Il patto scellerato sulla droga
di Marcello Veneziani
C’è una campagna strisciante e pervasiva nel nostro Paese che vuol rendere “normale” la diffusione della droga. E' una campagna che passa dalla proposta ripresentata in Senato di legalizzare la coltivazione e la vendita dell’hashish e della marijuana, cavallo di battaglia di sinistre, radicali, liberal e grillini “fumati”. Si sono moltiplicati in breve tempo e in ogni angolo i negozi dedicati alla cannabis (intorno a casa mia ne sono sorti in pochi mesi 5 o 6). Senza dire dei messaggi quotidiani sulla droga tra canzoni, film, letture. Eppure una percentuale altissima di atti criminali, violenze sessuali o incidenti stradali è accompagnata da quelle pratiche: spaccio, uso, stati d’alterazione, necessità di procurarsi la droga.
La droga è il Gran Rimosso della nostra vita pubblica perché è il punto di confluenza di due aspetti politicamente sensibili: i racket dell’immigrazione clandestina (dalla mafia nigeriana in giù) e la diffusione di una visione libertaria, libertina e permissiva. Da una parte la manovalanza massiccia di migranti, soprattutto neri, nello spacciare e procurare la droga e dall’altro un modello di società radical, trasgressiva, anti-proibizionista che deriva dai piani alti della nostra società, dal nichilismo diffuso oltre che dal cinismo degli imprenditori di morte. Sulla droga la libertà psichedelica del “tutto è permesso” di matrice sessantottina, dove i diritti sconfinano nei desideri, s’incontra con l’accoglienza illimitata di migranti che per fame ed estraneità al territorio sono facilmente reclutabili nel racket. I due fattori, shakerati dall’ideologia radical, disegnano la nuova società verso cui andiamo incontro e che ha perso il senso del limite, personale e territoriale, morale e civile. Masse di espiantati, disperati, in contesti privi di identità, privi di tutto, a disposizione dei racket e dall’altro masse di consumatori, disperati ed espiantati anch’essi, ma benestanti o comunque in grado di procurarsi soldi, privi di ogni riferimento. Su quel patto scellerato regge il mercato della droga.
Uno studio dell’Accademia nazionale americana di Medicina e poi una ricerca di Alex Berenson, uscita ora negli Usa e in Gran Bretagna (Tell your children the truth about marijuana. Mental illness and violence) illustrano i danni che produce la cosiddetta droga leggera e dimostra che non è innocua. La droga danneggia il cervello, riduce la lucidità e la capacità di decidere autonomamente, deteriora i comportamenti, genera dipendenza, altera il rapporto con gli altri e con la realtà, produce stati illusori e allucinatori. Con tutti gli effetti sociali, pubblici e privati che ne derivano. La legalizzazione oltre a legittimarne l’uso ne abbassa il prezzo e ne fa aumentare il consumo. E poi la marijuana oggi è molto più nociva rispetto al passato, ha decuplicato l’agente psicoattivo Thc che la rende assai più dannosa. Con la sua diffusione è raddoppiato in pochi anni negli Stati Uniti il numero di ragazzi che soffre di malattie mentali, oltre il numero di decessi. E nel mondo divampano guerre civili intorno ai narco-stati e al controllo della droga, dal Venezuela all’Albania.
