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    Predefinito Le sirene tra archetipo e mito

    Sirena

    La sirena è un essere fantastico con la parte superiore del corpo di donna, formosa e di aspetto piacevole, e la parte inferiore foggiata a di coda di pesce.
    Si tratta di un essere marino, o comunque acquatico, dal temperamento malevolo, che sfrutta le sue doti di seduzione sessuale, mostrando la parte superiore del corpo, per attrarre ignari giovani e ucciderli trascinandoli nel mare.

    La Sirena canta in maniera irresistibile e a volte suona anche qualche strumento.
    Ha lunghi capelli, spesso verdi come il mare, che pettina accuratamente; ha in mano uno specchio in cui si rimira compiaciuta.

    Corrisponde a quello che ha il termine inglese mermeid. Il mito della Sirena si ripete in tutto il mondo, nessun luogo escluso, e dimostra caratteristiche più costanti e omogenee perfino di quelle del mito del Drago.

    Nell’area occidentale, europea, in particolare, questo mito ha una sua storia speciale. Infatti nessun altro mostro è stato soggetto, nel corso del tempo e nel medesimo ambito culturale, a una trasformazione così complessa come quello della Sirena, passata da immagine dell’anima umana, a demone mortale a forma di uccello, a seducente ninfa dalla coda di pesce.

    Le Sirene, propriamente dette (Seirenes), nascono in Grecia, ma le tradizioni che le riguardano sono estremamente confuse e discordanti tra loro.
    Il numero stesso delle Sirene non è ben certo: Omero, il primo a menzionarle, ne parla usando il duale, sottintendendo dunque che si tratta di una coppia; tuttavia nella tradizione figurativa e in quella letteraria sono generalmente tre; non mancano però le eccezioni che parlano di quattro o addirittura di otto Sirene, come fa Platone.

    Uguale incertezza c’è sui loro nomi: in un dipinto vascolare troviamo il nome di Imeropa; ma poi abbiamo le triadi Thelxinoe, Aglaope, Pasinoe e Partenope, Leucosia, Ligea; e la tetrade Teles, Raedne, Molpe e Thelxiope.
    In tutto sono undici denominazioni differenti, talvolta legate a miti locali, come Partenope alla fondazione di Napoli.

    Lo stesso nome Seirenes non ha una etimologia sicura: può connettersi con seirà, (catena, laccio), o col verbo seirazein (legare con una corda), ambedue con un possibile riferimento alla qualità di incantatrici o maghe.
    Ma può anche essere fatto risalire a seirios (bruciante, da cui anche Sirio, l’astro della canicola) per alludere ai pericoli dell’ora MERIDIANA, quando il mare in bonaccia sotto il sole implacabile può essere più infido di quello in tempesta.

    Analogamente, collegandolo al periodo delle grandi calure, quando tutto si dissecca, possiamo pensare ad un’altra variante del verbo seirazein, che significa "prosciugare". Ma sono stati proposti anche legami etimologici con l'ebraico sir, canto, e col radicale sanscrito sr, fluido in movimento.

    La genealogia delle Sirene non chiarisce le cose più dell'etimologia.

    Platone dice che sono figlie di PHORKYS e KETO, divinità, marine ambedue, fratello e sorella incestuosi, da cui nascono numerosi altri mostri celebri della mitologia greca, tra cui Scilla, Echidna, le Graie.
    Ma si tratta di una attribuzione isolata; per lo più le Sirene sono dette figlie di ACHELOOS, una tra le più antiche divinità, greche in assoluto.
    Meno certa è la maternità: si parla di due delle Muse Calliope (Tersicore) o di una donna dell'Etolia, regione in cui scorre il fiume Acheloo (oggi Aspropotamo), di nome Sterope.
    Secondo una variante nascerebbero addirittura direttamente da tre gocce del sangue di Acheloo, cadute a terra quando, durante la lotta per il possesso della bella Deianira, Eracle spezza al dio una delle sue corna.

    Per quanto riguarda l’aspetto fisico delle Sirene, abbiamo meno incertezze: anche se Omero non le descrive ci sono numerose raffigurazioni vascolari e scultoree, nonché le descrizioni di autori più recenti, che ne testimoniano la forma ibrida, col corpo di uccello e la testa femminile.
    Nel tempo questa forma attenua i suoi caratteri ornitomorfi: compaiono le braccia umane, il seno, poi tutto il busto; successivamente solo le zampe restano a forma di uccello, finché non si perdono, in epoca alessandrina, anche questi ultimi residui di ibridismo.
    Quello che resta invece incerto è il motivo di questa forma. Sembra che fossero all’inizio del tutto umane, e che la loro parziale trasformazione in uccelli sia conseguente ad un evento, che varia però a seconda degli autori.

    Per Ovidio erano compagne di giochi di Persefone, alla quale stavano insieme anche quando il tenebroso Ade l’aveva rapita; allora avevano chiesto agli dei di diventare uccelli per poter cercare la loro compagna in mare e per terra.
    Secondo altre versioni sarebbe stata invece Demetra a trasformarle così, come punizione per non aver cercato di impedire il ratto della figlia; oppure sarebbe stata Afrodite, per punirle di aver disprezzato le gioie dell’amore.
    Di certo c’è solo che, pur avendo le ali, avevano perso la capacità di volare in una gara di canto contro le Muse; queste ultime, dopo averle vinte, irritate dall’orgoglio dimostrato dalle Sirene, le avevano spennate.

