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  1. #11
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    Predefinito Rif: Il simbolismo degli scacchi

    Citazione Originariamente Scritto da zucchetta Visualizza Messaggio
    Visitando il reparto sull'Antico Egitto del Louvre, ho visto in una vetrinetta statuine di pietra - alcune azzurre, credo di lapislazzulo, altre bianche, sempre in pietra semipreziosa - identiche per misura e fattura agli attuali pezzi degli scacchi (forse un pelino più grandi) e catalogate come non precisabili oggetti di culto dell'800 a. C.


    Camera mortuaria di Nefertari - 1200 a.C.
    Ultima modifica di Tomás de Torquemada; 22-03-10 alle 02:26

  2. #12
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    Predefinito Rif: Il simbolismo degli scacchi

    La "Partita degli scacchi viventi" a Marostica


    La partita degli scacchi viventi di Marostica è una delle manifestazioni più importanti e spettacolari che riguardano il mondo degli scacchi. I personaggi degli scacchi sono rappresentati da persone in carne e ossa, i cavalli sono veri cavalli, le torri sono delle vere torri spinte da valletti. La partira trae origine da una famosa leggenda del XV secolo. La leggenda narra che la manifestazione risalga ad un episodio avvenuto nel 1454 quando due giovani di nobili origini Rinaldo d'Angarano e Vieri da Vallonara si erano entrambi innamorati della bella Lionora, figlia di Taddeo Parisio, castellano di Marostica e avrebbero dovuto sfidarsi a duello per la conquista della ragazza. Il padre di lei però vietò ai contendenti di sfidarsi in combattimento ma disse loro che chi avrebbe vinto una partita a scacchi avrebbe avuto la mano della figlia, mentre lo sconfitto avrebbe sposato la sorella Orlanda.


    La famosa cerimonia della partita degli scacchi viventi che rievoca le fasi della vicenda, la cui conclusione è sconosciuta, si svolge di fronte al castello da Basso, nella piazza principale della cittadina che consiste in una scacchiera di enormi dimensioni formata da riquadri di marmo rosso e bianco. Su di essa si dispongono i personaggi che fanno la funzione dei pezzi degli scacchi in costumi del Quattrocento.


    La manifestazione inizia con un cavaliere che giunge al galoppo su un cavallo nero, si ferma davanti al castello e lancia il guanto di sfida dei due rivali. Si aprono le porte del castello escono Taddeo con la figlia Lionora, accompagnato dai componenti della corte e dagli ambasciatori della Repubblica di Venezia e di altre città del Veneto. Quindi giungono i due rivali, ciascuno con un numeroso seguito. A questo punto inizia la sfida, l'araldo dice ad alta voce ed in dialetto veneto le mosse decise dai due contendenti fino ad arrivare allo scacco matto, la partita che si gioca è ripresa di volta in volta dalle più famose partite del passato e del presente giocate da grandi campioni. Alla fine della partita, al suono delle trombe e dei tamburi, Lionora si avvicina al vincitore e insieme fanno il giro della piazza seguiti da tutti i personaggi della rievocazione.Il tutto si svolge in una cornice di costumi sfarzosi, gonfaloni colorati, parate, ecc. Allo spettacolo partecipano circa 550 figuranti per una durata totale di circa 2 ore.
    Ultima modifica di Tomás de Torquemada; 24-03-10 alle 23:43
    Orientata verso l'immenso mare della bellezza

  3. #13
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    Predefinito Rif: Il simbolismo degli scacchi

    Achille Della Ragione quello indagato per l'aborto clandestino a Napoli.
    L'ho anche "conosciuto" quando frequentavo il circolo di scacchi.