Passa inosservato lo spaccio e il consumo crescente di droga nel nostro paese, l’escalation di morti all’anno per overdose e in generale per droga, più dei femminicidi e di altre emergenze vere e presunte; è record il numero di detenuti per reati connessi alla droga, crescono le violenze per procurarsi la droga e gli incidenti anche mortali a causa di guidatori in stato di alterazione. L’Italia è ai primi posti dei consumi e della tossicodipendenza. E cresce l’eroina, per non dire delle droghe sintetiche, ottenute chimicamente, o i micidiali mix o mischioni. Sono migliaia gli episodi di violenza, di minacce, di ricatti per procacciarsi la “signorina” che scorrono come un fiume quotidiano di sangue e di pazzia, e non ci facciamo più caso. Non c’è giorno che non si sentano episodi legati alla droga: infanticidi per alterazione mentale, uccisioni brutali di nonni, genitori, zii che non volevano più finanziare il vizio dei loro nipoti scellerati, aggressioni a donne, ex-conviventi, in stati di allucinazione dovuti alla droga, risse mortali davanti e dentro discoteche tra ragazzi in preda a deliri di droga… Certe zone, certi luoghi e certe ore sono off limits in tutte le città italiane perché è in corso la sagra dello spaccio, con relativa brutta umanità al seguito e sciame sismico di violenze e abusi. Si hanno a volte notizia di partite di droga sequestrate; ma sono solo la punta di un giro colossale che va dal sud America, ai Balcani all’Asia.
E poi è complicato accedere nelle comunità per il recupero dei tossicodipendenti, i Serd funzionano male e non sono concepiti su misura per le varie tipologie ma solo per i cronici; latitano le strutture di supporto psichiatrico, le famiglie sono in balia del caso e della strada.
Sentite mai parlare di campagne contro la droga, di strutture per fronteggiare l’emergenza droga, di educazione civica contro la droga? Macché, i temi sensibili sono razzismo, sessismo, xenofobia, omofobia. L’omertà sulla droga è una forma di complicità mediatica e politica. Muore il senso del limite e della realtà mentre si festeggia il mondo global, senza frontiere tra i popoli, tra il bene e il male, tra il lecito e l’illecito. Anche la diffusione della droga nasce dal mito di un’umanità che non ha più confini.
https://www.agerecontra.it/2019/02/i...ga/#more-36334
Il “mondo nuovo” sognato da Jacques Attali
Se i Media sono stati molto concentrati su Brigitte, moglie di Emmanuel Macron, sulle sue gambe, gli outfit e la loro storia d’amore, minor interesse hanno rivolto al “padre spirituale” del presidente francese, l’economista e banchiere francese Jacques Attali, storico consigliere di Mitterand, poi consigliere di Sarkozy: sarebbe stato costui a presentare Macron a Hollande che poi lo avrebbe chiamato come segretario aggiunto all’Eliseo, infine nel 2014 a ricoprire la carica di ministro dell’Economia sotto la presidenza di Manuel Valls, prendendo il posto di Arnaud Montebourg.
E' stato proprio Attali a rivendicare la “paternità” spirituale del novello presidente francese di cui parla con orgoglio («Sarà un presidente straordinario»). Già nell’aprile 2016 pronosticava che uno sconosciuto avrebbe vinto le presidenziali del 2017 e indicava due possibili nomi: Emmanuel Macron e Bruno Le Maire.
Attali, che contribui' a scrivere il Trattato di Maastricht, è un lobbista che ha rilasciato negli anni interventi a dir poco inquietanti in linea con la sua fervida produzione saggistica (si pensi a Breve storia del futuro del 2006). A lui è stata anche attribuita la frase «E cosa credeva la plebaglia europea, che l’Euro fosse stato fatto per la loro felicità?».
Nel 1981 rilascio' un’intervista per un libro di Michel Salomon, L’Avenir de la Vie (Il Futuro della Vita), in cui spiegava la sua visione in merito al futuro dello stato sociale: «Si potrà accettare l’idea di allungare la speranza di vita a condizione di rendere gli anziani solvibili e creare in tal modo un mercato». Per risolvere il problema Attali auspicava il ricorso all’eutanasia, definita uno «degli strumenti essenziali del nostro futuro» in quanto «in una società capitalista, delle macchine permetteranno di eliminare la vita quando questa sarà insopportabile o economicamente troppo costosa».