    Questa confusa congerie di miti trova una espressione compiuta solo nelle due grandi epopee di viaggio della mitologia greca: il viaggio di Ulisse e quello degli Argonauti.
    Nell’Odissea (XII) Ulisse, partito dall'isola di Circe, per sottrarsi alla seduzione perfida delle Sirene, contro le quali era stato messo in guardia dalla maga, si era fatto legare all'albero maestro della nave dai suoi marinai, ai quali aveva preso la precauzione di otturare le orecchie con la cera.
    Aveva potuto cosi ascoltare il letale canto delle Sirene senza pericolo e aveva potuto conoscere le loro irresistibili armi seduttive, basate non sul sesso (come quelle delle Sirene che oggi conosciamo), seduzioni contro le quali a poco sarebbe servito chiudere le orecchie dei marinai, sfiancati da anni di guerra e di peregrinazioni; ma sull’intelletto, sulle lusinghe di una conoscenza senza limiti, che il loro canto offriva.
    Anche Ulisse soccomberebbe all'irresistibile richiamo, se gli stretti nodi che lo avvincono all’albero non fossero più forti del suo corpo provato dalle fatiche; solo grazie a questa costrizione fisica riesce a scampare ad un pericolo contro il quale anche il suo intelletto sempre pronto naufragherebbe miseramente.

    Meno conosciuto è l’episodio narrato da Apollonio Rodio ne Le Argonautiche (IV, vv 89l-92l).
    Conquistato il Vello d'oro Giasone e gli Argonauti, dopo numerosissime avventure e dopo aver toccato anch’essi l’isola di Circe, giungono al Mare delle Sirene, di fronte al cui canto resterebbero inermi se il mitico Orfeo, imbarcato proprio con questo scopo, non suonasse ancora più dolcemente di loro, e non impedisse così che tutti i marinai si gettino in mare per raggiungerle.
    Solo uno di loro, Bute, soggiace al fascino delle seduttrici, ma viene salvato da Afrodite.
    Secondo alcune versioni, dopo questo smacco le Sirene si gettano dalla loro rupe uccidendosi.
    Secondo altre, con maggiore coerenza, questo suicidio avverrebbe solo una generazione dopo, al passaggio di Ulisse, che costituisce per le Sirene il secondo grave smacco.

    In tutti i miti vi sono alcuni elementi in comune: vi è sempre un rapporto con l’elemento acquatico, le loro imprese sono innestate nei grandi cicli di viaggio, il loro luogo di soggiorno è un isola e la loro ascendenza rivela caratteri acquatici sia che la si ascriva a Phorkys e Keto, sia ad Acheloos.
    Altro tema fondamentale è quello della conoscenza, evidenziato tanto nelle parole che Ulisse riesce ad ascoltare, quanto nella loro presunta discendenza da una delle Muse.
    La conoscenza a carattere profetico è una delle attribuzioni costanti delle divinità marine; il fatto che questo sapere venga comunicato attraverso la musica e il canto, induce a pensare che si tratti di una conoscenza segreta, iniziatica, aperta a pochi.
    Lo stesso Orfeo, vincitore delle Sirene, è l'iniziatore di una religione misterica; il suo potere di comandare, tramite la musica, gli animali e la natura ci ricorda che la musica terrestre riflette un’altra musica, quella cosmica, divina, che è nello stesso tempo legge cosmica, potere creativo e vita: non a caso Platone sceglie proprio le Sirene come simbolo delle sfere.


    J. W. Waterhouse, La sirena (1900 circa)
    Immagine dal sito http://upload.wikimedia.org/

    Un terzo aspetto fondamentale è la correlazione con la morte; sia attraverso i riferimenti al ratto di Proserpina negli inferi sia attraverso il comportamento mortifero delle Sirene che, se non riescono ad uccidere, si uccidono esse stesse.

    Questa correlazione con la morte si evidenzia soprattutto nella loro forma più antica di uccelli dal viso umano, pervenuta certamente attraverso l'Egitto dalle raffigurazioni del Ba, l'anima uccello del defunto.
    Le stesse Sirene greche sono rappresentate molte volte sui sarcofaghi, con in braccio una figura umana minuscola che è l'anima del defunto.

    Queste tre tematiche non sono scisse tra loro; il mondo acquatico rimanda da un lato al sapere, comune a tutti gli esseri dell'acqua, ma dall'altro ha stretti rapporti con la morte; oltre a essere mortale e pericolosa di per sè, l’acqua è anche il tramite necessario per l’aldilà, sia che si vada verso una nuova vita (Isola dei Beati), sia verso la morte definitiva degli inferi.
    L’attraversamento dell’acqua è la prova necessaria per il passaggio tra due livelli di realtà, quello profano e quello sacro.

    Questa connessione molteplice tra i temi, porta anche a una loro interscambiabilità. Così nel tempo, accanto a quella progressiva umanizzazione che si produce nell’iconografia delle Sirene, si verifica parallelamente uno spostamento delle valenze dal mondo propriamente infero dei modelli egiziani a quello marino, legato alla conoscenza iniziatica. Dal concetto oggettivo di morte materiale si passa cioè a quello simbolico della morte-rinascita, ottenuta attraverso l’iniziazione.

    L’accostamento del nome Sirena alla descrizione di una donna pesce è attestato esplicitamente e in maniera inequivocabile solo verso l’VIII-IX secolo, nel Liber Monstrorum.
    Quello che è strano non è che l’autore del Liber Monstrorum abbia attribuito una forma errata (da un punto di vista della tradizione precedente) al nome Sirena; il fatto inspiegabile è che un simile errore (o invenzione voluta, creazione) abbia avuto ragione di una tradizione millenaria e si sia imposto all’immaginario comune dell’uomo.
    Un simile cambiamento non può essere ascritto alla fantasia di un singolo autore, ma è necessario che corrisponda a una motivazione più profonda e collettiva, le cui radici siano già ben consolidate. Nella mitologia greca l’unico appiglio sembra dato dall’appartenenza all’elemento acqua.
    Non si tratta però di un argomento sufficientemente solido, perché altri animali non marini hanno valenze acquatiche altrettanto forti del pesce: si pensi che quasi tutte le divinità fluviali greche e romane hanno aspetto di toro a testa umana e ai rapporti strettissimi tra il cavallo e l'acqua.

