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Discussione: Il deserto avanza

  1. #221
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    Predefinito Re: Il deserto avanza

    Liberalizzare le droghe leggere ferma quelle pesanti? No. California docet
    Contro tutte le illusioni dei democratici, radical chic, convinti che la repressione dell’uso di droga ne alimenta la diffusione, la recente liberalizzazione della Cannabis in California ha dimostrato l’esatto contrario. I narcos messicani, responsabili dei traffici di droga verso gli Usa, a fronte del mancato guadagno derivante dalla fine del traffico di Cannabis hanno ragionato da imprenditori e, quindi, hanno semplicemente potenziato il traffico di droghe pesanti decidendo di diversificare gli investimenti e puntare sull’esportazione dell’eroina per recuperare i profitti della cannabis.
    Grazie democratici, ora il mondo è un posto migliore!
    (La Stampa) – 15/01/2018 – Cosa pensano i cartelli messicani della legalizzazione della marijuana in California? Più in generale, possiamo prevedere il futuro di questo mercato alla luce dell’esperienza accumulata sino ad oggi in altri stati Usa, dove la cannabis è legale dal 2012?
    I cartelli sono stati colpiti nel portafoglio dalla legalizzazione. L’esportazione verso gli Usa della marijuana messicana – la quale è di qualità inferiore – si è ridotta di almeno il 40 per cento, secondo fonti americane. Un trafficante di primo piano che ha accettato di farsi intervistare da Rio Doce, il quotidiano locale dello Stato di Sinaloa in Messico, concorda.
    «Continuiamo a mandare chiva (eroina), perico (cocaina) e cristal (metanfetamine). L’unica merce che è calata è la mota (marijuana)» ha detto durante un’intervista in un ranch, circondato da una ventina di uomini armati.
    Un chilo di marijuana in Messico vale oggi un quarto di quanto valeva sette anni fa. I dati della Drugs Enforcement Agency (Dea) confermano che le confische di marijuana al confine tra i due Paesi sono crollate dal 2014.
    I nuovi equilibri
    Il cartello più potente, quello di Sinaloa, si è riorganizzato dopo l’arresto e l’estradizione di Joaquin “El Chapo” Guzman. Oggi il nuovo boss, Ismael “El Mayo” Zambada, ha il rispetto degli affiliati ed è riuscito a siglare una tregua armata col rivale cartello di Jalisco. Soprattutto, la nuova leadership ha deciso di diversificare gli investimenti e puntare sull’esportazione dell’eroina per recuperare i profitti della cannabis. Un «cuoco» che lavora per Sinaloa ha detto al Rio Doce: «Qualche tempo fa cucinavo 40 chili l’anno (di eroina), oggi ne faccio 30 al mese». Un rapporto ufficiale della Dea ha concluso che vi è più eroina in ogni regione degli Usa oggi rispetto al 2008, soprattutto nel Sud Ovest del Paese. Tragicamente, le morti per overdose sono triplicate nel 2014 rispetto al 2010 (per un totale di 10.574). La popolarità del fentanil, una sostanza più letale dell’eroina prodotta nella regione di Sinaloa e meno costosa di altri oppiacei chimici, è considerata responsabile di questa tragedia.
    Sarebbe stato naïve credere che i trafficanti messicani non avrebbero cambiato la loro strategia di marketing dopo la legalizzazione. Per certi versi questo dimostra l’efficacia della politica, ma anche l’illusione di credere che legalizzare un solo prodotto avrebbe impensierito il crimine organizzato.
    Le grandi aziende
    Vi sono alcuni sviluppi che preoccupano studiosi e attivisti: il modello industriale adottato negli Usa porta all’emergere di pochi produttori, in grado di investire grosse somme di denaro nei derivati della cannabis, invece di promuovere piccoli coltivatori. Queste dinamiche possono essere estrapolate dai dati sulle transazioni legali dal 2014 al 2017 messi a disposizione dallo stato di Washington sul sito Topshelfdata.com, che contiene 45 gigabyte di informazioni.
    Il crollo del mercato
    Il primo elemento che salta agli occhi è il crollo dei prezzi. Nel 2014 non vi erano buoni motivi per comprare marijuana legale: un grammo al dettaglio costava 32,48 dollari nel luglio del 2014 e 35,67 dollari il mese successivo, mentre al mercato nero (nello stesso Stato) si poteva acquistare per 4 dollari. Un anno dopo il prezzo legale era già sceso a 12,32 dollari, grazie anche alla riduzione delle tasse. Nel settembre 2017 un grammo di ottima qualità si comprava per 7,45 dollari. Il prezzo all’ingrosso è oggi di 2,53 dollari (nel 2014 era di 9 dollari). L’industria si sta consolidando attorno ad aziende di medie e grandi dimensioni, che possono investire in infrastrutture e tecniche avanzate di produzione. I dati di Topshelfdata.com confermano che i 500 più piccoli produttori coprono appena il 13% del mercato. Secondo una stima, basterebbero dieci fattorie per coprire l’intero fabbisogno di cannabis del Paese.
    Prodotti collaterali
    Chi entrasse oggi in un rivenditore autorizzato si renderebbe conto che sono in vendita una miriade di prodotti, come cibi, bibite, alcolici e dolci. Esiste anche un’acqua minerale a base di cannabis, la Pearl 2O2. I prodotti lavorati assicurano maggiori profitti per le aziende. Infatti, mentre 2014 le vendite del prodotto base costituivano quasi la totalità del mercato, nel 2017 il 50% circa delle vendite è di derivati, come gli infusi e i commestibili.
    Gli Usa hanno adottato un modello for profit della produzione della cannabis che favorisce la formazione di grandi aziende, come nel caso del tabacco, e la diversificazione del prodotto. Il trafficante messicano di Sinaloa intervistato da Rio Doce rifletteva: «Gli americani comprano, noi vendiamo». Molti, al di là del confine, la pensano allo stesso modo.
    Liberalizzare le droghe leggere ferma quelle pesanti? No. California docet - Azione TradizionaleAzione Tradizionale

    Danimarca, 1.000 giovani incriminati per un video hot su Fb
    I giovani sono stati denunciati per aver diffuso su Messenger un video che mostra due 15enni mentre fanno sesso. Rischiano fino a 6 anni di carcere
    Marianna Di Piazza
    Oltre 1.000 persone, la maggior parte minorenni, rischiano il carcere in Danimarca per aver diffuso un filmato hot in cui due 15enni fanno sesso.
    Lo scandalo riguarda 800 ragazzini e 200 ragazzine, di età compresa tra i 15 e i 20 anni, che sono stati denunciati per aver diffuso attraverso Messenger, l'applicazione di messaggistica di Facebook, un video che mostra due minorenni mentre hanno un rapporto sessuale.
    Il materiale a luci rosse, due video e una foto, risale al 2015 ed è stato disponibile su Facebook fino all’autunno dello scorso anno. I maggiorenni sono stati convocati direttamente dalla polizia danese, mentre i minori sono stati contattati attraverso i genitori. "Si è trattato di un caso complesso e le indagini hanno richiesto tempo a causa dell’alto numero di persone coinvolte", ha dichiarato Lau Thygesen della polizia danese.
    La vittima
    Come riporta il Corriere, la ragazza ripresa nel video, ha raccontato al quotidiano danese Information, di aver fatto sesso in modo consenziente ma di non essere mai stata a conoscenza del video. Quando il filmato ha iniziato a circolare qualcuno ha anche cercato di ricattarla. "Mi hanno contattato dicendo che avevano un mio video e mi hanno chiesto di mandare altre immagini di me nuda, altrimenti avrebbero diffuso il filmato", ha raccontato la giovane.
    Danimarca, 1.000 giovani incriminati per un video hot su Fb

    Il regresso culturale e l'illusione di sapere tutto con un clic
    Siamo in una fase di decadenza dell'alta cultura e magari anche della scienza? È un'affermazione eretica.
    Eppure potrebbe essere vero. La sera spesso sono stanco e guardo la televisione. Mostra un livello culturale molto basso. La maggior parte dei film sono gialli, polizieschi con droga, spionaggio, serial killer e sparatorie. Io leggo molto e ho l'impressione che da circa trent'anni siano scomparse la grande filosofia e la grande letteratura. L'altra sera, dopo avere lasciato due film mediocri e due bestseller banali ho aperto Le notti bianche di Dostoevskij e, fin dalle prime pagine, sono rimasto incantato, annichilito, è stato come rivedere il sole. Che meraviglioso linguaggio che incredibile fantasia, che emozioni sublimi! E mi sono detto: ma come siamo caduti in basso, dove stiamo andando? Cosa guarda, cosa legge la gente oggi, cosa impara? Le chiacchiere di Facebook, i dibattiti politici, le notizie dei telegiornali, ricette di cucina, film come cinquanta sfumature di qualcosa. Basta? Tutti mi rispondono che però c'è un grande progresso scientifico. Ma c'è davvero? Le ultime grandi scoperte in fisica le abbiamo fatte all'epoca di Einstein e di Planck e in biologia all'epoca di Watson e Crick.
    Ma, mi rispondono, abbiamo fatto straordinari progressi tecnici. Certo in chirurgia, nella robotica e sappiamo comperare tutto con un clic. Ma i nostri scienziati ormai sono tutti specialisti e non hanno più un sapere generale, non c'è più una scienza dagli ampi orizzonti che domini la tecnica e ci consenta di governare i suoi effetti prima che abbiano creato catastrofi. Non controlliamo le migrazioni, la speculazione finanziaria, le droghe, l'impoverimento di intere popolazioni, il crollo della democrazia, il predominio dei potenti e le catastrofi ecologiche scatenate dagli interessi politici ed economici lasciati liberi come cavalli impazziti. No, la tecnica non basta. Aveva ragione Heidegger, la tecnica non guidata ci porterà alla rovina. Occorre un sapere più alto, una scienza più alta, una capacità di ragionare più diffusa e più alta, un'intelligenza morale che ponga un freno e dia una direzione alla volontà di potenza e al selvaggio interesse economico.
    Il regresso culturale e l'illusione di sapere tutto con un clic

  2. #222
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    Predefinito Re: Il deserto avanza

    Unesco: l'educazione sessuale che espropria i figli ai genitori
    C’è da rimanere sconcertati nel leggere i programmi di “educazione sessuale” (le virgolette sono d’obbligo) che le agenzie dell’Onu, con l’Unesco e l’Unicef in testa, propongono per bambini e adolescenti. Sebbene l’Assemblea generale delle Nazioni Unite, che rappresenta tutti i Paesi membri, abbia già rigettato l’idea di usare nei documenti internazionali l’espressione “educazione sessuale onnicomprensiva” - che implica tutta una serie di insegnamenti volti ad assecondare contraccezione, aborto, pretese Lgbt e altro ancora - le singole agenzie dell’Onu continuano a spingere affinché i governi la adottino nei propri curriculum scolastici.
    L’ultimo tentativo in questo senso si puo' riscontrare nella nuova guida pubblicata dall’Unesco, che aggiorna la precedente versione del 2009 e già dal titolo esplicita le sue ambizioni globali: “Guida tecnica internazionale sull’educazione sessuale”. E' sostenuta da Oms, UnAids, Unicef, UnWomen e Unfpa (il Fondo per la popolazione), ed è stata pensata nell’ambito dell’Agenda 2030 per l’Istruzione, che rientra a sua volta tra i 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile, altro termine impregnato di una fortissima carica ideologica e legato innanzitutto all’idea di controllare le nascite, diffondendo una cultura anti-vita.
    La guida si autopresenta come fondata sull’evidenza, ma in realtà ha tra i suoi ispiratori dichiarati dei gruppi che pensano solo a portare avanti i loro interessi: Planned Parenthood, cioè la multinazionale degli aborti coinvolta nello scandalo della compravendita di organi e tessuti di bambini abortiti, e Outright International, un’organizzazione che promuove le rivendicazioni Lgbt e definisce “gruppi d’odio” (cosi' ha bollato nei mesi scorsi il Center for Family, “colpevole” di contrastare l’agenda arcobaleno e femminista al Palazzo di Vetro) le realtà che difendono la famiglia naturale.
    Ma a cosa mira nello specifico la guida? Intanto, indebolisce il ruolo dei genitori e propone che i figli identifichino in alternativa dei non meglio specificati “adulti di fiducia”, che nel documento sembrano riecheggiare i sedicenti esperti che entrano nelle nostre scuole proponendo controversi programmi sulla sessualità. Per difendersi dalle mire dei gruppi che spingono verso l’autonomia decisionale dei bambini in campo sessuale, già a novembre l’Assemblea generale aveva approvato una misura - sostenuta dai Paesi africani e dagli Stati Uniti - proprio per precisare la necessità in tutti i programmi educativi sensibili di “un’appropriata direzione e guida dei genitori”. Tale misura è stata contrastata da Australia, Canada e molti Paesi latinoamericani ed europei, tra i quali segnaliamo l’intervento del delegato norvegese che è arrivato a dire esplicitamente: “I bambini dovrebbero decidere liberamente e autonomamente” su materie che riguardano la sessualità, un’affermazione che potrebbe benissimo essere applaudita dai gruppi pedofili, come don Fortunato Di Noto, presidente dell’associazione Meter, ha spiegato in un’intervista a questo quotidiano.
    La guida dell’Unesco, forte dell’accettazione acritica di cui gode presso governi e media progressisti pressoché ogni documento elaborato da un’agenzia dell’Onu, cerca percio' di far rientrare dalla finestra cio' che l’Assemblea generale ha respinto. E cosi' propone di insegnare ai bambini, dai cinque anni in su, che il genere è un costrutto sociale slegato dal dato biologico e di esortali, a partire dai nove anni, ad “apprezzare la loro identità di genere e dimostrare rispetto per l’identità di genere degli altri”, secondo un tema caro alle istanze del transessualismo e che viola nell’intimo tanti bambini.
    Gli obiettivi indicati nella guida includono anche la trasmissione di informazioni sulle “famiglie non-tradizionali” nella fascia 5-8 anni, il coinvolgimento dei leader religiosi per sostenere l’introduzione dell’educazione sessuale onnicomprensiva nelle scuole, l’insegnamento – dai nove anni in su – che la masturbazione “non causa danno fisico o emotivo”, accompagnato chiaramente da amene discussioni sulla pornografia, che è non mai scoraggiata nella guida (guai a parlare dello svilimento del sesso e dei drammi che essa comporta), la quale si preoccupa solo dei possibili “stereotipi di genere” veicolati dalle immagini pornografiche.
    Pur precisando quanto dovrebbe essere ovvio a tutti, e cioè che l’adozione della guida è volontaria, rispetto alla versione del 2009 si insiste sulla necessità che l’educazione sessuale onnicomprensiva (cosi' detta anche perché un altro obiettivo è quello di essere trasversale alle varie materie e, del resto, in Italia le recenti Linee guida sull’educazione di genere ci danno un’idea di cosa questo significhi) diventi obbligatoria. Le agenzie dell’Onu stanno cercando appunto di raggiungere questo fine Paese per Paese, come mostra il caso di un’analisi relativa al 2016 e pubblicata dall’Unicef e dal ministero dell’Istruzione tailandese, dove si mostrano tra l’altro dei disegni di bambini e ragazzini aventi per oggetto organi genitali e preservativi. E dove all’inizio del documento si criticano coloro che sottolineano l’importanza della castità prematrimoniale e si lamenta il poco rilievo dato da alcuni insegnanti a temi quali “la diversità sessuale e di genere”, “l’aborto sicuro” (per il bambino in grembo?) e “il sesso sicuro per le coppie dello stesso sesso”. Insomma, il sesso come mero piacere e privato di tutti i suoi significati più alti. E questa sarebbe “educazione sessuale”?
    Unesco: l'educazione sessuale che espropria i figli ai genitori - La Nuova Bussola Quotidiana

