LA COMUNE NON E' MORTA
(CHI HA PAURA DELLA COMUNE?)

Internazionale Situazionista

Il diritto uguale di tutti ai beni e alle gioie di
questo mondo, la distruzione di ogni autorità, la
negazione di ogni freno morale, ecco, se si scende
alla radice delle cose, la ragion d’essere
dell’insurrezione del 18 marzo e il programma
della terribile associazione che le ha fornito un
esercito.
Inchiesta parlamentare sull'insurrezione
del 18 marzo 1871.
Coloro che parlano di rivoluzione e di lotta di
classe senza riferirsi esplicitamente alla vita
quotidiana, senza comprendere ciò che vi è di
sovversivo nell’amore e di positivo nel rifiuto radicale
di tutte le costrizioni, si riempiono la bocca
di un cadavere.
Comitato Enragés - Internationale situationniste
Parigi, maggio 1968.
Occorre riprendere lo studio del movimento operaio classico in maniera
disingannata, e disingannata, prima di tutto, per quanto riguarda i suoi
eredi politici o pseudoteorici, poiché essi non possiedono che l’eredità
della sua disfatta. Il successo apparente di questo movimento è l’insieme delle sue disfatte
fondamentali (il riformismo o l’installazione al potere di una burocrazia statale) e le sue
sconfitte (la Comune e la rivolta delle Asturie) sono, a tutt’oggi, i suoi successi aperti, per
noi e per l’avvenire.

2. La Comune è stata la più grande festa del 19° secolo. Alla base di essa si trova
la convinzione degli insorti di essere divenuti padroni della loro propria storia, non
tanto al livello della decisione politica “governativa”, quanto invece a livello della vita
quotidiana, in quella primavera del 1871 (per esempio il gioco di tutti con le armi; il che
significa giocare con il potere). E’ anche in tal senso che bisogna capire Marx: «la più
grande misura sociale della Comune è stata la sua esistenza in atto».

3. La frase di Engels: «Considerate la Comune di Parigi.
Era la dittatura del proletariato» deve essere presa sul serio, come base per mostrare ciò che non é la dittatura del proletariato in quanto regime politico (le differenti forme di dittatura sul proletariato, in suo nome).

4. Tutti hanno potuto muovere delle giuste critiche alle incoerenze della Comune,
alla mancanza palese di un apparato. Ma poiché noi siamo oggi convinti che il problema
degli apparati politici sia molto più complesso di quanto non pretendano gli eredi
dell’apparato di tipo bolscevico, é tempo di considerare la Comune non solo come primitivismo
rivoluzionario passato di cui si superano tutti gli errori, ma come un’esperienza positiva
di cui non si é ancora ritrovata e compiuta tutta la verità.

5. La Comune non ha avuto capi. E questo in un periodo storico nel quale l’idea
che fosse necessario averne dominava completamente il movimento operaio. Così si spiegano,
prima di tutto, le sue sconfitte e i suoi successi paradossali. Le guide ufficiali della
Comune erano degli incompetenti (se si prende, come riferimento, il livello di Marx, o
anche di Lenin e persino di Blanqui). Ma in compenso, gli atti “irresponsabili” di quel
momento sono precisamente da rivendicare per il seguito del movimento rivoluzionario
del nostro tempo (anche se le circostanze li hanno limitati quasi tutti allo stadio distruttivo
- l’esempio più conosciuto é l’insorto che dice al borghese sospetto, che afferma di non
essersi mai occupato di politica: «E’ proprio per questo che ti uccido»).

6. L’importanza vitale dell’armamento generale del popolo è manifestata, praticamente
e teoricamente, dall’inizio alla fine del movimento. Nell’insieme, non si è rinunciato,
in favore di distaccamenti specializzati, al diritto di imporre con la forza una
volontà comune. Il valore esemplare di questa autonomia dei gruppi armati ha il suo rovescio
nella mancanza di coordinazione: il fatto di non avere, in nessun momento, offensivo
o difensivo, della lotta contro Versailles, portato la forza popolare a livello
dell’efficacia militare; ma non si deve dimenticare che in Spagna la rivoluzione, e infine
la guerra, sono state perdute in nome della trasformazione in “esercito repubblicano”. Si
può pensare che la contraddizione tra autonomia e coordinazione dipendesse, in larga misura,
dallo sviluppo tecnologico dell’epoca.

