Una storia del Concilio in versione brasiliana
Vale la pena invece di spendere 38 euro per comprare (e leggere) Il Concilio Vaticano II. Una storia mai scritta di Roberto De Mattei (edizioni Lindau, 2010). In questo stesso numero di Sodalitium muoviamo alcune critiche al libro in questione e ancor più al suo editore, e tuttavia non si può fare a meno di tenere in biblioteca la storia del Concilio di De Mattei, a causa del sottotitolo: “una storia mai scritta”. Merito infatti di De Mattei, che è uno storico serio, e che milita da sempre negli ambienti cosiddetti tradizionalisti, è quello di essere il primo, e finora l’unico (Il Reno si getta nel Tevere è più una cronaca contemporanea), ad avere scritto una storia del Vaticano II vista dalla parte della cosiddetta minoranza, ovverosia di coloro che, a ragione, al Vaticano II si opposero allora e si oppongono ancora. Di questa “minoranza” l’Autore traccia la storia anche prima del Concilio, a partire dal Sodalitium pianum
(giustamente stimato). La stessa “genealogia” traccia per la parte opposta, dal modernismo, mai morto dopo Pio X, fino al Vaticano II et ultra. Le conclusioni di De Mattei al proposito, anticipate fin dalle prime pagine, lo portano a criticare non solo il postconcilio, o la scuola storica di Bologna alla
quale vuol fare da contraltare (ma ce ne vuole per fare un’opera simile, in mole e precisione, alla storia del Concilio Vaticano II diretta da Alberigo) ma il Concilio Vaticano II stesso, ragione per cui De Mattei è stato anche aspramente criticato dall’ex sodale (in Alleanza cattolica) Massimo Introvigne,
il quale, con lo zelo del convertito e del neofita non ammette che si tocchi la ratzingeriana ermeneutica della continuità nella riforma (tra le pecche di De Mattei, secondo Introvigne, quella di aver citato più volte don Ricossa). Agli oppositori del Concilio, quindi, e alle loro ragioni, De Mattei dà meritatamente
voce, avendo avuto accesso, tra l’altro, agli archivi di Mons. Lefebvre e dell’Istituto Plinio Correa de Oliveira. La critica al Concilio, in De Mattei, è
tuttavia critica di uno storico più che di un teologo, e quindi rivolta al Concilio-evento più che ai testi del Concilio stesso, per cui l’autore, per un futuro esame più approfondito dei testi conciliari, si affida interamente, e “con venerazione a Sua Santità Benedetto XVI, nel quale” scrive “riconosco quel
successore di Pietro a cui mi sento indissolubilmente vincolato, esprimendogli un profondo ringraziamento per aver aperto le porte a un serio dibattito sul Concilio Vaticano II” (p. 591). In realtà, Joseph Ratzinger, che il Vaticano II (evento e testi) lo ha fatto da protagonista, non ha aperto alcun
dibattito sul Vaticano II stesso, che per lui non può essere messo in discussione, quanto piuttosto sul post-concilio e le “ermeneutiche”
conciliari di rottura, tutto qui. I limiti dell’opera di De Mattei diventano più gravi quando dà il suo contributo,nella sua introduzione, al falso argomento
del “Concilio pastorale” e, per il fatto stesso, non vincolante. Ma solo con questo sotterfugio, mille volte confutato, si può criticare il Concilio e nel contempo venerare (almeno in apparenza), chi ha fatto il Concilio e chi lo difende, lo applica e lo impone ancor oggi (da Paolo VI a Benedetto XVI, quindi).
Per il resto, altro limite dell’opera è quello di dar sì voce agli oppositori del Concilio e ai loro argomenti, ma – ovviamente – di farlo dal punto di vista molto particolare dell’autore: chi conosce la biografia intellettuale di De Mattei, se ne rende conto facilmente; non così chi l’ignora. De Mattei inquadra
infatti ogni evento nelle categorie interpretative di Plinio Correa de Oliveira e della sua TFP, sia quelle note al pubblico,sia quelle diffuse intra muros. L’idea che la crisi della Chiesa sia dovuta all’inettitudine del clero e che la salvezza venga dal laicato, porta l’autore ad aumentare le responsabilità
o i limiti non solo del clero modernista, ma anche di quello cattolico (da Pio XII a Mons. Lefebvre) o di occultarne del tutto il ruolo (Padre Guérard des Lauriers, ad esempio); Introvigne, a questo proposito, si felicita con l’autore di non avere seguito una visione clericale della storia. Spicca,
nella visione della spiritualità, dell’ecclesiologia ecc., un punto di vista prettamente gesuitico. La pur grave questione del comunismo e della “svolta a sinistra” prende un rilievo maggiore, e molto minore invece è lo spazio lasciato alle questioni più prettamente religiose. Sulla questione ebraica al Concilio,
De Mattei non può evitare di parlare di Jules Isaac, ma si riesce ad occultare la sua appartenenza al B’nai B’rith, a nome del quale si presentò a Giovanni XXIII, fino a concludere che se si deve criticare Nostra aetate lo si deve fare non tanto per il capitolo sui Giudei, quanto piuttosto per quello
favorevole all’Islam, che ha permesso le critiche dei progressisti contro “lo Stato di Israele, colpevole ai loro occhi di rappresentare la simbolica resistenza, in Medio Oriente, di quella civiltà occidentale di cui auspicavano l’estinzione” (p. 490) e della quale invece De Mattei è ambiguo paladino (ambiguo
perché nei fatti sembra confondere la civiltà cristiana con la civiltà occidentaleisraeliana, che almeno in teoria sa distinguere). Persino i vezzi nobiliari di Correa de Oliveira gli prendono la mano, quando dedica, trattando del “caso Lefebvre”, quattro righe all’ “Estate calda” del 1976, e più di una pagina alla Principessa Pallavicini (con tutto il rispetto per la Principessa). Dettagli, certamente, ma dettagli, presi qua e là, che rivelano una mentalità. Il lettore di Sodalitium, quindi, spenderà i 38 euro, se li ha, per comprare il libro di De Mattei, ma si guarderà bene dal farne il suo livre de chevet, e di seguirne principi e conclusioni.
Don Francesco Ricossa
ROBERTO DE MATTEI
Il Concilio Vaticano II.
Una storia mai scritta
Lindau, Torino 2010,
630 pagg. € 38,00
Fonte: http://www.sodalitium.biz/index.php?...single&ide=161