  4. #14
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    Predefinito Rif: Il simbolismo degli scacchi

    Jacopo Nesti

    GLI SCACCHI COME METAFORA E FILOSOFIA

    È oggettivamente assai difficile trovare un gioco, come quello degli scacchi, fatto oggetto di tanta attenzione nel corso dei secoli da parte dell'arte, della letteratura e in generale del sapere umano. Fin dagli albori della sua diffusione, la guerra tra eserciti contrapposti sulla scacchiera è stata sintomaticamente interpretata come metafora delle dinamiche manichee dell'universo, dell'eterna lotta tra il bene e il male, tra l'apollineo e il dionisiaco, tra la vita e la morte, e persino dell'uomo contro se stesso. Se ci si riflette con attenzione, le proprietà metaforiche associabili al "Nobil Giuoco" sono praticamente infinite, investendo la vita dell'uomo nella sua interezza, dalla dimensione del suo quotidiano a quella, ben più complessa, del suo esistere nell'universo ed esser "calato" nel Tempo. È per questo che cercare d'enucleare solo alcuni dei simbolismi intrinseci degli scacchi sia praticamente come versare una goccia d'acqua nell'oceano; allo stesso modo, ciascuno può soggettivamente rinvenire nel gioco le metafore più affini alla sua intuizione o alla sua sensibilità. Gli scacchi sono una sorta di libro aperto dell'umanità, e pertanto è non solo riduttivo ma persino fuorviante, parlarne banalmente in termini di gioco e non, piuttosto, di vera e propria tematica o addirittura filosofia. Nessun altro tema vede infatti una tale compenetrazione di scienza e filosofia, matematica e poesia, estetica e psicologia, simbolismo ed esoterismo, logica ed arte; non sorprende, quindi, l'interesse che da sempre ha suscitato in filosofi, artisti, matematici, scrittori, mistici e poeti di culture e tempi così diversi tra loro, tutti accomunati da un'unica lingua, un unico codice, un'unica – quasi – ontologia. Peraltro, l'immagine del giocatore di scacchi che, ponderando sulla mossa successiva, arresta lo scorrere del tempo in una sospensione dalla vita reale, è curiosamente assai simile a quella del filosofo che medita atemporalmente sul senso della vita e dell'essere nel mondo. Tanto nello scacchista che nel filosofo si percepisce la medesima distanza dal consorzio umano, il medesimo isolamento dal mondo della quotidianità, che viene messo fra parentesi per vivere in un mondo ideale ad esso del tutto estraneo; eppure, sono sorprendentemente proprio questa distanza e questo isolamento, ad avvicinare come null'altro l'uomo al senso dell'esistenza e dell'essere. È forse anche per questo, che l'equazione "scacchi = filosofia" appaia la più scontata che si possa immaginare, quasi un teorema che non richieda neanche d'esser dimostrato. Ma c'è di più: è proprio analizzando gli infiniti significati reconditi nascosti negli scacchi, che si possono trovare le risposte agli eterni interrogativi che hanno afflitto e al contempo sedotto i filosofi d'ogni epoca. Ad esempio, gli scacchi spiegano la contrapposizione tra apollineo e dionisiaco cara a Nietzsche, o la visione di Eraclito secondo cui Polemos sia il padre e il re di tutte le cose.



    René Magritte, La Rencontre (1926/27)



    Tra gli scrittori sensibili alle stringenti implicazioni filosofiche degli scacchi, un posto di rilievo merita senz'altro Jorge Luis Borges, tra i più brillanti scrittori latino-americani di tutti i tempi. In lui la vita stessa è un'interminabile partita a scacchi, le cui indeterminate e imprevedibili possibilità non indicano un libero arbitrio, da parte dell'uomo, bensì il suo essere assoggettato ad una volontà superiore incarnata da Dio o dal destino, il cui arbitrio è a sua volta condizionato forse dall'imperscrutabile volere di un altro dio, in un diabolico gioco di scatole cinesi la cui causa prima rimane sconosciuta. Al pari delle azioni umane, anche le mosse possibili sulla scacchiera sono come gli atomi del mondo e le loro possibili permutazioni: di un numero smisurato, certo, ma pur sempre finito. Tra le opere che più esplicitamente illustrano le sue analisi, troviamo due sonetti non a caso intitolati Scacchi. Di particolare interesse è la seconda della serie:

    Vulnerabile re, mobile torre, spietata
    regina, pedone accorto e sinistro alfiere
    sul cammino di caselle bianche e nere
    cercano e combattono la loro battaglia cruenta.

