La ministro Fornero ha tenuto le sue lezioni universitarie sull'art.18. L'atteggiamento tenuto, nelle sue conferenze stampa, è stato quello del docente che offre ai suoi discenti il suo prezioso sapere. Sorrisi di comprensione verso la platea ignorante erano alternati ad espressioni severe, quando la spiegazione fosse stata più impegnativa, e per la quale, quindi, fosse occorso un richiamo a massima attenzione.
L'impressione di tanti è stata, penso, quella di una maestrina impegnata ad educare alla prima lettura bambini, avvertiti come bisognosi e desiderosi di apprendere. In più, la maestrina doveva sentirsi interessante anche fisicamente, dando, anche in quelle occasioni, l'idea di volersi, sapere offrire all'ammirazione degli spettatori-studenti.
L'intenzione era quella di essere chiara, convincente, ed anche piacevole, per meglio riuscire nell'impegnativa impresa.
Il risultato è consistito nella realizzazione di un casino dannoso e, peggio inutile.
Ha voluto,la maestrina, specificare meglio (?) nuove condizioni delle possibilità di licenziamento, rispetto alle attuali troppo restrittive, generiche, "giusta causa" o "giustificato motivo". E ne ha pensate tre, due delle quali (licenziamento originato da discrimine e licenziamento disciplinare) abbastanza ovvie nella loro applicabilità. La terza ipotesi ha provocato il "casino" e, a pensarci neppure tanto, senza motivo. Si tratta del licenziamento "economico".
Una prima stesura, a parere di molti e fondata, prevedeva una condizione di estrema disponibilità assicurata al datore di lavoro, al limite dell'arbitrio legalizzato. Ma solo per le infauste spiegazioni della "maestrina", contrarie al buonsenso ed anche alla legge: nessuno può essere impedito di ricorrere in giudizio quando si ritenesse vittima di un sopruso. Nel caso, non poteva, detto diritto, essere sostituito dal pagamento di indennità risarcitorie.
Una seconda stesura, che sarebbe dovuta essere a correzione della prima, prevede che il licenziamento "economico" possa essere annullato, da un giudice, "ma" solo se "manifestamente insussistente". Parrebbe, l'espressione, prima lettura, del tutto certa e condivisibile, quasi ovvia. E invece, è tutt'altro.
A ragionarci, chi stabilisce che sussistano le condizioni di economicità? In primo momento, il datore di lavoro, e quindi è questi che ha l'onere della prova. Ma se il licenziando nega tale sussistenza? Deve, nel caso, essere lui a sostenere l'onere della prova. E come può, se non in possesso di tutta la situazione economica dell'azienda? Soluzione? Decida il giudice!...
Ma, coi tempi eterni dei nostri tribunali, quando si dirimeranno le vertenze? Le prevedibilmente tante vertenze?
Risultato ad oggi: datori di lavoro sul piede di guerra, per grossa delusione ricevuta dall'ultima stesura del testo di riforma; sindacati sospettosi e sul piede di guerra, temendo ribaltamenti parlamentari.
Conclusione: un casino, "manifestamente sussistente"!...