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    Predefinito Riferimento: Vittorie totale per Bruno Gollnisch

    CONFERENZA STAMPA DI BRUNO GOLLNISCH – LIONE, 26 GIUGNO 2009[1]

    I - LA SENTENZA – UNA DECISIONE ECCEZIONALE…

    La Corte di Cassazione ha posto clamorosamente fine a circa cinque anni di persecuzioni politico-giudiziarie, che erano cominciate quando, l’11 Ottobre del 2004 - nella mia qualità di eletto nel distretto di Lione, di parlamentare europeo, di capo-gruppo al Consiglio regionale, e di responsabile politico della formazione alla quale appartengo [il Front National] - avevo tenuto con la stampa una prima colazione di riapertura [dell’attività politica]. Questo genere di riunioni è, più della dichiarazione o della semplice conferenza-stampa, un’occasione per discussioni a bocce ferme. Avevo parlato a lungo di CINQUE argomenti politici: la costituzione europea, l’adesione della Turchia, la questione degli ostaggi in Iraq (di cui avevo fatto una lunga precisazione sul ruolo di uno dei miei ex collaboratori), la ripresa delle attività politiche ed economiche, e infine il Rapporto Rousso sull’università di Lione, già ampiamente commentato sulla stampa nazionale e locale, al di là degli stessi ambiti universitari.

    Quest’ultimo punto aveva suscitato domande molto diverse, delle quali alcune sulla seconda guerra mondiale, i campi ecc. Tutte domande che avevo essenzialmente rimesso agli storici specializzati, reclamando solo la libertà di ricerca e la soppressione delle leggi che pretendono, con la minaccia di sanzioni penali, di enunciare la Storia.

    E’ a partire da queste risposte che si è messa in moto un’incredibile tempesta mediatica, che ha funto da base ad una metodica persecuzione politica, giudiziaria e professionale.

    La sentenza della Corte di Cassazione, che ha annullato le condanne ingiuste che mi avevano colpito per “contestazione” di crimini contro l’umanità, è non soltanto una vittoria del diritto ma anche del buon senso.

    Questa vittoria è tanto più schiacciante in quanto, fatto eccezionale, la massima giurisdizione, che, quando annulla una decisione, rinvia normalmente il processo a un’altra corte d’appello, questa volta ha cassato “senza rinvio”. Nella nostra storia giudiziaria, questa procedura eccezionale è stata utilizzata per la prima volta nell’affare Dreyfus.[2] Osservo che è stata utilizzata anche per il deputato Vanneste, accusato del “reato” di aver espresso una preferenza per la famiglia composta da un papà e da una mamma rispetto alle unioni omosessuali, e assolto da una sentenza senza rinvio della Cassazione il 12 Novembre del 2008.

    Cassazione senza rinvio: questo significa che non rimane nulla delle accuse rivolte contro di me. Le “parti civili”, associazioni stipendiate e golose di danni e di interessi devono rimborsare le decine di migliaia di euro che sono stati loro concessi.

    …PER UNA VICENDA ECCEZIONALE

    Questa decisione eccezionale mette un punto finale giudiziario a una vicenda eccezionale, nella quale non si contano le anomalie gravi, le manipolazioni, le violazioni del diritto:
    · Anomalie gravi: le distorsioni, le omissioni alle quali le mia affermazioni hanno dato luogo.
    · Manipolazioni: quando si è preteso, contro ogni verità, che io avrei programmato delle dichiarazioni sulla seconda guerra mondiale (cosa che rientrerebbe comunque nel mio diritto), quando le mie risposte sono state soltanto conseguenti alle domande dei giornalisti. O quando si è cercato di farmi passare per simpatizzante del regime nazionalsocialista, quando non avrei potuto esprimere più chiaramente la mia ripugnanza verso i due totalitarismi principali che hanno insanguinato il ventesimo secolo.
    · Ancora manipolazioni, tagli, falsificazioni, ad esempio quando si è cercato di far credere che quello che ho detto a proposito del massacro di Katyn, il solo fatto storico sul quale mi sia pronunciato, si applicava a Auschwitz: Le Monde e Libération hanno suonato esattamente questo spartito!
    · Violazioni del diritto: quando il giudice Schir decide di sottopormi a giudizio in presenza di un’[altra] istruttoria – un’istruttoria che stabilisce la mia innocenza – e per la quale, se essa viene fatta oggetto di appello, bisogna evidentemente astenersi dal sentenziare fino all’esito di tale appello, se non si vuol fare di Gollnisch il solo imputato giudicabile in Francia perseguito da due istruttorie differenti per i medesimi fatti!
    · Anomalie: gli appelli cinici alla repressione professionale e giudiziaria, di cui vengo fatto oggetto, provengono dagli stessi che si appellano ai diritti dell’uomo.

