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  1. #261
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    Predefinito Re: Prose cattoliche romane integrali

    La strobosfera: Processione di riparazione a Reggio Emilia




    di Piergiorgio Seveso

    Inzia oggi una nuova rubrica di Radio Spada: entra in punta di piedi nelle vostre case e nelle vostre vite, già come fece il nostro blog dieci anni fa. Allora, nella calda e distratta estate 2012, nessuno avrebbe scommesso un soldo di cacio sul nostro piccolo blog “a cassettoni”: oggi a distanza di dieci anni, se ci sediamo un attimo alle ultime luci del tepore serale, non possiamo che rimirare con sorpresa e compiacimento la gran mole del lavoro svolto in questi anni ma al contempo la nostra mente già elabora e prefigura nuove imprese, nuove meraviglie di cui disseminare la Rete cattolica.

    Terrò io questa rubrica e non a caso ho voluto denominarla la strobosfera, per indicare i mille prodigiosi riverberi che la Verità cattolica (integralmente intesa) può lanciare sulla quotidianità, sulla vita di ogni giorno. Queste palle stroboscopiche potranno diventare ogive belliche, festosi ordigni atti a deflagrare nei campi avversari, bengala luminosi atti a segnalare vie di fuga o palesi e prorompenti storture.

    A questo proposito non posso far a meno di notare che, meritoriamente e con gran dispendio di energie, il Comitato “Beata Giovanna Scopelli” di Reggio Emilia sta nuovamente organizzando una processione di riparazione per il Gay Pride e per le blasfemie anticattoliche. L’iniziativa è meritoria, va incoraggiata, va propagandata e, nei limiti del possibile, va gratificata con la propria presenza (o fisica o morale, secondo le necessità di ognuno).

    Come già detto anche in passato, di fronte a queste manifestazioni, a questi carnevali infelici che inneggiano alle passioni più disordinate, la gerarchia tace, tace perché non ha voce, tace (qualunque cosa dica) perché NON PUO’ parlare. Tocca quindi a dei privati, pur se organizzati in un comitato, ovviare a questa mancanza, a questa latitanza, dando una consistenza logistica e pratica ad una “manifestazione” che rischierebbe naturaliter di essere caotica, babelica e dispersiva.

    Come più volte ribadito, anche se coronata da giusto successo, una manifestazione come questa non sposterebbe di un millimetro il problema della crisi della Chiesa (seguita all’empio e omicida “Concilio Vaticano II”), non cancellerebbe differenze e le doverose appartenenze, non farebbe obliare la drammaticità delle chiese vuote di Dio e degli uomini, non potrebbe far dimenticare che senza Roncalli e Montini gli organizzatori dei gay pride, i banditori di “diritti” falsi e bugiardi, sarebbero oggi probabilmente in qualche angolo a riflettere e non sugli scranni della politica. Ciò detto e premesso, testimoniare con forza il cattolicesimo romano lo si può fare nella vita, nell’esempio, nell’insegnamento, nel contegno, nello stile, e anche in pubbliche manifestazioni di riparazione e preghiera, serbandosi integri, e senza trasformarci in capponi starnazzanti in chiusi giardini.

  2. #262
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    Predefinito Re: Prose cattoliche romane integrali

    La strobosfera n. 2: Giugno la falce in pugno, ovvero perché Radio Spada non si fa scrivere lo spartito da altri.



    di Piergiorgio Seveso

    Un ragazzo in cerca d’autore.

    Si attaglia perfettamente questa canzonetta che i modernisti cantano (cantavano) durante le loro ritualità all’attuale ministro degli Esteri italico Luigi di Maio. Entrato per curioso gioco del destino nella “camera bassa piemontese” nel 2013, ne divenne per incanto giovanissimo vicepresidente. Ministro del lavoro nel 2018 (secondo l’antico adagio della politica italiana per cui chi meno è addentro una materia, è giusto che l’amministri) nel governo giallo-verde che tante calde lagrime di speranza fece versare al tradizionalita medio di lingua italiana, divenne poi Ministro degli esteri nel governo giallo-rosso ed ora nel governo multicolore tecnocratico a guida draghiana.

    Chi ha un filo di memoria (che in italia dura di solito da uno a tre mesi) se lo ricorderà nell’inverno 2018-2019 quando cantilenava con l’allora suo degno compare Salvini che il vecchio parlamento europeo sarebbe stato spazzato via da loro (i nuovi sovranisti). Anche lì c’era di mezzo un apriscatole, magari un po’ più imponente ma pur sempre un apriscatole. Si sa come sia andata a finire: l’apriscatole serviva solo – con le migliori intenzioni, si intende – per fare un piccolo foro tramite il quale infilarsi nella scatola, tappando poi con la carta dell’ipocrisia e della più sfrontata sicumera il foro d’entrata. Oggi, completando la parabola iniziata, Gigino si riscopre anonimo centrista, raggiungendo il tristo olimpo dei Lupi, degli Alfano, dei Fitto, dei Calenda e dei Tabacci: tutti felicemente popolari, democratici, rivolti al ceto medio e all’elettorato moderato (il famoso uomo nero delle favole antiche).

    Gigino continua la sua avventura perchè, si sa, le reverenze dei lacchè e dei gazzettieri allettano e addomesticano. La democrazia corrompe, la democrazia rappresentativa corrompe sommamente, Noi invece sorrridiamo felici a tanta meschinità dalle nostre stamberghe.

    Essere presidente di Radio Spada.

    Questa mansione (che ormai detengo da cinque anni) ha certamente qualche onere da un punto di vista tecnico-giuridico-rappresentativo ma garantisce anche un certo distacco dalle polemiche del cosiddetto mondo tradizionalista. Non sono obbligato a intervenire su tutto, non sono tenuto a dibattere su tutto, non sono tenuto a polemizzare su tutto. Osservo, annoto, valuto, rifletto e poi decido: a volte ignoro, a volte prendo in considerazione e miglioro, a volte ribatto (o direttamente o indirettamente con l’arma del sarcasmo o dell’ironia), il più delle volte vado a dormire.

    Radio Spada non ha alcuna missione straordinaria, non è cosa che travalichi i giusti limiti dell’azione cattolica integrale nel web e nell’editoria, non siamo salvatori né delle patrie, né della Chiesa. Siamo solo quello che dovrebbe essere un sito di informazione e cultura cattolica nel XXI secolo se la Chiesa fosse in ordine e non privata della sua autorità (o almeno, come sostengono taluni, del suo magistero quotidiano).

    Tra le cose che più volentieri ignoro ci sono:

    – le polemiche bottegaie perchè facciamo ombra al guru e al santone di turno (sia nella versione di Brancaleone che in quella del gran Veglio della Montagna)

    – le polemiche ignoranti che spesso ignorano, manomettono e occultano l’oggetto della discussione per la rapidità del web o per blandire e titillare ascoltatori supinamente ignoranti o prevenuti o con la bava alla bocca

    – le polemiche allucinatorie che ripetono come un mantra frammenti di verità, mescolandole con aberrazioni apicali, unilateralismi mentali ed esasperazioni, forse facili a credersi su strapuntini di sagrati ma non in pubblici agoni.

    Questa discrezionalità nell’ignorare e nel lasciar cadere è una delle caratteristiche che più apprezzo della mia presidenza, vera scuola di vita anche per un guelfo nero sparafucile come me.

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  3. #263
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    Predefinito Re: Prose cattoliche romane integrali

    La strobosfera n. 3: Luglio col bene che ti voglio, tra Oudinot e Processione reggiana



    di Piergiorgio Seveso

    Viva Oudinot! Viva Pio IX!