In un’intervista a «la Repubblica» del 19 Agosto 2014 andava oltre profetizzando l’avvento dell’ectogenesi e della clonazione: «La riproduzione diventerà compito delle macchine, mentre la clonazione e le cellule staminali permetteranno a genitori-clienti di coltivare organi a volontà per sostituire i più difettosi. Un bambino potrà essere portato in grembo da una generazione precedente della stessa famiglia o da un donatore qualsiasi, e i figli di due coppie lesbiche nati da uno stesso donatore potranno sposarsi, dando vita a una famiglia con sole nonne e senza nonni. Molto più in là, i bambini potranno essere concepiti, portati in grembo e fatti nascere da matrici esterne, animali o artificiali, con grande vantaggio per tutti: degli uomini poiché potranno riprodursi senza affidare la nascita dei propri discendenti a rappresentanti dell’altro sesso; delle donne poiché si sbarazzeranno dei gravi del parto». Non solo perché l’utero artificiale e la clonazione, «schiuderanno prospettive vertiginose in cui ciascuno potrà decidere autonomamente di riprodursi e un giorno si arriverà forse all’ermafroditismo universale». Un auspicio già avanzato in Italia da Umberto Veronesi, di cui ho ampiamente trattato in Unisex.
Questa visione distopica coincide in pieno con quanto immaginato dal romanziere e saggista Aldous Huxley nel 1932 nel suo Mondo nuovo di cui ho ampiamente trattato nei miei saggi: le future generazioni nasceranno in fabbriche all’interno di uteri artificiali e il sesso sarà svincolato dall’amore e da una relazione sentimentale stabile.
Attali è infatti un sostenitore del “poliamore” che viene definisce «la punta più avanzata delle società sviluppate»: in Amori. Storia del rapporto uomo donna del 2007 prevedeva che la monogamia sarebbe diventata un “anacronismo”. Da qui la poligamia e di conseguenza la poligenitorialità.
In Lessico per il futuro, alla voce “matrimonio”, scriveva: «L’apologia dell’autenticità porterà alla scomparsa della fedeltà come dovere e dell’infedeltà come colpa. Ognuno avrà il diritto di amare più persone alla volta, in modo aperto e trasparente. Ognuno avrà il diritto di formare contemporaneamente più coppie. Poligamia e poliandria torneranno a essere la regola»; alla voce “nascita”, invece «Ogni essere umano diverrà allora un essere senza padre né madre, senza antenati né discendenti, senza radici né posterità, nomade assoluto». Per guadagnarsi invece una forma di immortalità, in futuro «Ognuno […] perpetuerà la propria esistenza grazie ai cloni genetici che potranno replicarsi gli uni agli altri».
Nel 2006 in Breve storia del futuro, Attali sosteneva che nei prossimi cinquant’anni i costumi cambieranno e anche la morale: quello che prima non era accettato lo sarà serenamente in futuro perché i nostri parametri di giudizio saranno diversi (e qua si potrebbe innestare un interessante parallelo sul Principio della rana bollita di Chomsky e la Finestra di Overton). Non deve quindi stupire se ancora in Lessico per il futuro Attali si spingerà a immaginare che un uomo potrà in futuro diventare madre, ovvero dare alla luce un bambino da solo, «portando l’embrione nel proprio ventre o facendo sviluppare in un utero non umano».
A 18 anni di distanza dalla pubblicazione di Lessico per il futuro, nell’aprile di quest’anno, su «Nature Communications» è stato annunciato che un gruppo di ricercatori americani dell’Istituto di ricerca del Children’s Hospital di Philadelphia ha costruito un utero artificiale, chiamato “biobag” in cui sono stati fatti crescere con successo alcuni agnellini nati prematuri: un piccolo passo per arrivare alla costruzione di uteri artificiali per aiutare i bambini nati prematuri. Lo scopo è realmente questo?
Che l’obiettivo sia un altro lo spiegano quei bioeticisti che spingono affinché la ricerca possa introdurre l’ectogenesi in un futuro prossimo liberando di fatto la donna dal dominio della natura.