    “AVVENIRE” DEI VESCOVI LODA IL FILM PEDOFILO DI GUADAGNINO (continua l’effetto “Amoris Laetitia”)
    Matteo D’Amico
    Sul quotidiano Avvenire di mercoledi' 24 gennaio, a pagina 23, vi è un lungo articolo a tutta pagina, a firma di Alessandra De Luca, su un film appena lanciato del regista italiano Luca Guadagnino intitolato “Chiamami con il tuo nome”. L’enfasi data a tale film sembrerebbe derivare dal fatto che lo stesso ha ricevuto quattro nomination agli Oscar (miglior film, sceneggiatura, attore protagonista, canzone originale). I problemi e i dubbi sorgono se si considera la trama del film, che si puo' brevemente cosi' riassumere: un diciassettenne vive con la famiglia in una grande villa vicino a Crema in Lombardia; siamo nel 1983. Il padre è docente universitario e ogni estate ospita uno studente straniero che deve svolgere uno stage in Italia per completare una tesi di dottorato. Giunge cosi' un americano di 24 anni sicuro di sé, molto bello e disinibito. Fra il giovane italiano, studioso di musica, un po’ insicuro e dedito ai primi tentativi sentimentali con una ragazza, e il misterioso e affascinante ospite si manifesta un’attrazione omosessuale crescente che il film racconta in tutti i suoi aspetti. Questa la trama, in realtà banalissima e scontata, del film. Ormai sembra impossibile vincere un premio cinematografico internazionale senza pagare pegno alla dittatura omosessualista che sta instaurandosi in tutto il mondo occidentale, e non si contano più i film con la trama centrale, o almeno episodi e personaggi secondari, che ruotano intorno a tematiche omosessuali.
    E’ evidente ormai da anni che i poteri forti anticristiani che mirano, con crescente furia e violenza, alla dissoluzione di ogni vita di fede e di anche solo ogni ricordo della morale tradizionale, hanno scelto cinema, programmi televisivi e musica leggera come canali privilegiati per traghettare l’Occidente verso l’omosessualismo di massa.
    Dunque non ci stupisce scoprire l’ennesimo caso di un regista pieno di furbizia, e al tempo stesso moralmente vuoto, assetato di successo facile e bisognoso dei finanziamenti di un produttore (la Warner), che sceglie la scontatissima trama, falsamente trasgressiva -non si sa cosa infatti possa risultare più conformista oggi- di una storiella d’ “amore” fra due giovani omosessuali!
    Cio' che stupisce e scandalizza è il tono complessivo dell’articolo di Avvenire, oltre al fatto in sé che l’unico giornale cattolico italiano scelga di parlare di simile immondizia. Infatti, come si puo' già notare, è partita -e crescerà con il tempo- la campagna per lanciare il film in questione e tutta la stampa laicista e anticristiana ne parlerà abbondantemente e, ovviamente, in modo favorevole vista l’insonne sforzo di propaganda pro-gay che è in corso anche nel nostro paese da anni. Dunque il giornale della Conferenza episcopale dovrebbe avere la decenza di non nominare nemmeno un film cosi' indegno, ma se proprio ne vuole parlare dovrebbe farlo per condannarlo, non certo per elogiarlo. Invece l’articolo della De Luca è un vero e proprio inno celebrativo della bellezza del film e delle capacità del regista: sembra insomma che il fine sia spingere il più ampio numero di cattolici a incuriosirsi e ad andare a vederlo.
    Leggiamo qualche passo dell’articolo:
    “Ma questa volta il regista (…) sembra ispirato da una compostezza, un’eleganza stilistica e un equilibrio narrativo mai raggiunti prima ”
    “…Guadagnino mette da parte la maniacale ricerca di un’estetica che nei film precedenti rischiava di raffredare tutto e, dando prova di una raggiunta maturità, ci mette il cuore, la propria anima, con una serenità e una leggerezza mai riscontrate prima nel suo cinema”.
    Sono elogi davvero sperticati che stonano totalmente con il vergognoso contenuto della trama: infatti, stante l’immoralità e la turpitudine del racconto (cosa di più squallido di un’avventuretta estiva di due finocchi, cosa di meno poetico!) è da deprecare, più che elogiare, l’eventuale bontà artistica della realizzazione del film, poiché rende il contenuto ancora più insidioso e velenosamente capace di corrompere gli spettatori più ingenui e impreparati. La De Luca (fedele qui a papa Bergoglio e al suo celeberrimo e colpevole: “Chi sono io per giudicare?”) non solo non esprime alcun giudizio critico sul film, ma ne attenua o nasconde i tratti peggiori, scrivendo, ad esempio:
    “Alcune scene sono esplicite, ma mai volgari, e la passione che cresce tra i due giovani si inserisce nel riuscitissimo affresco di una città di provincia dove la noia estiva si sposa al languore e dove le atmosfere, i tempi dilatati, le attese sono più importanti e suggestive della storia d’amore ”.
    Ora, a parte l’errore grammaticale di scrivere “suggestive”, anziché “suggestivi”, si noti il tono non solo non di condanna, ma di compiaciuta approvazione delle frasi appena citate, non esclusa la ridicola nota che le scene che ritraggono gli atti sessuali che i due giovani sodomiti compiono fra di loro sono si' esplicite, ma mai “volgari”. Sembra quasi un estremo tentativo di rassicurare i più sospettosi fra cattolici (pochi, per fortuna) che ancora leggono Avvenire e che potrebbero evitare la visione del film, temendo, giustamente, di trovarsi di fronte a spiacevoli rappresentazioni di atti contro natura.
    Ma gli elogi del film e del regista non sono finiti, tanto che l’articolo finisce cosi':
    “Il Guadagnino di Chiamami con il tuo nome (…) è insomma un regista in stato di grazia, adorato ora più che mai dagli americani, conquistati dalla sua raffinatezza, e pronti a evocare la candidatura agli oscar con la convinzione che all’Italia è mancata. Al Golden Globe non è andata bene, ma il prossimo 4 marzo potrebbe essere tutta un’altra storia”.
    Quindi la giornalista di Avvenire sembra augurarsi che il film, che di fatto non puo' che contribuire a diffondere il vizio sodomitico fra i giovani del nostro paese, abbia il massimo successo e riesca magari vincitore di qualche Oscar.
    Ora credo sia possibile fare qualche considerazione di ampio respiro; la prima è la seguente:
    Avvenire, come ogni altro quotidiano, ha una redazione e un direttore che vigilano attentamente sulla composizione delle diverse pagine del giornale stesso. Dunque la De Luca non ha fatto una simile recensione se non perchè qualcuno gliela ha chiesta. I toni celebrativi sono stati approvati da chi ha chiuso il giornale, cioè, essenzialmente, dal Direttore.
    Il film si puo' immaginare che celebri ed esalti, in modo gravemente diseducativo, il darsi di due giovani a quello che il catechismo di San Pio X chiamava giustamente “peccato impuro contro natura”, uno dei quattro peccati che gridano vendetta al cospetto di Dio. Ora a chi puo' sfuggire la gravità del fatto che il giornale dei vescovi italiani, voce ufficiosa quindi, ma significativa della chiesa italiana, approva un film cosi' avverso al sentire e alla morale cattolici? Di fatto questo articolo facendo conoscere ed elogiando un film che è un inno poetico all’omosessualità contribuisce al male, spinge al vizio i più piccoli e semplici, dà cioè scandalo e si allinea satanicamente ai poteri forti che da molti anni ormai sembrano cavalcare questo unico cavallo di battaglia per dissolvere cio' che resta dei costumi e della società cristiana. Di un film cosi' turpe sarebbe grave e colpevole fare una recensione severamente critica, perchè si contribuirebbe a renderlo noto e a incuriosire il pubblico, ma che la recensione sia positiva è cosa davvero indegna di un cristiano che abbia conservato anche solo un briciolo di fede e di buon senso.
    E’ sicuramente impossibile, come già dicevamo sopra, che un articolo cosi' ampio passi senza essere attentamente valutato dai responsabili del giornale e costoro, a loro volta, non autorizzano un simile articolo se non perchè sanno che i vescovi loro referenti lo dovrebbero approvare. Da questo quadro mi sembra si possa dedurre che i vescovi italiani, o almeno coloro che hanno un più diretto rapporto con la gestione di Avvenire e con la Presidenza della C.E.I., sono indifferenti o favorevoli alla diffusione crescente di una cultura omosessualista sempre più aggressiva: in altre parole l’episcopato italiano, almeno nella sua parte preponderante, schiacciato passivamente sulle strategie e sulle idee eretiche di papa Bergoglio, sta accettando di sdoganare l’omosessualismo in salsa cattolica, come emerge da molti segnali, oltre che da questo articolo. I pochi vescovi che probabilmente dissentono da quanto sta accadendo, non parlano, si presume soffocati dalla paura di cadere vittima di qualche purga o punizione ordita da colui, o coloro, che abitano Casa Santa Marta e da li' tirannicamente devastano la Chiesa e la sua dottrina perenne con temerarietà ogni giorno più grave. Ma chi avendone l’autorità e i mezzi per paura non interviene per cercare di fermare l’errore, manca gravemente ai suoi doveri e pecca, contribuendo alla scandalo pubblico col suo complice silenzio.
    https://www.maurizioblondet.it/avven...oris-laetitia/

  3. #223
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    Predefinito Re: Il deserto avanza

    Incubo sifilide a Bologna, il 70% delle vittime è omosessuale
    di Rodolfo De Mattei
    A Bologna è allarme sifilide che nel 70% dei casi colpisce gli omosessuali. A mettere in guardia i cittadini è la responsabile del centro Malattie a trasmissione sessuale del Sant’Orsola, Antonietta D’Antuono che in un intervista concessa al Resto del Carlino sottolinea come, a partire dai primi anni del 2000, si sia assistiti ad una progressiva e preoccupante impennata di contagi: «Prima vedevamo 20 nuovi casi di infezione attiva, poi sono diventati 60 e infine l’andamento si è stabilizzato tra i 70 e gli 80 casi. Dal 2010, inoltre, stiamo assistendo a un nuovo aumento: 192 casi nel 2013, 170 nel 2014, 223 nel 2015 e 216 nel 2016».
    UOMINI OMOSESSUALI
    Come chiarisce la prof. D’Antuono, rispondendo alla domanda su “chi sono i più colpiti”, le maggiori vittime della sifilide sono gli uomini e in particolare coloro tra questi che hanno rapporti sessuali con persone dello stesso sesso, “Uomini per due terzi e nel 70% omosessuali (Msm), ma ci sono anche persone che hanno rapporti con uomini e donne e persino donne incinte che scoprono l’infezione durante i controlli in gravidanza”.
    GIOVANI E DISINIBITI
    Tra coloro che si presentano presso gli ambulatori del Sant’Orsola, ben il 25% sono giovani sotto i 25 anni di età, che contraggono il virus a causa dei loro disinibiti e promiscui comportamenti sessuali:
    «Nel centro Malattie a trasmissione sessuale arrivano complessivamente 3.500 nuovi pazienti all’anno e gli under 25, con un trend in aumento negli ultimi due anni, sono il 25%. Le visite complessive, compresi i controlli, sfiorano quota 30mila. Abbiamo notato che sono in crescita i giovani che si presentano per fare gli esami di profilassi per le Mst, forse per paura o per maggiore consapevolezza, e in questo sono agevolati dall’accesso diretto. (…) L’informazione sulla sifilide è scarsa. E quando si era diffusa la paura dell’Aids, per un po’ di tempo le persone si sono protette durante i rapporti sessuali. Forse oggi assistiamo a un cambiamento dei costumi, con un abbassamento della guardia rispetto alle misure di protezione e a una maggiore circolazione del Treponema pallidum, il batterio che provoca la sifilide».
    DALL’IDEOLOGIA ALLA REALTA’
    Ancora una volta la cronaca reale squarcia dunque il velo di ipocrisia circa la presunta “normalità” e “bontà” dello stile di vita omosessuale. Come sottolineato dalla stessa specialista del Sant’Orsola, è infatti proprio il “cambiamento dei costumi”, in altre parole la “normalizzazione” di condotte sessuali contro natura, ad aver favorito e scatenato la recrudescenza della sifilide, una malattia che sembrava oramai scomparsa e che si riaffaccia drammaticamente per ammonirci e ricordarci che, anche in amore, esiste una legge naturale da rispettare.
    Incubo sifilide a Bologna, il 70% delle vittime è omosessuale « www.agerecontra.it

    Il gender non esiste. E gli asini volano
    di Marco Manfredini
    Qualche settimana fa ho avuto modo di inviare agli amministratori del mio comune e ai dirigenti scolastici una vibrata protesta scritta per via di un progetto realizzato per i ragazzi delle medie, progetto in forte odore di gender già dal titolo: “Insieme fa la differenza”.
    Non avevo ancora terminato di leggere la risposta, ovvero le accuse rivoltemi dall’assessore alla scuola del comune (accuse di incitamento all’odio verso le donne, gli omosessuali e i “diversi” in genere, di diffondere un pensiero violento e discriminatorio, che il gender non esiste essendo un’invenzione dell’Opus Dei e noi cattolici abbiamo le traveggole, eccetera) non avevo ancora terminato di leggere, dicevo, che arriva a casa mio figlio (5a elementare), con un bell’elenco di libri da leggere fornito dalle gentili maestre. Ebbene, tra i vari titoli suggeriti trovo“Storie della buonanotte per bambine ribelli”, edito da Mondadori.
    La mia loquace consorte mi mette subito una pulce nell’orecchio:
    Mi hanno detto che in quel libro ci sono cose un po’ strane…
    Rispondo:
    Impossibile. Mi ha appena assicurato l’assessore che il gender non esiste e che noi siamo omofobi, retrogradi, sessisti, eccetera. Se lo dice l’esimio assessore, confermato dalla insigne coordinatrice didattica, non può essere… …va beh, procuriamocene una copia.
    Qualche giorno dopo arriva il libro. Bello, edizione curata, copertina soft-touch, realizzato come si conviene oggidì tramite crowdfunding, coinvolgendo decine e decine di artisti per le illustrazioni, scritto da due autrici italiane che vivono in California dove hanno fondato una media company, insomma tutto in regola con le mode del momento, anche il contenuto. Soprattutto quello.
    Iniziamo a sfogliarlo. E’ una raccolta ad uso bambino di brevi storie di donne che hanno raggiunto obiettivi importanti, si sono distinte per qualche merito, per la posizione conquistata, le scoperte fatte e via dicendo. Nessuno si stupirà se vi troviamo la first lady più cool del millennio: Michelle Obama; come la per-un-pelo-mancata-presidentessa-degli-Stati-Uniti-accidenti-a-Trump Hillary Clinton, superabortista e paladina delle varie sigle tipo NGLTF, pianificatrice familiare e discepola del guru radicale nonché satanista luciferiano Saul Alinsky.
    Oppure Rita Levi Montalcini, una che non credeva in Dio, bensì “nel bene e nel comportamento etico”, al punto da sostenere la libertà di eutanasia, fecondazione artificiale e, essendo l’embrione nient’altro che un ammasso di cellule, di aborto.
    Oppure la radical-comunista-UAARiana Margherita Hack, la scienziata che disse:
    Io, Margherita Hack, preferisco l’atto di fede nel Nulla all’atto di ragione che mi porterebbe a credere in Dio.
    Quella che parlando dell’origine dell’universo a dei bambini in una scuola disse che il Big Bang era stato una “grande scorreggia dell’Universo”. Per lei la particella di Dio era il vero dio. Nel 2010 accettò con favore il premio “Personaggio gay dell’anno” da parte di Gay.it, per il merito di essere feroce avversaria della Chiesa Cattolica, così avara di nuovi diritti. Abortista, ma ovviamente contraria alla sperimentazione sugli animali, e vegetariana.
    Oppure la tanto famosa quanto non-si-sa-per-cosa “artista performativa giapponese” Yoko Ono. Ah, ma certo! Yoko Ono è quella nota per le sue coraggiosissime e trasgressive manifestazioni di protesta, tra cui i rinomati bed-in in compagnia del cantautore più sopravvalutato di tutti i tempi, John Lennon, contro la guerra in Vietnam; sette giorni a letto a sproloquiare di pace suonando “Give peace a chance”, roba da far venir voglia di arruolarsi ne “I Mercenari” e svuotare il caricatore contro qualsiasi cosa si muova alla tua sinistra. Quella che amava farsi fotografare ignuda insieme al compagno ex-Beatle a mostrare degli orribili e cadenti glutei, e purtroppo c’era anche il lato A di entrambi. Sempre lei.
    A tutto questo, purtroppo, ci siamo ormai abituati; ci si abitua a tutto quando ogni giorno fanno vedere sui media Emma Bonino presentandola come fosse Santa Madre Teresa dei “migranti”, ordine delle sorosiane col turbante.
    Poi ci sono altre decine di donne più o meno sconosciute tra scrittrici, atlete, suffragette, scienziate, attiviste, guerriere, pugilesse, regine, guerriere, regine guerriere, piratesse, agenti segrete. Insomma, per tutti i gusti, a parte uno. Tra i cento ritratti non ce n’è nemmeno uno di una donna che abbia valorosamente assecondato la sua natura dedicandosi alla famiglia, magari allevando tanti figli in condizioni di precarietà. Una di quelle madri che avrebbero meritato la medaglia d’onore nel ’39 in Italia, o nel ’44 in Russia con l’onorificenza di “Madre eroica”. Non c’è, che so, una Santa Gianna Beretta Molla, o una Chiara Corbella, figurarsi poi una Maria Goretti.
    In compenso vi si può leggere una storia che inizia cosi:
    Una volta nacque un bambino di nome Coy.
    Ma come, non era un libro dedicato a storie di sole donne? E poi che razza di nome è Coy? Chi si sognerebbe di chiamare suo figlio con un termine che suona come “Timido”, “Schivo”, nella peggior ipotesi persino “Lezioso”?
    A Coy piacevano molto le gonne, il colore rosa e le scarpe con i brillantini.
    Ok, inizio ad intuire che il nome è l’ultimo dei problemi.
    Voleva che i suoi genitori si rivolgessero a lui come a una bambina e non gli piacevano i vestiti da maschio, e loro gli permisero di indossare quello che voleva.
    In tutta evidenza il problema di questo ragazzino sono i genitori. Infatti:
    Una sera Coy chiese alla sua mamma: “Quando andiamo dal dottore per farmi diventare una femmina-femmina?”
    E la mamma ovviamente glielo porta. Per farla breve: il dottore spiega che Coy è una “bambina transgender”, e bisogna lasciarla libera di credere d’essere femmina. La famigliola ritorna a casa, e il bambino viene trattato come fosse una bambina; anche alla scuola viene chiesto di fare lo stesso. Ma c’è un problema: Coy vuole andare nel bagno delle femmine. Comprensibilmente gli insegnanti non ne vogliono sapere, per cui i genitori si rivolgono ad un giudice, che garantisce un lieto fine alla storia stabilendo che Coy può utilizzare il bagno che crede.
    Per festeggiare la sentenza, Coy e i suoi genitori diedero una grande festa. Mangiarono una torta rosa, e Coy indossò uno scintillante vestito rosa con un bellissimo paio di scarpe dello stesso colore.
    Chissà cosa avranno detto i genitori di quelle fanciulline, ritrovatesi a condividere il bagno con la loro nuova amichetta superaccessoriata. Il loro legittimo diritto di avere una toilette che non sia promiscua evidentemente è decaduto di fronte al capriccio di un singolo bambino (o dei suoi genitori?) del tutto privo di fondamento.
    Nel libro la storia, essendo sciaguratamente destinata a fanciulli della scuola primaria, è molto semplificata, ma girovagando sul web si possono reperire altre interessanti informazioni su questa vicenda. Da un articolo su The Denver Post del Febbraio 2013 si scopre che il bimbo in questione, Coy Mathis, all’epoca aveva 6 (sei) anni. E’ noto che a quell’età i bambini non fanno capricci ed ogni cosa che dicono è da prendere come oro colato, assecondandoli sempre senza contraddirli mai. Solo ora capisco di aver sbagliato quella volta che proibii a mio figlio seienne di guidare da solo la macchina, dopo che mi disse di essere nato per fare il pilota di rally. Guai ad indirizzare un figlio verso una direzione piuttosto che un’altra, vero? Guai a proibire qualcosa.
    La famiglia presentò ricorso contro la scuola presso la sezione Diritti Civili del Tribunale del Colorado. A rappresentare i presunti diritti di questa famiglia fu tale Michael Silverman, direttore esecutivo del Transgender Legal Defense & Education Fund:
    Questa causa sarà importante per il Colorado e per l’intera nazione.
    Per il Colorado, questo è il primo test della legge anti-discriminazioni, applicata all’accesso ai bagni da parte di studenti transgender.
    A livello nazionale, sempre più persone transgender faranno ‘coming out’ ad un’età sempre più giovane, e la gente guarderà cosa è successo in Colorado.
    L’avvocato della scuola si era illuso che l’istituto fosse in regola con la Legge Anti Discriminazioni, in quanto Coy non solo poteva frequentare le lezioni come tutti gli altri, ma godeva già di quelli che possiamo chiamare dei veri e propri privilegi, per quanto ingiustificati: indossava tranquillamente abiti da bambina, tutti si rivolgevano a lui con pronomi femminili, e se non voleva usare la toilette dei maschi aveva il permesso di usare quella singola del personale. Ma siccome un diritto tira l’altro, soprattutto se finto, i genitori lo tennero a casa da scuola, andando per vie legali perché, come disse la madre:
    Vogliamo aiutare a creare una società dove va bene essere come sei.
    Se il figlio avesse detto che sentiva di essere portato per fare il rapinatore? Probabilmente lo avrebbero assecondato, stando alle parole della madre. La quale dice anche che il piccolo, sin dalle prime parole, da quando aveva 18 (diciotto) mesi, ha sempre sostenuto di essere una femmina, non un maschio; e dai quattro anni non ne ha più voluto sapere di vestirsi da maschio e sentirsi dare del “lui”. Ce lo immaginiamo, questo pargolo di un anno e mezzo che getta via le tutine azzurre e reclama dalla madre quelle rosa, e tra un pianto e l’altro, per la commozione dei genitori, inizia a formulare il suo primo grido di battaglia:
    Mom… dad… I’m trans!
    Dalla vicenda ne è stato tratto il documentario Growing up Coy, per celebrare la rivoluzionaria sentenza che ha permesso ad un maschio di andare nel bagno delle femmine. E al buon senso di essere sepolto dalla follia di certe leggi e di certi giudici.
    Tornando al libro, pare che stia per essere pubblicato anche il secondo volume; tra le altre, ci sarà la storia della tennista Billie Jean King, attivista femminista, abortista e militante lesbica, che abbiamo conosciuto grazie all’istruttivo film “La battaglia dei sessi” (2017), una pellicola “fondamentale” secondo l’egregia coordinatrice didattica della scuola media locale.
    Ma noi stiamo tranquilli perché, come dice il nostro eminente assessore a Scuola e Cultura, il gender è un’invenzione dell’Opus Dei.
    https://www.riscossacristiana.it/il-...co-manfredini/