    La Repubblica romana del 1848-49 è stato il più grande rave party dell’Ottocento, un’anticipazione di tutti i mali politici italiani futuri e futuribili, un tentato colpo di pugnale inferto ad uno dei diritti nativi del Papato romano. Ma immagino le facce di Manara e Mameli, Morosini e Dandolo, Ugo Bassi e Ciceruacchio al sapere che avrebbero giustamente perso la vita per avere un giorno, gender, Schwa, inclusività e resilienza.

    Processione e Ripazione: il lavoro del Sabato

    Qualcuno di voi, lo so, lo sento, lo tocco con mano, iniziando a leggere starà pensando: “Ecco, ora Seveso con la sua feccia radiospadista inizia a gigioneggiare sul successo della processione”. Tutt’altro invece, cari malpensanti, noi non abbiamo alcun merito. Queste benemerite iniziative sorgono dal basso, da comitati di devoti locali, dal fervoroso spirito di ardimentosi quanto solitari zelanti.

    Noi semmai raccogliamo amplifichiamo, chiamiamo a raccolta, facciamo grancassa, tediando e/o stimolando lettori ed amici. Siamo cembali e sistri pieni di ammaccature ma facciamo ancora suonare la nostra musica, con scompaginante inopportunità,

    Ed il merito è ben lungi dall’essere generale ma va ascritto anzitutto a quei membri della redazione di Radio Spada che vi hanno lavorato con più intensità e ancora di più alla cara, buona gente (accompagnata e guidata dalla disponibilità di alcuni sacerdoti) che si è scomodata in un pomeriggio di gran solleone per riparare con carità, con buone disposizioni, con penitenza ai delitti altrui.

    Ricostruire, ricucire, rammendare, offrire alla Santissima Trinità i quattro cenci putridi della propria vita per riparare alle follie, alle studipidità, alle aberrazioni di tanti fratelli traviti, ingannati, illusi da una propaganda ora consolatoria, ora virulenta.

    Il merito è quindi di quel poco che resta del popolo cristiano che ha scelto di riparare in pubblico a pubblici errori. I modernisti forse vi dicevano: fate silenzio, non provocate. Alcuni tradizionalisti vi urlavano con voce di formica: state a casa, non mescolatevi, non aggregatevi, non accettare caramelle dagli sconosciuti, sprangate l’uscio e semmai pregate privatamente.

    Invece nel lavoro del sabato laicale avete ritrovato quell’unità visibile di intenti (almeno puntuale e provvisoria) di fronte al cuore Regale di Cristo: spetterà poi alla domenica rifotografare quella divisione, quella diaspora, quell’improvvida ma altrettanto inevitabile dispersione, frutto della perdita della Fede (o della sparizione) dei pastori legittimi, tramutatisi in domini canes muti.

    Non voglio abusare di un certo linguaggio trionfalistoco da bollettini parrocchiali ma si è trattato di un pomeriggio di Grazia e di grazie.

    Andare, camminare, lavorare

    Camminare insieme può essere talvolta necessario (per citare un mio vecchio articolo su “Il naufragio del Poseidon”), talvolta sviante o attardante (specie se non si ha una meta), talvolta dannoso se ad esempio è Lucignolo che vi porta nel paese dei balocchi, talvolta aberrante se si vuole costruire la maritaniana città dell’Uomo.

    Però anche roteare su se stessi, oltre che esssere fonte di capogiri e allucinazioni, risulta – se possibile – ancora più devastante e irrazionale.

  4. #264
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    Predefinito Re: Prose cattoliche romane integrali

    La strobosfera n.6: Restaurazione, urne e l’estate di Radio Spada

    di Piergiorgio Seveso

    Restaurazione

    Il 2 giugno 2022 uno dei miei due brindisi alla settima giornata di culura radiospadista era dedicato alla restauzione del cattolicesimo romano.

    Qualche giorno dopo, il 14 giugno, veniva resa nota una conversazione del 19 maggio di Bergoglio con i direttori delle riviste che oggi NOMINALMENTE si richiamano alla Compagnia di Gesù, ove il Pirata si è scagliato contro i “restauratori”.

    La cosa pur accidentale mi ha divertito e mi ha fatto riflettere.

    Certamente il gran Bucaniere delle Malvinas aveva in mente, quando indicava i “restauratori”, qualche gruppo, qualche vescovo (magari persino diocesano) che, prescindendo dal “superconcilio” del 1962, addobbava il suo piccolo mondo con atteggiamenti e stili preconciliari otto-novecenteschi.

    In realtà la Restaurazione, come ci affatichiamo da anni di dire su Radio Spada, è ben altra cosa: non ci riferiamo certamente al Congresso di Vienna che pur potente e ingegnoso, aveva già in sé i germi dei futuri sommovimenti, la politica dell’amalgama, i romanticismi nazionalistici forieri di nuove rivoluzioni.

    Restaurazione non è nemmeno “star sopra un albero”, parafrasando Giorgio Gaber, non è certamente costruire una cappellina laterale dove si celebri la messa di San Pio V nella gran cattedrale neomodernista dove si balla e si gozzoviglia,

    Non è soltanto (volendo essere chiari e ulteriori) costruire tante chiesine fuori da questa cattedrale, facendo tutto “come prima”, negli spazi antistanti, come tante scialuppe attorno ad un Titanic apparentemente ferito a morte.

    Beninteso si tratta di cose tutte necessarie e importanti (taluni amici la chiamano familiarmente la “Missio”) a cui tanti direttamente e in direttamente si affaticano e si sono affaticati (et in Arcadia etiam nos) ma sono solo aspetti di qualcosa di più vasto.

    La Restaurazione è e sarà un severo e sanguinoso impasto di elementi spirituali e mondani, religiosi e politici, mistici e militari, un grande colossale e globale “regolamento di conti” ecclesiali di cui forse (e senza forse) ci sfugge portata, estensione e intensione concettuale, una “guerra dei cent’anni” ricca di continui capovolgimenti d fronte e rimescolanze tra sant’uomini e “santa canaglia” ma con un unico grande obiettivo: la Restaurazione del Papato romano e quindi di una piena dimensione ecclesiale cattolica “in ordine”, sia nel regime che nella dottrina.

    Forse allora i queruli, lagrimosi, qualche volta pappagalleschi “Fino a quando, Signore?” e “Che pensarne?” ci sermbreranno pallidi riicordi di un’epoca lontanissima. Deus perficiat!

    Il richiamo irresistibile delle urne

    Non parliamo della facile e deprecabile propaganda cremazionista oggi dominante e dei “templi crematori”, modo gentile della bislingua per dire che si distruggono carcasse d’uomo.

    Caduto il rio Dragone, parliamo delle urne elettorali oggi balzate agli onori della cronaca nelle terre del parlar toscano.

    Anni a dire male dei “nostri politici”, anni a deprecarne tradimenti, cedimenti e inganni, anni a dire di tutti “voltamarsina” o “servo dei poteri forti” ma poi il richiamo delle urne, di quella strana libertà di mettere fogli colorati in una scatola, fa avvampare i cuori, fa disegnare sulle nuvole scenari e speranze, fa credere l’impossibile.

    Ci si polarizza tra “voto utile” e “voto di testimonianza” ma quello che domina è il fascino irresistibile della scatola lignea.

    Per una sorta di atarassia ormai decennale, mi tengo ben lungi dall’esprimere pareri, men che mai dal tentare di indirizzare coscienza e decisioni di chi ci legge: una sola preghiera, risparmiateci appelli e contrappelli, “gridi di dolore” e “agende programmatiche”.

