di coppia. Matrimonio e fedeltà sono ormai visti come un retaggio del passato e, come tale, da superare. Non è forse questo un modo mascherato di colpire ogni accordo sociale e di insegnare il valore di causare liberamente sofferenza agli altri?
    Fedeltà, che brutta parola. Odora proprio di medioevo, di cavalieri che muoiono per difendere il loro Signore e la religione cristiana. Oppure ricorda il cane, un animale, il più fedele all’uomo.
    No. Oggi la fedeltà, di coppia in particolare, non è più importante. Ce lo insegnano i giornali: anche gli eroi dei fumetti o della televisione tradiscono. Andando a spulciare qualche sito si trovano guide per capire i 10 segnali che indicano che sei proprio pronto o pronta a tradire. Siamo in un mondo laico, è ormai un dato acquisito che l’amore non è eterno e il matrimonio nemmeno. Perché non dare un ultimo calcio a questa istituzione vetero-cristiana, il matrimonio, e sbarazzarci dei vincoli sociali che ci impongono?
    Quella portata avanti fin qui – si sarà capito – è una parodia che mescola realismo e iperboli, verità e menzogne. Molti si saranno riconosciuti in quelle affermazioni, chissà. I media più lanciati verso il progresso si fanno portavoce dell’istanza di emancipazione del tradimento e, di fatto, veniamo bombardati da questi messaggi.
    Partiamo da una considerazione preliminare: il matrimonio non è un prodotto cristiano o occidentale. Il matrimonio non incestuoso è l’atomo di ogni società, secondo Levi Strauss, quindi non possiamo additare la Chiesa come inventrice di questa istituzione giuridico-sociale. Lo si trova in tutte le culture, basta guardarsi intorno. Quello che si potrebbe criticare, con maggiore proprietà scientifica, è la sovrastruttura cristiana del matrimonio. Il matrimonio cristiano è unico, eterno e monogamico, perché così è l’amore nell’ottica della Chiesa.
    Noi uomini moderni, tuttavia, ci fregiamo di aver conquistato il fuoco prometeico della laicità. Perché, tuttavia, consideriamo barbarie la poligamia dichiarata dell’Islam, ad esempio? Non sta scritto da nessuna parte, infatti, che il matrimonio debba essere monogamico, è un lascito cristiano che molti laici ferventi professano contro altre religioni, non certo un esempio di laicità. Un laico in occidente considererebbe adulterio una simile cosa. Questa è una contraddizione, un’altra è più sottile e riguarda la percezione dell’opinione pubblica. Perché la battaglia per l’adulterio viene portata avanti con toni falsamente femministi? Come se il tradimento maschile fosse un delitto e quello femminile una libertà da acquisire. Forse siamo troppo maliziosi. Limitiamoci all’argomentazione scientifica e antropologica.
    Il considerare il matrimonio un puro strumento sociale è altrettanto sbagliato, inevitabilmente porta con sé una sovrastruttura valoriale. Ciò che tuttavia andrebbe salvato, come minimo, è la fedeltà a un qualsiasi patto. Il normalizzare l’adulterio è il normalizzare la violazione del più basilare degli accordi sociali. Immaginate che si violassero le regole giuridiche in generale: sarebbe l’anarchia, una sragionata e caotica anarchia. Il promuovere l’adulterio non è altro che un modo di portare avanti il valore dell’atomizzazione sociale. Non occorre arroccarsi in posizioni religiose, il semplice matrimonio civile e laico deve essere onorato allo stesso modo. Si tratta delle basi della convivenza umana.
    Se la fedeltà viene percepita come un valore, chiaramente la sua violazione creerà sofferenza. Oltre a quanto si è detto, è una normalizzazione del far soffrire il prossimo, una sterilizzazione dell’empatia. Che bisogno abbiamo di tutto questo?
    L?EDUCAZIONE SENTIMENTALE AL TRADIMENTO | Informare per Resistere

    Com’è triste il poliamore, le ridicole profezie di Attali
    di Costanza Miriano
    Perché? Perché – mi chiedo –nessun direttore mi ha mai mandato a liberare la pernacchia che è in me, cioè dico a intervistare Jacques Attali? E perché quando una, come Leonetta Bentivoglio, ha queste fortune, le spreca interloquendo seriosamente con lui come se quest’uomo non stesse delirando, in spregio a qualsiasi senso della realtà? Il perché in fondo lo so: l’uomo è tutt’altro che scemo e ininfluente, ed è perfettamente funzionale al disegno culturale del giornale che ne ospita l’intervista. Banchiere, economista, consigliere di Mitterand e Sarkozy, ha una mano o anche due in tutte le istituzioni finanziarie europee che contano e che, senza scomodare immagini di nuovi ordini mondiali, hanno oggettivamente dichiarato guerra alla ragionevolezza della famiglia.
    Trovano intollerabile che un maschio e una femmina si uniscano stabilmente e mettano al mondo dei figli alla vecchia maniera, facendo l’amore, e che di quei figli si occupino con continuità, facendo uno il padre l’altra la madre, potendo raccontare loro anche, che so, del nonno nato in un’isola e della zia che amava i cappelli e le cartoline, perché quei figli sapranno da dove viene il loro seme, e non avranno mai l’angoscia di essere privi di una storia (o meglio, di averla ma di non poterla conoscere), senza radici, senza padri a cui ribellarsi, né avranno mai il senso di colpa di sapere che una povera indiana è stata sfruttata per pochi soldi mescolando con loro sangue e cellule e respiro e tutto il mischiabile, e poi sarà stata esclusa dalla loro vita quando ancora il cordone che li ha uniti starà pulsando sangue.