    Lezione arcobaleno: liceo ostaggio della gaycrazia
    Se qualcuno avesse voluto farsi un’idea su cosa sia il pensiero unico e quali siano le conseguenze del martellamento culturale portato avanti da più settori della società (con i dovuti distinguo: cinema, giganti del web da Facebook a Google, giornali, moda, politica, pubblicità, tv, ecc.), sarebbe bastato un giro al liceo “Leonardo da Vinci” di Milano, dove il 30 gennaio si è tenuta un’assemblea di istituto con un unico denominatore: la propaganda gay. Per chi si è perso la possibilità di questo giro educativo, c’è sempre il programma completo pubblicato sul sito della scuola appena tre giorni prima dello svolgimento dell’assemblea, organizzata da alcuni studenti che hanno invitato diversi relatori esterni con il benestare del consiglio d’istituto.
    Dalle 80 alle 13:15, in due palestre e in varie aule della scuola, erano previsti incontri (alcuni dei quali non si sono svolti per mancanza di studenti interessati) con i seguenti temi: “Aids e malattie trasmissibili” (un argomento che dovrebbe indurre a riflettere sui drammi associati allo stile di vita gay, ma affrontato dalle associazioni arcobaleno solo per chiedere la copertura di invasivi trattamenti farmacologici da portare avanti per tutta la vita), “Cambiamento di genere”, “Affettività, scoperta e accettazione di sé”, “Diritti Lgbt+ in Italia e nel mondo”, “Storia del movimento”, “Coming out, racconto di esperienze”, “Dibattito sulle adozioni e sulle unioni civili”, “Omosessualità nell’educazione sessuale”, “Omosessualità in storia e letteratura”, “Comunità transgender, la T in Lgbt”, “Omosessualità nella musica”. Ma non è tutto.
    Nella propaganda accuratamente integrata messa in campo al liceo di Milano, non ci sono state solo conferenze. Era in programma la proiezione di diversi film spot dell’omosessualismo e transessualismo, quali Carol, Moonlight, Pride, The Danish Girl, Tomboy (la trama di quest’ultima pellicola riguarda una bambina di 10 anni che si finge maschio), diretti o sceneggiati da celebratissimi attivisti della galassia Lgbt e immancabilmente premiati attraverso festival arcobaleno, Oscar o Golden Globe, a conferma della pervasività dell’ideologia gay che si serve di tutti i mezzi per fare il lavaggio del cervello necessario a negare l’oggettività della natura maschile e femminile, il senso del rapporto tra uomo e donna, il significato e l’idea stessa di famiglia. E con l’aiuto dei media cerca di mettere a tacere coloro che come Luca Di Tolve e tanti altri, impegnati in realtà quali Gruppo Lot Regina della Pace e Courage, sono passati dalla stessa fragilità, hanno vissuto lo stesso disagio legato a una condizione che non è innata e oggi testimoniano come sono riusciti a superarlo.
    Di fronte a un programma cosi' monotematico e dannoso come quello dell’assemblea al “Leonardo da Vinci”, diversi genitori hanno protestato non appena si sono accorti di cio' a cui avrebbero assistito i loro figli. Tra i relatori, oltre a una docente e ad alcuni studenti dell’istituto, c’erano anche giovani attivisti esterni che promuovono sui social network le attività di associazioni gay; e ancora relatrici che sulle loro pagine Facebook arrivano a pubblicare bestemmie e foto gravemente blasfeme che offendono Cristo (magari si fermassero qualche minuto a guardare il Crocifisso) e i cristiani: fatti che purtroppo sono frequenti perché costituiscono la cifra delle organizzazioni Lgbt predicatrici di tolleranza, ne accompagnano l’attività (a partire dai gay pride) e non sorprendono alla luce del loro substrato diabolico, capace di ingannare giovanissimi e adulti con una falsa idea di libertà.
    Il caso del liceo di Milano non è isolato, e anzi si inserisce in una lunga serie di colonizzazioni ideologiche nelle scuole. L’ultimo episodio emerso riguarda il liceo “XXV Aprile” di Pontedera, dove per tre giorni, da oggi fino a sabato 3 febbraio, le attività didattiche regolari saranno sospese (sic!) “per consentire la realizzazione delle cosiddette Giornate Alternative”, come si legge nella circolare firmata dal preside. La solfa è sempre la solita e chiunque ha ancora un contatto con la realtà non puo' non ridere (o piangere…) pensando alla faccia tosta di chi ha definito queste giornate “alternative”, penetrate da tempo nella scuola italiana e che le disastrose Linee guida sull’educazione di genere non fanno altro che legittimare in ogni materia.
    Anche a Pontedera il programma è a senso unico, dietro il paravento del tema “Diritti e discriminazioni” che sarà trattato sempre secondo la prospettiva omosessualista e femminista radicale. Ci limitiamo ai nomi di due delle associazioni chiamate a intervenire: Pinkriot Arcigay e Casa della Donna, quest’ultima desiderosa di abolire l’obiezione di coscienza nel servizio sanitario nazionale. Cioè, nelle scuole vengono chiamate a parlare di “diritti” associazioni che già negavano il diritto di nascere dei bambini in grembo e ora vogliono anche negare il diritto di medici e ostetriche di non prendere parte alla loro eliminazione. Bene e male capovolti, con bambini e ragazzi innocenti a pagarne le conseguenze, secondo un metodo proprio dei totalitarismi.
    Lezione arcobaleno: liceo ostaggio della gaycrazia - La Nuova Bussola Quotidiana

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    Predefinito Re: Il deserto avanza

    Sardegna, al via il progetto "Coloriamo l'arcobaleno" per le elementari
    Il Movimento Omosessuale Sardo e il Dipartimento di Pedagogia, Psicologia e Filosofia dell’Università degli Studi di Cagliari hanno elaborato un progetto che si chiama “Coloriamo l’arcobaleno”. Si tratta di un’indagine conoscitiva su come insegnanti e genitori delle scuole elementari della Sardegna percepiscono il fenomeno dell’omosessualità e delle coppie omosessuali con figli.
    Si dirà: buona cosa sapere cosa pensano insegnanti e genitori su questi temi. Vero, ma l’indagine è viziata sin dal suo esordio da un errore metodologico: si antepone un giudizio di valore alla raccolta dati. Già prima di conoscere un fatto – quale è la percezione sociale dell’omosessualità – si è formulato un giudizio critico, ossia che tra insegnanti e genitori serpeggia la cosiddetta “omofobia”, che tra l’altro è termine privo di significanza scientifica.
    Ad informarci che il carro è stato messo davanti ai buoi è stata la dott.ssa Anna Planta, ricercatrice dell’Università di Cagliari e responsabile della raccolta dati, la quale dichiara che “Coloriamo l’arcobaleno è la prima indagine ufficiale condotta nelle scuole sarde sulle conseguenze sociali dell’omofobia e su stereotipi e pregiudizi di genere”. In breve, prima di andare a processo i giudici hanno già emesso la sentenza.
    Sardegna, al via il progetto "Coloriamo l'arcobaleno" per le elementari - La Nuova Bussola Quotidiana

    Nella Francia di Macron ora è vietato ostentare simboli religiosi in Parlamento
    Il Consiglio direttivo dell’Assemblea Nazionale francese, presieduta dal "macronista" François De Rugy, ha adottato un provvedimento che vieta ai deputati di ostentare simboli religiosi o politici. Dubbi sulla costituzionalità della norma
    Alessandra Benignetti
    Sul piano del laicismo la Republique en Marche di Emmanuel Macron sembra non discostarsi troppo da quelle precedenti.
    La scorsa settimana il Consiglio direttivo dell’Assemblea Nazionale francese, presieduta da François De Rugy, ha adottato, infatti, un provvedimento che vieta ai deputati di presentarsi in aula ostentando simboli religiosi e che li obbliga a recarsi in Parlamento con un abbigliamento “neutro”.
    Ufficialmente, come spiega il quotidiano francese Le Monde, la decisione di modificare l’articolo 9 del regolamento generale è scaturita dalla necessità di disciplinare il comportamento di alcuni parlamentari, che in passato avevano introdotto alcuni oggetti simbolici all’interno dell’emiciclo, per rafforzare i propri discorsi. Ma quella del presidente della camera bassa del Parlamento francese, sottolinea la stampa d’Oltralpe, rappresenta soprattutto una netta presa di posizione in favore dei partigiani della laïcité. Le nuove regole stabilite da De Rugy, infatti, non si limitano soltanto a chiarire che le modalità di espressione all’interno dell’aula debbano essere “esclusivamente orali”, ma prescrivono anche che la tenuta dei parlamentari “non deve essere il pretesto per manifestare qualsiasi genere di opinione”. “Cosi' – si legge nel testo - è proibito nello specifico indossare qualsiasi simbolo religioso evidente, uniformi e loghi che riportino messaggi commerciali o slogan di natura politica”.
    Del resto l’ex leader ecologista, tra i “macronisti” dell’ultima ora, non ha mai nascosto le sue posizioni a riguardo. “La fede è un affare privato”, affermava De Rugy nel novembre del 2017, promettendo di affrontare la questione nei mesi a venire. E in effetti, la stretta sui simboli religiosi in Parlamento è arrivata dopo poche settimane. La misura è stata contestata dai rappresentanti della Conferenza episcopale francese e, a sorpresa, dallo stesso Osservatorio per la laicità, che la considera lesiva della libertà di espressione dei parlamentari. “Mi sembra esagerato che per disciplinare il comportamento inadeguato di un deputato si renda necessario stabilire misure che riguardano la possibilità per gli eletti di esprimere le convinzioni che hanno per definizione”, spiega a Le Monde il segretario generale dei vescovi francesi, Olivier Ribadeau-Dumas. “Se esiste un luogo dove si deve poter discutere di tutto è proprio l’Assemblée nationale. I deputati rappresentano il popolo, ed il popolo non è laico”, ha attaccato il presule.
    Secondo l’Osservatorio per la laicità la nuova norma inserita nel regolamento della camera bassa del parlamento potrebbe presentare alcuni profili di incostituzionalità, nel caso in cui fosse ritenuta dai giuristi lesiva della libertà di espressione. E forse proprio per questo, insinuano i maligni, il bureau che l’ha redatta ha pensato bene di porla all’interno non del regolamento vero e proprio, ma della “instruction générale”, una sorta di appendice che, al contrario, non è sottoposta alla verifica di costituzionalità prevista dalla Costituzione francese.
    In Francia dal 2004 è vietato ostentare simboli religiosi nelle scuole, nei collegi e nei licei pubblici.
    Nella Francia di Macron ora è vietato ostentare simboli religiosi in Parlamento

    Canada, sussidi statali solo a imprese gay friendly
    Il governo canadese offrirà sussidi ad organizzazioni no profit e a piccole imprese, in materia di assunzioni stagionali estive, solo se firmeranno un documento in cui si dichiareranno favorevoli all’aborto e alle rivendicazioni gay.
    Il progetto si chiama Canada Summer Jobs e prevede l’adesione da parte di chi vuole ricevere i fondi ad alcuni principi, quali i “diritti riproduttivi e il diritto a non essere discriminati sulla base del sesso, della religione, della razza, dell’origine nazionale o etnica, del colore, della disabilità mentale o fisica, orientamento sessuale o dell’identità o espressione di genere“.
    Il ricatto è dunque evidente. Organizzazioni cattoliche ed imprese gestite da persone che si ispirano ai valori cristiani saranno messe all’angolo: a loro spetta il dovere di obiettare per opporsi a questa decisione iniqua del governo retto dall'ultraliberale Justin Trudeau.
    Canada, sussidi statali solo a imprese gay friendly - La Nuova Bussola Quotidiana

  5. #225
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    Predefinito Re: Il deserto avanza

