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  1. #191
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    Predefinito Re: Prose cattoliche romane integrali

    Orgogliosi di essere “la vergogna della Tradizione”

    di Piergiorgio Seveso

    Devo dire che mentre lo scrivere su Radio Spada mi entusiasma e mi ispira una prosa ardente e multiforme, lo scrivere di me su questo blog mi imbarazza e mi accora profondamente. Purtuttavia devo prendere la penna in mano per esprimere qualche riflessione sull’evento che mi ha colpito. Come alcuni di voi sapranno, ieri, un individuo isolato, dopo avermi richiesto un colloquio, ha insultato, tra gli altri, me e la vasta famiglia di Radio Spada, con un’aggressione fisica e verbale assai sgradevole e con sgangherate minacce. Quest’episodio trova la sua origine in un post sulla nostra pagina Facebook dove eravamo stati ingiuriati all’indomani della XII giornata di Cristo Re a Modena (peraltro da noi assai apprezzata per molti dei suoi contenuti) da uno dei partecipanti.

    A questo evento increscioso, avvenuto sotto la foto di un santo, avevamo risposto esponendo l’autore del post al giudizio della pubblica opinione. Ne sono venute polemiche sgradevoli ed esorbitanti, quanto era stato sgradevole ed esorbitante il fatto da cui si era partiti. Al di là di questa descrizione, credo sia quasi inutile dirvi che non ho patito alcunché di grave e sto benissimo. Quello che mi ha veramente stupito è stato il flusso incessante di amici e conoscenti che mi ha espresso, a vario titolo, affetto, solidarietà e stima.

    Gruppi studenteschi, amici del passato e del presente, mi hanno testimoniato, senza che mi aspettassi nulla, che il coltivare e custodire idee (e verità) forti, fortissime, quasi indicibili nel contesto di oggi, senza perdere però quel gusto per l’amichevole condivisione, per l’umana e gratuita e sincera “compassione”, lascia un segno indelebile che il tempo non cancella. Ringrazio inoltre chi ha operato in modo fattivo perché quest’episodio venisse immediatamente ridimensionato, tanto da renderne impossibile la reiterazione o l’amplificazione.

    Ringrazio last but non least il mio “aggressore”, verso il quale non nutro alcun rancore, che mi ha concesso, nella festa di Santa Margherita Maria Alacoque, di offrire al Sacro Cuore una piccola sofferenza e umiliazione in più a espiazione dei miei (molti) peccati personali e di quelli del triste mondo in cui viviamo oggi (privo anche della Somma autorità ecclesiale).

    So bene (e a ragion veduta) che questo incidente non sarebbe quasi certamente avvenuto se contro Radio Spada e contro le nostre persone non si fosse scatenata in questi ultimi anni, in ambienti cattolici tradizionalisti e integristi, un’indegna e inspiegabile campagna d’odio, una rancorosa e paranoica rincorsa alla delegittimazione personale, condita da false notizie, diffamazioni propalate a piene mani, pressioni su singoli e gruppi, esercitate attraverso mezzi leciti e illeciti (compresi i confessionali).

    Abbiamo assistito ad un’incommensurabile gazzarra, generatasi negli acquitrini dell’integrismo italiano, contro una giovane, coraggiosa e devota casa editrice, ad un crescendo disgustoso di polemiche e provocazioni che spesso si è ammantato di proclami teologici d’occasione (che nascondono le profonde debolezze del nostro mondo di fronte al Moloch modernista trionfante) e, in qualche caso, di velleitarie critiche letterarie.

    Di tutto questo si dovrà rendere conto a Dio e anche agli uomini, ogniqualvolta se ne presenterà l’occasione. Chi mi ingiuriava ieri diceva di noi che fossimo “la vergogna della Tradizione”. Ebbene ce ne gloriamo. La vita vera e reale, degna di essere vissuta è quella che si combatte per la più santa delle cause: quella della Verità cattolica e del cattolicesimo romano e noi la combattiamo opportune ed importune con gli strumenti che la Provvidenza ci ha dato: i nostri poveri ingegni, un blog, una casa editrice. Ci sono altri strumenti egualmente (e anche più) degni ma noi abbiamo scelto e costruito questi e nessuno, umanamente parlando, ce li potrà togliere. Grazie ancora.

    Fonte: https://www.radiospada.org/2017/10/o...la-tradizione/

  2. #192
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    Predefinito Re: Prose cattoliche romane integrali

    E’ stata mia grande gioia poter dar voce in questa casa editrice a scrittori cattolici integrali a tutto tondo come Pietro Ferrari, Piero Nicola, Luca Fumagalli, Carlo Di Pietro, Arai Daniele e Raimondo Gatto. A questi si aggiunge oggi Antonio Diano con un libro scritto “col sangue e l’inchiostro” che affida a noi quasi una silloge, una summula delle sue tante battaglie.

    Ne siamo onorati e grati oltremisura. Chi ha avuto la pazienza di leggere queste pagine, scritte in uno stile erudito senza pedanteria, dotto senza affettazione, appassionato senza perdere il baricentro del buon senso, avrà potuto guardare il quadro a tinte vivissime del sedevacantismo odierno (modo attraverso il quale il cattolicesimo romano è costretto a presentarsi nella gran piazza delle opinioni e sulle tribune delle pubbliche dispute).