    Martedì scorso Rep. era un manifesto di questo mondo da incubo, con articoli sull’eterologa, e titoli che sarebbero da penna blu in qualsiasi scuola di giornalismo (“Il giudice sdogana l’eterologa, si può partire”, e pazienza se il presidente del tribunale di Bologna, Francesco Scutellari, specifichi che “queste due ordinanze valgono solo per i casi reali e concreti a cui si riferiscono, non in assoluto”), articoli contenenti interviste a direttori di cliniche di fecondazione che appunto poche pagine dopo hanno una bella pubblicità (a pagamento).
    Ma per la perla occorre spostarsi dalla cronaca alla cultura, con l’intervista a Jacques Attali, che annuncia l’avvento del poliamore, di un mondo fatto di «coppia monogama precaria e matrimonio a contrattualità limitata». Insomma legami co-co-co-niugali, come dice un mio amico, perché «nella sua vita ognuno formerà un numero crescente di coppie e l’indissolubilità della famiglia monogamica verrà denunciata come un anacronismo e un lascito della società feudale, ci si prenderà gioco della fedeltà come di un’impostura, di una convenzione artificiale quasi barbara e il divorzio non verrà più vissuto come un fallimento».
    Il problema, caro Jacques, è il cuore dell’uomo. Noi siamo fatti per essere felici, e il nostro cuore vuole essere amato di un amore totale, eterno, indissolubile, incondizionato. Un amore che ci dica “io ti prendo così, anche se sei lamentosa, anche se sei disordinato, anche quando sei un po’ egoista, ti prendo tutti i giorni della mia vita, anche ora che hai le occhiaie e mi stai raccontando per la quindicesima volta di quando da giovane facevi rafting”. Anche tu lo vuoi, Jacques, non posso credere che ti piaccia sentirti dire “sì, sei in gamba, ma stasera preferisco andare a letto con quel bellissimo giornalista che corre maratone e ha trenta anni meno di te. Ma stai tranquillo che se mi serve una lettura degli scenari economici mondiali dopo la notte di sesso vengo da te, a colazione”. Mi dispiace, ma non ci credo. Perché per quanto misterioso il nostro cuore ha alcune regole di funzionamento: ha dei ventricoli, delle valvole, e un bisogno struggente di amore totale. Il punto però lo cogli proprio tu quando scrivi che nel tuo futuro “molti saranno innamorati solo di se stessi”. Ecco, allora il punto è questo. Che noi vogliamo essere amati totalmente, ma noi non sappiamo amare così. C’è, dici, uno “sfasamento traumatico fra la realtà e le aspettative personali”. È vero, l’altro ci delude. È vero, non è sempre come lo vorremmo. Ma il fatto è che anche noi deludiamo gli altri. Anche tu avrai deluso le tue donne, anche tu le avrai ferite. Chissà quante volte, e chissà quante senza accorgertene (noi siamo incredibilmente più sensibili di quanto sospettiate, è per questo che spesso vi sembriamo matte).
    Certo, questo tipo di amore che va oltre la delusione, e anzi proprio nel momento della disillusione – il principe dopo averla salvata si piazza sul divano in ciabatte, la principessa dopo il salvataggio non è più tanto bisognosa, e comincia a rompere (lui si sposa sperando che lei non cambi mai, lei si sposa sperando di cambiarlo) – non è più spontaneo ma diventa frutto di una decisione, e a volte è anche un po’ preterintenzionale, questo tipo di amore è una scelta. “Nella libertà moderna si rivendica il diritto di non scegliere”, ma questa è un’illusione, caro Attali. Non è vero che non scegli. Scegliendo il poliamore dici di no alla lealtà, al sapere di poter contare su qualcuno qualunque cosa succeda, al gioco di squadra – perché una famiglia lo è – a un’alleanza con qualcuno che ha visto il peggio di te e ti tiene lo stesso. Dici di no alla profondità, a un livello di amore che ti sarà sempre precluso, e che è quello che il tuo cuore desidera. Ecco, “a che titolo si dovrebbero avere due case e due cellulari, e non più amori”, è esattamente per questo. Per la tua vera e profonda felicità.
    Lo sappiamo che non è facile. Lo sappiamo che succede di innamorarsi di un’altra, di un altro. È più strano se non succede, a dire la verità, e può anche darsi che sembri, a volte persino che sia, la persona perfetta. Ma sempre ci si trova di fronte a una scelta: continuare a costruire la cattedrale di un rapporto per sempre, o buttarla giù con una bomba, incuranti del dolore dell’altro, e soprattutto dei figli? E siamo sicuri che buttando la bomba stiamo esercitando la nostra vera libertà? O non è piuttosto quella che il sociologo Michel Maffesoli in un’altra intervista a Rep. chiama la “dittatura del desiderio”?
    Il punto centrale del ragionamento di Attali, gratta gratta, è che l’altro delude le nostre aspettative. Per questo purtroppo c’è una sola ricetta, e non credo che il banchiere voglia prenderla, la medicina. Accettare di essere brutte persone. Noi, esattamente come quella che abbiamo al fianco. Accettare di essere un mistero a noi stessi. Un miscuglio di male e peccato (si potrà dire, questa parola, nella terra dei lumi, del buon selvaggio, e nei templi della finanza?). Noi cristiani lo possiamo dire serenamente, che sappiamo di essere brutte persone, perché l’unico buono è un Altro, e questa per me è l’unica risposta possibile allo sgretolamento dell’indissolubilità del matrimonio borghese. Rimanere al proprio posto perché c’è uno che ci ha promesso che starà con noi.
