QUATTRO MILIONI DI BUCO IN PIEMONTE PER IL 150°. CHI PAGA?

di GILBERTO ONETO

Non bastava il comitato nazionale per i festeggiamenti del 150° dell’unità, quello voluto con tanto ardore da Ciampi: il Piemonte ha voluto farsene uno suo (“Comitato Italia 150”) che ha organizzato una strepitosa serie di eventi che hanno commosso reduci, vedove e orfani delle patrie battaglie, oltre che naturalmente – fino alle lacrime – il presidente Napolitano. Della partita – non poteva mancare – c’era anche il presidente della Regione, il sedicente leghista Roberto Cota.

Risultato del gioioso ambaradan di festeggiamenti, chiamato “Esperienza Italia”? Quattro milioni di buco che adesso qualcuno dovrà ripianare. Sforare preventivi e buttare quattrini non poteva trovare nome migliore di “Esperienza Italia”, 150 anni di fregature ai contribuenti.

Il cuore dei festeggiamenti piemontesi è stata la Venaria Reale, da poco restaurata, degna cornice di ogni memoria sabauda di caccia: caccia alla selvaggina, alle sottane, ai troni e alle “partecipazioni” (eufemismo pudico per “mazzette”) del gran venatore Vittorio, padre della patria.

Alla Venaria si sono tenute mostre di vario genere, ma sempre scrupolosamente patriottiche, ma anche uno dei pilastri di questa gioiosa “Esperienza Italia”: le cene regionali organizzate nei saloni d’onore della reggia sabauda. Delle grandi pacciate patriottiche avrebbe detto il Giuanin Brera, uno che amava la buona cucina ma non troppo i Savoia. Così cena, dopo cena, portate, tricolori, e ammazzacaffè, si è arrivati a un conto di 4 milioni, rimasto scoperto.

Nell’elegante depliant di presentazione si diceva: «”Esperienza Italia” si rivolge idealmente a 150 milioni di persone: quel popolo “italico” che è composto dagli italiani in senso stretto, dai nuovi italiani, dalle comunità italiane nel mondo e da tutti coloro che sono appassionati del nostro Paese, magari perché ne studia la lingua o ne apprezzano la produzione enogastronomica». Viene da fare due osservazioni. La prima è che chi ha redatto il testo non rientra nel novero di chi “ne studia la lingua” con grande diligenza. La seconda: meno male che non si siano presentati tutti alle cene patriottiche, sennò altro che quattro milioni di conto!

L’Italia della cultura gastronomica del magna magna

Non basta, per la bella occasione (capita solo ogni 50 anni, e non è detto che ce ne sarà un’altra…) si è anche terminato il restauro dei giardini della residenza. Mentre l’intervento architettonico è stato più che decoroso, i giardini sono stati trasformati in una schifezza, “un pastiche tra arte contemporanea e Las Vegas” l’ha definito uno dei maggiori esperti della materia, Biagio Guccione. In effetti vi si trova tutto il peggio di certa kultura universitaria che nulla ha a che fare con la storia del giardino, con l’attenzione ambientale ma neppure con il più elementare buon gusto. Un rebelotto di incomprensibili aggeggi spacciati per sculture, arredi brutti e nemmeno funzionali, una vaccata pazzesca che però – va detto – celebra nel più (in)degno dei modi il nefasto 150°. Neanche i Savoia sarebbero riusciti in un’impresa del genere, neanche affidando la progettazione alla Bella Rusìn.


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