    LE NUOVE DIRETTIVE UNESCO PER CORROMPERE I BAMBINI
    Maurizio Blondet
    L’UNESCO (che è l’agenzia “culturale”” dell’ONU) ha appena pubblicato le direttive globali per i nuovi standard di educazione sessuale da impartire in tutte le scuole ed asili infantili dell’Occidente. Firmata dalla direttrice generale dell’UNESCO, l’ebrea francese Audrey Azoulay, che è stata ministra della “cultura” per Hollande, che l’ha piazzata all’ONU prima della caduta.
    Fra le cose curiose del testo, c’è che la direttive della “nuova educazione sessuale” , l’UNESCO dice che s’inserisce nel programma politico dell’ONU per il 2030 sullo “Sviluppo Sostenibile” (sic).
    http://unesdoc.unesco.org/images/002...07/260770e.pdf
    L’Unesco prescrive le conoscenze e gli atteggiamenti da inculcare nei giovani secondo ogni classe di età. Si martella sull’esigenza di informare sulla prevenzione delle gravidanze indesiderate (contraccezione ovunque, l’aborto “laddove è legale”: ecco lo sviluppo sostenibile) e sui “diritti alla salute riproduttiva”; ma non meno martellante è l’insistenza sulla ‘uguaglianza di genere’ e la promozione dell’ideologia di genere. Con particolare cura per l’insegnamento gender ai bambini tra i cinque e gli otto anni.
    In 139 pagine scritte in perfetta neolingua della dittatura LGBT, l’UNESCO sottolinea con forza il “rispetto” per l’orientamento sessuale, il “rifiuto degli stereotipi”, il “diritto” degli scolari di godere dei piaceri della carne, naturalmente condito con gran pedagogia “della responsabilità” da non confondere in alcun modo con la moralità tradizionale. Difatti afferma come cosa fatta che la responsabilità dell’educazione sessuale dei figli va sottratta alla famiglia e ai genitori, e deve essere data allo Stato (che veglia su tutti noi ché non insegniamo ai bambini gli “stereotipi” che mancano di rispetto ai sodomiti). L’educazione alla castità non viene evocata se non per condannarla come malsana, e contraria allo sviluppo sostenibile. Ai bambini viene insegnato a mettere in discussione e persino a rigettare i valori e le convinzioni dei loro genitori sul sesso e sul matrimonio, i bambini devono al più presto “riconoscere” che i loro “valori” possono essere “diversi” dai loro genitori.
    Il programma pedagogico che l’UNESCO vuole estendere ai bambini del pianeta intero attraverso le sue “linee-guida tecniche” prevede che fin dalla scuola primaria (dai 5 agli 8 anni) gli scolari imparino dall’insegnante l’omosessualità nel quadro di una sessualità sostenibile. Dai 9 ai 12, ai ragazzini e ragazzine viene insegnato come individuare i segnali della gravidanza. Dai 9 anni gli scolari imparano le modalità del piacere maschile e femminile. La masturbazione viene raccomandata purché, stranamente, “in privato”: forse per scongiurare che adulti particolarmente sensibili a queste direttive vengano colti in flagrante pedofilia, insegnando in classe come “toccarsi”? Forse si suggeriscono ripetizioni private in casa? Fuori dagli occhi indiscreti?
    Secondo il nostro ministero e governo, come noto, la “teoria del gender” non esiste, e non viene insegnata nelle scuole, si tratta di una allucinazione di genitori complottisti, gli stessi che credono che 12 vaccini siano dannosi, e che esistono le scie chimiche. Infatti è vero: ecco l’UNESCO prescrivere che i bambini a 5 anni imparino a “definire il genere e il sesso biologico e descrivere la loro differenza”, e vengono invitati a “riflettere sul proprio sentimento di appartenenza a un genere”. Una nozione di cui ciascuno capisce la necessità per preparare i piccini alla dura realtà della vita che li attende nel mondo globalizzato come disoccupati sostituiti da robot e “immigrati”; infatti la “riflessione” sul proprio “sentimento gender” è il preludio necessario per il corso ulteriore: a 9 anni, si chiederà agli scolari di “saper spiegare come l’identità di genere di una persona puo' non corrispondere al sesso biologico” – e soprattutto a “dimostrare rispetto per l’identità di genere altrui”; dai 5 anni va inculcato il rispetto per le famiglie “diverse”; dai 12, i bambini devono essere già edotti sul fatto che i rapporti omosessuali sono “piacevoli” e non portano affatto infezioni; l’uso del condom sarà insegnato approfonditamente.
    Le conoscenze dei bambini in materie omosex devono essere sistematicamente valutate e tracciate (forse come preludio all’espulsione dalle scuole, come per i non-vaccinati; forse per identificare i renitenti da sottoporre a “corsi di recupero”). Ma non solo i bambini: anche gli insegnanti dovranno essere sottoposti ad un rigoroso programma di indottrinamento, e se occorre di rieducazione, in modo che apprendano a trasmettere le opinioni e i valori richiesti dall’ONU . “Questa formazione puo' essere inclusa come parte del curriculum degli istituti di formazione degli insegnanti (pre-servizio) o come formazione degli insegnanti in servizio”, spiega il documento dell’UNESCO: è facile capire che questo è un progetto di “selezione” di insegnanti omogenei all’ideologia LGBT e “sbarramento”, quando non licenziamento, di insegnanti non convinti dei “valori ONU”: una intimidazione e discriminazione odiosa basata sulle idee e la morale dei docenti. Possono essere bloccati nella carriera e perdere lo stipendio se non si adeguano alla nuova morale “libertaria”, cosi' come i medici di base possono essere espulsi dal sistema sanitario se si oppongono alle 12 vaccinazioni.
    IL NUOVO “JUS SODOMITICUM”
    Del resto il recentemente nominato alto responsabile delle Nazioni Unite, il thailandese Vitit Muntarbhorn, che è un avvocato “dei diritti” e attivista omosessuale, ha apertamente dichiarato che la libertà religiosa è “secondaria” in confronto alla libertà LGBT; le scuole cattoliche o protestanti “devono” indottrinare sui benefici dell’omosessualità, e fin dalle più tenera età: “Quanto prima, tanto meglio”.
    https://www.thenewamerican.com/cultu...on-on-children
    E’ la dittatura mondiale dei pederasti, che si attua in un nuovo jus sodomiticum obbligatorio, e contrario al diritto naturale. Non a caso la Cassazione ha tolto la faiglia ad una coppia di Casale Monferrato e l’ha resa adottabile, perché la mamma a 57 è “troppo vecchia” e incapace (si noti la neolingua: “di comprendere quali siano i bisogni emotivo affettivi e pratici” della bimba, mentre Niki Vendola, che è diventato “mammo” sodomitico per acquisto di bambino altrui, a 58 anni, non è troppo vecchio e non viene perseguito dalla stessa Cassazione, anzi. Un tipico esempio di “diritto diseguale”, favorevole ai viziosi ricchi e potenti e ostile ai poveri normali. Cosa ci vuole per riconoscere il nuovo totalitarismo?
    https://www.maurizioblondet.it/le-nu...mpere-bambini/

    BAMBINI DI STATO
    Cedu: "No all'esonero dai corsi di educazione sessuale"
    Nel novembre 2011, il prof. Tommaso Scandroglio pubblicava su questo giornale un articolo dal titolo Educazione sessuale svizzera: l’orco in classe, in cui affrontava la questione relativa all’introduzione in alcune zone della Svizzera dell’obbligo di educazione sessuale nelle scuole. In particolare, Scandroglio evidenziava che già all’asilo gli insegnanti facevano giocare i bambini con peluche a forma di organi genitali maschili e femminili, nonostante la contrarietà di gran parte dei genitori.
    In questi giorni si è venuti a conoscenza della conclusione della lunga battaglia giudiziaria che nel 2011 aveva iniziato una madre svizzera per ottenere il riconoscimento del diritto della figlia, di appena sette anni, ad essere esonerata dall’obbligo di partecipare a quelle lezioni. Le decisioni che nel frattempo si erano succedute avevano sempre dato torto alla ricorrente: in particolare il Tribunale federale nel 2014 aveva fondato la propria pronuncia negativa sul presupposto che quelle lezioni non erano sistematiche o obbligatorie ma erano state fornite in risposta (in response) alle domande dei bambini medesimi (mah!!).
    Lo scorso 18 gennaio, con sentenza n. 22338/15, la Cedu, investita del caso, ha posto fine alla vicenda giudiziaria, dichiarando che non sussiste alcun diritto all’esonero e che la scuola deve tenere lezioni di educazione sessuale perché tali lezioni perseguono "obiettivi legittimi". Secondo la Corte, l'educazione sessuale è un mezzo di prevenzione e di tutela dei bambini di fronte alle violenze e allo sfruttamento cui gli stessi possono essere sottoposti. Siccome le violenze costituiscono una minaccia per la salute fisica e mentale dei bambini, essi devono essere protetti a tutte le età. E poiché – dice la Corte- uno degli obiettivi dell'educazione statale è anche quello di preparare i bambini alle realtà sociali, è indubbio che l'educazione sessuale debba riguardare anche chi frequenta l'asilo o la scuola elementare.
    In altri termini, la Corte sancisce la obbligatorietà dei corsi di educazione sessuale nelle scuole, esautorando i genitori da ogni potere di scelta educativa/formativa dei figli.
    Cio' potrebbe, per certi versi, essere anche accettato, in nome di un obiettivo oltremodo lodevole, quale appunto la lotta alle violenze; peccato pero' che, anche stavolta – e mi riferisco all’introduzione del gender per combattere il bullismo e il femminicidio -, si utilizzino strumenti, a dir poco abietti, che nulla hanno a che vedere con il perseguimento di quell’obiettivo.
    In effetti, come si puo' credere che il gioco del dottore o la masturbazione, che l’OMS “prescrive” per i bimbi di tre anni, siano strumenti determinanti ed imprescindibili per una crescita sana dei bimbi stessi, nel senso che impediranno loro, una volta adulti, di diventare violenti?
    Cedu: "No all'esonero dai corsi di educazione sessuale" - La Nuova Bussola Quotidiana

    Consigli di un bigotto incazzato ai miei studenti.
    Consigli incazzati ai miei studenti.
    Sono al centro di una tempesta perfetta. Un tempo c’era la comunità educante, un tempo si credeva in Dio, un tempo c’erano i valori civici. Un tempo il sesso era un mistero, non si mostrava ovunque, ricordate i film di una volta? Oggi si propone come valore da sperimentare subito, appena possibile.
    Un tempo l’ubriacarsi era una faccenda per poveracci, per lavoratori stanchi; per ingannare la fatica della vita. Oggi lo sballo è presentato come rito iniziatico per staccarsi dai genitori, per giudicarli, per sentirsi adulti. Io sono un trasgressivo, “un eretico”, ma non capisco cosa ci sia di trasgressivo nel bere a dismisura.
    Un tempo la droga non esisteva, certo, la società era più gerarchica e ruoli fissati, minor libertà si dirà; ma si sapeva dove andare. Quante vite hanno distrutto le regole?
    Oggi alcool e droga invadono le strade.
    L’uomo senza spirito è solo corpo, anche i pensieri sono corpo e il corpo non è mai sazio. Non c’è da stupire il mondo è un vortice. Ci hanno tolto tutto, alto e basso sono la stessa cosa. Filosofi e giornalisti, politicanti e libertini, radicali e libertari. Questo vi hanno consegnato ragazzi.
    Si moltiplicano i corsi per la salute mentale e fisica. Da una parte ti inducono al vizio, dall’altra ti curano. Perfetto.
    Un tempo un lavoro lo si trovava e c’era dignità persino nella povertà. Oggi il povero si rivolge ai servizi sociali e si sente appestato.
    Oggi il benestante va dallo psichiatra per poter essere efficiente. Le droghe dei ricchi si chiamano psicofarmaci. I poveracci si spinellano e poi su, su, a salire per cadere; s’annientano.
    Oggi si promuovono spettacoli che iniziano di notte, in cui il cantante bestemmia, inneggia al sesso libero e alla droga. I ragazzi corrono per un selfie e gioiscono di aver toccato il “mostro.”
    Tutto normale, la chiamano arte, io la chiamerei patologia.
    Vi diranno che naturale e innaturale non esistono, che tutto puo' essere normale, basta sapersi controllare. Stronzate, siamo tutti diversi, per un ragazzo un goccio di vino é niente, per un altro veleno. Bene e male, punti di vista diranno. Siamo liberi. Stronzate. Quale libertà nel perdersi, nel non ricordare, nel morire? Chi ci guadagna? Questo vi dovete chiedere. Chi guadagna? A chi giova il vizio?
    I ragazzi arrivano, non sanno più distinguere bene e male, corpo e spirito, istinto e ragione. Li avete visti? Arrivano ai concerti o ai party già ubriachi, barcollano, vomitano, sono burattini, pupi senza fili. Cadono, si rialzano, hanno sguardi vuoti. Ci sono i violenti, i buttafuori a loro non frega nulla dei ragazzi, l’importante è che dentro il locale non succeda nulla.
    Il consumo, il businnes, gli affari, questi si che sono sacri. Non il corpo, non la persona. I genitori portano i figli ai concerti, li assecondano, hanno paura. Molti sono separati, ma amano i loro figli, eppure, a volte non possono fare nulla.
    Ci sono tromboni che distinguono fra droghe pesanti, leggere, alcool. Si parla di bere consapevolmente. Si è single si puo' anche morire dopo una sbronza. Per i piccoli ci sono i bus che portano a casa gli sballati; speriamo non cadano scendendo dai gradini. Faranno causa al comune, il gradino è troppo alto.
    E' sempre lo stesso schifo. Sballo, dipendenza, fuga. Poi, capita che una ragazza venga fatta a pezzi. Tutti si indignano, il dolore diventa spettacolo, ma nessuno educa perché per proporre valori è necessario mostrarli e condividerli. Nel mondo invece, in nome dell’arte, del canto, del cinema, della letteratura, tutto è permesso. Nulla è condiviso. Persino le parole della Chiesa paiono vuote, come gli oratori. Non ci sono più preti e i laici hanno altro da fare.
    La scuola seleziona e scarta i deboli, tutto è competizione.
    I giovani devono arrangiarsi, ma non hanno la forza. E tutta la retorica educativa e televisiva non serve a nulla.
    Si pongano divieti, si dica che i locali devono chiudere presto la sera. I ragazzi la sera devono dormire. Si reprima ogni forma di vizio, si educhi ad una sessualità capace di castità. Si introducano censure relativamente alla pornografia e alla prostituzione. Si chiami il male, male. Il male è sempre tale ad ogni età. Non esiste il tempo dello sballo e quello della maturità, esistono comportamenti che promuovono l’umano ed altri che lo uccidono.
    Consigli di un bigotto incazzato ai miei studenti. | Libertà e Persona

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    Predefinito Re: Il deserto avanza

    Onu: era un pedofilo chi promosse i Diritti del Bambino
    Peter Newell, ex consulente dell’Unicef compi' abusi su minori e successivamente implemento' la Convenzione dei diritti del bambino, sponsorizzando negli Stati l'idea di "autodeterminazione" dei piccoli che oggi ne permette la sessualizzazione precoce. Ma MacLeod, ex direttore Onu, ha dichiarato che sono 60 mila i casi di abuso commessi da circa 3.300 operanti nel settore.
    Peter Newell, 77 anni, è un attivista dei diritti dell’infanzia ed ex consulente dell’Unicef e autore dell'implementazione della "Convenzione dei diritti del bambino", promossa a Ginevra nel 1998 ed usata da tutti i governi del mondo. Peter Newell è stato accusato di pedofilia e condannato a sei anni e otto mesi di carcere a causa di abusi minorili compiuti ripetutamente dal 1960 al 1968.
    I fatti sono venuti alla luce solo ora in seguito a un'indagine avviata nel 2017 in Gran Bretagna dopo che 125 attivisti inglesi operanti in alcune ong per l’infanzia erano stati accusati di pedofilia. Ma la dimensione del problema è stata resa chiara il 9 febbraio scorso quando il quotidiano britannico The Times ha pubblicato un reportage che accusa decine di dipendenti della Ong Oxfam di abusi sessuali anche su minori nei paesi in cui venivano realizzati interventi umanitari (fra gli indagati ci sono anche i dipendenti di Save the Children per 31 casi di abusi e di Medici Senza Frontiere).
    Ma da venerdi' scorso pare che l’abuso di posizioni di potere in Ong che dovrebbero difendere i bambini siano la norma. Il professor Andrew MacLeod, ex direttore del Centro di coordinamento delle emergenze delle Nazioni Unite, ha infatti dichiarato al The Sun che “lo stupro di bambini è stato inavvertitamente finanziato in parte dai contribuenti del Regno Unito” (sono 60 mila i casi di abuso riportati negli ultimi dieci anni e commessi da circa 3.300 pedofili operanti nel settore). Infatti ci sarebbero “decine di migliaia di operatori con tendenze pedofile in giro per il mondo, ma se indossi la maglietta dell’Unicef nessuno ti chiede conto del tuo operato”. E ancora, il problema è “radicato e diffuso in tutto il mondo degli aiuti umanitari”.
    Eppure, dopo l'arresto di un pezzo grosso, un portavoce dell’Unicef ha dichiarato sorpreso che “siamo profondamente scioccati dalla notizia dell’arresto di Peter Newell. Non sapevamo nulla di questi crimini quando lavorava come consulente dell’Unicef più di 10 anni fa”. Accadde lo stesso nel 1987 quando il leader dell'Unicef belga, Gilbert Jaeger, si dimise dopo l'arresto di alcuni operatori condannati per pedofilia insieme ad altri colleghi francesi, inglesi e svizzeri. Nel seminterrato dell'edificio con sede a Bruxelles fu infatti scoperto uno studio fotografico utilizzato per scattare fotografie pornografiche di bambini, molti dei quali di origine nordafricana (furono sequestrate oltre 1.000 fotografie, insieme a una mailing list di circa 400 nomi in 15 paesi europei).
    Ma vediamo quanto stabilito dalla "Convenzione dei Diritti del bambino” di Ginevra, poi implementata dal pamphlet di Newell usato dai vari Stati Onu:
    Art 14: “Gli Stati parti rispettano il diritto del fanciullo alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione”; Art 16. “Nessun fanciullo sarà oggetto di interferenze arbitrarie o illegali nella sua vita privata...". Articoli grazie ai quali il Canada l’anno scorso ha approvato una norma per cui i bambini hanno diritti religiosi e sessuali che la famiglia non puo' contrastare senza essere denunciata; Art. 24: “Gli Stati parti riconoscono il diritto del minore di godere del miglior stato di salute possibile e di beneficiare di servizi medici…Essi si sforzano di garantire che nessun minore sia privato del diritto di avere accesso a tali servizi”. Articolo grazie a cui i genitori che si opponessero, ad esempio, a trattamenti per il cambiamento del sesso del figlio possono perdere la patria potestà o non essere ammessi alle pratiche di adozione. L’art 24 prosegue poi con una dichiarazione usata per giustificare l’educazione sessuale precoce: “Gli Stati parti si sforzano di garantire l’attuazione integrale del summenzionato diritto ed in particolare, adottano ogni adeguato provvedimento per sviluppare…i servizi in materia di pianificazione familiare”.
    Nel documento redatto da Newell si parlava anche di necessità “di ridurre l’età legale del consenso delle relazioni omosessuali”. Tutto l’impianto di questi nuovi diritti è comunque fondato sull’autodeterminazione del bambino, come se questa lo rendesse libero. Mentre fino a prima della “rivoluzione sessuale” degli anni ’50/’60, la garanzia del fanciullo era il legame con la sua famiglia, considerata l'incapacità per il bambino di prendere libere decisioni prima di una certa età. Per tutelarli il diritto degli Stati democratici partiva dal presupposto dell’esistenza di un diritto naturale (di un bene e di un male oggettivi) in cui la famiglia veniva considerata la prima istituzione potenzialmente in grado di educare i figli al bene senza secondi fini.
    Non c'è niente da fare, il relativismo etico, per cui il sesso in qualsiasi salsa corrisponde all’amore, basta che sia voluto, conduce qui. A dirlo ora non sono solo gli articoli ambigui delle convenzioni internazionali, ma una prassi diffusa proprio fra gli ideologi nelle Nazioni Unite e gli operatori delle Ong che dicono di voler tutelare i bambini.
    Onu: era un pedofilo chi promosse i Diritti del Bambino - La Nuova Bussola Quotidiana