    Nella mitologia greca esistevano altri esseri di aspetto misto di uomo-pesce, come TRITON, e divinità multiformi, che a volte assumevano anche l’aspetto ittiomorfo (NEREUS; PROTEUS). Tuttavia, la sola comunanza di forme non è significativa: a parte il fatto che questi ultimi casi sono quasi sempre esseri di sesso maschile, nessuno ha mai presentato aspetti di seduzione o relazioni con la musica o la morte se non sporadicamente.

    Nel mito di OANNES, il mostro dall’aspetto misto di uomo e pesce che nell’iconografia è raffigurato come le Sirene moderne, nel primo anno dopo il diluvio, uscendo dal mare ogni mattina e rientrandovi la sera, insegnò agli uomini tutte le scienze e le tecniche necessarie alla vita.
    Oannes ha un evidente stretto nesso con l’acqua, nonché con il sole (e questo potrebbe confermare l’etimologia di Sirena da Seirios, Sirio o sole); ma ha anche inequivocabili rapporti con la sapienza.
    Si trova quindi in lui il primo nesso fra il pesce e la conoscenza (oltre a quello, evidente ma insufficiente, tra pesce e acqua), necessario a spiegare strutturalmente la nuova forma delle Sirene.

    Una conferma della relazione tra la conoscenza e gli aspetti ittiomorfi si trova anche nella storia di Giona che, inghiottito e poi rigurgitato dal mostro marino, acquisisce capacità profetiche; non va neanche dimenticato che la figura di Giona nei bassorilievi medievali appare spesso per metà rigurgitata dal pesce e il suo corpo sembra continuarsi con quello del mostro, diventando stranamente simile a quello di un Tritone.
    Per di più, sempre in epoca medievale, si é anche confuso Oannes con Ioanas, e cioè Giona. Le affinità strutturali e formali che questi miti presentano con quello della Sirena hanno permesso un parziale passaggio di contenuti.

    La Sirena, cioé, perde la sua caratterizzazione formale ornitomorfa nel passare da essere prevalentemente legato alla morte a essere portatore di conoscenza (pur sempre mortale); parallelamente viene a formarsi un filone legato alla sapienza, derivante da Oannes, il cui carattere pesciforme è ben evidente.

    I due filoni procedono di concerto e costituiscono la base su cui si innesterà, senza traumi, una variante iconografica che è più rispondente ai contenuti che si sono venuti coagulando attorno alla Sirena; la quale, a sua volta, è sempre meno ostacolata dall’aspetto predominante ornitomorfo, che è andato svanendo nel tempo.

    Nella concezione moderna della Sirena emerge pure la componente sessuale, del tutto assente nell’antichità, e comincia a perdersi l’aspetto sapienziale, di cui resta solo la pallida eco del canto fascinoso.
    Quest'ultima trasformazione si opera prevalentemente in ambiente cristiano.

    Nella traduzione della Bibbia dei Settanta, in sei luoghi troviamo menzionate le Sirene come traduzione (inspiegabile) dei vocaboli tannim, sciacallo, e benot ya ’anah, struzzo femmina.
    Per quanto poco motivata, questa traduzione dà comunque luogo a una serie di fitti commentari.

    Clemente Alessandrino è il primo a fare delle Sirene il simbolo delle lusinghe del mondo e della voluttà carnale; questa nuova visione ben si accorda con i pericoli legati all'eresia gnostica e al crollo del mondo occidentale.
    Ma esistevano precedenti favorevoli a quest'interpretazione anche in epoca anteriore all’avvento del cristianesimo, nella letteratura apocrifa dell’Antico Testamento.
    In particolare è interessante l’affermazione, fatta nel Libro di Enoch, che le donne che sedussero i figli di Dio diventeranno Sirene. E' la prima volta che la seduzione di tipo erotico viene espressamente riferita alle Sirene. Contemporaneamente, lo stesso testo fornisce anche un collegamento con gli aspetti sapienziali.
    Infatti questi Figli di Dio, dice Enoch, insegnarono agli uomini, esattamente come Oannes, le scienze e le tecniche; rispetto al mito mesopotamico la situazione è speculare, poiché mentre Oannes viene subito dopo il diluvio a dare le sue conoscenze agli uomini redivivi, i Figli di Dio, invece, con i loro insegnamenti provocheranno quella degenerazione dell’umanità che indurrà Dio a provocare il Diluvio, per cancellarla dalla terra.

    Concludendo il mito della Sirena nasce, sia in ambiente greco che ebraico, come simbolo dell’impossibilità (e della pericolosità) di giungere a una conoscenza totale, cioè a una pienezza di vita, se non si è ad essa preparati, iniziati.

    Successivamente avviene una traslazione di contenuto, contemporanea a quella di forma. Mentre quella forma iniziale, derivata dall'Egitto e fortemente connessa al tema della morte, che diventa collaterale, si adegua ad una nuova prevalenza di contenuto (pesce=conoscenza), il contenuto stesso, in ambito cristiano, si evolve verso un nuovo sfondo erotico, cui peraltro la nuova forma può adeguarsi senza forzature (conoscenza = pesce = sesso).

    La Sirena, di concerto con i nuovi risvolti simbolici, che non cancellano tuttavia quelli primitivi, si illeggiadrisce e finisce per rappresentare, nell'epoca attuale, una sorta di complimento per una donna affascinante.

    http://free.imd.it/Colapesce/Cola-Affinita/sirena.htm
    Ultima modifica di Tomás de Torquemada; 03-09-16 alle 23:58
    "Tante aurore devono ancora splendere" (Ṛgveda)

  2. #2
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    IL RICHIAMO EROTICO

    E' il Medioevo il periodo in cui la Sirena conosce la sua maggior fortuna, come dimostra la notevolissima diffusione della sua iconografia nelle cattedrali romaniche.