    Non sanno che la precisa mano
    del giocatore dispensa il loro destino,
    non sanno che un rigore adamantino
    sottomette il loro arbitrio e il quotidiano.

    Ma anche il giocatore è in una voliera
    (la sentenza è di Omar) su un'altra scacchiera
    di nere notti e bianchi giorni.

    Dio muove il giocatore che gli ordini impartisce.
    Quale Dio prima di Dio la trama ordisce
    di polvere e tempo e agonie e sogni?


    In accordo con la filosofia taoista ed eraclitea, per Borges i principi opposti sono l'uno dipendente dall'altro, e quindi non è concepibile che l'uno possa prevalere sull'altro. Il fine dell'atemporale battaglia è infatti la battaglia stessa, che seppur non è eterna, in eterno si ripete. Gli scacchi diventano anche il simbolo del tempo, la cui paradossalità per l'umanità è quella stessa del gioco. Ma il tema centrale dell'opera è senz'altro la sua inquietudine filosofica sulla libertà dell'uomo. I pezzi sulla scacchiera sono delle mere figure asservite alla volontà dei giocatori, la cui mano ne determina il destino; ma anche il giocatore è prigioniero, su un'altra scacchiera, quella del volere di una divinità che ne limita l'arbitrio e ne determina il destino. A questo punto il tema centrale della poesia si manifesta con una domanda in cui confluiscono i grandi temi della filosofia e della religione. Chi è il dio che prima di Dio dà inizio alla trama? Chi è cioè il giocatore che gioca a scacchi con Dio stesso e la cui scacchiera è l'universo? Borges raffigura in questa lirica l'intero universo come una serie indefinita di scacchiere contenute l'una nell'altra e i cui pezzi sono a loro volta burattini e burattinai di un'altra partita. In questa serie di geniali intuizioni pare affrescata con straordinario acume la condizione esistenziale dell'uomo, che s'illude di giocare col destino da pari a pari la partita della propria vita, mentre in realtà le sue mosse obbediscono al disegno d'un Dio che ne ordisce la trama. Sulla scacchiera nera e bianca della sua vita, l'uomo si dibatte tra "nere notti e bianchi giorni" illudendosi pateticamente di poter determinare il proprio destino coi suoi sforzi e le sue capacità, ignorando d'essere in realtà un mero burattino che soggiace ai voleri d'un invisibile burattinaio.



  5. #15
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    Predefinito Re: Rif: Il simbolismo degli scacchi

    LA LEGGENDA DEGLI SCACCHI


    La nascita degli scacchi è tuttora avvolta nel mistero, ma la leggenda più accreditata racconta che un re indù, Iadava, per difendere il suo regno, fu costretto a compiere un'azione strategica in cui il figlio perse la vita. Nonostante la vittoria, i sensi di colpa per il suo sacrificio iniziarono a tormentare il re senza che nessuno riuscisse a mitigarli. Un giorno però giunse a palazzo un bramino, Lahur Sessa, che per distrarlo gli presentò una sua invenzione, che in breve lo appassionò: il gioco degli scacchi. Ma il gioco realizzò anche un altro miracolo: partita dopo partita il re comprese, mettendo fine alla sua pena, che non poteva vincere quella battaglia senza sacrificare un pezzo, ovverosia suo figlio.

    Allora il re chiese a Lahur Sessa quale compenso volesse: ricchezze, un palazzo, una provincia o qualunque altra cosa. Il bramino rifiutò, ma il re insistette per giorni, finché alla fine Lahur Sessa, guardando la scacchiera, gli disse: "Tu mi darai un chicco di grano per la prima casella, due per la seconda, quattro per la terza, otto per la quarta e così via". Il re rise di questa richiesta, dicendogli che poteva avere qualunque cosa e invece si accontentava di pochi chicchi di grano. Dovette però ricredersi in fretta quando un matematico di corte gli spiegò che non sarebbero bastati i raccolti di tutto il regno per ottocento anni. Aveva chiesto una quantità equivalente a 2 elevato a 64, un numero enorme, a 20 cifre: Il risultato finale infatti era uguale alla quantità di grano ottenibile coltivando una superficie più grande della stessa Terra. Lahur Sessa in questo modo aveva voluto insegnare al re che una richiesta apparentemente modesta poteva nascondere un costo enorme. Infatti aveva chiesto 18.446.744.073.709.551.615 chicchi di grano. Una volta che il re lo ebbe capito, il brahmino ritirò la sua richiesta e divenne il governatore di una delle province del regno.