    In parrocchia: una strana festa delle famiglie
    FABRIZIO CANNONE
    La parrocchia di san Gelasio I a Roma, nella zona Ponte Mammolo-Rebibbia, organizza per il prossimo 11 marzo, quanto di più bello e proficuo ci si potrebbe attendere da una parrocchia: una festa “delle famiglie”.
    Si poteva usare il singolare “famiglia” perché certi singolari, come il popolo la Chiesa o la società, contengono concettualmente un plurale come significato. Come quando i cattolici militanti organizzano il family day e non il families day.
    Ma qui il plurale era voluto e necessario. Infatti accanto al titolo “Domenica 11 marzo 2018 - Domenica delle famiglie”, appare sul sito della parrocchia stessa (sangelasio.it) un disegnetto, al limite della blasfemia, e in tutto opposto al concetto cattolico, biblico e perfino costituzionale di famiglia.
    Infatti, vi sono rappresentati tutti i modelli di famiglia possibili e immaginabili, manca solo il modello, proposto da alcuni specie nei paesi più avanzati, di unione uomo-animale.
    La famiglia, per una parrocchia cattolica di Roma, avente Bergoglio come Vescovo diocesano, sarebbe oltre al modello tradizionale e noioso (uomo+donna+prole), anche uomo (o donna) + prole, due uomini (o due donne) + prole, due uomini senza prole, due donne senza prole, e perfino al cuore dell’immagine la famiglia poligamica e poliamorosa: 2 uomini 2 donne e 3 bambini! Wuau!
    Ma perché stare a rintuzzare queste faccende interne alla vita ecclesiale di oggi, se infondo love is love?
    In effetti, la parrocchia ha colto bene, il senso del motto “l’amore è amore”. Se il sentimento è famiglia, ogni sentimento lo è, nessuno escluso. Ami il canarino o il dolcissimo gatto Felix? Sei famiglia. Ami tua nonna, sola e malandata, e te ne occupi da anni come un buon samaritano? Sei famiglia. Ami tua sorella, e lei pure ama te, e nessuno in questo mondo infame vi capisce e vi sposa, neppure la Raggi e la Boldrini? Sei famiglia! Ovviamente, molti settori del cattolicesimo saranno in disaccordo con tutto questo. Ma la logica della misericordia puo' avere limiti? E chi siamo noi per giudicare il gay, il pedofilo (non violento) e il mussulmano poligamo, con 3 signore velate che accettano con gioia l’esempio di Maometto?
    L’unica colpa è il giudicare, nell’azione e nell’amore non c’è mai colpa. Semmai si sta migliorando il mondo, come gli animali che felici e sereni, non hanno istituzioni stabili e inutili contratti matrimoniali. E noi, in un mondo burocratico e vuoto, senza sentimenti liberi a causa della Chiesa e della morale repressiva, non dovremmo ispirarci agli altri animali del pianeta i quali del resto non conoscono guerre, razzismo, omofobia o moralismo?
    Ps. Dopo le proteste di alcuni, la parrocchia ha cancellato il disegnetto osceno. Si saranno mutati anche i cuori? Lo speriamo.
    In parrocchia: una strana festa delle famiglie ~ CampariedeMaistre

    Come la scuola indottrina i nostri figli
    Scuola ed educazione di Redazione
    di Alessandro Rico
    Per corrompere la società bisogna cominciare corrompendo i giovani. Probabilmente è questo il motivo per cui sui testi scolastici, che dovrebbero trasmettere ai nostri ragazzi conoscenze basate su dati di fatto, oltre agli strumenti per formarsi autonomamente delle opinioni, si sta consumando una guerra ideologica.
    Sui grandi quotidiani trovano spazio solo i j’accuse legati a presunti casi di razzismo. Come quello dell’ex sindaco di Lampedusa Giusi Nicolini che l’anno scorso su Twitter punto' il dito contro il libro Diventa protagonista a cura di Mario Amulfi (Il capitello), sussidiario destinato alta quinta elementare, che definiva gli immigrati «clandestini», la cui permanenza in Italia «non è autorizzata dalla legge» (la nuda verità, spogliata della retorica sull’accoglienza giuridicamente infondata).
    O quello dell’organizzazione di ricercatori Gerush92, tra i consulenti speciali del Consiglio economico e sociale dell’Onu, che nel 2012 chiese di eliminare lo studio di Dante Alighieri dai programmi scolastici, poiché la Divina Commedia veicolerebbe messaggi «islamofobi». La Verità, invece, ha raccolto citazioni, titoli e autori di testi per scuole di ogni ordine e grado che distorcono la letteratura, la storia, la geografia e persino le lingua per diffondere propaganda su gender, famiglie arcobaleno, immigrazione. Europa e moneta unica.
    Un’inchiesta il cui scopo non è soltanto denunciare un tentativo di lavaggio del cervello, ma soprattutto richiamare le famiglie alla vigilanza per sapere se i loro figli sono costretti a leggere certe follie. Della serie: se li conosci, li eviti.
    ______________________

    I SUSSIDIARI TIFANO SOSTITUZIONE ETNICA
    E IMPONGONO LE MENZOGNE BUONISTE
    I libri invitano gli italiani a «passare il testimone» agli immigrati. Fra gli esercizi di inglese, spuntano frasi di propaganda pro euro
    Educare non è indottrinare, bensi' trasmettere agli studenti gli strumenti critici e la capacità di ragionamento perché imparino a pensare con la propria testa. A leggere certi testi adottati nelle scuole italiane, pero', sembra che questa missione sia stata soppiantata dalla propaganda a favore dell’Europa, della moneta unica, dell’immigrazione e del multiculturalismo.
    LA POLEMICA
    Si pensi a un testo di geografia destinato alle scuole medie. Geo Green 2 di Carlo Criguolo, edito da Paravia. E' stato un consigliere regionale friulano di Forza Italia. Roberto Novelli, ad additare pubblicamente un passaggio del libro in cui, dopo una serie di allarmi sull’«invecchiamento medio» e la diminuzione dei «giovani europei», si legge: «Gli immigrati extraeuropei (africani, asiatici, sudamericani) rappresentano già oggi una parte consistente della popolazione giovane d’Europa. La vera sfida sociale e demografica del continente consiste nel “passare il testimone”: gli immigrati devono poter entrare nella società e nell’economia europee a ogni livello professionale e civile: solo accettando gli immigrati l’Europa anziana (che detiene la ricchezza economica e le radici culturali europee) permetterà l’esistenza dell’Europa futura».
    Pare di sentire la «presidenta» della Camera Laura Boldrini, che nel marzo 2016, a Palermo, aveva invocato l’arrivo di 300-400.000 immigrati all’anno per impedire che la popolazione italiana scenda «al di sotto dei 45 milioni».
    IUS SOLI
    Molto simili i toni del volume In prima! che fa parte della collana Zoom. Geogrqfia da vicino dell’editore Loescher. Ai ragazzi di prima media il testo spiega che «gli immigrati sono una presenza indispensabile, soprattutto in alcuni settori lavorativi come l’edilizia, il lavoro domestico, l’assistenza a bambini e anziani». Per dirla con Emma Bonino: senza gli immigrati, chi raccoglierebbe i pomodori?
    Nel libro non manca il tema dello ius soli: gli autori Luca Brandi. Guido Corradi e Monica Morazzoni lamentano che «i figli di stranieri nati in Italia continuano a non aver diritto alla cittadinanza italiana».
    Non è un caso che i più piccoli siano il bersaglio privilegiato dei tentativi di manipolazione: è più facile deformare la mentalità di chi non ha ancora una personalità ben strutturata. E gli effetti nefasti della geografia «militante» si fanno sentire.
    SCARSA PREPARAZIONE
    Secondo una ricerca di Skuola.net condotta su 1.500 ragazzi dalle medie all’università, metà degli studenti non sa che in Italia ci sono 20 regioni, il 46% pensa che il Gran Sasso faccia parte della catena delle Alpi e il 43% non sa che Crotone si trova in Calabria. In compenso, tutti scopriranno, leggendo II mondo domani di Elisabetta Sergio (Garzanti), che gli immigrati «costituiscono per l’Europa una preziosa risorsa economica, sociale e culturale. Inoltre con­tribuiscono a mantenere positivo il saldo demografico».
    Al che uno si chiede se abbiano ragione quei «complottisti» che parlano di «sostituzione etnica» o se gli istituti di statistica, i quali registrano un calo della natalità anche tra gli stranieri approdati nelle opulente società occidentali, non smentiscano il mantra dell’Africa che salva il Vecchio continente dall’estinzione.
    Nelle pagine di Fare geografia insieme, edito dal Capitello, si assiste alla celebrazione della società europea «ormai diventata multietnica», ma gli autori Renzo De Marchi. Francesca Ferrara e Giulia Dottori ammettono che nemmeno «l’arrivo di nuovi migranti» basterà a fermare l’inverno demografico italiano. Nonostante cio', l’immigrazione viene dipinta come «una grande risorsa per l’Italia».
    Addirittura, il testo afferma che «numerose fabbriche e importanti settori dell’agricoltura chiuderebbero senza i lavoratori stranieri». Non sono mica imprenditori e partite Iva a tenere in piedi il Paese; è la manodopera subsahariana a basso costo.
    La stessa mistificazione si trova in Kilimangiaro 1, edito da Laltes, in cui si elogia la «preziosa manodopera» degli immigrati, i quali accettano «lavori che molti europei ritengono troppo umili» e «hanno il diritto di essere accolti in Paesi sicuri». D’altronde, neppure gli insegnanti sono al riparo dal martellamento immigrazionista: Il contributo dei rifugiati e dei migranti nella costruzione di una società interculturale è l’altisonante titolo di un compendio delle Edizioni scientifiche italiane dedicato ai docenti.
    INVASIONI BARBARICHE
    E' ormai arcinoto il caso del libro Il racconto dello storico di Silvio Paolucci, Giuseppina Signorini e Luciano Marisaldi (Zanichelli) per le scuole medie, in cui quelle che un tempo si chiamavano «invasioni barbariche» sono state ribattezzate «grandi migrazioni», basate sull’«idea chiave» dell’integrazione. Ma forse in pochi immaginano che persino quando studiano le lingue i ragazzi siano bombardati dalla propaganda.
    Nel volume English Plus di Ben Wetz, edito da Oxford university press e adottato da molte scuole superiori, compare un esercizio di grammatica con frasi che inneggiano al multiculturalismo, all’abolizione dei confini, all’euro e persino all’anarchia: «Perché non lasciare che i cittadini di tutti i Paesi attraversino i nostri confini ogni volta che vogliono?». Oppure: «Nella mia società ideale non ci sono leggi, percio' alle persone è consentito fare quello che vogliono». E, infine, la tirata pro' euro: «Perché ci sono valute diverse? Dovremmo fare in modo che tutti usino la stessa moneta».
    Il Performer B1 di Zanichelli, invece, include un esercizio con proposizioni in cui si argomenta che, dall’introduzione dell’euro, i prezzi sono diminuiti e i servizi bancari sono diventati più semplici. Insomma, il globalismo e l’esaltazione di Unione europea e moneta unica sono temi piuttosto diffusi. Tesi che paiono riprese quasi letteralmente dall’opuscolo didattico messo a disposizione da Bankitalia, secondo il quale l’euro avrebbe avvantaggiato i consumatori (distruggendo la domanda interna?) e favorito le «transazioni commerciali» (già, quelle della Germania).
    Ora, a colpire non è soltanto l’immoralità degli scopi perseguiti da quei manuali, ossia fare proselitismo tra gli studenti di scuole medie e superiori. Meraviglia specialmente la carrellata di inesattezze, distorsioni e omissioni che finiscono per privare i ragazzi di elementi utili a valutare autonomamente gli argomenti. Una galleria degli orrori e degli errori contro la quale esistono due antidoti: insegnanti seri e famiglie vigilanti. E. magari, una strigliata del ministero ad autori ed editori.
    ___________________

    Geo green di Carlo Griguolo, Paravia
    «La vera sfida sociale e demografica del continente consiste nel “passare il testimone”: gli immigrati devono poter entrare nella società e nell’economia europea a ogni livello»
    Il mondo domani di Elisabetta Sergio, Garzanti
    «Gli immigrati «costituiscono per l’Europa una preziosa risorsa economica, sociale e culturale. Inoltre contribuiscono a mantenere positivo il saldo demografico»
    English Plus di Ben Wetz, Oxford university press
    «Perché ci sono valute diverse? Dovremmo fare in modo che tutti usino la stessa, moneta»
    Il fattore umano 2 di Maurizio Bettini, Mario lentano, Donatella Puliga, Paerson
    «Variano da civiltà a civiltà le norme sociali o giuridiche che definiscono l’incesto, l’aborto, l’infanticidio, l’adozione, il divorzio»
    L’acero rosso di Barbara Greppi, Annalisa Vada, Stefano Bordiglioni, Elena Rizzo Licori, Mondadori
    «Si puo' essere adottati o avere due mamme e due papà. […] il legame che unisce la famiglia non è il sangue: è il cuore che ci rende genitori e figli»
    Le parole le cose di Romano Luperini, Pietro Cataldi, Lidia Marchiani, Franco Marchese, Palumbo editore
    «Nel mondo greco e romano l’omosessualità – sia maschile sia femminile – era ammessa come normale: in particolare, essa aveva una forma codificata, la pederastia, che consisteva nel rapporto amoroso che legava il maestro al discepolo adolescente»
    Come la scuola indottrina i nostri figli ? Rassegna Stampa Cattolica

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    Predefinito Re: Il deserto avanza

    CitizenGo, gli eroi che sfidano il potere LGBT
    Gira per tutta Italia un bus arancione sulle cui fiancate compare la scritta a caratteri cubitali: “Non confondiamo l’identità sessuale dei bambini”.
    Il leader di Generazione Famiglia, costola di La Manif Pour Tous, oggi a capo del movimento CitizenGO che sfida apertamente la lobby LGBT supinamente aderente alla falsa teoria Gender – secondo la quale l’identità sessuale della persona non è un dato naturale stabile e biologicamente determinato, bensi' un dato mutevole, che viene sostituito con il concetto di genere, inteso come ruolo sociale fluido, culturalmente determinato e dipendente dalla propria sensibilità – è Filippo Savarese, della cui biografia non parlero', perché reperibile in rete sia tra i suoi sostenitori, sia tra i suoi oppositori che sono, ovviamente, la maggioranza.
    Oppositori che si nascondono e non lo attaccano frontalmente, mascherandosi dietro le istituzioni per cercare di intralciare la sua marcia di giustizia ed equità, la sua lotta per il rispetto dei diritti fondamentali dell’uomo, della famiglia naturale e civile, che su quella naturale si appoggia da sempre.
    Il suo movimento non intende cedere al diktat LGBT che vuole condizionare, ri-educare i bambini, attraverso insegnanti compiacenti, a una sessualità culturale secondo una distorta visione ideologica, sganciata da biologia e genetica umana.
    Potrebbe sembrare una banalità affermare che le bambine nascono femmine e i bambini maschi. Lo è per le persone di buon senso, lo è per la scienza, ma non è verità inconfutabile da parte di coloro che strumentalizzano femminismo radicale, omo e transessualità, da almeno 50 anni, per costringere la società ad accettare come normale la pansessualità fisica e comportamentale, al netto della chirurgia estetica, a prescindere dalla natura umana, della quale ci si vuole sbarazzare dopo aver tentato, inutilmente, di eliminare l’anima e la sacralità della vita.
    Ci sono di mezzo soldi e potere, c’è di mezzo un’ideologia infondata scientificamente e già apertamente confutata in molti paesi del mondo (Norvegia su tutti), e purtroppo c’è di mezzo la volontà occulta di derubricare tutta una serie di aberrazioni sessuali in parte già sdoganate (vedi ad es. il manuale psichiatrico DSM americano nel quale si definisce la pedofilia non più “disordine” ma “orientamento”) che potrebbero portare alla giustificazione della prostituzione minorile e della pedopornografia mediatica.
    Filippo Savarese e un gruppo di coraggiosi, alla luce del giorno, grida dal suo megafono che non ci sta. E altrettanto coraggiosi sono gli eroi silenziosi dei nostri tempi che hanno deciso da che parte stare in questa lotta tra il bene e il male, in questo conflitto aperto per la libertà di espressione e di ritorno alla democrazia, eroi che a Torino il 24 febbraio 2018, si sono visti cancellare da un’amministrazione pubblica tenuta in pugno da Arcigay&Co., il diritto di avere un luogo dove manifestare il loro pensiero.
    Cito dalla pagina di facebook di Filippo Savarese quanto è accaduto nella città più ostile al suo movimento: “Volevo dire all’Assessore alle (dis)Pari Opportunità, Marco Alessandro Giusta, che oggi abbiamo occupato il suolo pubblico di Torino col BusdellaLibertà esattamente come ci era stato concesso di fare (pagando), prima che lui rosicasse imponendo la revoca dell’autorizzazione (qualche ora prima n.d.a.) La Libertà non si revoca, e certamente non ci facciamo intimidire dalle isterie dell’Arcigay. Oggi abbiamo dato all’Amministrazione una lezione di democrazia, difendendo i princi'pi costituzionali. Le ridicole e liberticide delibere ‘anti-omofobia’ possono tenersele nel cassetto. Parte oggi anche a Torino un grande piano di resistenza, scuola per scuola, contro la propaganda Gender che confonde i bambini. Coraggio.”
    Trattamento ancora peggiore è stato riservato nella tappa di Reggio Calabria da una zelante amministratrice pubblica aderente alla solita congrega di depositari di verità e moralità assolute, pagata con le nostre inique tasse: cosi' come noi finanziamo il pernicioso indottrinamento stile soviet, ammannito alle generazioni più giovani e indifese ad opera dei suddetti ARCInoti che CitizenGo contrasta.
    Un indottrinamento e una manipolazione mentale che ricorda la rivoluzione/involuzione culturale maoista (che pensavamo definitivamente superata), costruiti a tavolino, passando di scuola in scuola, utilizzando ogni formato educativo possibile, soprattutto la fiaba, il racconto, il teatro, il cinema e le immagini subliminali ed evocative.
    CitizenGo, gli eroi che sfidano il potere LGBT | EreticaMente