    Il volto rotondo, lunghi capelli e la nudità dei seni: la Sirena impersona l'erotismo, l'indefinibile, l'enigmatica femminilità. La componente seduttiva trova negli atteggiamenti sessuofobici del cristianesimo altomedievale un terreno fertile dove radicarsi ed evolversi e la Sirena fornisce, già pronta, la sua immagine alle "attitudini lascive" che una propensione alla misoginia le attribuisce, senza possibilità di scampo. Il coinvolgimento, tra l'ispirato e il compiaciuto, dei disegnatori e degli scultori, spesso monaci, è in qualche caso evidente. Esemplare è l’interpretazione di Otranto, dove la scioltezza della tecnica musiva consente all'artefice di disegnare un sorriso, o i raffinati orecchini: sotto una piccola corona i capelli si arricciano e si intrecciano a sottili nastri che ricadono ai lati della figura.



    Cattedrale di Otranto - Mosaico pavimentale


    E nella figura della Sirena è condensata tutta una concezione pessimistica relativa alla donna (la fragilità fisica, la debolezza morale), comune presso la maggior parte degli autori monastici medievali. Lo specchio che ha talvolta in mano, al posto dei consueti strumenti musicali, allude alle parvenze che ingannano i sensi, seducono gli occhi e irretiscono gli uomini nelle maglie del peccato.

    San Bernardo di Clairvaux così si esprime: ”La donna è lo strumento di Satana. Questa ti incanta con allettamenti mondani e ti indica la scorciatoia del diavolo… È simile alla sirena marina; bellissima, dall’ombelico in su ha l’aspetto di una vergine formosa; dall’ombelico in giù è simile ad un pesce… canta dolcemente. Come la sirena inganna i marinai con dolci melodie, così la donna che vive nel mondo, con i suoi inganni trascina alla perdizione i servi di Cristo.”

    La conformazione stessa della Sirena, nella sua frequente versione bicaudata, in qualche modo suggerisce la linea delle gambe, significativa appendice dell'anatomia femminile. Il deciso richiamo all'elemento erotico prospetta la capacità seduttiva del male, considerata in tutte le sue manifestazioni, come dotata di una energia così straordinaria da risultare quasi irresistibile.

    Eppure nel racconto omerico non c'è traccia di un'esplicita componente erotico-sessuale. E neppure nel Physiologus che, pur estraneo alle implicazioni della narrazione omerica, riconduce ancora al canto armonioso il potere seduttivo delle Sirene. Né forse sarebbe altrimenti in Isidoro di Siviglia, se questi non introducesse indirettamente l'elemento trasgressivo sessuale associando la Sirena alla prostituzione. Ed è proprio al tempo di Isidoro che la Sirena, senza rinunciare del tutto alla sua forma di donna-uccello, comincia ad assumere sempre più frequentemente l'aspetto di donna-pesce, quasi che la comparsa di una connotazione erotica della seduzione venisse cronologicamente a coincidere con il prevalere di questa diversa morfologia.

    La Sirena-uccello non scompare, neppure nel pieno dell’età romanica, ma è la Sirena-pesce che rivela la presenza di un versante sessuale nel significato della figura. Non c'è dubbio, ad esempio, che all'intendimento di sottolineare tale componente siano da ricondurre alcune raffigurazioni nelle quali il punto di divaricazione delle code è coperto da una foglia, come a nascondere il sesso.



    Cattedrale di Acerenza, Cripta della Sirena
    Foto di petrus.agricola – www.flickr.com

  3. #3
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    Predefinito Riferimento: Le sirene tra archetipo e mito

    San Bernardo di Clairvaux così si esprime: ”La donna è lo strumento di Satana. Questa ti incanta con allettamenti mondani e ti indica la scorciatoia del diavolo… È simile alla sirena marina; bellissima, dall’ombelico in su ha l’aspetto di una vergine formosa; dall’ombelico in giù è simile ad un pesce… canta dolcemente. Come la sirena inganna i marinai con dolci melodie, così la donna che vive nel mondo, con i suoi inganni trascina alla perdizione i servi di Cristo.”

    passano i secoli,ma la tendenza a demonizzare la sensualità della donna resta....:234:

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    Meri Lao

    LE SEDUZIONI DELLE SIRENE


    Da Abstracta n° 5 (prima parte)


    John William Waterhouse, Ulisse e le Sirene (particolare), 1891


    Omero ha tralasciato di descrivere il loro aspetto fisico. Farlo sarebbe stato superfluo dato che, almeno sin dall'età micenea, tutti le conoscevano. Era notorio, per esempio, ciò che in seguito si è dimenticato: che le Sirene erano donne-uccello. Mammelle floride, ali piumate, viso femmineo che talvolta amava anche ornarsi di barba, artigli di rapace quasi sempre, meno frequentemente zampe leonine e, vera rarità, parte inferiore del corpo a forma di uovo. Quando il loro irresistibile canto - caratteristica suprema - richiederà l' accompagnamento di strumenti musicali come la lira, l'aulòs, i cimbali, i tamburelli e i crotali, le Sirene si muniranno di braccia umane per sostenerli e suonarli. Con le ali protese verso l'alto o ripiegate, quelle più antiche vengono raffigurate mentre incombono su guerrieri in viaggio o su marinai. Quelle in epoca più tarda, scolpite su stele sepolcrali, si strappano i lunghi capelli e si battono il petto in segno di dolore e, come le prefiche, intonano lamentazioni funebri per confortare le anime. Neanche il più sprovveduto degli antichi greci avrebbe potuto confonderle con le altre donne alate che popolavano i suoi sogni. Soprattutto le si sapeva distinguere dalle Arpie, pur così somiglianti nell' aspetto esteriore, anch'esse nate da un dio marino e dedite allo stesso compito di rapire gli uomini nel trapasso. Tuttavia, il solo pensiero di incontrarle gracchianti e fameliche, gocciolando le loro feci putride sulle tavole imbandite, suscitava ribrezzo e orrore. Chi non vagheggiava invece di cedere, anche solo per un attimo, al fascino delle Sirene? Chi non si era illuso di udire nel mare la loro voce dolcissima, capace di instillare un tale languore, un piacere così sconvolgente e assoluto da appagare ogni fame e ogni sete?

