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  1. #211
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    Predefinito Re: Le radici cristiane dell'Occidente

    Dico sempre io... che bisogna conservare le vecchie tradizioni.

    Per esempio: era una vecchia tradizione comunicare usando i piccioni viaggiatori ma i preti invece usano moderni telefoni tascabili.

    Occorre prendere a pedate nel sedere quei preti che usano i telefoni tascabili anziché i picconi viaggiatori, quei preti hanno dimenticato il concetto fondamentale del conservatorismo.

    Gesù stesso, nel Vangelo, disse...
    <<Osservate gli uccelli del cielo: non seminano, non raccolgono, non immagazzinano nei granai , intanto il Padre Celeste li nutre. Non hai tu maggiore valore di loro ? >>.
    (Matteo 6.26)

  2. #212
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    Predefinito Re: Le radici cristiane dell'Occidente

    Il Cardinal Burke ad Ottawa: “La cultura occidentale non si potrà rinnovare finché non comprenderà il valore dell’atto sessuale”
    Il 7 giugno scorso registravamo le vicissitudini di un Apostolo, il cardinale Burke, ad Ottawa. Ma nonostante le avversità l'evento si è svolto felicemente.
    Di seguito pubblichiamo ampi stralci del discorso tenuto nella capitale canadese, ripresi dal sito LifeSiteNews. (Traduzione a cura di Chiesa e post- concilio).
    Il Cardinale Burke ad Ottawa:
    “La cultura occidentale non si potrà rinnovare finché non comprenderà il valore dell’atto sessuale”
    Affrontando il tema della crisi della cultura nel córso della sua prima visita alla capitale canadese, il Cardinal Raymond Burke ha sottolineato che la difesa della vita umana e la promozione del matrimonio naturale sono i fondamenti di ogni cultura veramente umana. Il timore che l’Occidente nutre nei confronti della morte e della distruzione non “cesserà di esistere” finché “la verità sull’unione coniugale [non verrà proclamata] nella sua interezza”, ha affermato.
    “La difesa e la promozione della vita umana, del matrimonio e della famiglia è il fondamento non solo di una cultura autenticamente cristiana, ma di ogni cultura umana accettabile”, ha detto a circa 330 persone radunate al Centro di Eventi e Conferenze di Ottawa per celebrare il ventesimo anniversario di NET Canada.
    Burke, che è riconosciuto dai leader dei movimenti per la vita e per la famiglia di tutto il mondo come uno dei più strenui difensori della verità, della moralità e del cristianesimo autentico della Chiesa, ha steso un elenco di “mali morali gravissimi” che costituiscono ciò che egli ha definito “lo stato morale disordinato in cui si trova la nostra cultura”.
    “Per esempio, l’assassinio a larga scala dei bambini nel grembo materno, giustificato come l’esercizio del cosiddetto ‘diritto’ della madre di scegliere se portare a termine la gravidanza del feto che ha concepito. Sempre più spesso, inoltre, ci troviamo di fronte all’abominevole pratica della generazione artificiale di vita umana e della sua distruzione quando si trova ancóra allo stadio di sviluppo embrionale, giustificata come mezzo per trovare presunte cure per malattie gravi o mortali”.
    Il cardinale ha menzionato l’uccisione diretta e intenzionale dei deboli e degli anziani mediante l’eutanasia e il suicidio assistito, dichiarando che sono falsamente “giustificati come forme di ‘rispetto’ per la loro qualità di vita”.
    Burke ha posto in testa alla sua lista l’attacco contro il matrimonio da parte di vari gruppi ideologici.
    “Non si può fare a meno di pensare dell’agenda sempre più attiva di quanti vogliono ridefinire il matrimonio e la vita familiare includendo in esse l’attività sessuale innaturale di due persone dello stesso sesso, inclusione spacciata per tolleranza delle cosiddette ‘forme alternative’ della sessualità umana, come se esistessero realmente delle forme di sessualità umana diverse da quelle che Dio, nostro Creatore e Redentore, ha concepito e iscritto nei nostri corpi e nelle nostre anime”.
    Burke ha definito tutte queste cose “gravi mali che sconvolgono il mondo ai nostri giorni”, aggiungendo che rivelano un modo di vivere “come se Dio non esistesse”.
    Nonostante la desolazione del panorama morale dell’Occidente, il Cardinal Burke ha detto che i cristiani “devono essere pieni di speranza e incoraggiamento nella loro missione di costruire una cultura cristiana forte nelle loro case, nelle loro comunità e nelle loro nazioni”.
    Ha definito la pratica delle virtù della purezza, della castità e della modestia “il vivere la verità riguardo la sessualità umana”, e le ha quindi vincolate alla “pratica della giustizia”.
    Ha poi proceduto alla stesura di una spiegazione della morale sessuale basata sul riconoscimento del proposito dell’atto sessuale, affermando che è stato creato da Dio per poter essere legittimamente utilizzato nel matrimonio allo scopo di portare nuova vita nel mondo.
    “Il rispetto della vita umana è essenzialmente vincolato al rispetto dell’integrità del matrimonio e della famiglia così come ci sono dati da Dio. L’attacco alle vite innocenti e indifese dei bambini non nati, per esempio, è originata da una visione erronea della sessualità umana, che cerca di eleminate la natura essenzialmente procreativa dell’atto coniugale tramite mezzi meccanici o chimici”.
    Burke ha enfatizzato la necessità di un ritorno all’enciclica papale Humanae Vitae del 1968 per aiutare a promuovere la visione della Chiesa sulla sessualità umana. Ha fatto riferimento a Papa Benedetto XVI, il quale “ha chiarito che gli insegnamenti della Humanae Vitae non costituiscono semplicemente una questione di morale individuale”. Ha affermato:
    “La proclamazione della verità sull’unione coniugale nella sua pienezza e la correzione del pensiero contraccettivo che teme la vita, che teme la procreazione, è fondamentale alla trasformazione della cultura occidentale”.
    Ha definito la restaurazione del rispetto per l’integrità dell’atto coniugale “essenziale” per il futuro della cultura occidentale e il progresso di una cultura della vita.
    Burke ha continuato parlando del ruolo della coscienza come di una “guida infallibile” alla santità della vita ma lo è solamente la coscienza “formata all’ascolto della sola voce di Dio e al rifiuto di quanto potrebbe indebolire o compromettere in qualsiasi modo la nostra testimonianza della verità in cui Egli solo ci istruisce per mezzo della Chiesa, tramite la nostra preghiera e la nostra devozione quotidiane, tramite la nostra conoscenza dei santi coi quali partecipiamo alla comunione nella Chiesa, e tramite il nostro studio degli insegnamenti ufficiali della Chiesa stessa”.
    Nella conclusione del suo discorso, Burke ha dichiarato che la santità della vita richiede un martirio quotidiano che consiste nella “testimonianza pubblica della nostra fede”, anche qualora essa esigesse “il dare la vita”.
    Chiesa e post concilio: Il Cardinal Burke ad Ottawa: ?La cultura occidentale non si potrà rinnovare finché non comprenderà il valore dell?atto sessuale?

    No a matrimonio gay e adozioni per le coppie omo Ecco l'effetto San Giovanni sugli italiani
    di Massimo Introvigne
    Il quotidiano Il Mattino di Napoli ha reso un servizio a tutti gli italiani commissionando a una nota società di sondaggi, la Ipr Marketing, un sondaggio sulle opinioni prevalenti nel nostro Paese in tema di leggi sull’omosessualità e di morale sessuale, quattro giorni dopo la manifestazione di Piazza San Giovanni. Le interviste a campione sono state realizzate il 24 giugno e sono state ora pubblicate. Con buona pace dei politici – e forse di qualche ecclesiastico – che pensano che dopo l’evento di Roma non sia cambiato nulla, il sondaggio rispetto a indagini precedenti condotte con analoga metodologia mostra un cambiamento di opinione che non è poco definire spettacolare, e che non ha altra causa immaginabile se non la manifestazione di Piazza San Giovanni e l’eco che ha avuto sui principali media italiani.
    L’indagine si occupa anche di altre tematiche, ma le domande più ampie e articolate riguardano il rapporto fra l’omosessualità e le istituzioni. Gli italiani, come emerge dal sondaggio, non sono certamente “omofobi” nel senso consueto e caricaturale del termine: il 64% ritiene che la società e la Chiesa dovrebbero “accogliere” gli omosessuali – nulla di diverso c’è scritto nel Catechismo della Chiesa Cattolica – anche se gli intervistati sono più perplessi sui transessuali. Per la maggioranza (51%) questi ultimi sono «persone particolari che si auto-emarginano dalla società».
    Dove i risultati sono parzialmente diversi rispetto a sondaggi precedenti è nelle risposte relative alle materie che, precisamente, erano oggetto della manifestazione di Piazza San Giovanni. Un solido 55% è contrario all’insegnamento della teoria del gender nelle scuole. Solo il 25% è favorevole all’insegnamento della teoria a partire dalle scuole medie, e appena un misero 5% già dalle scuole elementari. Un 15% di “senza opinione” rileva la disinformazione che ancora regna in materia, e forse gli esiti del martellamento delle infondate ma talora efficaci campagne secondo cui «la teoria del gender non esiste». Grazie certamente anche a Piazza San Giovanni questa disinformazione è però oggi minoritaria. Otto italiani (e mezzo) su dieci sanno che cos’è la teoria del gender, e i politici che approvano leggi che la introducono nelle scuole elementari dovrebbero sapere che solo cinque italiani su cento ormai approvano queste norme.
    Da tutti i sondaggi precedenti già emergeva che la maggioranza degli italiani è contraria all’adozione omosessuale. Ma dopo Piazza San Giovanni la maggioranza è diventata bulgara e i no sono una valanga. L’85% degli italiani rifiuta la possibilità che i bambini possano essere adottati da coppie dello stesso sesso. La domanda rivolta da Alfredo Mantovano dal palco di Piazza San Giovanni – «volete le adozioni omosessuali?» – ha ricevuto una risposta su cui nessuno può avere dubbi, non solo dalla piazza ma da tutta l’Italia. Mentre in indagini precedenti alla manifestazione del 20 giugno la domanda sul “matrimonio” omosessuale rivelava un’Italia spaccata quasi esattamente a metà – e un ipotetico referendum deciso all’ultima scheda – ora il “no” ha la maggioranza assoluta ed è in vantaggio di ben diciassette punti: 55% di contrari contro 38% di favorevoli (gli altri sono indecisi). Se qui non c’è un “effetto Piazza San Giovanni” non so che cos’altro ci sia.
    Secondo il sondaggio la maggioranza relativa – non assoluta – degli italiani è favorevole alle «unioni civili per le coppie omosessuali»: il 46% è per il sì, il 40% per il no, il 14% indeciso. Già questo risultato mostra un fronte del “no” decisamente rafforzato rispetto a sondaggi precedenti a Piazza San Giovanni. Ma soprattutto un grande merito del sondaggio è che non si è limitato alla domanda secca. Ha chiesto anche quale tipo di “unioni civili” gli italiani sarebbero disposti ad accettare. Analizzando i risultati si scopre che ci sono solo due elementi che la maggioranza vorrebbe includere in queste cosiddette “unioni civili”: il diritto di assistere il partner convivente in ospedale (72%) e il diritto a una quota di legittima nell’eredità, peraltro «pro quota con altri eventuali eredi» (ma qui si scende al 55%). Il diritto di assistenza in ospedale nell’ordinamento italiano esiste già. La quota legittima nell’eredità no, ma naturalmente l’espressione contenuta nella domanda «pro quota con altri eventuali eredi», si presta a diverse interpretazioni in caso di compresenza di un partner omosessuale che conviveva con il defunto e di figli che quest’ultimo aveva avuto in precedenza. Sul resto, pollice verso. No a un assegno simile a quello che esiste per i casi di separazione o divorzio (56%). No all’equiparazione del convivente omosessuale al coniuge per l’accesso ad agevolazioni abitative (68%). No alla reversibilità della pensione (68%). E, come già abbiamo visto, soprattutto no alle adozioni (85%).
    A differenza di quanto avveniva in altri sondaggi, non ci dobbiamo immaginare che cosa vogliono dire gli italiani che si affermano favorevoli alle “unioni civili”. Ora lo sappiamo. Vogliono una semplice riconferma dei diritti di cui i conviventi omosessuali già godono – in particolare, il diritto di assistenza del partner in ospedale – con qualche aggiustamento in tema di eredità. Ma dicono “no” al matrimonio e a qualunque cosa vi assomigli, compresa la reversibilità della pensione. Vogliono dunque diritti individuali, non di coppia. Diritti – eventualmente – patrimoniali, ma mai matrimoniali. Detto in altre parole, e senza assolutamente forzare i risultati, gli italiani non vogliono la legge Cirinnà. Anche coloro che si dicono favorevoli a “unioni civili” intendono a grande maggioranza qualcosa di completamente diverso dalla Cirinnà.
    Infatti la legge Cirinnà richiama costantemente la disciplina del matrimonio e comprende la reversibilità della pensione. Comprende le adozioni, all’articolo 5 dove prevede la stepchild adoption, cioè la possibilità per ciascun partner di adottare il figlio biologico o adottivo dell’altro partner, così oggettivamente aprendo anche all’utero in affitto. E – come questo giornale ha tante volte spiegato – in realtà comprende tutte le adozioni, senza limite, perché la Corte europea dei Diritti dell’Uomo ha chiarito che, una volta introdotta sotto qualunque nome una disciplina analoga a quella matrimoniale, il principio di non discriminazione vieta di escludere le adozioni. Ogni limitazione – che rimanga o che sparisca l’articolo 5 – sarebbe dunque spazzata via dai giudici nel giro di qualche settimana. Con la legge Cirinnà s’impone dunque l’adozione omosessuale a quell’85% di italiani che non la vuole.
    Il sondaggio è ben fatto ed è anche importante perché mostra che – nonostante i giornali, Renzi, tanti parlamentari e qualche ecclesiastico – è stolto fare finta che a Piazza San Giovanni non sia successo niente. Quella piazza rappresenta la maggioranza del Paese, e ha fatto cambiare idea a tanti incerti. È con il Paese che Renzi e i suoi amici dovrebbero confrontarsi, non con qualche lobby o qualche ecclesiastico che tratta nell’ombra improbabili maquillage della Cirinnà. Come il sondaggio conferma, questi ecclesiastici, quando esprimono opinioni diverse da quelle che sono risuonate a Piazza San Giovanni ed emergono con grande chiarezza dai dati, rappresentano se stessi e pochi amici. Certamente non rappresentano il popolo cattolico italiano.
    Ecco l'effetto San Giovanni sugli italiani

    Due buone notizie, andrebbero definite due "vittorie fuori casa". In Francia la Corte di Cassazione ha ammesso, ovviamente, l'iscrizione all'anagrafe di un bambino nato da una pratica di utero in affitto svolta all'estero, ma ha rigettato la possibilità che quel bambino fosse dichiarato figlio dei due omosessuali che volevano entrambi fregiarsi del ruolo di "papà". La Cassazione francese ha stabilito che va affermata la verità e cioè il bambino va iscritto all'anagrafe come figlio della donna che lo ha partorito e dell'uomo che ne rivendica la paternità biologica. Un uomo e una donna.
    Nelle stesse ore alle Nazioni Unite è passata la risoluzione "Protection of Family" con 29 voti favorevoli e 14 contrari. Tra i contrati, gli Stati Uniti e sette Stati dell'Unione europea stizziti per via del fatto che non è stato approvato il loro emendamento che voleva includere tra le famiglie da proteggere le coppie omosessuali e i figli da utero in affitto. La dizione "various form of families" è stata rigettata, perché la famiglia è una sola. Considerato che la Francia è la patria del "mariage pour tous" e all'Onu gli Stati Uniti spesso riescono a dettare legge, due vittorie importanti per la famiglia naturale. Bisogna battersi, perché battendosi qualche volta si vince. E' la grande lezione di piazza San Giovanni che già ha costretto il povero Ivan Scalfarotto alla ridicolaggine dei due cappuccini al giorno contro il governo di cui fa parte. Adesso gli andranno pure entrambi di traverso, ma stavolta la colpa non è nostra. Colpa di Francia e Nazioni Unite.

    Gentilini attacca i gay: "Stiano nei loro recinti"
    L'esponente leghista all'attacco contro il gay pride: "No ad esibizionismi che minacciano la famiglia naturale"
    Ivan Francese
    Giancarlo Gentilini lascia di stucco ancora una volta seguaci ed oppositori, attaccando di nuovo il mondo gay. n occasione del weekend del gay pride, l'esponente leghista ha "invitato" gay e lesbiche a "restare nei propri recinti", dichiarandosi contrario a "esibizionismi e cortei". "Io non posso tollerare forme di esibizionismo che vogliono massacrare la famiglia naturale", ha concluso Gentilini.
    Già in passato Gentilini aveva sollevato molte polemiche chiedendo una "pulizia etnica dei culattoni" e opponendosi in ogni modo alla parata dell'orgoglio gay. Inutile dire che le reazioni della comunità Lgbt sono state furibonde.
    Gentilini attacca i gay: "Stiano nei loro recinti" - IlGiornale.it



    In difesa di don Emiliano De Mitri
    di Camillo Langone
    Non posso chiederti di perdonare loro, primo perché non sono sicuro che non sappiano quello che fanno, secondo perché ti mentirei: io vorrei chiederti di condannarli, gli arcobalenati, i tenutari di foto multicolori su Facebook significanti entusiasmo per le nozze monosesso, ma dubito spetti a me farlo.
    Voglio dirti piuttosto il mio stato d’animo quando ho visto amici a dozzine multicolorare la propria foto profilo: artisti, cattolici… Gli artisti li ho compatiti: ho capito, meglio tardi che mai, che le opere sono infinitamente più interessanti degli artefici. I cattolici invece mi hanno fatto molto male, mi sono sentito tradito e ho sentito che tradivano un’altra volta te.
    Ogni foto multicolorata è uno sputo, uno schiaffo, una spina, un chiodo nella carne di chi è venuto per salvare “il suo popolo dai suoi peccati”. Come ha compreso il prete leccese che su Facebook ha avvisato: “Tutti i parrocchiani che coloreranno le foto arcobaleno non avranno da me: 1) nulla osta per fare padrini-madrine; 2) incarichi come educatore-catechista. Perché in netto contrasto con il Santo Vangelo”. Non posso chiederti di perdonare loro. Non posso chiederti di condannare loro. Posso chiederti di proteggere don Emiliano De Mitri.
    In difesa di don Emiliano De Mitri

    Nozze gay, in Russia si protesta contro le foto arcobaleno
    Dopo la diffusione delle immagini con il simbolo "rainbow" su Facebook, arrivano strumenti per inserire anche altre bandiere. E così, esprimere sui social media la propria opposizione alla sentenza della Corte Suprema Usa
    Nicola Bruno
    Alcunimilioni di utenti hanno utilizzato il filtro arcobaleno messo a disposizione di Facebook per festeggiare la decisione della Corte Suprema Usa sui matrimoni tra lo stesso sesso. Ma l’iniziativa non è stata accolta da tutti con favore. Soprattutto in Russia c’è stato chi ha protestato, anche ricorrendo a filtri alternativi. E’ il caso di quello creato dal designer russo Oleg Chulakov che ha lanciato un’applicazione online per colorare con la bandiera del proprio paese la foto-profilo e poi condividerla sul popolare social-network Vkontakte o su Facebook.
    Diversi utenti hanno utilizzato questo strumento per condividere foto con hashtag anti-gay, come #pridetobestraight (orgoglioso di essere eterosessuale) e #pridetoberussian (orgoglioso di essere russo).
    Ma non è questa l’unica applicazione utilizzata nella comunità russa in alternativa al filtro arcobaleno. Il sito web Flagga.ru permette di sovrapporre diversi tipi di bandiere alla propria foto profilo. O, ancora, a questo indirizzo è possibile effettuare il download di un filtro per Photoshop con la bandiera russa.
    Come racconta la BBC, secondo recenti sondaggi in Russia più dell’80% della popolazione è contraria alla legalizzazione dei matrimoni tra persone dello stesso sesso. Nel paese governato da Putin sono poi state approvate leggi che proibiscono di fornire informazioni sull’omosessualità a minorenni. Proprio facendo appello su questi provvedimenti un politico russo ha chiesto di proibire Facebook nel paese per “propaganda gay”.
    Intanto, per tornare in Occidente, la testata The Atlantic si chiede che utilizzo farà Facebook dei dati con i profili che hanno scelto il filtro arcobaleno. Alcuni utenti si sono chiesti se si tratta di un nuovo esperimento sociale, come quello venuto allo scoperto lo scorso anno. Ma i portavoce del social network per ora hanno smentito.
    Nozze gay, in Russia si protesta contro le foto arcobaleno - Sky TG24

    La risposta dei conservatori russi alle foto arcobaleno pro matrimoni gay su Facebook
    Non proprio tutti hanno apprezzato l’iniziativa di Facebook di offrire ai suoi utenti la possibilità di tingere coi colori dell’arcobaleno la propria foto del profilo, per festeggiare la notizia della sentenza della Corte Suprema americana che rende legali le nozze gay in tutti gli Stati Uniti.
    In Russia c’è chi ha deciso di andare contro corrente e manifestare il proprio dissenso scegliendo il tricolore della Federazione (bianco, blu e rosso) in opposizione alla bandiera arcobaleno del movimento LGBT.
    L’idea è di Oleg Chulakov, che ha creato un programma che emula quello ideato da Facebook filtrando con i colori della bandiera russa l’avatar degli account Facebook e VKontakte (il primo social network per diffusione in Russia). Le foto vengono poi rilanciate sui vari social network accompagnate dall’hashtag #proudtobestraight.
    La risposta dei conservatori russi alle foto arcobaleno pro matrimoni gay su Facebook - La Stampa



    Eloquenza delle immagini
    Notizia ripresa da Facebook:
    Mentre gli USA festeggiano la legalizzazione dei matrimoni gay, in Russia, nelle varie città, installano i monumenti alla Famiglia.
    Di fronte alle difficoltà immani di questo nostro tempo, affidiamoci alla Santa Vergine, Mediatrice di tutte le grazie, in tutti i bisogni e difficoltà che incontriamo noi e la Santa Chiesa tutta. Ave Maria!
    Chiesa e post concilio: Eloquenza delle immagini