    La leggenda di Sessa era notissima durante il Medioevo con il nome di Duplicatio scacherii, tanto che vi appare un accenno anche nella Divina Commedia, dove viene citata da Dante per dare un'idea al lettore del numero degli Angeli presenti nei cieli: "L'incendio suo seguiva ogne scintilla ed eran tante, che 'l numero loro più che 'l doppiar de li scacchi s'inmilla". (Paradiso - XXVIII, 91-93)


    Il libro dei giochi, realizzato da Alfonso X di Castiglia detto Il Saggio – XIII sec.
    Madrid, Biblioteca dell'Escorial

    Questa miniatura, rappresenta una partita a scacchi a quattro,
    come si giocava anticamente in India.

  6. #16
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    Predefinito Re: Rif: Il simbolismo degli scacchi

    Gli scacchi esoterici
    di Marco Grosso


    [...] La scacchiera, composta di 64 caselle quadrate e alternate di colore bianco e nero simboleggia il pavimento (o piano) della Casa dei Misteri; in questo campo dell’esistenza o del pensiero si muovono delle figure intagliate, secondo una legge fissa.

    Un’altra chiave di lettura della scacchiera è l’analogia con i 64 ideogrammi del Libro dei Mutamenti, o I-Ching; la disposizione dei 64 “Kua” è un mandala simbolo dell’Essenza Incondizionata che porta ad esistere.

    Il Re Bianco è Ormuz, ed il Re Nero è Ahriman, e sul piano del cosmo rappresenta la grande guerra tra Luce e Oscurità, combattuta attraverso tutte le età.

    Della costituzione filosofica dell’uomo i Re rappresentano lo Spirito, le Regine la Mente, gli Alfieri le Emozioni, i Cavalieri la Vitalità, le Torri il Corpo Fisico.

    I pezzi schierati dalla parte del Re sono Positivi, quelli dalla parte della Regina Negativi; le pedine sono gli impulsi Sensori e le Facoltà Percettive, ossia le Otto Parti dell’Anima.

    Il Re Bianco è l’Io e i suoi Veicoli (o corpi), il Re Nero il Non – Io, o Falso Ego e le sue forze; in questo modo il gioco degli scacchi rappresenta l’eterna lotta tra ogni parte che compone l’uomo contro l’ombra ( o anti – parte) di sé stesso.

    La natura di ogni figura del gioco è rivelata dal tipo di movimento che la caratterizza, una geometria (sacra) del movimento: lineare il movimento del corpo (Torre), obliquo quello delle emozioni (Alfiere), mentre il Re (Spirito) non può essere catturato, ma perde la sua battaglia quando è circondato e non può che capitolare.

    Esiste anche un sistema di gioco detto degli scacchi Enochiani, utilizzato dall’Ordine della Golden Dawn, che si rifà al sistema degli scacchi Rosacrociani e si compone di quattro separate scacchiere, simboleggianti i quattro elementi, ed i pezzi posizionati nel loro interno raffigurano divinità egizie, (20 nobili e 16 pedine, analoghi in numero ai 36 Arcani Minori dei Tarocchi), che si muovono in modo leggermente differente dal giuoco tradizionale.

    In questa visione di gioco la concezione magico filosofica di base è quella delle Tavolette Enochiane e delle Chiamate Angeliche, e delle 16 figure geomantiche studiate e utilizzate anche da Alesteir Crowley nelle sue pratiche occulte.