    Le ragioni addotte per spiegare il perché delle ali delle Sirene rivelano l' aspetto profondo dell' altra componente dell' Ibrido: il femminile umano. Nate come ninfe, infatti, le Sirene ebbero le ali per castigo o per premio. Nate come donne alate, all'opposto, per gli stessi motivi si dice che furono loro tarpate. La tradizione coinvolge nella vicenda le massime dee che hanno attinenza con la musica, l'amore, la maternità e la morte. Pausania, Eustazio e Giuliano portano in causa le Muse, anch'esse dalla bellissima voce, suonatrici e dispensatrici di sapienza, non più in veste di madri, ma di feroci avversarie. Già dotate di ali, le Sirene avrebbero osato gareggiare nel canto con le Muse, le quali, per deriderle, gliele strapparono senza pietà, facendosene corone. Spennate, impedite di aleggiare, mortificate, è in questa occasione che si sarebbero suicidate: così almeno asserisce Stefano di Bisanzio. Alcune però si rassegnarono a rimanere letteralmente appollaiate sugli scogli, e in questa pedestre posizione le avrebbero viste Ulisse e gli uomini del suo equipaggio. Ma, anche se i nomi e i luoghi - Leucotea, Leucosìa, Leucade, Galatea - sembrano voler designare la bianca epidermide, quest' opinione è smentita dall' iconografia, che le raffigura alate e ricoperte di piume durante l' incontro con Ulisse. Secondo altri, è Afrodite che le fa diventare passeriformi, per stigmatizzare il degrado da esseri superiori a ibridi. La dea dell' amore puniva così l' insistenza delle Sirene nel mantenersi vergini e il rifiuto di congiungersi non solo con i mortali, ma persino con gli dèi. Pierre Grimal pensa che questa sorte sia capitata solamente a Partenope, una fanciulla frigia che si innamorò nonostante il voto di castità, si tagliò i capelli, si esiliò volontariamente in Campania per consacrarsi a Dioniso, e venne raggiunta da Afrodite che la trasformò in sirena.


    Le Muse sconfiggono le Sirene nella gara di canto
    Part. di un sarcofago - Metropolitan Museum of Art, New York
    Foto di John S Y Lee - Flickr - Photo Sharing


    La versione più ricca di implicazioni simboliche è quella che associa le ali delle Sirene al mito di Demetra, dea dell' agricoltura e della vegetazione, e sua figlia Kore-Persefone; Demetra, agisce qui nella sua funzione di madre terrestre, come il nome Da Mater indica. Questo mito, nel riconfermare il legame tra le ali e il mondo infero, esprime l' enigma del femminile e i suoi rapporti con la nascita e il destino escatologico dell' uomo. Le Sirene, ninfe del seguito di Kore, la fanciulla divina, sono intente a cogliere fiori e narcisi, e a giocare nelle vicinanze dell' Etna, quando Plutone la rapisce per portarla nel suo regno d' oltretomba. Demetra le accusa di non essere intervenute a evitare il ratto e, per punirle, le trasforma in pennuti, benché qualche mitografo sostenga, al contrario, che proprio per questo motivo la dea le priva della facoltà di volare. Una spiegazione più benevola viene offerta da Ovidio : sono le Sirene stesse che, per poter andare meglio in cerca di Kore, chiedono agli dei la grazia delle ali; una volta concessa, però, le utilizzeranno in maniera anomala, cioè come remi, per camminare più spedite sulla superficie dell' acqua.

    Forti dell' ambiguità della materia, si potrebbe avanzare un' altra interpretazione dei fatti. Le Sirene sono state presenti, come sempre, al transito dal regno dei vivi a quello dei morti, pur trattandosi questa volta della fanciulla della primavera che passava a essere la regina delle ombre, di Kore che mutava il suo nome in Persefone. Un transito che non avrebbero mai potuto ostacolare, se non rinnegando la loro missione principale. Anzi, che hanno facilitato fedeli al loro ufficio e indifferenti ai conflitti di potere come si sono sempre dimostrate. Demetra, madre innanzitutto, voleva che per sua figlia non agissero le leggi; da qui il rimprovero rivolto alle Sirene e il castigo.


    Da Abstracta n° 5 (Stile Regina Editrice - maggio 1986) e dal sito: bestial behaviour

    continua...

  5. #5
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    Meri Lao

    LE SEDUZIONI DELLE SIRENE


    Da Abstracta n° 5 (seconda parte)