    Alto tribunale
    Pubblicato da Berlicche
    Il giudice cercò di prendere fiato, e ne fu quasi spaventato. I suoi polmoni avevano funzionato male per parecchie decine d’anni. I suoi respiri erano stati rantoli, fino a pochi istanti prima. Ora sentiva l’aria scorrergli dentro, riempirgli il torace. Si guardò le mani. Non erano più gli artigli rinsecchiti e macchiati dall’età, ma mani da giovane. Come era possibile?
    Ah, già.
    Alzò lo sguardo. Ne aveva visti troppi, di tribunali, nella sua vita, per non riconoscerne uno.
    Era il tribunale più alto. In effetti, era l’ultimo tribunale.
    Ultimo in tutti i sensi, pensò il giudice. Qui niente appello o cassazione. Provò un senso di disappunto. Allora i cattolici dopotutto avevano ragione. Poi un senso di gelo. Se avevano ragione…
    Quella mia sentenza! pensò. Tutto il resto forse me lo possono passare. Ma quella mia sentenza…
    Guardò il Giudice, e il Giudice guardò lui.
    Aspettano che sia io a parlare, pensò.
    E che diavolo. Sono un esperto di giudizi, io. Conosco il diritto, e so qual è il mio.
    “Sono sempre stato un bravo uomo rispettoso della legge, un giudice” esordì. Istantaneamente gli vennero in mente tutti quei piccoli sotterfugi, le migliaia di ipocrisie, le volte che cosapevolmente aveva volto le cose a suo vantaggio. Così non va, si disse. Non devo farmi influenzare dai ricordi, se no rischia di vedersi e influenzare il Giudice.
    Doveva parlare della moglie? Non era il caso. Le era stato quasi sempre fedele, ma meglio non sollevare l’argomento per il momento.
    “Ho lavorato duramente in tutta la mia vita. Ho esercitato la carità verso i poveri e sono sempre stato comprensivo e d’aiuto per il prossimo. Ho fatto del mio meglio, su questo non ho dubbi.”
    Si guardò attorno in cerca di applauso, ma pubblico non ce n’era. Solo un lieve luccichio, come le luci di milioni di barche lontane in una nottata afosa.
    Davvero ho fatto del mio meglio?, si chiese. E gli tornarono alla memoria tutti i casi in cui così non era stato. Tutto ciò che aveva fatto gli sembrò poco, pochissimo rispetto a quanto avrebbe davvero potuto. Attento, si disse, non rimuginare, non devi dare l’impressione di dubitare di te stesso.
    Il Giudice ancora non parlava. Aspettava ancora. Non aveva neanche formalizzato l’accusa.
    Irritante.
    “Vorrei sapere di cosa mi si accusa, se mi si accusa di qualcosa. Ero un giudice stimato, e ho la coscienza a posto.”
    Ancora niente. E va bene, tiriamola fuori.
    “Se ho emesso alcune sentenze che potrebbero essere…” esitò “…dispiaciute ad una parte della Chiesa si tenga conto che ero stato mal consigliato. Nei circoli che frequentavo un tribunale come questo non era pensabile, e quindi…” la voce gli morì in gola. In quell’istante capì, senza sapere neanche bene come, che quei luccichii distanti non erano il pubblico, ma coloro che avevano sofferto a causa sua. Delle sue decisioni. E che, assurdamente, non cercavano vendetta.
    Se non cercano vendetta posso cavarmela, si disse.
    “..quindi, io ho giudicato secondo coscienza. Ho preso la mia decisione perché era il mio ruolo, mi era chiesto di farlo, e perchè mi sembrava la decisione più saggia. Non mi si possono imputare colpe che derivano dal non conoscere fatti che non potevo certamente sapere.” Ma qualcosa dentro gli ribatteva: non è vero. Hai scelto in quella maniera perché volevi, perché avrebbe aiutato la tua carriera, perché volevi essere famoso e importante e sapevi che i tuoi amici, quelli importanti, non te l’avrebbero fatta passare liscia se avessi deciso altrimenti. Sapevi cosa sarebbe successo. Non tutto, ma in parte sapevi.
    Per un attimo pensò di rimettersi alla clemenza della corte, ma scacciò subito l’impulso. Sarebbe stato interpretato come debolezza, mentre doveva accreditarsi come un giusto che era stato male consigliato.
    “Ad ogni buon conto, toccava a me decidere, e ho deciso. E i giudizi emessi non si discutono.”
    Il Giudice parlò. “Invece è proprio questo il mio compito. Io sono il Giudice dei giudici.”
    E la sentenza fu emessa.
    https://berlicche.wordpress.com/2015...lto-tribunale/


  3. #213
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    Predefinito Re: Le radici cristiane dell'Occidente

    La Magna Carta festeggia 800 anni
    Pur essendo un atto unilaterale di concessione da parte di re Giovanni Senzaterra, è ritenuta fondamento delle istituzioni politiche costituzionali moderne
    Orlando Sacchelli
    La regina Elisabetta apre le celebrazioni per gli 800 anni della Magna Carta, il documento che nel 1215 pose le basi per la nascita dei diritti fondamentali dei cittadini.
    La sovrana, con il principe William, il premier David Cameron e una delegazione di deputati sarà a Runnymede, lungo il Tamigi, non lontano da Windsor, dove re Giovanni Senzaterra, sotto la forte pressione dei suoi baroni, riconobbe per la prima volta che nessuno è al di sopra della legge (compreso il sovrano) e che ognuno ha diritto ad un processo equo. Gran parte dei principi affermati sono diventati la base di altri celebri documenti successivi, compresa la Dichiarazione d’Indipendenza degli Stati Uniti. Fu chiamata magna per evitare di confonderla con un provvedimento minore, una carta rilasciata proprio in quegli anni per regolamentare i diritti di caccia. Pur essendo, di fatto, una concessione del re, in realtà era un accordo con il quale le parti riconoscevano diritti reciproci. Nel corso dei secoli è stata ripetutamente modificata da leggi ordinarie emanate dal parlamento, nonostante questo la Magna Carta conserva lo status di Carta fondamentale della monarchia britannica. Una copia ben conservata si trova nella cattedrale di Salisbury. Vediamo le principali innovazioni contenute nella Carta.
    - divieto per il sovrano di imporre nuove tasse ai suoi vassalli senza il previo consenso del consiglio comune del regno, formato da arcivescovi, abati, conti e baroni, da convocare con un preavviso minimo di 40 giorni.
    - garanzia, valida per tutti gli uomini di condizione libera, di non essere imprigionati senza che prima vi sia stato un regolare processo da parte di una corte di pari, se la norma è incerta o il tribunale non competente, o secondo la "legge del regno" (si fissa il principio dell'habeas corpus integrum);
    - la pena da infliggere deve essere proporzionale rispetto al reato;
    - una commissione formata da venticinque baroni ha il potere di dichiarare guerra al sovrano nel caso in cui questi infranga i suoi impegni. Da questo nacque il principio della legittima resistenza all'oppressione di un governo ingiusto;
    - garantita l'integrità e la libertà della Chiesa cattolica inglese;
    - si regolamenta la legge consuetudinaria "della foresta", abolendo i demani regi esclusivi creati sotto il regno di Giovanni e le multe comminate ai trasgressori;
    - la Carta riconosce le libertà originarie (antiquas libertates) della città di Londra, dei borghi, delle ville e dei porti e concede a tutti i mercanti, esclusi quelli provenienti da paesi in guerra con il re, il diritto di ingresso e di uscita dal paese senza dover pagare alcunché. Per agevolare il commercio si stabilisce che in tutto il regno siano adottate identiche misure per vino, birra e grano e inoltre che le stoffe fossero confezionate in modo standard.
    La Magna Carta festeggia 800 anni - IlGiornale.it

    Così il Medioevo cristiano ha posto le basi della scienza
    ANTONIO GIULIANO
    Un testo da poco tradotto anche in italiano La genesi della scienza di James Hannam (a cura di Maurizio Brunetti) smonta uno per uno i luoghi comuni più diffusi. Fisico, storico e filosofo della scienza a Cambridge, Hannam sfodera un volume poderoso e scorrevole, scritto con punte di ironia britannica. «Il Medioevo è stato un periodo di enormi progressi in ambito scientifico, tecnologico e culturale», scrive. I mille anni che vanno dalla caduta dell’impero romano (476) al 1500 sono stati decisivi in ogni campo. Ma soprattutto «il Medioevo ha posto le basi per la scienza moderna».
    In barba alla condanna illuminista, il fisico britannico ricorda come la Chiesa non abbia mai appoggiato l’idea che la Terra fosse piatta, né abbia mai bandito la dissezione umana o l’introduzione del numero zero. Hannam con sarcasmo non si stanca di ripetere: «I Pontefici non hanno vietato nulla, né hanno scomunicato qualcuno per la cometa di Halley. Nessuno è stato mai bruciato sul rogo per le sue idee scientifiche. Eppure, tutte queste storie sono ancora tirate fuori come esempio di intransigenza clericale verso il progresso scientifico ». Ma anzi la Chiesa cattolica, argomenta Hannam dati e fonti alla mano, è stata il principale sponsor della ricerca scientifica.
    L’ha fatto proprio in virtù di quell’approccio che distingue il cristianesimo dalle altre tradizioni culturali e religiose. Se la scintilla del progresso scientifico si accese nell’Europa cristiana medievale è proprio perché «attraverso la natura l’uomo poteva imparare qualcosa del suo Creatore», il quale era «coerente e non capriccioso ». Del resto, fa notare l’autore, il termine 'scienziato' nacque nel 1833 alla British Association for the Advancement of Science: «Prima d’allora nessuno ne aveva avvertito la necessità. Solo nel secolo XIX la scienza era diventata una disciplina autonoma, separata dalla filosofia e dalla teologia». È venuto il momento di chiedersi se il vero 'Rinascimento' non sia stato nel XII secolo, quando ad esempio nacquero le università. Scoprire nella natura l’impronta del creatore fu poi anche il convincimento dei religiosissimi Copernico, Keplero, Newton e Galilei, il cui contrasto con le autorità ecclesiastiche, spiega Hannam, fu dettato più da motivi politici.
    La stessa rivoluzione scientifica del XVII secolo è fondata su scoperte dei secoli precedenti: la bussola, la carta, la stampa, la staffa, la polvere da sparo... Invenzioni provenienti dall’Estremo Oriente, ma gli europei le perfezionarono a livelli «incomparabilmente
    superiori». E gli occhiali, gli orologi meccanici, i mulini a vento, gli altiforni? «Obiettivi e apparecchiature fotografiche, quasi ogni tipo di macchinario, la stessa rivoluzione industriale devono tutto a inventori del Medioevo. Non conosciamo i loro nomi, ma non è un buon motivo per ignorare le loro conquiste».
    IL LIBRO
    James Hannam
    LA GENESI DELLA SCIENZA
    Come il Medioevo cristiano ha posto le basi della scienza moderna
    D’Ettoris.Pagine 494. Euro 26,90
    Così il Medioevo cristiano ha posto le basi della scienza | Cultura | www.avvenire.it

    GERMANIA
    Rino Cammilleri
    E basta con questa storia del Quarto Reich! Se i tedeschi sono più bravi degli altri e meno fessi di noi, devono vergognarsene? I greci hanno truccato i conti per anni e anni, e devono alla Germania un sacco di soldi. E pure a noi. Chi dà addosso alla Merkel mostra non solo di sbattersene delle quote rosa (noi abbiamo le ministre belline, ma lei ha gli attributi) ma fa come i bambini dell’asilo che vanno a piangere dalla maestra perché sono delle schiappe al gioco. Lei è stata discepola di Kohl, riunificatore della Germania. Le nostre ministre sono discepole di Renzi. Che è tutto dire. Ogni popolo ha i capi che si è scelto. E che merita.
    GERMANIA - Antidoti

    Moreno, il presidente che mise Gesù nella Costituzione
    di Rino Cammilleri
    Nella sua visita in Ecuador Francesco ha elencato i santi e i beati nazionali ecuadoregni ma ha tralasciato, ad avviso di chi scrive, una figura importante, un personaggio che vanta addirittura una sua statua a Roma, nel Collegio Ispanico. Si tratta di Gabriel Garcìa Moreno (1821-1875), che fu presidente della Repubblica ecuadoriana per ben due volte, dal 1861 al 1865 e dal 1869 fino alla morte. Certo, si tratta di un laico e non ancora Beato (anche se la sua causa presso la Congregazione dei Santi è aperta).
    Allora lo ricordiamo qui, quel presidente. Sì, perché non si tratta di un presidente qualsiasi, bensì dell’unico che sia riuscito a introdurre come Preambolo nella Costituzione del suo Paese l’Atto di Consacrazione al Sacro Cuore di Gesù. Quando, nel 1985, san Giovanni Paolo II visitò l’Ecuador e rinnovò quella Consacrazione, la formula usata da Wojtyla fu proprio quella del 25 marzo 1874, pronunziata a suo tempo dall’allora arcivescovo di Quito, monsignor José Ignacio Checa.
    Ve l’immaginate, nel secolo delle rivoluzioni liberali, una Repubblica Democratica col Sacro Cuore campeggiante nella Costituzione? Intollerabile per i “lumi” e i “patrioti” di tutto il mondo conosciuto. Infatti, Moreno venne assassinato il 6 agosto dell’anno seguente, a pugnalate, mentre usciva dalla messa nella cattedrale (messa cui usava assistere ogni mattina all’alba prima di andare al lavoro). L’arcivescovo Checa lo seguì due anni dopo, ingerendo nel Venerdì Santo un’ostia consacrata che qualcuno aveva provveduto ad avvelenare.
    Moreno, avvocato, giornalista e politico, apparteneva a un’illustre famiglia e aveva viaggiato in Europa, dove aveva studiato le lingue e i sistemi politici. In patria, una volta eletto, aveva intrapreso con successo una vasta campagna di modernizzazione e moralizzazione economica. Con lui l’Ecuador era diventato in breve tempo uno dei Paesi più prosperi del Sudamerica: strade, ferrovie, scuole, ospedali. L’osservatorio astronomico di Quito divenne uno dei più importanti del mondo, l’esercito fu addestrato da istruttori prussiani, il voto fu esteso agli indios, i salari aumentati e le tasse ridotte.
    Ma i Lumi, come si è detto, non potevano sopportare che il boom del Paese fosse dovuto a un Presidente che aveva –orrore!- richiamato i gesuiti (regolarmente cacciati da chi l’aveva preceduto) e affidato loro le scuole superiori, che portava personalmente la Croce nelle processioni solenni (e pure paludato con le insegne della sua carica), che aveva –unico al mondo- protestato ufficialmente per l’invasione italiana di Roma e, per giunta, inviato al b. Pio IX un risarcimento simbolico in denaro. La goccia che fece traboccare il vaso liberale fu, lo abbiamo visto, la Consacrazione al Sacro Cuore diventata –horribile dictu!- Preambolo della Costituzione.
    I liberali di quel secolo andavano per le spicce, alla mazziniana, e Moreno fece la fine di Pellegrino Rossi (il ministro delle finanze di Pio IX, assassinato sulle scale della cancelleria nel 1848). Però aveva dimostrato che un politico cattolico (di fatto, non di solo battesimo come quelli nostri attuali) poteva battere tutti per quanto riguardava buona politica e traguardi economici. Scomparso lui, l’Ecuador tornò alle sue guerre civili, colpi di Stato e miseria. Moreno era la confutazione vivente delle fandonie laiciste sull’”oscurantismo” e l’”arretratezza” di una Nazione che esalta le sue radici cattoliche e, anzi, se ne vanta. Una testimonianza concreta, infatti, vale più di ogni proselitismo.
    Moreno, il presidente che mise Gesù nella Costituzione



    Questa è una mela
    Contro le illusioni del relativismo
    “Un confratello mi raccontava un aneddoto riferito a S. Tommaso d’Aquino. Pare che all’inizio dei suoi corsi universitari, il santo mostrasse ai suoi allievi una mela, dicendo “questa è una mela. Chi non è d’accordo può andar via”.
    L’orgoglio, la superbia intellettuale non è il pensare e l’argomentare ma il presumere di determinare, con il pensiero, l’essere. San Tommaso insegna giustamente che non è il pensiero a determinare l’essere, ma è l’essere che determina il pensiero.
    Tomas Tyn lucidamente chiosava: “Solo Dio si può permettere il lusso di essere idealista, perché solo Dio determina l’essere, distinto da Lui, ovviamente, perché il suo essere non è determinabile, però tutti gli altri esseri distinti da Dio sono determinati dal pensiero di Dio. Quindi l’uomo che pensa di poter pensare le proprie idee, INDIPENDENTEMENTE DALL’ESSERE, è un uomo che si pone al posto di Dio. Qui c’è veramente una affinità con la demonologia, l’antropologia diventa demonologia.”
    Questa è una mela | Azione Tradizionale

    Lorella Cuccarini attaccata ferocemente sulla questione “figli per le coppie gay”: “non cambio idea”
    “No ai figli per le coppie gay”. Lorella Cuccarini non cambia idea nonostante i tanti attacchi, anche “violenti”, che ha ricevuto. “I commenti che ho ricevuto mi hanno lasciato sbalordita per la violenza e la cattiveria che lasciavano trasparire“. La Cuccarini torna sulla polemica di qualche giorno fa, quando aveva affermato che "i figli non sono un diritto”. La famosa showgirl racconta sul suo blog di aver subito una pioggia di insulti:
    “Cari amici, io non ho mai nascosto la mia opinione su questo tema: per me un bambino non è l’oggetto di nessun “diritto alla riproduzione” dei genitori ma è piuttosto una piccola persona che ha bisogno che vengano riconosciuti e tutelati proprio i suoi di diritti! E tra i possibili soggetti da tutelare io non ho dubbi: prima di tutto il bambino. Capisco che non per tutti questa affermazione appaia scontata e magari non saremo d’accordo, ma quando dico che i bambini non si comprano mi riferisco ad una realtà devastante ed inaccettabile per me che riguarda allo stesso modo coppie etero o coppie gay, che a questo tipo di mercato fanno ricorso. E su questo punto tutto si potrà dire tranne che la mia sia una posizione discriminatoria per chiunque.”
    Lorella Cuccarini attaccata ferocemente sulla questione "figli per le coppie gay": ?non cambio idea? - Direttanews.it



    Orgoglio etero, partito russo crea bandiera pro nozze uomo-donna
    Il partito russo al governo ha creato una bandiera per promuovere i matrimoni fra uomo e donna, in opposizione a quella arcobaleno per i diritti degli omosessuali. Il vessillo, con una madre e un padre che tengono per mano tre bambini, è la risposta del partito Russia Unita alle nozze fra persone dello stesso sesso e "alla sua distorsione della realtà e dei valori morali". La bandiera farà il suo debutto in una manifestazione oggi a Mosca, nell'ambito dell'annuale celebrazione russa della "Giornata della famiglia, l'amore e la fedeltà".
    Il presidente americano Barack Obama "ha definito una vittoria per l'America la sentenza sul matrimonio fra persone dello stesso sesso, ma io penso sia una vergogna", ha dichiarato Alexei Lisovenko, numero due del partito a Mosca, che ha svelato la nuova bandiera in un post sulla sua pagina Facebook. Alcuni blogger su twitter hanno accusato Russia Unita di plagio, per aver scelto un simbolo molto simile a quello della Manif pour Tous, dove però i bambini sono due. Ma Lisovenko ha negato ogni ipotesi di plagio, rispondendo di aver consultato il movimento francese sceso in piazza contro i matrimoni gay.
    Orgoglio etero, partito russo crea bandiera pro matrimoni uomo-donna - Adnkronos


    Prete choc contro gay: "Servirebbe lanciafiamme"
    Il parrocco di Arborea è finito nella bufera per il commento a una foto di un bacio tra persone omosessuali
    Ivan Francese
    Una parola di troppo scritta su Facebook, che però ha scatenato un putiferio.
    Perché quando un sacerdote, sia pure per scherzo, propone di usare un "lanciafiamme" per incenerire un bacio gay, le reazioni non possono essere che di basita incredulità.
    Protagonista è don Silvio Foddis, parrocco di Arborea, in Sardegna. Che commentando una foto di un bacio omosessuale pubblicata su Facebook da un consigliere comunale è arrivato a scrivere: "Un lanciafiamme per riaccendere quello che è quasi spento."
    A chi biasimava quel linguaggio così poco consono a un membro del clero, rispondeva: "Sono un sacerdote, ma anche una persona, un uomo e un cittadino e quindi..... scrivo. Avrei potuto andare anche un pò più in là."
    Prete choc contro gay: "Servirebbe lanciafiamme" - IlGiornale.it



    HO SOGNATO
    MA ERO SVEGLIO
    di Massimo Viglione
    Ho sognato un mondo dove l’Europa era tornata ad essere la tribuna dalla quale brillava su tutti i popoli la luce della Cristianità e della civiltà umana;
    Ho sognato per questo che non esisteva più l’Unione Europea, moloch per tutti gli europei e a sua volta serva di forze mondialiste e dissolutrici;
    Ho sognato che al suo posto v’era una libera confederazione degli Stati europei, a loro volta costituiti non sul centralismo burocratico e fiscale ma su una confederazione delle realtà etniche e politiche territoriali;
    Anzi, visto che stavo sognando, ho sognato “pesante”, e ho sognato che era risorto il Sacro Romano Impero, come unione libera degli Stati e delle regioni e delle realtà territoriali e cittadine d’Europa uniti sotto lo scettro della dinastia cattolica discendente di Carlo Magno;
    Ho sognato poi che non v’era più la Banca Centrale Europea, né alcuno dei potentati bancari che oggi con lo strumento della finanza internazionale soffocano la libertà delle persone, l’autonomia dei governi, l’economia delle famiglie e impongono la dissoluzione politica, economica e morale;
    Ho sognato che al loro posto v’era un’economia senza finanza, senza debito pubblico, fondata sulla reale ricchezza delle popolazioni a sua volta fondata sull’onesto lavoro delle famiglie;
    Ho sognato che questa economia si reggeva su una moneta reale, di cui le popolazioni sono proprietarie e non debitrici, fondata sulla ricchezza effettiva e pertanto libera dal peso fittizio del debito pubblico;
    Ho sognato quindi che era scomparso l’euro, e che al suo posto v’erano monete locali producenti risparmio reale alle famiglie e quindi garanti di libertà e benessere;
    Ho sognato che il peso fiscale si aggirasse intorno al 10-12%, come era nella società cristiana;
    Ho sognato che le famiglie avevano facilitazioni enormi nell’avviare attività commerciali fondate sull’incredibile abilità degli italiani nell’eccellere in tutti i lavori d’ingegno;
    Ho sognato che in tal maniera, unitamente al ripristino del fondamentale ruolo femminile nella famiglia, era praticamente scomparsa la disoccupazione.
    Ho sognato che era scomparsa, sprofondata agli inferi, la Repubblica Italiana fondata sul lavoro che non c’è e sulla corruzione generale e sulla burocrazia che opprime tutti;
    Ho sognato che al suo posto v’era una libera confederazione di Stati territoriali, unita commercialmente in una lega doganale e politicamente nell’appartenenza al Sacro Romano Impero;
    Ho sognato che non v’era più immigrazione clandestina con la relativa delinquenza;
    Ho sognato che i pochi immigrati accettati vivevano pacificamente del loro onesto lavoro, rispettosi degli italiani e grati di essere accolti in una terra libera e fortunata;
    Ho sognato che i delinquenti, di qualsiasi razza, venivano giustamente puniti e che gli italiani potevano sentirsi sicuri in casa propria;
    Ho sognato che i governi locali non erano tenuti da cialtroni eletti da cialtroni, ma da élites dello spirito e della cultura, fedeli alla tradizione religiosa e civile;
    Ho sognato la costituzione di nuovi ceti dirigenti, non scelti da concorsi truccati o elezioni cialtronesche, ma affermatisi per elezione morale, intellettiva, spirituale, pratica.
    Ho sognato che era scomparsa la magistratura ideologizzata e che i giudici, scelti fra un’élites dello spirito e della onestà, rispondevano dei loro errori.
    Ho sognato una società libera da razionalisti, illuministi, positivisti, freudisti, comunisti, socialisti, democristiani, massoni, femministe, radicali, sessantottini, centri sociali e tutto l’innumerevole esercito di cialtroni e delinquenti che ha distrutto il Paese più bello e sano del mondo e il popolo più civile della storia e con esso l’intera Europa.
    Ho sognato che in Italia, come nell’Europa imperiale, la vita era sacra dal concepimento alla morte naturale, e che pertanto l’aborto, come l’eutanasia erano considerati e puniti come omicidi;
    Ho sognato una società senza manipolazione genetica di alcun genere;
    Ho sognato che le famiglie numerose e indigenti erano aiutate da politiche fiscali idonee;
    Ho sognato una società totalmente liberata dalla droga, dalla pornografia, dalla mostruosa immoralità in cui stiamo giorno dopo giorno precipitando, dalla follia della teoria del gender, dall’omosessualismo inteso come ideologia di guerra alla famiglia e al diritto naturale, dal pedofilismo e dalle altre aberrazioni che si stanno affermando oggi;
    Ho sognato che l’ordine morale era tornato nella nostra società: il matrimonio era tra uomo e donna sposati sacramentalmente;
    Ho sognato che i bambini venivano affidati solo a coppie sposate di cui sopra;
    Ho sognato i bambini cresciuti nella purezza dei costumi, nella spensieratezza di una vita semplice e naturale, nella responsabilità della serietà della vita, nel sacrificio del lavoro onesto come nella gioia della sua bellezza;
    Ho sognato che le ragazze erano educate nei valori della purezza, della famiglia monogamica, alla sacralità del ruolo femminile sull’imitazione della Madre di Dio;
    Ho sognato uomini responsabili capaci di essere fedeli e amorevoli mariti, ma anche capaci di avere l’autorità morale per tornare ad essere tanti pater familias;
    Ho sognato il mondo di un tempo, il mondo dell’armonia della civiltà cristiana europea, l’armonia fra le generazioni, nella famiglia, nella società, che non è utopia, perché è esistito, e se è esistito, può esistere di nuovo;
    Ho sognato una scuola non più massificatrice di ignoranza collettiva e indottrinamento ideologico, ma fonte di istruzione di base per tutti, ma fin da subito selettiva delle menti migliori e più disposte al sacrificio dello studio e del lavoro;
    Ho sognato una scuola al servizio dell’ordine morale e naturale come Dio lo ha voluto;
    Ho sognato un’università per élites culturali, fonte non di disoccupazione e cialtroneria ma di professionisti seri in ogni ambito del sapere e fonte di cultura al servizio della verità e della giustizia e di scienza sottomessa alle leggi della natura come Dio le ha costituite.
    Ho sognato un mondo ordinato: con re cattolici, con un’aristocrazia fondata sul servizio e sul senso del dovere e sacrificio, su una borghesia lavorativa onesta e solidale, su un popolo lavoratore e dignitoso, sulla riscoperta del lavoro della terra e delle tradizioni popolari come ricchezza primaria della nostra civiltà.
    Ho sognato tutti i media (tv, giornali, editori, internet, ecc.) ispirati al bene civile e sottomessi alla legge di Dio.
    Ho sognato il mondo della fede cattolica, della civiltà cristiana, della millenaria eredità civile, culturale e artistica del nostro popolo.
    Ho sognato infine la Chiesa senza eretici, traditori, pedofili, ladri, carrieristi, omosessuali, corrotti, ballerini, canterini, preti di frontiera e cialtroni di varia natura.
    Ho sognato la Chiesa devota a Cristo e al Vangelo, preoccupata della fedeltà alla Verità e al magistero universale, povera nei suoi uomini ma ricca come istituzione, perché non esiste nulla di più inutile, anzi, deleterio, di una Chiesa povera con i suoi uomini ricchi.
    Ho sognato una Chiesa capace di convertire gli atei, i suoi stessi nemici, i peccatori, e i miliardi di uomini che vivono nell’errore di professare le altre religioni, memore del mandato del suo Fondatore;
    Ho sognato una Chiesa che sappia conservare lo splendore del proprio culto, la tradizione liturgica millenaria e la dignità del proprio ruolo nel mondo, essendo però anche capace di parlare a questo mondo e di effettivamente andare fra i poveri come fra i ricchi, fra gli ammalati come fra i sani, fra i peccatori come fra i giusti, che sappia arrivare a chiunque sia nel bisogno spirituale, morale, fisico, portando solo Gesù Cristo e non i richiami di questo mondo;
    Ho sognato una Chiesa nuovamente artefice di santità, purezza di costumi e fede, giustizia, civiltà, bellezza e arte;
    Ho sognato un clero fedele e forte nella Verità e nella carità di Cristo.
    Ho sognato un Papa che non ha paura del mondo, che non si preoccupa di piacere al mondo, ma teme solo il giudizio Dio e ama solo la Verità incarnata, memore del suo ruolo e pienamente cosciente della sua responsabilità. Ho sognato un Gregorio Magno, un Gregorio VII, un Pio V, un Innocenzo XI, un Pio IX, un Pio X, adatto ai nostri giorni.
    Ho sognato la Rivoluzione Francese e tutto ciò che l’ha prodotta e tutto ciò che ne è conseguito e ne consegue sprofondare agli inferi nella maledizione generale di Dio e degli uomini.
    Ho sognato il mondo dei doveri, il mondo del Decalogo dettato da Dio per la salvezza degli uomini e ho rinnegato il mondo dei diritti, il mondo delle dichiarazioni universali ispirate dal demonio per la dannazione degli stolti.
    Questo conduce all’anticristo. Quello al trionfo del Cuore Immacolato di Maria.
    Io ho sognato, ma era sveglio. E mi sono schierato.
    Ho sognato. Ma ero sveglio - CCC - Confederazione Civiltà Cristiana

  4. #214
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    Predefinito Re: Le radici cristiane dell'Occidente

    Dico sempre io... che bisogna conservare le vecchie tradizioni.