    Ma anche per chi non è cristiano, il matrimonio stabile è profondamente ragionevole, e d’altra parte Papa Benedetto XVI ce lo ha ricordato in tutti i modi, e non solo a Ratisbona, che “non agire secondo ragione è contrario alla natura di Dio”. È ragionevole perché, si è detto, è quello che profondamente vogliamo (anche chi sta con una persona da tre giorni si racconta che quell’amore durerà per sempre, e in qualche modo confuso lo desidera). Ma è ragionevole anche perché è quello di cui hanno disperato e profondo bisogno i figli. Attali a quanto mi risulta non ne ha, ed è per questo che può sparare cose insensate come queste: i bambini cresceranno in famiglie composte da «vari padri e varie madri o solo padri e solo madri, tutti ugualmente legittimi», e «saranno felici di avere più famiglie e vivranno in un luogo fisso dove i genitori si avvicenderanno». Tu puoi dirmi che i genitori lo faranno. Ma che i bambini saranno felici no, non ti è permesso di dirlo. Non sai quello che stai dicendo. Non conosci, o fingi di non conoscere, il cuore dei bambini, che hanno bisogno dell’amore tra i loro genitori più che dell’aria. Per loro è un dolore indicibile sapere che l’amore da cui sono venuti non esiste più, è come una messa in dubbio della loro esistenza: fino a che non saranno adulti dipendono totalmente da questo sguardo fra i genitori che è per loro quasi il permesso di esistere.
    E poi, l’apoteosi finale: «La riproduzione diventerà compito delle macchine, mentre la clonazione e le cellule staminali permetteranno a genitori-clienti di coltivare organi a volontà per sostituire i più difettosi. Un bambino potrà essere portato in grembo da una generazione precedente della stessa famiglia o da un donatore qualsiasi, e i figli di due coppie lesbiche nati da uno stesso donatore potranno sposarsi, dando vita a una famiglia con sole nonne e senza nonni. Molto più in là, i bambini potranno essere concepiti, portati in grembo e fatti nascere da matrici esterne, animali o artificiali, con grande vantaggio per tutti: degli uomini poiché potranno riprodursi senza affidare la nascita dei propri discendenti a rappresentanti dell’altro sesso; delle donne poiché si sbarazzeranno dei gravami del parto». A parte che mi deludi, caro Jacques, usi parole obsolete come “sesso” (non lo sai che si dice “genere”?); a parte che partorire è una cosa bellissima di cui nessuna di noi si vuole sbarazzare (per quanto, come diceva Robin Williams, estrarre un pollo arrosto da una narice può avere i suoi lati negativi), ma questo tu non lo puoi sapere; per il resto non credo alla tua buona fede, Jacques. Un mondo così è un incubo anche per te. Che ne direbbe tua madre, anzi, scusa, la tua matrice interna di origine umana?
    Com?è triste il poliamore, le ridicole profezie di Attali | Azione Tradizionale

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    Predefinito Re: Il deserto avanza

    Usa, marijuana. Consumi e abusi raddoppiati in dieci anni: «Colpa delle leggi»
    I dati sono stati diffusi da uno studio pubblicato sulla rivista mensile della più grande associazione di medici americani: il 10 per cento della popolazione (22 milioni di persone) si droga
    Leone Grotti
    Negli Stati Uniti 22 milioni di persone, pari al 10 per cento della popolazione, fanno uso di marijuana e circa uno su tre, cioè 6 milioni e 850 mila persone, ne abusa o ne è dipendente. Lo rivela uno studio pubblicato su Jama Psiychiatry, rivista mensile diffusa dall’Ama, la più grande associazione di medici americani. I dati potrebbero anche essere superiori, ma lo studio riguarda solo la popolazione maggiorenne, fa notare l’Associated Press.
    DUE SONDAGGI. Gli autori hanno paragonato i risultati di due importanti sondaggi sullo stesso tema, condotti a distanza di dieci anni l’uno dall’altro, e realizzati con interviste faccia a faccia. Sono state dunque messe a confronto le 43.093 interviste del National Epidemiologic Survey on Alcohol and Related Conditions fatte nel 2002-2003 e le 36.309 del National Epidemiologic Survey on Alcohol and Related Conditions fatte nel 2012-2013.
    CONSUMO RADDOPPIATO. Nel giro di dieci anni, è il risultato, il consumo di marijuana è più che raddoppiato tra la popolazione americana passando dal 4,1% del 2002 al 9,5% del 2012. Inoltre, il consumo della droga è aumentato soprattutto nelle classi più povere della popolazione, in particolare tra i neri e gli ispanici. Anche l’abuso e la dipendenza sono raddoppiati passando dall’1,5% al 2,9%, a causa dell’aumento della popolazione che fa uso della droga.
    LA RESPONSABILITÀ DELLE LEGGI. Per spiegare una simile crescita, lo studio fa notare come «negli Stati Uniti le leggi sull’uso della marijuana stiano cambiando. Ora 23 Stati la permettono per uso medico ed è stato registrato che negli Stati con leggi simili il consumo di marijuana è più alto che negli altri. Quattro di questi Stati hanno anche legalizzato la marijuana per uso ricreativo».
    «MARIJUANA PERICOLOSA». Secondo gli autori, le nuove leggi sono alla base sia dell’aumento del consumo di marijuana sia di un cambiamento di mentalità verso la droga che di una minore percezione dei rischi: «Sempre meno americani percepiscono che la marijuana è pericolosa, nonostante diversi studi abbiano mostrato che la marijuana è legata a: degrado cognitivo, handicap psicosociali, incidenti stradali, ricoveri al pronto soccorso, sintomi psichiatrici, bassa qualità della vita, uso di altre droghe, sindrome da astinenza da cannabis e rischi di dipendenza. Inoltre, l’abuso della (o la dipendenza dalla) marijiuana sono associati a ossessioni e disabilità, e rappresentano di conseguenza un pericolo per la salute pubblica».