    DITTATURA GAY
    Vogliono chiudere la bocca a Di Tolve con la calunnia
    Il quotidiano di Genova e dintorni il Secolo XIX, che fa parte del gruppo la Stampa, quindi del moloch Repubblica-L’Espresso, ha lanciato una crociata dal sapore totalitario contro il Gruppo di Preghiera Lot Regina della Pace animato da Luca Di Tolve. Nel mirino è finito un falso caso, costruito ad arte con la complicità maldestra di giornalisti di provincia poco avvezzi alle cose di cui scrivono e molto indottrinati nel seguire l’onda montante dell’omofobia: perfetti ingranaggi di una macchina della mistificazione che ha come unico obiettivo quello di distruggere il nemico. Un medico di base di Savona, Fabio Vaccaro aveva da tempo nel suo ambulatorio una locandina del libro di Di Tolve “Ero gay”, che per i militanti dell’Arcigay è un po’ come la criptonite per Superman, un qualche cosa di cui avere paura e da cui tenersi alla larga, forse per i semi di verità sulla macchina del consenso omosessualista che vi sono espressi.
    Ebbene. La locandina non era altro che una quarta di copertina del libro dell’ex militante Arcigay in cui si raccontava per sommi capi la sua storia che i lettori della Nuova BQ conoscono bene: di come grazie alle terapie riparative del dottor Nicolosi e soprattutto grazie alla sua conversione a Medjugorie abbia riacquistato la sua mascolinità e sia approdato a farsi persino una famiglia
    Un pugno nell’occhio per l’ideologia gay per la quale l’omosessualità deve essere un dato naturale e mai da mettere in discussione.
    Insufflata da qualche dirigente Arcigay locale, una giornalista della storica testata genovese ha cosi' montato il caso: “Medico mette nello studio un manifesto per “guarire” dall’omosessualità, l’Asl apre un’inchiesta”. Poi dopo alcuni giorni ha pensato di prendere di mira Di Tolve cosi': “Anche alcuni savonesi ospitati nella casa che pretende di “curare” gli omosessuali”. Il caso è montato: il medico è finito pubblicamente alla gogna e Di Tolve ha fatto la figura del santone che nella sua clinica-santuario prova a guarire gli omosessuali.
    Ovviamente le cose non stanno affatto cosi', ma il metodo del “dagli all’untore” si è ormai affermato per tacitare chi si oppone all’ideologia omosessualista che, tra l’altro, si è infiltrata anche nella Chiesa sotto forma di omoeresia.
    Inutile sperare di trovare una versione oggettiva dei fatti. Perché anche queste campagne vanno condotte con la violenza della falsità. Infatti come ha spiegato il dottor Vaccaro alla Nuova BQ, quel manifesto non era altro che l’esercizio di un diritto-dovere di medico che oltre che sul diabete e l’Alzheimer deve informare i suoi pazienti di tutti gli aiuti che la scienza medica e psicologica possono offrire per lenire le sofferenze dei pazienti.
    “Ho esposto quell’appunto, in fondo al quale c’era il numero della Comunità di preghiera di Di Tolve – ha spiegato Vaccaro – per informare eventualmente i miei pazienti affetti da un disturbo di egodistonia legato all’identità sessuale che potevano trovare informazioni per affrontare questa sofferenza”. Insomma: esattamente come quando si espongono i manifesti degli alcolisti anonimi, cosi' ha fatto il medico il quale non pensava che quel gesto sarebbe stato utilizzato per una campagna denigratoria ai limiti della diffamazione. “Mi hanno bombardato per tre giorni sui giornali parlando di procedimenti dell’Ordine dei medici e di inchieste interne dell’Asl – ha proseguito Vaccaro – ma la verità è che non c’è nessun procedimento aperto nei miei confronti”.
    Vaccaro ha poi aggiunto che un chiarimento con il suo ordine professionale dovrà essere comunque fatto, dato che i vertici lo hanno chiamato a relazionare e forse questa è la conseguenza più scandalosa dato che quella di curare gli omosessuali che soffrono per la loro condizione è una precisa disposizione ammessa dall’Oms. Infatti ad oggi non c'è alcuna legge che proibisca il ricorso alle cosiddette terapie riparative. Quindi a chi titolo l'Ordine dei medici e ancor più l'Asl dovrebbero intervenire?
    Sul caso è intervenuto anche Luca Di Tolve con un comunicato stampa per chiedere rispetto e chiarire una volta per tutte la natura della sua associazione: “Una certa stampa priva di etica professionale continua da anni (e non a caso si scatena ancor più in campagna elettorale) a travisare la nostra missione diffamando chi osa avere un’opinione diversa da altri. Per questo chiediamo di rispettare la libertà religiosa, la libertà di coscienza, di scelta e di opinione sancita dalla Costituzione Italiana e dalla Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea, e chiediamo al Ministero delle Pari Opportunità di riconoscerci il diritto che ci spetta come persone che, nel disagio di chi soffre del disturbo Icd 10 del manuale diagnostico f66 stabilito dal Organizzazione mondiale della sanità, provano ad accedere ad una possibilità di percorso cristiano laico”.
    Di Tolve ha denunciato le offese e le calunnie nei confronti di chi ricorre al conforto della preghiera e invece viene spacciato per plagiato o “malato”
    Ma che cosa si fa nella comunità di Brescia Lot Regina della Pace? E’ lo stesso animatore del cammino a spiegarlo: “I membri con più esperienza della nostra associazione si mettono a loro disposizione, nell'ascolto, nel consiglio gratuito ed in particolare nella preghiera comunitaria in modo da poterli aiutare a ritrovare se stessi e a superare quei problemi da loro stessi denunciati nell'ambito della relazione, della sfera sessuale ed emotiva e di identità”. Di Tolve ha detto che “vi è un mondo molto complesso della sessualità e dell’affettività e le nuove ricerche scientifiche non possono essere ostracizzate da persone o enti incompetenti in materia, omologhi al pensiero unico dei media, con ogni sospetto sostenuti da lobby mondialiste, omossessualiste ed economiche”.
    Insomma: è in atto la campagna ad arrogarsi il diritto di imporre una presunta "verità" sulle varie tendenze omosessuali, ingerendo fraudolentemente nella vita degli altri, con il mezzo più sconcio, la ridicolizzazione di chi non la pensa uguale.
    Ci sono persone che accusano inadeguatezza nel loro stile di vita emotivo, relazionale e sessuale e che decidono di cambiare le proprie abitudini, superando e risolvendo le loro tendenze. Queste "vanno solamente rispettate per le loro scelte, poiché sono una realtà ormai consolidata”. Questo è confermato dall’esperienza ultradecennale di Di Tolve: “Ho visto che amici e fratelli che vivono sereni e molti sposati con anche con più figli, cosi' come ho visto anche altri che tornano invece per loro volontà e scelta ad uno stile di vita precedente”.
    In conclusione: pregare adesso è diventato proibito se non si accorda con la vulgata mainstream e palesemente totalitaria di militanti senza scrupoli cui i giornali fanno volentieri da cassa di risonanza.
    Vogliono chiudere la bocca a Di Tolve con la calunnia - La Nuova Bussola Quotidiana

    GAIAMENTE CORRETTO
    Usa, università cattolica stila la lista delle parole proibite
    L’università cattolica di Dayton nell’Ohio aveva stilato un elenco di parole proibite perché sessualmente discriminanti, parole che quindi docenti e studenti non dovevano usare. Dopo le proteste l’università fece parzialmente marcia indietro e dichiaro'che quella lista era solo “una risorsa educativa”.
    Alcune dei termini messi all’indice erano: “donna delle pulizie”, “venditore”, “donna d’affari”, “poliziotto”, “vigile del fuoco”, “postino”. Ben accetti erano invece: “portavoce”, “personale di custodia”, “legislatore”, “associato”, “agente di polizia”,” pompiere” e “trasportatore di posta” o “impiegato delle poste”.
    Nell’elenco delle parole proibite spiccavano “marito” e “moglie” da sostituirsi con “coniuge”. Ora, se una università cattolica arriva a cancellare i termini “marito” e “moglie” vuol dire che il processo di secolarizzazione è quasi giunto al termine.
    Usa, università cattolica stila la lista delle parole proibite - La Nuova Bussola Quotidiana

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    Predefinito Re: Il deserto avanza

    Nel 2020 i bambini e gli adolescenti italiani raggiungeranno il grado zero di educazione motoria
    La capriola ormai è un problema serio. «In prima media — racconta Sergio Dugnani, docente di Scienze del Movimento all’Università di Milano — due ragazzi su tre non sanno eseguire una capovolta in avanti: si bloccano, contorcono, accasciano su un fianco. Un tempo la capovolta si apprendeva in maniera naturale giocando, tra i 6 e gli 8 anni, dopo aver imparato a rotolare e strisciare. Doverla insegnare a ragazzi di 11-12 anni che pesano già 40 chili significa recuperare un ritardo». Rincara la dose Annalisa Zapelloni, decano dei docenti di educazione fisica romani: «La scomparsa del gioco di strada ha provocato danni incalcolabili. Chi non si è mai arrampicato su un albero o su un muro non ha forza nelle braccia e nelle gambe ed è privo del senso dell’equilibrio. Vedo ragazzini in difficoltà se chiedi loro di saltare a piedi pari una riga disegnata sul pavimento. Non sono disabili: semplicemente non l’hanno mai fatto».
    Tutti d’accordo: continuando cosi', nel 2020 bambini e adolescenti italiani raggiungeranno il grado zero delle capacità motorie. Alle osservazioni empiriche si aggiungono i dati delle (poche) ricerche sul campo. Uno studio dell’Istituto regionale ricerca educativa del Lazio stima che le qualità aerobiche (resistenza) di un adolescente italiano stiano calando dell’1 per cento l’anno dal 2005. «Tanti quindicenni — spiega Mario Bellucci, tra gli autori dello studio — non sanno andare in bici. Di correre non se ne parla, il camminare è ridotto a pochi metri al giorno. Il livello di mineralizzazione delle ossa si abbassa: non è un caso che a scuola tanti ragazzi siano perennemente infortunati. La loro muscolatura è cosi' poco tonica da creare problemi di postura: dopo pochi minuti in piedi devono sedersi. Sono stanchi». Adolescenti col fisico da anziani.
    Bocciati in resistenza
    Lo Stato non pare interessato a quantificare la profondità del problema. C’è chi prova a sostituirlo. Da oltre vent’anni, all’Istituto Tecnico Gobetti – De Gasperi di Morciano (Rimini), è attivo un Centro Capacità Motorie che sottopone migliaia di studenti a una batteria di nove test. «Lo scopo — spiega Claudio Marchetti, l’ideatore — è creare un punto di riferimento per aiutarli a migliorare nel quinquennio». I risultati degli ultimi anni scolastici sono, pero', drammatici. A 15 anni, 58 ragazzi su 100 hanno forza nelle braccia «insufficiente o scarsa», 78 falliscono sul fronte gambe. Bocciati 68 studenti su 100 per la resistenza, 50 in velocità e 47 nella coordinazione. «La valutazione — spiega Marchetti — è sulla media europea. E i risultati peggiorano di anno in anno». «Nessuno — racconta Sergio Dugnani — si occupa più di sviluppare le capacità condizionali dei nostri ragazzi. Assecondati dalle famiglie, considerano lo sport solo come una delle tante opzioni per il loro tempo libero cambiando specialità di anno in anno senza padroneggiarne nessuna. Il gioco nel cortile, quello che permetteva lo sviluppo armonico involontario del corpo, è scomparso. Dal rincorrersi, saltare la corda, lanciarsi la palla ci si è ridotti all’immobilità dell’appartamento e del videogioco».
    In questo contesto, sperare in un miglioramento delle prestazioni sportive è utopico. In atletica leggera in Italia solo il 30% dei primati tra gli uomini (il 25% tra le donne) nelle categorie giovanili (12-18 anni) è stato stabilito nel nuovo millennio. In Francia e Gran Bretagna i primati «giovani» sono il 50%, negli Usa il 78% tra gli uomini e il 90% tra donne. I defunti Giochi della Gioventù arrivarono a coinvolgere quasi due milioni di studenti, gli attuali studenteschi solo piccole frazioni.
    Se gli studenti delle elementari non giocano più, i nuovi docenti di educazione fisica che dovevano aiutarli a farlo restano sulla carta: i fondi promessi per assumerli non sono mai arrivati. E tanti, comunque, puntano il dito sulla qualità dei laureati prodotti dalle facoltà di Scienze Motorie. «Nel vecchio Isef — continua Sergio Dugnani — si entrava per concorso in base alle capacità atletiche. E dopo tre anni di ginnastica artistica eri pronto a far fare capovolte e salti mortali a un bambino, anche perché sapevi eseguirle tu stesso. Oggi a Scienze Motorie si accede con una batteria di quiz. Ginnastica artistica è materia facoltativa. I nostri laureati potrebbero essere buoni ricercatori, non necessariamente buoni insegnanti. Tra pochi anni mancherà quella figura di docente «pratico» che all’estero producono i licei sportivi. Quelli veri».
    https://www.basketnet.it/nel-2020-ba...zione-motoria/

    Strega in classe invoca gli spiriti: genitori all'oscuro
    Nella Scuola primaria di Mocasina le mamme degli alunni di una prima elementare hanno protestato perché tenute all'oscuro del progetto avviato nella classe. Presentandosi come Romilda, «la strega sincretica interculturale», Ramona Parenzan ha fatto invocare gli spiriti distribuendo amuleti e pozioni: «Ora molti bambini sono scossi».
    Si presenta come Romilda, «la strega sincretica interculturale», ma il suo nome è Ramona Parenzan. Una donna che sviluppa laboratori e progetti di intercultura leggendo fiabe e invocando spiriti con amuleti e pozioni. Sulla sua bacheca pubblica di Facebook si legge che è già stata in molte scuole primarie della Lombardia, fra le ultime ci sono una scuola di Villongo (l’8 febbraio scorso), la primaria Corridoni di Brescia (17 febbraio) e di Sant’angelo Lodigiano (20 febbraio), in un tour che continua da mesi.
    Ma nella Scuola primaria di Mocasina le mamme degli alunni di una prima elementare hanno protestato perché tenute all'oscuro del progetto avviato nella classe. A raccontarlo alla Nuova BQ è una di loro che ha chiesto l'anonimato: «Lunedi' 26 febbraio Parenzan è entrata nella prima elementare frequentata da mio figlio all’insaputa di tutti i genitori. Lo abbiamo scoperto dai nostri figli». Alcuni di loro hanno raccontato alle famiglie che la “strega Romilda”, cosi' si presenta Parenzan, ha fatto bere loro pozioni, regalando amuleti e promettono fortuna. I fatti sono emersi quando le mamme hanno cominciato a parlarsi scoprendo che come i loro anche gli altri bambini erano turbati dalle storie lette o dal fatto che erano stati invocati gli spiriti
    Alcune mamme hanno raccontato di aver visto «quella donna arrivare in controsenso con la macchina». Qualcuna si era arrabbiata dicendole di fare attenzione ai bambini, ma la signora le aveva risposto male. Un’altra mamma ha raccontato che suo figlio, dopo la lezione, le aveva confessato che la strega Romilda aveva chiesto alla classe di tenere un segreto dando loro degli amuleti. «Ho chiesto a mio figlio se fosse vero». A quel punto il bambino ha mostrato alla madre una conchiglia che teneva sotto la federa: «La strega aveva detto loro di soffiare sull’amuleto, di metterlo sotto il cuscino e di esprimere un desiderio non materiale senza raccontare nulla ai genitori, solo cosi' si sarebbe avverato tre giorni dopo».
    A parte il fatto che le notti in cui il bambino ha dormito con la conchiglia «ha sanguinato dal naso sporcando tutta la federa, un altro bambino dal giorno dopo la visita della strega ha cominciato a svegliarsi agitato la notte e a non dormire. Un altro ha fatto due volte la pipi' a letto». La mamma di un bambino di un'altra classe in cui è stata Parenzan, venuta a conoscenza dei fatti, ha interrogato il figlio costringendolo a confessare di avere l'amuleto: «Il figlio si è arrabbiato dandole della cattiva, perché per colpa sua non si sarebbe relizzato l'incantesimo». La madre denuncia quindi «la gravità di un episodio come questo, in cui una signora si permette di insegnare ai bambini a mantenere i segreti con questi ricatti: abituarli a tacere con le famiglie su quanto accade loro è fare il gioco di chi vuole il male dei piccoli». Ai bambini sono stati anche dipinti dei simboli sulle braccia che faticavano a cancellarsi e che, era stato detto loro, avrebbero dovuto cambiare magicamente colore.
    Il racconto di quanto avvenuto ha fatto il giro delle mamme della classe portandole anche a scoprire che Parenzan aveva fatto bere delle sostanze ai figli dicendo loro che erano pozioni magiche. «Ci proibiscono di portare a scuola qualsiasi cosa che non sia sigillata e questa donna ha dato da bere e da mangiare cibo e bevande contenute in un termos ai nostri piccoli. E' una cosa grave e contraria alle norme Asl». Ma non è solo questo che la scuola deve spiegare ai genitori che non sono stati avvisati di quanto sarebbe avvenuto nella classe dei loro figli. Anche perché, sul profilo Facebook di Parenzan, compaiono «le foto dei bambini senza alcun assenso dei genitori».
    La scuola per ora si è difesa tramite un verbale comunicando alle famiglie che il progetto era stato approvato l’anno scorso ma ammettendo che era responsabilità della scuola informarli: «La coordinatrice delle prime elementari non sapeva nulla del progetto». Cosi' Parenzan è entrata senza ostacoli in aula insieme all’insegnante di supplenza di Italiano, incolpevole di essere stata assunta solo pochi giorni prima dei fatti.
    La conferma di quanto avvenuto viene dalle immagini postate da Parenzan su Facebook. Un video del 18 febbraio, che mostra la donna mentre fa invocare gli spiriti, compare sulla sua pagina Facebook con questo commento: «La strega Romilda, come si sa - (anzi molto molto presto si saprà) - è sincretica per nascita e vocazione percio' ringrazia sempre utti gli spiriti e le spiritesse, pure quelli/e di Napoli». Sempre da Facebook emerge che la donna era stata nella scuola di Mocasina anche il 23 novembre del 2016. Tanto che una insegnante, Michela Cargnoni, responsabile dell’istituto, sotto la foto in cui la donna annuncia il suo arrivo a scuola di quest’anno, le ha scritto cosi': «Grandeee…Domani appena arrivo vengo a salutarti».
    Diverse storie sono lette in classe, di cui «una parla di un bambino dandogli del ciccione» in barba all'emergenza "bulismo", sottendono un messaggio moralista e la logica vendicativa del do ut des. Tanto che «i bambini erano impauriti». Su Facebook compaiono altre storie scritte da Parenzan e lette nelle scuole. Fra queste c’è "Il Delfino Rosa" che inneggia all’amore senza limiti naturali cosi': «Animali differenti si accoppiavano fra loro, senza temere la diversità: la tartaruga con il serpente, la scimmietta con il bradipo e tutta la foresta ora risuonava di nuovi colori, forme e linguaggi».
    D'accordo o meno con questa visione sovversiva della natura, restano pero' altre domande a cui la scuola non ha ancora risposto: qual era il progetto che ha permesso a Parenzan di entrare in classe? Quali finalità aveva? Chi lo ha proposto?
    Strega in classe invoca gli spiriti: genitori all'oscuro - La Nuova Bussola Quotidiana

