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    Predefinito Il PIL è pari solo ai redditi del settore privato.Quindi lo stato non serve a nulla.

    di TOMMASO CABRINI e introduzione di CAMILLA BRUNERI

    Una serata passata al tavolo di un pub, una birra, quattro chiacchiere con gli amici, atmosfera rilassata (stranamente perché era Natale, ma sapete, con questa crisi…!), un tovagliolino sul quale mai ci saremmo immaginati di metterci a discutere formule matematiche e libertà. Ebbene: è successo!

    Attorniati dal baccano del locale, io e Tom parlavamo del più e del meno mentre il barista dimenticava la penna sul nostro tavolo e io cominciavo compulsivamente a giocarci per passare il tempo. Non contenta scarabbocchio qualcosa su un tovagliolo e questo forse fa scattare qualcosa nella mente di Tom, che fino a poco prima mi stava parlando della chiusura dell’iva di novembre in ufficio. Così è nato l’articolo di seguito, che non cambierà il panorama delle teorie economiche, ma certamente apporterà il proprio contributo, in un tragico periodo storico durante il quale nulla appare di poca importanza e ogni rimando al passato si rivela essere incredibilmente attuale.

    Lui stesso mi ha poi raccontato la celebre teoria della curva di Laffer che, leggenda vuole, fosse stata spiegata in un locale pubblico, con un tovagliolo e una biro.

    Non abbiamo la pretesa, con questo articolo, di svelare scoperte sensazionali, anzi: l’abbiamo scritto proprio perché l’ovvietà giace sotto gli occhi di tutti tutti i giorni e noi stiamo provando ad osservarla davvero, questa ovvietà.

    MA, AI KEYNESIANI, SERVE DAVVERO LO STATO?

    La domanda così posta sembra fin retorica, ma questa è la ragione che spinge a pensarci ulteriormente.

    Partiamo dalle premesse per chi non è esperto di economia.

    Il principale indicatore della ricchezza di un territorio è il Prodotto Interno Lordo (PIL)[1].

    Il PIL italiano del 2010 è stato pari a 2.055 miliardi di $[2], scritto per esteso: 2.055.000.000.000 $.

    Ma cos’è il PIL?

    Il PIL per l’economia keynesiana è rappresentato dalla seguente formula:

    Y = C + I + G + ( X – M )

    Dove Y è il PIL, C sono i consumi effettuati, I gli investimenti, G è la spesa pubblica, X sono le esportazioni e M le importazioni. X e M rappresentano la bilancia commerciale del paese considerato e, nella nostra analisi non li prenderemo in considerazione (dopotutto se il modello si applica al mondo intero non vi saranno importazioni ed esportazioni).

    Ma entriamo nel dettaglio delle varie voci.

    G: LA SPESA PUBBLICA

    In Italia questa è indubbiamente la voce più grande di tutte (circa il 50% del PIL).

    Rappresenta tutte le spese fatte dalle pubbliche amministrazioni: stipendi di dipendenti e funzionari, costruzione di strade e ponti, pensioni, sanità…

    A fronte di tutte queste spese lo Stato dove trova i soldi? Sostanzialmente attraverso due mezzi: il primo sono le tasse imposte sui redditi del settore privato[3] (che nelle formule sarà T), il secondo mezzo di finanziamento è l’indebitamento, cioè lo stato spende più di quanto incamera con le tasse e quindi deve prendere in prestito la differenza (che chiameremo D come deficit).

    Pertanto la formula per la spesa pubblica è:

    G = T + D

    I: GLI INVESTIMENTI

    Gli investimenti sono la fetta più piccola del PIL, rappresenta tutto ciò che viene speso per produrre beni ad utilizzo ripetuto, ad esempio le spese per costruire una fabbrica oppure la costruzione di una nuova casa. Pur non essendo la quota più grande indubbiamente gli investimenti sono importanti, poiché influenzano i redditi futuri.

    Come si finanzia un investimento? Dove si trovano i soldi per farlo? Molto semplicemente risparmiando o prendendo i soldi a prestito da qualcun altro che li ha risparmiati, quindi a livello aggregato gli investimenti sono interamente finanziati dal risparmio[4] (nelle formule S, dall’inglese savings).

    Non tutto il risparmio però diventa investimento, parte dei risparmi, infatti, verrà utilizzato per comprare titoli pubblici quali BOT, CCT. In parole povere una parte del risparmio verrà utilizzato per finanziare il deficit.