    Al netto di qualunque disputa e di qualunque inevitabile giustapposizione opinionistica, questa posizione mantiene integra la sua forte carica veritativa e (permettetemi) evocativa. Se infatti Papato romano e Chiesa cattolica, sono stati murati vivi (rectius quasi morti) in un sepolcro ed un fetore di marcescenza si è diffuso in tutto l’orbe terraqueo, impestando uomini e cose, solo l’alto grido di un coraggioso sedevacantismo, a sommesso parere di questo postfatore, avrà la forza di far rotolare quella pietra gelida che oggi opprime le nostre vite e di farci rivedere il Dolce Cristo in terra.

    Questo Veni foras sarà sempre più nitido e acutissimo se saprà liberarsi dai mille cascami di una decadenza solipsistica, estenuata e cerebrale che tanto affanna anche il nostro mondo, spesso trasformato in un recinto di monadi rissose. Alla meschinità dei nostri tempi, questo libro si offre come un antidoto di chiarezza dottrinale, dirittura e sincerità, anche quando affronta questioni più direttamente temporali.

    Piergiorgio Seveso
    Dalla postfazione al libro di Antonio Diano "Cattolico in trincea. Fragmenta collecta" Edizioni Radio Spada, Cermenate, 2018

  3. #193
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    Predefinito Re: Prose cattoliche romane integrali

    Citazione Originariamente Scritto da Luca Visualizza Messaggio
    Nota di Radio Spada: Alla vigilia del 12 gennaio e in occasione d’una nuova rappresentazione scaligera della Traviata secondo la fortunata ed ormai trentennale regia di Liliana Cavani, proponiamo ai nostri lettori un ironico divertissment d’attualità d’un nostro redattore che rivisita alcune importanti scene dell’opera. In calce i nostri lettori potranno anche ascoltare con diletto il video dell’originale (Piergiorgio Seveso)

    Scena tredicesima. Violetta che ritorna affannata, indi Alfredo

    VIOLETTA SPADA:

    Invitato a qui seguirmi,

    Verrà desso? vorrà udirmi?

    Ei verrà, ché l’odio atroce

    Puote in lui più di mia voce.

    ALFREDO R.:

    Mi chiamaste? che bramate?

    VIOLETTA SPADA:

    Questi luoghi abbandonate.

    Un periglio vi sovrasta.

    ALFREDO R.:

    Ah, comprendo! Basta, basta.

    E sì vile mi credete?

    VIOLETTA SPADA:

    Ah no, mai.

    ALFREDO R.:

    Ma che temete?

    VIOLETTA SPADA:

    Temo sempre del Barone

    ALFREDO R.:

    È tra noi mortal quistione.

    S’ei cadrà per mano mia

    Un sol colpo vi torrìa

    Coll’amante il protettore.

    V’atterrisce tal sciagura?

    VIOLETTA SPADA:

    Ma s’ei fosse l’uccisore?

    Ecco l’unica sventura

    Ch’io pavento a me fatale!

    ALFREDO R.:

    La mia morte! Che ven cale?

    VIOLETTA SPADA:

    Deh, partite, e sull’istante.

    ALFREDO R.:

    Partirò, ma giura innante

    Che dovunque seguirai

    i passi miei.

    VIOLETTA SPADA:

    Ah, no, giammai.

    ALFREDO R.:

    No! giammai!

    VIOLETTA SPADA:

    Va’, sciagurato.

    Scorda un nome ch’è infamato.

    Va’ mi lascia sul momento

    Di fuggirti un giuramento

    Sacro io feci

    ALFREDO R.:

    E chi potea?

    VIOLETTA SPADA:

    Chi diritto pien ne avea.

    ALFREDO R.:

    Fu CORVO?

    VIOLETTA SPADA: (con supremo sforzo)

    Sì.

    ALFREDO R.:

    Dunque l’ami?

    VIOLETTA SPADA:

    Ebben, l’amo

    ALFREDO R.: (Corre furente alla porta e grida)

    Or tutti a me.

    Scena quattordicesima. Violetta, Alfredo, e tutta l’ASSEMBLEA DEI SANTI che confusamente ritorna

    TUTTI:

    Ne appellaste? Che volete?

    ALFREDO R.: (additando Violetta che abbattuta si appoggia al tavolino)

    Questa donna conoscete?

    TUTTI:

    Chi? Violetta?

    ALFREDO R.:

    Che facesse non sapete?

    VIOLETTA SPADA:

    Ah, taci

    TUTTI:

    No.

    ALFREDO R.:

    Ogni suo aver tal femmina

    Per amor mio sperdea.

    Io cieco, vile, misero,

    Tutto accettar potea.

    Ma è tempo ancora! tergermi

    Da tanta macchia bramo.

    Qui testimoni vi chiamo

    Che qui pagata io l’ho.

    (Getta con furente sprezzo un LIBELLO ai piedi di Violetta, che sviene tra le braccia di PIERGIORGIO SEVESO e del dottor LUCA FUMAGALLI. In tal momento entra Monsignor GUÉRARD DES LAURIERS)

    Scena quindicesima. Detti e Monsignor GUÉRARD, ch’entra all’ultime parole

    TUTTI:

    Oh, infamia orribile

    Tu commettesti!

    Un cor sensibile

    Così uccidesti!

    Di donne ignobile

    Insultator,

    Di qui allontanati,

    Ne desti orror.

    GUÉRARD: (con dignitoso fuoco)

    Di sprezzo degno se stesso rende

    Chi pur nell’ira la Donna offende.