    Per esempio: era una vecchia tradizione comunicare usando i piccioni viaggiatori ma i preti invece usano moderni telefoni tascabili.

    Occorre prendere a pedate nel sedere quei preti che usano i telefoni tascabili anziché i picconi viaggiatori, quei preti hanno dimenticato il concetto fondamentale del conservatorismo.

    Gesù stesso, nel Vangelo, disse...
    <<Osservate gli uccelli del cielo: non seminano, non raccolgono, non immagazzinano nei granai , intanto il Padre Celeste li nutre. Non hai tu maggiore valore di loro ?>>.
    (Matteo 6.26)

  5. #215
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    Predefinito Re: Le radici cristiane dell'Occidente

    Questa è una delle più grandi balle della storia, le origini dell' Europa sono PAGANE, il Cristianesimo è venuto dopo.

  6. #216
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    Predefinito Re: Le radici cristiane dell'Occidente

    Citazione Originariamente Scritto da Estremista di destra Visualizza Messaggio
    Questa è una delle più grandi balle della storia, le origini dell' Europa sono PAGANE, il Cristianesimo è venuto dopo.


    Nient'affatto. La prima opera storico-politica in cui si utilizza il termine "europei" è la cronaca di S. Isidoro della battaglia di Poitiers.
    Battaglia decisiva nella coscienza dei popoli cristiani europei contro l'invasione musulmana.

    Se poi si vuole parlare di origini precedenti ci sono anche le origini geologiche dell'Europa...
    Ultima modifica di emv; 15-07-15 alle 17:46
    IN PALESTINA È GENOCIDIO! ROSA E OLINDO LIBERI SUBITO!
    FUORI DALLA NATO! FUORI DALLA UE! BASTA ECOFOLLIE GREEN!


    “Sorgi, Dio, difendi la tua causa.”
    "Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli…"


  7. #217
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    Predefinito Re: Le radici cristiane dell'Occidente

    La Magna Carta, 800 anni di libertà contro ogni statalismo
    di Marco Respinti
    Siamo così assuefatti al laudano dello statalismo che a qualsiasi istituzione politica della storia diamo invariabilmente sempre il nome di “Stato”. Nemmeno ci sfiora l’idea che una volta lo Stato non c’era. Ricordare dunque che esattamente 800 anni fa, una vera “eternità”, il 15 giugno 1215, a Runnymede, in Inghilterra, veniva siglata la “Magna Carta” equivale un po’ a domandarsi manzonianamente che diamine fosse Carneade. La “Magna Carta”, infatti, è l’arkengemma di un tesoro inestimabile di cui abbiamo però smarrito il senso.
    Sul trono inglese sedeva re Giovanni Plantageneto detto Senzaterra (1166-1216). Era un sovrano dispotico e poco simpatico. Il nomignolo se lo guadagnò avendo perduto tutti i possedimenti francesi della famiglia e quindi della Corona. Deciso a rientrarne in possesso, pensò di muovere guerra al re di Francia e di finanziare l’impresa con una nuova morsa fiscale. Iniziò così un serrato braccio di ferro che si concluse solo il giorno in cui, appunto 800 anni fa oggi, re Giovanni capitolò firmando la Magna Charta Libertatum, apice e inizio di una civiltà sontuosa, quella occidentale. Vediamo perché.
    La “Magna Carta” (come da allora è chiamata) sancisce l’inviolabile principio che nessuno uomo è fuori dalla legge, ovvero né al di sopra né al di sotto di essa. Tanto meno il potere. Men che meno i governanti, oltre che i governati. Il sovrano, cioè, è il primus inter pares cui spetta il governo della res publica ma proprio per questo lui non meno che i sudditi alla legge è tenuto a obbedire in maniera (proprio per il suo rango) esemplare. Non esiste dunque un potere che si erige al di sopra del diritto; non vi è un’autorità sconfinata; non vi è potestà illimitata.
    La “Magna Carta” sancisce che il diritto positivo (quello formulato dal legislatore umano) è la cornice dell’agire pubblico di tutti i cittadini, senza distinzione di rango, pur nella distinzione del loro rango (l’egualitarismo è un’utopia: la funzione di un re non è mai pari a quella di un mugnaio). In questo modo, la “Magna Carta” impedisce al potere di concepirsi svincolato (ab solutus) dai proprio doveri, privo di lealtà e di confini: come ricorda la “Magna Carta”, sopra di sé il potere risponde a Dio, sotto di sé esso risponde ai governati.
    La “Magna Carta” postula dunque a monte del diritto positivo un diritto naturale che sconfina nel diritto divino, ponendo l’etica del bene e del male oggettivi a parametro dell’azione politica. La “Magna Carta” favorisce e difende la libertà politica poiché articola la società in modo gerarchico (cioè ordinato) ma non tirannico, impedendo ad alcuni di ergersi al di sopra di altri. La “Magna Carta” esalta la rappresentanza politica istituendo un virtuoso sistema di pesi e di contrappesi mediante il quale maggioranze e interessi (leciti) contrapposti si controllano “naturalmente” a vicenda, concorrendo al bene comune.
    Ebbene, apice e inizio di una civiltà la “Magna Carta” lo è anzitutto perché frutto maturo della civiltà cristiana del Medioevo feudale, quindi perché pietra miliare del retto diritto nell’evo moderno. Senza l’idea forte della giuntura nevralgica tra diritto positivo e diritto naturale, tipica della coscienza cristiana medioevale, quel documento non sarebbe mai stato redatto. E senza di esso il Paese più potente del mondo, gli Stati Uniti d’America, non sarebbe mai nato. Lo spirito con cui, nel 1776, le ex colonie britanniche dell’America Settentrionale dichiararono l’indipendenza dalla Gran Bretagna sta infatti tutto nella “Magna Carta”, che a buon diritto può dunque essere considerata il precedente e l’ancora del Founding statunitense. Alla vigilia dell’indipendenza, le pressanti richieste rivolte dai patrioti americani alla Corona britannica furono nella sostanza identiche a quelle formulate dai baroni feudali a re Giovanni Senzaterra: libertà, rappresentanza politica, controllo della spesa pubblica pagata con le tasse. Il Parlamento come luogo nobile dell’arte politica, non le sue caricature odierne, nasce lì.
    Perché la “Magna Carta” mostra che la rappresentanza politica popolare può essere salubremente garantita anche in un contesto aristocratico (allora erano i baroni feudali a farsi carico delle istanze del popolo) e persino in un regime monarchico, il quale (aristotelicamente) può essere non meno democratico (la democrazia è una condizione dell’esercizio del potere, non un regime politico) di una repubblica. Mostra inoltre che la deriva dello statalismo moderno è un fenomeno di decadenza e non di sviluppo, ricordando tra l’altro che è possibile sconfiggerla. E infine ammonisce a guardarsi dal potere per “diritto divino”, monarchico o repubblicano che sia, giacché anche la sanzione sacrale dell’autorità legittima in una società dove la dimensione religiosa ancora qualcosa conta né può né deve mai prescindere dal consenso libero dei governanti, datori di lavoro (con le tasse) dei funzionari pubblici.
    Tutte le volte che la lezione di Runnymede è stata dimenticata l’Occidente ha conosciuto le città-stato del violento perfettismo protestante o lo Stato giacobino genocida sin dal principio, i dirigismi liberticidi ottocenteschi o i soviet, lo Stato totalitario, la Cina cannibale di Mao Zedong o la Cambogia mistico-stragista di Pol Pot, ma anche le eurocrazie e le Italiette dei governi grassatori eletti da nessuno. Sarà per questo che il nemico principale di re Giovani Senzaterra fu il mitico Robin Hood che ai tartassati restituiva il maltolto?
    La Magna Carta, 800 anni di libertà contro ogni statalismo | L'intraprendente



    MUSICA
    Il papa emerito Benedetto XVI, nel ricevere (luglio 2015) un paio di lauree honoris causa, ha detto tra l’altro che “in nessun altro ambito culturale c’è una musica di grandezza pari a quella nata nell’ambito della fede cristiana: da Palestrina a Bach, a Händel, sino a Mozart, Beethoven e Bruckner. La musica occidentale è qualcosa di unico, che non ha eguali nelle altre culture”.
    MUSICA - Antidoti

    Manovre laiciste lo "Stato può imporre ai cittadini la stimolazione di emozioni e sentimenti"?
    Un Quotidiano nazionale ha comunicato la notizia dell'istituzione della festa nazionale del “Giorno del Dono” da celebrarsi il giorno 4 ottobre (dal 1977 giorno lavorativo, pur essendo la Festa del Serafico Padre San Francesco d'Assisi, Patrono d'Italia. La festività "civile" del Patrono d'Italia fu infatti abolita dallo Stato Italiano nel 1977 ad opera ad Governo Democristiano Andreotti III ).
    Nel lontano 7 settembre 2011 MiL si era occupata della "salvaguardia" delle feste patronali. Parole attualissime: "... lo sforzo di venerazione del dio-stato, l’unico santo protettore rimasto, s’è spinto oltre e ha salvato anche la festa più recente: quella di Santa Repubblica Atea, beatificata recentemente da quei logorroici pontefici laici, che di retorica ne hanno da vendere.
    All’inizio mi sono indignato, poi mi son detto: brava la sinistra, sì brava la sinistra. In fondo sono quasi meglio degli altri, almeno ci credono o fanno finta, ma anche se facessero finta almeno si mobilitano.
    E i pecoroni cattolici, che di sinistra non sono (o non dovrebbero essere), talmente sono ignavi, che votano entusiasti per “laicizzare” il paese e buttano al macero i santi patroni.
    Nel silenzio del mondo cattolico, nel silenzio dell’episcopato, nel silenzio dei parroci e pure nel silenzio di quelle vecchiette che alla processione del Santo ci andavano ancora, ma con una fede che s’era ormai affievolita anch’essa.
    Miracoli d’un cattolicesimo imborghesito, che per avere una lode delle logge massoniche francesi, è capace di rinnegare i suoi santi protettori.
    Povera Cristianità italiana, morta e anche sepolta".
    Festa dei santi patroni addio: sarà “sostituita” dal giorno del dono
    Il Senato ha approvato in via definitiva, con 162 voti favorevoli e sei contrari, il ddl a prima firma del presidente emerito Carlo Azeglio Ciampi (Iniziativa Parlamentare Carlo Azeglio Ciampi (Misto) Cofirmatari Luigi Zanda (PD) , Renato Schifani (NCD) , Loredana De Petris (Misto, Sinistra Ecologia e Libertà), Karl Zeller (Aut (SVP, UV, PATT, UPT)-PSI-MAIE) , Paola Taverna (M5S) , Mario Ferrara (GAL) , Lucio Romano (SCpI) Alessandra Bencini (Misto, Italia Lavori in Corso) che istituisce il “Giorno del Dono”.
    Evento che verrà celebrato ogni anno il 4 ottobre.
    Il testo prevede iniziative formative ed educative in particolare nelle scuole e impegno, da parte delle istituzioni, nel creare sensibilità rispetto all’atto del dono.
    Il “giorno del dono” scalza San Francesco
    Non sono mancate le voci in dissenso.
    «Questa mattina mi sono chiesto cosa fosse la Giornata del Dono.
    L’ho anche chiesto a dei colleghi e nessuno ha saputo rispondermi.
    Abbiamo approvato un provvedimento inutile, tenendo in moto, questa mattina, la costosa macchina del Senato, in un momento in cui il nostro Paese avrebbe invece bisogno di vedere impegnate le nostre intelligenze e le nostre capacità per approfondire problemi e temi utili ai cittadini e al Paese».
    Così il senatore Ciro Falanga, dei Conservatori e Riformisti Italiani, in merito all’istituzione del Giorno del dono. «La verità, è che nessuna legge dello Stato può imporre ai cittadini la stimolazione di emozioni e sentimenti (perché di ciò si tratta), men che meno con l’istituzione il 4 ottobre del Giorno del Dono».
    Altrettanto perplesso Carlo Giovanardi che sente puzza di manovra “laicista” e sottilmente anti-cristiana.
    «Non ho votato l’istituzione per legge della giornata del dono, che il Parlamento ha voluto fissare per il 4 di ottobre, perché si sovrappone alla legge 132 del 1958 che ha stabilito che quel giorno sia una solennità civile dedicata ai patroni d’Italia San Francesco e Santa Caterina.
    «I casi sono due – attacca il senatore di Ap – o il Parlamento ha operato con leggerezza e superficialità o con malizia qualcuno su centinaia di giorni ha scelto proprio quello per sminuire l’importanza di una solennità civile collegata a radici cristiane del nostro Paese».
    MiL - Messainlatino.it: Manovre laiciste : lo "Stato può imporre ai cittadini la stimolazione di emozioni e sentimenti"?

    Dio salvi Giovanardi
    di Camillo Langone
    Una volta i ricchi scemi compravano squadre di calcio, oggi disdicono camere a Cortina. Quei clienti del Miramonti Majestic che a forza di disdette stanno cercando di impedire la presentazione, in una sala dell’albergo, del libro di Carlo Giovanardi, poveri non sono di sicuro: il Miramonti costa un botto. Intelligenti nemmeno: a parte che rischiano di non leggere la prefazione che modestamente ho scritto io, rischiano di diventare poveri. Rischiamo tutti di diventare poverissimi se vincono gli ismi a cui si oppone Giovanardi che in “Balle”, così il libro si intitola, racconta il proprio impegno contro le mistificazioni ideologiche, ambientalismo e animalismo in primis. Il senatore modenese difende col coraggio che gli conosciamo le trivellazioni metanifere, la valorizzazione dei rifiuti, la ricerca farmaceutica insomma l’industria, l’impresa, il benessere senza il quale non esisterebbero il Grand Hotel Miramonti Majestic né i suoi clienti né le sue cameriere in grembiulino. Dio salvi Giovanardi e la libertà di dire la verità.
    Dio salvi Giovanardi

    Con Mura non vado d'accordo ma condivido la sua guida
    di Camillo Langone
    Ditelo in italiano, anche al ristorante. Con Gianni Mura non vado troppo d’accordo, siamo entrambi conservatori ma lui di tipo proustiano (rimpiange i sapori della giovinezza), io di tipo giussaniano (combatto per eternare cose che mi trascendono). Però leggendo “Non c’è gusto” (Minimum Fax), la sua guida per scegliere il ristorante senza guide (né di carta né digitali), scopro che condividiamo la severità circa l’italiano. “Se nel sito di un ristorante trovo termini come location, happy hour, trendy, lo boccio a priori. Non parliamo la stessa lingua, non possiamo avere lo stesso palato”. Non tolleriamo la sciatteria dei menù: “Errori gravissimi. Il più comune: fois gras. Come posso pensare che tu sappia lavorare il foie gras quando nemmeno sai come si scrive?”. Ci infastidisce l’articolo prima del piatto: “Esempio: la tartare di tonno, gli agnolotti al sugo d’arrosto, il rombo chiodato al forno... Cambierebbe qualcosa levando l’articolo? Nella sostanza no. Nella pomposità sì. L’articolo arriva dalla Francia”. E gli aggettivi “rivisitato”, “destrutturato”, “creativo” ci chiudono lo stomaco. Abbiamo ambedue gusti semplici: “Salumi, formaggi, uova e vino rosso”. Accontentateci.
    Con Mura non vado d'accordo ma condivido la sua guida

    Don Camillo e Giacomo Biffi
    di Camillo Langone
    San Camillo, come posso festeggiarti, e festeggiarmi, nel giorno del funerale di Giacomo Biffi? Siete stati i miei principali maestri di religione: tu santo controvoglia, lui prete controcorrente. Tu chiedesti di prestare maggior cura alle persone, e ti diedero abbastanza retta (gli ospedali moderni molto ti devono), lui chiese di prestare maggior cura alla nazione, e non gli diedero retta per niente: ricavò solo attacchi quando disse che l’Italia avrebbe dovuto privilegiare l’ingresso di immigrati cristiani. Biffi ci vedeva lungo, in compenso i suoi innumerevoli detrattori erano talpe a cui dobbiamo i prossimi attentati, le prossime conversioni di convenienza, il prossimo inginocchiarsi ai seguaci del predone arabo. Tu fosti un infermiere riuscito, lui uno statista mancato: il diverso risultato credo sia dovuto al fatto che le persone solitamente vogliono guarire, mentre le nazioni, in certe fasi della loro storia, vogliono morire.
    Don Camillo e Giacomo Biffi

    L’inchino all’islam di Sergio Mattarella
    di Paolo Deotto
    Il signor Sergio Mattarella, presidente pro-tempore di questo singolare fenomeno che chiamiamo Repubblica Italiana, non ha voluto essere da meno dei suoi colleghi in campo ecclesiastico e si è sentito anche lui in dovere di rivolgere il deferente omaggio agli islamici, che ieri hanno terminato il loro ramadan. Forse in concorrenza, più o meno conscia, con l’arcivescovo di Milano, che si era premurato di fare gli auguri in anticipo, il sig. Mattarella ha voluto essere più realista del re, e ha tout court definito “sacro” il mese del ramadan.
    Questo è il testo integrale del comunicato presidenziale, che trovate sul sito del Quirinale:
    Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in occasione della festività di Eid al Fitr, al termine del sacro mese del Ramadan, ha rivolto “a tutti i cittadini italiani di fede islamica e ai numerosi musulmani ospiti o residenti nel nostro paese, i più cordiali auguri. Il pluralismo di culto e il rifiuto di ogni forma di discriminazione basata sull’appartenenza religiosa sono conquiste storiche garantite dalla nostra Costituzione. Le celebrazioni dell’Eid al Fitr ci invitano a coltivare, con forza e determinazione, nel rispetto delle diversità, un costruttivo dialogo tra religioni. Auspico quindi -ha concluso il Presidente – che l’odierna ricorrenza possa costituire occasione per ribadire il rifiuto di ogni odiosa strumentalizzazione, nel rispetto dei valori e degli ideali che da sempre guidano l’azione dell’Italia”. Roma, 17 luglio 2015.
    Non neghiamo che il ramadan sia “sacro” per i musulmani. Però il presidente della Repubblica, che tra le altre cose è stipendiato per rappresentare “l’unità nazionale”, ha voluto strafare, facendo sue aggettivazioni che al più appartengono al mondo islamico. Ci risulta che tuttora il presidente della repubblica risieda al Quirinale e non in una moschea.
    Il sig. Sergio Mattarella, da buon democristiano, non è più di tanto preoccupato del fatto che l’Italia sia un paese cattolico, e che dalla tradizione cattolica sia nata quella grandezza italiana che peraltro i nostri politici sono intenti giorni per giorno a demolire (ben coadiuvati, va detto, dalle gerarchie ecclesiastiche).
    Né il sig. Mattarella è più di tanto preoccupato del fatto che la gran parte di quegli italiani che lui dovrebbe rappresentare hanno le tasche piene dell’invasione che è in atto, alimentata in amplissima parte da immigrati musulmani.
    Ugualmente pensiamo che il sig. Mattarella consideri esagerazioni molto anti-democratiche le profetiche parole che il Card. Giacomo Biffi disse a proposito di immigrazione islamica.
    Poiché però, repetita iuvant, il sig. Mattarella dovrebbe – anzi, deve – essere il “presidente di tutti gli italiani”, la cosa migliore che poteva fare era non fare nulla. A volte il silenzio è d’oro: il presidente ha perso una stupenda occasione per tacere. Ci dispiace per lui, ma confidiamo che in futuro saprà cogliere tante occasioni per limitarsi a fare il presidente e non il direttore spirituale dell’Italia.
    Però, da cittadini e come tale loro malgrado stipendiatori dei politici, ci si può porre una legittima domanda: perché questo reverente inchino all’islam?
    La risposta ci viene data in parte dalla tagliente penna di Leo Longanesi: “Gli italiani accorrono sempre in aiuto dei vincitori”. L’islam attualmente è vincente, perché la sua carica di intrinseca violenza si sta esprimendo in pieno in tante parti del mondo. E l’islam, nella sua più genuina espressione, che attualmente va sotto il nome di “Isis” è a due passi: quanti chilometri di mare ci separano dalla Libia? È di eri la notizia di una nave da guerra egiziana colpita con razzi dall’Isis. I tagliagole di allah si avvicinano. L’islam fa maledettamente paura e quindi aumentano, in campo ecclesiastico come in campo civile, gli spiriti davvero leonini che si preoccupano di costruirsi una verginità da offrire quando si inginocchieranno davanti ai futuri dominatori.
    Ma la risposta va completata rileggendo l’articolo di Piero Vassallo, pubblicato ieri, “Pie illusioni intorno al pacifico sbarco degli islamici”, di cui riportiamo un passaggio: “Le potenze occidentali, accecate dall’utopia demenziale e dal razzismo capovolto nel falso ecumenismo, vogliono che la civiltà italiana sia inquinata e avvelenata dall’invasione degli islamici, refrattari e nemici alla nostra religione e della nostra cultura. Esigono il ritorno in Italia degli invasori maomettani, che furono cacciati a prezzo di guerre sanguinose. Resistere alla strisciante invasione islamica significa resistere alle allucinazioni pseudo-umanitarie e pseudo-ecumeniche che sono emanate dall’albagia e dai sussulti cadaverici dei predicatori illuminati dai lumi al lumicino”.
    E poi Vassallo, con la consueta chiarezza, dice e dimostra: “Maometto e i maomettani sono maestri di menzogna e di violenza”.
    Già, ma c’è chi ragiona e parla da cattolico e chi da democristiano. Però anche a un democristiano si può chiedere la cortesia, almeno, di tacere quando non si ha nulla di intelligente da dire. Non ci è rimasto più nulla, siamo una Nazione sulla via della rovina. Salviamo almeno la dignità.
    Piccola postilla: non ci permetteremmo mai di dare lezioni di diritto costituzionale al sig. Mattarella, il cui ultimo incarico fu proprio quello di giudice costituzionale. Poiché però si tira sempre in ballo la costituzione, allora andiamo a leggere l’art. 8, che recita: “Tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge. Le confessioni religiose diverse dalla cattolica hanno diritto di organizzarsi secondo i propri statuti, in quanto non contrastino con l’ordinamento giuridico italiano. I loro rapporti con lo Stato sono regolati per legge sulla base di intese con le relative rappresentanze”. Ergo, da parte del legislatore costituzionale si riconosceva de facto una posizione preminente alla Chiesa cattolica, i cui ordinamenti sono accettati a priori, in quanto solo per le confessioni religiose “diverse dalla cattolica” si prevede la possibilità che “contrastino con l’ordinamento giuridico italiano”.
    L?inchino all?islam di Sergio Mattarella* ?* di Paolo Deotto | Riscossa Cristiana