L’impressione è che si stia andando verso un orizzonte post-umano, passando per la creazione dell’uomo OGM: un uomo geneticamente modificato. Siamo cioè nel campo del Transumanesimo, un progetto dai connotati demiurgici, che predica l’avvento di un futuro in cui l’uomo potrà finalmente essere libero dalle sue catene biologiche.
Un futuro distopico che vedrà anche l’alba di un “uomo nuovo”, perfetto cittadino del mondo che verrà e che i signori della finanza sognano di costruire.
https://www.agerecontra.it/2019/02/i...acques-attali/
Avvenire e i gay, la dottrina recente meglio della vecchia
La strategia di Avvenire sull'omosessualità da sdoganare è mutuata dal pacchetto Office di Microsoft: più è recente, meglio è. Infatti si cita Amoris Laetitia e tutto il resto, Catechismo compreso, è anticaglia. L'importante è sfumare e dissimulare. Per scovare nel male il bene.
Un ottimo compendio per comprendere come alcuni, in casa cattolica, vogliano sdoganare l’omosessualità è dato dall’articolo, a firma di Luciano Moia pubblicato martedi' scorso su Avvenire, dal titolo “Omosessualità e pedofilia. Spunti per capire”. In questo pezzo, scritto alla vigilia del Summit vaticano dedicato agli abusi su minori, viene condensata buona parte della strategia per far digerire l’omosessualità al cattolico della Domenica.
In primo luogo è bene essere obliqui nella prosa: mai affermare che l’omosessualità è condizione buona, mai scrivere esplicitamente che gli atti omosessuali esprimono vero amore. L’incedere deve essere sfumato, nebbioso, ambiguo, implicito, mai assertivo, altrimenti anche il lettore più distratto ti coglie subito in fallo. Per farlo basta semplicemente ricorrere alla forma dubitativa, perché la nuova Chiesa, secondo alcuni, non insegna la verità ma il dubbio, non dà risposte, ma pone solo domande. E cosi' si passa dal “dubbio secondo cui si considera omosessualità e pedofilia comportamenti devianti frutto della stessa radice” al “rapporto irrisolto tra norma, coscienza e discernimento”, passando dal dovere “di interrogarsi e di interrogare” e infine approdare ad una gragnola di domande: “Fino a che punto spingere l’accoglienza? Accogliere non comporta il rischio di approvare anche implicitamente uno stile di vita? Quando si parla di dovere della castità cosa si intende? Rispetto, fedeltà e impegno di aiuto reciproco nella relazione o astinenza assoluta? […] Cosa intendiamo quando parliamo di omosessualità?”. La sintesi è questa: “Le domande potrebbero continuare a lungo ma le risposte al momento non ci sono, comunque non sono agevoli”.
E dunque occorre studiare, approfondire, discernere, investigare, analizzare, soppesare, valutare sempre con prudenza. Tutte cose giuste, si badi bene, ma nella Chiesa cattolica da una parte vi sono alcune questioni che sono ancora avvolte dal mistero, ma non è questo il caso dell’omosessualità, e su altro fronte esistono alcune verità di fede e di morale ormai acquisite una volta per tutte, verità che possono e devono essere approfondite per capirle meglio – dato che la verità ha una profondità infinita – non per confutarle. L’approfondimento serve per aggiungere verità a verità, non per trasformare la verità in errore. Forse che se ci interroghiamo e investighiamo a lungo un giorno potremmo scoprire che l’aborto e la pedofilia sono atti buoni? Quindi la strategia è chiara e procede per gradi: non negare esplicitamente che l’omosessualità è condizione intrinsecamente disordinata e le condotte omosessuali atti moralmente riprovevoli, ma porre il dubbio e dunque essere possibilisti sulla bontà dell’omosessualità. Esaurita questa fase, domani si potrà tranquillamente affermare che l’omosessualità è certamente cosa buona.
