Sono dati drammatici, inutile negarlo. Che evidenziano un fallimento, il fallimento di un'idea di scuola, certamente, ma soprattutto di nazione e di civiltà. L'Italia, il paese che possiede il 75% dei beni artistici del Mondo, nell'anno di grazia 2012 dovrebbe essere il Paese culturalmente più evoluto, in grado di valorizzare quelle che rappresentano le proprie materie prime.
Invece è un Paese di idioti, di fronte al quale rimpiangiamo perfino l'antico "analfabetismo" dell'epoca precedente al boom economico. Quell'analfabetismo era un analfabetismo RELATIVO, un'ignoranza compensata dall'appartenenza a una cultura popolare, a un universo di significati che si tramandavano di padre in figlio, e che mettevano l'individuo nella condizione di possedere le conoscenze necessarie ad acquisire un ruolo nella società e ad essere un soggetto autonomo (spesso auto-sufficiente). Anzi, la sua libertà era legata al fatto che la propria "cultura" gli era riconosciuta, era socialmente accettata e nessuno pretendeva di alterarla o di strappargliela in nome di un'omologazione "democratica".
Oltretutto tra i ceti bassi vi era una consapevolezza della cultura alta che, nonostante fosse ALTRA, li metteva nelle condizioni di riconoscerla e di apprezzarla: opere liriche o teatrali non erano quelle illustri sconosciute che sono oggi, e il "villano" agognava di potervi assistere almeno una volta nella sua vita. Aveva il senso e il desiderio della bellezza e della nobilità, anche se rimaneva un cafone. Oggi?