FMI e l’Egitto: l’usura si fa avanti
di Giacomo Dolzani
È solo da poco tempo che il popolo egiziano si è liberato di un dittatore filo occidentale, qual era Mubarak, che già è stata confezionata per il nuovo governo un'offerta da parte del Fondo Monetario Internazionale.
La proposta fatta dal FMI al governo egiziano è stata un prestito da tre miliardi e duecento milioni di dollari, per risanare le casse della nazione, il cui debito pubblico ammonta a centoquarantaquattro miliardi di sterline egiziane, che equivalgono all'incirca a ventiquattro miliardi di dollari, e che secondo gli analisti è destinato ad aumentare.
Il prestito era già stato in passato offerto al ministero del tesoro egiziano ma il Cairo aveva rifiutato, per non appesantire ulteriormente la situazione già critica delle finanze del paese, ma lo scenario è cambiato quando i soldi promessi dai donatori arabi e occidentali non sono arrivati ed il paese si è trovato costretto a rivedere la propria posizione a riguardo della proposta.
Ora che il cosiddetto “aiuto” del FMI è stato accettato, Moumtaz Said, ministro delle finanze egiziano, spiega alla stampa nazionale che una delegazione del Fondo si recherà al Cairo il mese prossimo per concludere l'intesa ed annuncia che “Il tasso di interesse è di 1,2% e il prestito servirà a sostenere il 2012-2013” mentre il denaro “sarà versato in tre fasi, la prima non appena firmato l'accordo”.
Un paese come l'Egitto, appena uscito da una rivoluzione i cui strascichi continuano a farsi sentire, già con un forte deficit, difficilmente sarà in grado di onorare questo ulteriore debito, anche se il prestito è stato ottenuto ad un tasso di poco superiore all'1%.
Questo primo prestito è solo l'inizio del circolo vizioso in cui tutti i paesi, ma soprattutto quelli meno sviluppati economicamente, cadono e da cui non riescono più ad uscire.
Un prestito, anche con pochi interessi, offerto ad un paese in difficoltà, ha come effetto la sottomissione del paese alle richieste delle banche e degli stati creditori che avranno il potere di influenzane le future scelte politiche.
Ora che il regime di Mubarak è stato abbattuto, le banche e le lobbies, private di un governo loro amico, corrono ai ripari cercando di riallungare la mano su dei paesi la cui fedeltà era stata messa in dubbio dalla Primavera Araba che, se la ormai collaudata strategia dei prestiti funzionerà, corre il rischio di diventare solo un fuoco di paglia e nel giro di qualche anno tutti i nuovi governi tornerebbero ad essere sottomessi a dei poteri esterni.
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