    NO ALLA LEGALIZZAZIONE. Anche per questo lo studio specifica che «educare ai rischi dell’uso di marijuana, presentando argomenti in modo ragionevole ed equilibrato, è sempre più importante per contrastare l’idea pubblica che la marijuana non sia pericolosa». Con queste premesse, è scontata la conclusione finale: «Molte persone negli Stati Uniti pensano che sia giunta l’ora di smettere di proibire l’uso ricreativo della marijuana, ma questo studio, così come tanti altri, suggerisce cautela».
    Usa, consumo di marijuana raddoppiato in 10 anni | Tempi.it

    La “sessualità fluida”, logico approdo di un processo rivoluzionario
    di Rodolfo de Mattei
    In tema di sessualità la nuova parola d’ordine è“fluidità”. Assumere un atteggiamento “sessualmente fluido” significa essere al passo con i tempi e non farsi rinchiudere dentro ruoli sessuali stereotipati, vale a dire costruiti in maniera artificiosa contro gli istinti e le pulsioni naturali dell’individuo.
    Una visione evidentemente schizofrenica e perversa che dopo aver rimosso le categorie di maschile e femminile, respinge oggi la stessa dicotomia eterosessuale / omosessuale, vista come una soffocante e superata gabbia socio-culturale.
    Tale fluidità sessuale è stata, recentemente, sbandierata da numerosi personaggi noti e meno noti che, candidamente, hanno dichiarato la propria instabilità in fatto di attrazioni sessuali, auto-definendosi con criptici neologismi che fluttuano tra il maschile e il femminile: genderqueer, agender, genderfluid, neutrois, bigender, ecc.
    Una delle prime ad annunciare la propria fluidità è stata la popstar Miley Cyrus, che ha affermato:
    «Non mi identifico né in un ragazzo né in una ragazza e non devo avere un/una partner che lo faccia. (…) Non odio essere una ragazza, ma la casella in cui vengo messa in quanto tale».
    Sulla stessa linea St. Vincent, nome d’arte di Annie Erin Clark, una musicista indie-rock, partner della ex-modella Cara Delevingne, la quale ha dichiarato:
    «Credo nella fluidità di genere e in quella sessuale. Non mi identifico in nulla».
    Anche Shamir, un cantante americano androgino rifiuta qualsiasi categorizzazione sessuale: “Non mi piace identificarmi come maschio o femmina”;
    così come la musicista canadese Claire Boucher, conosciuta con il nome d’arte di “Grimes”, che ha rivendicato la propria neutralità in termini di sesso con le seguenti parole: “Vivo in uno spazio neutro, quindi sono imparziale rispetto ai pronomi da usare per me. Non ne ho uno preferito ma desidero non essere categorizzata come donna. Ciò che sento e leggo su Grimes è super “di genere” e mi mette a disagio”.
    La sessualità fluida non è altro che il coerente e logico approdo dell’indifferentismo sessuale promosso dall’ideologia del gender e dall’omosessualismo militante. L’incessante bombardamento culturale in tal senso, supportato e amplificato da ogni mezzo di comunicazione e dalle icone più popolari dei giovanissimi, ha alimentato una drammatica e crescente diffusione del fenomeno tra le nuove generazioni.
    Il tema è ormai divenuto così attuale da essere trattato perfino sulla popolare rivista femminile “Donna Moderna” con un’intervista a Giuseppe Burgio, docente a contratto di Pedagogia generale a Palermo, autore di una ricerca sul tema e del libro Adolescenza e violenza. Il bullismo omofobico (Mimesis).
    Ovviamente anche “Donna Moderna”, assieme al prof. Burgio, si accoda al coro ideologico tanto che il docente, come se nulla fosse, inquadra il fenomeno, liquidandolo come una normale trasformazione culturale figlia dei tempi:
    «(…) rispetto a un tempo, non c’è più un solo modo di essere uomo o donna, come non esiste ormai un unico tipo di famiglia o di coppia. E neppure un solo modo di essere omosessuale. Un tempo era tutto più chiaro, quasi schematico: il gay è effemminato, la lesbica è mascolina e così via. Adesso, invece, i confini non sono più così netti. E, per esempio, a 16-17 anni una ragazza può ritrovarsi a baciare la sua migliore amica senza per questo essere lesbica. O, dopo una storia etero, avere fantasie su una persona dello stesso sesso. In quel momento sarà confusa, si farà delle domande. Ma non si sentirà “anormale”, come sarebbe probabilmente accaduto a noi».
    Burgio, perfettamente in linea, con il diktat etico dominante, invita quindi i genitori e gli educatori a fare un passo indietro per far si che i giovani possano ripudiare serenamente le oppressive norme socioculturali ed esprimere liberamente la loro presunta vera natura:
    «Tutti gli adulti in generale (insegnanti e genitori) dovrebbero sostenere e accompagnare la ricerca dei ragazzi senza cercare di dirigerla. Imporre un modello è pericoloso perché a quell’età è facile che i ragazzi, pur di avere delle certezze, finiscano per aggrapparsi alla norma e, anziché cercare di capire se stessi, mettersi una maschera di normalità. Come se fare ordine fuori potesse mettere ordine dentro di sé. Ma non funziona così».
    La “genderfluidità” dilagante tra i giovanissimi rappresenta dunque il tragico ma logico punto d’arrivo di un premeditato processo rivoluzionario che, dopo aver negato la naturale distinzione maschile/femminile, punta oggi a distruggere e dissolvere le stesse categorie di maschio e femmina, per creare un utopistico nuovo essere umano, privo di genere sessuale, che si vorrebbe libero ma nella realtà è in catene, in quanto totalmente disancorato dal progetto e dai fini naturali per i quali è stato creato. Per questo, tale disumano processo è inevitabilmente destinato alla auto-distruzione dell’uomo stesso.