Dunque ad Avvenire ci si domanda se l’omosessualità sia una condizione moralmente accettabile oppure no (tenendo pero' a sottolineare che tra omosessualità, pedofilia ed efebofilia ci sono “enormi ed esplicite divergenze”). Eppure la dottrina è limpida e tutte le domande prima indicate hanno già ottenuto risposta esaustiva da tempo. Nel mazzo peschiamo a caso la carta del Catechismo della Chiesa Cattolica: “Appoggiandosi sulla Sacra Scrittura, che presenta le relazioni omosessuali come gravi depravazioni, la Tradizione ha sempre dichiarato che «gli atti di omosessualità sono intrinsecamente disordinati». Sono contrari alla legge naturale. Precludono all'atto sessuale il dono della vita. Non sono il frutto di una vera complementarità affettiva e sessuale. In nessun caso possono essere approvati. […] Le persone omosessuali sonoo chiamate alla castità.” (2357, 2359). Più chiari di cosi' si muore. Curioso che in un pezzo che si intitola “Spunti per capire” non si citi la fonte cattolica più autorevole.
Perché Moia non lo fa? La risposta rimanda alla seconda tattica gay friendly: la dottrina muta. Infatti l’autore dell’articolo appunta: “«La dottrina parla chiaro», direbbero coloro che usano le norme come pietre da scagliare nella vita delle persone. Già, ma quale norma? In Amoris laetitia – che rimane il più recente documento magisteriale sul tema – dopo aver ricordato l’esigenza della vicinanza pastorale alle persone omosessuali da parte della Chiesa, Francesco non aggiunge alcuna condanna etica, non ricorda il passaggio del Catechismo a proposito del «disordine morale oggettivo», come avevano fatto i precedenti documenti del magistero”. Dunque la dottrina è come le versioni del pacchetto Office: la più recente è migliore delle precedenti e le sostituisce. Per Moia il Catechismo quando parla di omosessualità è anticaglia perché Papa Francesco non ha condannato esplicitamente l’omosessualità.
Terzo trucchetto: scovare nel male il bene. Moia a questo proposito parla “di coppia stabile, fedele, reciprocamente oblativa, [che] è omosessuale”. Dunque se come dice l’ormai superato Catechismo l’omosessualità è una condizione intrinsecamente disordinata, va da sé che tutti gli atti, non solo sessuali, che promanano da tale condizione sono anch’essi disordinati. E dunque anche la relazione di coppia è ovviamente censurabile dal punto di vista morale, perché è essa stessa una relazione disordinata. La fedeltà nel disordine non è da benedire, ma da censurare perché consolida una realtà contraria a natura. Inoltre l’oblatività, inteso come dono reciproco, non è predicabile nelle relazioni omosessuali perché l’affetto omosessuale è anch’esso disordinato e quindi non c’è vero dono. Pero' se la dottrina cattolica sull’omosessualità, ormai ammuffita, è da smaltire in qualche isola ecologica e teologica, va da sé che queste riflessioni siano parimenti spazzatura.
Infine c’è una quarta strategia, la più gettonata: accoglienza misericordiosa verso le persone omosessuali. E qui il pezzo di Moia ricorda le varie iniziative pastorali a riguardo. L’accoglienza ovviamente è cosa giusta e doverosa, ma, come si domanda Moia, “accogliere non comporta il rischio di approvare anche implicitamente uno stile di vita?”. Non nascondiamoci dietro un dito: con il pretesto dell’accoglienza si vogliono spalancare le porte delle chiese all’omosessualità. E poi in realtà, spesso, è un’accoglienza non limpida nelle motivazioni. La pastorale gay friendly oggi di moda abbraccia la persona omosessuale solo per motivi di ingiusta discriminazione (o forse anche per scusarsi di quello che dice il Catechismo?), non perché consci che questa persona è prigioniera di una condizione che la rende infelice. L’abbraccio serve per nasconderlo dagli sguardi malevoli degli altri, non per liberarlo dai lacci dell’omosessualità.
Avvenire e i gay, la dottrina recente meglio della vecchia - La Nuova Bussola Quotidiana