    Dov’è mio figlio? più non lo vedo:

    In te più Alfredo – trovar non so.

    (Io sol fra tanti so qual virtude

    Di quella misera il sen racchiude.

    Io so che l’ama, che gli è fedele,

    Eppur, crudele, – tacer dovrò!)

    ALFREDO R.: (da sé)

    (Ah sì che feci! ne sento orrore.

    Gelosa smania, deluso amore

    Mi strazia l’alma più non ragiono.

    Da lei perdono – più non avrò.

    Volea fuggirla non ho potuto!

    Dall’ira spinto son qui venuto!

    Or che lo sdegno ho disfogato,

    Me sciagurato! – rimorso n’ho.

    VIOLETTA SPADA: (riavendosi)

    Alfredo, Alfredo, di questo core

    Non puoi comprendere tutto l’amore;

    Tu non conosci che fino a prezzo

    Del tuo disprezzo – provato io l’ho!

    Ma verrà giorno in che il saprai:

    Com’io t’amassi confesserai.

    Dio dai rimorsi ti salvi allora;

    Io spenta ancora – pur t’amerò.

    BARON CORVO: (piano ad Alfredo)

    A questa donna l’atroce insulto

    Qui tutti offese, ma non inulto

    Fia tanto oltraggio – provar vi voglio

    Che tanto orgoglio – fiaccar saprò.

    TUTTI (a Violetta):

    Ah, quanto peni! Ma pur fa core.

    Qui soffre ognuno del tuo dolore;

    Fra cari amici qui sei soltanto;

    Rasciuga il pianto – che t’inondò. (FINE – APPLAUSI)



    dal minuto 1.27.40

  4. #194
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    Predefinito Re: Prose cattoliche romane integrali

    Radio Spada: sette anni di guai, sette anni con voi

    di Piergiorgio Seveso

    Com’è noto ai più ( e se non è noto, lo sapete ora da me), io non scrivo molto su Radio Spada. Anzitutto perché la nostra redazione è già così ricca di penne e di sempre nuovi contributi che i miei lambiccati e lirici arpeggi assai poco aggiungerebbero e poi perché il nostro blog ama valorizzare e “potenziare” i suoi collaboratori e non lasciarli nell’ ombra della Buona Battaglia come semplici comparse o comprimari. C’è però un terzo motivo: quando non attinge a registri celebrativi, il mio stile tende a diventare molto polemico e virulentemente pugnace. Senza scomodare Ipponatte o Schopenhauer, amo modellare sacrosanti (nel senso cattolico del termine) e acrobatici insulti come si farebbe con dei vetri soffiati di Burano. Per questo l’essere presidente di Radio Spada, il più delle volte, mi costringe a rimirare queste mie opere d’arte nelle vetrinette di casa mia e a non offrirle al nostro amatissimo pubblico, ovviamente in attesa di tempi più propizi o di svendite di fine stagione.

    Oggi debbo però attingere e a buona ragione al registro più amabile e fastigioso che io conosca. Radio Spada compie sette anni di vita, sette anni di immense soddisfazioni e guai provvidenziali: quando la fondammo alla chetichella, grazie al folgorante e immaginifico spirito di iniziativa di Andrea Giacobazzi, in una festa del Sacro Cuore del 2012, mai avremmo pensato quanto profondamente avrebbe inciso sulle nostre vite, mai avremmo ipotizzato che avrebbe sconquassato come un uragano le nostre abitudini, molte delle nostre certezze umane e avrebbe forgiato nel fuoco i nostri percorsi di vita ecclesiali e culturali. Non vorrei che i nostri lettori pensassero ad una sovrabbondanza retorica da parte mia: con Radio Spada siamo passati dalla teoria alla pratica, dal mondo delle fiabe (pur molto amato da alcuni di noi, penso al carissimo Mattia Spaggiari) alla rude e cruda concretezza di una crisi senza eguali nella storia della Chiesa. Una crisi dottrinale, teologale, morale e sacramentale senza precedenti che non risparmia nulla e nessuno e che viviamo e combattiamo a viso aperto, senza mediazioni di sorta.

    Con Radio Spada siamo passati ancora dalla fanciullezza alla maturità (o se preferite ad una fanciullezza più consapevole e ponderata), alcuni di noi si sono sposati, hanno avuto figli, altri lo faranno, altri ancora hanno perso persone care, altri hanno visto tramontare nel grande mare della viltà e dell’indifferenza amicizie e comitanze che parevano senza fine. Solo Dio resta e l’onesta e gratuita amicalità di chi ha scelto di combattere la migliore e la più nobile di tutte le battaglie senza nulla chiedere in cambio, senza banderuole o casacche ma col solo vessillo bianco giallo del Papato romano, cucito sul petto.

    Questa comunità di Fede e di destino si offre a Voi, cari lettori, come assolutamente esemplare: con pochi mezzi materiali, con un pizzico di intelletto e di quei doni che il Buon Dio ci ha voluto largire, senza padroni, né padrini (al massimo con dei patroni), avendo tutto il mondo contro, con una fanatica e famelica pletora di nemici esterni ed interni pronti a cantarci il De profundis o il Pape satan aleppe, siamo qui, più vivi e compatti che mai a dirvi: TUTTO si può fare, TUTTO si può osare, se si vuole rimanere cattolici in tempi come questi.