    Ugualmente, sul piano accademico:

    Abusi del diritto: quando sotto la pressione del potere esecutivo, rappresentato da un rettore minaccioso, un’istanza disciplinare persegue un parlamentare e docente universitario, non per quello che ha detto o fatto all’Università, ma per le risposte date a dei giornalisti durante una conferenza-stampa tenuta nella sua sede elettorale, quando essa poteva riferirsi ad eventuali mancanze solo nell’ambito delle sue attività di docente o di ricercatore.[3]
    Violazioni del diritto: quando il Rettore Morvan, che non ha neppure cercato di ascoltarmi per sapere qual’era a mio giudizio la portata delle mie affermazioni, si è fatto beffe della presunzione d’innocenza, al punto che il Consiglio di Stato – che durante tutto questo affare non si è certo mostrato favorevole alla mia causa – ha condannato il Ministro per il comportamento del Rettore!
    Violazioni del diritto: quando una sentenza mi condanna citando undici volte le mie “affermazioni” – “ha fatto delle affermazioni che…, delle affermazioni che…, ecc” – senza dire una sola volta in cosa consistessero le affermazioni controverse!
    Manipolazioni: quando, imbarazzato ad annullare la decisione scandalosa di Lione, il CNESER, composto da sindacalisti in maggioranza di sinistra e di estrema sinistra – in rappresentanza di organizzazioni che avevano preso pubblicamente posizione contro di me prima della procedura – la ribadisce senza neanche esaminare le conclusioni scritte dei miei avvocati, asserendo senza la minima prova che avrei ammesso pubblicamente le affermazioni imputatemi, cosa che i testimoni avevano smentito sotto giuramento!

    In breve, la sentenza della Corte di Cassazione riduce a zero gran parte di tutto ciò. Essa si unisce all’ordinanza di Chavot, vice-presidente del Tribunale di Lione, giudice istruttore che, dopo aver istruito il caso, aveva emesso una clamorosa ordinanza di non luogo, che parlava di montatura mediatica e concludeva che non c’erano gli estremi, né per rinviarmi davanti al Tribunale, e neppure per sottopormi ad indagine.
    Il testo della sentenza non è ancora pubblico. A quanto ne so, la Corte avrebbe considerato nulla un’incriminazione basata su frammenti di frase - riferiti dai giornalisti - tolti dal loro contesto e ricomposti per “ricostruire” una dichiarazione non – contrariamente a tutte le regole in materia di stampa – sulla base di articoli effettivamente pubblicati ma delle loro dichiarazioni [dei giornalisti] alla polizia criminale, ulteriore elemento sconcertante in questo affare in cui i fatti sconcertanti non mancano!

    Io l’ho detto, ringrazio in particolare i miei avvocati, Wallerand de Saint-Just e Bruno Le Griel, che hanno sempre creduto nella giustezza della mia causa, oltreché il rimpianto avvocato Pourchet, che è stato benevolmente il loro corrispondente lionese.

    Ringrazio egualmente i membri e i dirigenti del Fronte Nazionale che mi hanno sostenuto e più in generale, ben al di là della mia appartenenza politica, tutti coloro che mi hanno manifestato la loro simpatia o che semplicemente, come ha fatto Raymond Barre, non hanno voluto aggiungere la loro pietra alla mia lapidazione politico-mediatica, e che a loro volta sono stati attaccati dalla turba.

    A tutti costoro bisogna aggiungere la totalità dei miei studenti, di tutte le opinioni e di ogni colore, dai quali mi sono pervenute delle testimonianze spesso commoventi. Oltreché i membri del mio Comitato di Solidarietà, e specialmente diverse centinaia di giuristi di alto livello, magistrati in pensione, avvocati francesi o stranieri, universitari, ecc., presieduti da un autentico eroe della seconda guerra mondiale, Jean-Baptiste Biagi.

    Potrei accontentarmi di commentare e di assaporare questa vittoria. Ma non intendo fermarmi qui.

    CONSEGUENZE

    In effetti, non ci si può fermare qui: un uomo infangato nel corso degli anni, perseguitato, cacciato dall’Università che ha sempre servito con onore e con dignità, condannato a una pena infamante e a dei danni esorbitanti a profitto di associazioni stipendiate e, rispetto a tutto ciò, una decisione proveniente certo dalla giurisdizione suprema ma dieci volte, cento volte meno pubblicizzata di quanto non lo siano state le accuse portate contro l’interessato. Dopo di che si sente dire: “circolate, non c’è più niente da vedere”. Sarebbe troppo facile!
    Questa vicenda reclama dunque un certo numero di conseguenze, mediatiche, legali, accademiche e politiche, le une particolari, che mi riguardano (A), le altre generali, al di là del mio caso personale (B).