    Ne consegue che la formula per gli investimenti è:

    I = S – D

    C: I CONSUMI

    A questa categoria appartengono tutte le spese effettuate per beni e servizi il cui utilizzo non può essere ripetuto, ad esempio se si acquista una bistecca questa sarà un consumo, poiché può essere mangiata solo una volta. Come ci si procura i soldi per consumare? Lavorando e prendendo uno stipendio[5], oppure incassando interessi e dividendi dai propri investimenti, in parole povere tramite la retribuzione dei due fattori produttivi fondamentali, lavoro e capitale (nelle formule sarà R).

    Non tutto il reddito però viene utilizzato per i consumi, una parte infatti (con le buone o le cattive) va allo Stato sotto forma di tasse, imposte, contributi (T).

    Se poi siamo abbastanza fortunati da guadagnare a sufficienza, e senza essere tartassati, risparmieremo una parte del nostro reddito (S)[6].

    Sintetizzando:

    C = R – T – S

    Arrivati a questo punto, dopo aver dissezionato un po’ le variabili del PIL ci resta una cosa sola da fare: aggiornare la formula iniziale (come già detto non consideriamo X – M):

    Y = C + I + G

    con i dettagli visti fino ad adesso.

    Ne risulta una formula un po’ più lunga ma non così oscura:

    Y = (R – T – S) + (S – D) + (T + D)

    come dicevo non così oscura se eliminiamo i fattori che si elidono a vicenda:

    Y = R – T – S + S – D + T + D

    Y= R



    Ohibò! Il PIL è pari ai redditi del settore privato R.

    Ma non era lo Stato il volano dell’economia? Come può lo Stato produrre più crescita se tutto dipende dal settore privato? Come può essere importante il ruolo del governo nel condurci fuori dalla crisi, se la sua importanza è tuttalpiù nulla[7]?



    Ma soprattutto: a chi serve lo Stato?

    __________________________________________________ ________________________________________

    [1] Per l’esattezza il PIL misura il reddito prodotto all’interno dei confini di un dato territorio. Ad oggi è l’indicatore principale utilizzato per definire la ricchezza ed il benessere di tale territorio. Molti sostengono che esso non sia davvero rappresentativo del benessere, in quanto trascura molti aspetti non numerari, tuttavia gli indici proposti per sostituirlo non sono altrettanto oggettivi nella costruzione. Infine gli indici sostitutivi prodotti sono tutti strettamente correlati al PIL, non dando quindi significative nuove informazioni.

    [2] Fonte FMI, World Economic Outlook Database, edizione settembre 2011

    [3] Le tasse sul settore pubblico e sui redditi dei dipendenti pubblici non sono altro che una partita di giro: lo Stato paga un dipendente 40.000€, gli impone 15.000€ di tasse (o contributi), di fatto la spesa dello Stato è 25.000€.

    [4] Questo indipendentemente dalla strada che prendono i soldi: posso anche metterli in banca, ma la banca con quei soldi concederà il mutuo ad un’impresa per fare investimenti.

    [5] Si intendono solo gli stipendi erogati dal settore privato, poiché gli stipendi erogati dal settore pubblico rientrano nella spesa pubblica (G).

    [6] In effetti può darsi che alcuni consumi vengano finanziati con denaro preso a prestito da risparmi altrui, tuttavia a livello aggregato questa è una partita di giro interna a C, pertanto S non contempla i risparmi utilizzati per finanziare consumi altrui.

    [7] Può tranquillamente diventare dannosa, ma non ci sembra necessario affrontare al momento l’argomento.

    TRA PIL, CONSUMI E SPESA PUBBLICA: MA A CHE SERVE LO STATO? | Movimento Libertario
    Ultima modifica di Pino80; 17-05-12 alle 14:48

  2. #2
    al momento legge Keynes
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    Predefinito Re: Il PIL è pari solo ai redditi del settore privato.Quindi lo stato non serve a nul

    A parte che non hanno considerato la stampa "pura" di fiat money stile FED come meccanismo di finanziamento, hanno solo scoperto che alla fine tutto il PIL si riduce alla spesa di privati; cosa ovvia, visto che tutta la spesa pubblica, in un modo o nell'altro, va a finire nelle tasche dei privati. Se non consideri la stampa di moneta pura e semplice, compito dello Stato non è aumentare il PIL, ma ritirare soldi da determinati settori del privato per portarli verso allocazioni a cui il libero mercato non riesce a provvedere.
    Ad ogni modo, l'effetto sul PIL c'è ugualmente, perché C non indica solamente i consumi derivanti da redditi del settore privato, ma i consumi finali complessivi, quindi anche quelli provenienti da redditi di dipendenti statali, ditte appaltatrici e quant'altro. Tra G e C c'è l'effetto moltiplicatore della spesa pubblica.