    Il Cardinale Scola e il dialogo a tutti i costi. Costi quel che costi
    di Paolo Deotto
    Apprendiamo dal sito della Diocesi di Milano che il 16 luglio termina il ramadan. Magari sullo stesso sito capita di non trovare gli aggiornamenti degli orari delle S. Messe nelle varie parrocchie, però sappiamo con certezza quando termina il ramadan, la qual cosa dovrebbe interessarci, al più, per dire ai musulmani: “Sappiate che comunque finché non vi convertirete alla Fede cattolica, non potrete avere la salvezza eterna”.
    Mi pare che, se abbiamo davvero a cuore la sorte degli islamici, questa sia la primissima cosa da dire, da dire a loro come a chiunque altro viva nell’errore. Infatti quale atto maggiore di carità possiamo fare nei confronti del nostro prossimo se non invitarlo alla conversione? Solo Nostro Signore Gesù Cristo è Via, Verità e Vita. Ne va della salvezza eterna. Non sono bazzecole.
    Ma sul sito della diocesi, nella pagina “IncrociNews – settimanale della Diocesi Ambrosiana” è lo stesso Arcivescovo che scrive e da quello che si legge nel suo articolo sorge spontanea una domanda: è ancora valida l’unicità della Fede cattolica o qualcosa è cambiato? In caso affermativo, sarebbe molto bello avvisare i fedeli della diocesi; forse, a nostra insaputa, da qualche tempo a questa parte per salvare l’anima basta “credere in Dio”, senza troppe pignolerie su chi sia questo “dio”.
    Mi limito ad estrarre qualche frase; ognuno può leggersi per intero l’articolo del Cardinale Scola.
    “… desideriamo esprimere la nostra vicinanza a tutta la famiglia di coloro che con sacrificio si applicano a praticare i cinque pilastri dell’Islam. Sappiamo tutti che la purezza della fede, il timore reverenziale e l’abbandono al mistero di Dio sono sempre da riconquistare: ogni giorno siamo chiamati a rinnovarci e confermarci nell’impegno intrapreso. Il prolungato digiuno che state portando a termine è occasione privilegiata per questa conversione”.
    A questo punto sarebbe lecito aspettarsi una frase di questo tipo: “il prolungato digiuno non può però servire a nulla, perché non vi siete convertiti alla Fede cattolica, senza la quale nessuno può essere salvo”.
    No, non è così. Infatti leggiamo:
    “Come cristiani accompagniamo con la solidarietà della nostra preghiera il vostro sforzo e la vostra spirituale battaglia; una preghiera che deve diventare unisono di cuori che si affidano al Misericordioso”.
    Ma scusi, Eminenza, io dovrei pregare “all’unisono” con i musulmani? Non ci capisco più nulla, tanto più che segue una frase che, francamente, mi fa l’effetto di un pugno nello stomaco:
    “Noi riflettiamo sull’esempio datoci da Gesù, nostro Signore, che ha voluto stare quaranta giorni nel deserto senza toccare cibo, ha passato notti in preghiera, per prepararsi a donare al mondo vita, parola e amore di Dio e a subire l’umiliazione del male”.
    Insomma, io rifletto sull’esempio che ci dà Nostro Signore, i musulmani fanno i loro digiuni (peraltro solo diurni) e tutti insieme preghiamo con “unisono di cuori”? Ma chi stiamo pregando, di grazia? E per caso ci ricordiamo che i musulmani negano la divinità di Nostro Signore e quindi sono eretici? Preghiamo all’unisono con gli eretici?
    Segue una commovente parte in cui si esprime l’aspirazione alla pace, visto che, questo non lo nega – grazie al Cielo – nessuno (per ora), vediamo ogni giorno dominare la violenza e in particolare vediamo tanti cristiani perseguitati.
    Che fare quindi per conquistare l’agognata pace? Ricordarsi che Dio ha tra i suoi nomi “as-Salàm” (la Pace) e quindi non può accettare come atto di culto migliaia di morti ammazzati.
    Perfetto. Resta il quesito di prima: ma di che “dio” stiamo parlando? E può forse esserci vera pace se manca la Fede nel Salvatore, Nostro Signore Gesù Cristo? E non fu proprio Lui a dire: “Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi. Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore” (Gv. 14, 27)?
    E quindi, di quale pace parla il Cardinale Scola? Di quale “dio” parla? Se veramente ha a cuore anche la sorte degli islamici, perché non li invita anzitutto alla conversione?
    Mi sto facendo io delle domande fuori luogo? Devo dedurre che se in un domani decidessi di divenire musulmano (o ebreo, o seguace di una delle mille false religioni) potrei lo stesso raggiungere la salvezza eterna, visto che ora, come cattolico, devo pregare “all’unisono” con gli islamici? Basta invertire le posizioni e in un domani come islamico, pregando “all’unisono” con i cattolici metto tutto a posto?
    No grazie. Tra le vaghe aspirazioni a una “pace” mondana e la certezza della salvezza avendo fede in Nostro Signore Gesù Cristo e osservando la Sua parola, scelgo quest’ultima.
    Il dialogo a tutti i costi, costi quel che costi, è la firma di una cambiale spropositata che, come tutte le cambiali, verrà a scadenza. E allora sarà troppo tardi per dire: “Oh, mi ero sbagliato”…
    Il Cardinale Scola e il dialogo a tutti i costi. Costi quel che costi* ?* di Paolo Deotto | Riscossa Cristiana



    Tutti gay con i soldi degli altri: le unioni omosex costeranno più dell’IMU
    di REDAZIONE
    “Oltre tre miliardi di euro; 3 miliardi e 464mila euro, per la precisione. Tanto costerebbero alle casse dello Stato le unioni gay se la proposta in discussione in questi giorni al Senato dovesse diventare legge. Troppo forse per le modeste capacità di spesa di un Paese che ha fatto segnare un nuovo record di debito pubblico proprio due giorni fa. Così, almeno, la pensano i senatori che, decisivi per la tenuta della maggioranza che sostiene il governo di Matteo Renzi, hanno chiesto di rinviare la discussione a settembre”, scrive Paolo Emilio Russo su Libero.
    La senatrice piddina Monica Cirinnà, autrice del testo, ci credeva ancora ieri mattina: «Sulle unioni gay dalla prossima settimana si potrà iniziare a votare, oggi chiederemo la calendarizzazione in Aula». Gli ex ministri Maurizio Sacconi e Carlo Giovanardi, entrambi senatori Ncd, hanno invitato però a non «affrettare» il voto su di una legge che potrebbe avere effetti importanti sulle casse dello Stato, costi finora non quantificati.
    «Le unioni civili si trasformano in un costo perché estendono alle coppie omosessuali la reversibilità delle pensioni, gli assegni famigliari», spiega Giovanardi, «e introducono nuovi oneri anche per i datori di lavoro sotto forma, per esempio, di congedi». Le Commissioni di Palazzo Madama hanno chiesto un approfondimento ai ministeri dell’Economia e della Giustizia, che sono ora impegnati a scrivere una relazione tecnica per quantificare l’impatto economico: toccherà poi al Senato trovare le coperture.
    Tutti gay con i soldi degli altri: le unioni omosex costeranno più dell'IMU - Secolo d'Italia



    Tre miliardi e mezzo di euro: il prezzo delle unioni gay
    Tre miliardi e mezzo di euro il costo delle legge Cirinnà sulle unioni gay
    di Luigi Santambrogio
    Legge a “costo zero” e senza oneri aggiuntivi. C’è anche questa tra le diverse panzane raccontate in questi giorni dagli ultras del disegno di legge Cirinnà. Lo Stato, dicono i cantastorie, non scucirà un euro in più per estendere gli stessi diritti delle famiglie alle convivenze civili e alle unioni omosex. Non credeteci, è un’altra delle loro balle.
    Certo, non quella più importante e grave, perché non inquina direttamente la battaglia su principi e valori, essendo la questione molto materiale e di ragionieristica contabilità statale. Ma anche i quattrini hanno un’anima e se per applicare una legge bisogna sferrare una mazzata sulle già deboli casse pubbliche, beh le conseguenze non sono acqua fresca. Quasi tre miliardi e mezzo di euro: questo il costo stimato della legge Cirinnà, mica spiccioli. Denaro che il governo dovrebbe reperire chissà dove per dare una copertura al provvedimento, magari tagliando sulle altre voci di beni e servizi di primaria importanza.
    Un calcolo fondato sulla ragione che le unioni civili estendono alle coppie omosessuali la reversibilità delle pensioni, gli assegni famigliari e introducono nuovi oneri anche per i datori di lavoro sotto forma, per esempio, di congedi. Per questo, le Commissioni di Palazzo Madama hanno girato la scivolosa palla ai ministeri dell’Economia e della Giustizia: saranno loro a quantificare esattamente l’impatto economico e ne informeranno il Senato che dovrà poi le necessarie coperture finanziarie. I senatori dell’Ncd sono certi che alla fine la cifra sarà quella da loro indicata: 3 miliardi e 464 mila euro, calcolata sulla popolazione gay in Italia censita dall’Istat nel 2011: circa un milione di autodichiaratosi omosessuali. E poiché la pensione media di reversibilità si aggira sulle 533 euro al mese, ha scritto il quotidiano Libero, facile calcolare il costo finale della Cirinnà. Moltiplicando la reversibilità media mensile per 13 e questo dato per 500 mila, cioè la metà della popolazione omosessuale italiana ufficiale, si arriva, quando la legge sarà a regime a quasi 3 miliardi e mezzo. Quattrini pari a quelli sborsati per l’Imu sulla prima casa e al valore di un punto di Iva. Tanti, certamente troppi per un bilancio dello Stato e che ha fatto segnare qualche giorno fa un nuovo record di debito pubblico.
    Dunque, anche dal punto di vista economico e delle risorse finanziarie, la posta in gioco è molto alta, senza contare poi che vista la bella sommetta in ballo, le legge potrebbe incentivare il ricorso ad abusi, truffe e matrimoni di comodo. Distorsione di denaro pubblico che, non c’è bisogno di dirlo, andrà a danno di tutti i contribuenti.
    Ecco, questo e altro costerebbe il piano di demolizione famigliare della Cirinnà, in ossequio alle pretese di una lobby gay minoritaria, ma potente. Un’ultima speranza: se l’appello alla difesa della Costituzione e ai principi non negoziabili risultassero a certe forze politiche ancora non ancora sufficiente a fermare la sciagurata legge, almeno lo facciano per bloccare lo scippo di quei tre miliardi e mezzo di euro pronti per essere sfilati dalle nostre tasche.
    Tre miliardi e mezzo di euro: è il prezzo delle unioni gay



    In Svizzera esemplare vittoria dell'iniziativa popolare
    Una bella notizia dalla Svizzera.
    Era stata lanciata un'iniziativa popolare intitolata "Protezione dalla sessualizzazione nella scuola dell'infanzia e nella scuola elementare" a causa dei tristemente noti fatti del canton Basilea in cui in un programma-pilota i bambini di età prescolare erano stati obbligati a seguire corsi assurdi di "educazione" sessuale in stile pornografico con i famigerati "sex-box", scatole contenenti materiale didattico tra cui modelli di organi sessuali in legno e in peluche con cui essi dovevano fare esercizi di manipolazione e copulazione.
    I genitori non avevano alcuna voce in capitolo e alcuna facoltà di reclamo, al punto che alcuni si erano visti costretti addirittura a cambiare cantone di domicilio per non dover sottomettersi a questa palese lesione dei diritti fondamentali della persona, nella persona del bambino defraudato della sua innocenza e nella persona del genitore defraudato del diritto all'educazione della prole.
    Il progetto avrebbe dovuto estendersi a tutta la Svizzera sull'onda lunga del programma "educativo" stabilito mondialmente dall'OMS. Il lancio dell'iniziativa popolare ha però già avuto il suo effetto, al punto che ora i promotori, visti i risultati soddisfacenti già ottenuti, si sono decisi di ritirare l'iniziativa con la conseguenza che il popolo non sarà chiamato a votare sull'argomento.
    Però non illudiamoci, l'avversario sicuramente sta già studiando la prossima mossa barbina, perché è una lotta globale. Anche se in Svizzera abbiamo giocato la pedina giusta, la partita a scacchi continua e sarà dura. Chi vincerà? Saremo sconfitti da forze immani ma in fondo in fondo quando tutto sarà perso sappiamo che... Non praevalebunt.
    Chiesa e post concilio: In Svizzera esemplare vittoria dell'iniziativa popolare




    Il decalogo del Family day per aiutare i genitori alle prese con il gender a scuola
    Massimo Gandolfini
    Pubblichiamo i dieci consigli del “family day” permanente per aiutare i genitori alle prese con i tentativi di introdurre la teoria del gender nelle scuole dei propri figli.
    Consigli operativi concreti per contrastare l’introduzione dell’ideologia gender nell’insegnamento scolastico. Come agire e che cosa fare:
    1. Ogni genitore deve vigilare con grande attenzione sui programmi di insegnamento adottati nella scuola del proprio figlio.
    2. In particolare, va attentamente letto e studiato uno strumento denominato “Pof” (piano offerta formativa). In esso devono essere elencate chiaramente tutte le attività d’insegnamento che la scuola intende adottare (attenzione: in alcuni casi il Pof è annuale, in altri triennale!).
    3. I genitori devono utilizzare lo strumento del “consenso informato”: devono, cioè, dichiarare per scritto se autorizzano, oppure no, la partecipazione del proprio figlio ad un determinato insegnamento. Il consenso va consegnato in segreteria e protocollato (obbligo di legge).
    4. A questo punto, si deve avere ben chiaro che gli insegnamenti scolastici sono di due “tipi”:
    • insegnamenti curriculari, cioè obbligatori (ad esempio: italiano; matematica, ecc..);
    • insegnamenti extracurriculari, cioè facoltativi, dai quali è lecito ritirare il figlio.
    5. Nel caso di insegnamenti curriculari (ad esempio, insegnamento delicato a scienze naturali, con nozioni sul corpo umano e sue funzioni, compresa la funzione riproduttiva), si raccomanda che i genitori vigilino con grande attenzione, intervenendo sul singolo insegnante e/o sul dirigente scolastico, qualora si scorgano impostazioni in contrasto con i propri valori morali e sociali di riferimento. Come sempre, più genitori si associano, maggiore è la forza di contrasto.
    6. Ad oggi, l’insegnamento “gender” è possibile soprattutto nei programmi di educazione all’affettività e alla sessualità, oppure nei percorsi di “contrasto al bullismo e alla discriminazione di genere”. Sono insegnamenti extracurriculari ed à soprattutto a questi che si deve prestare speciale e massima attenzione.
    7. Il consenso/dissenso deve essere formulato per ciascun singolo percorso/progetto/insegnamento (non deve essere generico), va depositato in segreteria e deve essere protocollato (obbligo di legge).
    8. Il genitore ha il diritto di chiedere tutti i chiarimenti che vuole, coinvolgendo ogni istituzione scolastica, ad ogni livello: Consiglio di classe, Consiglio di istituto, Consiglio dei professori, dirigente scolastico/preside.
    9. Si raccomanda di informare e coinvolgere le associazioni dei genitori:
    Age (segreteria.nazionale@age.it).
    10. L’articolo 30 della Costituzione italiana e l’articolo 26 della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo sanciscono il diritto dei genitori all’educazione ed istruzione dei figli: ogni genitore ha grande potere decisionale e – cercando di aggregare altre famiglie – la possibilità d’intervento sugli organismi scolastici diventa tanto più forte e positiva, soprattutto se sostenuta da un’associazione genitori accreditata (Age, Agesc).
    Un forte appello a tutti i genitori affinché si sentano protagonisti diretti, offrendosi come “rappresentanti di classe” ed entrando a far parte dei “Consigli di istituto”.
    Gender a scuola, il decalogo del Family day | Tempi.it


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    Predefinito Re: Le radici cristiane dell'Occidente

    Difesa sperticata di Donald Trump
    di Stefano Magni
    Donald Trump sia gettato nella spazzatura della storia, ancora prima che la sua storia cominci. È questa l’intenzione del noto quotidiano online Huffington Post, che lo enuncia nell’articolo “You’re fired” (sei stato licenziato). Trump è candidato per le elezioni primarie del Partito Repubblicano e inizierà nel 2016 la sua corsa alla nomination. Ma tutte le notizie che lo riguarderanno saranno relegate nella sezione “spettacoli” dell’Huffington. E il noto ex blog progressista fondato da Arianna Huffington mira a far scuola, ad essere imitato dal resto della stampa che conta. È molto probabile che, l’anno prossimo, verrà “licenziato” dall’elettorato americano, anche se ora promette bene con un discreto 18% di consensi, secondo una media dei sondaggi nazionali. Alcuni rilevamenti lo danno addirittura in testa rispetto a Jeb Bush e al governatore del Wisconsin Scott Walker. Insomma, pubblico ne ha e pure elettori e questo imprenditore ha tutto il diritto di mettersi in gioco anche in politica.
    L’odio per Trump si spiega, nei mesi recenti, con le sue sparate razzistoidi, non solo contro l’immigrazione clandestina, ma anche contro il Messico in seguito del trionfo agli Oscar del regista Inarritu (per il suo “Birdman”). Ma molti americani sono esasperati dall’immigrazione clandestina, esattamente quanto lo sono adesso gli italiani. E il fenomeno migratorio dal Messico agli Usa è infinitamente maggiore, addirittura fuori scala rispetto all’Italia: si parla di più di 10 milioni di persone immigrate ogni anno. Trump, in modo brusco e provocatorio dà la voce a milioni di americani conservatori che vivono la frontiera sulla loro pelle.
    Quanto a Inarritu: possiamo dire che se lo merita? Se c’è un regista razzista, nel panorama cinematografico contemporaneo, questi è proprio Inarritu, col suo esasperato terzomondismo ideologico in cui tutti i bianchi nordamericani sono isterici, decadenti e impotenti, mentre solo messicani, arabi e africani ridanno speranza all’umanità. La sua ennesima opera sul mondo americano (del cinema, questa volta), fatto da bianchi deboli, decadenti e suicidi, il tutto girato con un unico piano sequenza da voltastomaco, ha avuto finalmente la sua giusta ricompensa nelle parole di Trump, che era indignato per il trattamento riservato ad American Sniper. Trump può non piacere, ma rappresenta una parte di opinione pubblica.
    Perché mai dovrebbe essere cancellato? Perché rappresenta tutto ciò che per la sinistra benpensante, sia europea che americana, deve essere bandito. Trump, con il suo The Apprentice e battezzando “Trump Tower” i suoi grattacieli, ridà importanza al suo nome di imprenditore, si vanta di fare soldi, si ritiene un modello di vita, non un immorale che deve redimersi con opere di filantropia. L’anno scorso si è persino scontrato con il sindaco di Chicago (l’ex consigliere di Obama, Rahm Emanuel) che voleva rimuovere il suo nome dal grattacielo in centro a Chicago. Ma la grande scritta “Trump” campeggia ancora nell skyline. In un mondo in cui i vari Bill Gates e Mark Zuckerberg paiono vergognarsi del loro status di imprenditori, in cui la povertà è cool e la ricchezza se c’è va nascosta, Trump è un alieno. Per questo va censurato, delegittimato, deriso, nascosto in mezzo ai clown, una tattica che ricorda paurosamente da vicino quel che i sovietici riservavano ai loro nemici politici.
    Difesa sperticata di Donald Trump | L'intraprendente

    Miriano: "C'è l'Onu che elargisce aiuti ai Paesi poveri per sì all'aborto e teoria del gender, ma c'è chi resiste"
    di Marco Guerra
    “Lezione di civiltà all’occidente che ha perso il contatto con la realtà”. Così Costanza Miriano, giornalista Rai, ha commentato su IntelligoNews il voto contrario dei Paesi europei – Italia compresa – ad una risoluzione Onu, passata a maggioranza, che difende la famiglia “come elemento naturale della società” e i diritti e il benessere dei bambini. Le ragioni del voto contrario sono legate al fatto che nella risoluzione non si faceva riferimento alle altre "opzioni di famiglia"...
    Allora siamo alle solite, l’Europa e i Paesi occidentali hanno problemi perfino a riconoscere il valore della famiglia?
    “Con un voto a maggioranza, si sono fatti sentire i Paesi fuori dal blocco occidentale, sul cui voto hanno influito le lobby del pensiero debole del politicamente corretto. Sono convinta infatti che anche nei Paesi europei e nord-americani la maggioranza della popolazione ritenga fondamentale la difesa della famiglia naturale per la crescita sana di ogni individuo, basta vedere le reazioni di sdegno alla foto – che ha fatto il giro del mondo – della coppia di due omosessuali che abbracciano un neonato immediatamente dopo il parto”.
    In effetti la foto è stata presentata da tutti i media come una sorta di conquista del progresso, ma leggendo i commenti postati dalla gente si è visto come il pensiero fosse totalmente di segno opposto. Assistiamo alla propaganda delle lobby?
    “Hanno un modo molto violento e aggressivo di sostenere le loro tesi, poiché non si può fare altrimenti se si va contro l’evidenza dei fatti. Quindi per andare contro la realtà della natura bisogna togliere la libertà di parola con la legge Scalfarotto e lavorare in ogni modo contro la verità che dice che una vita è generata da un uomo e da una donna. Così come è evidente che un bambino cresce in un ambiente più sano se può godere dell’unione stabile di un padre e di una madre. Quella foto in realtà è l’emblema di tanti drammi personali: in primis quello di un bambino che non sarà mai allattato dalla madre e quello di una donna che per motivi economici ha prestato il proprio utero ad una gravidanza surrogata”.
    In occidente però si registra l’eccezione della Russia…
    “Meno male che c’è Putin! Il presidente russo contrasta decisamente le lobby gay”.
    Perché i media garantiscono il massimo sforzo in favore delle battaglie degli omosessuali?
    “Le lobby hanno tanto potere nelle direzioni delle testate giornalistiche. Alcuni colleghi appartengono a questi apparati etero-diretti e altri, invece, sono semplicemente troppo pigri per opporsi al pensiero unico dominante. Quindi un giornalista che fa un pezzo sul gay pride inevitabilmente finisce per parlare in favore dei cosiddetti diritti civili rivendicati dai gay”.
    Tornando alla fattispecie del voto all’Onu, possiamo affermare che malgrado tutte le contraddizioni e difficoltà che vivono i Paesi hanno mostrato una certa fermezza in tema di valori non negoziabili…
    “Un cardinale di ritorno dal Burkina Faso mi ha raccontato che l’Onu in cambio dell’elargizione di aiuti economici spesso cerca d’imporre a vari Paesi l'aborto e l'ideologia del gender. Tuttavia la maggioranza sembra resistere a queste spinte”.
    Miriano: "C'è l'Onu che elargisce aiuti ai Paesi poveri per sì all'aborto e teoria del gender, ma c'è chi resiste" - IntelligoNews - quotidiano indipendente di informazione