    La musica

    La tetractys è la formula magica dei pitagorici: su essa prestavano il giuramento di non svelare ai profani le verità aritmologico-religiose della loro setta. Sembra che si esprimesse con l' addizione 1+2+3+4=10 e si rappresentasse con un triangolo equilatero costituito da dieci punti, uno centrale e quattro per lato. Il numero quattro è investito di grande potere: ha carattere di universalità, poiché sono quattro le regioni del cielo e delle terra. In base a un sistema analogico venivano associati alla tetractys altri concetti governati dal numero quattro attinenti alla natura fisica, al tempo e allo spazio: gli elementi, le fasi lunari, le stagioni, le età dell' uomo, i punti cardinali, le parti dell' anima, il cerchio diviso in quattro settori uguali ovvero la circolatura del quadrante, la stessa addizione di prima però al rovescio ossia: 10=1+2+3+4,ovvero la quadratura del cerchio. Essendo pari, inoltre, il numero quattro è illimitato, infinitamente divisibile, come tramanda Filolao, il primo a scrivere sul pitagorismo. Non ultimo, la tetractys, richiama quella successione di quattro suoni congiunti che si conosce sotto il nome di tetracordo; tutto il sistema musicale greco - calcolato, appunto, da Pitagora - si ottiene tramite l' incatenamento dei tetracordi, presi uno dopo l' altro in senso discendente. A quanto afferma Armand Delatte, le Sirene farebbero da nesso tra questa formula sacra e l'oracolo di Delfo: un precetto, infatti, rivela cha la tetractys è l' armonia dove si trovano le Sirene. Se per i pitagorici la musica degli uomini ha la missione di scuotere le anime ingabbiate nel corpo terreno, stimolando l'amore per le cose divine, la musica oracolare delle Sirene, rivolta alle anime erranti, accende in esse la memoria, la nostalgia dei cieli, rendendo dolce il distacco. In un passo della Repubblica di chiara connotazione orfica e pitagorica, Platone offre la prima notizia della musica delle Sirene, collegandola alla dottrina della metempsicosi. E' la narrazione che Er, un guerriero della Panfilia miracolosamente tornato tra i vivi, fa della sua permanenza nel mondo dell' oltretomba. Per prima cosa, Er allude ad un prato fiorito, l'Anthemoessa, dove erano ferme le Sirene in attesa dei naviganti, che richiama alla mente il giardino fiorito dove giocavano insieme a Kore, prima che questa fosse immersa nell' abisso. Dopo avervi trascorso otto giorni, gruppi di morti si incamminavano per quattro giorni ancora, finché non si offriva ai loro occhi la visione di una serie di fusi astrali incastrati uno nell' altro. L' ultimo degli otto, di diamante, posto al centro dell' universo, li colpisce con il suo bagliore. Il fuso è mosso da Ananke - figlia di Cromo e di Dicé -, la dea che l' orfismo aveva assunto come madre iniziale. In una precisa geometria sono disposte le tre Moire e le otto Sirene, che cantano rispondendo a un'armonia unitaria. Vediamo che Platone colloca le Sirene e la loro musica in un vasto sistema cosmologico pre-olimpico, tra le entità femminili che presiedono al destino dell' universo e degli esseri umani. Ananke rappresenta la legge naturale, la necessità; è lei che imprime movimento ai fusi delle sfere, è lei che determina il numero delle vibrazioni di partenza. Le Sirene sono la manifestazione sonora di Ananke. Ma, allo stesso tempo, cantano in accordo con le Moire, cioè con le leggi che regolano la vita dei mortali, i cui giorni filano, avvolgono in matassa e tagliano. Si può immaginare che le Sirene, situate a distanza proporzionale dalle altre quattro dee e in rapporto doppio di numero, cantassero all' unisono. Più che una musica vera e propria, una risonanza. Chi l'ascolta ottiene la memoria delle cose che sono accadute e di quelle che accadranno sempre, fatalmente.
    La musica che - disse Trismegisto - altro non è che conoscere l'ordine di tutte le cose.

    Da Abstracta n° 5 (Stile Regina Editrice - maggio 1986) e dal sito: bestial behaviour

    continua...

  6. #6
    Papessa
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    Predefinito Rif: Riferimento: Le sirene tra archetipo e mito

    Citazione Originariamente Scritto da Eric Draven Visualizza Messaggio
    San Bernardo di Clairvaux così si esprime: ”La donna è lo strumento di Satana. Questa ti incanta con allettamenti mondani e ti indica la scorciatoia del diavolo… È simile alla sirena marina; bellissima, dall’ombelico in su ha l’aspetto di una vergine formosa; dall’ombelico in giù è simile ad un pesce… canta dolcemente. Come la sirena inganna i marinai con dolci melodie, così la donna che vive nel mondo, con i suoi inganni trascina alla perdizione i servi di Cristo.”

    passano i secoli,ma la tendenza a demonizzare la sensualità della donna resta....:234:

    ....oh..non direi....non c'è epoca come quella odierna in cui la sensualità femminile, la sua intrinseca magia, il mistero della donna siano più sviliti e obliterati dal secolo e dalla mancanza di consapevolezza.
    Sotto la bugiarda e nefanda sirena (è il caso di dirlo...) dell'"emancipazione" si è ridotta la donna ad un mero oggetto senza più segreti, senza fascino, senza potenza...quella potenza primigenia e in qualche modo terrifica che deteneva sin da sempre...e che la faceva desiderare e temere al tempo stesso come luogo di "manas" oscuro e fatalmente attraente.

    Potere del Kali Yuga.....

    Ricordo ad Eric Draven che proprio la decodificazione della "demonizzazione" della donna nel passato svela un universo di significati....oggi tutti perduti, purtroppo....:2344:
    "Così penseremo di questo mondo fluttuante: una stella all'alba; una bolla in un flusso; la luce di un lampo in una nube d'estate; una lampada tremula, un fantasma ed un sogno:"
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  7. #7
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    Predefinito Rif: Riferimento: Le sirene tra archetipo e mito

    significati che spero vorrai illustrarci....
    Ultima modifica di Tomás de Torquemada; 03-09-16 alle 23:56

  8. #8
    Papessa
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    Predefinito Rif: Riferimento: Le sirene tra archetipo e mito

    Citazione Originariamente Scritto da Eric Draven Visualizza Messaggio
    significati che spero vorrai illustrarci....
    La demonizzazione di un qualsivoglia oggetto nasce sempre dalla paura e la donna ha sempre fatto paura per la percezione oscura seppure viva di una potenza oscura ed incombente della quale essa appariva portatrice.

    Non si trattava solo del potere di dare la vita, ma di ben altro...dietro di lei era confusamente adombrata la potenza schiacciante e perciò terrifica dell'archetipo, la Donna assoluta, la forza libera e distruttiva che aveva la facoltà di aprire le porte del paradiso o spalancare gli abissi infernali.
    Donna come assoluto-porta....donna come strumento di salvezza o perdizione...e infiniti sono i riferimenti tradizionali: dalla grande prostituta alla Vergine salvifica.
    Occorreva perciò tenere a freno e sotto controllo in qualche modo colei che impersonava queste valenze..inconsce ma non per questo meno attive.