  3. #3
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    Predefinito Re: Il PIL è pari solo ai redditi del settore privato.Quindi lo stato non serve a nul

    Citazione Originariamente Scritto da Pino80 Visualizza Messaggio
    di TOMMASO CABRINI e introduzione di CAMILLA BRUNERI

    Una serata passata al tavolo di un pub, una birra, quattro chiacchiere con gli amici, atmosfera rilassata (stranamente perché era Natale, ma sapete, con questa crisi…!), un tovagliolino sul quale mai ci saremmo immaginati di metterci a discutere formule matematiche e libertà. Ebbene: è successo!

    Attorniati dal baccano del locale, io e Tom parlavamo del più e del meno mentre il barista dimenticava la penna sul nostro tavolo e io cominciavo compulsivamente a giocarci per passare il tempo. Non contenta scarabbocchio qualcosa su un tovagliolo e questo forse fa scattare qualcosa nella mente di Tom, che fino a poco prima mi stava parlando della chiusura dell’iva di novembre in ufficio. Così è nato l’articolo di seguito, che non cambierà il panorama delle teorie economiche, ma certamente apporterà il proprio contributo, in un tragico periodo storico durante il quale nulla appare di poca importanza e ogni rimando al passato si rivela essere incredibilmente attuale.

    Lui stesso mi ha poi raccontato la celebre teoria della curva di Laffer che, leggenda vuole, fosse stata spiegata in un locale pubblico, con un tovagliolo e una biro.

    Non abbiamo la pretesa, con questo articolo, di svelare scoperte sensazionali, anzi: l’abbiamo scritto proprio perché l’ovvietà giace sotto gli occhi di tutti tutti i giorni e noi stiamo provando ad osservarla davvero, questa ovvietà.

    MA, AI KEYNESIANI, SERVE DAVVERO LO STATO?

    La domanda così posta sembra fin retorica, ma questa è la ragione che spinge a pensarci ulteriormente.

    Partiamo dalle premesse per chi non è esperto di economia.

    Il principale indicatore della ricchezza di un territorio è il Prodotto Interno Lordo (PIL)[1].

    Il PIL italiano del 2010 è stato pari a 2.055 miliardi di $[2], scritto per esteso: 2.055.000.000.000 $.

    Ma cos’è il PIL?

    Il PIL per l’economia keynesiana è rappresentato dalla seguente formula:

    Y = C + I + G + ( X – M )

    Dove Y è il PIL, C sono i consumi effettuati, I gli investimenti, G è la spesa pubblica, X sono le esportazioni e M le importazioni. X e M rappresentano la bilancia commerciale del paese considerato e, nella nostra analisi non li prenderemo in considerazione (dopotutto se il modello si applica al mondo intero non vi saranno importazioni ed esportazioni).

    Ma entriamo nel dettaglio delle varie voci.

    G: LA SPESA PUBBLICA

    In Italia questa è indubbiamente la voce più grande di tutte (circa il 50% del PIL).

    Rappresenta tutte le spese fatte dalle pubbliche amministrazioni: stipendi di dipendenti e funzionari, costruzione di strade e ponti, pensioni, sanità…

    A fronte di tutte queste spese lo Stato dove trova i soldi? Sostanzialmente attraverso due mezzi: il primo sono le tasse imposte sui redditi del settore privato[3] (che nelle formule sarà T), il secondo mezzo di finanziamento è l’indebitamento, cioè lo stato spende più di quanto incamera con le tasse e quindi deve prendere in prestito la differenza (che chiameremo D come deficit).

    Pertanto la formula per la spesa pubblica è:

    G = T + D

    I: GLI INVESTIMENTI

    Gli investimenti sono la fetta più piccola del PIL, rappresenta tutto ciò che viene speso per produrre beni ad utilizzo ripetuto, ad esempio le spese per costruire una fabbrica oppure la costruzione di una nuova casa. Pur non essendo la quota più grande indubbiamente gli investimenti sono importanti, poiché influenzano i redditi futuri.

