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    Predefinito La lunga marcia della Cina alla conquista dell'Europa

    La lunga marcia della Cina alla conquista dell'Europa

    Il Sole 24 Ore 29 Aprile 2012

    Da Reykjavik a Mosca (passando per Berlino)

    Si sono divisi in due l'Europa centro-settentrionale, da Reykjavik a Mosca, e l'hanno passata al setaccio. Wen Jiabao e Li Keqiang, il premier cinese di ieri e di oggi e il vice che domani probabilmente prenderà il suo posto, al cambio della guardia del prossimo autunno. Una staffetta per ricordare che Pechino è a caccia di mercati a tutto campo, e ha i mezzi per sostenere i propri investimenti in un'Europa in difficoltà. Accordi bilaterali, a decine, sullo sfondo mai dimenticato della crisi globale: i viaggi di Wen e Li sono importanti a livello strategico – scrive da Pechino il Quotidiano del Popolo – perché Cina, Russia ed Europa "sono forze importanti per lo sviluppo di un mondo multipolare".

    Se il punto centrale della missione del vicepremier Li Keqiang sarà la tappa di Bruxelles - l'Unione Europea è la destinazione principale delle merci cinesi – i due viaggi sono stati ricchi di "prime volte". A cominciare da Wen Jiabao, mai un premier cinese era stato in Islanda a rimarcare il "grande potenziale" della cooperazione tra i due Paesi. Infrastrutture, costruzioni, energia: eppure Wen non è salito fino a Reykjavik solo per promuovere investimenti. La visita rientra nelle mosse di Pechino per partecipare alla corsa a un Artico sempre più libero dai ghiacci, per studiare le risorse energetiche e le rotte commerciali che si stanno aprendo.

    In Germania, Wen Jiabao ha auspicato un aumento dell'interscambio (nel 2011 169,1 miliardi di dollari) a 280 miliardi entro il 2015: e se Pechino chiede alla Germania, e all'Europa, di allentare le restrizioni all'export high-tech in Cina, il premier si è impegnato a importare di più dai tedeschi. E gli ambiti segnalati con l'obiettivo di ridurre le barriere agli investimenti sono l'efficienza energetica, la protezione ambientale. Terza tappa, il 24 aprile scorso, la Svezia, cinque accordi commerciali: di nuovo accento sulle tecnologie ambientali, la sicurezza stradale e ferroviaria, lo sviluppo sostenibile, un punto per cui la Cina è pronta a offrire a Stoccolma un prestito da 1,3 miliardi di dollari.

    E poi la Polonia, un altro "primo" viaggio di un capo di Governo cinese dalla caduta del comunismo. Nell'unica economia della Ue ad aver evitato la recessione Wen si è impegnato a ridurre il grande deficit commerciale (importazioni polacche dieci volte superiori alle esportazioni). Qui sono le banche, il settore minerario, energie alternative e trasporti a interessare Pechino, la Polonia è impegnata in un grande sforzo di ammodernamento delle infrastrutture e del settore energetico. Ma in questi giorni Varsavia per Wen Jiabao è stata anche la chiave all'intera Europa centrale e orientale, dai Paesi del Baltico ai Balcani. Sedici Paesi, dall'Estonia all'Ungheria alla Serbia, si sono riuniti per esprimere il loro interesse a fare affari con Pechino, e Wen non li ha delusi: ha annunciato l'istituzione di una linea di credito da 10 miliardi di dollari a sostegno degli investimenti nella regione. Obiettivo su infrastrutture, high tech, tecnologie verdi. Fondi per 500 milioni di dollari saranno inoltre messi a disposizione di compagnie cinesi interessate ad avviare investimenti qui dove la Cina si augura di portare l'interscambio da 52,9 a 100 miliardi, entro il 2015.