    La ?sessualità fluida?, logico approdo di un processo rivoluzionario ? di Rodolfo de Mattei | Riscossa Cristiana

    Il transgenderismo è un disturbo mentale: parola di psichiatra
    Il dott. Paul R. McHugh è uno dei più autorevoli psichiatri a livello mondiale, con quasi mezzo secolo di pratica professionale. Già Primario di psichiatria nel celebre Johns Hopkins Hospital, di Baltimora, oggi è Distinguished Service Professor of Psychiatry. Autore di sei libri, ha pubblicato più di 130 saggi in riviste specializzate.
    Qualche settimana fa, il dott. McHugh ha sollevato un piccolo tsunami nel mondo accademico affermando che il transgenderismo è un “disturbo mentale” che va trattato, e che il cambio di sesso è “biologicamente impossibile”. La chirurgia per cambiare sesso, secondo lui, non è la soluzione per persone che soffrono di “disordine di assunzione”, vale a dire la percezione che la propria mascolinità o femminilità sia diversa da quella che la natura le ha assegnato biologicamente. Secondo McHugh, le persone che promuovono un tale intervento chirurgico stanno favorendo la diffusione di un disturbo mentale.
    Nell’articolo lo psichiatra statunitense riporta vari studi che mostrano come il tasso di suicidi tra le persone transgender sia venti volte superiore a quello tra persone non transgender. Egli cita inoltre studi della Vanderbilt University e della Portman Clinic di Londra che mostrano come, nel 70% dei casi, i sentimenti transgender spariscono spontaneamente col passare del tempo.
    Lo psichiatra statunitense critica l’amministrazione Obama, Hollywood e i grandi mezzi di co*municazione, come la rivista Time: “Promovendo il transgenderismo come normale, questi signori non fanno affatto un favore né al pubblico né ai transgender, nel trattare le loro confusioni mentali come un diritto che va difeso piuttosto che come un disturbo mentale che merita comprensione, trattamento e prevenzione “.
    “Il sentimento di essere transgender costituisce un disturbo mentale in due aspetti – scrive McHugh – il primo è che il cambio di sesso è semplicemente sbagliato, non corrisponde alla realtà fisica. Il secondo è che può portare a conseguenze psicologiche atroci “.
    Il disturbo della persona transgender, continua McHugh, sta nel fatto che la percezione psicologica che essa ha della propria sessualità non corrisponde alla realtà fisica del suo corpo, cioè alla propria mascolinità o femminilità, come assegnata dalla natura. In linguaggio scientifico si chiama gender dysphoria. Si tratta di un disturbo simile all’anoressia, nella quale, guardandosi allo specchio, una persona pericolosamente magra si vede comunque sempre “sovrappeso”, oppure alla dysmorfia, nella quale una persona percepisce se stessa come fisicamente diversa da ciò che in realtà è.
    La percezione delle persone transgender, secondo cui la loro sessualità risiede nella mente, a prescindere dalla realtà anatomica, ha portato al riconoscimento sociale di queste persone basato sull’affermazione di “verità soggettive” che nulla hanno a che fare con la realtà. Non sorprende, dunque, che nell’approvare leggi che permettono il cambio di sesso in minorenni, alcuni Stati abbiano proibito agli psichiatri, anche con l’autorizzazione dei genitori, di trattarli per permetterli di ripristinare la sensibilità sessuale naturale.
    I promotori degli interventi precoci di cambio di sesso semplicemente non vogliono prendere atto degli innumerevoli studi che mostrano come tra il 70% e l’80% dei giovani che esprimono sentimenti transgender spontaneamente perdono tali sentimenti nel corso del tempo. Inoltre, anche se molti tra quelli che si sommettono a un intervento chirurgico per cambiare sesso si dichiarano “soddisfatti” con l’ope*razione, la realtà è che, successivamente, il loro adeguamento psicologico e sociale si dimostra pieno di problemi.
    “Perciò, allo Johns Hopkins abbiamo smesso di fare interventi di cambio di sesso. Ci sembrava che rendere persone apparentemente ‘soddisfatte ‘ ma in realtà piene di problemi psicologici e sociali non era una ragione sufficiente per amputare chi*rurgicamente organi perfettamente funzionanti“, scrive il dott. McHugh.
    L’ex Primario di psichiatria mette in guardia contro le lobby LGBT che promuovono un tipo di educazione sessuale che presenta il cambio di sesso come “normale”. Se la prende pure con i “consiglieri” nelle scuole che suggeriscono ai giovani di prendere le distanze dalle loro famiglie, evitando quindi di sentire altre campane. Infine, critica quei “medici fuorviati” che, al primo accenno di una tendenza sessuale non corretta, somministrano droghe per ritardare la pubertà, per rendere i successivi interventi di cambio di sesso meno onerosi, esponendo i ragazzi a ogni sorta di pericoli, sia fisici sia psicologici. Tale atteggiamento, secondo McHugh, è al limite dell’abuso di minorenni.
    McHugh ritiene un suo preciso dovere come medico e come psichiatra, avvertire il pubblico che l’ideologia gender costituisce un pericolo per la salute mentale della società: “Dobbiamo puntare il dito e dire che il re è nudo!“
    “Il cambio di sesso è biologicamente impossibile – conclude McHugh – le persone che si sottopongono a un tale intervento non si trasformano da uomo a donna, o viceversa. Piuttosto, diventano uomini effeminati e donne mascolinizzate. Affermare che tale in*tervento è un ‘diritto ‘equivale a promuovere, a livello sociale, un grave disturbo mentale “.
