Io ammetto di essere fascista, ma paradossalmente sono più democratico di te, che non vuoi dare troppa libertà al cittadino comune. Meglio affidarsi al signor Rossi che ad Alfano, Bersani, Mara Carfagna, La Russa, Frattini, Pannella, Rosy Bindi, Umberto Bossi, ecc. Ti reputi più scemo di questi soggetti?
Spaghetti e pistole
No, non mi reputo più scemo, il mio discorso è diverso.
Tutti sono ignoranti, alcuni più di altri, ma tutti sono ignoranti. Sapere tutto è impossibile.
Un contadino non è stupido, non sa niente di meccanica quantistica ma nel suo campo è una persona competente. Allo stesso modo, uno che si occupa di meccanica quantistica delle tecniche di coltivazione non saprà niente. Detto questo, se tu fai decidere all'agricoltore come devono essere investiti i soldi nella ricerca scientifica quello 99/100 prende una decisione sbagliata. Allo stesso modo, se tu vai da un ricercatore che si occupa di meccanica quantistica e gli chiedi di decindere qualcosa sull'agricoltura quello prenderà una decisione del caxxo. In entrambi i casi, la decisione di queste due persone potrà essere manovrata a piacimento con campagne di "informazione" mirate.
Per questo motivo mi sembra deleterio affidarsi completamente al parere della "massa" perchè la massa è facilmente direzionabile ed influenzabile. Adesso siamo alla situazione opposta: la massa viene ignorata (salvo per le cazzate inutili). Ci vorrebbe una via di mezzo...
In ogni gruppo c'è sempre un cretino. Se non riesci a vederlo inizia a preoccuparti.
C'è anche quello "generale" solo che è infrattato
Metterlo in home troppo difficile? Un blogger scafato come lui che non linka in home il superprogramma che cambierà il mondo.. "ohh"
Se leggi i programmi come i post ho capito perché simpatizzi per Grillo.. sì
Tra un po' passiamo ai contenuti del "programma"...
Potremmo cominciare dalla riforma del processo civile proposta da Grillo!
gene normanno
gene normanno
Spaghetti e pistole
La democrazia diretta è una monata / 1
I problemi della democrazia diretta: tutti la vogliono, tutti la cercano, ma ci siamo mai chiesti se funzionerebbe davvero? « Il nuovo mondo di Galatea
I problemi della democrazia diretta: tutti la vogliono, tutti la cercano, ma ci siamo mai chiesti se funzionerebbe davvero?
Fa caldo, è pure sabato, e lo so, siamo tutti con un piede in partenza per il mare (o i monti, o il lago, o l’ipermercato dove c’è l’aria condizionata e la vendita sottocosto dei tubi da giardino). Insomma, il momento meno adatto, posto che ormai ve ne sia uno, per parlare di politica, o provare a ragionarci. Ma purtroppo le idee sono come la scarlattina: quando vengono, vengono. E stamattina, capitata per caso (per caso, lo giuro, ho seguito un link e poi un altro e pàffate, eccomi lì) sono finita sul blog di Mario Adinolfi, dove il post del giorno recitava:
Democrazia diretta, subito. E nessuna privacy per chi governa. L’onore di dirigere un paese si paga con l’onere di dover vivere in una casa di vetro. Altro che proteggersi dietro a un muro. Che di fango e merda resta comunque fatto.
Ora, credetemi, io non ce l’ho pregiudizialmente contro Adinolfi, che sono convinta sia un ragazzone simpatico e certamente sveglio, come dimostra il fatto che si piazza bene sia ai tornei di poker americano sia ai congressi PD. Ma sono, ahimè, una donna precisa, diciamo pignolina, per deformazione professionale, sulle parole e sui concetti. E allora quando, come ora, ne sento tanti ripetuti di continuo senza che chi li cita in continuazione dia l’idea di dire esattamente a che diavolo si riferisce, ecco a me viene, se non l’orticaria, per lo meno un fastidioso pruritino, e, siccome mi conosco, so che se non lo gratto in tempo poi mi rovino la giornata. Quindi, non me ne voglia il buon Adinolfi, ma parto con la grattatina, così mi tolgo il pensiero e poi possiamo tutti dedicarci al mare, ai monti o ai tubi da giardino in offerta nell’ipermercato sotto casa.