    Basterebbe vedere il viso compito e serio di Calenda che lancia il suo fronte “repubblicano”, per capire che la democrazia ondeggia tra inanità e delitto intellettuale.

    Sia che vi si voti, sia che non vi si voti, non vogliamo essere disturbati dalla vostra immonda cagnara, dalle vostre illusioni e dai vostri illusionismi alla Tony Binarelli (parce sepulto), dalle vostre giacchette di sedicenti esperti e consulenti del Nulla.

    A tutti gli uomini e alla signore di buona volontà, comunque vivi incoraggiamenti e buona fortuna.

    Radio spada estate

    Siamo anche quest’anno entrati nel periodo pienamente estivo del nostro sitoe questo significa, contrariamente ad altri blog o siti, un’intensificazione delle nostre attività, secondo il noto principio dell’inatteso e dell’imprevisto meraviglioso che caratterzza il nostro essere Radio Spada blog.

    Mentre voi sarete sotto le fresche frasche (guerre, crisi e pandemie permettendo) in qualche luogo di villeggiatura, sorseggiando chinotti e tamarindi, acque brillanti e gingerini, noi continueremo a garantire l’operatività del sito perchè la Rivoluzione come del resto l’esercizio quotidiano della Fede romana non vanno mai in vacanza (malgrado eventuali altre Vacanze…).

    Certamente non mancheranno molti pezzi reminder del passato che tanta soddifazioneci hanno dato e che tanta edificazione hanno prodotto nei nostri lettori, conttinuereanno le pubblicazioni devozionali e culturali tra vecchi e nuovi percorsi di apologetica cattolica, tra storia, arte e letteratura.

    Ad esempio iil 22 agostro cadrà il quarto anniversario dalla pubblicazione “Rocche, fortilizi e casematte” nella rubrica “Ai piedi del trono vuoto”, pezzo che ci è carissimo, sicut rara margarita, sia per i consensi ricevuti che per gli echi raccolti.

    Come bene vedete, Agosto è un mese ricco e fertile per fare del bene e per…radiospadizzare.

  5. #265
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    Predefinito Re: Prose cattoliche romane integrali



    La strobosfera n.8: Crociate che falliscono, la morte iniqua di Archie e “papi” nel Kansas

    di Piergiorgio Seveso

    Interagire senza confondersi

    Questa puntata della Strobosfera esce con un giorno di ritardo per aver ceduto il passo all’intervista che l’ottimo Martino Mora ha rilasciato a Paolo Guidone de “Il Talebano” e che abbiamo pubblicato ieri,

    Lo stesso “Talebano” mi aveva intervistato tempo fa grazie al gentilissimo Roberto Priora.

    Queste continue interazioni mostrano ad abundantiam l’importanza delle relazioni e delle connessioni all’interno della Buona Battaglia, interazioni e tangenze che non ledono in nulla l’unicità e la peculiarità delle singole posizioni ma che rendono a tinte fluo la vivacità magmatica e vagamente entropica del nostro piccolo mondo,

    Se talvolta non mancano tra noi meschinità, piccinerie e caveat ad excludendum, la gran voglia di fare di molti (da non bollare con la solita accusa di attivismo, ricovero di inetti, misantropi e sedentari) travolge i fragili “cordoni sanitari”, fatti d’aria o di parole scritte, che spesso volontà stanche e al tramonto vorrebbero issare.

    E le “crociate contro gli albigesi” in trentaduesimo vanno deserte perchè i crociati hanno di meglio da fare.

    Non sono mai tenero verso il nostro mondo, verso noi stessi, verso la caotica confusione, i primadonnismi imperanti e i torquemadismi da Monsu’ Travet, ovunque però scorgo nuovi soffioni boraciferi di impegno, nuovi animi coraggiosi e (più o meno) bene formati di generosa volontà. La Provvidenza le custodisca, le rafforzi, le convogli verso le scelte migliori e più efficaci.

    Archie o della morte iniqua

    Ci si abitua a tutto: ci siamo abituati alla guerra nelle pianure sarmatiche (ma forse in quel caso era stato avventato essersi disabituati), ci siamo abituati a due “papi” (di cui uno emerito come il presidente di un Lions club), anzi forse ad uno vero “nascosto al mondo” e uno finto visibile (come taluno con assai lunare parere o con strepito insulare meditteraneo sostiene).

    Ci siamo abituati alla volontà che decide tutto: chi sei, come ti devono chiamare, come ti devi vestire, che strana grammatica tu debba usare, con chi ti devi “sposare”, ci siamo abituati a decine di generi diversi, a gente che non si sente “binaria” ma che mostra meno intelligenza dei binari ferroviari.

    Ci siamo abituati a gente fluida e vischiosa che finge di ignorare che le eccezioni servono proprio a confermare la Regola.

    A una cosa non riusciamo del tutto ad abituarci: che si uccidano innocenti indifesi a sangue freddo, con l’avallo della legge o di un simulacro di essa.

    Ogni qualvolta vi venga la tentazione di abituarvi, di dimenticare Eluana, Charlie Gard, Alfie Evans e tutti gli altri, guardate fissamente negli occhi Archie Battersbee e pensate che è stato soffocato come un grassatore qualsiasi in Castel Sant’Angelo.

    “Pope Michael”

    Quando tantissimi anni fa ebbi la possibilità di navigare in internet in un computer fisso non mio (in un’epoca in cui s’accendevano i lumi a petrolio per strada e per aprire un sito ci volevano dieci minuti), andai a rotta di collo a cercare i “famigerati” sedevacantisti e come spesso accade mi imbattei subito nelle cose più strane e mirabolanti.

    Siri Thesis, padre Pulvermacher (allora solo futuro “Papa Pio XIII”), una manciata di “Pietro II”, un “Lino II” eletto ad Assisi e poi arrivò lui “Pope Michael” Bawden,

    Ex seminarista FSSPX per breve tempo (il mondo è pieno di ex belli e brutti di tutti i tipi), constatata la generale apostasia e sparizione della “Chiesa conciliare”, il 16 luglio 1990 si era fatto eleggere “Papa”, trentenne, da un piccolissimmo “conclave” domestico di cui facevano parte anche i genitori e alcuni vicini di casa.

    Sua Eccellenza Guerard Des Lauriers soleva dire che il conclavismo “blandiva lo spirito di avventura” ma qui l’avventura aveva il corto raggio del cortile di casa in Kansas.

    Il nuovo “Papa” rimase ad abitare in famiglia, costruendo una piccola capella “pontificia” adiacente, dedicandosi agli studi ecclesiastici, scrivendo lettere di scomunica alle varie realtà tradizionaliste che non lo riconoscevano come Sommo Pontefice e qualche enciclica e bolla.

    Man mano che la Rete si diffondeva, anche “Pope” Michael diventava più noto, non fosse che per il suo aspetto folcloristico (oggi si direbbe “cringe”) e almeno apparentemente paradossale.

    Strappata l’ordinazione sacerdotale e la consacrazione ad un vescovo (davvero scismatico) della linea Duarte Costa (già scomunicata da Pio XII), “Pope” Michael continuò nella sua carriera di pretendente al Soglio Petrino, abitando con la madre in una nuova casa in legno a Delia (Kansas).

    Lo rammento recentemente in un tweet che festeggiava il suo “pontificato” che ormai era col quello di San Pietro e di Pio IX tra i più lunghi della storia.

    Ora in seguito ad un severo malore che l’aveva colpito lo scorso luglio, “Pope Michael” è morto il 2 agosto 2022.

    Se ad un “cattolico conservatore” o genericamente tradizionalista, felicemente dimorante presso istituti religiosi codificati, la storia di “Pope Michael” può essere derubricata a caso curioso tra pacchiano folclore e psichiatria, per noi non è così.