    Il "buonismo" di certi cattolici e i due pericoli mortali
    di Giuseppe Zola
    Caro direttore,
    in questi giorni sto leggendo Belli e dannati, con cui Scott Fitzgerald profetizzava, nel 1922, l’avvento dei tragici tempi del non senso e, parallelamente, alcuni saggi del grandissimo Chesterton, che ha previsto, con 80-90 anni di anticipo, dove ci avrebbe portato il pensiero dell’uomo moderno dopo aver fatto fuori Dio dal proprio contesto esistenziale. Ma mentre il primo non vedeva vie d’uscita, G.K.C. era tanto pungente e spietato nell’analisi degli errori della mentalità odierna quanto lasciava e lascia il lettore pieno di certezze, perché il disegno di Dio è più grande delle nostre diaboliche ideologie.
    In uno degli articoli di Chesterton, scritto nel 1936, pochi mesi prima della morte, si legge un giudizio (dato a proposito del pacifismo, ma vale per tutto) che sembra totalmente applicabile ai nostri tempi: «Vi è una strampalata ipotesi che oggi si va consolidando nella mente di molti e che non ha nulla a che vedere con il concetto filosofico del pacifismo…. É l’idea che la mancanza di lotta in quanto tale impedirebbe ad altri di combattere o di impadronirsi, senza colpo ferire, di quanto essi volessero». E, più avanti G.K.C. ribadisce: gli uomini «sembrano essersi messi in capo la strana idea che in tutte le circostanze immaginabili potrebbero conservare tutte le proprie cose esclusivamente e unicamente rifiutando di difenderle. Sembra persino che sarebbero capaci di metter fine… a tutto il regno della violenza e dell’orgoglio semplicemente non facendo nulla. Ma sarà bene per tutti se tutti abbandoneranno tale illusione». Mi pare che le parole appena citate rispecchino fedelmente ciò che sta accadendo nel mondo occidentale e in gran parte del mondo cattolico. Faccio alcuni esempi.
    É notizia di ieri che in un piccolo paesotto non lontano da Madrid il sindaco socialista ha fatto abbattere una innocente via crucis che collegava la periferia del paese ad un piccolo santuario. La motivazione addotta dalla sindachessa è stata la seguente: «la via crucis rappresenta una mancanza di rispetto per quei residenti che non professano alcuna religione o che professano la religione islamica». Questa stupefacente motivazione avviene negli stessi giorni in cui gli islamici dell’Isis stanno progredendo nella loro invasione con stragi di ogni tipo, negli stessi giorni in cui persino Charlie Hebdo annuncia che non pubblicherà più vignette di Maometto, negli stessi giorni in cui terroristi islamici rapiscono 3 giornalisti spagnoli (chissà se la sindachessa si è sentita offesa) negli stessi giorni in cui gli islamici rapiscono 4 lavoratori italiani. Cioè, mentre l’occidente è sotto attacco dell’Isis, che si trova ormai a poche centinaia di chilometri da Italia e Spagna, una sindachessa (socialista) di un piccolo paese spagnolo si fa scrupolo di non offendere questi sensibilissimi islamici con innocue stazioni di una via crucis. La stupidità denunciata da Chesterton si è concretizzata.
    Nel mondo cattolico questa ingenua mentalità viene ammantata da una sorta di “buonismo”, che non ha nulla a che fare con quanto predicato nel Vangelo, che ci ordina di essere candidi come colombe, ma anche furbi come serpenti. Questo buonismo giunge a dire che occorre solo la testimonianza e non la lotta, come se anche la lotta in nome di Cristo non fosse una forma di testimonianza e come se la testimonianza non esigesse quasi sempre una lotta, almeno con se stessi. Il popolo cristiano ha bisogno di essere esortato e consolato, ma ha anche bisogno di essere difeso quando occorre, come fecero tanti grandi Papi e tanti Santi. Ho pensato che senza il sangue versato da tanti nostri fratelli a Lepanto ed a Vienna, da secoli non potremmo più testimoniare liberamente il fatto di Cristo. É vero che anche nei gulag santi cristiani hanno testimoniato Cristo, ma sarebbe stupido non evitare i gulag fin quando è possibile. Ed ho pensato anche che se l’Occidente non ferma l’Isis probabilmente è perché qualcuno vuole che sia così, tanto a nessuno importa più dei cristiani. Tanto meno a certi sindaci spagnoli (e italiani).
    La verità è che siamo circondati da due pericoli mortali, di fronte ai quali non possiamo “fare niente” e, soprattutto, dobbiamo “difenderci” per la responsabilità che abbiamo verso noi stessi e verso i nostri figli e nipoti. Ad Ovest c’è il pericolo “gender”, che stravolge l’antropologia come voluta dal dato dell’esistenza e che rischia di rovinare intere generazioni. Ad Est avanza il pericolo islam (dobbiamo avere il coraggio di dargli questo nome), che minaccia di annientarci sia culturalmente sia fisicamente. Cosa aspettiamo a dare retta alle sagge parole di Chesterton?
    Il "buonismo" di certi cattolici e i due pericoli mortali

    Un caso qualunque
    Pubblicato da Berlicche
    L’avvocato aveva i capelli grigi, la giacca grigia e il colorito in tono. Sapeva che qualcuno dei nuovi lo chiamava così: Il Griso. Non gliene importava. Ogni presa in giro era fatta scontare in anticipo.
    Guardò con un sorrisetto cinico il praticante in giacca e cravatta seduto sull’orlo della sedia. Poveretto. Ne era passata di acqua sotto i ponti da quando si era trovato al suo posto.
    “Avvicinati, DeGiorgi. Cominciamo ad esaminare i casi di oggi. Cosa abbiamo qui?”
    Mentre il giovincello riposizionava la sua sedia, aprì la prima pratica. Ne lesse le prime righe.
    “Interessante. 19 componenti di una squadra di calcio maschile, tutti eterosessuali, ma non è che importi, hanno contratto matrimonio tra di loro.”
    Guardò il giovane al di sopra degli occhiali. “Presumo che tu sia al corrente della nuova giurisprudenza sulle unioni, vero, dopo le recenti sentenze della consulta? Specie quelle relative ai matrimoni plurimi…”
    “Sì..sissignore” rispose il praticante.
    “Bene! E cosa ne pensi?”
    L’avvocatino deglutì. Cosa doveva dire per non indisporre il Grande Capo? Meglio stare sul sicuro. “Dopo la redifinizione del matrimonio come diritto a prescindere dalla composizione dei contraenti era ovvio che giuridicamente questo potesse e dovesse essere esteso al caso di molteplicità sia dalla parte femminile che…”
    “Ah-ah! Obiezione! Non esiste più una parte femminile o una maschile! Fai bene attenzione quando parli, DeGiorgi, perché è su queste cose si decide una causa oggi. Basta che il giudice oda una parolina di troppo e tu e il tuo cliente siete trombati, per solido che sia il tuo caso.”
    “Vuol dire che il caso non viene esaminato, ma…”
    “Avanti, avanti, su questo discuteremo dopo. Torniamo a noi. Allora, uno di questi calciatori ha avuto un incidente ed è morto. C’è un’assicurazione con un premio ingente. La vedova…”
    “Vedova, signore?”
    “Vedova, sì, vedova. Questo era già sposato. Che c’è di strano? Aveva anche due figli. La vedova, dicevo, vorrebbe avere l’assicurazione tutta intera, ma gli altri membri del matrimonio multiplo non sono d’accordo in quanto sostengono che l’assicurazione era stata fatta all’interno del loro nucleo familiare, e che il defunto tornava raramente a casa da quando sua moglie si era sposata.”
    “Sposata?”
    “Sì, con la sua migliore amica, per consentirle di adottare il figlio che aveva concepito con il defunto tramite inseminazione e utero in affitto.”
    “Ah.”
    “Naturalmente quest’altra signora reclama a sua volta una fetta dell’assicurazione a nome del figlio naturale ed in virtù del suo matrimonio con la vedova.”
    “E…ne ha diritto?”
    “Potrebbe, dato che – cretini – non hanno firmato i documenti per l’esclusione del padre organico. Forse per il fatto che lui era comunque sposato con la di lei moglie.”
    “E la madre naturale?”
    “Quella? Nessuna importanza, l’hanno già pagata e via. Non si distragga, DeGiorgi, badi alle cose importanti.”
    “Sissignore”
    “Il caso si presenta abbastanza complesso, anche perché alcuni componenti del matrimonio di squadra avevano fatto istanza di divorzio istantaneo dopo la cessione ad altro team calcistico. Qui occorre acquisire con certezza tutte le tempistiche dei vari matrimoni e separazioni.”
    “Sissignore” ripetè ancora l’avvocatino, scrivendo furiosamente sul tablet.
    “Noi in questo caso rappresentiamo i diciotto vedovi. Per prima cosa faremo domanda per l’affidamento dei figli della vedova, in quanto erano figli del defunto a loro coniugato…”
    “Ma…c’è possibilità che effettivamente…”
    “Scarse, ma ci sono. Almeno l’affidamento condiviso, un giorno a testa per ciascuno, che diviso diciannove o venti fa…”
    “Poveri bambini!”
    “DeGiorgi, che c’entrano i bambini?”
    “Scusi, signore.”
    “…e poi, naturalmente, tireremo fuori la poliamorifobia e l’omofobia latente della donna, per non parlare del fatto che il suo comportamento aveva determinato l’abbandono eccetera, eccetera. DeGiorgi, per stasera mi faccia trovare una bozza.”
    “Signore, ma pensavo: e l’amore?”
    “Non mi deluda, DeGiorgi. L’amore non c’entra niente con il matrimonio, né ora né prima. Non si lasci infinocchiare dai politici. Non c’è nessuna legge che lo possa certificare, quindi per noi non esiste. Il casino attuale c’è perché qualcuno ha fatto credere che fosse indispensabile per potersi sposare con chi pareva; il risultato è che ci si sposa con chiunque per qualunque motivo.”
    “Signore, questo caso mi sembra orribilmente complesso ed intricato. Rischia di trascinarsi per anni! Ma non sente la nostalgia di quando i casi erano semplici, quando c’era solo una moglie e un marito?”
    “Io?” Il Griso si fregò le mani. “Ma stai scherzando?”
    https://berlicche.wordpress.com/2015...aso-qualunque/

    Le unioni civili ci costeranno quasi 10 milioni in due anni
    Il Mef fa i conti in tasca al decreto Cirinnà.
    Chiara Sarra
    Le unioni civili? Ci costerebbero quasi 10 milioni in due anni. A fare i conti in tasca al ddl Cirinnà è il Ministero di Economia e Finanze.
    "Gli oneri delle unioni civili per le finanze pubbliche sono di 3,5 milioni in 2016 e 6,0 milioni in 2017", scrive in un tweet il ministero di Pier Carlo Padoan.
    Più in generale, secondo la relazione del Mef, gli oneri vanno dai 3,7 milioni nel 2016 ai 22,7 milioni nel 2025 tra "minor gettito Irpef per le detrazioni fiscali, maggiori prestazioni per assegni al nucleo familiari, maggiori prestazioni pensionistiche di reversibilità".
    Le unioni civili ci costeranno quasi 10 milioni in due anni - IlGiornale.it

    «Naufraga l’accelerazione Pd sulle unioni civili». Il problema? Rischiano di scassare i conti pubblici
    Redazione
    La forzatura dei tempi di esame del ddl Cirinnà ostacolata dall’attesa della relazione sui costi. Tema che preoccupa anche un liberale libertario come Giannino
    Ieri il capogruppo dei senatori del Pd Luigi Zanda è riuscito a ottenere dal presidente del Senato Piero Grasso che il ddl Cirinnà sulle unioni civili fosse inserito nel calendario delle sedute di Palazzo Madama entro la prima settimana di agosto, e cioè prima della pausa estiva, non dopo, come speravano i contrari al provvedimento. La decisione di Grasso, che ha molto soddisfatto la stessa Cirinnà, è arrivata, ricorda Avvenire, «in seguito alle prese di posizione del ministro per le Riforme Boschi e del suo sottosegretario Scalfarotto che incalzano sul pronunciamento della Corte europea per riconoscere i diritti alle coppie omosessuali». Un «tentativo di sprint» a cui si è per altro unita anche la presidente della Camera Laura Boldrini, che sempre ieri ha detto: «Sulle unioni civili il tempo è scaduto. Il Parlamento non può tralasciare» l’argomento «o metterlo in secondo piano».
    LA CLAUSOLA. C’è però un problema che rischia seriamente di frustrare gli entusiasmi dei sostenitori della legge. La conferenza dei capigruppo del Senato aveva stabilito che il ddl Cirinnà avrebbe potuto essere esaminato dall’Aula entro la prima settimana di agosto, sì, ma a una condizione: che fosse «concluso l’esame in commissione». Peccato che – ricorda il presidente della commissione Lavoro Maurizio Sacconi, di Alleanza popolare – «la commissione non ha nemmeno iniziato l’esame ed il voto dei singoli emendamenti», che sono circa 1500. Ma soprattutto, continua Sacconi, «il provvedimento non ha ancora il necessario e complesso parere della commissione Bilancio mancando perfino la relazione tecnica del governo».
    ABBIAMO UN PROBLEMA. Insomma, sintetizza efficacemente Repubblica, «l’accelerazione annunciata le scorse settimane dal Partito democratico sulle unioni civili sembra naufragata in attesa di un documento del governo». Che però non è «un documento» a caso: si tratta infatti della valutazione da parte del ministero delle Finanze del potenziale impatto economico del ddl Cirinnà sulle casse dello Stato, ovvero sulle tasche dei contribuenti. Nei giorni scorsi tempi.it ha già fatto notare che non è un problema da poco, visto, per esempio, che si ipotizza di estendere ai componenti delle unioni civili anche il diritto alla reversibilità della pensione. Comunque, a chi come i grillini e Sel accusano il governo e la sua componente centrista di accampare giustificazioni futili al solo scopo di «temporaggiare», sottoponiamo un brano dall’interessante commento di Oscar Giannino (non certo un cattolico “omofobo” ma un noto liberale e libertario) apparso ieri sul Messaggero sotto il titolo “Il prezzo alto dei matrimoni non matrimoni”.
    «Già mi è capitato di scrivere in presenza del divorzio express, che per conseguenza occorreva rivedere tutte le norme previste in precedenza per esempio sulle pensioni di reversibilità ai superstiti, ammontate nel 2014 alla bellezza di circa 38 miliardi di euro. A oggi, al trattamento di reversibilità è ammesso il congiunto di un familiare scomparso che abbia maturato 15 anni di contributi o anche solo cinque anni, almeno tre dei quali, però, nel quinquennio precedente la data della morte. E anche se lo scomparso era titolare di un assegno di invalidità. E, in percentuali diverse, la pensione di reversibilità è ammessa per il coniuge, in sua mancanza a figli e nipoti, e via via, a determinate condizioni, anche ai genitori del defunto. Per il coniuge, il trattamento va oggi anche al superstite separato, se riceveva l’assegno alimentare. E a quello divorziato, se riscuoteva l’assegno divorzile e non si è risposato. Se si era risposato il defunto, la reversibilità si divide tra secondo coniuge dello scomparso e precedente coniuge non risposato. E se vi risposate dopo aver incassato la reversibilità, allora perderete il diritto ma in cambio di un assegno finale una tantum pari a due anni di trattamento. Che vogliamo fare, estendere tali norme alle nuovi unioni una volta che ne prevediamo esistenza e tutela nell’ordinamento? Sommiamo alla reversibilità il diritto ai servizi sociali, alla sanità attraverso contributi individuali a copertura estesa ai componenti il nucleo riconosciuto, alle graduatorie per l’edilizia popolare e ai nidi e scuole materne? Si prevederà l’estensione dell’Isee a unioni civili e convivenze anche meno forti? Un paese che da metà anni Settanta, per una sentenza della Corte costituzionale, ha abolito la famiglia naturale come unità di riferimento fiscale lasciando il contribuente individuale come unico soggetto d’imposta, farà convivere tale demenziale impostazione con un’estensione orizzontale e verticale di diritti economici incardinati su unioni diverse, ciascuna definita dallo Stato entro rigidi confini? A me sembrerebbe quanto meno molto discutibile».
    Unioni civili. Quanto ci costa il ddl Cirinnà? | Tempi.it

    Carlo taormina alla Zanzara: "Riconosco un frocio dai movimenti, come i delinquenti"
    Taormina alla Zanzara: "I gay sono difettati, nascono con un difetto fisico". E attacca: "Mi danno fastidio fisico"
    Sergio Rame
    "I froci mi danno fastidio fisico. Ne ho diritto". Carlo Taormina torna all'attacco. E lo fa dai microfoni della Zanzara. "Li riconosco, i froci - dice - fanno dei movimenti, delle mosse, delle mossette. Ormai li riconosco. Per esempio il movimento delle mani, il modo di camminare, tante cose. Li pizzico subito, come i delinquenti. Li riconosco subito. E normalmente non sbaglio".
    Dopo la condanna subita per discriminazione, Taormina torna a parlare di omosessuali. E lo fa scagliandosi contro la sentenza della Corte di Strasburgo che ieri ha condannato l’Italia sul mancato riconoscimento delle unioni civili. "L’Europa ha rotto i coglioni – tuona - vogliono sostituire la normalità e imporre un modello di vita. La coppia gay non è una cosa naturale". E incalza: "I gay nascono con un difetto fisico, sono difettati. D’altra parte il 99% delle persone nascono eterosessuali, questo è un fatto. Io la penso così e non mi devono rompere il cazzo con le porcate dei gay pride".
    "Basta che facciano i loro comodi per conto loro – continua Taormina - senza rompere i coglioni con le manifestazioni che fanno ribrezzo. Ci sono persone col culo di fuori, sono cose ignobili, inaccettabili. Perché il culo di fuori non lo mette a casa sua e ci fa quello che vuole? Perché devo subire il culo in mezzo a una piazza?". Lo stesso discorso, però, non vale se si tratta di una donna: "Il culo di una donna va bene e quello di un frocio no, in piazza. È evidente, è chiaro".
    Carlo Taormina alla Zanzara: "Riconosco un frocio dai movimenti, come i delinquenti" - IlGiornale.it


    Russia: orario lavorativo agevolato per le donne
    Cosi la Russia cerca di dare un altro aiuto alle famiglie
    Le autorità russe intendono proporre una riforma del lavoro femminile, che prevede la diminuzione dell’orario di lavoro nei venerdì per le impiegate. Vladimir Slepak, capo della Commissione consultiva sulle politiche sociali, parlando al Moscow Times ha dichiarato che «oggi le donne – specialmente quelle con famiglie numerose – hanno bisogno di più tempo per provvedere alla buona educazione dei figli e per dedicarsi ai problemi domestici. Per di più in tempo di crisi, coi prezzi del cibo in aumento etc.».
    A queste parole hanno fatto eco quelle di Vladimir Ryazansky, capo della Commissione del consiglio federale sulle politiche sociali: «Non c’è neanche bisogno di dire che un calendario di lavoro intenso è difficile da affrontare per una donna. Un calendario più flessibile sarebbe quindi del tutto appropriato».
    La proposta è arrivata dopo che ai primi di maggio i governatori della regione di Kemerovo e della Buriazia hanno approvato la riduzione delle ore di lavoro del venerdì per le donne nel settore pubblico. Slepak ha detto di voler ora presentare la proposta alla alle camere del parlamento russo – la Duma e il Consiglio federale – perché «le famiglie hanno bisogno di sostegno».
    Russia: orario lavorativo agevolato per le donne | Azione Tradizionale