    Come si finanzia un investimento? Dove si trovano i soldi per farlo? Molto semplicemente risparmiando o prendendo i soldi a prestito da qualcun altro che li ha risparmiati, quindi a livello aggregato gli investimenti sono interamente finanziati dal risparmio[4] (nelle formule S, dall’inglese savings).

    Non tutto il risparmio però diventa investimento, parte dei risparmi, infatti, verrà utilizzato per comprare titoli pubblici quali BOT, CCT. In parole povere una parte del risparmio verrà utilizzato per finanziare il deficit.

    Ne consegue che la formula per gli investimenti è:

    I = S – D

    C: I CONSUMI

    A questa categoria appartengono tutte le spese effettuate per beni e servizi il cui utilizzo non può essere ripetuto, ad esempio se si acquista una bistecca questa sarà un consumo, poiché può essere mangiata solo una volta. Come ci si procura i soldi per consumare? Lavorando e prendendo uno stipendio[5], oppure incassando interessi e dividendi dai propri investimenti, in parole povere tramite la retribuzione dei due fattori produttivi fondamentali, lavoro e capitale (nelle formule sarà R).

    Non tutto il reddito però viene utilizzato per i consumi, una parte infatti (con le buone o le cattive) va allo Stato sotto forma di tasse, imposte, contributi (T).

    Se poi siamo abbastanza fortunati da guadagnare a sufficienza, e senza essere tartassati, risparmieremo una parte del nostro reddito (S)[6].

    Sintetizzando:

    C = R – T – S

    Arrivati a questo punto, dopo aver dissezionato un po’ le variabili del PIL ci resta una cosa sola da fare: aggiornare la formula iniziale (come già detto non consideriamo X – M):

    Y = C + I + G

    con i dettagli visti fino ad adesso.

    Ne risulta una formula un po’ più lunga ma non così oscura:

    Y = (R – T – S) + (S – D) + (T + D)

    come dicevo non così oscura se eliminiamo i fattori che si elidono a vicenda:

    Y = R – T – S + S – D + T + D

    Y= R



    Ohibò! Il PIL è pari ai redditi del settore privato R.

    Ma non era lo Stato il volano dell’economia? Come può lo Stato produrre più crescita se tutto dipende dal settore privato? Come può essere importante il ruolo del governo nel condurci fuori dalla crisi, se la sua importanza è tuttalpiù nulla[7]?



    Ma soprattutto: a chi serve lo Stato?

    __________________________________________________ ________________________________________

    [1] Per l’esattezza il PIL misura il reddito prodotto all’interno dei confini di un dato territorio. Ad oggi è l’indicatore principale utilizzato per definire la ricchezza ed il benessere di tale territorio. Molti sostengono che esso non sia davvero rappresentativo del benessere, in quanto trascura molti aspetti non numerari, tuttavia gli indici proposti per sostituirlo non sono altrettanto oggettivi nella costruzione. Infine gli indici sostitutivi prodotti sono tutti strettamente correlati al PIL, non dando quindi significative nuove informazioni.

    [2] Fonte FMI, World Economic Outlook Database, edizione settembre 2011

    [3] Le tasse sul settore pubblico e sui redditi dei dipendenti pubblici non sono altro che una partita di giro: lo Stato paga un dipendente 40.000€, gli impone 15.000€ di tasse (o contributi), di fatto la spesa dello Stato è 25.000€.

    [4] Questo indipendentemente dalla strada che prendono i soldi: posso anche metterli in banca, ma la banca con quei soldi concederà il mutuo ad un’impresa per fare investimenti.

    [5] Si intendono solo gli stipendi erogati dal settore privato, poiché gli stipendi erogati dal settore pubblico rientrano nella spesa pubblica (G).

    [6] In effetti può darsi che alcuni consumi vengano finanziati con denaro preso a prestito da risparmi altrui, tuttavia a livello aggregato questa è una partita di giro interna a C, pertanto S non contempla i risparmi utilizzati per finanziare consumi altrui.

    [7] Può tranquillamente diventare dannosa, ma non ci sembra necessario affrontare al momento l’argomento.

    TRA PIL, CONSUMI E SPESA PUBBLICA: MA A CHE SERVE LO STATO? | Movimento Libertario
    Però. 'ste cose spacciate per cose originali scritte al pub sul tovagliolo sono un po' ridicole.

    Alla fine, non hanno neanche capito quello che hanno copiato. Risorse e impieghi è un concetto banale, così come il fatto, noto da decenni, che tra le risorse ci sono il risparmio privato e quello pubblico. E tra gli impieghi gli investimenti, tra i quali anche il disavanzo pubblico. Ed è ovvio che più si spendono risorse per finanziare il disavanzo pubblico meno risorse ci saranno per finanziare investimenti privati. Con anche il discorso dei tassi.

