Filosofo cattolico e contadino.
Questa la definizione migliore di Gustave Thibon. Mi sono avvicinato ai suoi scritti in maniera casuale a dire il vero, poi ho fatto miei i suoi insegnamenti, reali perchè sempre attuali, gli scritti risalgono agli anni 30-40.

Riporto la recensione dal sito della effedieffe e la copertina del libro.

Con una riedizione delle due opere più famose di Thibon, Diagnosi e Ritorno al reale, ritorna un testo che è allo stesso tempo una pietra miliare, una pietra di paragone e una pietra di inciampo per il mondo e l’uomo moderni.
Thibon, che non ama la definizione di “autodidatta”, ha avuto per maestri i libri, anche se apprese il latino, il greco, il tedesco, lo spagnolo leggendo Seneca, Platone, Holderlin e Cervantes, mentre lavorava nei campi.
Il testo rappresenta un salutare antidoto all’irrealismo della nostra società, dove la relativizzazione dell’esistenza si è ormai sostituita a quella visione reale e naturale della vita di cui forse i nostri padri ricordano con nostalgia i brandelli.
La scoperta del filosofo-contadino ha segnato per molti una svolta decisiva.
Il creato di Thibon, seppur sovente aspro e talvolta enigmatico, è stato ed è per molti una casa accogliente e quello di Thibon è un mondo rappacificato, segnato da quella penitenza che permette la riconciliazione dell’uomo con se stesso, dunque con la creazione, infine con il Creatore.
La capitalizzazione del male (strutture del peccato) odia e combatte l’ordine dell’universo detestando Dio: ma, non potendolo colpire direttamente, essa agisce deturpando il creato (speculum Dei) e l’uomo suo principe (imago Dei).
Il pensiero di Thibon, come del resto ogni grande pensiero cristiano, riguadagna quella dimensione creaturale dell’esistenza - il riconoscersi creatura e il contemplare la creazione - che riconnette a Dio mediante l'innamoramento al reale.