7. La Comune rappresenta, fino ad ora, la sola realizzazione di un urbanismo
rivoluzionario, poiché essa ha attaccato, nella pratica, i segni pietrificati
dell’organizzazione dominante della vita, riconoscendo lo spazio sociale in termini politici,
rifiutandosi di credere che un monumento possa essere innocente. Coloro che riconducono
questo aspetto ad un nichilismo da sottoproletari, all’irresponsabilità delle incendiarie,
devono, in contropartita, confessare tutto ciò che essi considerano positivo, da conservare,
nella società dominante (si vedrà che é praticamente tutto).

8. Più che dalla forza delle armi, la Comune di Parigi é stata vinta dalla forza
dell’abitudine. L’esempio pratico più scandaloso é il rifiuto di ricorrere al cannone per
impadronirsi della Banca di Francia, mentre c’era un così grande bisogno di denaro. Durante
tutto il periodo in cui la Comune ha tenuto il potere, la banca é rimasta un’enclave
versagliese dentro Parigi, difesa da qualche e fucile e dal mito della proprietà e del furto.
Le altre abitudini ideologiche sono state estremamente nocive a tutti gli effetti (la risurrezione
del giacobinismo, la strategia disfattista delle barricate in ricordo del ’48, ecc.).

9. La Comune mostra come i difensori del vecchio mondo beneficino sempre,
per un aspetto o per l’altro, della capacità dei rivoluzionari; e soprattutto di coloro che
pensano la rivoluzione. E precisamente là dove i rivoluzionari pensano come loro. Il
vecchio mondo mantiene così delle basi (l’ideologia, il linguaggio, i costumi, i gusti) nello
sviluppo dei suoi nemici, e vi si inserisce per riguadagnare il terreno perduto. (Solamente
il pensiero in atto, naturale per il proletariato rivoluzionario, gli sfugge una volta per tutte:
la Corte dei Conti é bruciata). La vera “quinta colonna” è nello spirito stesso dei rivoluzionari.

10. L’aneddoto degli incendiari che negli ultimi giorni erano andati per distruggere
Nôtre Dame, e che si erano scontrati con il battaglione degli artisti della Comune, é
ricco di senso: è un buon esempio di democrazia diretta. Esso mostra anche, più oltre, i
problemi ancora irrisolti nella prospettiva del potere dei Consigli dei lavoratori. Quegli
artisti, unanimi, avevano ragione di difendere una cattedrale in nome di valori estetici
permanenti, e in definitiva, in nome dello spirito dei musei, quando altri uomini volevano
quel giorno accedere all’espressione di se stessi, traducendo, con la demolizione della
chiesa, la propria sfida totale ad una società che, con la sconfitta della Comune, si accingeva
a respingere tutta la loro vita nel nulla e nel silenzio? Gli artisti della Comune,
comportandosi da specialisti, si trovavano già in conflitto con una manifestazione coerentemente
estremista della lotta contro l’alienazione. Bisogna rimproverare agli uomini
della Comune di non aver osato rispondere al terrore totalitario del potere con l’impiego
della totalità delle loro armi. Tutto induce a credere che i poeti che hanno tradotto in quel
momento la poesia sospesa nella Comune siano stati fatti sparire. La massa degli atti
incompiuti della Comune fa sì che divengano “atrocità” le azioni abbozzate, e che i ricordi
siano censurati. La frase «coloro che fanno delle rivoluzioni a metà non fanno che scavarsi
una tomba» spiega anche il silenzio di Saint-Just.

11. I teorici che restituiscono la storia di questo movimento adottando il punto di
vista onnisciente di Dio, hanno gioco facile nel mostrare che la Comune era oggettivamente
condannata, che essa non aveva possibilità di sbocco. Non bisogna dimenticare
che, per coloro che hanno vissuto l’avvenimento, lo sbocco era là.