    Dietro le strategie di contenimento e sorveglianza si è sempre celato dunque ben altro significato...oggi del tutto misconosciuto nel processo di degradazione della nostra società moderna.
    Ma se osserviamo società ancora arcaiche, tipo quella islamica dei fondamentalisti, possiamo ancora notare tracce degli antichi stigmi: la donna deve velarsi (la natura nella tradizione è sempre velata) poichè solo l'uomo che la possiede (simbolicamente) è in grado di sostenere la sua vista senza esserne atterrato....la donna è chiamat costaggiù "padrona del desiderio", portatrice di quel potere che può distruggere l'uomo conducendolo alla perdizione...poichè il non saper padroneggiare la potenza della sessualità non può che essere foriero di annientamento personale...così ricalcando antichi insegnamenti iniziatici.....

    Ma fermiamoci qui.....
    Ultima modifica di Tomás de Torquemada; 05-09-16 alle 15:56
    "Così penseremo di questo mondo fluttuante: una stella all'alba; una bolla in un flusso; la luce di un lampo in una nube d'estate; una lampada tremula, un fantasma ed un sogno:"
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  9. #9
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    Predefinito

    Meri Lao

    LE SEDUZIONI DELLE SIRENE


    Da Abstracta n° 5 (terza parte)


    Herbert James Draper, Ulisse e le Sirene


    Le Sirene pisciformi

    Abbiamo considerato fin qui le Sirene classiche, seguendole sino alle ultime propaggini, senza fare attenzione all'altro tipo emerso nel frattempo e destinato ad avere un tale successo da soppiantare il tipo antico, e cioè le Sirene pisciformi. Scomparse le penne del volatile, la parte inferiore dell'ibrido si correda di pinne: una o due pinne caudali in bella mostra. Non è da escludere che a questo stupefacente cambiamento di specie zoologica abbia concorso anche una confusione linguistica dovuta a omofonia o paronimia. "Ala" e "pinna", in greco, si designano infatti con la stessa parola: pterùghion. E in latino, tra pennis e pinnis c'è appena una vocale di differenza.

    Occorre richiamare l' attenzione sull' eccezionalità del caso. Una mutazione così radicale non ha mai investito altre creature del genere come centauri, sfingi o draghi. Questa doppia raffigurazione delle Sirene viene a suffragio dell'insistente duplicità della loro simbologia. Questa loro forma cangiante, disposta ad accogliere le sembianze più inedite, parla di non comuni qualità di metamorfosi che si esplicano nel tempo. Sussiste molta confusione per quel che riguarda le antenate femminili delle Sirene-pesce. Di solito, si fanno risalire a certe divinità ben note all'epoca di Alessandro, venerate poi nel tempio di Bel a Palmira durante il periodo tiberino. Da lì, una lunga sequela di associazioni approssimative, se non arbitrarie.

    Sia come sia, le antenate sotto ogni aspetto delle Sirene pisciformi provengono dalla stessa culla che ha dato i natali a quelle alate. Due reperti del tutto eccezionali, l'autenticità dei quali è definitivamente suffragata, ne danno prova: un vaso di Megara del II secolo a.C., conservato al Museo Nazionale di Atene e una lampada romana del I-II secolo d.C., conservata al Royal Museum di Canterbury. Il soggetto rappresentato è quello di Ulisse e le Sirene, ma queste, invece di uccelli, sono donne dalla coda di delfino che emergono tra i flutti. E' il caso di affermare, dunque, che anche il tipo tardo è di matrice mediterranea. Come se i cromosomi della forma idrodinamica fossero stati congelati per oltre un millennio e poi spuntassero le code rigogliose, non più carattere recessivo.

    Ancora oggi, nel santuario di Tanagra, la mummia di un enorme pesce dalla testa mozza sta a ricordare il tritone ubriaco che perseguitava le donne della Beozia. Pausania ( II secolo d.C. ) è fra i primi a darne notizia, fornendo anche qualche particolare realistico sui tritoni osservati fra le curiosità romane; pure per lui i capelli aggrovigliati, del colore del muschio delle paludi, sono oggetto di stupore. Per il resto, questi ibridi sono provvisti di : "Squame sottili e ruvide come una lima, branchie sotto le orecchie, naso d' uomo, ma con la bocca molto più larga e denti di bestia feroce; occhi verdi come il mare, a quanto mi è parso; mani, dita e unghie che sembrano il guscio delle conchiglie bivalve; sotto il petto e il ventre, al posto dei piedi, pinne natatorie simili a quelle del delfino".

    Altrettanto plastiche, le Sirene-pesce non tarderanno a presentarsi come il corrispettivo femminile dei tritoni. Non solo morfologicamente. Alla pari dei tritoni, grandi amatori del mare come i satiri della terraferma, le nostre sono ormai pregne di erotismo. Non mancano di ancorarle alle Nereidi, che Properzio ( 47?-15? a.C. ) aveva studiato in maniera particolare, stabilendo che erano in numero di cento - il doppio di quanto aveva calcolato a suo tempo Esiodo - e che possedevano, come tratti distintivi, i capelli verdi e la coda di pesce. Tuttavia, la data ufficiale delle nuove Sirene, sia nell' aspetto, sia nella funzione, viene registrata da un manoscritto anglosassone composto tra l' VIII e il IX secolo, il Liber Monstrorum. "Le Sirene sono giovanette marine che seducono i marinai con le loro splendide forme e col miele del canto. Dal capo a metà del tronco hanno corpo femminile, e in tutto e per tutto sono identiche alle donne : però hanno le code squamose dei pesci, che tengono ben nascoste sott'acqua fra le onde".

