Minacce gravi e violenza a pubblico ufficiale. Per questi reati sono stati denunciati il cosiddetto sposo bambino, che ormai bambino non è più, essendo diventato maggiorenne da poco, e la madre, vale a dire Avdus Hamiti e Ibadet Dibrani, 18 e 36 anni, che
aggredirono polizia, carabinieri e vigili urbani durante lo sfratto da una delle villette destinate ai nomadi inseriti nel progetto Città Sottili. I fatti risalgono al 31 gennaio scorso, ora è arrivata la denuncia della Squadra Mobile. La notte seguente a questo primo sfratto madre e figlio, portando con sé gli altri figli minori,
avevano scassinato la porta della villetta di Coltano ed erano rientrati dentro. Il secondo sfratto è avvenuto nei primi giorni di febbraio ed ora la famiglia, che è stata definitivamente esclusa dai progetti di inserimento e che ha perso il diritto alla casa, anche sulla base di una sentenza del tar a proposito del caso degli sposi bambini, si è accampata nella baraccopoli sorta accanto al villaggio autorizzato. Al tribunale amministrativo regionale era ricorso il Comune per una decisione sulla vicenda che aveva portato all’arresto del minorenne, dei suoi genitori, degli zii e dei nonni, accusati di aver fatto entrare clandestinamente in Italia una quattordicenne kosovara andata in sposa al ragazzo due anni fa secondo il rito rom: la ragazza, che ha detto di ignorare il destino a cui andava incontro, dopo due mesi aveva chiamato i suoi dicendo di essere stata
trattata coma une schiava. Trattandosi di una ragazzina erano scattati gli arresti dei sette, a vario titolo, per violenza sessuale di gruppo, tentata violenza, riduzione in schiavitù, immigrazione clandestina e tratta di persone. Per questo è in corso un processo in corte d’assise che potrebbe concludersi in un nulla di fatto essendo la parte lesa tornata a casa e non essendosi costituita parte civile
Botte e minacce agli agenti denunciati i rom sfrattati - Cronaca - il Tirreno