    Putin e il mondo alla rovescia
    di Massimo Viglione
    Oggi, mentre la Russia non è più quella del 1917, la Francia, sotto sotto, è sempre la Francia del 1789 e del 1793, con la sua ghigliottina, il suo odio, il suo terrore, la sua follia, con il Robespierre di turno. E gli USA, di contro, sono peggio di tutto quello che sono mai stati nel passato. Del resto, come la Gran Bretagna, come la Germania. E come l’Italia…
    di Massimo Viglione
    Viviamo giorni terribili: non solo per quanto riguarda la distruzione economica degli italiani, delle loro famiglie e della loro produttività; non solo per quanto riguarda il disastro di ciò che rimane della fallimentare Repubblica Italiana fondata sulla mancanza di lavoro, sulla partitocrazia e sulla corruzione; quanto anzitutto dal punto di vista morale, della morale collettiva nazionale e internazionale.
    Non può più sfuggire a nessuno ormai il fatto che da anni – ma negli ultimi mesi con un crescendo impressionante – sta progressivamente imponendosi, anche negli ambienti dove meno questo dovrebbe accadere, una cultura “gay-friendly” per usare un eufemismo ormai fuori luogo, in quanto trattasi di vero e proprio totalitarismo omosessualista. Ovunque, in ogni parte dell’Occidente, ormai, il salto di qualità è devastante: i giorni in cui ci scandalizzavamo del “gay-pride” sono lontani: oggi gli omosessualisti hanno raggiunto ben altri obbiettivi, con i loro “innocui” gay-pride, “giustificati” anche in ambienti cattolici e di destra come ragazzate pittoresche, con le quali intanto hanno ottenuto quasi ovunque i “diritti civili” del “matrimonio” con relativo affidamento di bambini. Non basta: chi protesta è picchiato dalla polizia o perseguito legalmente all’estero, e anche in Italia come sappiamo il progetto è quello della persecuzione legale istituzionalizzata.
    Quella che un tempo era la Cristianità occidentale, Paese dopo Paese, sta cadendo nella follia della sovversione legalizzata dell’ordine naturale, nel rinnegamento della famiglia fondata sul matrimonio fra uomo e donna, l’unico prolifico e l’unico legittimo matrimonio, nell’adulazione del politicamente corretto che ci sta portando a ciò che mai e poi mai, in nessun luogo e in nessun tempo, era avvenuto. Verrebbe da dire: eccetto Sodoma e Gomorra, che rimasero vittime eterne per l’appunto del loro imperdonabile peccato contro natura. Ma non è neanche vero: i sodomiti e i gomorriti, infatti, praticavano quel peccato… ma non vantavano diritti. Né chiedevano bambini in adozione. Inoltre, non erano figli di una civiltà cristiana precedente. E, ancora, non avevano tutto il mondo della cultura, dei media, dello spettacolo, del web, dello sport ecc. dalla loro parte come un martellamento incessante operato su ogni creatura di Dio.
    Pertanto, quanto sta avvenendo oggi è di gran lunga peggiore di quanto avveniva nelle due città prima della loro distruzione divina tramite il fuoco purificatore.
    I governanti dell’Occidente, accecati dell’ideologia o accecati dalla ignavia o dalla distrazione dei propri tornaconti personali, si stanno rendendo complici della devastazione morale che ci attende e ancor più attende i nostri figli, se la rotta non viene cambiata in tempo. Chi lo fa (o lo ha fatto) per ideologia è facilmente riconoscibile, che si chiami Obama, Hollande, Kirchner, Zapatero, Cameron, ecc. Chi lo fa per non andare contro corrente e non intralciare i propri interessi sta soprattutto in Italia e in alcuni altri Paesi. E, come sappiamo, non è più questione di “destra” “centro” e “sinistra”, che ormai sono identici o quasi: non dimentichiamo quanti amministratori del centro-destra, a partire da Roma, hanno finanziato i gay-village et similia.
    Ora, perfino cardinali, ecclesiastici e teologi cialtroni e traditori con incarichi di rilievo avallano pubblicamente i “diritti civili” (senza dire però quali sarebbero questi diritti, ovviamente) degli omosessuali, dando così ancor più certezza su quello che ormai tutti sanno, ovvero sull’esistenza di una lobby omosessualista interna alla Chiesa stessa. E perfino uomini leader di riferimento di associazioni o riviste o agenzie un tempo cattoliche tradizionali ormai, proni all’interesse personale, si vendono astutamente ai “segni dei tempi” pur di non perdere quel poco di lenticchie che hanno conquistato con una vita di inchini ideologici (e spesso non solo) al ceto dominante di turno.
    In questa catastrofe generale, un cattolico onesto e fedele dovrebbe essere terrorizzato. Ma ciò non deve accadere, mai. Anzitutto, perché il cattolico onesto e fedele sa di chi sarà la vittoria finale: egli conosce la Bibbia, e conosce la storia di Sodoma e Gomorra. L’unica cosa cui deve stare attento è di fuggire dalle due città senza voltarsi mai indietro…
    Ma, al di là di questo ottimismo metafisico insito in ogni cattolico vero, dinanzi ai giorni precedenti l’intervento divino, quando tutto sembra umanamente perduto, può capitare di sentirsi veramente affranti, di cadere in un pessimismo attuale, soprattutto per le anime più sensibili, meno volgari e meno supine all’idiozia generalista e massificatrice di questa società e al buonismo spicciolo giustificatore di ogni male. Eppure, sebbene comprensibile, occorre non dimenticarsi mai che Dio non abbandona le sue pecore. E quando gli invitati disertano il banchetto, Egli manda a chiamare «poveri, storpi, ciechi e zoppi» (Lc., 14,21), che saranno accolti al posto di coloro che hanno tradito.
    Da anni ormai, per chi sa vedere, sta accadendo qualcosa di incredibile, che conferma il rovesciamento della storia e della società. Mentre tutto l’Occidente una volta cristiano sta sul punto di spezzare ogni ultimo rimasuglio di radice con il proprio meraviglioso passato, mentre il tradimento a Dio e alla civiltà dei padri sembra consumarsi a ogni livello, perfino in vari ambienti della Chiesa stessa, accade qualcosa di inconcepibile, specie per chi non è più giovane e ricorda bene gli anni antecedenti il 1989. Accade che il Presidente della Russia, Vladimir Putin, pone il blocco delle adozioni di bambini russi in Francia, affinché, vittime della sovversione totalitaria di Hollande, questi non finiscano in mano a coppie omosessuali; pone il divieto del gay-pride, mentre i nostri politici di destra fanno a gara per apparire gay-friendly, usa parole di fuoco contro la decadenza morale occidentale.
    Si badi bene, tengo a specificarlo. Io non mi faccio grandi illusioni su Putin. Detto questo, però, occorre essere realisti, come don Camillo insegna. Non solo Putin in questo momento è l’unico governante al mondo che si oppone all’omosessualismo e alle sue folli pretese, ma anche all’invasione mondialista in corso, all’islamizzazione della propria terra, come al trionfo incontrastato del grande fratello sinarchico.
    Putin oggi è l’unico politico al mondo a difendere la famiglia naturale e i bambini dall’adozione da parte di coppie omosessuali. Lo fa per interesse nazionalista? Lo fa perché ha capito che questo vuole il suo popolo, il quale, pur imbarbarito da settant’anni di orrore comunista, non ha però perduto la sua naturale selvatichezza che lo porta al rispetto di tutto ciò che è naturale in sé? Lo fa perché “sente” un senso di giustizia interiore? Non lo sappiamo, e in fondo poco importa.
    Domani Putin cambierà e tradirà? Chi scrive non ne sarebbe meravigliato. È invece meravigliato oggi, è meravigliato già da anni. Pertanto sono pronto al peggio, ma finché il peggio non arriva non posso far altro che riconoscere che – rebus sic stantibus – a Washington c’è Obama e il suo devastante Obamacare oggi peraltro imposto a tutta la Nazione dalla Corte Suprema e la sua orrida politica contro natura e contro la vita nascente, mentre a Mosca c’è Putin, che difende la famiglia naturale e cristiana. In Francia, Gran Bretagna, Scandinavia, Spagna, e anche in Italia, si vuole distruggere la civiltà. In Russia si vuole difendere l’ordine naturale e cristiano. Così come in Ungheria e si spera anche in Polonia. Sarà forse un caso che la NATO sta portando la guerra in Europa circondando la Russia di armi di invasione e distruzione di massa?
    I complottisti di professione dicono che anche Putin è arruolato nell’esercito sterminato della sinarchia mondiale e recita la parte che gli è stata affidata. Mah… Che dire? Io non lo so e forse non è neanche così importante saperlo. Nel mondo globale dell’immagine, ciò che conta è ciò che passa a miliardi di persone. E ciò che passa è che esiste un leader in Russia che ha il coraggio di opporsi alla Rivoluzione gnostica, libertaria ed egualitaria. Questo è il messaggio che passa e non è poco, visti i tempi. Il resto, lo sa Dio… Tanto, prove inconfutabili non ve ne sono, né in un senso né nell’altro. Tanto, tutti siamo solo strumenti di qualcosa (o di Qualcuno).
    Di Qualcuno, appunto, non dimentichiamolo quando ragioniamo di ideologie e complotti vari: il Signore della storia ride dei complotti umani e dei piani di sovversione e tutto tornerà alla Sua gloria eterna. Perfino l’uomo di Washington, burattino del male in terra, lavora per questo, l’illuso. Poveri idioti, lui e i suoi capi e mandanti.
    Riferimenti a Fatima, per chi se ne intende di queste cose? Non voglio entrare in questo campo, molte sciocchezze sono state dette da decenni a riguardo e vengono ancora dette. Ma, anche qui, occorre riconoscere che la Russia sta svolgendo un ruolo, come lo ha svolto in tutto il XX secolo. Solo che ora le parti sono rovesciate.
    La Rivoluzione della sovversione mondialista vuole la distruzione dello Stato nazionale: chi si oppone a questo progetto è la Russia; vuole la distruzione dell’economia mondiale tramite l’euro: chi si oppone è la Russia; vuole la distruzione della famiglia e dell’ordine naturale nel mondo: chi si oppone è la Russia.
    La verità è che oggi, mentre la Russia non è più quella del 1917, la Francia, sotto sotto, è sempre la Francia del 1789 e del 1793, con la sua ghigliottina, il suo odio, il suo terrore, la sua follia, con il Robespierre di turno. E gli USA, di contro, sono peggio di tutto quello che sono mai stati nel passato. Del resto, come la Gran Bretagna, come la Germania. E come l’Italia…
    Oggi è così, domani si vedrà, ma oggi è così. Per il resto, se pensiamo a casa nostra (come Italia e come Occidente), ripiombiamo nella desolazione di Sodoma e Gomorra, apparentemente senza speranza. Ma il vero cristiano sa bene che c’è sempre una speranza. E, a volte, specie dopo il tradimento degli invitati, può arrivare da dove meno te l’aspetti: dai «poveri, storpi, ciechi e zoppi». E speriamo, a proposito di Fatima, che non manchi molto. Il tempo corre precipitevolissimevolmente.
    Putin e il mondo alla rovescia* ?* di Massimo Viglione | Riscossa Cristiana


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    Predefinito Re: Le radici cristiane dell'Occidente

    La furia giacobina contro il no-profit cattolico
    di Marco Respinti
    Cattolici attenzione: o la smettete di piantar grane sulla proposta di legge Cirinnà sulle unioni civili omosessuali, oppure costringeremo alla bancarotta le scuole che gestite. No, non lo ha ancora né detto né scritto nessuno, ma viene proprio da pensarlo di fronte alla sentenza della Corte di Cassazione che ha dato ragione al Comune di Livorno il quale pretende il pagamento dell’Ici e di altre analoghe tasse sui beni immobili, con tanto di arretrati, da due scuole pubbliche non statali gestite da enti religiosi, in tutto 422mila euro. Una sentenza così in Italia non si era mai vista e che arrivi proprio ora è sospetto, proprio ora cioè che il dibattito sulle unioni civili torna ad animarsi.
    In Italia, infatti, dall’Ici sono esentate le opere no-profit, ovvero quelle che, non avendo scopi di lucro e, non essendo destinate alla realizzazione di profitti, reinvestono gli utili interamente nei fini statutari. Per la legge italiana, cioè, le no-profit possono lecitamente farsi pagare a fronte di prestazioni erogate o di beni corrisposti, richiedere la coperture di spese, avere del personale retribuito e quant’altro, ma non possono, a differenza delle attività commerciali a scopo di lucro, dividersi i guadagni. Non solo le scuole paritarie cattoliche, dunque, ma tutti quei soggetti, cattolici o no, che soddisfano tale criterio: dunque associazioni di volontariato, associazioni di promozione sociale, cooperative sociali, fondazioni di diritto civile e di origine bancaria, organizzazioni non governative, onlus e imprese sociali. In qualsiasi cosa credano. Ora però la Corte di Cassazione manda tutto a monte, sostenendo che il concetto di “attività commerciale” non si fonda più, appunto, sullo scopo di lucro, ma coinvolge qualsiasi attività che preveda il pagamento di una prestazione. Una vera e propria rivoluzione che di fatto abolisce il no-profit affermando, contro ciò che la legge italiana ha sancito sino a ora, che tutto è commerciale e quindi tutto è tassabile.
    Bisognerebbe allora che il mondo cattolico accettasse la sfida, chiudendo immediatamente tutte le scuole pubbliche paritarie che gestisce e mandando il suo milione circa di alunni a iscriversi in massa alle scuole pubbliche statali. Nel giro di qualche minuto lo Stato farebbe tilt e non saprebbe dove andare a prendere, se non nelle tasche dei contribuenti compresi i membri della Corte di Cassazione e tutti coloro che adesso plaudono al suo giro di vite, i 6 miliardi che l’esistenza della scuola pubblica non statale fa risparmiare ogni anno alla Repubblica e ai suoi cittadini.
    La furia giacobina contro il no-profit cattolico | L'intraprendente

    Lo sdegno di chi non ha vergogna
    di Massimo Viglione
    Abbiamo appena assistito alla ferma e immediata contrapposizione pubblica della Conferenza Episcopale Italiana, per voce del suo segretario mons. Galantino, celebre per le sue posizioni aperte a ogni dialogo con il mondo laicista, contro il progetto del governo italiano di imporre l’ICI alle scuole cattoliche.
    Fermo rimanendo ovviamente che tutti sappiamo bene che questa è solo l’ennesima trovata per finire di distruggere ogni traccia di libertà educativa in Italia e portare a compimento il piano Gramsci di conquista totale dei cervelli degli italiani (sia chiaro: non che nelle scuole cattoliche italiane si operi in senso contrario, ovvero si insegni la sana dottrina e il senso cattolico della società; ma è ovvio che per i nemici della Chiesa anche solo il principio dell’esistenza di una scuola cattolica, non statale, per quanto prona in ogni modo al laicismo imperante, è cosa intollerabile in sé);
    fermo rimanendo che tale volontà laica è oggi rafforzata dall’esigenza di imporre a tambur battente e senza ostacolo alcuno l’omosessualismo e il genderismo di massa nelle scuole;
    fermo rimanendo che i nostri vescovi – non parlo singolarmente, in quanto lodevoli eccezioni ci sono sempre, ma come vox unica, come CEI – sono i primi responsabili di tutto questo in quanto sono i primi sostenitori di questo governo e dei suoi mandanti come di quelli precedenti;
    anticipato tutto questo, sorge spontanea una domanda: ma i nostri amatissimi e stimatissimi vescovi, a tutti noti per il coraggio e l’abnegazione con cui sono pronti a difendere Dio e i suoi diritti contro i soprusi dei potenti, che sono ora balzati dalla sedia, in primis il fenomenale segretario, alla notizia di dover cacciare i soldi abbandonando repentinamente quella onnipresente prudenza politica che li caratterizza e li rende proni a ogni potere, non potrebbero utilizzare un decimo dello stesso zelo per difendere i bambini dagli orchi e l’ordine naturale come Dio lo ha creato? Per combattere l’aborto, il genderismo, l’omosessualizzazione della gioventù e dell’intera società?
    Perché non sono balzati dalla sedia alla notizia che il governo vuole liberalizzare la droga? Dove erano solo pochi giorni or sono?
    Non potrebbero alzare la voce anche per difendere gli italiani che ogni giorno si suicidano a causa di una crisi economica fomentata da coloro che sono i veri governanti di questa Italia e che tanto vengono rispettati e ubbiditi dagli stessi vescovi? Non potrebbero alzare la voce per smuovere le coscienze in difesa dei nostri fratelli nella fede ammazzati in massa nel mondo islamico? Non potrebbero tornare ad essere i vescovi anche del popolo italiano impedendo l’invasione della nostra terra e il pericolo della definitiva perdita della fede e della libertà di tutti noi?
    Non pensano che se agissero in tal maniera sarebbero anche più credibili quando poi si scagliano, lancia in resta, per difendere gli incassi (sebbene leciti e sacrosanti, come in questo caso)? Non viene loro in mente che per quanto questa loro protesta sia giusta, la vita, l’educazione retta e la libertà stessa dei bambini e anche degli adulti sia infinitamente più importante della cassa?
    E allora, reverendissime eccellenze, difendete pure la cassa, ma anzitutto siate pronti fino al sangue – come è vostro dovere – per difendere i valori della fede, della carità, dell’ordine naturale e della volontà di Dio, per difendere i nostri figli e il futuro degli italiani e dell’intera umanità dall’assalto ininterrotto delle forze del male.
    Urlate il vostro sdegno e incitate e guidate i fedeli alla giusta e sacrosanta resistenza civile e morale! Scendete in piazza con i vostri fedeli, tutti, nessuno escluso, per difendere la libertà e condannare senza timore alcuno chi vuole distruggere ogni limite fra il bene e il male, chi vuole bruciare la fanciullezza, chi vuole imporci il silenzio tramite il terrore giudiziario, chi è pronto a ogni abominio, chi massacra i fratelli nella fede e vuole islamizzare il nostro paese. Chi combatte la Chiesa e la Fede cattoliche ogni giorno, ovvero chi combatte voi, per quanto proni possiate mai essere e diventare.
    Magari, così facendo, poi si scopre che la gente torna in chiesa, che i fedeli diventano molto più pronti alla lotta per difendere il Bene sapendo di avere il vostro appoggio spirituale, morale e materiale e che quindi i governi – di cui siete stati, almeno come CEI, finora sgabello – poi la smettono di distruggere la società a loro piacimento, iniziando a incontrare resistenza di popolo.
    E così, di conseguenza, poi salvate anche i vostri soldi e le scuole, oltre alla dignità.
    Lo sdegno di chi non ha vergogna ? di Massimo Viglione | Riscossa Cristiana

    «La libertà di educazione tradita dal buonisno cattolico»
    di Riccardo Cascioli
    «È l’ennesimo colpo del laicismo dominante, davanti a questo mortale attacco alla libertà di educazione sarà interessante vedere ora la reazione del mondo cattolico “buonista”, perché anche questo episodio va inquadrato in una situazione più generale di complicità di tanto mondo cattolico con l’ideologia dominante». Monsignor Luigi Negri, arcivescovo di Ferrara-Comacchio, non sembra affatto sorpreso dalla sentenza della Corte di Cassazione, che ha dato ragione al Comune di Livorno che pretende il pagamento dell’Ici (con arretrati) da due scuole cattoliche.
    Non a caso monsignor Negri è stato protagonista per diversi decenni, a fianco di don Luigi Giussani, della battaglia per la libertà di educazione, che da sempre contraddistingue il movimento di Comunione e Liberazione. «La Cassazione – prosegue mons. Negri – ha confermato orientamenti più volte emersi negli ultimi anni e ribaditi da diverse parti. Ma tutto ciò probabilmente non accadrebbe se tra i cattolici non fosse prevalsa in questi anni l’idea che la fede non deve disturbare. E c’è il rischio che anche davanti a questo attacco alla radice della libertà di educazione si cerchi una comoda via d’uscita».
    Quale?
    Mi è suonato un campanello d’allarme in questi giorni quando ho visto l’invito a un importante incontro sulla scuola, che nel titolo dice “non importa se statale o paritaria, basta che sia migliore”. Sembra il prevalere del concetto di efficienza, una posizione che contraddice 50 anni di battaglie per la libertà di educazione, che si fondano invece sulla richiesta di un autentico pluralismo di posizioni culturali e quindi di plurime vie educative. Perché le posizioni culturali se non sono contrappuntate da vie educative, si irrigidiscono in ideologie e si perdono in emotivismo. L’efficienza è un salvagente meschino, speriamo che tutto il mondo cattolico serio rifiuti questa via di fuga verso il nulla. Ma questa è anche la conferma dell’aspetto profetico dell’ultimo insegnamento di don Giussani, che vent’anni fa non a caso denunciava il prevalere nel mondo cattolico di una “mediocrità cordiale”.
    Che cosa vuol dire?
    Rivolgendosi agli studenti universitari, disse che “Il nostro nemico è una mediocrità cordiale che impera tra di noi nella misura in cui la nostra compagnia non diventa luogo della memoria di Colui per cui si vive”. Stava parlando a dei ragazzi che pure vivevano nell’ambiente, per una presenza di fede e non per la ricerca dell’egemonia come qualche volta si dice adesso. Erano educati a usare tutto – lezioni, esami, tutto quanto accadeva – per incrementare la consapevolezza della fede, tutto serviva alla maturazione della fede nella missione. Perché “La fede si irrobustisce donandola”, come scriveva Giovanni Paolo II nell’enciclica Redemptoris Missio. Una frase che questi ragazzi hanno sentito ritornare con insistenza negli interventi di don Giussani, che proprio per questo a loro indicava il vero nemico che si stava palesando.
    In che senso si tratta di un’affermazione profetica?
    Giussani aveva intuito con chiarezza cosa sarebbe successo nel giro di qualche anno. Si parlava allora di un mondo post-ideologico, de-ideologizzato, invece sarebbe stato presto dominato da una delle ideologie più pervasive: quella del consumismo, dei desideri - anche quelli meno nobili - concepiti come diritti, che avrebbe chiesto al diritto e alla tecno-scienza gli apporti per affermarsi con quella terribile forza tipica del “pensiero unico dominante”. Alla fine non ci sarebbe stato lo scontro sul piano delle ideologie, delle visioni globali, ma questo lento esaurimento della fede che avrebbe accettato di convivere con questa ideologia, accettando il posto che l’ideologia dominante tecno-scientista avrebbe assegnato. È cio che è effettivamente accaduto.
    A venti anni di distanza da quando queste parole furono pronunciate appare chiaro qual è il posto che l’ideologia dominante affida alla Chiesa, alla presenza cristiana, in attesa di vederla finire quasi per eutanasia. È lo spazio di un buonismo, è il trionfo dell’ideologia buonista.
    Lei ritiene che i cattolici in questa società abbiano già alzato bandiera bianca.
    Io sono atterrito - e lo dico consapevolmente - tutte le volte che vengo a contatto con prese di posizione di esponenti cristiani. Interventi scontatissimi, le stesse cose, cambiano solo i nomi di quelli che intervengono.
    Il cattolicesimo getta secchiate d’acqua buonista in una società che non accetta di essere interloquita sui fondamenti, perché i fondamenti sono solo quelli di questa terribile deriva di carattere individualistico-soggettivistico; ma è individualismo e soggettivismo massificato, fortemente condizionato da una mentalità dominante con nessuna obiezione.
    In effetti il buonismo sembra oggi il tratto dominante in tanto mondo cattolico.
    Il buonista è per sua definizione un connivente, un complice, perché chiunque voglia dialogare con il mondo – e questo riguarda qualsiasi uomo di buona volontà - deve preoccuparsi anzitutto di impostare la questione sul piano della concezione, dei fondamenti della società. E invece questo è severamente bandito, non si deve parlare di queste cose, disturbano.
    A volte sembra che ci sia più paura di creare lacerazioni nella società che non la preoccupazione di affermare la verità.
    E questo è ancora peggio. “Non dobbiamo distruggere l’unità”, si sente dire. Si dà per scontata una unità previa, come se la società fosse un’unità. La società è un vasto impero in decomposizione tenuto insieme dal fatto che non si possa e non si debba discutere i fondamenti consumisti e tecno-scientisti. In cui non si deve neanche osare porre quelle che Giussani definiva “le grandi domande di senso”. E io, semplice cittadino, dovrei avere il problema di non urtare questa unità? Forse che Gesù Cristo ha avuto il problema di non urtare l’unità della società giudaica, che era obiettivamente in decomposizione, divisa tra le urla dello zelotismo che voleva distruggere il predominio romano e la connivenza delle caste sacerdotali che erano anche caste economiche?
    “Tutti coloro che sono venuti prima di me, sono ladri e briganti”; Questa frase di Nostro Signore Gesù Cristo vorrei che fosse ogni tanto commentata insieme ad altre frasi che finora non sono state tolte dal vangelo, e che ribadiscono l’assoluta eccezionalità del mistero di Cristo. Che non è contro nessuno, è pienamente il mistero della presenza di Dio nel mondo e nella storia. Chi si oppone, si oppone a lui per le sue ragioni e non tocca a me giudicare le ragioni personali con cui uno obietta alla fede. Ma la fede non può avere la preoccupazione di non disturbare.
    E invece oggi sembra proprio questa la preoccupazione maggiore…
    Il cattolicesimo è il più grosso fattore di complicità di questa situazione che ormai sembra irreversibile. Quando si farà la storia di questo drammatico, convulso e lacerato momento storico, allora sarà chiarissimo da quale parte è stato questo cattolicesimo buonista. Il buonismo è il rifiuto della fede, è l’abbandono della fede al potere mondano con la speranza di poter salvaguardare un po’ di spazio psicologico, affettivo, di quella religione fai da te che giustamente il papa emerito Benedetto XVI ha più volte denunciato.
    «La libertà di educazione tradita dal buonisno cattolico»