    Radio Spada, più che indicarvi delle strade (che pure vi sono e ne troverete ampia testimonianza nelle nostre pagine) vi suggerisce uno spirito completamente refrattario alla Rivoluzione, brigantesco ed insorgente nel nome dell’unica vera religione: il cattolicesimo romano, integralmente creduto e integralmente vissuto pur nei nostri limiti e in quelli dei tempi in cui viviamo. E da bravi briganti usiamo su Radio Spada lo SCHIOPPO ed il PUGNALE, per colpire l’indegnità del bergoglismo e di tutte le umane ideologie che hanno cercato di assidersi sulla cattedra di San Pietro (aggiornamento roncalliano, montinismo, wojtylismo, ratzingerismo) ma anche per tenere pulito e non ingombrato il campo di Dio da tutte le meschinità, le piccinerie, le pulsioni servilistiche e cortigiane verso tartufeschi kapò, capetti e caporioni.

    Non sarebbe però un pezzo sevesiano se non vi fossero dei ringraziamenti: anzitutto a tutti coloro che ci hanno sostenuto e incoraggiato. In particolar modo, a Elena Bianchini Braglia e al carissimo Gianni Braglia, a Paolo Gulisano, a Juan Diego Ortega Santana, a Cristiano Lugli, a Monica Gibertoni e Giovanni Negrini, a Domenico Savino, al professor Viglione e al gruppo dei Triarii, ad Antonio Diano, a Martino Mora, all’ottimo e fedelissimo Pietro Ferrari, a tutti gli autori (vivi e defunti, penso a Daniele Araì) che hanno voluto pubblicare con noi, ai sacerdoti e religiosi che ci hanno testimoniato affetto e stima. E tra le nostre file mi pregio di ricordare l’opera indefessa e impareggiabile di Ilaria Pisa, vero cuore pulsante editoriale di Radio Spada, la preziosa collaborazione storico dottrinale di Giuliano Zoroddu, l’insostituibile contributo di Arber Ndoj, degno figlio dello Skenderbeu, l’equilibrio e la passione esemplare di Massimo Micaletti, l’incredibile preparazione apologetica di Charlie Banyangumuka, l’istrionica leggerezza di Simone Gambini, la saggia ponderazione di Alessandro Luciani, l’irruente generosità di Lorenzo Roselli cui mi unisce la folta capigliatura, il realismo ed il disincanto del carissimo Gabriele Colosimo. Da ultimo ringrazio l’amico di una vita e per la vita, Luca Fumagalli, preziosa architrave culturale di Radio Spada, con cui condivido a tempo pieno questi anni turbolenti e meravigliosi.

    Volete far parte di questa formidabile compagnia di ventura? Raggiungeteci!

    Viva Radio Spada!

  5. #195
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    Predefinito Re: Prose cattoliche romane integrali

    https://www.radiospada.org/2019/07/i...a-rivoluzione/

    a cura di Giuliano Zoroddu

    “I veri amici del popolo non sono né rivoluzionari, né novatori, ma tradizionalisti”. Notissima è questa sentenza di san Pio X (in Notre Charge Apostolique), ma se sappiamo che i tradizionalisti (i controrivoluzionari) sono coloro che osservano e fedelmente tramandando quanto Dio ha rivelato e con Ordine istituito, e la Chiesa ha insegnato ed insegna, chi sono i rivoluzionari? E soprattutto cos’è la Rivoluzione? Una risposta concisa e chiara e tragicamente attualissima a questa domanda ci pare quella che diede Monsignor Jean-Joseph Gaume (1802-1879) nella sua opera La Révolution del 1856, che evidenza la natura della Rivoluzione come riproposizione di quel “non serviam” che il superbo Lucifero pronunziò in Cielo volendo farsi simile a Dio: dalle eresie di Lutero, ai Giacobini, al Gender passando (ahinoi!) per la sovversione dei modernisti.


    Se, strappando la maschera alla rivoluzione, le chiederete: “Chi sei tu?”. Ella vi dirà: “Io non sono ciò che si crede. Di me parlano molti ed assai pochi mi conoscono. Io non sono né il carbonarismo che cospira nell’ombra, né la sommossa che mugghia nelle contrade, né il cambiamento della monarchia in repubblica, né la sostituzione di una ad un’altra dinastia, né il momentaneo sconvolgimento dell’ordine pubblico. Io non sono né gli urli dei Giacobini, né i furori della montagna, né i combattimenti delle barricate, né il saccheggio, né le arsioni, né la legge agraria, né la ghigliottina, né gli affogamenti. Non sono né Marat, né Robespierre, né Babeuf, né Mazzini, né Kossuth. Costoro sono miei figli, ma essi non sono me. Codeste cose sono opere mie, ma non sono me. Codesti uomini e codeste cose sono fatti transitori, ed io sono uno stato permanente. Io sono l’odio di ogni ordine religioso e sociale che l’uomo non ha stabilito e nel quale esso non è re e Dio tutt’insieme: io sono la proclamazione dei diritti dell’uomo contro i diritti di Dio; sono la filosofia della ribellione, la politica della ribellione, la religione della ribellione: sono la negazione armata; sono la fondazione dello stato religioso e sociale sulla volontà dell’uomo in luogo della volontà di Dio; in una parola, io sono l’anarchia; perchè io sono Dio spodestato, surrogato dall’uomo. Ecco il motivo per cui mi chiamo Rivoluzione, cioè sconvolgimento, perchè io colloco in alto chi, secondo le leggi eterne, dovrebbe stare in basso; e metto al basso chi dovrebbe stare in alto”.