    Il transgenderismo è un disturbo mentale: parola di psichiatra » Rassegna Stampa Cattolica

    L’Unione Europea incorona un transgender ‘Cittadino europeo 2015’
    di Rodolfo de Mattei
    Come riporta l”’Irish Times” del 19 ottobre 2015, il nome dell’attivistatransgender irlandese Lydia Foy figura nell’elenco del “CIVI EUROPAEO PRAEMIUM 2015”, l’ambito premio come “Cittadino europeo dell’anno”, assegnato dal 2009 dal Parlamento Europeo. Foy ha ottenuto tale riconoscimento “per la sua ventennale lotta a favore dei diritti delle persone transessuali”, in quanto protagonista del lungo e conflittuale iterlegale per i diritti omosessuali che si è concluso il 15 luglio 2015 con la promulgazione da parte del governo irlandese del “Legal Gender Recognition Act”, che consente a tutti i cittadini sopra i 18 anni di vedere legalmente riconosciuta la propria identità di genere.
    Nato maschio nel 1947 con il nome di Donal Mark, nel 1977 Foy sposò Anne Naughton, una donna da cui ebbe due figlie. Negli anni Ottanta, l’uomo iniziò ad avere disturbi psicologici riguardo la propria sessualità, fino a che, nel 1989, Donal Mark decise di intraprendere il processo di transizione da uomo a donna, sottoponendosi a una serie di cure ormonali e interventi chirurgici che si conclusero nel 1992 con il definitivo cambio di sesso. Dopo aver mandato a monte il matrimonio, nel 1994, Donal Mark, diventato Lydia, ha intrapreso una lunga battaglia legale con la sua ex moglie e le due figlie per motivi ereditari, così come con la legislazione irlandese per il riconoscimento del suo nuovo “status sessuale” sul certificato di nascita
    Come scrive l’Irish Times, l’avvocato di Foy, Michael Farrell, ha sottolineato entusiasta come l’Irlanda abbia fatto in pochi mesi un enorme balzo in avanti in materia di diritti LGBT, “passando da essere il paese dell’UE con la legislazione più arretrata ad essere il paese dell’UE con uno delle migliore normative per le persone transgender”. L’avvocato ha inoltre evidenziato come la selezione di un attivista transgender da parte dell’Unione europea rappresenti un chiaro segnale del “Parlamento europeo riguardo la necessità di legiferare nei confronti delle persone transgender“, e come, in questo senso, tale riconoscimento abbia “un significato ben più ampio rispetto al cambiamento legislativo avvenuto in Irlanda”. Sempre secondo la Farrel, infatti, tale decisione è un chiaro e forte segnale della UE nei confronti dei paesi membri e di tutti quelli che ambiscono ad aderire all’UE:
    “un riconoscimento di questo tipo da parte dell’Unione Europea è più importante della legislazione di un singolo Stato. L’obiettivo è far sì che tutti gli Stati membri dell’Unione adottino delle legislazioni che garantiscano un livello minimo di rispetto dei diritti umani”.
    Dopo aver fatto esibire di fronte all’Europarlamento, circa un anno fa, l’8 ottobre 2014, Conchita Wurst, la grottesca “donna barbuta”, vincitrice dell’ “Eurovision Song Contest”, con la premiazione del transgender irlandese Foy, il Parlamento Europeo ribadisce, se ancora ce ne fosse bisogno, la sua ferma politica in materia di tendenze sessuali: avanti tutta con la normalizzazione di ogni tipo di devianza.
    La parola chiave, utilizzata dai burocrati di Bruxelles per diffondere il loro intollerante paradigma e imporre i “nuovi diritti” umani è l’ambiguo e abusato vocabolo di “tolleranza”. Una malintesa concezione di tolleranza che, rifiutando per principio ogni dogma o verità assoluta e affermando l’impossibilità di conoscere il vero e il giusto, promuove il totale relativismo morale nel quale l’individuo può scegliere in piena libertà il proprio bene. L’Europa cristiana rinnega dunque le sue secolari radici per promuovere, paradossalmente, una moderna religione secolare con la sua “dottrina” e i suoi “dogmi” laici. Una vera e propria “religione civile” che, come scrive Michel Schooyans, nel suo interessante saggio, Il volto nascosto dell’Onu, porta alla restaurazione del cesaropapismo, sistema di potere nel quale,
    “Cesare, vale a dire il potere politico, è anche “pontefice”, ossia capo della religione civile, e come tale impone che il suo razionalismo radicale, la sua religione secolare, sia l’unico principio di integrazione sociale. (…) Sotto la maschera della libertà e della tolleranza, vediamo così profilarsi una società nella quale si è liberi soltanto di una cosa: acconsentire a sottomettersi”.
    L?Unione Europea incorona un transgender ?Cittadino europeo 2015? ? di Rodolfo de Mattei | Riscossa Cristiana

    1+1
    Pubblicato da Berlicche
    La maestra salì in cattedra. Classe difficile, le avevano detto. Tu sei la terza supplente quest’anno.
    Lei aveva chiesto “Che fine ha fatto la maestra di ruolo?” “Esaurimento nervoso”, le avevano risposto. “La prima supplente?” “Ha abbandonato l’insegnamento”. “E l’ultima?” A questo avevano scosso tristemente la testa.
    Ed è solo una prima elementare! Si era detta. Cosa avrà di strano?
    Il colpo d’occhio non era molto incoraggiante, ma neanche così tragico. Va bene, c’erano quelli che parlavano tra loro fregandosene del fatto che era arrivata, metà era fuori dal proprio banco, c’era uno sdraiato per terra, uno in fondo fumava…
    Fumava?
