Crocco di rivombrosa :sofico:
Crocco di rivombrosa :sofico:
Carmine Crocco è diventato famoso soprattutto per aver tenuto in scacco l'esercito piemontese, che arriva ad impiegare 120.000 uomini per sconfiggere il brigantaggio..., eppure il 99,99% della fiction si è concentrato sul periodo in cui passa con garibaldi, omettendo completamente la guerra contro l'esercito piemontese.
Veramente una pessima fiction.
Sceneggiat-a appena finita. Ho voluto vederlo prima tutto per poter tirare le somme. Che la storia del personaggio poteva essere romanzata c può anche stare trattandosi appunto di romanzo. Quello che non mi è andato giù sono gli errori storici riportati (ad es. era pieno di bandiere borboniche quando sappiamo che anche il Regno, infaustamente, aveva adottato il tricolore), poi ho trovato offensivo quando ha mostrato la resa dei paesini per i soldi mentre sappiamo bene che le promesse erano ben altre, poi del tutto fuorvianti le appropriazioni delle terre vigente ancora il potere dei Borbone, la figura meschina fatta fare alla nostra regina Maria Sofia e l'opportunismo di Francesco II (la licenza a Crocco) ed altro ancora.
Di buono c'è che almeno è venuto fuori che il Sud è stato tradito e derubato ma il modo con cui è stato raccontato non va bene, non può andar bene così. Alla fine è passato come un fatto ineluttabile dovuto all'inevitabile corso degli eventi e questo non è accettabile. La colpa è degli invasori savoiardi, del 71, e della congiura internazionale.
Non può, non dobbiamo accontentarci del fatto che si riconosca il tradimento, il furto, il sangue e l'impoverimento del Sud... le colpe necessitano di un colpevole e dobbiamo pretendere la loro condanna. Senza se e senza ma... e su questo non si può scendere a patti.
Questo l'ho notato anche io... è stato un altro classico modo per descrivere, amodo loro, la cattiva politica borbonica.
Insomma il tutto è stato molto più incentrato sulla ribellione del popolo contro loro, piuttosto che contro gli invasori ladri e stragisti.
Una pena proprio.
Una fiction non è una ricostruzione puntuale dei fatti storici e quindi puo dare spazio alla fantasia: tuttavia dovrebbe rispettare e rendere l’orizzonte psicologico dell’epoca e dei personaggi. Questo non avviene nello sceneggiato : come giustamente tu rilevi la attività di “brigante” è visto solo di scorcio mentre si da si importanza esagerata ai pochi giorni di Crocco Garibaldino Io penso pero che anche proprio tutta la atmosfera storica è falsata: i briganti sembrano dei garibaldini al contrario : ma questo non è vero ( se non per i personaggi come Borjes) .I briganti sono tutta altra cosa Per farsene una idea si puo leggere “ la liberta” di Verga o anche forse “Cristo si è fermato ad Eboli” di Levi
La guerra civile ridotta a una farsa
Eleaml - Sud - ex-Regno delle Due Sicilie
Disastrosa la fiction su Carmine Crocco, ribelle anti-Savoia:
sembra una telenovela, fraintende la storia ed è inverosimile
di Giordano Bruno Guerri
14 febbraio 2012
Immaginatevi un brigante - ovvero un contadino meridionale del 1863 - impegnato a combattere contro l’esercito «piemontese». Vive sui monti, beve acqua di ruscello, mangia quel che riesce a razziare, dorme in caverne o in capanne di frasche; si lava, quando va bene, ogni qualche settimana.
Lo stesso, le loro donne, le brigantesse, impegnate più a combattere e a morire che a cucinare per i loro uomini.
Ebbene, come ve li siete immaginati? Sporchi, laceri, inselvatichiti dagli stenti, dalle malattie, dall’abbrutimento della vita nei boschi, graveolenti, tracagnotti com’era un meridionale di allora, almeno dieci centimetri più basso della media di oggi? Errore: essi erano alti e snelli come vichinghi, avevano abiti lindi e sgargianti da pubblicità di un detersivo capace di ben proteggere i colori anche nella centrifuga, unghie linde e tanto curate da fare invidia a un ginecologo, le donne non trascuravano il tratto di rimmel e i briganti più importanti non si negavano neppure le méches su capigliature setose e ondivaganti.
Se non ci credete, siete poco informati, ovvero non avete visto - ieri e l’altro ieri - Il generale dei briganti, sceneggiato televisivo in due puntate sulla vita e le imprese di Carmine Crocco, trasmesso da Rai Uno e presentato come l’evento finale, in televisione, delle celebrazioni per i 150 d'Italia.
Si badi bene, l’aspetto - da telenovela o da fotoromanzo anni Cinquanta - che avevano gli attori, non è il peggio che si possa dire del programma. Né il peggio sono i salti temporali senza senso e logica (neppure quella di servire la narrazione), i colpi di scena da fogliettone balzacchiano senza Balzac, come la mai avvenuta fuga di Crocco da un plotone di esecuzione, e neppure la banalità dei personaggi stereotipati: il padrone cattivo, il figlio del padrone cattivo e stronzo, il re fesso, e tutti i meridionali - anche i lucani protagonisti della storia - che parlano in un vago napoletano, con venature di siciliano.
No, il peggio è che si è persa un’occasione per diffondere almeno un accenno di verità storica. Ma come? L’aspetto più importante, dal punto di vista storiografico, del 150° anniversario, è che molti storici e saggisti si sono messi d’impegno per togliere il velo, anzi il sudario, di retorica patriottarda (non patriottica) al Risorgimento, per restituircelo intero, non meno importante perché realistico e oggettivo. La scoperta più notevole portata a chi legge è che fra il 1860 e il 1865, in tutto il centrosud peninsulare, si combatté una vera guerra civile. Una guerra civile fra meridionali ribelli all’Unità e esercito nazionale, ovvero - così veniva chiamato - «piemontese». Come tutte le guerre civili fu crudelissima, con più caduti fra i militari che nelle tre guerre d’indipendenza messe insieme, e almeno centomila morti fra i meridionali, un’ecatombe. Fu una guerra dovuta a promesse non rispettata (quella di Garibaldi di dare terre ai contadini) e alla ribellione di chi poteva rinunciare alla libertà, ma non alle proprie tradizioni, per assumere quelle del vincitore.
Ebbene, di tutto ciò, del succo della storia, c’è poca traccia nel Generale dei briganti. Il popolo televisivo - bue presunto, di certo cornuto e mazziato - viene colpevolmente informato con degli abusati clichès: i terroni, si sa, sono rozzi ma anche passionali e le origini del brigantaggio furono qualche aggressione sessuale, qualche prepotenza di signorotto, la reazione di qualche guappo più guappo degli altri.
Come Carmine Crocco, biondino mechato e guappo buono che, oggi, darebbe la caccia ai produttori del film a lui dedicato. E non avrebbe torto.
Giordano Bruno Guerri