  6. #196
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    Predefinito Re: Prose cattoliche romane integrali


  7. #197
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    Predefinito Re: Prose cattoliche romane integrali

    https://www.radiospada.org/2019/08/r...liSOzpM8QwbcSE

    Radio Spada: aperti per ferie

    di Piergiorgio Seveso

    Certamente gli agosti desertici tra cactus, salamandre e lemonsode dei decenni passati sono un lontano ricordo per noi “non vacanzieri”. La percezione della solitudine assoluta, il camminare per le strade deserte e assolate di Milano (con rade presenze di confusi turisti) alla ricerca dell’unica biblioteca aperta in chilometri e chilometri appartengono al mio personale bagaglio di memorabilia agostane. Il mondo però nel frattempo è radicalmente cambiato e anche Agosto non è più lo stesso. Molti di voi certamente saranno felicemente sdraiati sugli arenili o in ristoranti paesaggi montani o in remote ed esotiche località (che possono spaziare dalle konigbergiche spiagge del Baltico a qualche palmizio sull’Oceano Indiano, tra l’isola di Ceylon, Giava e Sumatra). Altri ancora condurranno invece la medesima vita, senza spostamenti o cambiamenti, in attesa che questa ennesima estate volga al termine e che la pioggia spazzi via, in vorticosi rigagnoli, umane illusioni e delusioni. Radio Spada, l’avrete notato in questi anni, non va mai in vacanza: è sempre operativa, un po’ perchè la generale “connessione degli animi” in quest’epoca digitale ci fa rimanere tutti in contatto, sempre. Un po’ perchè l’Inferno, il male, il modernismo, la grande crisi della Chiesa e della società non conoscono né pause, né eclissi. Ritirarci allora sotto un omissivo ombrellone fisico o esistenziale sarebbe oltre che insensato, dannoso per voi e anche per noi che mancheremmo al nostro principale dovere (di stato) che è quello di informarvi e, se possibile, formarvi su questi annosi e capitalissimi temi. Siamo delle sentinelle, lo scrivevo in un pezzo piuttosto emotional (direbbero gli inglesi) la notte di Natale dello scorso anno, siamo le sentinelle del cattolicesimo che resiste alla Rivoluzione, siamo le sentinelle del cattolicesimo integrale. Non siamo né i soli, né i migliori ma abbiamo costruite delle robuste altane col cemento della nostra costanza e della nostra volontà da dove scrutare l’orizzonte di questa lunga notte ecclesiale, vuota di autorità e dignità e osservare, trascrivendoli, i vasti passaggi degli eserciti nemici. Da Washington a Parigi, da Tel Aviv a Roma, dalla tenebrosa e sconcertante Bibbiano al Vaticano occupato da predoni e pirati, Radio Spada, anche ad agosto, non fa sconti proprio a NESSUNO. Non si culla con pensieri di chimeriche e impossibili restaurazioni, non si bea con presepistiche ed eufemistiche rappresentazioni della realtà ecclesiale e sociale, non fa professioni di fede cortigiane, non si prostituisce ai sempre nuovi Vitelli d’oro della dabbenaggine e della viltà.

    Continuate a seguirci e buon mese d’Agosto,

    Nella vigilia di San Giovanni Maria Vianney.

  8. #198
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    Predefinito Re: Prose cattoliche romane integrali

    [AI PIEDI DEL TRONO VUOTO] I quadernetti della Restaurazione

    Questa rubrica di Radio Spada, agile collezione di appunti sparsi, schegge e notarelle epigrammatiche, non nasce senza una pretesa che, nel suo piccolissimo – per non dire infimo –, ha del rivoluzionario. Per la prima volta, infatti, due laici, con toni volutamente leggeri, senza alcuna pretesa d’esaustività, consegnano ai lettori una sorta di autodiagnosi del cosiddetto mondo “sedevacantista” italiano. Lo fanno, si diceva, con quel poco di acume che Dio ha avuto la benevolenza di donare loro, consapevoli che in tempi ferrigni come quelli in cui stiamo vivendo, ormai privati di tutto, persino della dignità, l’autoironia è forse l’unica cosa che rimane: non ridarà la speranza, non risolleverà i cuori, ma almeno – si spera – strapperà un sorriso e, chissà, magari toglierà un po’ di polvere dalle menti appassite. A tal proposito è bene precisare che non è intenzione degli autori offendere nessuno. Saranno elencati numerosi limiti di un mondo marginale, angusto, a tratti persino fetido, ma un mondo a cui loro sentono irrevocabilmente d’appartenere. Ci potranno essere persino sferzate indelicate. Nel qual caso saranno date con la medesima asprezza di quelle che pure loro meriterebbero. Ogni difetto evidenziato è quindi anche e soprattutto loro, anzi, forse loro stessi sono il peggio che questo piccolo mondo antico abbia mai prodotto. Non è falsa modestia: in tempi di mediocrità diffusa come quelli in cui viviamo, essere pessimi è pur sempre un segno di distinzione [RS].



