Direttore di un museo di Napoli incendia opere d’arte per denunciare la mancanza di fondi
di John Hooper
The Guardian
Antonio Manfredi ha già distrutto un dipinto e giura di incenerire un’opera d’arte al giorno finché non verranno esaudite le sue richieste.
È una logica spesso associata ai terroristi o a fuorilegge in trappola e messi alle strette: “O ascolti le mie richieste, oppure un altro ostaggio farà la stessa fine di quello di prima”. La differenza però è che in questo caso gli ostaggi sono opere d’arte, sacrificate con il pieno consenso dei loro creatori.
Mercoledì il direttore di un museo dell’entroterra napoletano, dove la mafia è radicata, stava affilando le armi per distruggere un’opera della pittrice e scultrice italiana Rosaria Matarese, al secondo giorno di una protesta tesa ad attirare l’attenzione delle autorità competenti, e i fondi necessari, sul suo avamposto culturale in cattive acque.
Antonio Manfredi, direttore del Casoria Contemporary Art Museum (Cam), ha dichiarato che l’istituzione, sponsorizzata con fondi privati, rischia di chiudere i battenti se non riceverà finanziatamenti da autorità regionali, nazionali o europee. “I soldi per mantenere in funzione il museo non ci sono. Recentemente abbiamo subito un’alluvione. Fuori siamo circondati da tonnellate di rifiuti”, ha commentato il direttore al Guardian.
Martedì mattina ha dichiarato “guerra all’insegna dell’arte per impedire la distruzione della cultura”, dando alle fiamme un dipinto dell’artista francese Séverine Bourguignon, del valore di 10.000 euro. “È guerra aperta. Questa è una rivoluzione”: ha affermato. “E ogni rivoluzione ha vincitori e vinti”.
Il direttore ha giurato che continuerà a dare al rogo le opere d’arte che compongono la collezione permanente al ritmo di una al giorno, finché il suo appello rimarrà inascoltato. “La collezione vanta circa 1.000 opere, possiamo andare avanti per anni”, ha aggiunto.
L’artista francese, Bourguignon, ha seguito la distruzione della sua opera, Promenade, collegandosi via Skype da Parigi. “Mi sento come se fossi in lutto”, ha affermato. “È molto triste che il mio dipinto sia stato dato alle fiamme. Abbiamo sperato fino all’ultimo nell’intervento di qualcuno. Ora devo abituarmi all’idea che la mia opera non la vedrò mai più, ma spero ne sia valsa la pena. Almeno in questo modo la notizia di quello che sta succedendo in Italia e in tutto il mondo della cultura ha suscitato clamore. È servito a qualcosa.”
Il direttore ha dichiarato che la stessa artista Matarese mercoledì darà fuoco a una delle sue opere. “Non è bello bruciare opere d’arte. Anzi, è terribile. Ogni opera ha la sua storia”, ha sottolineato il direttore del Cam.
Il museo, la cui collezione annovera opere di artisti europei, africani e cinesi, è situato alle porte di Napoli, in quella stessa area che ha fornito l’ambientazione al libro di Roberto Saviano, Gomorra – il best-seller basato su fatti reali che ha conosciuto risonanza mondiale e da cui è stato tratto un film. Il direttore ha affermato di essersi ritrovato in difficoltà economiche all’indomani dell’allestimento di una mostra di denuncia sul problema della Camorra, la mafia locale. “Non si può organizzare una mostra del genere e poi chiedere finanziamenti alle aziende che operano nella zona, oppresse dal giogo della Camorra. Alcune pagano le organizzazioni criminali per ricevere protezione. Altre vengono controllate da tali bande.”
Il direttore del Cam chiede non solo denaro pubblico, ma anche l’appoggio dalle istituzioni “poiché in quest’area, se non godi di un appoggio dalle autorità, sei in guai seri.”
Manfredi, artista egli stesso, un mese fa ha dato alle fiamme una delle sue opere. Poi ha inviato fotocopie delle opere della collezione Cam al Presidente della Commissione Istruzione e Cultura UE, al Ministro della Cultura a Roma e al Presidente della Regione Campania, mettendoli in guardia sulle sue intenzioni. Ma il suo appello è rimasto lettera morta. “Temo che mi lasceranno fare finché non avrò dato alle fiamme tutto.”
[Articolo originale "Naples museum director begins burning art to protest at lack of funding" di John Hooper]
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