    LaRoseNoire - Articoli Esoterismo Tarocchi Astrologia Alchimia Filosofia Numerologia - Gli Scacchi esoterici
    Ultima modifica di GNU-GPL; 16-03-12 alle 21:40

  7. #17
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    Predefinito Re: Rif: Il simbolismo degli scacchi

    Nel '93 uscì "La variante di Lüneburg", il romanzo che impose lo scrittore goriziano Maurensig che, con "L'ultima traversa" ora torna a parlare di scacchi. Come molti grandi della letteratura.



    Vittorio Macioce

    L'ETERNA SFIDA

    La variante di Maurensig, una mossa attesa vent'anni






    Girolamo da Cremona (attribuito), Partita a scacchi (1475 circa)
    New York, Metropolitan Museum



    Quante sono le storie che si possono raccontare su una scacchiera? Due alla sessantaquattresima meno uno, ossia: 18.446.744.073.709.551.615. Sì, il riferimento è più letterario che matematico, ma in fondo è bello pensare che le storie siano come i chicchi di grano di quell'antica leggenda che racconta la sagacia esponenziale dell'inventore del gioco di re, regine, cavalli, torri, alfieri e pedoni.

    Si chiamava Lahur Sissa o Sessa, certe voci si perdono o tramutano nel passaparola dei secoli. La storia probabilmente la conoscete, spunta spesso quando si parla di scacchi. Qualcuno dice che siamo in India, altri in Cina. C'è chi parla di un principe e chi di un re o di un imperatore. Poco importa. Di certo c'è che il gran signore fu incantato da questa simulazione strategica e promise qualsiasi cosa Sissa, o Sessa, avesse voluto come ricompensa. Cosa chiedere? L'uomo, da saggio, si accontentò di una cosa modesta. Un chicco di grano per la prima casella, due per la seconda, quattro per la terza, otto per la quarta, sedici per quinta, sempre raddoppiando fino alla sessantaquattresima casella. Il re rise. Il giorno dopo i matematici interpellati dissero che non sarebbero bastati i raccolti di tutto il regno per ottocento anni.

    Ne sono passati solo venti, invece, da quando Paolo Maurensig pubblicò per Adelphi La variante di Lüneburg, un romanzo che nel 1993 scalò in fretta le classifiche. Gli scacchi come potere, come destino, come scommessa disumana, come le vite che il comandante del campo di concentramento nazista di Bergen Belsen mette in gioco nella partita infinita contro l'ebreo Tabori. La scacchiera come la tavola del mondo, dove ognuno svolge il proprio gioco e si presenta agli altri con il proprio stile e ogni stile è lo sguardo con cui ognuno di noi affronta la vita. «Come ben sapete, Alëchin sosteneva che gli scacchi sono un'arte, mentre Capablanca li vedeva come pura tecnica; per Lasker, invece, gli scacchi significavano lotta».

    Gli uomini invecchiano cercando la mossa giusta, si spostano sperando di andare a donna come prevedibili pedoni, i potenti quando temono di perdere tutto si arroccano o c'è chi preferisce isolarsi nella pace statica del cavallo eterno, c'è chi forza e chi sacrifica, chi raddoppia le torri e chi si accontenta dello stallo o chi da buon riformista sa quando è il caso di prevedere uno Zwischenzug. Per questo Maurensig è tornato a raccontare una storia che ha come trama una sfida di scacchi. È la sfida tra un parroco di un paesino vicino a Bolzano e un anziano signore, che ogni settimana passa quando c'è il mercato, troppo bravo per essere solo un dilettante. Lo straniero infatti si chiama Daniel Harrwitz. Per chi conosce la storia degli scacchi non è un nome qualsiasi. È il commerciante tedesco che girò mezza Europa ottocentesca con l'arroganza e la sfida di chi sa che non troverà qualcuno alla sua altezza. Tanto da prendere il vezzo di dare ai propri avversari un pezzo di vantaggio. Harrwitz era come un pistolero ansioso di capire chi fosse il migliore. Qualcuno di livello lo trovò, ma a nessuno risparmiò il suo sarcasmo. Il povero parroco della storia di Maurensig fu solo la sua vittima finale. "L'ultima traversa" (Barbera editore, pagg. 96, euro 7,90) racconta, come spesso accade sulla scacchiera, la sfida con l'infinito, la miseria del nostro orgoglio, quel pesante fardello di dover fare prima o poi i conti con un limite che chiamiamo morte, la vanità delle passioni, del vivere, nell'arrampicarci su scale senza fine, nell'essere caduti in un enigma senza soluzioni.