    Non pareva proprio avesse sei anni, piuttosto diversi di più. La squadrava con un aria tra l’ironico e lo strafottente…
    Lei lasciò cadere i libri sulla cattedra. Per un istante il chiacchericcio si interruppe, poi riprese come niente fosse accaduto. Lei si schiarì la voce. “Ahem. Tu, laggiù in fondo…”
    Il fumatore alzò un sopracciglio.
    “Forse non lo sai, ma è vietato il tabacco in classe”
    “Ah, allora sono a posto” replicò, tirando una profonda boccata.
    Prima che la maestra potesse reagire, con uno schiocco di dita l’alunno mandò il mozzicone fuori dalla finestra aperta.
    Fu il segnale. Svogliatamente, gli alunni ritornarono ai loro banchi. Tutti adesso la guardavano, in attesa.
    Va bene. Va bene, si disse, l’importante adesso è conquistare la loro attenzione. Con qualcosa di semplice, di bello, di essenziale, di evidente.
    “Oggi, ragazzi, faremo le ad-di-zio-ni”
    Silenzio.
    “Sulla lavagna ora scrivo uno-più-uno-uguale-due. Questo segno in mezzo si chiama…sì?”
    Si era alzata una mano, dal fondo all’aula. Il fumatore.
    “E’ una balla”, disse il ragazzo con voce annoiata.
    “Vuoi dire che ti annoi?”
    “No, voglio dire che uno più uno non fa due. E’ una balla che vi siete inventata.”
    La maestra rimase interdetta. Che stava dicendo quello?
    “Non me lo sono inventata. Da sempre uno più uno fa due.”
    “Ah sì, da sempre. Provatemelo.”
    “Ma…è evidente.”
    “Non per me” il ragazzo aveva un’aria disgustata. “Quella che faccia due è solo una vostra teoria, che non sta in piedi”.
    La maestra stava perdendo la pazienza. “Guarda qui. Una matita” prese una matita “più un’altra matita.” afferrò una seconda matita “Fanno due matite. Convinto?”
    Lui la guardò sogghignando. “Eh certo, fate i vostri trucchetti e vi aspettate che io ci creda. Le dimostrazioni devono essere indipendenti e neutrali. Voi siete di parte, il vostro conto non vale niente”
    “Allora leggi, sul libro!”
    “Altra dimostrazione di parte. Non ne avete di imparziali?”
    “Te lo dico io che uno più uno…”
    “E chi siete? Non mi fido di voi. Perché dovrei credervi?”
    Il resto della classe assisteva allo scambio verbale sottolineando con risa e applausi ogni risposta del loro compagno. Come fosse un gioco.
    “Io ho studiato…” tentò la maestra.
    “Sì, buonanotte. Non vuol dire che quello che dite sia vero.”
    “Sono un adulta” Ora come ora, un’adulta quasi disperata.
    “Siete più grossa. Volete impormelo con la forza?”
    La donna provò a cambiare approccio. “Un attimo. Un attimo. E quanto farebbe allora per te uno più uno?”
    “Quanto ho voglia, è chiaro.”
    “Uno più uno ha sempre fatto due!”
    “E se anche fosse? E’ questo il difetto di voi tradizionalisti, non capite che i tempi cambiano.”
    Come parla questo bambino? Si chiese la donna. “Ma uno più uno non cambia! E’ così!”
    “Siete legata al passato. Oggi quello che affermate non ci dice più niente. Noi siamo moderni.”
    “Se uno più uno non facesse due, non funzionerebbe niente. Non vedete la bellezza di questa matematica così elementare, così vera?”
    Le risero in faccia.
    “La matematica è la matematica! Non è un’opinione.” Il grido le si strozzava in gola.
    “Arretrata! Obsoleta! E la fisica quantstica? E l’indeterminazione di Heinsenberg?”
    “Ma cosa c’entrano…”
    “Vedete, maestra?” In qualche maniera, il tono trasformava l’appellativo in un insulto. “Non appena uscite dalla lezioncina imparata a memoria non sapete più che pesci prendere. Siete una truffatrice ignorante, e venite pure qui a raccontare le vostre balle. Noi rifiutiamo l’indottrinamento di quelli della vostra specie!”
    Quando la maestra ritornò a casa, la mano le tremava tanto che quasi non riusciva ad infilare la chiave nella toppa. Cosa avevano questi bambini?, si chiese. Sono dei mostri! No, si corresse, non mostri, ma non sanno quello che dicono. Non riescono a vedere neanche le cose più ovvie ed evidenti. Cosa avevano? Come vivevano? Chi li aveva educati? Verso la fine della lezione, le avevano anche contestato che il cielo fosse blu e l’erba verde. Che cosa poteva esserci, di più elementare di questo? Ci vorrebbe qualcosa che non possano negare, che riguardi davvero loro stessi.
    Si fermò. ma certo. Che stupida a non averci pensato. Domani li avrebbe serviti.
    Che cosa c’è di più evidente ed elementare di essere un maschio, di essere una femmina?
    https://berlicche.wordpress.com/2015/10/06/11/



    Il potere finanziario dietro la diffusione del gender?
    L'economista Iadicicco spiega gli interessi delle multinazionali contro la famiglia e a favore dei 'nuovi diritti': "Dalla disgregazione dei corpi intermedi nasce l'uomo solo, consumatore e suddito perfetto"
    Federico Cenci
    Il primo a parlarne in termini di “rivoluzione antropologica” fu Benedetto XVI, in occasione del discorso d’auguri natalizi alla Curia romana, nel 2012. Da allora, il livello d’attenzione di uomini di Chiesa intorno al gender e alla rivoluzione antropologica ad esso soggiacente si è alzato proporzionalmente al diffondersi di tale ideologia, nei gangli così come negli anfratti più nascosti della società.