    Nel nostro “villaggio” David Bawden era certamente uno dei matti più conclamati e vistosi, patetico sino al punto di farsi “eleggere” dalla propria madre, autore di uno scisma piccolo piccolo, quasi però un’inezia di fronte allo Scisma e agli scismi giganti del neomodernismo che dilaniano e devastano il Corpo mistico.

    Un borderline di cui i nostri mondi pullulano, di cui nei nostri mondi si fa facile vendemmia, in fondo uno dei “matti di Dio” di cui parlavo nella mia postfazione “I sonagli della Sede vacante” a “Non possumus” di Pietro Ferrari cui vi rimando su Radio Spada.

    Me lo ricordo in una immagine presente in un documentario girato su di Lui una decina d’anni fa, seduto in una specie di abito piano bianco su un dondolo nel deserto intorno a casa sua: conservo ancora l’amaro e profondo disagio di quell’immagine, era segno tangibile della nostalgia del Padre infallibile, del Papato romano, del cattolicesimo in ordine, segno visibile di una povertà e di una privazione che ingeneravano ogni tipo di disordine e di follia, in tutti gli ambienti.

    Si tratta di un simbolo che, pur nella sua nuda crudezza, rimanda a mille e mille immagini minori e meno impattanti ma non per questo meno drammatiche presenti nei nostri mondi integristi (talvolta disintegrati), in questo mondo privo di Luce e di quella cattedra di Verità di cui tutti i popoli abbisognano.

    “Pope Michael” in fondo in fondo, e non se ne scandalizzino i benpensanti, era “uno di noi”.

    Miserere Ei Domine. Requiescat in pace.

  6. #266
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    Predefinito Re: Prose cattoliche romane integrali

    La strobosfera n.7: Malati immaginari, il mal conservatore e la giovinezza di Radio Spada



    Bergoglio malato (anzi sta benissimo)

    Chi si appresta a leggere questa noticina della Strobosfera potrebbe pensare che io mi accodi alla canea dei vaticinatori sulla crisi sanitaria e sulla fine del “pontificato” bergogliano.

    Per nulla. Sono anni che incontro gente che mi bisbiglia all’orecchio che “da fonti certe” l’argentino abbia i giorni contati, pochi mesi di vita, la gotta, la febbre terzana, la nefrite e il mal francese.

    Nel frattempo Bergoglio con un “regno” che si avvicina a grandi passi (in carrozzina) ai dieci anni (San Pio X ne regnò undici), sta completando un percorso di riforme “modernistiche” a tutto tondo che non risparmia nulla e nessuno, riempito il “sacro collegio” di eminenti nullità e fedeli seguaci, insediato altri “gangsters” su cattedre episcopali per anni e anni a venire, riformato e rivoltato ordini religiosi e “movimenti ecclesiali” come calzini.

    L’ultima visita in Canadà, con ennesima e rovinosa richiesta di perdono per danni (o immaginari o di cui la Chiesa non ha alcuna responsabilità) e la futura visita ecumenica in Kazakistan dimostrano l’intensa operatività di questo “Pontificato” che ha già lasciato danni secolari sul terreno.

    Beninteso, il “domani appartiene a Noi” (ccme si canta con Fede e involontario umorismo nei ritrovi tradizionalisti underground) ma l’OGGI appartiene a Lui.

    Non moriremo conservatori

    Giustamente una volta si diceva “non moriremo democristiani”, salvo beninteso diventarlo alla prima svoltata, appena girato l’angolo.

    Interesse, codardia, calcoli, pusillanimità, autoconvinzione di essere indispensabili in politica rendono democristiani anche i più ferrei cattolici integrali, i tradizionalisti più spigolosi: ci si addormenta con Donoso Cortes, ci si sveglia con don Sturzo (magari quello del 1953) o con De Gasperi (magari Tambronizzato).

    Serve solo una spolveratina di bene comune, un panetto di realismo politico, la saggezza del “buon padre di famiglia”, una giacca ben stirata e una cravatta (da indossare malgrado le ”scomuniche” di Sanchez) ed in politica si sente incoercibile il richiamo del centro, del Zentrum maledetto ed eterno che attira come un pozzo con la propria Luna calata nelle profondità.

    Ma so bene che voi che mi leggete, cari lettori, siete adamantini e a prova di bomba da questo punto di vista e allora mi permetto di spostare un po’ avanti il limes di queste mie considerazioni.

    “Non moriremo conservatori”. Già, perchè il problema è ulteriore: niente ecclesiologicamente e politicamente mi ripugna più del conservatore inveterato, del cultore calcolato e “ideologico” del giusto mezzo (che beninteso non è affatto il giusto mezzo ma è il mezzo giusto per star comodi).

    Ecclesiologia e politica in questo sono magnificamente e drammaticamente speculari: il “conservatore” frena i propositi, pone paletti, addolcisce i termini, stila l’elenco delle eccezioni, conserva un po’ di macerie della democrazia e della rivoluzione agli angoli del campo di Dio, argina, convoglia e alla fine pone la legge; tra il restauratore integrale e il rivoluzionario demo-modernista Lui ha la posizione migliore, più credibile, più efficace, più realizzabile, più sensata.

    Anni e anni di vita nel nostro mondo me ne hanno fatti conoscere tanti, tutti diversi e tutti disperatamente eguali (anche nelle diverse fasce anagrafiche che in fondo poco contano), tutti pregni di… (mi perdonerete il termine postmoderno) di un boomerismo inscalfibile.

    Non stiamo parlando dei prudenti o dei ponderati che di volta in volta scelgono mezzi e modi migliori per raggiungere un buon fine ma di un habitus mentale ed ideologico che è stato ed è tabe senile di molto dell’agire “cattolico tradizionalista”, paradossalmente vincente nella sua stasi centrista.

    Infatti gli spaccamondo, gli scamiciati, i passionali, gli entusiasti dalla giuste posizioni talvolta eccedono, debordano, esagerano (non è una regola generale ma naturale esposizione ad un rischio necessario) e, come ancora più spesso accade, esauriscono la loro azione ed il loro impegno come le falene, in una fiammata.

    Qui, come lo sciacallo, come la iena ridens, come l’astuto Tiresia di fronte ai cadaveri di Eteocle e Polinice, interviene il ben vivo conservatore a perorare la giustezza della propria assennata moderazione, ricevendo quattro soldi di applausi dalla dabbenaggine di gente dabbene.

    A seguire cena al ristorante (o. se va meglio, a Palazzo) e Te Deum con qualche “cardinale” in cappa o prelati in carta da zucchero.

    No, grazie alla Divina benevolenza, non siamo come Voi: non moriremo “conservatori”.

    Annunci, piccola posta

    Giovani volenterosi cercansi per straordinarie imprese all’ombra della Croce e del Triregno in blog cattolico integrale sempre sulla breccia delle (buone) battaglie e delle (buone) polemiche. Non siate timidi, non siate titubanti, fate un solo passo e sarete con noi: Radio Spada vi aspetta.

  7. #267
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    Predefinito Re: Prose cattoliche romane integrali

    La strobosfera n.9: essere editori cattolici oggi, politicamente corretto e un ricordo di Piero Nicola



    di Piergiorgio Seveso

    Cosa significa essere un editore cattolico oggi?

    Significa riconoscere senza infingimenti, senza soluzioni accomodanti, senza palliativi e placebo che il cattolicesimo romano sta attraversando una crisi senza precedenti nella sua sua storia.