    Non è così che i libertari possono dimostrare l'inutllità dello Stato.

  4. #4
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    Predefinito Re: Il PIL è pari solo ai redditi del settore privato.Quindi lo stato non serve a nul

    Citazione Originariamente Scritto da Squabian Visualizza Messaggio
    Tra G e C c'è l'effetto moltiplicatore della spesa pubblica.
    il "cosiddetto" moltiplicatore della spesa pubblica visto che non l'ha mai visto nessuno

  5. #5
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    Predefinito Re: Il PIL è pari solo ai redditi del settore privato.Quindi lo stato non serve a nul

    comunque quella non è "l'economia keynesiana", ma semplicemente la contabilità nazionale.

    per avere economia keynesiana devi fare l'assunzione dadaista che il consumo corrente dipenda solo dal reddito corrente e da nulla altro

  6. #6
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    Predefinito Re: Il PIL è pari solo ai redditi del settore privato.Quindi lo stato non serve a nul

    Quello scritto nel primo post è vero se il debito fosse tutto interno, essendo anche esterno per qualche anno sembra di vivere nel bengodi perché sembra che sia Y = R + D (o almeno la parte di D venduta all'estero), finché non ti chiedono indietro i soldi vedi Grecia.
    .
    Il vizio insito nel capitalismo è la ineguale distribuzione della ricchezza. La virtù insita nel socialismo è la uguale distribuzione della miseria.

  7. #7
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    Predefinito Re: Il PIL è pari solo ai redditi del settore privato.Quindi lo stato non serve a nul

    Citazione Originariamente Scritto da Zaccanasta Visualizza Messaggio
    Quello scritto nel primo post è vero se il debito fosse tutto interno, essendo anche esterno per qualche anno sembra di vivere nel bengodi perché sembra che sia Y = R + D (o almeno la parte di D venduta all'estero), finché non ti chiedono indietro i soldi vedi Grecia.
    Questa cosa va detta bene. Non è che te li chiedono indietro, semplicemente smettono di darteli (agli stessi tassi di prima) perché si fidano di meno.

  8. #8
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    Predefinito Re: Il PIL è pari solo ai redditi del settore privato.Quindi lo stato non serve a nul

    Citazione Originariamente Scritto da Feliks Visualizza Messaggio
    Questa cosa va detta bene. Non è che te li chiedono indietro, semplicemente smettono di darteli (agli stessi tassi di prima) perché si fidano di meno.
    Si è ovvio semplificavo un po'.
    .
    Il vizio insito nel capitalismo è la ineguale distribuzione della ricchezza. La virtù insita nel socialismo è la uguale distribuzione della miseria.

  9. #9
    Cancellato
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    Predefinito Re: Il PIL è pari solo ai redditi del settore privato.Quindi lo stato non serve a nul

    Citazione Originariamente Scritto da Zaccanasta Visualizza Messaggio
    Si è ovvio semplificavo un po'.
    Lo so. È che ho deciso di scrivere in modo chiaro e didascalico, così magari la gente capisce che non è che ci sono davvero gli squali cattivi.

  10. #10
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    Predefinito Re: Il PIL è pari solo ai redditi del settore privato.Quindi lo stato non serve a nul

    Citazione Originariamente Scritto da roundmidnight Visualizza Messaggio
    Però. 'ste cose spacciate per cose originali scritte al pub sul tovagliolo sono un po' ridicole.

    Alla fine, non hanno neanche capito quello che hanno copiato. Risorse e impieghi è un concetto banale, così come il fatto, noto da decenni, che tra le risorse ci sono il risparmio privato e quello pubblico. E tra gli impieghi gli investimenti, tra i quali anche il disavanzo pubblico. Ed è ovvio che più si spendono risorse per finanziare il disavanzo pubblico meno risorse ci saranno per finanziare investimenti privati. Con anche il discorso dei tassi.

    Non è così che i libertari possono dimostrare l'inutllità dello Stato.
    Voglio completare il ragionamento. L'equivalenza fa, ovviamente, emergere che in ogni caso la spesa pubblica sottrae risorse al risparmio privato. Quindi, non è che la spesa pubblica "arricchisca". Trasferisce solo risorse, utilizzandole, nella maggior parte dei casi, in maniera meno efficiente.

 

 
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