    A. CONSEGUENZE PARTICOLARI

    1. Sul piano accademico

    Mi sembra evidente che a dispetto del principio di autonomia del piano disciplinare – rispetto al piano penale – io debba essere reintrodotto integralmente nei miei diritti, anche in modo retroattivo. Avrò occasione prossimamente di rivolgermi al nuovo ministro dell’Educazione, Luc Chatel. L’affare è attualmente pendente davanti alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, a Strasburgo. Ma le autorità del mio paese possono e debbono ristabilire una giustizia. Poiché il principio dell’autonomia del piano disciplinare in rapporto al penale, citato da me e da un funzionario del ministero, ha i suoi limiti: non è possibile fondare un’inchiesta disciplinare su dei fatti considerati inesistenti dall’ordine giudiziario. Ora, due cose mi sono state rimproverate: l’aver chiamato in causa il signor Rousso a motivo delle sue origini, cosa che il Tribunale di Parigi – in un giudizio che ha condannato Olivier Duhamel per diffamazione nei miei confronti – ha dichiarato inesistente, e le mie presunte dichiarazioni che avrebbero infranto la legge penale, cosa che viene rovesciata dalla sentenza della Corte di Cassazione. Sarebbe assolutamente anormale se il Ministero non ne tenesse alcun conto.

    2. Sul piano giudiziario

    Spinto da una preoccupazione di giustizia, e non di vendetta, ho chiesto ai miei avvocati di esaminare la possibilità di chiamare in causa la responsabilità delle seguenti persone:
    a) Dominique Perben, ex ministro della giustizia, che sapeva perfettamente che le mie affermazioni non avevano infranto la legge, come gli aveva fatto sapere il Procuratore della Repubblica, che si appresta lunedì ad archiviare la vicenda, dopo l’inchiesta di polizia da lui ordinata (annuncio del giornale RTL delle 7 del mattino, Libération, Le Monde).
    b) Il signor Richaud, procuratore della Repubblica, che ha eseguito questo ordine di Perben in persona. Ordine che non attesta affatto la mia colpevolezza, e che al contrario fa presumere con ancora maggior forza la mia innocenza.
    c) Il signor Schir, giudice del tribunale di Lione che, con il suo zelo, in violazione flagrante della legge, come ha dovuto riconoscere la stessa Corte d’Appello, ha accordato dei succosi interessi a tute le associazioni che li avevano reclamati.
    d) L’ex rettore Morvan, di cui il Consiglio di Stato ha stigmatizzato il comportamento. Il signor Morvan, in seguito silurato, e che ha espresso il suo dispetto in un mediocre opuscolo, è stato ugualmente condannato per ingiurie contro di me.

    B. SUL PIANO LEGISLATIVO

    Che si condivida oppure no la mia opinione su questa vicenda, almeno una cosa è certa: le divergenze dei magistrati francesi dimostrano che la legge è malfatta, poiché essa è il campo delle intepretazioni più antitetiche. Il fatto è che la voluta imprecisione dei testi costituisce il campo di ogni arbitrio. La legge penale deve essere precisa; è una condizione essenziale delle libertà pubbliche. Per le stesse ragioni, la sua interpretazione deve essere restrittiva: è un principio universale.
    Ora, in materia di “polizia del pensiero”, abbiamo delle leggi imprecise e, soprattutto, interpretate in modo largo! Prendiamo ad esempio la famosa “istigazione all’odio razziale”; se io istigo a commettere un crimine o un reato contro qualcuno per via della sua razza o della sua religione, è naturale che venga condannato. Come nel caso di un istigazione all’omicidio. L’omicidio è un crimine; io istigo a commettere un crimine. Ma l’istigazione all’odio? Quand’è che la semplice critica diventa istigazione all’odio? L’odio è un sentimento, moralmente reprensibile, certo, ma perfettamente imponderabile! Chi non vede come sia sufficiente battezzare “discorso di giustizia e di amore” il discorso “politicamente corretto” e, al contrario, “discorso dell’odio e dell’esclusione” quello degli avversari demonizzati, e il gioco è fatto! Questo è quello che accade!
    E’ la stessa cosa per la “contestazione dei crimini contro l’umanità” che mi è stata imputata. Dove finisce la discussione legittima, e dove comincia la contestazione illecita? E allora, è a seconda delle circostanze! E’ la porta aperta a una giustizia in base ai favoritismi. Non sono io che lo dico, è un alto magistrato che non conosco, il signor Bilger, avvocato generale alla Corte di Parigi, autore di un’opera sulla libertà di espressione intitolata (senza dubbio per antifrasi) “J’ai le droit de tout dire” [Ho il diritto di dire tutto].
    E’ quindi evidente che queste leggi liberticide devono essere abrogate. Totalmente. Senza riserve. E che si deve ritornare ai soli limiti tradizionali della legge del 1881 sulla stampa: l’ingiuria e la diffamazione.
    Poiché sono in gioco le libertà:
    Innanzitutto quelle degli eletti: un deputato avvocato, medico, ecc; può essere perseguito per via disciplinare se mette in discussione la Giustizia o la Medicina? Se sì, il signor Montenbourg e qualcun altro dovrebbero essere preoccupati!
    Poi, quelle degli stessi giornalisti! Io non ho smesso di porre questa questione di principio: se il dibattito è illegale, hanno i giornalisti il diritto di iniziarlo? Se le risposte sono illegittime, è legittimo fare la domanda? Si tratta del lavoro del giornalista o del lavoro di un provocatore verso un atto delittuoso? Se, come penso, la domanda è legittima, allora la risposta deve essere libera. Se la risposta non è libera, anche la domanda deve essere proibita. O l’uno o l’altro. Personalmente, preferisco la libertà.
    Ugualmente, quelle degli universitari, le cui ricerche non possono essere compiute sotto la minaccia di queste leggi.
    E infine quelle di tutti i cittadini, poiché se l’evoluzione attuale continua, nulla sarà al riparo dalla dittatura del “politicamente corretto”.