    Soppesate bene le parole: il cattolicesimo romano ovvero l’unica religione divinamente, l’unica manifestazione veridica e non ingannevole del Sacro, l’unico luogo dove Dio (Trinità) si è manifestato e ha parlato nella Storia dell’umanità sta attraversando una crisi senza precedenti.

    Una crisi senza precedenti significa che vanamente si affannano storici paludati (e paludosi), legulei, cronisti, storici della Chiesa da week-end a trovare fatti analoghi nel passato: la crisi sta nel Capo e si riverbera naturalmente nelle membra.

    Troverete incertezze, conflitti, Sedi petrine male informate o diplomaticamente accomodanti, distratte, rilassate o invase di passioni di fazione, ma mai nulla di simile per continuità, durata, intensità, sovversione sistemica del dato rivelato.

    Una sostanziale invasione generale di zombies, per citare un’immagine che ho trovato nella narrativa di un lettore amico, che pur mantenendo aspetti di vitalità, hanno chiara la mutazione della loro natura da un facies naturalmente nemica e da un’attitudine chiaramente omicida (almeno per le anime).

    In un quadro tanto desolato ma più chiaramente bellico, che deve fare un editore che voglia mantenersi cattolico?

    Anzitutto non mettere la testa sotto la sabbia del “teologicamente accomodante”, non divagare, non trastullarsi, non cincischiare, non parlare d’altro.

    Puntare con chiarezza e senza tentennamenti gli occhi e tutto il proprio essere nel centro del nero abisso che si è spalancato a un passo da noi, a qualche centimetro da noi, a un sospiro da noi,

    Solo a questo patto, solo a costo di questa sanguinosa franchezza, il fare “editorialmente come prima” ha un senso e trae la sua ragion d’essere: ripubblichiamo il passato perché l’oggi cattolico sostanzialmente non c’è e, quando c’è. è (pur benemerita e benemerente) letteratura e trattatistica, da scialuppa, da zattera, da surf (per i più sportivi).

    Questo nero abisso (del neomodernismo e dei suoi schismata apicali e non) non può però farci dimenticare che il Sole di Cristo e della sua Chiesa continua a brillare, a illuminare, a scaldare ogni cosa, a rendere nuova e interessante.

    Per questo i vecchi e nuovi percorsi apologetici (che non si limitino all’aneddotica del Dragone) ci spingono a cercare questo Sole di Grazia e di Verità ovunque si sia manifestato nella Storia, ovunque abbia dato segni, bagliori, presagi, in quel gran campo del Seminatore che è la storia stessa dell’Umanità.

    In questo grande contrasto, in questa apparente contraddizione tra l’Oggi e l’Eternità, sta la missione dell’editore che voglia essere cattolico oggi,

    Scrivevo un’era fa: “Il nostro scopo non è certamente vedere solo Bergoglio trascinato in ceppi di fronte ad un tribunale ecclesiastico (anche se la cosa ovviamente non sarebbe affatto sgradevole) ma lo smantellamento integrale dell’intero apparato dottrinario, teologico, giuridico, sociale e politico, scaturito dal concilio vaticano secondo di cui papafrancesco è figlio degnissimo, coerente, efficace e…lungimirante. Uno smantellamento che, ben prima che nella Chiesa, deve avvenire nelle coscienze e nelle vite dei nostri lettori ed amici: se Radio Spada serve a qualcosa ed ha qualcosa di …pedagogico, è proprio questo.

    Negli effimeri ma non per questo completamente falsi anni Ottanta (in fondo le molte consacrazioni episcopali “tradizionaliste” avvennero in quegli anni) si cantava “Andiamo avanti, senza mai guardare giù, tornare indietro non si può più”.

    Anche questa massima può essere incisa oggi sui torchi cattolici integrali.

    Politicamente corretto:

    Spesso potrebbe sembrare che ci disinteressiamo del “politicamente corretto” che come un nodo scorsoio si stringe attorno alle nostre gole.

    Lo facciamo per disgusto verso questa cappa vericida in amplificazione, per disgusto verso i pianti sulla “perduta libertà dell’espressione”, per disgusto verso un linguaggio che, a colpi di inclusività e non divisività, è diventato una congerie di flatus vocis incomprensibili e di flussi di coscienza da trappers di periferia. Lo facciamo perché riteniamo “parlare in corsivo” abbia più dignità che rovesciare le “e” in una pagina scritta.

    In ricordo di Piero Nicola (1938-2021)

    Nella grande deflagrazione pandemica ci siamo tutti dispersi e, come in un cataclisimatico conflitto. stiamo ancora riguadagnando la strada di casa perché tutto si è fatto più remoto, distante, quasi inattingibile.

    Le persone e le loro storie spesso si sono occultate ai nostri occhi, così anche è avvenuto per Piero Nicola, genovese adottivo, già scrittore e saggista per Radio Spada, che ha concluso il Suo pellegrinaggio terreno il 24 gennaio 2021.

    Grazie ad un avviso della gentilissima signora Lorenza, sua moglie, ho potuto aver notizia della Sua morte solo alcuni mesi dopo.

    Vorrei che di Piero Nicola si ricordassero anzitutto le opere che hanno spaziato dalla letteratura alla teologia, frutto di una mente rigorosa. di una penna puntuta e forbita che ha lasciato certamente il segno nei campi della Buona battaglia.

    Sia dalle pagine del blog “Contravveleni e antidoti” di Piero Vassallo, di cui era assiduo e fedele collaboratore, sia nelle sua varie opere letterarie come “Una ragazza moderna” (Tabula Fati, 2015), “Specchi di questo tempo” (Solfanelli, 2011) e il “Bacio” (Tabula Fati, 2013), Piero Nicola ha mostrato un ingegno versatile e sorprendente nella sua vena creativa, riprendendo senza pedanterie lo stile del romanzo formativo e storico cattolico (tra Bresciani, Giovanni Giuseppe Franco, Sacchetti, Besi de’ Vitturi; Bourget, Huysmans e Benson).

    Nel campo più propriamente teologico, Piero Nicola ha lasciato certamente la Sua summa, quasi il suo testamento spirituale. in due opere, “L’ottimismo ereticale. Giovanni XXIII. De Lubac. Teilhard de Chardin. Teologicamente accomunati” (Solfanelli, 2010) e “Il Vaticano II ha contraddetto il dogma, Lo stato attuale della Chiesa e del Papato” (Edizioni Radio Spada, 2015).

    Di quest’ultimo libro ho seguito personalmente le trattative con l’Autore, sempre garbatissimo, portando a compimento una piccola pietra preziosa, netta, severa e risoluta come un diamante, di un sedevacantismo forte e sereno, frutto dell’esercizio di Fede e ragione, privo però di cascami monadici e di ripiegamenti misantropici o piagnucolosi.

    Conservo con geloso affetto quelle mail e quei ricordi di un’uomo all’antica, disgustato dal Suo tempo ma senza per questo perdere il gusto per la facezia ed il particolare umorismo ligure,

    Un uomo che non veniva a patti con le mode e con le variegate degenerazioni, anche linguistiche, del suo tempo tanto da dire alla fine dell’introduzione di un Suo romanzo al lettore che chi avesse l’abitudine di sguazzare nel pantano, magari soltanto verbalmente, si affrettasse pure “a disfarsi di questo libro senza andare avanti”:

    Di Lui, traduttore dai molteplici interessi, ci rimangono anche le curatele di due opere per il Centro Librario Sodalitium ovvero, un racconto zuavo di Anton Maria Bonetti, e un opuscolo contro Giordano Bruno di Monsignor Pietro Balan.

    A dimostrazione della sua profonda attitudine verso le arti e il Bello, rimane, assai poco citato ma da riscoprire, un sorprendente volume fotografico “Gli edifici privati Novecento nella grande Genova”.(In proprio, 2008).

