Alle scuole la scelta degli insegnanti. Ecco come si rimette in moto un paese
Con la legge appena licenziata dalla giunta formigoniana l’autonomia degli istituti diventerà finalmente realtà affermandosi il principio della libertà di reclutamento: le scuole statali potranno reclutare i docenti attraverso un concorso di istituto.
Di Luigi Amicone
Rimpasto di giunta, candidatura di Corrado Passera, “piano crescita”. Delle tre mosse con cui Roberto Formigoni si è lasciato alle spalle (per adesso) l’offensiva mediatico-giudiziaria, la terza è certamente quella più degna di nota. Serve a ricordare, se ce ne fosse bisogno, che il governo Monti può ricevere tutti gli applausi che vuole a Bruxelles, Berlino e anche a Wall Street. Ma se il problema è la crescita, cioè la ripresa di produttività del sistema Italia, niente è più necessario ai tecnici che stanno a Roma della politica che ha fatto della Lombardia l’unica regione italiana dagli standard nordeuropei.
Si chiama “Misure per la crescita, lo sviluppo e l’occupazione”, la legge licenziata la settimana scorsa dalla giunta formigoniana ed è un pacchetto di norme a costo zero che introducono radicali innovazioni e liberalizzazioni a tutti i livelli: dalla formazione al mercato del lavoro, dal sistema di istruzione alla formazione professionale, dal governo del territorio alle infrastrutture, dall’edilizia alla cultura, dall’energia all’ambiente.
Ma dei 65 articoli di cui è composta la legge, ve n’è uno di assoluto rilievo. È l’articolo 8 e riguarda la scuola. Oggi il reclutamento degli insegnanti, i percorsi di carriera, sono governati da meccanismi che mescolano precarietà e inamovibilità, senza un legame con le esigenze educative, con meriti e capacità. Con la nuova legge, almeno in Lombardia, l’autonomia scolastica diventerà finalmente realtà affermandosi il principio della libertà di reclutamento. Le scuole statali potranno infatti reclutare il personale docente con un concorso di istituto i cui criteri saranno stabiliti dalla giunta. Ciò nell’ottica di liberare un sistema ingessato e favorire lo sviluppo di progetti didattici diversificati e coerenti anche rispetto alle richieste del mercato del lavoro.
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Tra le righe
Di Corrado Passera possibile candidato in quota (anche) Pdl per la guida di Palazzo Chigi si discute da tempo. Più o meno al riparo da ascoltatori indiscreti, nelle segrete stanze, sono settimane che il nome del Ministro dello Sviluppo Economico circola come possibile Papa straniero. Straniero per molti se è vero come è vero che il "lodo Passera" prevederebbe un accordone Pdl-Pd-Terzo Polo e una grosse coalition che più grosse non si può con Lega, Idv e Vendola fuori dai giochi e un governo per metà democristiano e per l'altra metà in perfetta continuità con l'esecutivo Monti.
L'uscita di Roberto Formigoni è il tentativo di sparigliare e di non arrendersi all'inevitabilità (tutta presunta) di un candidato neutro per le politiche 2013. Formigoni non ha detto che Passerà dovrebbe essere il candidato ma che "se [...] dicesse di condividere i nostri ideali e chiedesse di correre alle primarie, sarebbe un fatto positivo" e che "nessuno potrebbe impedirgli di partecipare".
Il non-detto è molto semplice: vuole essere il candidato del Pdl? Si faccia contare. Peccato però che le ipotesi di primarie per la scelta del candidato premier rappresentino il percorso esattamente opposto rispetto ad una possibile candidatura di Passera. Primo perché il titolare dello Sviluppo Economico dovrebbe incarnare l'identikit un candidato non-partisan, secondo perché tutto accetterebbe meno che di farsi logorare in una competizione che, gli attuali congressi pidiellini lo confermano, premia più i muscoli e l'organizzazione di partito che i giocatori dai piedi buoni con ottime entrature nei salotti che contano.
Formigoni voleva bruciare Passera. E, stando alle reazioni di queste ore, l'operazione gli è riuscita benissimo
The Right Nation - Tra le righe
Tagliani chiede scusa all'arcidiocesi
"L'Ici dovuta è sempre stata pagata", precisa il sindaco
Ferrara
Venerdì 17 febbraio alle 15, nella sala di Giunta della residenza Municipale, il sindaco Tiziano Tagliani e l'assessore Luigi Marattin hanno incontrato i giornalisti per fornire alcuni chiarimenti sul tema Ici e immobili dell’Arcidiocesi di Ferrara – Comacchio.