    Noi muoviamo gli scacchi, e un'altra mano muove noi e così di mano in mano. È una poesia di Borges, giusto? «Ma anche il giocatore è prigioniero/ (Omar afferma) di un'altra scacchiera/ di nere notti e di bianche giornate». È la scacchiera quella dove Lewis Carroll muove Alice in Attraverso lo specchio. Alice pedone bianco che dalla casa di partenza raggiunge l'ottava traversa, diventa regina e vince la partita. È La novella degli scacchi, l'ultimo racconto scritto da Stefan Zweig prima del suicidio. È la nemesi del vecchio Sud che Faulkner cerca in Gambetto di cavallo. È la storia del Re degli scacchi, raccontata da Acheng. La partita per la sopravvivenza di Wang Yisheng che per non impazzire nei campi di lavoro maoisti continua a pensare e giocare un'immaginaria partita contro la rivoluzione culturale. È la pazzia che Nabokov narra in La difesa di Luzin, personaggio imbrigliato in una rete di ripetizioni ossessive, come se l'immobilità del tempo ti costringesse a rivivere sempre la stessa giornata.

    Ed è la stessa che si abbatte sui grandi campioni. Morphy smise di giocare a ventidue anni per finire la vita come un pazzo diamante. Steinitz cadeva in stati allucinatori che lo portavano a sfidare Dio, concedendogli il vantaggio di un pedone e della prima mossa. La fuga dal mondo di Bobby Fischer dopo la vittoria a Reykjavík su Spasskij, in quella partita che appare come un simbolo della Guerra Fredda, tanto da interessare e preoccupare Kissinger. Epopea pari soltanto a quella tra il comunista ortodosso Karpov e il dissidente Kasparov, dove i due stili di gioco sono l'emblema dell'eterna lotta tra i caratteri della nazione russa. Fabio Stassi, con uno splendido romanzo pubblicato da Minimum Fax, La rivincita di Capablanca, ci ha riportato qualche anno fa nella Buenos Aires degli anni '20. È la storia di un'amicizia tradita, quella tra il cubano Capablanca e Aleksandr Aljechin, l'uomo fuggito dalla rivoluzione d'Ottobre e approdato alla corte dei gerarchi nazisti. Disse il russo: «Non so come potrò vincere sei partite con Capablanca ma non so nemmeno come potrà farlo lui». Vinse Aljechin e non concesse mai la rivincita a Capablanca, che subì l'offesa di una seconda occasione sempre rinviata, come spesso la vita.




  8. #18
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    Predefinito Re: Il simbolismo degli scacchi

    GLI SCACCHI NEI MANOSCRITTI MEDIEVALI





    Jacques de Cessoles, Le Jeu des échecs moralisés, XV secolo
    BNF, Manuscrits (fr. 24274 f° 37v°)







    Jacques de Cessoles, Le Jeu des échecs moralisés XV secolo
    BNF, Manuscrits (fr. 2471 f° 70)






    Rustichello da Pisa, Guiron le Courtois (1370-1380)
    Paris, BNF, Manuscrits (n.a.f. 5243 f° 3 v°)






    Nicholes de S. Nicholaï di Lombardia, Le Gieu des eskies, XIV secolo
    Paris, BNF, Manuscrits (fr. 1173 f° 3)





    Christine de Pizan, Épître d'Orthéa XV secolo
    BNF, Manuscrits (fr. 606 f° 39)






    Da un manoscritto appartenuto a Carlo V
    Francia, XIV sec.





    Miniatura da un manoscritto per Louise de Savoie, 1500 ca.
    Parigi, Biblioteca Nazionale

  9. #19
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    Predefinito Re: Il simbolismo degli scacchi



    Albertus Pictor (Albert Målare) ca.1440-1509, nel 1470 dipinse gli affreschi che decorano la volta della chiesa di Taby nella diocesi di Stoccolma in Svezia e tra questi anche quello che ha ispirato la celebre scena del film "Il settimo sigillo" a Ingmar Bergman.
    Il pittore stesso compare come personaggio nel film, intento a dipingere un affresco della Totentanz parlando con lo scudiero del Cavaliere.