    Come autore della nostra casa editrice, il Suo nome rimane custodito ed apprezzato, come in uno scrigno di ricordi, e, come segno dei tempi e di passaggi di testimone e di stili, annotato, con simpatico stupore per un uomo dei vecchio stampo come Lui, in una rubrica chiamata “La strobosfera”.

    Alla moglie, Signora Lorenza, il nostro affetto e la nostra amicale vicinanza.

    A Lui le preci dei buoni, la stima dei coraggiosi e degli zelanti. Requiescat in pace.

  8. #268
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    Predefinito Re: Prose cattoliche romane integrali

    La strobosfera n.10: Magistero politico dei Papi, antisemitismi ed estati che finiscono


    di Piergiorgio Seveso

    Magistero politico dei Papi

    Come sono uso dire, i libri per un editore sono come figli e io di figli ho già ben (coi miei sodali) ottantuno. Ho quindi già esercitato largamente quella paternità editoriale, morale e spirituale che mi fa essere un uomo completo, realizzato e sereno ma ogni libro stampato ne richiama uno nuovo, ne invoca uno nuovo. Già abbiamo dedicato in passato al magistero dei Papi un libro contro il modernismo (quel Tridente che si è conficcato nelle carni vive di tanti nostri nemici), uno contro gli errori politici novecenteschi (che tante polemiche e scissure ha prodotto anche nel nostro ambiente) e un altro sulla specifica angolatura del cesarismo, ma ne mancava uno che raccogliesse come una fiorita antologia tutto il principale magistero petrino riguardo l’azione politica, il governo degli affari umani e le sue relazioni con la Verità rivelata.

    Certamente abbiamo tanti pensatori autorevoli che in passato hanno scritto ed elaborato teorie, dettato analisi, stilato sintesi, ora felicissime, ora felici, ora problematiche. Sono spesso pensatori che vanno sotto il nome di “tradizionalisti” e si dedicano loro dotti e raffinati convegni (di solito abbastanza elitari).

    Noi abbiamo preferito, per questa volta, dare alle stampe un libro che andasse alla fonte di ogni pensiero politico ortopratico ovvero alla Regola vivente della Fede. Dalle mie carte che hanno preceduto quest’edizione, portata però a termine da valentissimi e talentuosi collaboratori, trovo queste righe, di cui vi rendo partecipi.

    Possano essere sicuro viatico non solo per un acquisto fortunato, ma per un’intensa “ruminatio” di questo magistero.

    “Roma ha parlato, l’aureo Labbro del Vicario di Cristo ha ordinato, l’Oracolo vaticano ha arricchito il mondo coi suoi preziosi e fruttiferi detti ed il mondo non li ha accolti, nella migliore delle ipotesi ha dato loro un ossequio formale e ipocrita, nella peggiore ne ha impugnato la fonte e la divina autorevolezza e infallibilità. E come spesso accade, i doni tanti vilipesi e lordati, tanto misconosciuti e manomessi ad un certo punto si sono interrotti.

    Per far politica certamente i principi e la ricchezza del magistero petrino è più che bastevole ma manca, MANCA, MANCA, in un vuoto glaciale, quella paterna voce che ogni giorno di questa maledettissima epoca ci indicasse la via maestra, bollasse col fuoco eterno e il sanguinante staffile i sempre nuovi errori che nascono come polloni velenosi ogni giorno, come bubboni pestiferi ogni ora da ogni angolo del mondo reale e virtuale”.

    Se interessati, questo è il link giusto per voi (e fino a lunedì 29/8, potete approfittare anche di un’offerta speciale!).

    Antisemitismi

    Inutile dire quanto il termine sia diventato liquido o gassoso (come l’iprite nella prima guerra mondiale) nel dibattito politico di lingua italiano.

    Ormai criticare anche blandamente le politiche, lo stile comportamentale della classe dirigente dello “stato d’Israele” (virgolette volute, dovute, cercate, sperate, agognate) è bollato dalle gazzette virtuali, dalle sospirose pagine web come antisemitismo.

    Vi si lasciano per strada scranni e candidature nel parlamento subalpino.

    Eppure da un libro che non pubblicammo per improvvida defezione dell’autore traggo queste righe inedite di posfazione, inedite, da me vergate: “Tutti i passi evangelici in questione mostrano incoercibile il senso di riprovazione e condanna per il popolo ebraico. Oggi gli esegeti neomodernisti storicizzano la Scrittura, ne annullano il carattere rivelato. Invece, dopo aver chiuso gli “occhi della mente”, il Sinedrio ha tentato veramente l’inosabile, l’insperabile: uccidere Dio! A volte, nell’orgoglio e nell’accecamento di una passione si fanno cose con la segreta certezza che falliranno; eppure le si fa lo stesso, si cerca di impugnare la realtà, di eliminarla con un atto disperato ma anche lucido della volontà. E’ una lucida, deliberata follia. Maggiore la consapevolezza nei capi, minore nel popolo, ma comune la colpa: perfidia, ovvero incredulità. Potevano scegliere di non fare il male: come Caino, come Giuda, erano liberi, ma hanno scelto per odio ed accecamento passionale di compiere un male imparagonabile a tutti gli altri mali.

    “Non vogliamo che costui venga a regnare su di noi”; “non abbiamo altro re che Cesare” (pur di ottenere lo scopo si misero sotto i piedi anche il loro nazionalismo); “il suo sangue (Sanguis Eius) ricada sopra di noi e sopra i nostri figli”. Hanno peccato “a occhi aperti” ed hanno scelto Barabba: era l’ultima possibilità che Dio offriva loro, tramite un tremebondo governatore romano”.

    Vi svelo un facile segreto: nemmeno questo è antisemitismo.

    L’estate sta finendo

    Come cantavano i torinesi Righeira, un anno se ne va. Anche per Radio Spada si aggiungono nuove sfide, affrontate con determinazione e forza, con spirito di sacrificio e leggerezza.

    Come dicevo in una vecchia intervista, oggetto di tentativi di ratto, nostro supremo scopo è esserci, essere al nostro posto per dimostrare e testimoniare che in tempi di abbandono e apostasia, non tutti hanno lasciato la posizione, non tutti hanno cercato accomodamenti, riposizionamenti autoconsolatori e facili escapismi.

    Per questo qualsiasi mutazione del nostro assetto non lede e non lederà in nulla la sostanza e le modalità consuete della nostra battaglia, la sua irriducibile originalità. la sua smodata al contempo assennata passione.

    Risuonano in me costantemente queste considerazioni.

    Sotto ogni punto di vista, Radio Spada è un “fatto irrevocabile” cui altrettanto irrevocabilmente abbiamo “consacrato” le nostre esistenze: indietro non si torna più (e chi lo ho fatto si è amaramente “neutralizzato” fino a a diventare un’ombra di se stesso), si può solo andare avanti; come Colombo, navighiamo in un oceano insidioso e mortifero ma non per questo meno carico di promesse umane e divine. Noi decidiamo la rotta, la responsabilità è nostra, ma siamo certi che la nave di Radio Spada, per giungere dove è giunta, abbia goduto di una qualche celeste benedizione. Radio Spada è una (sottolineo una) risposta giusta, adeguata, necessaria all’attuale crisi della Chiesa, per questo non le sono mancate molte grazie, spesso nascoste, ma non per questo meno “imponenti”. Un’iniziativa come Radio Spada è quello che dei laici cattolici più o meno formati (o se volete “istruiti”) devono compiere per essere all’altezza della storia della Chiesa di oggi e, a Dio piacendo, di domani.