    Quando un parroco rischia grosso? Quando ha la pretesa di essere un prete cattolico
    di Paolo Deotto
    Don Giovanni Ferrara deve morire. Lo dice la democratica opinione libera e laicista, con il contributo della Diocesi, proprio nel momento, guarda caso, di “interregno” tra un vescovo uscente e uno nuovo non ancora insediato.
    Le indagini per giungere alla condanna a morte partono da lontano. Don Ferrara era comunque un tipo sospetto: devozione mariana, Primi sabati a Maria, Adorazione perpetua… e poi, omelie in cui si parla chiaro, e in cui si parla di Fede cattolica. E addirittura, educazione cattolica dei giovani. Anticaglie del passato, ostacoli alla chiesa in cammino, anche se non si capisce dove vada di preciso a finire.
    Ma ora l’ha fatta grossa, e le indagini si possono dire concluse, con la condanna capitale. Nei locali della Parrocchia di Sant’Ignazio di Loyola aprirà una scuola parentale, “con sistemi educativi ed etici tradizionalisti”, come fa notare, con angoscia, Il Mattino di Padova. Orrore e sgomento. Una scuola parentale è una scuola – ne abbiamo parlato diverse volte su Riscossa Cristiana – con insegnanti scelti dai genitori, una scuola del tutto “privata”, non paritaria. Infatti gli alunni devono ogni anno passare un esame presso una scuola pubblica, per valutare il loro grado di preparazione. Iniziative di questo tipo esistono già in altre città, italiane e straniere.
    Perché un gruppo di genitori decide (con tutti sacrifici, economici e non, che può comportare) di organizzare una “scuola parentale”? Perché la scuola pubblica non dà più garanzie di vera sana educazione ai giovani. Anzi, ormai dà garanzie di mostruosità, quali l’insegnamento delle perverse teorie del “gender” fin dalla scuola materna. Del resto, la scuola paritaria deve adeguarsi ai programmi ministeriali, e molte scuole, anche “cattoliche”, si sono adeguate in anticipo fin troppo bene.
    Ora, non tutti i genitori vogliono che i loro figli si corrompano e rimbecilliscano fin dalla più tenera infanzia. E così, capita che nascano le scuole parentali.
    Dirà l’uomo di buon senso: e che male c’è? Non è questo esercizio del diritto/dovere di educare i figli? L’uomo di buon senso aggiungerà anche: se poi i genitori sono cattolici, non hanno tutto il diritto/dovere di assicurare, il più possibile, un’educazione cattolica ai loro figli?
    Purtroppo l’uomo di buon senso è da tempo messo al bando, e non solo da uno Stato allo sbando, ma anche da una Chiesa fremente per il dialogo. Ancora oggi si riparla della brillante performance della diocesi di Vicenza,che non solo ha organizzato una conferenza con la signora senatrice Valeria Fedeli, paladina del “gender”, ma poi ha anche rampognato i genitori che, intervenuti a quell’avvenimento “culturale”, si erano permessi di manifestare le loro preoccupazioni educative. Che diamine, il dialogo innanzi tutto! Né la diocesi vicentina è sola sull’affollata strada che conduce al Sol dell’Avvenir.
    Capirete che in tale contesto l’apertura di una scuola parentale è proprio troppo! Ma come! È un’esplicita dichiarazione di sfiducia nella scuola attuale, pubblica o cattolica paritaria che sia, è un oltraggio all’affettuoso abbraccio che ormai unisce la nuova chiesa e lo stato, che insieme e in concordia alacremente lavorano per il rimbecillimento totale.
    Ne consegue che Don Giovanni Ferrara è oggetto oggi della violenta attenzione del ”Mattino di Padova”, con ben tre articoli. E qui ci preme solo contestare subito, in attesa di tornare su un argomento che non può certo chiudersi qui, le bugie, ossia le menzogne, ossia le falsità, contenute, con la miglior morale leninista (che insegna che “verità” è tutto ciò che serve alla “causa” del Partito) contenute negli articoli.
    In primis: la scuola parentale non nasce “al posto” della scuola materna. Il lettore, dal tono degli articoli, potrebbe pensare che la prima abbia scacciato la seconda. Balle. Della chiusura della scuola materna si parlava da tempo e il motivo era, è, il più semplice: costi eccessivi. La scuola parentale non è nata di soppiatto, da riunioni carbonare organizzate dallo sciagurato parroco cattolico. Si sono tenute diverse pubbliche riunioni e l’argomento ha interessato molte famiglie, tant’è che alcune di queste sono venute anche da fuori Padova (ci risulta che una famiglia partecipante alle pubbliche riunioni risieda a trenta chilometri da Padova). Tra l’altro, ci sono locali a sufficienza per entrambe le scuole.
    E poi: non è affatto vero che la parrocchia è “in rivolta contro il parroco”. Balle. Certo, le famiglie dissenzienti ci sono, come dappertutto, e sono quelle che fanno chiasso, soprattutto perché da troppo tempo si è svilita l’importanza del parroco. Ma molte famiglie hanno sempre seguito e seguono con gratitudine lo sforzo che non da oggi Don Giovanni Ferrara fa per fare il parroco cattolico, mantenere viva la Fede, educare cristianamente i giovani. Potete star certi che la voce di queste famiglie si farà presto sentire.
    E poi ancora: da ciò che scrive Il Mattino si può dedurre che il parroco di Sant’Ignazio “dipenda” in qualche maniera dai neocatecumenali. Balle. A questo gruppo Don Ferrara ha dato semplicemente ospitalità in parrocchia per riunioni. Alla scuola parentale aderiscono sia famiglie di neocatecumenali, sia famiglie prive di etichetta. Sono tutte accomunate da un’unica preoccupazione: l’educazione sana dei figli.
    E poi ancora ancora: tra gli angosciati titoli del Mattino si legge che il parroco “apre la scuola anti-gender”. A parte il fatto che un prete cattolico ha il preciso dovere di essere, se vogliamo usare queste sintesi, “anti-gender”, essendo il cosiddetto “gender” una teoria omosessualista e come tale perversa, a parte questo fatto, la scuola parentale ha evidentemente uno scopo generale ben più importante, che è l’educazione cristiana dei giovani: ovvio che in essa rientri anche l’educazione alla morale cattolica.
    E infine: altra notizia carica di angoscioso stupore: Don Giovanni faceva pregare i giovani, li fa pregare, pregheranno anche nella scuola parentale. Ora, che questo possa preoccupare un giornale di regime, è ovvio e normale. Ma ciò che è assolutamente scandaloso è l’espresso dissenso della Curia (peraltro attualmente in “sede vacante”) contro un’iniziativa il cui scopo è l’educazione sana, cioè cattolica, dei giovani.
    Ci scusiamo se ci siamo dilungati, ma, in attesa di tornare in argomento, ci premeva contestare questa vera porcheria che si sta consumando contro un parroco che vuole semplicemente, contro il comune andazzo suicida, essere parroco dei fedeli affidati alla sua guida.
    Non sappiamo ora cosa accadrà, ma purtroppo il caos ecclesiastico attuale ci ha dato fin troppi esempi di come si sappia essere spietati, ripeto, spietati, contro chi, fedele prima di tutto a Gesù Cristo e alla Tradizione perenne, non accetta di tradire.
    La cosa che sappiamo per certo è che a Don Giovanni Ferrara manifestiamo tutto il nostro sincero affetto, la nostra ammirazione e lo ringraziamo per quanto ha fatto finora e ancora farà per la Chiesa. L’unica che esista: la Chiesa Santa Cattolica e Apostolica. E gli siamo vicinissimi con le nostre preghiere.
    Quando un parroco rischia grosso? Quando ha la pretesa di essere un prete cattolico* ?* di Paolo Deotto | Riscossa Cristiana

    Don Giovanni Ferrara sotto attacco. Un lettore scrive al Mattino di Padova
    Un lettore di Padova, Bruno Dente, dopo aver letto gli articoli del “Mattino”, in cui Don Giovanni Ferrara, parroco di Sant’Ignazio di Loyola a Padova, viene violentemente attaccato, anche con notizie imprecise o false, ha scritto una mail alla redazione del Mattino e ci ha autorizzato a pubblicarla. Ringraziamo il sig. Dente e ci risulta che la sua non sia un’iniziativa isolata. Vedremo se e quante di queste lettere verranno pubblicate dal Mattino, che di certo non vorrà negare spazio alla voce di chi dissente dagli articoli di Cristiano Cadoni. L’indirizzo mail del Mattino è lettere@mattinopadova.it , al quale possono scrivere quanti stanno seguendo con interesse questo caso e vogliono portare il loro contributo. Riscossa Cristiana si è occupata ieri di quanto sta accadendo a Padova con l’articolo “Quando un parroco rischia grosso? Quando ha la pretesa di essere un prete cattolico”. Grazie per l’attenzione, ed ecco qui di seguito la mail inviata al Mattino di Padova
    Da: Bruno Dente **
    A: “lettere@mattinopadova.it” <lettere@mattinopadova.it>
    Inviato: Martedì 28 Luglio 2015 11:05
    Oggetto: Don Giovanni Ferrara
    Spett. Redazione,
    Scrivo in relazione ai recenti articoli di Cristiano Cadoni, relativi alla conduzione della parrocchia di Montà da parte del carissimo Don Giovanni Ferrara.
    Conosco Don Giovanni da almeno 12 anni. Mi fa un tantino ridere che si parli di chiesa disertata dai parrocchiani: io vado a Messa a Montà, qualche volta, la domenica, e trovo la chiesa piena. Incontro anche amici provenienti da altre zone della città, in cerca di chi sappia predicare il Vangelo con forza e sapienza.
    Se davvero è solo volontà di Don Giovanni la chiusura della Scuola Materna, come spiegate la perfetta armonia che regna tra il Parroco e le Suore presenti in parrocchia, che di tale Scuola Materna si occupavano con amore e dedizione?
    Don Giovanni ha già subito in passato attacchi da gruppetti di parrocchiani scontenti, che non mancano mai in nessuna situazione, e sono particolarmente agguerriti quando si porta avanti la preghiera autentica e la retta catechesi, oggi più che mai necessarie alla santa Chiesa. Mi risulta, da esterno, che il Parroco sia sempre stato circondato dalla solidarietà delle Suore e della stragrande maggioranza dei parrocchiani. Non vedo musi duri, non percepisco tensione quando frequento la parrocchia.
    Penso che il sig. Cadoni abbia avuto la ventura di imbattersi in uno di questi gruppuscoli, e lo invito ad approfondire la conoscenza della situazione. Prima di scrivere certe cose, venga magari a pregare un tantino con noi, la sera del primo sabato del mese o un pomeriggio qualsiasi, davanti al Santissimo, esposto con grande frequenza. Perchè a Montà si prega, e Don Giovanni, forse in controtendenza anche in questo, passa molto tempo in confessionale.
    Quanto all’accusa assurda della foto di Papa Benedetto XVI, in verità presente in una sala riunioni, non mi risulta che Joseph Ratzinger sia stato sospeso a divinis o ne sia stata decretata la “damnatio memoriae”. E’ una colpa amare ancora questo grande Pontefice, ora Papa Emerito?
    Non entro nel merito della scuola parentale e del gender. Le scuole parentali sono presenti e funzionano bene anche altrove. Sul perchè siano preziose il discorso sarebbe assai lungo e complesso. Sul Gender hanno già parlato, senza nominarlo, 2000 anni di Magistero, e di recente il Catechismo della Chiesa Cattolica.
    Se poi vogliamo un cristianesimo senza Cristo, il discorso cambia. Ma dovete ben capire che non è nelle mire di tutti. Non certo di Don Giovanni, Dio lo benedica e lo sostenga!
    Don Giovanni Ferrara sotto attacco. Un lettore scrive al Mattino di Padova | Riscossa Cristiana

    Dopo il family day. Gandolfini: «Ora la petizione nazionale contro il ddl Cirinnà»
    Benedetta Frigerio
    Il portavoce del comitato del 20 giugno: «Continuiamo a testimoniare con la vita e portiamo le nostre ragioni alla politica. Non escludiamo nuove manifestazioni»
    Il comitato “Difendiamo i nostri figli”, che il 20 giungo scorso, a sole tre settimane dalla sua costituzione, ha portato in piazza San Giovanni a Roma un milione di persone per protestare contro il disegno di legge sulle unioni civili (ddl Cirinnà) e l’introduzione dell’ideologia gender nelle scuole, ha deciso di scendere nuovamente in campo per non lasciare che l’attenzione sul ddl cali. A illustrare a tempi.it i prossimi passi è il portavoce del comitato, Massimo Gandolfini.
    Dottor Gandolfini, mercoledì 29 luglio comincerete a raccogliere le firme per una petizione nazionale. Di che si tratta?
    È una petizione contro il ddl Cirinnà tout court. La raccolta firme comincerà a settembre su scala nazionale, abbiamo deciso però di cominciare già ad essere presenti a Roma con dei gazebo fuori dal Senato, dove si sta ancora discutendo il testo sulle unioni civili, negli ultimi due mercoledì precedenti alla chiusura estiva del Parlamento. Lo scopo della petizione è molteplice: continuare a tener desta l’attenzione dei cittadini su un tema vitale che prima del 20 giugno rischiava di essere affrontato nell’ignoranza di molti; dare un ulteriore segnale alla classe politica e far capire che non ci arrendiamo; incoraggiare i milioni di italiani convinti che la famiglia sia una sola, quella composta da un uomo e una donna uniti in matrimonio. Infine vogliamo dare un messaggio anche alla Chiesa italiana.
    Laici che si preoccupano di ricordare alla Chiesa una verità universale che la Chiesa stessa insegna da duemila anni? È quantomeno singolare.
    Non è la prima volta che accade nella storia. In fondo anche san Francesco era un laico che ricordò alla Chiesa il suo compito, e alla fine il Papa riconobbe la sua regola. Può darsi che sia un momento storico simile, di disorientamento anche all’interno della Chiesa, che è fatta di uomini che possono sbagliare. E può darsi che lo Spirito voglia suscitare dal basso forze utili a guidare o confortare i pastori. Quello che li convincerà, però, sarà solo una vita coerente con quanto proclamiamo. Ricordo che nel 1968, quando Paolo VI pubblicò l’Humanae Vitae, interi episcopati si ribellarono, sostenendo che fosse anacronistico vietare la contraccezione. A far cambiare loro idea sono state le famiglie numerose.
    Se a cambiare deve essere la vita, a cosa serve scendere in piazza?
    A far vedere al mondo che questa vita esiste e che a viverla sono ancora in tanti. Gesù, riferendosi ai farisei, disse: «Fate quello che vi dicono, ma non fate quello che fanno». Guai a noi se, come i farisei, non facessimo quello che diciamo, ma guai a noi se non dicessimo quello che facciamo. Perché non c’è testimonianza senza proclamazione, né evangelizzazione senza testimonianza. Bisogna che le cose vadano a braccetto per raggiungere quante più persone possibili in un momento in cui sembra che la divisione prevalga. Non è detto che anche i nostri avversari vedendoci e sentendoci proclamare non vengano a vedere chi siamo. Questo dobbiamo spiegare ai nostri pastori. Siamo davanti all’avanzata di un nemico feroce che ci deve vedere uniti. Stare a discutere sulle strategie sarebbe la vittoria dell’avversario.
    Il ministro Boschi non vi ha ancora ricevuto, i politici presenti in piazza solo quattro giorni dopo la manifestazione hanno votato la fiducia a una riforma della scuola comprensiva del famoso articolo 16, che apre alla possibilità dell’insegnamento delle teorie gender. In quale rappresentanza sperate?
    Abbiamo chiesto due volte di incontrare il ministro, che non ci ha ricevuto. E questo in una democrazia è inammissibile dati i numeri della piazza. Per quanto riguarda l’emendamento della riforma della scuola, che rende obbligatorio l’insegnamento dell’ideologia gender, è un colpo di mano di una lobby ristretta che lo ha inserito all’ultimo momento nel testo. Dopodiché, si poteva o votare contro la riforma su cui era stata posta la fiducia, avendo la certezza matematica che il governo sarebbe caduto, o chiedere l’esenzione. Noi eravamo per la linea intransigente, convinti che avrebbe avuto sicuramente un grande valore simbolico per Ncd. Adesso non ci resta che agire a livello locale con tutti gli strumenti possibili.
    Crede che Ncd medierà con il Pd anche sul ddl Cirinnà?
    Sulle unioni civili la nostra intransigenza è ancora maggiore, ma sugli scranni del Parlamento ci sono sedute persone fisiche che possono votare sì o no, e l’unico modo per fermare il ddl Cirinnà è cercare queste persone e interloquire direttamente e costantemente con loro affinché si sentano incoraggiate a intraprendere anche azioni forti. Bisogna tentare questa via perché una battaglia culturale, che certamente va fatta al di là dell’esito politico, non basterebbe. La piazza comunque ha aiutato i politici a farsi coraggio nella battaglia sulle unioni civili. Ho detto loro: «Guardare che in piazza c’erano famiglie che hanno fatto sacrifici economici per essere presenti, volete che per ognuno di loro non ci siano altri dieci a pensarla allo stesso modo?». Sebbene mossi da altri interessi, persino Renzi e il governo lo hanno capito.
    È vero che state meditando di chiedere un referendum abrogativo per cancellare la parte della “buona scuola” che introduce l’ideologia gender?
    Sì ci stiamo pensando, ma prima dobbiamo concentrare le forze sul ddl Cirinnà.
    Come credete di continuare l’esperienza sorprendente del 20 giugno? Scenderete di nuovo in piazza?
    Non abbiamo progettato nulla. Stiamo a vedere cosa succede. Non escludiamo una nuova manifestazione, né di cambiare la città in cui scendere in piazza o strutturarci sul territorio ed essere presenti in più piazze. Per ora siamo sicuri solo che a settembre lanceremo la petizione nazionale e che il 3 ottobre saremo presenti alla veglia di preghiera con il Santo Padre in vista del Sinodo sulla famiglia.
    Dopo il family day «petizione contro ddl Cirinnà» | Tempi.it

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    Predefinito Re: Le radici cristiane dell'Occidente

    La Diocesi di Vittorio Veneto censura la preghiera “in armi” dell’Alpino
    “Sono sempre più sconcertato da ‘certi Vescovi’. W gli Alpini”. Il segretario della Lega Matteo Salvini torna a polemizzare con i vescovi per l’iniziativa della Diocesi di Vittorio Veneto che, ieri, ha chiesto di modificare un passaggio della ‘Preghiera dell’Alpino’ dedicato alle ‘armi’ durante la messa dell’Assunta, nel trevigiano, provocando lo sconcerto dell’Ana. “Vietata la Preghiera dell’Alpino a Messa! Pazzesco” e’ il titolo del post del leader del Carroccio.
    “La Diocesi di Vittorio Veneto – spiega Salvini nel post – ha proibito la lettura di questo brano alla fine della Messa al Passo San Boldo, tra Treviso e Belluno: ‘Rendi forti le nostre armi contro chiunque minacci la nostra patria, la nostra bandiera, la nostra millenaria civilta’ cristiana'”. “Le Penne Nere, giustamente, hanno protestato”, conclude il segretario leghista, dicendosi “sempre più sconcertato da ‘certi vescovi'”.
    La censura dei vescovi sulla penna nera | L'Indipendenza Nuova

    Censurata la preghiera degli alpini: ultima follia laicista (di una parte) della Chiesa
    Luca Cirimbilla
    Dopo gli appelli sulle porte da spalancare alle masse di clandestini che vengono in Italia, ora dalla Chiesa cattolica arriva la censura della storica preghiera degli alpini.
    Qualcuno fermi il Vaticano coi suoi deliri laicisti, lo chiedono i cattolici stessi. Ormai lo scontro si è fatto durissimo, non solo tra Vaticano e alcuni politici italiani, ma tra Vaticano e tanti, troppi fedeli che si sentono smarriti. L’ultimo atto che ha creato un vero e proprio senso di smarrimento tra molti cattolici è stato il divieto di lettura che la diocesi di Vittorio Veneto ha imposto su un brano della preghiera degli alpini, questo:
    “Rendi forti le nostre armi contro chiunque minacci la nostra patria, la nostra bandiera, la nostra millenaria civiltà cristiana”. Immediata è scattata la rabbia sul web di moltissimi fedeli cristiani che non hanno condiviso la scelta dei vertici della chiesa locale, riaccendendo le recenti polemiche tra alcuni leader politici e il Vaticano.
    Come abbiamo raccontato nei giorni scorsi, tantissimi italiani (la maggior parte dei quali anche cattolici) hanno criticato le affermazioni del segretario della Cei, monsignor Galantino, contro Salvini “colpevole” di aver reclamato maggiori controlli nei confronti dei flussi migratori diretti in Italia.
    Ora, dunque, arriva la censura della preghiera degli alpini che ha l’unico merito di aprire gli occhi di molti cattolici italiani sulle dinamiche politiche che negli ultimi anni stanno animando uno scontro interno al Vaticano. Come si fa a silenziare il passo della preghiera che invoca la difesa della civiltà cristiana? Forse una parte della Chiesa cattolica è contro la Chiesa stessa: questa è l’unica cosa che viene da pensare. In una società in cui anche il social network più diffuso nel mondo favorisce le pagine con bestemmie anticristiane – censurando puntualmente i gruppi anti-islam e anti-Israele – una parte della Chiesa scende in campo per vestire i panni del nemico in casa. Come si intuisce dalle reazioni contrarie alla diocesi di Vittorio Veneto, i fedeli cattolici sono attaccati alle loro radici e non vogliono che esse siano corrotte in alcun modo.
    Forse è proprio per questo che sempre meno persone frequentano le messe domenicali: colpa di cori cantati con battiti di mani, come si assistesse a una festicciola qualsiasi, standardizzata e svuotata di ogni solennità. Qualcuno sostiene che la perdita della maestosità della funzione domenicale sia stata avviata attraverso il Concilio Vaticano II che ha contribuito in maniera decisiva all’abolizione della messa in latino e all’introduzione di quella in italiano con canti e cori che di rituale e imponente hanno davvero poco.
    Ora arrivano le direttive del Vaticano sull’accoglienza ai migranti: peccato che la Santa Sede non metta a disposizione interamente il suo immenso patrimonio per accogliere quelli che fino a prova contraria si riversano in Italia come clandestini.
    Per ultimo, dunque, si è abbattuta la censura sulla preghiera degli alpini: un atto di codardia che fa chinare il capo all’islam più estremista e radicale targato Isis. Ma l’atto di codardia della diocesi di Vittorio Veneto è anzitutto un oltraggio a una delle colonne della Chiesa come San Francesco d'Assisi che, secondo il racconto della Legenda Maior, ha “sfidato” la fede del Sultano (“Se, tu col tuo popolo, vuoi convertirti a Cristo, io resterò molto volentieri con voi. Se, invece, esiti ad abbandonare la legge di Maometto per la fede di Cristo, dà ordine di accendere un fuoco il più grande possibile: Io, con i tuoi sacerdoti, entrerò nel fuoco e così, almeno, potrai conoscere quale fede, a ragion veduta, si deve ritenere più certa e più santa“).
    Preghiera degli alpini censurata: ultima follia laicista della Chiesa

    La chiesa che ripudia la guerra... e gli Alpini
    di Rino Cammilleri
    Eh, come dice il nostro Romanzo Nazionale, se uno il coraggio non ce l’ha mica può darselo. Ma almeno don Abbondio non si schierava con i Bravi. Sì, insomma, certi recenti pugni sul tavolo episcopale tuonano impavidi contro la minoranza screditata dai grandi media e dal pensiero politicamente corretto (cioè, quello che comanda), mentre col Potere Vero la coda rimane tra le gambe e il guanto di velluto è, per maggior sicurezza, unto di vaselina. Cotanto esempio, come sempre accade, scende giù per li rami e rianima l’antico vezzo clericale di saltare sul carro del vincitore. Non c’è mai stata una rivoluzione (cruenta o solo ideologica) nella storia che non abbia visto una fetta di clero innamorarsi perdutamente del nuovo-che-avanza, perciò non c’è da stupirsi. Il buon vecchio Cossiga, aduso a cantarle chiare, una volta ebbe a dire che «gli unici valori non negoziabili cui i vescovi tengono sono quelli dell’otto per mille». Ma, com’è noto, il Picconatore passava per pazzo (fu lui stesso a dire che era stata messa in giro questa voce), perciò la battuta non fa testo.
    Sia come sia, non ci stupisce affatto la levata d’ingegno dell’ufficio liturgico della diocesi di Vittorio Veneto, che ha censurato l’antica Preghiera dell’Alpino. Così, alla fine della messa al Passo San Boldo, fra Treviso e Belluno, gli alpini sono usciti di chiesa e la loro preghiera se la sono declamata fuori. Ma che cosa contiene di scandaloso detta Prece? Ecco il passo incriminato: «Rendi forti le nostre armi contro chiunque minacci la nostra Patria, la nostra Bandiera, la nostra millenaria civiltà cristiana». Pare una boldrinata, ma è uno scherzo da prete, anche perché la Presidente della Camera non frequenta le chiese. Ma gli alpini sì. Epperò questi ultimi sono stati difesi da Salvini in un tweet, così il cerchio si chiude. Salvini non comanda e non è obamiano come i grandi media e il partito di maggioranza. Quando comanderà, allora vedrete i preti in paramenti verdi, ma prima di allora nisba.
    Intanto, però, abbiamo un problema. Sì, perché non c’è Forza Armata che non abbia una sua speciale Preghiera, dai marinai ai poliziotti, i quali hanno pure i cappellani. I cappellani tutti, poi, fanno diocesi a parte, a capo della quale c’è un vescovo detto Ordinario Militare e inquadrato nell’esercito come generale di alto grado (con tanto di stellette sulla tonaca). Questo presule chissà quante Patrie e Bandiere e Armi deve ogni volta menzionare quando prega con le truppe (ogni sezione delle quali ha il suo celeste Patrono, da San Michele Arcangelo dei parà alla Virgo Fidelis dei caramba). D’altra parte, pure i Ferrovieri e gli Automobilisti hanno le loro Preghiere, e ognuna di queste, per forza di cose, nomina gli Attrezzi del Mestiere. Ora, è vero che, per esempio, a Compostella i canonici del santuario hanno mimetizzato con composizioni floreali la parte bassa del grande quadro di San Giacomo perché non si vedano più i Mori calpestati dagli zoccoli del cavallo di Santiago Matamoros. Ma lì ci può essere il timore di qualche attentato jihadista. A Vittorio Veneto, mimetizzando la parte bellica della preghiera alpina che cosa si vuol ottenere? Boh.
    Un risultato, intanto, lo si è raggiunto: l’uscita di chiesa degli Alpini. E speriamo, per il clero nazionale, che a qualcuno di loro non salti la mosca al naso e la penna dalla firma sulla dichiarazione dei redditi (sezione 8x1000). Eh, l’Associazione Nazionale Alpini ha un sacco di iscritti, ognuno con famiglia: fa un mucchio di gente. Per quanto riguarda il «ripudio della guerra», costituzionalmente sancito e immediatamente inserito nel Vangelo dal progressismo cattolico, fossi un prete adirei immediatamente la migliore ditta di antifurti: la polizia, infatti, è armata e usa la forza (non per niente si chiama Forza Pubblica) contro i malfattori. Prima di scomunicarla, perciò, ci penserei un attimino. Si può averne sempre bisogno, anche se catto-progressisti. Se proprio si vuol prendere esempio dal Presidente della Camera, tanto vale farlo fino in fondo.
    La chiesa che ripudia la guerra... e gli Alpini