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    Predefinito Re: Il deserto avanza

    La sindrome di Stendhal? Esiste e colpisce agli Uffizi
    La sindrome di Stendhal provoca tachicardia, vertigini, capogiri di fronte alla bellezza assoluta di certe opere. Brividi che possono ricordare quelli che vuole provocare Dario Argento nella raccolta Horror
    Eleonora Barbieri
    Sempre a Firenze succede, come quella volta a Marie-Henri Beyle, detto Stendhal (1783-1842), quando usci' da Santa Croce, e non capi' più nulla.
    Sindrome di Stendhal: «Complesso di manifestazioni di disagio e sperdimento psichico conseguenti a una forte esperienza emozionale subita, in particolare, da visitatori di centri storico-artistici dove più forte e caratterizzante è il contesto culturale» spiega la Treccani. E quale luogo è un concentrato di «contesto culturale» se non gli Uffizi? Cosi' oggi, anni Duemila, come all'epoca del Grand Tour, puo' accadere che qualche turista sia colto da quella stessa sindrome.
    «Ho assistito a casi estremi in cui visitatori svengono dopo aver ammirato la nostra straordinaria concentrazione di bellezza» ha ammesso il direttore Eike Schmidt. Estremi, per carità. Ma ci sono anche casi più quotidiani, meno eclatanti eppure indicativi di quel certo «sperdimento» stendhaliano: «Più di frequente altri, al termine della visita, felici per aver visto tanti capolavori dell'arte, si mettono a piangere dalla commozione». E poi dicono che la gente oggi sia distratta dai telefonini, e il turismo sia solo mordi-e-fuggi (e svieni, magari). La sindrome di Stendhal provoca tachicardia, vertigini, capogiri di fronte alla bellezza assoluta di certe opere. Brividi che possono ricordare quelli che vuole provocare Dario Argento nella raccolta Horror. Storie di sangue, spiriti e segreti (Mondadori): racconti, che potrebbero diventare una serie tv e il primo dei quali - Notte agli Uffizi - è ambientato proprio fra i capolavori della galleria fiorentina.
    E infatti è agli Uffizi che sono stati presentati, ieri: il regista ha visitato il museo con il direttore Schmidt, soffermandosi in particolare sulla Medusa di Caravaggio, citata nel suo racconto. E proprio Caravaggio, con Botticelli, è fra gli artisti che più «colpisce» i visitatori provocando la sindrome famosa. Ha spiegato ancora Schimdt: «Con la visione dell'arte si puo' raggiungere anche uno stato di felicità senza far ricorso a farmaci o sostanze stupefacenti».
    La sindrome di Stendhal? Esiste e colpisce agli Uffizi

    Dario Argento: «Io, a messa ogni domenica. E temo la morte»
    Il regista che ha portato il genere horror in Italia percorre le sale degli Uffizi.
    di Roberta Scorranese
    FIRENZE — La testa mozzata di Oloferne nella Giuditta di Rubens al massimo gli strappa un sorriso divertito. Cosi' come non fa una piega davanti alle crocifissioni più splatter del Trecento, alcune con rivoli di sangue zampillanti dal costato di Cristo. Ma quando arriviamo in una saletta in penombra della Galleria degli Uffizi e ci avviciniamo alla testa di Medusa di Caravaggio, be’ allora anche Dario Argento si fa silenzioso. Osserva quell’intrico di serpenti, terrore e urlo muto. Che cosa darebbe per aver inventato lui quella cosa.
    Chissà che filmone ne sarebbe nato.
    «Eh, ma per fare cose cosi' devi avere paura sul serio».
    E lei non ha paura?
    «Altroché. Ho paura di tutte le paure che negli anni ho coltivato».
    Lo guardo e cerco tracce di antichi demoni, gli stessi che mi tormentavano quando, negli anni ‘90, in tv, passavano «Profondo Rosso» o «Suspiria». Macché. Quello che ho davanti è un affabile e colto signore che ha quasi l’aria di scusarsi per tutte le notti insonni che ha disseminato nel mondo.
    Certo che a causa sua, dall’America al Giappone tanta gente ancora oggi, rientrando in casa, ha paura di vedere una bambola impiccata.
    «Quello che ancora non mi spiego è questa popolarità trasversale. Mi dedicano decine di retrospettive dalla Francia alla Corea. In Giappone hanno persino aperto un ristorante che si chiama “Suspiria”e ha gli arredi ispirati al film. Pero' io un’idea me la sono fatta: ho raccontato le paure più profonde, che sono quelle di tutti. Cose che non hanno lingua né latitudine».
    Un sussulto: siamo arrivati davanti a una cosa che mozza il fiato, l’incredulità di san Tommaso, copia da Caravaggio. Due dita nella carne. Punto.
    «Sta tutto nella luce, guardi qua. Chiarore alto, fuoco nel dettaglio», dice con piglio professionale, come se avesse appena suggerito all’aiuto regista di spostare un po’ quel brandello di pelle.
    Il suo primo film, «L’uccello dalle piume di cristallo», è del 1970, «Suspiria» è del 1977. I suoi lavori più famosi lei li ha fatti nel decennio terribile della storia italiana recente.
    «Si', negli Anni di Piombo. Me ne sono accorto dopo, ma in fondo io raccontavo a modo mio quella stagione irrequieta. Solo che non lo facevo con i film impegnati, pieni di parole e di piani sequenza. L’ho fatto con il genere horror, di fatto aprendo la strada in Italia. All’inizio la critica mi ha distrutto».
    D’altra parte lei veniva dal giornalismo di sinistra, faceva il critico cinematografico a «Paese Sera».
    «Non me l’hanno mai perdonato, sa? Pensi che persino quando osai fare una critica positiva ai film di Sergio Leone venni rimbrottato. Dicevano che era robaccia. La critica ha massacrato Leone fino a “C’era una volta in America”. Non so se era una battuta, ma Sergio diceva sempre che suo figlio a scuola raccontava di avere un padre becchino. Tutto pur di non dire la verità».
    Camminiamo lentamente. Passiamo davanti a resurrezioni, assunzioni in cielo, trasfigurazioni. Si materializza una domanda.
    Dario, lei è credente?
    «Vado in chiesa ogni domenica, faccio pure le letture, se potessi servirei messa».
    Non lo avrei mai detto.
    «Sono un credente di ritorno. Ho studiato dagli Scolopi e da bambino ero devoto, poi sono diventato ateo. Quando è morto mio padre, pero', è successo qualcosa. Sono entrato in una chiesa, mi sono messo a parlare con una monaca anziana. Da allora sono cambiato. Oggi senza la fede sarei perso».
    E perché?
    «Perché ho accumulato tante cose. Tante cose brutte dentro. Il litigio con mio fratello, per dire, mi ha fatto molto male. Ho anche avuto un amministratore che mi ha depredato. Ma al di là di questo, io ho indagato in cose che forse avrei dovuto lasciar stare».
    Davanti a noi, una bellissima donna del Bronzino. Sono quasi tutte uguali le donne del Bronzino, ma questa è più elegante. Più distante. Più astratta.
    Che cosa ha visto che avrebbe preferito non vedere?
    «Ho voluto studiare da vicino i riti pagani dei vudù, per esempio. Ho fatto lunghi viaggi solitari ad Haiti, Martinica, Guadalupa. Ho visto con i miei occhi una donna diventare un serpente, muoversi come un serpente, aggredire un uovo come un serpente. Ho visto gli zombi. Sembravano addormentati. Erano drogati. Li ho raccontati a George Romero, mio grande amico, pace all’anima sua. Cosi' come ne ho parlato a un altro mio amico, John Carpenter».
    Che trio. (Paura, eh?)
    «Sa quante volte amici registi e produttori mi hanno invitato a trasferirmi in America? Ma io questa decisione non l’ho mai voluta prendere perché li' i produttori hanno il final cut, ti massacrano i film. “Opera”me lo hanno tagliato di venti minuti buoni. E meno male che non era lungo».
    Perché lei viaggia da solo?
    «Perché sono un uomo solo. Non riesco a dormire con qualcuno, a meno che io non conosca bene questa persona. Ho sempre paura che di notte possa svegliarsi, e...»
    Ha paura di ritrovarsi in un suo film?
    «Ho bisogno di tempo per fidarmi. Ma ora sto bene da solo».
    Una pala d’altare. E' la pala dello Spedalingo di Rosso Fiorentino, con i santi che sembrano demoni, occhi spiritati.
    Lei si interessa ancora di occulto?
    «Si', ogni tanto vado a trovare un sensitivo che si chiama Proverbio. Anche Fellini era appassionato dell’occulto. Raccontava che una volta Julius Evola gli mostro' la gamba paralizzata e gli disse, un po’ scherzando e un po’ no: colpa di tutto l’occulto che ho studiato. Fellini si mise una paura matta».
    E Pasolini com’era?
    «Fu molto sgarbato con me. Lo invitai a un convegno dove moderavo gli interventi di diversi intellettuali ma a malapena mi rivolse la parola».
    E' vero che lei ha girato in lungo e in largo l’India da solo?
    «Si' perché volevo fare un film ambientato li'. Poi non se ne fece nulla, troppi problemi, per esempio con la censura. Pero' in quegli anni li' di santoni ne trovavi quanti ne volevi. Mi fa sorridere che oggi si parli tanto di fake news: all’epoca tutti, intellettuali compresi, si bevevano di quelle str...ate. Si credeva a tutto».
    E come vive la sua celiachia?
    «Bene, anche se me tocca mangià ‘na pasta che ve la raccomando (ride, ndr). Ma la cosa curiosa è che, come per la fede, anche per il cibo sono uno che ha fatto un cammino a ritroso: vegetariano per molti anni, sono tornato a mangiare carne. Mi cadevano i denti, mi si rompevano facilmente le ossa».
    Siamo arrivati nel corridoio con le statue antiche. C’è una bella luce. Niente qui potrebbe far paura.
    Dario, ma ce lo dice di che cosa ha davvero paura lei?
    «Forse della morte. Perché tutto sommato la vita è divertente».
    Dario Argento: «Io, a messa ogni domenica. E temo la morte» - Corriere.it

    Cultura. Se Dalla leggeva Evola, cavalcava la tigre scandalizzando i conformisti
    Francesco Filipazzi Categorie
    Pochi sanno che esiste l’usanza, assai diffusa in certi ambienti, di cercare su Google parole a caso, associate alla parola “Evola”. Una forma di cazzeggio che regala sorprese interessanti. Di recente, leggendo degli imminenti 75 anni dalla nascita di Lucio Dalla, molti internauti sono rimasti colpiti dal risultato della ricerca “Lucio Dalla Evola”.
    Il cantante e poeta bolognese a quanto pare era un lettore del Barone, tanto che nel 2008 fini' in polemica con Repubblica e parte della sinistra, per avere osato rivelarlo, denunciando la chiusura mentale di una sinistra che schifa sistematicamente tutti gli autori non allineati.
    Nel volume “Gli occhi di Lucio”, Dalla diceva, dell’intellighenzia rossa “Si è sentita più astuta del proprio competitore e culturalmente imparagonabile con la destra, dimenticando, per esempio, Céline, Ezra Pound, Evola...”. Repubblica non la mando' giù, soprattutto perché il Secolo d’Italia canto' vittoria.
    Cultura. Se Dalla leggeva Evola, cavalcava la tigre scandalizzando i conformisti | Barbadillo

    Ferrogallico porta in Italia l’imperdibile “Céline, il Cane di Dio”
    Stenio Solinas
    Ferrogallico porta in Italia un’eccezionale opera a fumetti, pubblicata in Francia da Futuropolis/Gallimard, dedicata al genio di Louis-Ferdinand Céline. Un’opera visionaria, una biografia sviluppata su vari piani temporali, una storia dentro e fuori la testa di uno dei più geniali e discussi scrittori francesi del Novecento…
    Céline è uno scrittore a sé per la sua solitudine di scrittore. Non frequentava l’ambiente, non si mischiava, la scrittura non era la sua professione. Nella Francia del suo tempo (ma anche in quella di oggi), l’essere scrittore era uno status e comportava dei doveri, meglio, dei rituali: collaborazioni giornalistiche, scambio di recensioni, conferenze, incontri, interventi pubblici. Era solo, Céline… Era solo, con la sua arte e il suo pubblico (…).
    Questo spiega perché gli intellettuali che commerciano con la letteratura non riusciranno mai a capire Céline: possono ricoprirlo di saggi critici d’ogni genere e tipo, ma invano. Bisogna essere soli come lui, isolati come lui, con il coraggio della disperazione come lui, perché l’illuminazione avvenga. In Céline amiamo le felicità di un infelice. Le sue, le nostre. (…)
    L’autore di quest’opera a fumetti è Jean Dufaux – con i disegni e il colore di Jacques Terpant – uno che conosce Céline come le sue tasche. E' proprio questa conoscenza che gli permette di sviluppare un’opera di finzione che ha tutti gli elementi della verità. E' Céline che ci parla, vive e si racconta. Noi lettori lo riconosciamo e ci facciamo nuovamente trasportare da lui. Con maestria, le tavole di Terpant fanno il resto, dando visivamente conto dei volti come dei rumori, degli incubi come della realtà. Testo e immagine sono pieni di piccoli dettagli (per dirne solo uno: le mollette con cui Céline teneva insieme i fogli manoscritti) e si incastrano perfettamente nella creazione di una storia che riesce a essere resoconto di una vita, esemplificazione di un’opera e, insieme, racconto.
    Fumetti. Ferrogallico porta in Italia l?imperdibile ?Céline, il Cane di Dio? | Barbadillo


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    Predefinito Re: Il deserto avanza

