La Nuova Grande Depressione. Il debito delle Famiglie italiane si avvicina al melting-point.
Giuseppe Sandro Mela



Una caratteristica tipica delle situazioni pre-fallimentari é la parsimonia con la quale sono diramati i dati ufficiali: la loro diffusione si dirada nel tempo, é dispersa in sorgenti di difficile localizzazione, e quasi di norma sono riportati in modo ben poco trasparente.

In altre parole, si cerca di nascondere quello che sta succedendo. Ciò é in parte anche un bene, perché la cosa più temibile di tutte é lo scoppio del panico irrazionale. Tuttavia la situazione odierna lo giustificherebbe pienamente.

§ 1. I dati ed i fatti di base.

Bankitalia stima che alla fine del 2010 la ricchezza lorda delle famiglie italiane fosse pari a circa 9,525 miliardi di euro. Ciò significa circa 400,000 euro per ognuna dei 23,812,500 nuclei famigliari. 4,590 mld (48.19%) sono allocati nel patrimonio abitativo, il cui valore nominale risulta incrementato dell’1%, ma diminuito dello 0.5% in termini reali, rispetto all’anno precedente

La ricchezza lorda delle famiglie italiane é costituita da 5,925 mld (62.2%) di attività reali e 3,600 mld (37.8%) di attività finanziarie, diminuite dello 0.8% rispetto all’anno precedente.

Dal 2000 al 2011 la percentuale di italiani che ha asset non finanziari (per la gran parte si tratta di immobili) é passata dal 52.7% al 62.2%.

In accordo con la Legge di Pareto, il 10% dei nuclei familiari più ricchi possiedono 4,286 mld, ossia il 45% della ricchezza complessiva, mentre la metà più povera delle famiglie italiane detengono il 10% cento della ricchezza totale, ossia 953 mld.

Così, gli italiani hanno una ricchezza eguale ad 8.3 volte il loro reddito disponibile, stimato a 1,148 mld, contro l’8 del Regno Unito, il 7.5 della Francia, il 7 del Giappone, il 5.5 del Canada e il 4.9 degli Stati Uniti. Questa stima risulta essere parecchio ottimista per quanto riguarda l’Italia (vide infra): non solo, il fatto che 4,590 mld siano immobilizzati nel patrimonio abitativo difficilmente liquidabile e verosimilmente molto sovrastimato (si pensi alla crisi dei subprime), fa diminuire a 4,935 mld la ricchezza disponibile per ripianare i debiti.

Le famiglie risulterebbero indebitate per 941 mld (82% del reddito disponibile), mentre in Francia e in Germania è di circa il 100%, negli Stati Uniti e in Giappone é del 130%, e nel Regno Unito del 170%.

Sono numerosi i segni che indicano una profonda depressione.

La domanda di mutui é crollata nel dicembre 2011 del -41% m/m, mentre l’anno 2011 si chiude con un calo del 19% a/a. Non solo, successivamente la domanda é ulteriormente diminuita a seguito della severa contrazione del credito. Nel 2011 sono state immatricolate 1,748,143 nuove auto, in calo del 10.88% rispetto alle 1,961,579 immatricolazioni del 2010. Per la Fiat nel 2011 il calo è del 13.8%, passando a 515mila da 598mila: di conseguenza, anche il suo fatturato scenderà in eguale misura, così come il suo contributo fiscale. Ne conseguiranno anche riduzione del personale e calo omologo dell’indotto.

Un indice di severa depressione è costituito dai movimenti dei fondi di investimento. Il patrimonio attuale ammonta a 937 mld, 476 in capo alle gestioni di portafoglio e 461 alle collettive. Il dato a/a mostra un calo di -40,8 miliardi: i fondi aperti e chiusi hanno perso 6 mld (-30.1% a/a), quelli di portafoglio (retail e istituzionali) hanno perso 3.6 miliardi (-10.2% a/a). I monetari hanno perso -12.5 mld, gli obbligazionari -8.8 mld, gli azionari -4.1 mld, i flessibili -3.9 mld. Nel 2008 le perdite dei fondi assommavano a -140 mld. Questi dati indicano non solo un riposizionamento degli investimenti, ma soprattutto una pesante smobilitazione cui non corrisponde impiego in altri settori: le famiglie erodono il risparmio per vivere.

Un dato interesse generale. Nel gennaio 2009 in media la benzina costava 1.152 ed il gasolio 1.085. Nel gennaio 2010 quotavano 1.269 e 1.094, rispettivamente. 1.390 ed 1.270 nel gennaio 2011 per attestarsi a 1.665 ed 1.630 ai primi di gennaio 2012. In tre anni il prezzo della benzina é passato quindi da 1.152 a 1.665 euro/litro (+30.81%) e quello del gasolio da 1.085 a 1.665 (+32.88%). Oggi i costi sono ancora più alti, circa 1.8 euro/litro. Le ripercussioni di questo aumento dei costi sul consumo interno sono evidenti.

§ 2. Il dato ed il fatto specifico.