In merito al video prodotto dai Radicali su tre immobili appartenenti all’Arcidiocesi di Ferrara che vengono dichiarati esenti dall’imposta comunale è stato precisato che tale informazione non corrisponde al vero a causa di una nota errata inviata dall'amministrazione.
Il sindaco e l’assessore al bilancio hanno chiesto scusa a Monsignor Danilo Bisarello, a Don Marco Bezzi e all’Arcidiocesi tutta, per l’errore commesso garantendo che chiederanno, ai realizzatori del video, di ritirarlo essendo basato su dati, forniti dall’Amministrazione comunale, non corretti.
Tagliani si genuflette alla Diocesi: "Uno sbaglio clamoroso sull'Ici"
La gaffe del Comune
Molti immobili esentati pagano regolarmente: "Errore grave"
di Stefano Lolli
«Siamo nei guai...». Inizia così l’atto di contrizione del sindaco Tiziano Tagliani, dopo la scoperta dell’errore — compiuto dall’Ufficio Tributi del Comune — sull’Ici degli immobili di proprietà della Chiesa. Esaminando la richiesta dei Radicali relativa a un elenco riferito genericamente alla Curia, il Comune ha dato per esenti molte strutture per le quali invece l’imposta sugli immobili viene pagata regolarmente. Addirittura due (Gesuati e Cenacolo) inseriti dai Radicali nel video diffuso da YouTube, suscitando l’ira della Diocesi.
Ieri in un clima di forte imbarazzo, il sindaco Tagliani e l’assessore alle Finanze Luigi Marattin si sono presentati alla stampa per chiarire. E per genuflettersi: anche di fronte a un emissario della Curia che ha filmato le loro dichiarazioni. Non si sa se per inserire anche queste su YouTube, per proiettarla nelle messe domenicali o com’è più probabile per mettere agli atti l’ammissione di un errore tanto grossolano. «I nostri uffici avrebbero dovuto verificare con più attenzione la richiesta dei Radicali — prosegue il pentimento di Tagliani —: ciò ha causato qualche guasto. Nel tentativo di dare una risposta veloce, non c’è stata un’adeguata verifica». Sarebbe bastato poco per scoprire che il Seminario paga complessivamente 23,261 euro annui di Ici (dei quali 10,860 per l’hotel dei Gesuati), e che anche Il Cenacolo di via Fabbri, utilizzato come bed & breakfast, versa 1093 euro in quanto immobile storico. Ed anche nell’elenco degli ‘esentati’, ammette il sindaco, «molti pagano l’Ici: ci siamo sbagliati in maniera macroscopica». Al punto che ora l’assessore Marattin non si dice «più sicuro della validità delle cifre di introito date nei giorni scorsi...».
Una gaffe clamorosa. E se Marattin e Tagliani accettano «ogni responsabilità politica», poi scatta la reazione sugli autori materiali dell’errore: «Se sbagli gravi vengono compiuti da un lavoratore del privato, vi sono conseguenze gravi: decurtazione di stipendio, fino al licenziamento per la vituperata giusta causa — tuona l’assessore —, se lo stesso errore capita nel pubblico, non accade nulla». Marattin non generalizza: «I lavoratori pubblici sono stati a lungo ingiustamente bistrattati, ma deve finire anche la sostanziale irresponsabilità per gli errori commessi». Pronto perciò a valutare la propria...penitenza politica, Marattin chiude dicendo di aver chiesto «al sindaco e al direttore generale di assumere provvedimenti conseguenti».
Tagliani si genuflette alla Diocesi: "Uno sbaglio clamoroso sull'Ici" - Il Resto Del Carlino - Ferrara
Origini teologiche dei diritti umani
Nel loro “Filosofia”, vol. I, C. Esposito e P. Porro raccontano come nei primi secoli del cristianesimo i pagani cresciuti alla scuola dei filosofi antichi non comprendevano soprattutto due idee innovative proprie della teologia cristiana: la creazione e l’Incarnazione.
Sono concetti filosofici che in qualche modo, come dimostra la battaglia continua sulla bioetica, non sono compresi neppure oggi. Si sono persi, dopo essersi imposti per secoli, sconfiggendo il pensiero filosofico antico.