    Molti, e di ogni idea politica, l’hanno compreso, a cominciare da Jacques Toubon, che qualificò di “staliniana” la legge Gayssot all’epoca della sua adozione…e poi non fece nulla. Bisogna agire.

    Questo è il senso dell’azione politica che intendo intraprendere sia presso la signora Alliot-Marie, nuovo Guardasigilli, che presso la Commissione europea.

    CONCLUSIONE

    A mo’ di conclusione, non posso che riprendere quello che dissi nell’Ottobre del 2004:

    “Nessuno deve farsi illusioni e, a giudicare dalle reazioni dell’opinione pubblica, nessuno se le fa. Ciascuno sa molto bene che l’emozione suscitata artificialmente riguardo alle mie affermazioni non ha lo scopo di ristabilire non so quale verità ufficiale (per utilizzare la strana definizione del signor Morvan). Ciascuno vede che si tratta in realtà, della moderna prassi abituale di demonizzazione mediatica e politica.

    Non ho commesso nessuna mancanza, né in una parola né in altre cento, né penale né deontologica. Parlamentare, capo-gruppo al Consiglio regionale, ho espresso – tra molti altri argomenti – nella mia veste di uomo politico, nelle sedi politiche, un giudizio politico su una persecuzione politica che dura da quindici anni contro un’Università che è una delle rare, in Francia, a essere davvero pluralista nelle opinioni degli insegnanti, e senza indottrinamento verso gli studenti.

    L’ignominia totalitaria non ha spazio nelle mie affermazioni. Essa si trova nella menzogna che mi viene contrapposta. Essa si trova nel linciaggio politico-mediatico di cui sono fatto oggetto, in uno strano clima di agitazione e di terrore, dove certi uomini politici che aggiungono pubblicamente la loro piccola pietra alla mia lapidazione si vengono a scusare con me in privato, spiegandomi che vi sono costretti dal clima attuale.

    Patriota francese, provo una simpatia senza riserve per le vittime degli orrori che hanno devastato il nostro pianeta nel secolo scorso, oltreché per quelli che, in buona fede, ne perpetuano con piena legittimità la memoria. Per contro, non ho che disprezzo per quelli che dirottano a loro profitto questa memoria e che si servono dell’emozione che essa suscita per infangare dei docenti irreprensibili o per abbattere un avversario politico”.

    [1] Traduzione di Andrea Carancini
    [2] Vedi per esempio su internet: http://www.dreyfus.culture.fr/fr/le-...ans_renvoi.htm . “Attendu, en dernière analyse, que de l'accusation portée contre Dreyfus, rien ne reste debout ; et que l'annulation du jugement du Conseil de guerre ne laisse rien subsister qui puisse à sa charge être qualifié crime ou délit ; dès lors, par application du paragraphe final de l'article 445 aucun renvoi ne doit être prononcé”.

    [3] Vedi l’articolo 66 della Costituzione del 1958; legge n°83-634 del 13 Luglio del 1983, sui diritti e i doveri dei funzionari, modificata dalla legge 2004-805 del 9 Agosto del 2004, e specialmente il suo articolo 7; articolo 57 della legge del 26 Gennaio del 1984).


    fonte: http://andreacarancini.blogspot.com/...gollnisch.html

  3. #3
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