    Avanti, quindi, e senza soverchie paure.

  9. #269
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    Predefinito Re: Prose cattoliche romane integrali

    La strobosfera n.11: caleidoscopi cattolici, dottori privati e compagni al Concistoro



    di Piergiorgio Seveso

    Caleidoscopi cattolici

    Anche questa volta la strobosfera esce con un giorno di ritardo per permettere ai nostri lettori di fruire più agevolmente e senza eccessive distrazioni dei video delle conferenze della settima giornata di cultura radiospadista di Rubiera, in particolare modo dei brevi ma incisivi interventi del c.d “caleidoscopio radiospadista”.

    Mentre presentavo gli interventi pomeridiani, mostravo al pubblico dei convenuti, attenti e stupiti, un piccolo caleidoscopio metallico dove piccole pietre colorate, ad ogni millimetrico spostamento, creavano nuovi mirabili scenari, nuove combinazioni coloristiche tali da meravigliare ed edificare chi vedeva.

    Così era nata l’idea del caleidiscopio: in una salda cornice dottrinale, portare la ricchezza dello sguardo e del giudizio cattolico (integrale e mai termine fu meno abusato) sulla realtà tutta intera, su tutti gli aspetti della vita, in tutti i più sconosciuti e imprevedibili meandri dell’apologetica cattolica.

    La figura del Caleidiscopio in fondo rende tutti i relatori parte di una comunità di ingegni e talenti dove nessuno primeggia, nessuno deborda, nessuno travalica con relazioni verbose e sonnolente, non esistono “one-man-show” (quelli semmai li fanno i comici a teatro o i piazzisti alle convention) ma tutti sono necessariamente costretti alla brevità, alla trasmissione di concetti chiari ad un uditorio che merita certamente l’approfondimento ma anche la linearità, sfrondata da vezzi narcisistici, da pose gladiatorie, intellettualoidi o (para)accademiche.

    Dottori privati

    Tanti e tanti anni fa il milanese professor Antonio Zocco, tipica figura di tradizionalista eccentrico anni Settanta e Ottanta, latinista, celibe, in un distinto appartamentino ricolmo di libri e di memoria in centro città e con un ciarliero merlo indiano come compagno di vita, mi ammoniva con tono amicale e sentenzioso: “Stia attento ai dottori privati!”.

    Era l’ultima volta che ci incontravamo, poco più tardi un severo incidente domestico e una conseguente malattia l’avrebbero condotto alla morte ma volevo che ne rimanesse cara memoria anche in questa rubrica.

    Lì per lì, non compresi del tutto il senso e la portata dell’affermazione, in fondo ero ancora un cattolico “tradizionalista” alle prime armi, un’’Alice nel paese delle meraviglie dell’integrismo, un giovane affetto dal “mal guerardiano” in braghe corte, ma con gli anni la cosa si era sedimentata carsicamente in me.

    Una frase che mi fece pensare e che è divenuta sempre più attuale negli ultimi anni.

    Eppure lo stesso professore che la proferiva aveva una tenera e appassionata dedizione verso un famoso e dottissimo “dottore privato” di quegli anni ovvero Romano Amerio.

    Oggi, infatti, privi come siamo di guide visibili o certe e con lo stesso episcopato “cattolico” passato armi, bagagli e croci pettorali (in legno) tra le schiere del Gran Turco o della Gran Loggia, ci troviamo ad avere solo dottori privati, privi di autorità ma non per questo privi di autorevolezza.

    Ovviamente è necessario avere verso tutti questi dottori privati il giusto senso di equilibrio, il giusto ponderato rispetto che non ne faccia dei novelli San Tommaso ma nemmeno degli opinionisti da talk show.

    Anni fa scrivevo cose consimili, prefando uin libro del carissimo “nemico” don Curzio Nitoglia, e mi sovvengono ogni volta che vergo queste righe. Proprio per modestia o, forse meglio, per realismo.

    Questa stessa rubrica mantiene STATUTARIAMENTE e ONTOLOGICAMENTE una sua irregolarità di uscita, una sua estemporaneità d’argomenti proprio per preservarci dalla “tentazione oracolare” tanto presente nel mondo tradizionalista, dall’impancarci a nuovi banditori, a Savonarola in trentaduesimo, a Fra’ Cipolla confusionari e ridicoli.

    L’unica voce fedele e affidabile è quella della dottrina romana, noi al massimo ricamiamo, infioriamo, tracciamo qualche ulteriore svolazzo per attualizzare e volgarizzare, applicando le massimo eterne alle dolorose contingenze ecclesiali dell’oggi. Lo facciamo anche per confortare gli amici, spesso stretti dalla morsa di dubbi e scrupoli, e per mettere in guardia i nemici, lanciando giuliottianamente le uova marce del nostro sarcasmo.

    Compagni al concistoro

    Per citare una vecchia canzone degli “Amici del vento”, si è svolto l’ottavo “concistoro” dell’era bergogliana: una ventina di nuovi “cardinali” accuratamente scelti tra latinoamericani, terzomondiali, vescovi delle periferie esistenziali e dei deserti asiatici, gesuiti, fedeli esecutori, “ordinari locali” innocui e vagamenti inebetiti. Il quadro del futuro (futuribile) nuovo conclave si delinea sempre più con una maggioranza schiacciante fedele al nuovo corso bergogliesco.

    Volendo quantificare perché la matematica può essere severa, circa un centinaio di “porporati” appartengono o per fedeltà pregressa, o per gratitudine creaturale, o per insignificanza congenita o per forma spiritualis alla mente e al cuore del “gerente”.

    Il tradizionalista medio certamente potrebbe sillabare di ”interventi straordinari dello Spirito Santo” ma la dura legge dei numeri è questa.

  10. #270
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    Predefinito Re: Prose cattoliche romane integrali

    Strobosfera n.12: alternativa alle urne, “beatificazioni” e approcci sentimentali, i toni di Radio Spada



    di Piergiorgio Seveso

    L’alternativa alle urne

    Data la nostra natura creaturale e finita, peraltro ampiamente colpita e sfigurata dal peccato originale, siamo naturalmente limitati nello spazio, nel tempo e ovviamente in ciascuna delle nostre attitudini e capacità. Oltre alla mancanza dell’onniscienza, cui si aggiunge una vastissima ed a volte imbarazzante e inquantificabile smemoratezza, non abbiamo nemmeno il dono di una retorica sopraffina edi i nostri lambiccati decò e la nostre figure retoriche da perenne liceale possono apporre certamente un qualche rimedio o un qualche rammendo visibile ma non essere risolutive.

    Per tanto se mi imbatto in qualche pezzo o frammento scritto da altri, ne faccio volentieri segnalazione quando o coincide col mio pensiero oppure vi si avvicina oppure mi colpisce per floreale ricchezza di argomentazioni.

    Scrivere infatti dei doppioni è, oltre che inutile, ridicolo dal momento che non è l’autorevolezza di chi scrive ad essere importante ma l’assennatezza di ciò che è scritto

    In questo periodo di malanni ed infiammazioni elettorali (parleremo di elettoralite) tra voti “dis-utili” e voti “di bandiera” (magari anche essi “utili” o “più utili”), altri giustamente offrono le ragioni di un silenzio, di un disertare le urne che non è diserzione, di un rifiuto che non è semplicemente il rifugiarsi nella pavesiana “casa in collina”o in un qualche turrita o diroccata Civitella in attesa del passaggio dei barbari o degli Hyksos.

    Lo fanno senza anatemi da commedia musicale, senza bava ai lati delle labbra ma con serena e composta convinzione.