    di Luca Fumagalli e Piergiorgio Seveso

    Nel nostro piccolo mondo “sedevacantista” – ma, per certi versi, il discorso potrebbe applicarsi all’intera galassia “tradizionalista” – ci imbattiamo in figure che potremmo definire, a loro modo, antitetiche e complementari.
    Il primo gruppo comprende quelli che vivono l’attuale crisi della Chiesa come un fatto di stretta attualità, legato più alla cronaca che alla storia. Sono spessi i figli dello “shock bergogliano”. Commentano con passione e legittima indignazione l’ultima uscita di Francesco, certamente in qualche modo sanno che la crisi della Chiesa ormai è giunta quasi all’età pensionabile; sessant’anni e più, ma sono continuamente ed emotivamente colpiti dall’oggi: gli eccessi di certe parrocchie, i disordini morali nel clero modernista, l’allineamento del Vaticano con le posizioni più progressiste, mondialiste, filantropiche o “di sinistra”,
    Sono quelli più a rischio per una memoria storica a corto raggio: Ratzinger era certamente meglio, Wojtyla era contro il comunismo e contro l’aborto, Montini portava la tiara e Giovanni XXIII addirittura il camauro. Il passato prossimo rischia di essere subito idealizzato da costoro, edulcorato, impagliato oppure selezionato al ribasso. E ce ne vuole di controcultura e controstoria della Chiesa per raddrizzare qualche idea strampalata, qualche azzoppata ricostruzione benevola che rischia di trasformare i “carnefici del cattolicesimo” in moderati “limitatori di danni”.
    In altri, più avvezzi alla buona stampa e alla lettura dei “nostri libri”, si forma invece un’idea più chiara, per quanto sommaria, della sovversione avvenuta col “Concilio Vaticano II”. Se in loro è abbastanza chiara è la visione del cosa è avvenuto, il come è spesso infiocchettato di visioni ipercomplottiste o crudamente criptopolemologiche. Si va da un unico e vastissimo complotto ebraico-massonico (sulla scorta beninteso di testi benemeriti e fondamentali come quelli, ad esempio, di Maurice Pinay o Leon de Poncins, ma magari anche di cose meno adamantine come la lista Pecorelli, giù giù sino alle astruse numerologie di qualche vecchia e grottesca rivista italiana), a visioni invece più parossistiche ed estreme che spaziano dal papato occulto di Siri a Paolo VI rapito da forze misteriose e sostituito da un sosia (come il “defunto” Paul McCartney del resto) sino ad arrivare alle eccentricità minutelliane dell’oggi.
    E’ tipico di una cultura underground e de facto “clandestina” come quella del cattolicesimo romano integrale di oggi elaborare (anche) teorie storiche che, pur partendo da dati fattuali (ad esempio la mancanza di autorità), inseriscano elementi dubbi, non provati, visionari (o peggio “apparizionistici”) e fantastici nella ricostruzione dei fatti. É un aspetto inevitabile, contenibile, correggibile, ma pur sempre inevitabile.
    A queste figure dalla visione più semplice e dopolavoristica della storia della Chiesa si accoppiano e si contrappongono quelle degli “storici”.
    Ovviamente minoritarie, visto che lo studio (serio) richiede vastissima disponibilità di tempo e una (almeno parziale) libertà dalle occupazioni servili, queste figure si sforzano, in maniera più ponderata e articolata, di sfuggire alle insidie di una visione settoriale o parzializzata della crisi della Chiesa, portandosi ad analizzare la genesi storica della crisi modernista e il suo sviluppo “sotto traccia” nel Novecento, ma essenzialmente risalendo all’indietro, al giansenismo e al regalismo delle corti europee, al protestantesimo e ancora più su alle correnti eterodosse dell’epoca della “Rinascimento” sino alle antiche eresie medioevali o ancor prima all’eresie cristianoidi dei primi secoli dell’era cristiana. Non sono perciò mancati studi seri, dal Delassus al Meinvielle, dal Benigni all’Innocenti: sono testi che in un certo senso contraddistinguono la biblioteca di un cattolico integrale, ma in un pezzo come questo, ci occupiamo più della cornice che del quadro (come si dice, una buona cornice vale la metà del quadro).
    Spesso la tentazione di questi eruditi di oggi rimasti in piedi in mezzo alle rovine del cattolicesimo romano, a volte pesti, lievemente rintronati e coperti di polvere e calcinacci, è di iniziare a scrivere i “quaderni della Restaurazione”. Ovvero, come in quei telefim americani dedicati ai “cold case” o alla profilatura degli assassini seriali, si prende a tracciare, su una serie interminabile di lavagne in plastica, una fittissima rete di contatti, storici, ideologici, teologici che via via finisce per coprire intere pareti. Ecco perché siamo arrivati a tanto, esclamano gli eruditi, quella volta l’Inquisizione non fece il suo dovere, quell’altra volta il vescovo o il principe ignaro o complice protesse quel tal eretico, quella tal conventicola, quella tal altra congrega. Via via il tipo dell’erudito integrista scova l’eretico più nascosto nelle pieghe della storia, trova conniventi, compari, succedanei e mezzani: anche in lui monta una specie di spirito inquisitoriale retrospettivo, che a volte – questa è la peggior tentazione che si trova ad affrontare – assomiglia pericolosamente a quella supponenza del “modernista” che giudica, credendosi più “illuminato”, quanto è stato in precedenza.
    Su quei “quadernetti” ingialliti e a volte bisunti per il continuativo compulsare, fitti di nomi, date, circostanze, si scrive la drammatica parabola del cattolicesimo romano attraverso i secoli, l’elenco dei suoi nemici interni ed esterni, la terze e financo le quarte forze che ci hanno portato direttamente o indirettamente all’abominio e all’apostasia dell’oggi. Con l’approfondimento e la progressiva composizione di questo mosaico di tradimento e di infedeltà, cresce anche l’insofferenza verso chi non comprende la portata dello schema, verso chi non vi si attiene (forse perché ne ha un altro o non ne ha affatto), verso chi non ne coglie l’assoluta centralità. L’erudito allora spesso si vede circondato da inadeguatezza, ignoranza, fors’anche tradimento e malizia. Se il “Vaticano II” è stato il coronamento di tutti questi errori, bisogna ripartire da capo, processare i responsabili antichi e moderni(sti), ci vogliono dieci, cento, mille processi cadaverici, almeno virtuali, per poter ripartire ad “ Instaurare omnia in Christo”, quasi per purificare storia e memoria.
    Chi accoglierà questi “quadernetti della Restaurazione”? E’ ovvio, il Papa nuovamente cattolico che verrà un giorno (non come gli attuali intrusi o occupanti), quello secondo il Cuore Immacolato di Maria (e qui Salvini però non c’entra), quello che in qualche modo farà ripartire la storia della Chiesa (che ovviamente non si è mai fermata del tutto ma semplicemente, riprendendo sine dolo l’apologo di Gnocchi e Palmaro, è caduta in un sonno letargico fatto di sortilegi e malie ereticali). Questo futuro Papa avrà sulla scrivania pontificia, sia essa in Vaticano o in qualche catacomba alle periferie del mondo, tutti i “quadernetti della Restaurazione” scritti e raccolti dai vari fedeli studiosi integristi in questi lunghissimi anni di Vacanza (e qui non c’entrano i tormentoni estivi di Takegi e Ketra o Benji e Fede). Saranno quadernetti sgualciti, riviste patinate, conferenze blindate, presentazioni power point o diagrammi di flusso. Li leggerà il Papa? O come un novello Alessandro Magno, con un colpo di spada, libererà il tavolo?

