Il governo irlandese sta cercando di convincere le autorità della zona euro a rinegoziare 31 miliardi di euro del prestito concesso per puntellare le sue banche in difficoltà. Dublino vorrebbe che la prossima settimana la Banca centrale europea posticipasse la rata annuale di 3,1 miliardi di euro a rimborso del prestito, la cui scadenza è prevista per il 31 marzo. Sono in molti a pensare che una mancata rinegoziazione del debito potrebbe minacciare il rientro del Paese nei mercati obbligazionari e la sua prevista uscita dal programma di salvataggio entro la fine del 2013, ma l’Europa non sembra propensa a concedere a Dublino un trattamento speciale rispetto agli altri Pigs. L’Irlanda è “sulla giusta strada per uscire” dal programma di salvataggio internazionale e ritornare a finanziarsi sul mercato il prossimo anno, ha affermato ieri – secondo Bloomberg - il portavoce del ministero delle Finanze irlandese replicando all’ex esponente Bce, Lorenzo Bini Smaghi, che si era prodotto in dichiarazioni sulla possibilità che vengano stanziati ulteriori 80 miliardi di aiuti per l’Irlanda. Dublino, insomma, non vuole continuare ad indebitarsi e conta in un negoziato che possa dare respiro al Paese. Brendan Howlin (foto), ministro irlandese per la Spesa Pubblica, ha detto giovedì al Financial Times che la ristrutturazione del debito è nell'interesse dell’Irlanda e dell'Europa intera. Anche perché un mancato raggiungimento di un accordo potrebbe causare l’inasprimento dell’atteggiamento pubblico verso l’Unione europea, e questo prima del referendum sull’adesione alle politiche fiscali dell’Unione europea, che dovrebbe avvenire in maggio o giugno. Un piccolo ricatto che potrebbe rappresentare un vantaggio per l’Irlanda nonostante martedì scorso Olli Rehn, l’alto commissario dell’Unione europea per l’economia, abbia detto che Dublino deve rispettare i suoi obblighi attuali. Lo stanziamento di vere e proprie cambiali per 31 miliardi di euro è stato preso in prestito dalla Banca centrale del governo irlandese - che fa parte dell'Eurosistema – e utilizzato come garanzia per le fallite Anglo Irish Bank e la Nationwide Building Society, due banche che si sono fuse tra loro rinominandosi Irish Bank Resolution Corporation e ottenendo liquidità dalla Banca centrale. Il costo elevato del prestito, per un importo di 47 miliardi di euro di interessi in più di 20 anni, è diventato un tema centrale nel dibattito in Irlanda, dove ogni riferimento alle banche fallite provoca risentimento tra la popolazione. Dublino negozia da mesi con la troika (Ue, Bce e Fondo Monetario Internazionale) per trovare il modo di alleviare il peso del suo debito bancario. Il Fmi si è detto confortato dagli sforzi irlandesi, ma i governi europei e la Bce restano diffidenti per il timore che si crei un precedente. Una delle possibilità per rinegoziare la cifra potrebbe essere quella di sostituire i promissory notes (Pagherò cambiario internazionale ) con bond a lungo termine, forse 30-40 anni, emessi dalla European Financial Stability Facility, il fondo di salvataggio della zona euro. Ciò avrebbe per Dublino il vantaggio di spalmare i rimborsi e di ridurre la pressione sul budget del Paese in un momento di economia debole. Ma l’uso delle risorse della European Financial Stability Facility potrebbe trovare l’opposizione di alcuni Stati della zona euro con la tripla A. Le dichiarazioni di Bini Smaghi danno l’idea di quel che preferirebbero in molti: continuare a prestare denaro all’Irlanda per alimentare la spirale del debito a strozzo. Con il ricorso alle EFSF, che danno un alto grado di garanzia, la Irish Bank Resolution Corporation potrebbe tornare a un regime normale di liquidità. Un dato che dovrebbe piacere alla Bce, che tuttavia non sembra disposta a concedere bond di durata quarantennale. Le voci di corridoio, tuttavia affermano che la troika sarebbe vicina a un accordo, anche se le pressioni di Dublino per posticipare il pagamento della tranche di 3,1 miliardi di euro ha fatto innervosire i politici dell'Unione che sospettano che l’Irlanda stia giocando d’anticipo. Un tentativo che potrebbe dipendere anche dalle buone notizie diffuse ieri dalla società Providence Resources, che avrebbe scoperto un giacimento di petrolio commercialmente redditizio al largo (vedi box) della costa irlandese. Un dato che apre una speranza di riscatto dalla pesante crisi che ha colpito l’ex tigre celtica. XXXXXX Tony O'Reilly Jnr, l’amministratore delegato di Providence, ha detto al Financial Times che spera che i recenti dati sull’entità del giacimento off shore di Ballyroe, che si trova 50 chilometri al largo della costa di Cork, possano incoraggiare nuovi investimenti da parte delle major petrolifere. I risultati dei test svolti sul giacimento suggeriscono che si potrebbero produrre oltre 3.500 barili di petrolio al giorno, quasi il doppio delle stime precedenti. Una notizia che giovedì ha fatto salire le quotazioni della Providence di oltre il 17 per cento, portando la valutazione della società a circa 250 milioni di sterline. Questo è “buono per l'Irlanda e buono per la Providence, perché abbiamo molte di licenze al largo della costa”, ha detto O’Reilly. Il petrolio sarebbe anche qualità superiore rispetto a quella dei precedenti ritrovamenti nelle acque irlandesi, il che renderebbe più facile il prelievo. Fergus O'Dowd, ministro di Stato per le risorse naturali, ha detto i dati diffusi dalla Providence rappresentano le prime significative prove dell’esistenza di giacimenti off-shore in Irlanda da 12 anni a questa parte. L'Irlanda ha avuto un certo successo nello sviluppo di giacimenti di gas commerciale, ma lo stesso non era finora accaduto per lo sviluppo del settore petrolifero. L'Irlanda ha un regime fiscale che punta a favorire l’estrazione petrolio e gas al largo delle sue coste.

Dublino punta a rinegoziare il debito per prendere fiato | Esteri | Rinascita.eu - Quotidiano di Sinistra Nazionale