«(ASCA) – Roma, 21 feb – Nel 2011 oltre 2 milioni di Italiani hanno chiesto un prestito per ripagare finanziamenti gia’ in corso. Secondo Prestiti.it – il broker web che permette di confrontare diversi preventivi di prestito – l’11% delle domande di finanziamento fatte nel corso dello scorso anno riguardava un consolidamento debiti, ma solo poco piu’ di 170.000 sono state accolte.

”L’alto numero di questo tipo di richieste e’ sintomatico di una condizione di difficolta’ – spiega Marco Giorgi di Prestiti.it -. Quando le rate si sommano, star dietro alle scadenze e disporre di sufficiente denaro per arrivare a fine mese diventa piu’ complicato. Per questo, poter accorpare i diversi finanziamenti in essere in un’unica rata, allungando i tempi del prestito e aggiungendo, se necessario, altra liquidita’ e’ un vantaggio”.

L’importo medio delle richieste e’ alto, oltre 16.000 euro, e lo si vuole rimborsare in un periodo lungo, 78 mesi (oltre sei anni). L’eta’ media al momento della richiesta e’, altrettanto comprensibilmente, piuttosto elevata, circa 42 anni. Gli uomini rappresentano la maggioranza assoluta del campione: da loro arriva il 73% delle richieste.

Le differenze tra Regioni offrono dati per comprendere al meglio il fenomeno: l’impatto delle richieste di consolidamento debiti sul totale delle domande di prestito e’ piu’ alto nel Centro e nel Nord Italia. Friuli Venezia Giulia (15,9%), Marche e Liguria (entrambe al 13,4%) guidano la classifica nazionale, a dimostrazione di come l’interesse per questa opportunita’ di finanziamento sia piu’ forte in zone che hanno una maggiore ”familiarita”’ con il credito al consumo e che, di conseguenza, si trovano piu’ spesso nella condizione di voler consolidare i debiti in corso. Se, invece, guardiamo gli importi medi, le cifre piu’ elevate sono richieste nelle regioni del Centro-Sud: e’ li’, in questo momento, che si registrano le difficolta’ maggiori ad affrontare la crisi economica e, di conseguenza, vi e’ un bisogno piu’ elevato razionalizzare il credito e recuperare liquidita’.»

§ 3. Considerazioni.

Sulla reale ricchezza degli italiani stanno circolando cifre ufficiose del tutto irrealistiche. Secondo Bankitalia, unica fonte ufficiale deputata a fare questo conto, alla fine del 2010 essa era stimabile a circa 9,525 miliardi di euro, dei quali 4,590 mld (48.19%) allocati nel patrimonio abitativo.

In primo luogo, sono evidenti alcune cose.

1. Il valore del patrimonio immobiliare non trova un riscontro teorico, ma é determinato dal marcato, ed i dati attuali mostrano una calo delle quotazioni di oltre il 40%. Di conseguenza, una stima realistica attuale dovrebbe aggirarsi sui 2,700 mld, ben al di sotto dei 4,590 stimati.

2. Se una parte anche marginale di tale patrimonio abitativo fosse messa simultaneamente in vendita, i prezzi crollerebbero ulteriormente.

3. In un’economia depressa i valori degli immobili non possono fare altro che decrescere.

4. La crisi demografica comporta una minore richiesta di immobili, da cui ulteriore deprezzamento dei medesimi.

5. Essendo il patrimonio immobiliare delle famigli composto per lo più dall’abitazione, una sua alienazione non risolve più di tanto i problemi di liquidità, comportando l’assunzione dell’onere di un affitto, grosso modo corrispondente al rateo degli interessi.

6. Gli immobili di recente acquisizione tramite un mutuo bancario hanno pagato per lo più interessi e ben poca refusione del capitale, per cui la reale proprietà disponibile per la famiglia venditrice risulterebbe veramente misera.

Concludendo questo argomento, sul patrimonio immobiliare delle famiglie italiane si può fare poco o punto affidamento, come, tra l’altro, ci dimostra l’attuale esperienza greca.

In secondo luogo, il fatto che «nel 2011 oltre 2 milioni di Italiani hanno chiesto un prestito per ripagare finanziamenti già in corso» suona del tutto sinistro. Si tenta di sanare un debito pregresso contraendone uno nuovo e maggiore. Questa è la via maestra che porta all’illiquidità, quindi all’insolvenza ed infine al fallimento.

E’ del tutto sequenziale che due milioni di famiglie italiane, oberate dai debiti, abbiano ridotto drasticamente le proprie spese, diminuendo in questa maniera la domanda interna.

Se uniamo questi dati e queste considerazioni al fiorire di negozi “Compro oro” ed all’aumentato ricorso ai Monti di Pietà ed ai Banchi dei Pegni, il quadro che se ne deduce é quello che prelude il default.

§ 4. Conclusioni.

Sarebbe davvero miope seguire con la dovuta apprensione il solo debito sovrano. Più importante risulta essere quello aggregato, ossia la somma del debito sovrano, delle imprese e delle famiglie. Al momento la situazione é semplicemente da Estrema Unzione, ma ci si dovrebbe sempre ricordare che il paziente era vivo giusto un secondo prima di morire.

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