Idi di marzo.
Ieri ricorreva la morte di Giulio Cesare che va considerato come il maggior imprenditore romano dell'antichità ucciso perché voleva riapplicare una dimenticata forma finanziaria.
La ricchezza di un popolo si determina se questo applica le sue peculiarità specifica nei rapporti con il mondo esterno e trasforma le sua capacità in una grande impresa economica.
La città di roma era sorta secoli prima della nascita di Cesare come aggruppamento di delinquenti scacciati dalle comunità in cui vivevano e che, con il loro comportamento, sbilanciavano l'equilibrio dei gruppi a cui appartenevano.
Questa caratteristica di preda, di vessazione, di rapine si articolò per secoli in vari modi in roma, sia con la rapina di persone ( ratto delle Sabine) sia con saccheggi e guerre di conquista, le quali permettevano il dominio di altri popoli, che non avendo la capacità di lotta dei romani si dovevano assoggettare allo sfruttamento latino.
roma è la sede morale e fisica di questo andazzo criminale, ed ancora oggi dopo millenni quando un politico o personaggio similare vuole avere uno spazio per appropriarsi della ricchezza di altri fa riferimento fisico e morale a questa città.
Giulio Cesare seppe portare su un piano organizzato la grande capacità delinquenziale dei romani, la cui cultura era da secoli terreno fertile dello sviluppo della violenza come mezzo di espressione.
Il grande romano organizzò industrialmente i romani in eserciti mantenuti uniti da una impostazione ferrea determinata dalla forte criminalità della cultura romana.
Grazie alla sua imprenditorialità Cesare riuscì in pochi anni ad aumentare enormemente le zone di influenza di roma.
La ferocia delle sue legioni ben condotte permetteva conquiste a ripetizione.
La sua capacità fu quella di mantenere con la disciplina sempre alto l'indice di comportamento delittuoso dei soldati romani.
Le decimazioni negli eserciti romani sono gli indici di come la ferocità del comportamento romano codificasse certi ideali di massacro.