    Come ad esempio Manuel Berardinucci della benemerita associazione “Il Maccabeo”, certamente più moderata di Radio Spada ma non meno interessante. Vi riporto un suo breve scritto da social. Buona lettura!

    “Qual è l’alternativa?” chiede forsennatamente il votante impenitente a chi sceglie l’astensione. Domanda sciocca, le alternative sono le più disparate e di complessa individuazione. Ognuno, seguendo i retti principii, può trovare il proprio paradigma, pur non senza oggettive difficoltà, per affrontare la tigre del mondo moderno. Che sia una maurrasiana militanza culturale, una daviliana e aristocratica fuga dal mondo, una tradizionale vita religiosa, un thiboniano ritorno alla realtà della terra, dipende dalle proprie inclinazioni, dal percorso personale, dalle disposizioni della Provvidenza.

    Il non-voto, di per sé, non costituisce “un’alternativa”, ma semplicemente una disposizione dello spirito, che non compie un atto solo “perché va fatto” ma soltanto se accompagnato da valide ragioni. Sostanzialmente non devo essere io a spiegare perché non voto, ma è chi vuole che io voti a dovermi spiegare perché varrebbe la pena farlo.

    Votare è un dovere legale? No, in assenza di sanzioni è assurdo parlare di dovere legale. Non che la legalità sia per sé stessa moralmente vincolante, ma non sussiste neanche l’appiglio legalistico per i giuspositivisti nostrani.

    Votare è un dovere civico? No, se non ci si riconosce nella Costituzione e nella Repubblica, entrambe frutto di una convenzione stipulata da un certo numero di uomini, investiti da null’altro che da altri uomini. L’assurdità democratica di fondare le sovrastrutture che devono regolare la vita degli uomini, sugli uomini stessi, non fa che confermare l’assunto daviliana per cui la democrazia moderna non è altro che la via maestra alla religione antropocentrica, ovvero al culto dell’uomo. Ogni ordinamento che escluda il trascendente dal proprio orizzonte, non può che restare in balia del potere e dei suoi mezzi, poiché l’imposizione (a suffragio o coercitiva non cambia) resterà l’unico strumento di pacifica convivenza. E nessuno può avere il “dovere civico” di riconoscersi in qualcosa di puramente arbitrario e nichilistico.

    Votare è un dovere morale? Magari per scongiurare il “male maggiore”?

    No, se l’alternativa è essa stessa malvagia, benché magari con gradazioni differenti e se è corretto ritenere che il “male minore” non farà altro che rallentare e ancor più legittimare il “male maggiore”, che nel nichilismo della democrazia liberale gli succederà poco dopo. Ma soprattutto non è un dovere morale, considerando l’evidenza di impossibilità di autocorrezione del sistema. Pur ritenendo, con i più generosi sforzi, in buona fede i contendenti, resterebbe il macigno di un modello politico-sociale intrinsecamente errato ed irriformabile. E quí parte il: “allora si fa la rivolta?” Ma per avere risposta a questa domanda tornate all’inizio del post”.

    “Beatificazioni” e approcci sentimentali

    Come è chiaro a chiunque abbia occhi per vedere, il 4 settembre 2022 si è (forse) chiuso il cerchio fiammeggiante delle “canonizzazioni” e “beatificazioni” conciliari, iniziato, ben si badi, non con Bergoglio ma con la ironica giustapposizione wojtyliana di S.S. Papa Pio IX e Giovanni XXIII (bis) il 3 settembre 2000 in una cerimonia di “beatificazione” in piazza San Pietro.

    Se i pur benemeriti estimatori del Papa del Sillabo piansero calde lagrime di gioia, ancora di più ne piangemmo noi di fronte ad un tale gioco di prestigio: mentre la devozione a Pio IX si codificava in qualche evento organizzato da nobiltà nera, mazzieri in pensione, mantellati cavalieri, e dame col veletta il culto “ideologico” del “papa buono” si inseriva ad un processo mondiale di apoteosi e marmorizzazione del “concilio vaticano secondo” (lettera e spirito) tuttora in corso.

    Albino Luciani è stato fuor di dubbio (senza giudicare reni e cuori) un vescovo “della rivoluzione conciliare” senza la quale non avrebbe certamente avuto né cattedra, né galero, né trono, acerrimo nemico della “Messa romana” che pure era stata la sua Messa, inflessibile applicatore della burocrazia rivoluzionaria montiniana. Questo basta in radice per reciderne la “fama sanctitatis”: se tutti i “Buoni” e i “sorridenti” fossero canonizzati avremmo un calendario ben più folto delle pagine bianche o della Guida Monaci.

    Non stupisce però che vi sia chi, anche tra le file del c.d. tradizionalismo, se ne faccia banditore e apologeta, o per sentimentalismo o per naturale vocazione alle sintesi indebite tra cattolicesimo integrale o modernismo, o per sfrenato flusso di coscienza o logorrea scrittoria.

    E non stupisce nemmeno che siti presuntamente autorevoli vi dedichino “importanti recensioni” entusiastiche (le ennesime “importanti recensioni”).

    Scrivere di più sarebbe inutile e inutilmente polemico ma mi preme garantire che Radio Spada non darà mai spazio a questo genere di operazioni di “recupero” o di addolcimento terzaforzista, non foss’altro perché il presidente di Radio Spada non ha nel proprio album di famiglia foto felici e “belanti” con “San” Giovanni Paolo II.

    Radio Spada e i suoi toni

    Spesso Radio Spada è considerata provocatoria e severa: molti di noi sono incorreggibilmente duri, spigolosi, polemici, inopportuni, a volte caustici, io stesso mi inserisco in questo novero.
    Ma perchè lo siamo? Perchè una sete ci divora ogni momento, è l’amore per la Chiesa che ci sprona e ci incalza e l’idea che gente che pure è tanto vicina alla Verità cattolica, per un mero puntiglio settario, legato alla propria storia e alla propria stabilitas vitae o alla propria comodità, infici tutto o quasi, gettandosi tra le braccia di errori già condannati dalla Chiesa, ci riempie di rabbia, amarezza, dolore…


    Personalmente non temo nè il disprezzo, nè l’odio, li subisco per la causa santa della Chiesa e ripenso all’indicibile solitudine che hanno vissuto tanti “eroi” del passato (uno tra tanti ma a me assai caro Monsignor Guerard des Lauriers).

    Anzi sono molto contento di una cosa: quando siamo arrivati nella blogosfera (e son passati dieci anni), questi luoghi telematici erano sede di mille tradizionalismi, variegati, incerti, velleitari e parolai, piagnoni e irrisoluti, vacuamente devozionali, pizzocentrici o semplicemente timidi e poco loquaci sui problemi centrali legati alla crisi della Chiesa

    In dieci anni questo sito è diventato un vero, reale, concreto luogo cattolico integrale: senza sbandate protestantiche, gnosticheggianti, terzaforziste, conservatrici polacche o bavare, anticlericali o meramente soggettivistico-emozionali.
    Un blog che non è il ripiegato luogo di lacrime sul “latte versato” ma è una finestra aperta e soleggiata su una realtà viva e calorosa, in movimento crescente, fatta di sudore, passione e fedeltà verso il cattolicesimo romano che non muore e non morirà mai

    E molti degli amici che abbiamo incontrato, anche grazie a questo blog, hanno scelto da che parte stare.
    Alcuni hanno scelto bene (per chi scrive), altri hanno scelto strade sedepleniste e “conciliari” che certo non condivido ma umanamente rispetto.

    Anche in queste scelte non possiamo non notare il contributo che ha dato il nostro sito che, nel suo piccolo, come la spada evangelica, ha portato una divisione benefica, amica della chiarezza.

 

 
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