    Una tale disinvolta spiegazione viene però inficiata qualche pagina avanti, alla voce Scilla. A questo punto il Liber annota che la fanciulla trasformata da Circe in mostro marino per amore di Glauco "se ne stava fra l' Italia e la Sicilia, a quanto raccontano i Gentili", e che "lì divorava i marinai". Dopo aver ricalcato la descrizione di Virgilio, il Liber torna a riferirsi alle Sirene, con palese imbarazzo, giacché sente che si impone una distinzione. "Scilla aveva il petto e la testa di ragazza, come le Sirene; però il ventre era da lupa, e la coda da delfino. Un' altra qualità distingue il carattere delle Sirene da quello di Scilla : le prime fanno razzia di marinai grazie al loro canto assassino, mentre quest'ultima, secondo le testimonianze, squartava con la violenza della sua forza fisica i relitti e i resti degli sventurati naufraghi, circondata da foche e da cani marini". Nondimeno, in segno dell'antica regalità difficile da far sopprimere, queste Sirene vengono frequentemente rappresentate con in capo una corona.


    Hieronymus Bosch – particolare da il Trittico delle Delizie


    Da Abstracta n° 5 (Stile Regina Editrice - maggio 1986)
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  10. #10
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    Predefinito Rif: Le sirene tra archetipo e mito

    Giorgio Ieranò

    SIRENE: ERA IL SILENZIO IL SEGRETO DEL LORO CANTO?


    «Cosa cantavano di solito le sirene?», domandava l'imperatore Tiberio, che si divertiva a porre questioni bizzarre e impossibili agli eruditi di corte. Non conosciamo le risposte dei suoi malcapitati interlocutori, ma possiamo indovinarne l'imbarazzo. Perché quello delle sirene è, sotto tutti i profili, un mondo misterioso e ambiguo. Esse stesse creature ibride, la loro immagine si sdoppia e si moltiplica come in un infinito gioco di specchi, che inizia ai tempi di Omero. Per noi le sirene sono esseri fantastici metà donne e metà pesce, ma nella Grecia antica avevano il busto di fanciulle e il corpo di uccelli. Un po' come le demoniache Arpie. E, come le Arpie, le sirene avevano un loro oscuro rapporto con il regno dei morti. Anche se esse sembrano appartenere un po' a tutti i regni del creato: il mare, dove tendono agguati ai naviganti, e persino il cielo, dove Platone immagina che l'armonia delle sfere sia intonata sulle loro mirabili voci.



    Odisseo e le Sirene (lékythos attica a figure nere, 500 a. C. circa)


    Le sirene sono da sempre creature marine. Anche quando erano mezze donne e mezze uccelli la loro postazione preferita era sempre uno scoglio o un'isola. Tutti i marinai, perciò, da Ulisse a Colombo, correvano il rischio di incrociarle nella loro rotta. Capitò anche alla nave degli Argonauti, i quali si salvarono perché avevano imbarcato con loro anche il sommo cantore Orfeo, che sfidò e batté in una gara di canto le mostruose cantatrici. Uno degli Argonauti, però, raccontava il poeta greco Apollonio Rodio, si tuffò in mare per raggiungerle. Era il giovane Butes: sarebbe morto nell'abbraccio assassino dei mostri, se Afrodite, la dea dell'amore non fosse accorsa a salvarlo. Le sirene, insomma, incarnano da sempre il fascino ambiguo delle acque, del mare che rifulge nella sua doppia luce: luogo di incanti, ma anche spazio di morte e dissoluzione.

    A volte esse appaiono come nemiche di Afrodite, che le avrebbe trasformate in mostri perché erano fanciulle testardamente attaccate alla loro verginità e ostili all'amore. Ma, altre volte, è come se rappresentassero il lato oscuro e periglioso di Afrodite. Una funzione che sembra affiorare, in forma per così dire laicizzata, nella storia che fa delle sirene delle semplici rapaci prostitute. Così scriveva per esempio il mitografo Eraclito: «Erano, in realtà, delle etère di straordinaria abilità musicale, sia con gli strumenti sia con la dolcezza della voce, bellissime, i cui clienti dilapidavano con loro le proprie sostanze». Quella delle sirene prostitute è un'immagine ricorrente nella letteratura antica. D'altra parte, Afrodite, signora dell'amore, aveva anche un rapporto speciale col mare. Dalla schiuma del mare di Cipro era nata: e proprio a Cipro, nella località di Ascalona, essa era venerata nella forma bizzarra di una divinità metà donna e metà pesce. Si capisce, dunque, come le sirene possano essere diventate gradualmente, da donne-uccello, donne-pesce. Anche se la prima testimonianza sicura su questa seconda e nuova natura delle sirene risale a un Libro dei mostri dell'inizio dell'VIII secolo.

    Creature del mare, le sirene erano anche demoni della morte. Alcune leggende narravano che fossero le ancelle di Proserpina, sposa del re dei morti. Alcuni ricollegavano il loro nome a Sirio, l'astro che porta la calura meridiana, e Roger Caillois le arruolò nella schiera di quei «demoni del mezzogiorno» che appaiono quando il sole è a picco e rubano il senno degli uomini. La loro seduzione si esercitava attraverso il canto, e perciò alcuni le consideravano figlie di una Musa. Ma, appunto, che cosa cantavano le sirene? Nell'Odissea abbiamo una parziale risposta. Esse dicono a Ulisse di conoscere tutte le sofferenze di greci e troiani e, ancora, «tutto quanto accade sulla terra ricca di frutti». Ma questa è una notizia parziale. In primo luogo perché è riferita dallo stesso Ulisse, unico uomo ad avere ascoltato il canto delle sirene e a esserne uscito vivo. E Ulisse, come sapevano già gli antichi, era un bugiardo. E occorre ricordare la soluzione di Franz Kafka: «Le Sirene hanno un'arma ancora più terribile del canto, ed è il loro silenzio». I mostri, in effetti, posseggono da sempre tutti i registri della sonorità, dalla voce ammaliatrice al grido orrido. Ma c'è qualcosa di più inquietante del silenzio dei mostri?


 

 
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