Loredana Mancini
Da Il rovinoso incanto. Storie di Sirene antiche (Il Mulino)
L'idea e l'immagine di Sirena esercitano, sugli studiosi di mitologia come su chiunque sia interessato alle vicende dell'immaginario, il fascino di un simbolo che ha attraversato i secoli adattandosi, per forme e significati, ai mutamenti di cultura e agli slittamenti dei confini tra reale e fantastico. Cosa sa l'uomo moderno delle Sirene? Sa che esse sono donne - e donne bellissime - ma che celano una repellente appendice bestiale; che vivono in situazioni per l'uomo impraticabili pena la morte (sul fondo del mare e dei fiumi, spesso a latitudini proibitive o in aree inesplorate); che cantano con voce suadente attraendo irresistibilmente i marinai nel loro gelido abbraccio. [1]
Le più recenti versioni cinematografiche della favola delle Sirene, nel tentativo di mettere al bando ogni traccia del loro carattere fondamentalmente inquietante, lasciano intendere la possibilità di una integrazione all'interno della comunità umana. [2] In realtà, come dimostrano i racconti per adulti (tra i quali rientra di fatto la lugubre storia della Sirenetta di H.C. Andersen), la Sirena non può essere ammessa nel mondo degli uomini senza un compromesso: la perdita della coda squamosa, la rinuncia al potere ammaliante della voce, l'impossibilità di esprimersi nel linguaggio umano (che significa impossibilità di una vera comunicazione con gli uomini). Spesso la «Sirena fuor d'acqua» finisce per avvertire una irresistibile nostalgia di casa, ovvero del mare aperto, e per sparire improvvisamente, o morire. Nonostante il volto affabile della Sirena di celluloide, anche la Sirena dei giorni nostri conserva quindi la sua irrimediabile alterità.
L'immaginario moderno ha ereditato la figura della Sirena dall'arte e dall'erudizione medievale; grazie al gigantesco sforzo di raccolta e di sistemazione del sapere portato avanti dagli enciclopedisti, essa ha attraversato i secoli oscuri che vanno dalla fine del mondo antico alla rinascita del XII secolo, pur rimettendoci - è il caso di dirlo - le penne. Per sopravvivere alla fine del paganesimo, la Sirena ha dovuto adattarsi ad esprimere una nuova spiritualità (quella cristiana) e una nuova simbologia, quella legata al contemptus mundi e ai pericoli della «navigazione» attraverso il mare dell'esistenza. Dal punto di vista estetico, essa ha guadagnato una figura più aggraziata: la Sirena medievale perde infatti le ingombranti ali da uccello delle sue antenate classiche per trasformarsi nella sinuosa donna-pesce che tutti noi conosciamo. Ma non senza qualche resistenza. Il fiorire dell'arte romanica ci mostra infatti i portali delle cattedrali popolati di Sirene dalle serpeggianti code di pesce o dalle zampe da uccello o con entrambe le appendici, frutto dell'inesauribile fantasia che gli artisti medievali dispiegarono per rappresentare il vizio in forme il più possibile repellenti, ma che finiscono per avere una sorta di morboso fascino.
John William Waterhouse, La sirena (1905)
Ma accanto alla Sirena della cultura clericale, incarnazione della sensualità e del demonio, il Medioevo conosce anche una Sirena dei racconti popolari, una sorta di spirito della acque cui si attribuisce un'esistenza reale e che viene rappresentata ora come un vampiro sanguinario, ora come uno spirito soccorritore: una contraddizione, solo apparente, che vedremo in atto già ai suoi esordi antichi. In realtà, come avremo modo di verificare, quella della Sirena è un'immagine polisemica. Riprendiamo qui una definizione formulata da J. Leclerq-Marx per la Sirena medievale, ma che può essere applicata altrettanto bene a tutta la sua evoluzione precedente e successiva: "l'efficacia simbolica dell'uno o dell'altro aspetto della Sirena doveva riattivarsi semplicemente in funzione della finalità del discorso o del livello di percezione a cui esso era destinato. Ciascuno trovava infatti ciò che cercava in questa figura d'ombra che si poteva allo stesso tempo temere e compatire, e la cui forma per metà umana e per metà animale simboleggiava così esattamente il mondo medievale dominato dall'antagonismo delle forze del Bene e del Male…" [3]
Con il XIII secolo e l'avvento dell'arte gotica le cose cambiano: la rinascita dell'interesse per il mondo e i suoi fenomeni (soprattutto quelli più curiosi e fantastici) determina un nuovo atteggiamento verso la Sirena, di cui si apprezza ora la natura di essere favoloso e la duttilità dell'immagine, che verrà utilizzata sempre più spesso a scopi puramente ornamentali. Sottratta alla simbologia del peccato, essa viene restituita alla fantasia: non a caso è proprio in questo periodo che si diffondono e vengono valorizzate anche letterariamente le leggende popolari relative alle Ondine e simili figlie delle acque. È dunque alla fine del Medioevo che si costituisce e si stabilizza l'immagine e l'idea della Sirena quale noi la conosciamo: una graziosa donna-pesce, che fa la sua figura negli album dei decoratori e sui bicipiti di certi «lupi di mare», ma sulla quale grava velatamente il sospetto di essere imparentata con il diavolo.
NOTE
1. La letteratura, sia di tipo scientifico che creativo, sulle Sirene e sui loro incontri con l'uomo è sconfinata. Per una sintesi, che tenga conto anche dei tentativi di classificazione zoologica succedutisi nei secoli passati, si veda: De Donder, Le chant de la Sirène (1992, 59-73); Lao, Il libro delle Sirene (2000, 83-101).
2. Sulla fortuna cinematografica del mito della Sirena, vedi De Donder Le chant de la Sirène (1992, 59-73); Lao, Il libro delle Sirene (Di Renzo, 2000, 195-201]
3. Leclerq-Marx, La Sirène dans la pensée et dans l'art de l'Antiquité et du Moyen-Âge (Bruxelles, 1997, 228)
Loredana Mancini, Il rovinoso incanto. Storie di Sirene antiche (Il Mulino, pag. 7-8)