    Speriamo di poterci essere per poterlo vedere e potervelo raccontare.

    Nella vigilia della festa di San Pio X

    Fonte: https://www.radiospada.org/2019/09/a...MNE1aVifRFImFI

  9. #199
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    Predefinito Re: Prose cattoliche romane integrali

    I corsari di Radio Spada sbarcano a Verona



    di Piergiorgio Seveso

    Il 28 settembre 2019, nel tepore tardo estivo di un bel sabato di sole, si è svolto il convegno radiospadista (da noi ribattezzato l’Antisinodo) di Verona dedicato al futuro e prossimo sinodo amazzonico, forgiato nell’inesauste officine del bergoglismo demolitore.

    Era per noi la prima volta da quasi solisti nelle terre euganee e scaligere e tutto per noi aveva il sapore di un’avventurosa sortita. Abbiamo invece trovato un clima amabile ed accogliente, incrociato gli sguardi di volti noti e meno noti, ritrovato quello spirito (pur nelle tragiche angustie dell’oggi) dell’intransigenza e dell’integrismo veneto che avevamo spesso frequentato nelle nostre letture ma assai meno “dal vivo”.

    In una sala riccamente addobbata con bandiere pontificie, aquile bicipiti, effigi di San Michele Arcangelo e dei condottieri cattolici di ogni tempo e abbellita dai prodotti muliebri di Monica Gibertoni, i nostri relatori si sono alternati al microfono, spesso interagendo con gustosi scambi di battute con un pubblico attento.

    Domenico Savino, assistito da Luca Fumagalli, con grande pathos ed irruenza espositiva, non priva però di una soda preparazione pregressa, ha preso in analisi l’Instrumentum laboris del sinodo, disvelando al pubblico le insospettabili nozze mistiche tra modernismo e neopaganesimo tribale.

    Abbondio Dal Bon, introdotto dal carissimo Nicolò Volpe, ha preso in considerazione i percorsi genetici e la portata socialmente devastante delle leggi anti-omofobiche e la progressiva liquefazione giuridica del concetto di famiglia.

    Da ultimo Martino Mora ha portato a termine una briosa analisi, tra filosofia, sociologia dei costumi e teologia, delle regressioni antropologiche che il concilio vaticano secondo (di cui il sinodo amazzonico è frutto maturo) ha prodotto e implementato nella nostra società.

    Da presidente di Radio Spada e del convegno, credo di poter dire che abbiamo portato un contributo dirimente e senza infingimenti all’attuale dibattito pre-sinodo all’interno del mondo tradizionalista di lingua italiana, lo abbiamo fatto da corsari e pirati quali siamo, scompaginando le carte, infrangendo schemi e schieramenti, facendo trillare una sveglia tale da far sobbalzare i gufi della foresta (persino quelli impagliati).

    Non è certo nostro lo stile di convegni paludati e ingiacchettati, bofonchianti e benpensanti: non ci fermiamo mai alla ruvida superficie dell’oggi ma risaliamo sempre e senza traccheggiamenti neoconservatori all’origine del male e dell’apostasia contemporanea: le tante uova di drago di cui il modernismo ha disseminato il campo di Dio e che progressivamente nell’arco di decenni si stanno dischiudendo, portando alla luce del Sole sempre nuovi mostri.

    Come dicevo nella mia modestissima conclusione, come fedeli “camerieri della Verità”, le battaglie contro il neomodernismo trionfante che ci aspettano hanno tutte le stesse caratteristiche: sono asimmetriche, irregolari e senza quartiere, spesso anche di controguerriglia contro vicini e lontani. Accanto all’amatissima banciera gialla e bianca con Tiara e Chiavi, issiamo una bandiera nera col teschio.

