di LEONARDO FACCO
Il mio pensiero potrebbe trovare una sintesi in un semplice aforisma: “Il governo non è la soluzione, ma è il problema”. E quando dico governo intendo tutta quell’infausta macchina che ruota intorno allo Stato e al parafernale politico “democratico”, cominciando dai partiti che ne rappresentano le fondamenta ideologiche.
Da libertario – insieme a molti altri – ho agito e diffuso idee in questo senso e quando ho letto l’inchiesta di Renato Mannheimer (sondaggio Ispo), riportata sul Corriere di ieri, e intitolata “Solo l’8% degli italiani stima ancora i partiti”, ho avuto un soprassalto di libidine. Qualche riga dopo, affrontando le intenzioni di voto degli elettori, ho notato quest’altra frase: “Questo però non fa che aumentare l’indecisione degli elettori. Ecco spiegata la ragione dell’aumento di indecisi e astenuti o di chi, il 45%, alla domanda su quale partito voterà alle prossime elezioni risponde: non mi piace nessuno”.
Ho già avuto modo di scrivere che il 2012 sarebbe stato un anno cruciale. Ora, mi auguro di cuore che possa diventare l’anno in cui la società civile si riappropria di quegli spazi che lo Stato (leggasi i partiti) ha occupato nel corso degli anni, senza che nessuno glielo abbia chiesto. La società civile, ovvero “la somma di tutte le associazioni naturali e volontarie” – però – dovrebbe rendersi conto che per tornare ad essere protagonista deve sottrarsi al giogo della “società politica”, familiarmente chiamata casta. Quest’ultima, occupando lo Stato – e alimentando le clientele coi soldi dei contribuenti – ne ha fatto strumento di oppressione, aumentando a dismisura le sue funzioni, le sue prerogative, le sue azioni, le sue pretese. Tutto ciò trasformando la tassazione in un manganello tributario.
Oggi, la nostra azione economica – la nostra libertà insomma – è intermediata da una classe di burocrati e parassiti che interferisce in ogni attività. C’è sempre una norma idiota che qualcuno pretende venga rispettata. C’è sempre un premier “imbecille” (leggasi Monti) che impone una gabella nuova e fa passare per liberalizzazione l’introduzione dell’Imu alla Chiesa o l’obbligo di riadottare in azienda il registro “clienti-fornitoti”. Con tanto di clac che applaude. C’è sempre un politico ignorante ed incapace, che pretende di far approvare una norma per circoscrivere qualche altro ambito della nostra esistenza. Per loro, nonostante il ginepraio leguleistico italiano, “manca sempre una legge”.
Di mio, ho deciso che il 2012 sarà l’anno dell’elogio dell’antipolitica, l’anno in cui – senza por tempo in mezzo e senza patemi d’animo – il parassita della società (che è il politico, non l’evasore fiscale) va delegittimato. La crisi economica che stiamo attraversando non è colpa di qualche banchiere ebreo che tira le fila del mondo (basta con la solita dietrologia), ma è il precipitato del connubio mercantilista fra qualche potere forte sicuramente (il governo italiano di oggi ne è l’incarnazione, eppure gli stessi che se la prendono con i Rothschild godono nel vedere questo professorino-burocrate senza un serio curriculum scientifico che li governa e tartassa) e lo Stato, che garantisce loro l’approvazione di leggi liberticide in cambio di favori, prebende economiche e potere. Da cui – come giustamente diceva Reagan – in politica non ci stanno mai i migliori (basterebbe fare lo screening del personale in dote alla lega Nord per convincersi), perchè il mercato se li porterebbe via.
Qui non si tratta, a prescindere, di prendere a male parole un politico ogni qualvolta lo si incontra o di aggredirlo alla prima occasione utile. Niente di tutto questo. Delegittimare la casta, però, significa porre fine all’idea che “il rappresentante del popolo” sia quel “semi-dio” che è sceso sulla terra per risolvere i nostri problemi. E questo vale anche per i molti indipendentisti che leggono questo giornale e che si apprestano a candidarsi alle prossime elezioni.
A chi fa uso della parola “libertà”, ricordo che è moralmente doveroso comportarsi come segue:
a) Considerato che ognuno di noi ha pari dignità di un qualsiasi “eletto”, in caso di confronto e/o dibattito ogni timore reverenziale va messo da parte. Voi rispettate lui nello stesso modo in cui lui rispetterà la vostra persona e le vostre idee. La presunzione non paga.
b) Considerato che essere liberi significa essere responsabili, mai chiedere favori ad un politico, al contrario va preteso che lui non interferisca nella vostra vita;
c) Considerato che “il governo è il problema e non la soluzione” (come ribadito poco sopra), gli va sempre ricordato che meno fa per voi (per noi liberi individui) e meglio è. Un individuo libero non ha bisogno di aiuti non richiesti. Un individuo libero è al corrente che la solidarietà è tanto più importante quanto più è frutto della libera scelta di altri individui;
d) Considerato che la schiavitù è spesso un abito mentale, mai legittimare il ruolo di un politico senza che dia prove concrete di onestà intellettuale e di capacità d’azione. Una società è tanto più libera quanto meno dipende dall’arbitrarietà di un gruppo di potere;
e) Considerato che “ignorare lo Stato (italiano ancor di più)” è un nostro dovere, al politico va ricordato che egli incarna “il nostro nemico” e che quindi è un diritto naturale battersi per “poter fare ciò che si vuole, nel rispetto degli altrui diritti di proprietà”.
Per dirla con Mencken, io non appartengo alla categoria dei somari pronti ad adorare gli sciacalli. E chi ambisce all’autodeterminazione deve evitare di comportarsi da sciacallo.
PARTITI, FIDUCIA AZZERATA DALL’ANTIPOLITICA | Movimento Libertario