    Il vicepremier Li Keqiang è ripartito là dove si era fermato Wen, affrontando la Russia. Il primo produttore di energia al mondo e il primo consumatore: tanto basta per collegare "forzatamente" gli interessi di due Paesi troppo grandi e troppo vicini per avere relazioni facili. La Russia ha sempre guardato con diffidenza la pressione cinese sulle sue grandi, deserte distese siberiane, ma è troppo affamata di investimenti per chiudere le porte. Così la visita del vicepremier a Mosca, il 27 aprile, è descritta con enfasi come l'avvio di un legame "senza precedenti", mentre Vladimir Putin usa con Li la parola "amici": "Gli elementi di divergenza non ci mancano – ha detto il prossimo presidente russo – ma abbiamo interessi comuni. E come fanno gli amici stretti, abbiamo imparato a cercare e trovare compromessi". Lo stava ascoltando anche Aleksej Miller, il capo di Gazprom che sta negoziando forniture di gas alla Cina per i prossimi tre decenni. Da lungo tempo, ormai, la firma del contratto è ritardata da divergenze sui prezzi.

    Dopo una breve tappa in Ungheria, il 30 aprile Li sarà a Bruxelles. Prima di lui, Wen aveva soltanto accennato a quello che Pechino – con le sue riserve da 3,3 trilioni di dollari – desidererebbe in cambio di un aiuto ai Paesi dell'Eurozona in difficoltà: il pieno status di economia di mercato, la revoca del bando sulle vendite di armi e delle restrizioni all'export di alta tecnologia. E chissà se al termine della visita si sarà avverato il titolo del Quotidiano del Popolo: "La Cina e l'Europa – così presentava i viaggi dei suoi leader – trascorreranno la primavera mano nella mano".

    Fonte > Il Sole 24 Ore

    La lunga marcia della Cina alla conquista dell'Europa

  2. #2
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    Predefinito Re: La lunga marcia della Cina alla conquista dell'Europa

    Proteggere il lavoro dalle delocalizzazioni, banche, falsi esperti e corrotti
    Pubblichiamo questo articolo dell'economista francese Maurice Allais (articolo originale 'Il faut protéger le travail contre les délocalisations, par Maurice Allais, prix Nobel d’économie', apparso nel dicembre 2005 sulla rivista francese “Marianne”) su mondializzazione, disoccupazione in Europa e necessità del protezionismo

    grandi dirigenti del pianeta mostrano ancora una volta la loro ignoranza dell’economia, in quanto confondono due generi di protezionismo. Alcuni sono nefasti, mentre altri sono del tutto giustificati. Nella prima categoria si trova il protezionismo fra Paesi con salarii paragonabili, protezionismo non auspicabile. Ma per contro, il protezionismo tra Paesi con livelli di vita molto differenti è non solo lecito, ma assolutamente necessario. E’ il caso della Cina, verso la quale aver soppresso le protezioni doganali alle frontiere è semplicemente folle. Basta interrogarsi sul modo di lottare contro costi di produzione cinque o dieci volte inferiori per capire che la concorrenza non è sostenibile in questi casi. Specialmente di fronte a concorrenti indiani e cinesi che, oltre al minimo costo della manodopera, hanno competenze e spirito d’intrapresa.

    l’alta disoccupazione attuale è dovuta a questa liberalizzazione totale del commercio, la strada presa dal G-20 è altamente nociva.
    Essa sarà un fattore di peggioramento della situazione sociale. E’ una scemenza di prima grandezza, che parte da un controsenso incredibile; esattamente come attribuire la crisi del 1929 a cause protezionistiche è un controsenso storico. La sua vera origine fu nello sviluppo sconsiderato del commercio negli anni che l’hanno preceduta. Le misure protezionistiche applicate dopo l’arrivo della crisi hanno certamente contribuito a meglio controllarla.

    Più concretamente, le regole da applicare sono di una semplicità assoluta: la disoccupazione viene dalle delocalizzazioni, a loro volta dovute a troppo grandi differenze salariali. Dunque, ciò che si deve fare risulta evidente di per sè: è necessario stabilire una legittima protezione.(il Protezionismo)

    il Made in China è la causa della crisi economica che stà distruggendo la ns economia Occidentale
    dazi doganali al 900.000%
    Ultima modifica di EURIDICE; 09-05-12 alle 14:07 Motivo: .

 

 

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