Sarkozy, Cameron, Reinfeldt, Fini: modernizzare oltre le ideologie
La destra nuova
che s'aggira per l'Europa
Dopo la stagione della social-democrazia, il ciclo rivoluzionario (poi fallito) della “nuova sinistra” sessantottina, l’ondata neoliberista degli anni ottanta (Thatcher e Reagan, per intenderci), il modello “blairista” e la ricerca della “terza via” degli anni Novanta, si può dire che, adesso, le democrazie europeo-occidentali sono in presenza di una nuova “ondata”? In altre parole, «è possibile ipotizzare la nascita e l’affermazione, negli ultimi anni, di una “destra nuova” che presenta caratteristiche comuni in alcuni paesi europei?». È questo il punto di partenza dell’analisi sviluppata nel volume La destra nuova. Modelli di partito, leader e politiche a confronto in Francia, Gran Bretagna e Svezia, a cura di Alessandro Campi e Angelo Mellone, rispettivamente direttore scientifico e direttore editoriale della Fondazione Farefuturo.
«C’è qualcosa che unisce, al di là delle ovvie differenze di storia e contesto politico-istituzionale, il neogollista Nicolas Sarkozy, il leader conservatore David Cameron, i “nuovi moderati” svedesi guidati da Fredrik Reinfeldt e la “destra riformista” immaginata per l’Italia da Gianfranco Fini, prima con la nascita di Alleanza nazionale e, successivamente, con l’ingresso di quest’ultima nel Popolo della libertà? E c’entra qualcosa questa “destra nuova” – che definiremo riformista, pragmatica, post-ideologica, laica e modernizzatrice – con l’insorgenza populista che secondo molti osservatori rappresenta invece la vera novità della politica contemporanea e il tratto qualificante di molte delle esperienze che abbiamo appena richiamato?». A queste domande, insomma, vogliono provare a rispondere questi «appunti di lavoro» che, come precisano i curatori nell’introduzione, «hanno la volontà di portare il dibattito al di fuori delle secche ideologiche a cui ci condanna l’idea, poco pronunciata ma spesso praticata, secondo la quale le destre politiche possono oscillare con differenti gradazioni solo all’interno del continuum conservatorismo/populismo (in campo politico) e liberismo/statalismo (in campo economico e istituzionale), senza alcuna possibilità di contaminazione e di intervento su altri aspetti della vita collettiva che la postmodernità ha reso cogenti e strategici».
Ma come definire questa “destra nuova” (che «presuppone ovviamente l’esistenza di una “destra vecchia”»)? Innanzitutto tenendo presente che con l’avvento del nuovo millennio gli schemi tradizionali della destra politica sono stati messi «in crisi dall’emersione di nuove sfide, interne ed esterne ai singoli sistemi politici, che pongono leader, partiti, intellettuali di fronte all’urgenza del cambiamento». La “crisi redistributiva” dello Stato sociale e il passaggio dal welfare al workfare, l’immigrazione e la conseguente sfida del multiculturalismo, le pressioni che arrivano sugli Stati dal basso (federalismo, localismo) e dall’alto (globalizzazione), l’11 settembre e l’emergenza terrorismo, tutto questo fa sì che «negli anni Duemila la sicurezza, in tutte le sue declinazioni – individuale, sociale, economica, interna, internazionale – diviene il tema politico centrale». Ecco allora affermarsi questa destra che Campi e Mellone definiscono «in prima approssimazione, “securitaria”», caratterizzata da piattaforme in cui «il richiamo al mercato è temperato dal radicamento nazionale e dal richiamo alla giustizia sociale e alla solidarietà, il multiculturalismo viene messo in discussione sulla base delle necessità della piena integrazione dell’immigrato e del controllo dei flussi migratori, concetti come “tolleranza zero” vengono proposti come strumento di ordine nell’interesse primario delle fasce sociali più povere, il richiamo all’autorità statale è mediato da concessioni alla sussidiarietà e alla devoluzione di poteri verso le periferie, il tradizionalismo dei valori è innervato di aperture alla grammatica dei diritti civili, a temi in realtà non sconosciuti all’agenda politica delle destre “classiche” come l’ambientalismo o il neowelfarismo, ma che erano stati messi in secondo piano dall’impostazione paneconomicistica del ventennio precedente».
E i saggi contenuti nel volume, diviso in tre sezioni (Francia, Gran Bretagna e Svezia) vogliono illustrare, in chiave comparativa, proprio questi cambiamenti. Sofia Ventura e Marcello Foa analizzano due grandi “intuizioni” di Nicolas Sarkozy: rispettivamente, la creazione di un vero “partito del presidente” (l’Ump) e l’idea di “forgiare un’identità” nuova, oltre i vecchi schemi destra-sinistra. Nel capitolo dedicato ai Tories, Luigi Di Gregorio delinea il mutamento delle tendenze elettorali britanniche che si è verificato negli ultimi decenni; Kieron O’Hara analizza la “riscossa” dei conservatori sotto la guida di Cameron, e Nicholas Jones descrive la loro “innovazione tecnologica”, fatta di blog, siti web e social network. Meno conosciuto, in Italia, il caso svedese, cui è dedicata la terza parte del libro. I saggi di Goran von Sydow, Niklas Ekdal, Maria Rankka e Fredrik Haage illustrano la svolta che Fredrik Reinfeldt, attuale primo ministro svedese (dopo la storica vittoria elettorale del 2006) ha portato nel sistema politico del suo paese: la creazione dei Nuovi moderati (con il passaggio dai classici temi liberisti alla riscoperta della “centralità dei lavoratori”, dell’ambientalismo, della lotta per le pari opportunità, della lotta ai privilegi) e la costruzione di un’Alleanza per la Svezia, credibile alternativa di governo ai socialdemocratici, assieme ai liberali, ai democratico-cristiani e ai centristi.
In conclusione, il ritratto di questa “destra nuova” che emerge, è quello che Mellone e Campi anticipano nella loro introduzione: «Una destra che sia appunto liberale ma non liberista, orientata alla valorizzazione della dimensione sociale e comunitaria, attenta ai valori tradizionali ma non arroccata a difesa del passato, rispettosa dei diritti individuali e per certi versi persino “libertaria”. Una destra aperta al cambiamento e al futuro ma sensibile anche al tema dell’identità e del radicamento storico degli individui e dei popoli, tesa a salvaguardare lo Stato ma in un quadro crescente di autonomie, favorevole a politiche di sicurezza che non intacchino i diritti fondamentali delle persone. Una destra pragmatica ma che non cede a una visione tecnico-manageriale della politica, attenta alla dimensione religiosa dell’esistenza ma non clericale, orientata a valorizzare il merito e la responsabilità degli individui e a favorire il ricambio sociale, interessata non ad abbattere lo Stato sociale ma a riformarlo per renderlo più efficiente e più giusto, nazionale ed europeista al tempo stesso, sensibile al tema della salvaguardia ambientale, capace di perseguire politiche di integrazione nei confronti degli immigrati». Insomma, per dirla con le parole di Sarkozy, una destra «immaginativa, generosa e aperta».
Federico Brusadelli
20 marzo 2009
Alessandro Campi - Angelo Mellone (a cura di)
La destra nuova
Marsilio
pp. 208 euro 11
http://www.ffwebmagazine.it/ffw/page...i_Cate_Arti=43