Cagliari potrebbe diventare il primo Comune padrone di una squadra di calcio di serie A. E lo sarà se Massimo Cellino terrà fede alla provocazione lanciata durante un’intervista radiofonica: se a giugno non parte lo stadio, ha detto il patron rossoblù, regalo il Cagliari Calcio al sindaco. «Dopo vent’anni non sono più uno che sogna», ha detto, «sono uno che vaneggia. E se dopo tanto tempo non si può fare nemmeno uno stadietto, perché noi siamo in assenza di uno stadio, lo sapete, allora qui non si può fare calcio. E per dimostrare quanto sono bravo regalerò la società al sindaco, ed è una società piena di soldi». Con immobili, patrimonio, un centro sportivo di proprietà: «Farò una donazione pubblica», ha aggiunto Cellino, «in modo che il Comune di Cagliari si arricchisca come ho fatto io». Parole che sembrano sopra le righe, quelle del numero uno di viale La Plaia, che arrivano dopo una lunga dissertazione sullo stato della società («In sette anni non ho mai fatto un aumento di capitale, non abbiamo cinquanta lire di debito con nessuno. Io dal calcio ci guadagno, ed è un imbecille chi nel 2012 non lo fa») e sulla situazione in Lega («Se non ripristinano le regole io in Lega non ci torno, gli altri sono sull’Aventino, non io»). Ma gran parte della chiacchierata con i conduttori della trasmissione andata in onda ieri pomeriggio su Radio Radio era incentrata sulla vicenda dello stadio che Cellino vorrebbe costruire a ridosso dell’aeroporto di Elmas, sui terreni di Santa Caterina. Una situazione «barzelletta», l’ha definita. Ma di quelle che, al momento, non fanno sorridere. I vincoli dell’Enac sembrano insuperabili e la Procura, che indaga su tre filoni principali, lo ha accusato di tentata estorsione. E quello stadio da 23mila posti, che Cellino da tempo dice di avere pronto a Roma, rischia di non oltrepassare mai il Tirreno.