    Il dramma di una generazione che rifiuta la fatica
    Tra i motivi, oltre all’incapacità dei genitori di tollerare la frustrazione, il limite, la sofferenza dei propri figli, c’è anche la tecnologia che offre tutto e subito senza fatica
    di Costanza Miriano
    Qualche tempo fa, in una gelida mattina invernale, a Perugia, ho incontrato un gruppo di ragazzini delle medie. Correvano in un bosco – come me, peraltro -, incuranti della pioggia, del freddo, degli schizzi di fango. Da madre ho avuto un sussulto, poi mi sono ricordata che per tutta l’adolescenza, e a dire il vero per tutta la vita, l’ho fatto anche io: prendere freddo, bagnarmi, sudare, correre tra radici e rami sporgenti; le mie ginocchia piene di cicatrici lo testimoniano, ma insomma sono sopravvissuta.
    Immersa in quei ricordi, quando ho visto sotto la pioggia il mio vecchio allenatore di atletica, non ho potuto fare a meno di violare il primo comandamento della corsa – mai fermarsi per nessun motivo al mondo, neanche in caso di rottura di arti -: ho dovuto abbracciarlo e scambiare due parole con lui. Cosi', ho avuto la conferma di cio' che vado pensando e dicendo da quando sono madre, e cioè che i ragazzi di oggi hanno una tolleranza alla fatica enormemente inferiore a quella delle precedenti generazioni. In certi momenti, a dire il vero, mi veniva il dubbio di essere vittima del disturbo che affligge un po’ tutti gli adulti di una generazione, la sindrome “aimieitempi” (aimieitempi si' che la vita era dura, aimieitempi si' che si studiava), e che a volte mi porta ad esagerare le asprezze della vita nei miei maldestri tentativi educativi (io non lasciavo mai avanzi sul piatto, io apparecchiavo e sparecchiavo sempre, io mi facevo il letto da sola: ragazzi, non è proprio esattamente vero, ma si chiamano bugie bianche).
    PRESTAZIONI ATTUALI INFERIORI AL PASSATO
    Pero' quanto mi ha detto il mio allenatore mi ha confermato, in modo concretamente misurabile, quanto dicevo. Tra i ragazzi del suo team, alla stessa età che noi avevamo trenta anni fa, le prestazioni attuali sono di molto inferiori. E il cronometro dà dati oggettivi. Lo conferma il fatto che sono stati alzati i minimi per accedere alle gare nazionali di atletica. I record mondiali, è vero, si abbassano sempre di più, ma la massa dei praticanti – sempre più sottile, almeno in Italia – a livello agonistico serio, corre in media più lentamente, salta più corto e più basso, lancia più vicino. A parte che non siamo sostenitori delle teorie di Darwin, qui comunque non si tratta di evoluzione della specie, ma semplicemente di un fatto culturale. I ragazzi sono più sedentari, hanno meno voglia di muoversi e di faticare. E’ un dato di fatto oggettivo, con cui fare i conti.
    Le cause? Non so, probabilmente una serie di elementi. Intanto adulti troppo protettivi: il mio allenatore ci lasciava a volte in un posto nel nulla, e ci diceva di andare a un paese a venti chilometri di distanza. Superfluo ricordare che non esistevano i cellulari, né i navigatori, né gli integratori salini. Si chiedeva la strada al contadino (senza fermarsi, urlando di corsa), e se era molto caldo magari gli si domandava il permesso di bere dal tubo con cui annaffiava. Se cadevi ti rialzavi e andavi avanti per rimanere attaccata al gruppo, senno' eri persa. I nostri genitori neanche sapevano dove fossimo, e l’allenatore ci aspettava all’arrivo col cronometro (e comunque ci avevamo sempre messo troppo tempo). Il criterio per stabilire se ti fossi allenato bene o no era il vomito: se ne sentivi lo stimolo, allora probabilmente ti eri allenato abbastanza. Ai miei interessava solo che mantenessi alta la media a scuola, non si preoccupavano troppo se prendessi freddo o caldo: finché ero in salute, significava che potevo farcela.
    L’ILLUSIONE DELLA TECNICA E DELL’IPERCONTROLLO
    I genitori di oggi ipercontrollano la salute e ogni movimento dei figli: tutto deve essere vagliato dal loro filtro, nell’illusione che la tecnica, l’informazione, il benessere economico possano proteggere da tutto questi bambini e poi ragazzi, sin dal grembo materno, con gravidanze continuamente esaminate (salvo eliminare i bambini se malati). Lo stesso atteggiamento protettivo i genitori ce lo hanno nei confronti della scuola: il professore è il nemico, non l’alleato, gli ostacoli vanno rimossi, la fatica evitata. Le interrogazioni vengono quasi sempre programmate, in modo che i ragazzi, se lo vogliono possano studiare solo per quel giorno, o comunque limitare al massimo la fatica. A una mia protesta una professoressa mi ha spiegato che è costretta a farlo pur di avere qualcuno all’interrogazione: l’alternativa è che tutti si giustifichino. “Le prometto che se lei rifiuta le giustificazioni e mette 2 a mio figlio io non protesto. Rimandate, bocciate se necessario. Io sono con voi qualunque cosa decidiate di fare”. La prof mi ha guardato come si guarda un elefante verde in una sala professori.
    Quali sono le cause di questo cambiamento epocale? Oltre all’incapacità dei genitori di imporre o di tollerare la fatica, la frustrazione, il limite, anche la sofferenza a volte dei propri figli, aggiungerei anche altri elementi, come il modello di consumo nel quale viviamo immersi, e la cultura che ne consegue (suscitare bisogni falsi e convincerci che è necessario soddisfarli tutti, anche velocemente), e l’enorme peso che ha la tecnologia nelle nostre vite, e molto di più in quelle dei nostri figli, nativi digitali. Insomma, è sempre più difficile scollarli dai divani, dai letti, da tutte le superfici orizzontali sulle quali istintivamente si sdraierebbero se potessero, se attraverso quel coso che hanno in mano possono vedere di tutto, leggere, comunicare, scambiare una mole di informazioni che le precedenti generazioni neanche immaginavano pensabile.
    UN PROBLEMA DI SENSO
    Ma al fondo di tutto, il problema è un problema di senso. E’ il modello di uomo che ci viene proposto da tutti i canali che formano le nostre coscienze: la cultura, l’informazione, la scuola, l’intrattenimento, la comunicazione, e anche, dobbiamo dirlo, parte della Chiesa. Siamo immersi in una cultura che considera l’uomo come non bisognoso di cura, redenzione, salvezza. E’ la cultura che considera come degni di approvazione e giustificati tutti i moti interiori, viviamo nella palude, dove tutto è molle, modificabile, plasmabile, contrattabile, aggiustabile. La fatica è un’obiezione: se ti fa fatica fare una cosa, non è buona per te. Mentre per secoli anche la letteratura ci ha consegnato le immagini degli eroi che facevano viaggi pericolosi, affrontavano imprese, scommettevano – e a volte perdevano – la vita in prove rischiose, pur di ottenere l’obiettivo, oggi i libri, i film, le storie che popolano il nostro immaginario raccontano piccoli piaceri, piccole soddisfazioni, comode cucce calde che ci siamo aggiustati per vivere. Purtroppo anche in tante realtà della Chiesa si propone un Cristo amico che ti dà una pacca sulla spalla, e sostanzialmente ratifica la tua vita e le tue scelte. Dimenticando che la vita di un cristiano è un combattimento, una milizia nella quale si suda sangue anche, a volte. Anzi, se non succede, se non ti giochi tutto, vuol dire che Cristo non è tutto per te. Un combattimento nel quale il nemico è prima di tutto interiore: è il nostro peccato, che viene dalla nostra responsabilità e dalla ferita del peccato originale. So che sono discorsi fuori moda, che a certe orecchie suonano assurdi come lasciar correre dei ragazzini nel fango sotto la pioggia gelata, ma in gioco c’è la vita eterna, e se non combattiamo più ci prendiamo molto più che una febbriciattola (che poi a correre non viene mai, fidatevi!).
    BASTABUGIE - MILLENNIALS: UNA GENERAZIONE IMPAZIENTE, E PER QUESTO INSODDISFATTA

    "Ecco perché i miei genitori gay erano anche pedofili"
    Moira Greyland, abusata dai genitori, scrive in The Last Closet: «Sono la figlia di tre genitori gay». Nel volume denuncia il legame intrinseco fra cultura omosessualità e pedofilia: «Ho sentito le solite proteste: "I tuoi genitori erano malvagi non perché erano gay", non sono d'accordo. Il problema è filosofico: per loro il sesso è sempre tutto buono».
    Moira Greyland ha atteso la morte dei genitori per scrivere The Last Closet: The Dark Side of Avalon, un libro che comincia cosi': «Sono la figlia di tre genitori gay». Di suo padre, Walter Breen, autore di fiction fantascientifiche, si seppe finalmente che era davvero un pedofilo seriale quando fu condannato nel 1990, dopo decine e decine di accuse, prima archiviate grazie alla sua notorietà e alla copertura da parte del mondo della fiction fantascientifica. Mentre sulle colpe di sua madre, Marion Zimmer Bradley, nota autrice di libri fantasy (in cui la famiglia viene messa in dubbio e il lesbismo promosso) lettissimi negli States, si fa ancora silenzio. Di lei ci si limita a dire che pur sapendo non aveva voluto denunciare il marito, mentre pratico'come lui la pedofilia, per poi accompagnarsi ad una donna dopo la sua morte.
    Cosi' racconta sua figlia in questo libro coraggiosissimo, non solo per la forza di mettere davanti al mondo il proprio dolore innocente, ma per il fatto di denunciare il legame intrinseco fra omosessualità e pedofilia: «Ho sentito tutte le solite proteste: ”I tuoi genitori erano malvagi perché erano malvagi, non perché erano gay, ma non sono d'accordo», scrive: «Il problema di fondo è di tipo filosofico…: il sesso è sempre tutto buono» per chi come i suoi genitori sposa l’ideologia Lgbt. Infatti sia Marion sia Walter erano convinti che non dovendo avere limiti, non essendo legato al fine procreativo ed essendo espressione dell’amore in ogni caso, il sesso doveva essere praticato fra persone dello stesso sesso cosi' come con i bambini.
    Ma chi sono questi due personaggi, ancora ammirati da certa cultura, che in 27 anni di matrimonio abusarono entrambi di bambini e bambine e dei loro due figli? Marion era la figlia di un alcolista che a sua volta abuso'di lei, ma non per questo la figlia Moira, pur perdonandola, giustifica la madre: «Penso che, qualunque sia il dolore che proviamo, siamo tutti responsabili delle nostre azioni e anche lei lo deve essere”. Anche perché chi subisce abusi “non vorrebbe che nessun altro ne fosse soggetto». Certamente puo'accadere che la ripetizione dell’abuso sia un modo per scappare da quello subito, ma «chi commette crimini in preda al delirio poi esprime almeno un po’ di rimorso. Non ne ho mai visto nemmeno un briciolo in mia madre». La ragione è chiara: quella dei suoi genitori non era solo una debolezza, ma il frutto di un dolore trasformato in un’ideologia sposata come giusta.
    Moira sottolinea anche come la tendenza omoerotica e la cultura che la sostiene siano un problema serio, frutto di ferite enormi. Secondo lei le tendenze di sua madre erano «il modo di vincere il suo violentatore». Marion rifiutava il sesso maschile e la femminilità come sinonimo di vulnerabilità. Per questo è «difficile immaginare una donna meno femminile di mia madre. La sua voce, il suo corpo, il suo linguaggio, le sue maniere, tutto parlava di potere e solo di potere come priorità nell’approcciarsi alle altre persone”. Il matrimonio con Walter era solo frutto di un’unione intellettuale: per lei «gli uomini potevano amarti solo per la tua mente». Per lei un uomo era avvicinabile solo se era femminista. Non a caso «il matriarcato da lei istituito in casa…era oppressivo e terrificante e faceva sentire noi figli come degli animali in gabbia, desiderosi di scappare o morire».
    Anche la pedofilia di Walter nasce dalla sua omosessualità divenuta ideologia. Abbandonato dal padre fu adottato da due persone che gli inculcarono il terrore di Dio e che poi divorziarono. Walter crebbe con una donna autoritaria, dopo aver subito violenze in orfanotrofio. Motivo per cui cercava «disperatamente amore dagli uomini», ma l’unica risposta che trovo'fu quella di un uomo che abuso'di lui. Crescendo fece lo stesso per decenni. E, continua Moira, trovo'«in mia madre la partner perfetta per i suoi crimini», tanto che lei lo sposo'«pur sapendo che aveva già abusato di bambini dai 3 ai 12 anni di età».
    Moira ha scritto questo libro soprattutto per svelare ad un mondo convinto che "basta che sia amore" per essere coppie da "Mulino Bianco": «La realtà delle relazioni gay non ha nulla a che fare con quello che siamo portati a credere…Come figlia si aspettavano da me che approvassi e sponsorizzarsi il loro essere genitori gay…dovevo diventare lesbica e cooperare con i loro sforzi di farmi diventare tale». Questa donna, oggi madre, aggiunge poi che sono «una montagna di fatti che mi hanno portata ad oppormi ai “matrimoni” gay. So dalla mia esperienza personale che queste relazioni sono costrutti sociali che esistono solo per generare anarchia sessuale e per confondere il sesso con l’amore. Siccome il sesso è buono, la libertà è bene e l’amore è bene, i libertini credono che dovremmo elargire sesso, libertà e amore a tutti i bambini...E sperare che come risultato non si suicidino».
    Sono dure le parole di Moira, che per aver superato un trauma cosi' profondo, sopravvivendo senza impazzire alle violenze, ha lottato con tutte le sue forze aggrappandosi a Dio. Sapendo che se non si combatte questa battaglia saranno migliaia gli innocenti destinati a soffrire come lei. Percio'continua denunciando sua madre (che abbandono'Dio «perché non l’aveva salvata») per il fatto di aver incoraggiato «decine di migliaia dei suoi lettori a seguirla nei suoi passi lontani dalla cristianità e in una spiritualismo che pensava offrire di più» e per il fatto di aver diffuso una cultura pansessualista.
    Nel volume si legge che Marion stessa lo aveva ammesso in tribunale quando suo marito fu accusato di pedofilia: «Ciascuno, anche i ragazzini, sono liberi di agire come vogliono». Come se i bimbi potessero essere consenzienti (quello che le lobby pedofile oggi tentano di far credere per aprire un primo spiraglio alla legalizzazione della pedofilia). E anche «mio padre era convinto che il miglior modo per esprimere amore verso i bambini era avere rapporti sessuali con loro”. La sua ideologia era questa: «Siccome il sesso coincide con l’amore, bisogna fare sesso con tutti».
    Chiaramente, sia Walter sia Marion odiavano la differenza di ruoli dell’uomo e della donna, convinti che l’essere umano non fosse fatto per la monogamia. La figlia lo spiega cosi': «Il rinnegamento del ruolo è il rinnegamento dell’età adulta e della responsabilità, che pero'sono un dato di fatto». Soprattutto, fa notare, «puoi anche fingere che un gatto sia un cane… ma questo non dà la felicità. L’ho visto e rivisto: le donne che sono “forti” e “dominanti” sono sempre arrabbiate per il fatto che i loro mariti non sono più forti di loro, mentre li buttano giù ogni volta che loro mostrano un pizzico di forza». La ragazza, che racconta delle orge a cui assisteva in casa sua, aggiunge che «avevo bisogno che mio padre mi proteggesse e mi riconoscesse come femmina invece di rifiutarsi di proteggermi, vedendomi come un nulla amorfo in competizione con lui di fronte ai maschi. Avevo bisogno che mia madre mi amasse, mi stringesse e mi confortasse invece di fare la dittatrice terrorizzante e infuriata. Peggio ancora…dovevo essere felice di quello che facevano, indipendentemente da quello che facevano a noi».
    Impressiona leggere dell’educazione che Moira e il fratello ricevevano dai genitori, perché ricalca quella dell’ideologia gender che oggi viene introdotta nelle scuole con la parvenza di una cosa buona, inclusiva, tollerante. Nel volume emerge che i due si sposarono per fare figli ma che «prendevano in giro il matrimonio…non esisteva alcun momento della loro relazione in cui Walter penso'ad alcuna forma di esclusività sessuale per entrambi”. Moira spiega che per lui la Chiesa era contro il sesso, perché vuole privare del suo potere l’uomo, tanto che se le persone non sono omosessuali è per colpa della religione e della società». Marion e Walter, membri attivi del movimento femminista ed Lgbt, in casa ripetevano che «bisognava salvare la gente insegnando loro queste cose fin da piccoli e sessualizzandole». Certi che anche fare sesso con loro avrebbe contribuito alla liberazione: «Non era fare qualcosa di male, non era qualcosa che poteva distruggere una persona e farle tentare il suicidio», scrive Moira. E quando le vittime di suo padre lo denunciarono? «Penso'che gli avevano fatto il lavaggio del cervello». Scrive ancora la figlia che la pedofilia, sperimentata sulla sua pelle, «non genera amore ma schiavitù, dipendenza dall’adulto».
    Ma Moira non è la sola, perché già anni fa Dawn Stefanowicz scisse Fuori dal Buio, la mia vita con un padre gay «contro una nuova, inaudita forma di abusi sui minori, legalizzata e promossa dagli Stati che hanno abbracciato un’ideologia del tutto falsa, per la quale ogni tipo di vissuto e ogni forma di convivenza vengono considerati leciti ed equivalenti». Anche lei racconta di un padre che la voleva lesbica e che abuso'di lei quando era piccolissima. Anche lei fu costretta ad assistere alle orge a cui partecipava suo padre che aveva rapporti con uomini giovanissimi. Dawn ha poi spiegato che «conoscevo molti gay che avevano una preferenza per i maschi adolescenti che avevano appena raggiunto la pubertà. Cercavano ragazzi con padri assenti e quindi vulnerabili».
    Non è un caso, dunque, se dall’accettazione culturale dell’omosessualità si sta passando a quella della pedofilia. Come ha ricordato l’associazione “Le Voix de l’Enfant” dopo che nel 2017 un tribunale francese ha scagionato dall’accusa di stupro un ventinovenne che aveva abusato di una bimba di 11 anni (è successo anche in Italia): «La questione del consenso o della sua assenza non dovrebbe mai essere tenuta in considerazione se si tratta di minori vittime di stupro». Eppure se ne inizia a parlare. Prima sessualizzandoli all’asilo e poi affermando: ma se il bimbo è consenziente, perché no?
    "Ecco perché i miei genitori gay erano anche pedofili" - La Nuova Bussola Quotidiana

 

 
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