Democrazia diretta, subito. Dice dunque il Marione; e non è il solo, ché simili grida provengono ormai da tanti, seppur con vari distinguo: Grillanti, Dipietristi, Girotondini (se me ne sono scordata qualcuno, chiedo venia). Ecco, io vorrei che mi spiegassero, una volta per tutte, cosa intendono con questo concetto e come, in pratica, vogliono realizzarlo. Perché io sono probabilmente una schifosa reazionaria decadente, borghese snob e passatista, anzi tanto ancien régime da passeggiare ormai in crinolina, non dubito, ma un mondo moderno governato da una forma coerente di democrazia diretta mi perplime, mi perplime assai, almeno quanto questo schifo di democrazia che abbiamo oggi in uso.
Una democrazia diretta prevede che il corpo elettorale sia chiamato direttamente e senza mediazioni ad esplicitare il suo volere su qualsivoglia decisione riguardi la politica e la gestione della comunità. Nella antica Atene, esempio canonico di democrazia diretta, i cittadini a pieno titolo (maschi adulti liberi e, in età Periclea, figli di genitori entrambi cittadini) potevano intervenire senza alcun limite nell’assemblea, dove vigeva l’assoluta parresia (libertà di parola) a proporre leggi, decreti, emendamenti, e votavano tutte le proposte fatte. Oggi tale impostazione potrebbe essere riproposta, dicono i suoi ammirati sostenitori, grazie al voto elettronico tramite internet, con lo schermo del pc a sostituire l’antica agorà. Un sistema meraviglioso, direte voi, e ne convengo io pure. Ma già nella Atene del V secolo la democrazia diretta comportava, come tutti i sistemi, una serie di costi e implicava un insieme di conseguenze che, alla fine, portarono Atene al collasso, e che, riproponendo la democrazia diretta senza alcun correttivo nel mondo moderno, a mio avviso rischiano di causare danni peggiori di quelli che sanano. Vogliamo parlarne?
La democrazia diretta costa. Non tanto e non solo in termini monetari strictu sensu. Convocare al computer ogni giorno, o una o due volte alla settimana, una assemblea per il voto sulle più disparate questioni forse non costerebbe tanto di più che mantenere il carrozzone dell’odierno Palazzo Madama. Ma il tempo che la democrazia diretta richiede per funzionare è infinitamente più lungo di quello della democrazia rappresentativa. Non esistendo delegati a decidere per noi, l’intero corpo elettorale è, in pratica, convocato sempre. Ogni cittadino deve poter dedicare alla politica un tot di ore giornaliere, che non sono solo quelle deputate al voto, ma anche quelle destinate al formarsi delle opinioni. Non basta che voti, deve avere il tempo di seguire il dibattito, si svolga esso in una piazza reale o virtuale; deve poter accedere ai documenti da votare, leggerli comma per comma, poterli visionare e avere il tempo di redigere controproposte e controrelazioni. Tutto questo tempo, o per lo meno quello passato in assemblea, va contabilizzato e indennizzato. Non può infatti essere considerato alla stregua del tempo libero che dedico ad una attività di beneficienza. Persino nella antica Atene il tempo speso dai cittadini in assemblea veniva indennizzato con un apposito contributo: altrimenti in assemblea (o davanti al pc) ci potrà stare solo chi ha tempo e soldi sufficienti da potersi permettere una prolungata assenza dal luogo di lavoro senza averne detrimento economico. Si possono considerare democratiche decisioni che verrebbero prese da una élite svicolata da problemi economici? No. Quindi, cari paladini del televoto, io sono dispostissima ad avere una democrazia diretta, ma prima spiegatemi: i soldi per permettercela da dove li caviamo fuori?
