Originariamente Scritto da
Zorro
Travaglio, conosciuto giornalista ("giornalista", nell'accezione più ampia, più comprensiva del termine, altrimenti la qualifica sarebbe indebita...), deve la sua fortuna a Santoro, per le trasmissioni dette di "approfondimento". Santoro, lo ha istruito nella specialità del pettegolezzo, ma il più lubrico, l'inverecondo per eccellenza. L'apprendista, evidentemente ben disposto, per sua naturale struttura mentale, ha imparato presto, e bene, molto bene.
Per usare un'analogia, Travaglio è un po' la Elsa Maxwel, al maschile (al maschile, poi..., perchè la dolcezza, la malizia del sorriso, ne danno un tratto molto femmineo..., ma insomma...questo non importa), e, come quella, si industria alla ricerca dello "scandalo". La Maxwel cercava, scopriva, inventava pure, la "piccanteria", la licenziosità, nel "bel mondo", come una volta si definiva, oggi meno. Erano il "bel mondo", attori, sovrani, nobili, gente che faceva parte di una vita favorita, benigna, invidiata e, perciò, se scoperta in errore, più soggetta a condanna, a riprovazione, particolarmente irrisa, insolentita.
Travaglio si è specializzato nello scandalismo politico. Più ancora, finchè ha potuto, ha incentrato tutta la sua capacità di pettogolo astioso su un personaggio particolare. Il gioco, la ricetta, erano, sono, sempre gli stessi, semplici, di sicuro successo di pubblico, almeno di un certo pubblico...
Anche in politica la gente non ama gli "eletti", li crea, li ammira magari, ma li invidia, e da questo sentire, appena può, li odia. Il fenomeno, poi, si esaspera, quando questi eletti risultassero troppo approfittare del loro status, specie quando questo fosse contrapponibile a condizioni generali di disagio, di tanto disperante disagio.
Travaglio, pur non essendo, credo, intelligentissimo, ma furbo tanto, riesce a sollecitare i sentimenti di maggiore rivalsa.
Descrive, sempre con dovizia di particolari, situazioni che sappiano evidenziare la mancanza di virtù dei predestinati alla gogna, li lancia in pasto al suo pubblico pronto ed attento, ed assiste allo scempio che provoca. Se ne sente gloriato.
Propina così, a dosi crescenti, veleni umani che, creando assuefazione al gusto del colpire, dell'offendere, genera condizioni di degrado umano. I più influenzabili, i più caratterialmente deboli, si realizzano, sempre più, nella violenza che sentono di dover far patire agli additati come colpevoli. Diventano insofferenti, ingiusti, pronti solo a colpire e, peggio, sempre solo in gruppo, in massa compatta. Perchè nella violenza di massa la sensazione della punizione offerta, della sofferenza provocata, si esalta, diventa droga, inebria, e fa dimenticare la propria miseria, la propria debolezza, la propria sfortuna.
E il cervello, seppure riceva momentaneo sollievo, a lungo andare ne risente, come con la cocaina...