IN LEGA SERVE UN’ENERGICA POTATURA. MARONI SE LA SENTE?
di GILBERTO ONETO
Quando un albero è sofferente va potato energicamente. È quello che si deve fare con la Lega e non basta più un leggero taglio di rimonda o una pulizia del secco o del superfluo: serve una capitozzatura drastica, bisogna segare via rami compromessi con molta energia e decisione. Il tronco è sano, le radici sono ben impiantate e il terreno è fertilissimo per consentire una crescita prodigiosa ma serve decisione. La gente vuole onestà, coerenza ideologica e capacità, e per questo devono sparire tutti i trusoni, i cadregari, e i furfanti, ma devono andarsene anche quelli che “non ci credono”, che sono autonomisti tiepidi, indipendentisti della mutua. Vanno cacciati anche gli incapaci, gli ignoranti e gli impresentabili. Un bel mucchio di fuffa che si è accumulato negli anni grazie alla strana gestione domestica di Bossi che si è sempre circondato di tutto quello che sarebbe stato opportuno non avere attorno.
I piani alti della Lega si sono riempiti di nullità (su centinaia di parlamentari e consiglieri regionali, quelli spendibili in televisione si contano sulle dita di due mani), di gente “che non è mai stata secessionista”, che chiama la Padania Nord e ripete a macchinetta “il nostro paese” pensandolo in maiuscolo. In mezzo a tutti questi sono cresciuti i furbacchioni, i maneggioni di cadreghe e di soldi, gli accumulatori di incarichi e prebende, assieme ad alcuni autentici mascalzoni. Si dirà che questa è la norma nei partiti italiani e anche in una fetta della società, si ripeterà che gli altri sono peggio: è senz’altro vero ma non giustifica niente. La Lega era nata “diversa”, per cacciare i maneggioni, per fare pulizia di ingiustizie e porcherie. Vederla diventare come gli altri fa male e non consola osservare che è un po’ meno peggio.
Oggi deve decidere se morire lentamente in mezzo ai propri escrementi come un qualsiasi partito italiano o se scrollarsi di dosso tutte le incrostazioni e riprendere a correre. Insomma se avvizzire coperta di parassiti o darsi una molto energica potatura.
I forbicioni da giardiniere ce li ha in mano Maroni ma deve finalmente decidersi a usarli con durezza, senza timori reverenziali, paure o esitazioni: la base non vede l’ora che il taglio cominci. Se lo fa si troverà assieme la gente per bene, che è maggioranza nella base leghista e che riempie da anni tutti gli spazi attorno e fuori del movimento.
Non si può neppure più sostenere che Bossi e la Lega siano una cosa sola e inscindibile: oggi l’uomo è molto malato, debole e – soprattutto – è circondato da una “congrega del fil di ferro” capace delle peggiori nequizie e totalmente screditata. Lo si interdica con rispetto e affetto nominandolo presidente a vita, facendone una sorta di monumento di sé stesso, da portare ogni anno a Pontida a mandare in delirio la folla con i suoi abili giochi di dita medie. Tutti gli altri però devono proprio sparire: parenti, famigliari e famigli, badanti, infermieri e cerchisti, architetti aviatori, trote e troie, squali e pesci in barile, i tre Roberticì con il loro codazzo di lacchè. A casa inutili deputatini, assessori maneggioni, piccoli e grandi ras locali, presidenti di associazioni fasulle, giornalisti leccaculi e tutto il Circo Barnum che ruota attorno alla villetta di Gemonio e al casone di Via Bellerio.
Quello che serve è un bel congresso rifondativo, senza colonnelli e virtuosi del connilinguo, senza zerbinotti con bandoliera tricolore, con delegati liberamente eletti, con un vero dibattito di idee e di programmi e con il recupero di tutti quelli bravi che se ne sono andati per spossatezza, boicottaggio, espulsione o anche solo per aver preteso di utilizzare la propria testa in funzione diversa da quella di portacappello.
La situazione è matura per un intervento radicale e coraggioso. Anche se non sente la vocazione o non ritiene di essere all’altezza del compito, Maroni non ha alternative e non può tirarsi indietro. Neppure la base leghista al momento ha una alternativa a lui. Era capitato a parecchi comandanti vandeani di essere costretti dalla loro gente a guidarla in battaglia sia pur contro voglia. E quasi tutti se la sono cavata benissimo. Non si studia per il ruolo di “grande potatore”: capita addosso e lo si deve fare. Non farlo significa fare morire tutto per anni, fare vincere lo Stato italiano, i patrioti del 150°, i banchieri e i burocrati che stanno dissanguando la Padania, i nemici di ogni autonomia e libertà. Se la sente?
5 Aprile 2012
IN LEGA SERVE UN’ENERGICA POTATURA. MARONI SE LA SENTE? | L'Indipendenza