12. L’audacia e l’immaginazione della Comune non si misurano, evidentemente,
in rapporto alla nostra epoca, ma in rapporto alla banalità di allora nella vita politica, intellettuale,
morale. In rapporto alla solidarietà di tutte le banalità alle quali la Comune
ha appiccato il fuoco. Così, considerando la solidarietà delle banalità attuali, si può concepire
l’ampiezza della creatività che possiamo attenderci da un’esplosione uguale.

13. La guerra sociale di cui la Comune é un momento dura tuttora (benché le sue condizioni superficiali siano molto cambiate). Per l’opera di «rendere coscienti le tendenze incoscienti della Comune» (Engels), non é stata detta l’ultima parola.

Una aggiunta

Cento anni fa, in Francia, la borghesia riconfermata al potere, rivelando di sapere che ogni attacco portato con conseguenza ai fondamenti di tale potere é un attacco ai fondamenti del cristianesimo (e viceversa), erigeva, per mezzo di una sottoscrizione nazionale,l’orrendo Sacré Coeur, perché la Nazione espiasse di fronte a Dio i misfatti commessi dai Comunardi. Oggi, il Potere commemora la Comune. Indubbiamente sono fatti che danno da pensare.
La sinistra, dai riformisti borghesi ai neobolscevichi, fa bene a celebrare la Comune.
E’ tutto ciò che il suo ruolo nella presente organizzazione sociale le consente e le
impone di fare. Ma ancora per poco. Presto, il fantasma che tutti i poteri della Terra,
quelli già installati e quelli che sperano di esserlo un giorno, cercano con questi riti di
esorcizzare, tornerà a farli tremare. Coloro che si richiamano a Lenin, a Stalin, a Mao
Tse-Tung, parlano oggi in nome della Comune: il 18 marzo 1921, il giorno dopo aver
concluso il massacro dei 16.000 marinai e operai del Soviet insorto di Kronstadt con la
fucilazione in massa dei prigionieri, degli ostaggi e di quei Soldati Rossi che si erano
ammutinati rifiutando di partecipare alla repressione, Trotsky e Zinoviev celebravano, per
lo spettacolo del movimento comunista mondiale, il 50° anniversario della Comune di Parigi,
accusando Thiers e Gallifet delle stragi compiute contro i Comunardi. Ecco un altro
fatto che dà da pensare.
Gli stalino-cristiani e i neoleninisti, manipolando il significato storico della Comune,
non possono che deformarne o ignorarne gli aspetti più radicali e più veri, ed assimilare,
coprendola con la coltre di noia e di banalità dell’ideologia, la prima Rivoluzione
sociale del proletariato europeo alle rivoluzioni burocratiche e sottosviluppate che essi
ammirano. Ne va della loro sopravvivenza. Questi militanti, eredi di una generazione
che ha conosciuto tutte le sconfitte e consumato tutte le menzogne del periodo della disgregazione
del movimento operaio rivoluzionario, questi specialisti della gerarchia e del
sacrificio, hanno tutto da temere dalle verità che la Comune ha annunciato di fronte al
mondo: l’emancipazione dei lavoratori sarà opera dei lavoratori stessi; la Rivoluzione
sarà una festa o non sarà.
La prima grande “sconfitta” del potere proletario é in realtà una sua prima grande
vittoria poiché, per la prima volta il proletariato ha affermato la propria capacità storica di
dirigere, in maniera libera, tutti gli aspetti della vita sociale. Allo stesso modo, la grande
“vittoria” proletaria, la rivoluzione bolscevica, non é in definitiva che la sua disfatta più
carica di conseguenze.
I segni che già annunciano il secondo e definitivo assalto del proletariato internazionale
ai bastioni dell’alienazione, dovunque, annunciano anche il ritorno visibile delle
aspirazioni e del programma che la Comune conteneva essenzialmente: la soppressione di
tutto ciò che esiste separatamente dagli individui, la liberazione totale della vita quotidiana.

Che i recuperatori e i burocrati vengano zittiti!
Che il proletariato rivoluzionario si riappropri della sua storia nascosta!
Che storia e coscienza di classe divengano una cosa sola!


Viva la Comune