  10. #20
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    Predefinito Re: Il simbolismo degli scacchi

    Vera Agosti

    STORIE DI SCACCHI. ARTE, SCIENZA, LETTERATURA GIOCO DI RE, REGINE E... VITA



    Sofonisba Anguissola Partita a scacchi, 1555
    -



    Appassionati di scacchi? Allora non potete perdere la novità editoriale appena proposta da FMR, Sulla Scacchiera. Arte e scienza degli scacchi ( pp. 168, 57 euro). Il volume, di raffinata eleganza, realizzato dalla Champalimaud Foundation, riguarda anche lo studio dei meccanismi e dei circuiti celebrali connessi al gioco, e si bea degli scatti lucidi e dettagliatissimi di Massimo Listri, fotografo amato da Franco Maria Ricci, ospitato in una personale al Labirinto della Masone nel 2016.

    Le origini degli scacchi sono antiche e ripercorse da Zachary Mainen e Razvan Sandru nei loro testi. Il gioco è nato, con regole differenti e il nome “chatrang”, nell’India nord-occidentale nell’VIII secolo. Si è quindi diffuso attraverso le rotte commerciali in ogni angolo del mondo. «Scacco matto» deriverebbe da «Shah mat» che in persiano significa «il re è finito». Una volta introdotto nell’Europa medievale si trasforma gradatamente in un gioco più vicino a quello che conosciamo. Presso le corti europee diventa uno dei passatempi preferiti, un simbolo di ricchezza e di potere.

    Sulla Scacchiera non vuole essere un’enciclopedia, quanto un’antologia suggestiva, che tocca le neuroscienze, la storia, l’arte, la letteratura e il cinema, lasciando aperte tante porte o spiragli di ricerca e di approfondimento. Adolivio Capece fornisce anche un dizionario dei termini, rudimenti per i principianti e la sintesi di ventidue celebri partite. Senza pretesa di esaustività, il libro ricorda alcuni dipinti dedicati ai giocatori, come La partita a scacchi del 1530 di Giulio Campi e quella di Sofonisba Anguissola del 1555. La pittrice e le sue sorelle erano giocatrici, infatti lo svago era concesso alle fanciulle, preferito alle carte e ai dadi, tuttavia, la scacchiera raffigurata è posta in maniera errata, con la casa in basso a destra nera invece di bianca.

    E ancora Paul Klee, De Chirico, Man Ray, Magritte, Dorothea Tanning. Marcel Duchamp, di cui si ricorda il romantico olio su tela La partita a scacchi del Philadelphia Museum of Art, ha abbandonato l’arte per giocare, ottenendo anche buoni successi. Ha inventato una piccola scacchiera da viaggio e ha scritto un libro di teoria. Per lui gli scacchi erano come l’arte poiché invitano a contemplare la bellezza.

    Si menzionano numerosi racconti e romanzi sugli scacchi: Massimo Bontempelli in La Scacchiera davanti allo specchio (1922) sfocia nel fantastico e nel metafisico; Jorge Louis Borges in Rovine circolari (1944) descrive gli scacchi come la possibilità di infiniti ricorsi, mondi dentro altri mondi, facendo riferimento al romanzo di Lewis Carroll Attraverso lo specchio; Stefan Sweig nella drammatica Novella degli Scacchi riflette sul coinvolgimento emotivo dei giocatori. Tanti altri gli esempi citati, come Carlo Goldoni, Lev Tolstoj, Vladimir Nabokov, Aldous Huxley… Stefano Salis, durante la recente presentazione del libro presso il Museo Bagatti Valsecchi di Milano, ha spiegato che una raccolta di tutti i testi letterari sul gioco sarebbe sterminata.


    Articolo di Vera Agosti pubblicato su Libero del 19 aprile 2022

 

 
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