    Il Banal Grande del giornalismo sulle armi negli Usa
    di Rino Cammilleri
    Com’era prevedibile, in un paio di giorni tutto sarebbe stato archiviato e si sarebbe parlato d’altro. Così, dopo l’omicidio in diretta e postato su Facebook, dopo che gli «esperti» hanno detto la loro, dopo il cordoglio dei giornalisti perché era toccato a un collega di casta, the show must go on e i riflettori mediatici sono subito andati a inquadrare qualcos’altro. Noi, che scrivendo su un quotidiano di opinione abbiamo la fortuna di non essere assillati dalla stretta attualità, possiamo dunque riflettere con calma.
    Innanzitutto quel che colpisce in tutta questa storia è il Banal Grande del giornalismo italiano, unanimemente appiattito sull’obamismo (spero che Donald Trump lo spazzi via a suon di pernacchie e, soprattutto, disfaccia sistematicamente questi otto anni di amministrazione love is love e orticelli bio). Tutti i tg nostrani hanno ripetuto in fotocopia l’immancabile mantra della libera vendita di armi negli Usa, responsabile – senza processo - di quel che è accaduto. L’altro mantra, regolarmente rispolverato a ogni ammazzatina americana, è quello del povero Obama impotente nei confronti della lobby delle armi.
    Non ho statistiche sottomano, ma in compenso sono bravo a suonare a orecchio. E, applicando il solo buonsenso, mi chiedo: com’è che gli americani non solo non si sono estinti a colpi di bocche da fuoco ma sono pure aumentati di numero? Come mai la libera vendita perfino di bazooka non provoca ecatombi a cadenza non giornaliera ma addirittura oraria? Seconda domanda: il porto d’armi, cioè il permesso statale di possedere una pistola o un fucile, davvero riduce il numero dei morti ammazzati?
    Credo che, sempre a orecchio (o a occhio, fate voi), un paragone percentuale tra gli omicidi in Italia (dove ci vuole il porto d’armi) e quelli negli Usa (dove non ci vuole) riserverebbe qualche sorpresa. Sì, perché noi siamo 60milioni, loro sono 320, di cui 2,2 in galera (e di questi, altra sorpresa, i neri sono solo un terzo del totale).
    Ora, una serie di riflessioni. L’assassino della giornalista e del cameraman è nero e pure gay, e sostiene di aver sparato per vendetta in quanto, essendo sia l’uno che l’altro, si sente «discriminato». Però è stato subito classificato come «pazzo». Mentre nell’Europa del porto d’armi Anders Breivik (quello che ha fatto fuori quasi ottanta norvegesi a colpi di mitra e pistole) è stato classificato, subito e all’unanimità, come un sano di mente che si fingeva pazzo per lucrare lo sconto di pena (tanto che lui stesso ha dovuto smentire).
    Sia come sia, non risulta che i detentori di porto d’armi, nei Paesi in cui c’è l’obbligo, debbano sottoporsi a visite psichiatriche quotidiane. Sì, perché uno può dar di fuori da un momento all’altro, né il porto d’armi può impedirti di ubriacarti e/o di assumere stupefacenti. Sarebbe interessante, avendone il tempo, sapere quanti omicidi in Italia sono stati perpetrati con armi da fuoco regolarmente detenute. Sempre che l’arma da fuoco sia indispensabile per far fuori qualcuno: in Italia i casi più recenti sono stati consumati con bottigliate, sacchetti di plastica e tronchi da camino dati in testa; cocci di bottiglia alla giugulare, picconi, coltelli da cucina, crick.
    Ma torniamo agli Usa. Perché gli americani ci tengono tanto a poter comprare armi senza licenza? Un motivo risiede nel fatto che sono ex inglesi, e gli inglesi ancora oggi si oppongono in massa all’introduzione della carta d’identità. Correttamente, considerano un sopruso totalitario il fatto che uno debba sempre dover dimostrare allo Stato chi è e dove abita. Gli inglesi e i loro cugini americani non hanno avuto il giacobinismo statalista diffuso dalle armate napoleoniche; anzi, lo hanno combattuto. La stessa Guerra di Secessione americana ha origine nel rifiuto del centralismo. Poi, gli americani abitano un continente con immensi spazi, e se moltissimi di loro possono vivere in fattorie isolate o in ville immerse nei boschi (come si vede nei loro film) è grazie a tre fattori: il possesso di armi, il telefono e la benzina a prezzi così bassi che noi ce li sogniamo. Senza questi tre elementi ci sarebbe la corsa alle città, e perfino l’economia ne uscirebbe sconvolta.
    Obama è il portato finale di una cultura elitaria radical-chic che negli Usa si chiama liberal ma che col liberalismo come lo intendiamo qui non ha niente a che vedere. Non è il liberalismo di Tocqueville, per intenderci, ma quello di Robespierre. E’ statalismo accentratore e soffocante, stretto parente (e non a caso simpatizzante) del marxismo, teso a regolamentare ogni più minuto aspetto dell’esistenza. E’ riuscito, infatti, a far ingoiare al popolo di John Wayne le nozze gay, e a quello di Humphrey Bogart il divieto di fumare. E se c’era una lobby potente, negli Usa, era quella del tabacco. Dunque, la storiella che il povero Obama nulla può contro i fabbricanti di armi non regge. Gli Usa tengono a bada l’abuso di libertà con un sistema penale severo ed efficace. Diversamente dal colabrodo italiano, che, al contrario, è spietato solo con l’«eccesso di legittima difesa». Altra bufala americana: andate a vedere il recentissimo film N.W.A., celebrazione dei rappers (neri) e odio puro nei confronti degli sbirri, nel quale film i poliziotti che pestano i neri sono neri pure loro. E il «ruolo della donna», in quell’ambiente, ve lo lascio immaginare.
    Il Banal Grande del giornalismo sulle armi negli Usa

    Controcanto sull’America e le armi
    Un giornalista afroamericano uccide due colleghi per questioni razziali. Come sempre, per i moralizzatori di professione è colpa delle pistole, non delle persone che le impugnano. Ma i dati li smentiscono...
    di Stefano Magni
    Un uomo, ex giornalista, afroamericano, spara a due suoi ex colleghi. I media sono tutti d’accordo: è colpa delle pistole, che sono troppe e circolano troppo liberamente. E la Casa Bianca, ovviamente, pensa e proclama: ci vuole una legge per controllare le armi. Due mesi fa, un altro uomo, bianco europeo della South Carolina, ammazza nove afroamericani in chiesa. E anche qui i media sono tutti d’accordo: è colpa della bandiera sudista che teneva in casa ed esibiva sui social network. E la Casa Bianca, anche lì, aveva pensato e proclamato: ci vuole una legge per controllare e rimuovere le bandiere sudiste.
    Ormai è questo il modo di ragionare dei moralizzatori di professione: editorialisti, preti progressisti, politici democratici. Una bandiera e una pistola sono il problema, la persona che l’impugna è una conseguenza. È strano che, se la pistola è la causa, in paesi dove le armi da fuoco sono estremamente diffuse, come la Finlandia, la Svizzera e il Canada, ci sia un tasso di omicidi molto più basso che negli Usa. È strano anche come, negli Stati americani in cui le armi sono più diffuse, gli omicidi sono più sporadici, mentre nelle città più proibizioniste, come Detroit, sono anche le più violente. È anche strano che le grandi strage siano avvenute in luoghi chiusi in cui le armi sono vietate, come la Columbine High School, il Virginia Tech, il cinema di Aurora, l’interno della base militare di Fort Hood e, più di recente, il centro di reclutamento dei marine di Chattanooga. Ma sono domande che non dobbiamo porci. Limitiamoci a dire che è sempre colpa delle pistole e della loro circolazione troppo facile, e staremmo in pace con la coscienza e con la società mediatica che ci circonda.
    Della persona che ha ucciso si guarda, al massimo, il colore della pelle. Ma solo se è bianco. Se un bianco (un matto come quello della South Carolina o un poliziotto) spara a un afroamericano, allora la notizia è quella del “bianco che spara al nero” e spesso si dice solo quello, senza sottigliare troppo sulle cause. Se, ad esempio, un delinquente afroamericano sfonda una vetrina con la sua auto e non risponde all’alt della polizia, è sempre un “poliziotto bianco che spara a un nero disarmato”. È capitato poco più di un mese fa. Solo andando a leggere gli articoli di cronaca del giorno dopo abbiamo potuto capire che la vittima non era né “innocente”, né propriamente “disarmata”.
    Nell’eccidio della South Carolina, abbiamo appreso quasi subito che un “bianco razzista” ha ammazzato “nove neri”. Al contrario, ci sono volute una dozzina di ore per capire che ad uccidere due giornalisti bianchi era stato un nero. E che li aveva uccisi perché bianchi. Nel suo testamento, infatti, aveva dichiarato di voler vendicare i nove morti della strage nella South Carolina, di essersi sentito discriminato etnicamente nel suo ufficio di aver voluto vendicarsi per un licenziamento che motivava sempre con giustificazioni etniche. Si è trattato di un omicidio razziale; commesso da uno squilibrato (e non era mica troppo giusto nemmeno lo stragista della South Carolina, però), ma sempre un omicidio razziale, a tutti gli effetti. Però questi “dettagli” sono sempre in seconda, terza, quarta riga. Perché nella prima, si deve dar la colpa delle pistole.
    Controcanto sull?America e le armi | L'intraprendente

    Sindaco vicentino propone "tassa sui gay" per aiuto famiglie
    E' Joe Formaggio, il primo cittadino di Albettone,
    VICENZA. «Vedrei bene una tassa sugli omosessuali. Non potendo procreare non faranno figli, e allora mi chiedo: Chi porterà avanti la nazione?». L'eufemismo non è cosa per Joe Formaggio, il sindaco di Albettone (Vicenza) che si vanta di dormire con «il fucile sotto il cuscino», e che dopo le 'sparatè contro Rom e immigrati ha messo nel mirino gli omosessuali. Persone da tassare - ha detto così ai microfoni dell'emittente 'Antennatrè - dal momento che, non potendo avere figli, non partecipano con la progenie al pagamento dei tributi all'Erario. «Visto che una coppia gay - ha detto Formaggio - non avrà mai dei figli, e che la nazione ha bisogno di nuovi bambini italiani, più coppie gay ci saranno e meno figli si avranno. In pratica la coppia gay si esaurisce con i due componenti, non ci saranno figli che continueranno a pagare le tasse e a portare avanti lo sviluppo della nazione». «La tassa - ha aggiunto - potrebbe servire per aiutare le famiglie con figli. Io ho tre figli e sono orgoglioso della mia famiglia».
    Joe Formaggio non è del resto nuovo a dichiarazioni e iniziative plateali. Come quando nell'aprile scorso finì indagato a Vicenza per istigazione all'odio razziale (legge Mancino) dopo aver fatto affiggere nel paese cartelli di «divieto ai nomadi». Tolti subito dopo da Prefettura e Procura di Vicenza. Non volevano essere semplici divieti di sosta. Formaggio aveva spiegato di volere un «comune denomadizzato». «Ci sono stati dei furti in passato - aveva detto - quando erano state viste carovane e altri 'baldacchinì vari. Noi rotture di c... nel nostro comune non ne vogliamo. Facciamo come nel Far West, quando scrivevano gli avvisi alle porte del paese».
    Il 'sindaco-sceriffò di Albettone era salito alla ribalta già in precedenza, guidando la protesta dei comitati cittadini all'indomani della tragica rapina alla gioielleria a Ponte di Nanto, quando il benzinaio Graziano Stacchio sparò ad un bandito - poi identificato in un nomade - uccidendolo. Fu una sua idea la t-shirt con lo slogan «Io sto con Stacchio», poi adottata per la campagna sulla sicurezza da Fratelli d'Italia e Lega.
    Sindaco vicentino propone "tassa sui gay" per aiuto famiglie - Giornale di Sicilia

    La legge Cirinnà e il desiderio di estinzione
    di Camillo Langone
    C’è un vescovo a Ferrara. Si chiama Luigi Negri e pubblicamente ha dichiarato: “La Chiesa non può non giudicare, così come nessun uomo può vivere senza giudizio. La fonte del giudizio della Chiesa è la fede”. Io, che della Chiesa faccio parte, giudico la protervia omosessualista sulla base della mia fede in Genesi 19, Matteo 19, Romani 1. Nemmeno volendo potrei astenermi dal condividere il giudizio di Dio. Nemmeno volendo potrei astenermi dal giudicare Giorgio Tonini, senatore democratico e sedicente cattolico che briga per “un trattamento omogeneo tra la condizione della coppia coniugata e quella della coppia omosessuale”, una sanguisuga sul corpo piagato di Cristo.
    Verrà approvato il disegno di legge Cirinnà? E’ probabile, gli italiani sono ansiosi di estinguersi e pronti ad applaudire il trasferimento di soldi e attenzioni dalle coppie prolifiche alle coppie sterili. Ma, come dice appunto il vescovo di Ferrara, “una stupidaggine resta tale anche se è votata dalla maggioranza. La soggezione a un certo modo di concepire la democrazia è lontanissima dalla Chiesa”. Dio ce lo conservi, Luigi Negri.
    La legge Cirinnà e il desiderio di estinzione

    "Basta propaganda gender nelle scuole della Lombardia", la crociata della Lega in Regione
    Il Carroccio presenta una mozione sull'educazione all'affettività e si scaglia contro "i sedicenti educatori che vorrebbero inculcare a forza nella testa dei ragazzi idee strane e pericolose".
    La Lega nord ha presentato oggi al Consiglio regionale della Lombardia una mozione sull'educazione all'affettività nelle scuole lombarde. L'obiettivo, per dirla con le parole del primo firmatario nonché capogruppo del carroccio al Pirellone Massimiliano Romeo, è "fare in modo che la cosiddetta teoria del gender non venga insegnata nelle scuole lombarde e che il materiale divulgativo relativo a quest'ultima sia ritirato".
    Gli esponenti lombardi del Carroccio hanno in sostanza voluto seguire l'esempio del Veneto, dove all'inizio di settembre è stata approvata una mozione contro "ideologie destabilizzanti e pericolose per lo sviluppo degli studenti": "Siamo preoccupati - spiega Romeo - per quanto accade in certi istituti ad opera di taluni sedicenti educatori che vorrebbero inculcare a forza nella testa dei nostri ragazzi idee strane e pericolose. Queste teorie infatti partono da assunti del tutto opinabili, quali l'incentivo alla masturbazione infantile, il superamento della famiglia tradizionale, vista come obsoleta, e il fatto che l'identità sessuale sia totalmente indipendente dal dato biologico".
    Romeo sottolinea di avere "rispetto per le differenze e per l'orientamento sessuale di tutti". Tuttavia, sottolinea, "non possiamo tollerare che si faccia propaganda in luoghi che non sono deputati a questo scopo. Vogliamo porre l'accento infatti sul ruolo preponderante dei genitori nell'educazione dei ragazzi, una funzione superiore e invalicabile da parte delle scuole, che, piaccia o meno a certi docenti poco attenti all'insegnamento e molto attivi nella militanza, devono tenere conto delle esigenze e dei valori delle famiglie nella redazione dei piani dell'offerta formativa".
    "Basta propaganda gender nelle scuole della Lombardia", la crociata della Lega in Regione - Repubblica.it Mobile

    Orban le suona all'Europa: "Ue incapace di gestire gli immigrati"
    "Il flusso di migranti minaccia le radici cristiane dell'Europa".
    Sergio Rame
    "Il flusso di migranti in Europa minaccia le radici cristiane del continente e i governi dovrebbero controllare le loro frontiere prima di decidere quanti richiedenti asilo possano accogliere".
    In un editoriale scritto per il quotidiano tedesco Frankfurt Allgemeine Zeitung, Viktor Orbàn prende di petto l’emergenza migratoria. E accusa la gran parte dei governi europei di non essere in sintonia con i propri cittadini. "La gente vuole che noi gestiamo la situazione e proteggiamo i nostri confini - spiega il premier ungherese - solo quando avremo protetto le frontiere ci si può chiedere quanti rifugiati possiamo accogliere o se ci debbano essere quote".
    "Non costruiamo il muro per divertimento ma perchè è necessario". Orbàn non indietreggia di un millimetro. Anzi, incontrando il presidente dell'Europarlamento Martin Schulz, accusa i leader Ue e difende le misure approvate per difendere l'Ungheria dall'invasione di immigrati. A partire dai 175 chilometri di muro costruito al confine fra Ungheria e Serbia per "costringere chi vuole entrare a registrarsi" e non per "non fare entrare" gli immigrati. "Con la nostra barriera non difendiamo solo l’Ungheria, ma anche l’Europa - spiega - rispondiamo alla paura della gente". "Se non riusciamo a difendere i nostri confini Schengen è a rischio", aggiunge sostenendo che"ogni politico europeo che prometta una vita migliore e incoraggi a lasciare tutto e rischiare la vita per venire in Europa, è irresponsabile".
    "I leader europei hanno dimostrato chiaramente di non essere in grado, di non avere la capacità di gestire la situazione - continua - è noto che tocca ai singoli Paesi controllare le frontiere esterne. E questo sta facendo l’Ungheria".
    Orban le suona all'Europa: "Ue incapace di gestire gli immigrati" - IlGiornale.it

    Vescovi in Italia e vescovi in Polonia, Ungheria e Slovacchia. Scopri le differenze
    di STEFANIA PIAZZO
    Che differenza passa tra il cattocomunismo e il comunismo? Ne passa. Applicato ai giorni nostri, il buonismo nostrano è esemplificato nella posizione della Conferenza episcopale italiana che, per voce appunto dei suoi vescovi, esorta all’accoglienza senza frontiere dei migranti. E’ la posizione di mons. Galantino, presidente della Cei e del suo seguito. Posizione condivisa dalla sinistra di governo e dai postdemocristiani che vi governano assieme. Ma, quella della Cei, non è la posizione dei vescovi di Polonia, né quella dei vescovi di Slovacchia né, tantomeno, quella dei vescovi di Ungheria. Le loro rispettive Cei hanno detto qualcosa in contrario rispetto alle scelte dei loro governi, a maggioranza cristiano-cattolica, ovvero di accogliere solo i profughi certificati e non solo, purché cristiani? Slovacchia e Ungheria si sono pronunciate così con marcata decisione, con un ministro degli Interni ungherese peraltro dichiaratamente cattolico. E con un muro costruito per arginare gli arrivi di migranti. Ma i vescovi là non hanno dissentito, a quanto pare.
    Ma andiamo avanti. In Polonia di recente nelle chiese è stato letto e diramato un messaggio vescovile di esortazione per l’accoglienza dei profughi cristiani. Il Vaticano non è intervenuto per scomunicare nessuno. D’altra parte la Chiesa dice di voler professare il dialogo con la cultura. In questo caso, con l’estero e con l’Italia, ci pare eserciti il dialogo col potere. Con il potere dell’est che non disapprova, perché altrimenti dovrebbe disapprovare le chiese piene e i seminari pieni di Ungheria, Polonia e Slovacchia, a differenza di quelli semivuoti di mons. Galantino. Con il potere nostrano, con cui condivide la filosofia cattocomunista dell’accoglienza per tutti. In Italia.
    All’estero non si intromette negli affari degli altri cattolici guidati da altri vescovi, come visto. Affermava di recente il ministro ungherese dell’Interno, Peter Szijjarto: “I paesi dell’Ue cercano una soluzione, ma l’Ungheria non può permettersi di aspettare più a lungo. Stiamo parlando di un tratto di confine lungo 175 km (110 miglia), la cui chiusura fisica potrà essere realizzata con una recinzione alta quattro metri”. “Nel 2014 l’Ungheria ha accolto più rifugiati pro capite di qualsiasi altro paese Ue, Svezia esclusa”. (fonte RaiNews).
    Sorprende che la stampa italiana, anche quella che dipende dai vescovi italiani, non racconti che nei paesi cattolici diversi dall’Italia, il tema dell’accoglienza sia affrontato diversamente dai vescovi e dai governi dove il fronte cattolico è maggioritario e non minoranza. Qualcosa non quadra. Il dovere di non tacere è evangelico. Mentre Paolo era a Corìnto, una notte, in visione, il Signore gli disse: «Non aver paura; continua a parlare e non tacere”. Il dovere di non tacere, di testimoniare la verità è evangelico. Eppure in Italia il dovere di informare su quanto accade nei paesi cattolici, da parte di certa stampa cattolica, non è una priorità. Tacere è dichiarato persino diabolico. O, per non usare termini troppo roboanti e complottisti, è pecoronismo.
    Accoglienza, paese che vai, vescovi che trovi... | L'Indipendenza Nuova

    Caro Francesco, respingere immigrati è un atto umanitario
    di Gabriele Carrer
    Caro Francesco,
    questa volta il ditino lo alziamo noi. Per una volta tocca a noi sostituire quelle Cicale di lusso che crocifissero Oriana Fallaci dopo Hanoi ad esempio, ma soprattutto dopo l’Undici Settembre. Quelle Cicale, quegli intellettuali che passano le loro giornate nell’attesa di uno squillo di telefono, nella speranza che all’altro capo ci sia proprio tu, il Papa rivoluzionario, buono e giusto, anticapitalista, no global e pauperista. Ora che hanno trovato la loro guida hanno dismesso le giubba rossa da mangiapreti per indossare la tonaca dei compagni. Possiamo solo immaginare quei volti che, pur perennemente corrucciati, si sono aperti alla gioia dell’illuminazione quando hanno sentito le tue parole: «Respingere i profughi è un atto di guerra».
    Beh, sai che ti dico Francy? (Perdona la confidenza. Ma penso a quel noioso e bacchettone del tuo predecessore Benny che non faceva altro che condannare le violenze dell’Islam e difendere i suoi fedeli. Tu, invece, hai il coraggio di difendere un simbolo, falce e martello, che ha seminato e predicato morte e povertà per decenni. Come faccio a non provare simpatia per te?) Sai che ti dico? Stai sbagliando, Francy. Stai sbagliando di grosso. E già sento il cicaleccio benpensante «razzista-razzista». Non mi curo di loro, guardo, passo e rido. Rido perché chiamarli profughi è nella maggior parte dei casi un errore grossolano. Quasi mai si tratta infatti di persone che fuggono «dal proprio luogo d’origine, in seguito a calamità naturali, eventi bellici, persecuzioni politiche» (definizione del dizionario Hoepli, disponibile su repubblica.it). Rido perché ritieni un «atto di guerra» i respingimenti del governo malese a danni dei musulmani Rohingya perseguitati in Myanmar. Quegli stessi Rohingya che proprio in Myanmar si sono macchiati di odiosi crimini. Ma lo stesso non fai con le persecuzioni dei tuoi fedeli uccisi dai figli di Allah con il coltello.
    Respingere non è un atto di guerra, «respingere è umanitario». Non sono le parole di Matteo Salvini, quel politico italiano che spesso viene accusato di speculare sull’immigrazione. Sono le parole del generale Andrew James Molan, una delle menti dell’operazione Confini Sovrani attuata dal conservatore Tony Abbott, premier d’Australia, leader di un paese in cui sembra che la Marina si comporti da forza armata e non da cooperante. In un’intervista dello scorso aprile a Il Foglio ha presentato l’operazione: le navi entrate illegalmente nelle acque australiane vengono respinte. Garantendo la sicurezza delle persone a bordo, «si gira la prua degli scafi e si riaccompagna la nave al confine delle acque territoriali australiane». Con l’obiettivo di evitare ingressi illegali e, udite udite, salvare vite umane, i primi respingimenti hanno funzionato da deterrente e gli arrivi illegali sono risultati 157 nel 2014 contro gli oltre ventimila dell’anno precedente. E Dio solo sa quante le vite salvate dalle onde del mare.
    Altrimenti, una soluzione per l’Italia ci sarebbe, Francy. Una Ellis Island tricolore. Sì, perché è anche ora di sfafare il mito degli italiani accolti a braccia aperte negli Stati Uniti. Accolti a braccia aperte certo, ma solo dopo controlli di idoneità ed ispezioni igieniche. Scegli tu: Pianosa, come proposto da Massima Nava del Corriere della Sera e da Maurizio Crippa de Il Foglio, o se preferisci avere i tuoi fratelli più vicini potremmo fare arrivare i barconi via Tevere a Castel Sant’Angelo.
    Hai visto, Francy, le strade per salvare vite umane ci sono. Ma tra queste non ci sono i sermoni perbenisti che alimentano false speranze regalando per l’eternità al mare migliaia di vite umane. Non c’è la retorica falso-buonista che promette l’America ma regala quei Buzzi che speculano sulla disperazione. E non c’è neanche quella solidarietà imposta dall’alto che altro non fa che alimentare proteste ed odio. Perché la solidarietà è bella e gratificante se volontaria, odiosa ed indigesta se forzosa. Tra i tuoi viaggi e le tue peregrinazioni nel mondo, salpa in direzione dell’Australia, porta i saluti al premier Abbott, ricevi il generale Molan. Abbandona le odiose compagnie del cicaleccio e salva, davvero, vite umane.
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