La democrazia diretta sottopone al voto popolare ogni tipo di decisione politica. Ma noi viviamo oramai in un mondo estremamente complesso e specializzato, in cui i saperi sono sminuzzati in competenze sofisticate. Nella antica Atene il cittadino medio, anche se poco istruito, aveva pur sempre una esperienza diretta della cose su cui andava ad intervenire (il bilancio dello stato non era molto più complesso di quello che serviva a mandare avanti una famiglia; se si votava per una guerra, tutti i maschi adulti avevano avuto esperienza diretta di campagne militari, etc.). Oggi no. Oggi persino chi ha un alto livello culturale si troverebbe a dover esprimere un voto su materie talmente specifiche che sono inintellegibili a tutti, tranne che agli esperti; persino questi ultimi, talvolta, non sono in grado di prevedere quali conseguenze un intervento in un settore possa avere negli altri limitrofi. La democrazia rappresentativa, se correttamente applicata, dovrebbe favorire la selezione di una classe dirigente con competenze specifiche in vari settori, che si affianca ai leader con funzioni di consulenza nella formulazione delle leggi e vota quelle proposte con coscienza di causa. Nella democrazia diretta, invece, il comune cittadino, anche il più ligio, potrebbe sì formarsi una opinione, ma essa sarebbe una opinione forzatamente superficiale e aspecifica; finirebbe, molto più probabilmente, a votare in base alla simpatia per un partito politico o per un leader (o a caso). Partiti e leader carismatici finirebbero per avere, in pratica, dall’elettorato una delega molto più ampia di quella odierna, perché nella democrazia rappresentativa che ben funziona il singolo parlamentare è delegato ad occuparsi della gestione della cosa pubblica e fa quello solo, mentre il singolo cittadino, che si dedica alla politica in modo frammentario, pur sempre nei ritagli di tempo, ha meno forza di coesione, e meno capacità di opporsi ai leader carismatici e di fare rete con altri. Se la democrazia rappresentativa può degenerare – in Italia è abbondantemente degenerata da un pezzo – in conclamata oligarchia, la democrazia diretta rischia costantemente la deriva verso un populismo pericoloso. Chi propone soluzioni semplici ha sempre buona presa su assemblee che hanno poco tempo e poca competenza per decidere. Ma, in un mondo complesso, le soluzioni semplici sono molto spesso sbagliate, o per lo meno parziali.
La democrazia diretta implica una assoluta libertà nell’accesso alle informazioni da parte del pubblico. Ciò presuppone non solo un sistema informativo quanto più possibile variegato ed imparziale (e qui lasciamo stare: come siamo messi in Italia lo sappiamo tutti), ma anche un formazione specifica dei cittadini per quanto riguarda gli strumenti da usare. Si dice: internet dà tutto. Certo, a chi lo sa cercare. Una democrazia diretta impostata attraverso la rete, in qualche modo, oggi come oggi in Italia, è di per sé selettiva: esclude una larga fetta di popolazione che non ha accesso (per censo e ancor più per mancanza di cultura) agli strumenti informatici. Si vuole creare una democrazia diretta, o si sta semplicemente cercando di sostituire una oligarchia ad un’altra?
Detto ciò, io non sono contraria per principio a una maggiore trasparenza nella gestione della cosa pubblica, né mi fodero gli occhi di prosciutto, cantando le lodi del sistema oggi in vigore. Ma se lo devo sostituire con un altro, vorrei capire esattamente con cosa, quali possano essere le controindicazioni e se queste sono state correttamente prese in esame e valutate dagli alfieri del cambio ad ogni costo. Sennò è meglio cercare di far funzionare al meglio il nostro sistema rappresentativo, e i televoti lasciarli a Sanremo, che al massimo, quando sbagliano lì, fanno vincere Lola Ponce, e buona notte.
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gene normanno
su 100 elettori di m5stelle, 30 non sarebbero andati a votare gli altri partiti.
questa è la democrazia