    Estote parati! Viva Radio Spada!



    Fonte: https://www.radiospada.org/2019/10/i...cano-a-verona/

  10. #200
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    Predefinito Re: Prose cattoliche romane integrali

    Nota di RS: a distanza di un anno dalla composizione di questa postfazione, la rendo pubblica sul nostro sito come memento per tutti quelli che fossero interessati ad acquistare e soprattutto leggere il libro di Antonio Diano Cattolico in trincea. Fragmenta collecta. Il libro è reperibile qui presso il nostro ecommerce. Nella festa di Santa Margherita Maria Alacoque, buona lettura. (Piergiorgio Seveso, Presidente SQE di Radio Spada)Nota di RS: a distanza di un anno dalla composizione di questa postfazione, la rendo pubblica sul nostro sito come memento per tutti quelli che fossero interessati ad acquistare e soprattutto leggere il libro di Antonio Diano Cattolico in trincea. Fragmenta collecta. Il libro è reperibile qui presso il nostro ecommerce. Nella festa di Santa Margherita Maria Alacoque, buona lettura. (Piergiorgio Seveso, Presidente SQE di Radio Spada)



    Con la pubblicazione di questo agile ma autorevole libro dell’amico Antonio Diano, Radio Spada aggiunge un’importante luce alla costellazione di contributi del laicato cattolico integrale di lingua italiana usciti dai nostri torchi in questi anni.

    Hoc erat in votis sin dalla sua fondazione. Le case editrici come la nostra nascono non solo per fotografare editorialmente il “piccolo mondo antico” (lo si dica senza influssi fogazzariani) degli scrittori cattolici “tradizionalisti” delle nostre terre ma per suscitare entusiasmi, creare desideri, animare la volontà di questi scrittori a battere sentieri inesplorati e raccogliere idee disperse nei mille conversari quotidiani in nuovi volumi e in racconti nuovi, pronti ad essere letti da un pubblico di bibliovori sempre interessati.

    Questa impresa non è però rimasta confinata nei limiti (certo ampi ma pur sempre angusti) della nostra iniziativa editoriale. Ha creato, in qualche caso per virtuosa mimesi, in altri per un moto di reazione o di rincorsa competitiva, tante altre iniziative editoriali. Abbiamo ripescato vecchi manoscritti da polverosi cassetti, fatto riportare alla luce classici dimenticati, alcuni scrittori che non prendevano in mano la penna da anni sono tornati alle fatiche dello scrittoio, altri sono usciti dal silenzio del “pro manuscripto”, altri ancora si sono scoperti nuovi apologeti contro gli orrori contemporanei e diaristi della crisi della Chiesa.

    In mezzo a questo gran turbinio di ingegni e di passioni, a volte un po’ disordinate ma sempre interessanti, è stata mia grande gioia poter dar voce in questa casa editrice a scrittori cattolici integrali a tutto tondo come Pietro Ferrari, Piero Nicola, Luca Fumagalli, Carlo di Pietro, Araì Daniele e Raimondo Gatto. A questi si aggiunge oggi Antonio Diano con un libro scritto “col sangue e l’inchiostro” che affida a noi quasi una silloge, una summula delle sue tante battaglie.

    Ne siamo onorati e grati oltremisura. Chi ha avuto la pazienza di leggere queste pagine, scritte in uno stile erudito senza pedanteria, dotto senza affettazione, appassionato senza perdere il baricentro del buon senso, avrà potuto guardare il quadro a tinti vivissime del sedevacantismo odierno (modo attraverso il quale il cattolicesimo romano è costretto a presentarsi nella gran piazza delle opinioni e sulle tribune delle pubbliche dispute).

    Al netto di qualunque disputa e di qualunque inevitabile giustapposizione opinionistica, questa posizione mantiene integra la sua forte carica veritativa e (permettetemi) evocativa. Se infatti Papato romano e Chiesa cattolica, sono state murati vivi (rectius quasi morti) in un sepolcro ed un fetore di marcescenza si è diffuso in tutto l’orbe terraqueo, impestando uomini e cose, solo l’alto grido di un coraggioso e privo di sedevacantismo, a sommesso parere di questo postfatore, avranno la forza di far rotolare quella pietra gelida che oggi opprime le nostre vite e di farci rivedere il Dolce Cristo in terra.

    Questo Veni foras sarà sempre più nitido e acutissimo se saprà liberarsi dai mille cascami di una decadenza solipsistica, estenuata e cerebrale che tanto affanna anche il nostro mondo, spesso trasformato in un recinto di monadi rissose. Alla meschinità dei nostri tempi, questo libro si offre come un antidoto di chiarezza dottrinale, dirittura e sincerità, anche quando affronta questioni più direttamente temporali , anche quando non si sarà d’accordo con singoli aspetti del pensiero dell’autore.

    Sono certo, come scrissi ne I Sonagli della Sede vacante, postfazione all’ottimo Non possumus di Pietro Ferrari, che non una sola parola di quelle che abbiamo scritto in questi anni, su lavagne reali o virtuali, andrà perduta. A maggior ragione, quelle scritte in questo volume cui auguro le migliori fortune.

    Pubblicato all’Angelus

    Piergiorgio Seveso

 

 
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