La creazione biblica è “creazione dal nulla”: essa comporta l’affermazione secondo cui l’Essere assoluto non coincide con il mondo. Un’idea che risultava inconcepibile a chi, come Aristotele, riteneva che l’universo non fosse mai cominciato e fosse destinato a durare in eterno, in quanto senza un inizio e senza fine. Un’ idea che oggi, che sappiamo che il mondo è cominciato e finirà, rimane purtuttavia incomprensibile, per un altro motivo: ciò che è mondano è divenuto l’unico orizzonte in cui ci muoviamo. Sono i valori che la cultura contemporanea impone che rendono di fatto eterna la finitudine del mondo.
Il concetto di creazione porta con sé, soprattutto, una nuova antropologia: dove vi è un Dio Creatore, infatti, l’uomo non è più annullato nella materia, parte transeunte di essa, da sempre e per sempre esistente (monismo materialista), e neppure parte della divinità, frammento di essa, negato come individuo (monismo panteista). No, nella concezione della creazione, l’uomo non coincide con una particella di Dio, non si dissolve in Lui, e neppure nella materia: è a immagine e somiglianza di Dio, è un soggetto a se stante, unico, irripetibile, individuale, nell’anima e nel corpo.
E’ da questa visione cristiana che è derivato il concetto di dignità del singolo, e quello dei diritti umani in senso moderno. Se l’uomo è creatura, infatti, non è padrone della vita, né sua né del suo prossimo, in quanto, appunto, creato. L’uomo non può fare tutto ciò che vuole, perché non è padrone della realtà, e quindi del bene e del male. In secondo luogo, però, i diritti umani provengono non solo da un limite, ma anche da un attributo positivo: la dignità dell’uomo sta soprattutto nel suo essere creato “a immagine e somiglianza di Dio”.
A ciò si aggiunga l’Incarnazione. Questo insegnamento cristiano non fa che accrescere l’importanza dell’uomo, lo eleva ulteriormente: Dio ha scelto di farsi come noi, per redimerci; ha voluto vestire la condizione umana, elevando l’uomo al cielo, riscattandolo dal peccato originale. L’uomo è degno dell’amore immenso di Cristo.
Si può ben comprendere allora perché sant’Ambrogio nel suo commento al libro della Genesi, l’Esamerone, attribuisca all’uomo, nel pieno rispetto del pensiero biblico, un posto e un ruolo nell’universo assolutamente nuovo. Per Ambrogio la creazione si conclude “con la formazione di quel capolavoro che è l’uomo”, “gloria di Dio”, “culmine dell’universo e suprema bellezza di ogni essere creato”. Per Ambrogio la creatura umana riassume, ricapitola, contiene in sé la complessità degli esseri creati, ed è il senso e il fine di tutto l’universo. Il santo vescovo di Milano arriva a scrivere: “Creò il cielo, e non leggo che si sia riposato; creò la terra, e non leggo che si sia riposato; creò il sole, la luna, le stelle, e non leggo che nemmeno si sia riposato; ma leggo che ha creato l’uomo e che a questo punto si è riposato”.
Da questa visione cristiana, che fa del limite e della grandezza dell’uomo due facce della stessa medaglia, l’origine e il perché della sua dignità, è nato il riconoscimento della dignità di tutti, anche degli schiavi, delle donne, dei bambini, dei malati….Qualcosa di nuovo, che non era mai accaduto prima dell’avvento di Cristo e della Chiesa.
Ma questa dignità è oggi nuovamente negata per i bambini malformati, o “inopportuni”, o per gli embrioni rinchiusi nella provetta o uccisi per esperimenti di clonazione, e lo sarà, a breve, per i malati terminali e chissà ancora per chi. L’origine di questa nuova visione sta nel capovolgimento dei dogmi cristiani ricordati: l’uomo non si riconosce più creatura dipendente, non riconosce più un bene e un male oggettivi, e quindi nega ogni limite nella sua azione rispetto ai propri simili; i quali, non essendo dotati di una dignità immensa, perché non più “a immagine e somiglianza di Dio”, non più amati, né voluti né redenti da Lui, possono essere soppressi dal più forte.
Il medico che uccide un bambino o un malato e lo scienziato che clonano l’uomo, dunque, non riconoscono la propria creaturalità, e cioè il proprio limite, in nome di una cultura che si presenta, falsamente, come emancipatrice dell’uomo. Ma così facendo, nel contempo, finiscono per negare anche quella grandezza dell’uomo, compresa la loro, che credono di affermare. “Se è grave alterare l’opera di Dio (cioè l’uomo, ndr)- scrive sempre Ambrogio-, che diremo di coloro che uccidono l’opera di Dio, che versano sangue umano, che tolgono la vita che Dio ha dato?”.
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