    Federico Iadicicco, esponente di ProVita spiega le ragioni che si celerebbero dietro la capillare propaganda a favore dell’indifferentismo sessuale e contro la famiglia. Propaganda che scaturisce da ambienti dalla poderosa influenza finanziaria, giacché capace di condizionare le scelte politiche di alcune tra le maggiori potenze del mondo.
    Da cosa sarebbe testimoniato l’appoggio del potere finanziario all’ideologia gender?
    Sicuramente ed inequivocabilmente dai cospicui finanziamenti che ricevono periodicamente le associazioni Lgbt da parte delle principali multinazionali e ong mondiali: Apple, Coca Cola, Open Society di George Soros, MacArthur Foundation, Fondazione Ford, Goldman Foundation, Rockefeller Foundation, Kodak, American Airlines, Pepsi, Nike, Motorola solo per fare alcuni esempi. Desta sospetto anche la particolare attenzione che gli organismi sovranazionali pongono nei confronti della promozione dell’ideologia di gender verso le scelte legislative nazionali. Basti pensare che l’Organizzazione mondiale della sanità trova il tempo per dettare agli Stati le linee guida sull'educazione sessuale dei bambini invece di occuparsi di problemi reali.
    Ma in che modo il gender ed il riconoscimento dei matrimoni omosessuali favorirebbero queste multinazionali?
    L’involuzione del sistema economico mondiale ha prodotto la concentrazione del capitale nelle mani di pochissimi che prediligono la speculazione finanziaria e lo sfruttamento della manodopera a basso costo tramite le delocalizzazioni piuttosto che investire ed intraprendere al fine di accrescere la ricchezza comune. Questi pochi hanno ormai una capacità finanziaria così grande da poter determinare ed influenzare le scelte politiche. Il potere politico subisce l’influenza di questi potentati economico-finanziari ed ha ormai perso la sua autonomia decisionale. Questi poteri puntano ora alla disgregazione di tutti i corpi intermedi, distruggendo i legami comunitari e relazionali con il chiaro obiettivo di ampliare il loro potere rendendo l’uomo sempre più solo ed incapace di relazioni. Distruggere la famiglia significa rendere l’uomo solo, consumatore e suddito perfetto, consuma compulsivamente al fine di colmare la sua solitudine e non è più in grado di intessere relazioni sociali e comunitarie che possano creare una insidia alla gigantesca industria che ci governa. La prospettiva però più pericolosa, il vero salto di qualità per questi poteri finanziari avviene con la pratica dell’utero in affitto: quando l’uomo non saprà più chi sono sua madre e suo padre, quando avranno distrutto anche i legami genitoriali e con essi la nostra stessa identità, solo allora il loro disegno sarà compiuto.
    Dando uno sguardo alle legislazioni dei maggiori Paesi occidentali, ritiene che le istanze del potere finanziario riguardo il gender trovino un riscontro “nero su bianco”?
    In tutte le Nazioni del cosiddetto Occidente sono promosse leggi contro la famiglia: una legge contro l’“omofobia” per mettere il bavaglio a chi la pensa in altro modo, una legge sulla diffusione della teoria del gender nelle scuole per strumentalizzare i nostri bambini, un intervento per abbreviare e semplificare i tempi e modi del divorzio che diviene una banale pratica da studio legale ed infine una legge che introduca il matrimonio e le adozioni omosessuali. Una vera e propria agenda dettata dagli organismi sovranazionali eterodiretti dalle oligarchie finanziarie volta alla disgregazione della comunità prima e fondativa della società.
    È forse diversa la situazione in Italia, dove il ddl Cirinnà sulle unioni civili ha subito un nuovo rinvio nei giorni scorsi?
    In Italia la situazione non è affatto diversa, il rinvio del ddl Cirinnà è meramente procedurale a causa dell’allungamento dei tempi tecnici dovuto alla riforma costituzionale del Senato. Esiste purtroppo una evidente volontà politica di andare nella direzione del riconoscimento delle unioni civili tra persone dello stesso sesso, un maldestro tentativo di introdurre i matrimoni omosessuali sotto un’altra veste. Tentativo perpetrato con pervicacia malgrado questo si scontri con il sentimento popolare ancora molto diffuso in difesa della famiglia naturale e del diritto dei nostri figli ad avere un padre ed una madre.
    Ha accennato al tema delle leggi contro l’omofobia. Crede siano non l’effetto di un’esigenza sociale bensì uno strumento giuridico in mano a queste lobby finanziarie?
    Certamente c'è una strategia che si preoccupa di far tacere coloro che si professano contrari al riconoscimento dei matrimoni e delle adozioni gay tacciandoli di “omofobia”, introducendo così un assurdo reato di opinione con il chiaro intento di eliminare il dissenso.
    Secondo Lei c’è differenza tra destra e sinistra “istituzionali” su questi temi o crede che, a parte qualche personale obiezione di coscienza all’indifferentismo sessuale, l’appoggio al gender sia ormai trasversale?
    Sul piano internazionale esiste una capacità dei poteri finanziari e delle lobby Lgbt di incidere a livello trasversale indipendentemente dalle appartenenze politiche. Tuttavia non si può trascurare il fatto che la sinistra del XXI secolo abbia aderito ideologicamente alle istanze del laicismo e delle cultura individualista. Il genderismo sta alla sinistra di oggi come il marxismo stava alla sinistra di ieri.
    Il potere finanziario dietro la diffusione del gender? | ZENIT - Il mondo visto da Roma

 

 
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